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Cammino di perfezione di santa Teresa d'Avila Dottore della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 02/11/2013 15:19
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10/08/2013 12:47
 
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CAPITOLO 22

Spiega cosa sia l’orazione mentale.

1. Sappiate, figlie mie, che la differenza tra l’orazione mentale e vocale non consiste nel tener la bocca chiusa o no. Se, pregando vocalmente, sono del tutto consapevole e persuasa di parlare con Dio, più attenta a lui che alle parole che dico, l’orazione mentale e vocale sono unite. Se poi mi si viene a dire che state parlando con Dio quando, recitando il Pater noster, avete il pensiero alle cose del mondo, non posso che tacere. Ma se starete attente a lui, com’è giusto fare parlando con un tale Signore, è bene che consideriate chi è colui con il quale parlate e chi siete voi, non foss’altro che per rispettare la convenienza dovuta. Come potete infatti chiamare il re Altezza, e osservare il cerimoniale di prammatica per parlare a un grande, se non vi rendete conto della sua condizione e della vostra? Il rispetto da testimoniargli formalmente deve conformarsi alla sua dignità e alle regole d’uso, che dovrete pur conoscere, altrimenti sarete mandate via come persone grossolane, e non tratterete alcun affare.

Ma è possibile, mio Signore? È possibile, mio sovrano? Come si può sopportarlo? Voi siete, Dio mio, il Re eterno, perché il regno che avete non vi è stato dato in prestito. Quando nel Credo si dice che il vostro regno non avrà fine, è raro che io non ne provi una gioia particolare. Vi lodo, Signore, e vi benedico per sempre: infine, il vostro regno durerà eternamente. Non permettete dunque mai, Signore, che chi parla con voi ritenga sufficiente farlo soltanto con la bocca.

2. Com’è possibile, cristiani, che vi mettiate a dire che non c’è bisogno di orazione mentale? Ma capite quel che dite? Io son certa di no, e per questo volete metterci tutti fuor di strada! Voi non sapete neanche che cosa sia l’orazione mentale né come bisogna fare quella vocale né che cosa s’intenda per contemplazione, perché se lo sapeste non condannereste da un lato quel che lodate dall’altro.

3. Io vi dirò sempre, sorelle, ogni volta che me ne ricorderò, di unire l’orazione mentale a quella vocale, e vi raccomando di non intimorirvi a questo riguardo; io so come vanno a finire certi timori, perché in questo ho sofferto non poco, pertanto non vorrei che alcuno vi procurasse qualche turbamento, essendo di gran danno procedere per questo cammino con paura. È molto importante rendersi conto che si è sulla buona strada. Infatti, se si dice a un viandante che ha sbagliato, che ha smarrito la strada, lo si costringe ad andare da una parte all’altra stancandosi nella ricerca del cammino che deve percorrere: perde tempo e arriva più tardi.

Chi può dire che fate male se, cominciando a recitare le Ore o il rosario, cominciate anche a pensare con chi state per parlare e chi siete voi che parlate, per vedere come dovrete trattare con lui? Ora io vi dico, sorelle, che se la profonda riflessione richiesta da questi due punti si facesse come conviene, prima di cominciare l’orazione vocale che siete sul punto di recitare, avreste dedicato già molto tempo a quella mentale. Certamente, non dobbiamo parlare alla buona ad un principe, come si fa con un contadino o con una poveretta come noi, a cui in qualunque modo si parli, va bene.

4. È vero che l’umiltà del nostro Re è tale che, per quanto io, grossolana come sono, non sappia parlargli se non con rozzo linguaggio, non tralascia di aiutarmi né mi vieta di avvicinarmi a lui. Neppure le sue guardie mi respingono, perché gli angeli del cielo conoscono bene la natura del loro Re, il quale si compiace maggiormente della rozzezza di un umile pastorello, vedendo che se più sapesse più direbbe, che di quanti bei ragionamenti gli facciano grandi sapienti e letterati, i quali manchino di umiltà. Non, però, perché egli è buono noi dobbiamo essere irriverenti. Non foss’altro per ringraziarlo di sopportare la vicinanza di esseri ripugnanti, come, ad esempio, son io, è bene che si cerchi di conoscere la sua purezza e la sua maestà. È vero che lo si capisce subito quando ci si avvicina a lui, mentre per i grandi della terra basta che ci dicano chi furono i loro antenati, i milioni di rendita, il titolo di nobiltà e non c’è da sapere altro, perché nel mondo, per onorare qualcuno, non si tiene conto dei meriti personali, per grandi ch’essi siano, ma delle ricchezze.

