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L' ESAME DI COSCIENZA.......e la preparazione per una buona Confessione dei peccati! 2

Ultimo Aggiornamento: 23/10/2016 09:19
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16/11/2015 19:44
 
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  esame di coscienza con san Padre Pio




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Padre Pio e il Quinto Comandamento

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Estratto del libro “Padre Pio nella sua interiorità. Figlio di Maria, francescano, stigmatizzato, sacerdote, apostolo, guida spirituale”, di Don Attilio Negrisolo, Don Nello Castello, Padre Stefano Maria Manelli (Edizioni San Paolo, Roma, 1997).

«Non uccidere»

Padre Pio era l’uomo della vita.

Conosceva i misteri della vita dello spirito con una profondità mistica tutta sua. Amava la vita degli altri fino a offrire e dare per ognuno la sua.

Era la creatura posta nella posizione più audace in difesa della vita, sotto ogni aspetto.

Viveva con Cristo e con lui proclamava: «Io sono la Vita».

Superfluo parlare della pastorale di Padre Pio sull’aborto volontario, che definiva «abominevole delitto» e con la parola “matricidio”, che ne rivela, da sola, l’intrinseca gravità.

«Se per un solo giorno — disse in una circostanza — non avvenissero peccati contro la vita nascente, come contropartita Iddio darebbe al mondo la pace e la cessazione di ogni guerra».

Ma, a proposito del quinto comandamento che condanna l’odio e la vendetta, Padre Pio era inesorabile con chi coltivava risentimenti, rancori. Non si contano i penitenti che rimandava a riconciliarsi, prima di assolverli.

A una signora che, confessandosi, dopo avere enumerato i peccati, pensava di non dover aggiungere altro, Padre Pio chiese: «Ti ricordi altro?». «No, Padre». «Pensaci», le replicò Padre Pio. «No… non ricordo altro, Padre». E Padre Pio: «E con la tale persona?», ricordandole così un rancore antico. «Va’ a casa, riconciliati prima, e dopo torna che ti assolverò».

Un amico di Palermo, fedele figlio spirituale, che a Padre Pio doveva la salute dell’anima e quella del corpo, un giorno, confessandosi, si sente chiedere: «Odi tu?». «No, Padre». «Non hai odio?». «Padre, no». A questo punto una scena reale davanti ai suoi occhi: il suo ufficio e due impiegati. «Ma, Padre, li converta lei quei due lì!». «Figlio mio, prega per loro. Noi dobbiamo pregare per chi ci fa del male».




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Padre Pio e la proprietà: il Settimo e il Decimo Comandamento

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Estratto del libro “Padre Pio nella sua interiorità. Figlio di Maria, francescano, stigmatizzato, sacerdote, apostolo, guida spirituale”, di Don Attilio Negrisolo, Don Nello Castello, Padre Stefano Maria Manelli (Edizioni San Paolo, Roma, 1997).

«Non rubare. Non desiderare la roba d’altri»

10456062_905392362814045_2622541903797595633_nUn fatto può dare un’idea del modo con cui Padre Pio trattava i casi del settimo comandamento. Un negoziante di Cava dei Tirreni si confessa e Padre Pio gli chiede quanto fosse l’interesse che ricavava nella vendita. Il penitente esce dalla linea della domanda e dice: “Però faccio elemosine”. E Padre Pio: «Con i soldi degli altri! Vattene, ladro!». Fu tale lo sconcerto che costui lasciò il mestiere.

Un signore di Palermo, sindacalista, che si sentiva a disagio per i rischi morali che incontrava nella sua attività, volle consigliarsi con Padre Pio, che gli raccomandò di cambiare impiego, perché «la politica insegna a ladroneggiare».

Egli, fin dagli anni sessanta, prevedeva e soffriva per le attuali situazioni della nostra generazione. Ne parlava con parole roventi. Diceva che la nostra epoca si caratterizza come «