5. Oh, mondo miserabile! Figlie mie, rendete gran lode a Dio per avervi concesso di lasciare cosa tanto vile, dove non si fa stima delle persone per i loro pregi intrinseci, ma per quello che possiedono i loro affittuari e i loro vassalli; e se cessano di averne, il mondo cessa subito di onorarli. È questo davvero un buon motivo di divertimento per voi quando vi prendete insieme un po’ di ricreazione, perché costituisce un gradevole svago rendersi conto dell’accecamento in cui passano il loro tempo quelli che vivono nel mondo.

6. Oh, nostro Sovrano, voi che siete la potenza infinita, la bontà suprema, la sapienza stessa, che non avete principio né fine, le cui opere non hanno limite, infinite come sono e incomprensibili, voi che siete un oceano senza fondo di meraviglie, una bellezza che in sé racchiude ogni bellezza, voi, la forza stessa! Oh, mio Dio, se in questo momento potessi avere unite insieme tutta l’eloquenza e tutta la sapienza degli uomini per riuscire a spiegare bene – come si può farlo quaggiù, dove tutta la nostra scienza è ignoranza assoluta a questo riguardo – qualcuna delle molte perfezioni che possiamo considerare per farci un’idea di quello che è questo nostro Signore e nostro bene!

7. Sì, avvicinandovi a lui cercate di pensare e di capire chi sia colui con il quale vi disponete a parlare o al quale state già parlando. Neppure con mille vite delle nostre arriveremo a comprendere come meriti di essere trattato questo Signore, di fronte al quale gli angeli tremano. Egli impera su tutto, può tutto: volere, per lui, è agire. Sarà dunque giusto, figlie mie, che ci adoperiamo a godere di tali grandezze del nostro Sposo e che comprendiamo con chi siamo sposate e quale vita dev’essere la nostra. Oh, mio Dio! Quaggiù, quando ci si sposa, anzitutto si conosce la persona, con le sue qualità e le sue sostanze, e noi, già promesse in matrimonio, non potremo pensare al nostro Sposo prima del giorno delle nozze, in cui ci farà entrare nella sua casa? Visto che qui non proibiscono di farlo a quelle che sono promesse agli uomini, , perché devono impedire a noi di cercare di sapere chi sia il nostro Sposo, chi sia suo Padre, quale il paese dove ci condurrà, quali le ricchezze che ci promette, quale il suo carattere, come potremo meglio contentarlo, in che cosa compiacerlo e studiare il modo di conformare il nostro temperamento al suo? Perché infatti una donna sia una buona sposa, non le danno altro consiglio che questo, anche se il marito è un uomo di condizioni molto umili.

8. O mio Sposo, dunque, si dovrà proprio in tutto far meno apprezzamento di voi che degli uomini? Se ad essi ciò non sembra giusto, lascino in pace le vostre spose, che devono trascorrere la vita con voi. E che vita felice! Se uno sposo è tanto geloso da non volere che la sua sposa tratti con alcuno, non sarà certo una bella cosa non cercare di compiacerlo e non capire come sia giusto adeguarsi a tale desiderio, e non voler trattare con altri, poiché in lui si ha tutto ciò che si può desiderare!

Comprendere queste verità, figlie mie, è fare orazione mentale. Se a tali considerazioni volete aggiungere qualche preghiera vocale, va benissimo. Ma non vogliate, vi scongiuro, parlare con Dio e pensare ad altre cose, perché questo significherebbe non capire che cosa sia l’orazione mentale. Credo di avervelo spiegato abbastanza. Piaccia al Signore che riusciamo a metterlo in pratica! Amen.





CAPITOLO 23

Tratta di quanto sia necessario, per chi ha cominciato il cammino dell’orazione, non tornare indietro, e insiste sull’importanza di procedere in esso con salda determinazione.

1. Dico, dunque, che è molto importante cominciare con ferma determinazione, per tante ragioni che, a dirle tutte, ci sarebbe da dilungarsi molto. Ve ne voglio dire, sorelle, solo due o tre. La prima è che, quando ci determiniamo a dedicare un po’ del nostro tempo (non certo senza interesse, ma con enorme guadagno) a chi tanto ci ha dato e ci dà di continuo, non è giusto non darglielo con assoluta generosità, ma solo come chi fa un prestito per riprendersi quello che ha dato. Questo a me non sembra un dono. Inoltre, colui al quale si è prestato qualcosa resta sempre un po’ dispiaciuto quando essa gli viene ripresa, specialmente se ne ha bisogno e se la riteneva già come sua, o se i due sono amici e se quello che gliel’ha prestata gli deve molte cose dategli senza alcun interesse. A ragione, ciò gli sembrerà una grettezza e un segno di ben scarso affetto, se non vuol lasciargli in dono nemmeno una piccola cosa sua, non foss’altro come testimonianza d’amicizia.

2. Qual’è la sposa che, avendo ricevuto dal suo sposo molte gioie di valore, non gli dia almeno un anello, non per quel che vale, perché ormai tutto ciò che possiede gli appartiene, ma come pegno ch’ella sarà sua fino alla morte? E merita forse meno questo nostro Signore perché ci prendiamo gioco di lui, prima dandogli e poi riprendendoci subito quel niente che gli abbiamo dato? Almeno questo po’ di tempo che ci risolviamo a dedicargli – di tutto quello che sciupiamo per noi stesse o per chi non ce ne sarà grato –, visto che vogliamo darglielo, diamoglielo libere da ogni altro pensiero, staccate da preoccupazioni terrene, e con ferma decisione di non riprenderglielo mai più, nonostante le difficoltà, i contrasti o le aridità. Consideriamo quel tempo come cosa non più nostra e pensiamo che ci può essere richiesto a buon diritto, se non vogliamo consacrarglielo interamente.

3. Dico interamente non nel senso che sia un riprendersi quanto abbiamo dato se tralasciamo l’orazione un giorno o anche più, a causa di legittime occupazioni o di una qualsiasi indisposizione. Sia ben salda la volontà, perché il nostro Dio non è meticoloso, non bada a piccolezze. Pertanto avrà di che esservi grato: qualcosa gli avete dato. L’altro modo di agire va bene per chi non è generoso, anzi così avaro che non ha il coraggio di donare; è già molto che presti. Comunque, faccia qualcosa, perché il Signore tiene conto di tutto e in tutto si adegua a ciò che desideriamo. Nel tener conto di quel che facciamo non è affatto esigente, ma generoso: per quanto grande sia il nostro passivo, egli non esita a condonarlo. È così attento a ricompensarci, che non abbiate a temere che un semplice levar d’occhi nel ricordo di lui resti senza premio.

4. Il secondo motivo è dato dal fatto che il demonio non ha mano libera di tentarci; teme molto le anime ben decise, perché sa per esperienza che lo pregiudicano moltissimo e che quanto egli ordisce a loro danno si converte a profitto di esse e d’altri, e ch’egli ne esce con perdita. Ma non dobbiamo mai cessare di stare in guardia né fidarci troppo di questo, perché siamo in lotta con una genia di traditori che non osano, in generale, attaccare chi è vigilante, essendo assai vili; ma se si accorgono della nostra distrazione, possono recarci un gran danno. E se vedono che qualcuno è incostante e non persevera nel bene, né ha la ferma decisione di farlo, non lo lasceranno in pace né giorno né notte; gli frapporranno paure e ostacoli a non finire. Io lo so molto bene per esperienza; per questo ve ne posso parlare e vi dico che non c’è nessuno che sappia quanto ciò sia importante.

5. Il terzo motivo – di gran peso per l’argomento che trattiamo – è che allora si combatte con più coraggio. Si sa ormai che qualunque cosa avvenga non si deve tornare indietro. È come chi, impegnato in una battaglia, se sa che, una volta vinto, non gli sarà risparmiata la vita e che, se non muore nella mischia, dovrà morire subito dopo, combatte con maggiore accanimento e vuol vendere cara la pelle – come si dice – né teme troppo i colpi avversi, avendo presente l’importanza che ha per lui la vittoria, perché vincere equivale nel suo caso a vivere. È, altresì, necessario cominciare con la sicurezza che, se non vogliamo lasciarci vincere, riusciremo vittoriosi; su questo non c’è il minimo dubbio: per quanto piccolo sia il guadagno che ne potremo ricavare, ci ritroveremo molto ricchi. Non temete che il Signore, dopo averci chiamato a bere a questa fonte, ci lasci morire di sete. Ve l’ho già detto e vorrei ripetervelo mille volte, perché il non conoscere bene la bontà del Signore per esperienza personale, anche se la si conosce per fede, rende le anime molto pavide. È davvero un gran vantaggio aver fatto esperienza dell’amicizia e della dolcezza con cui tratta coloro che vanno per questo cammino, di cui paga, per così dire, tutte le spese.

6. Non mi meraviglio che coloro i quali non l’hanno provato esigano la sicurezza di un qualche interesse. Ma voi già sapete che quest’interesse e del cento per uno fin da questa vita e che il Signore dice: Chiedete e vi sarà dato. Se non credete a Sua Maestà, che ce lo assicura in vari passi del Vangelo, serve a poco, sorelle, che io mi rompa la testa a ripetervelo. Dico, tuttavia, a chi avesse qualche dubbio, che non si perde nulla a farne la prova, perché ha questo di buono un tale viaggio: frutta più di quel che si chiede o che riusciremmo a desiderare. Non c’è dubbio di sorta, io lo so, e posso portare la testimonianza di quelle fra voi che, per la bontà di Dio, ne hanno fatto esperienza.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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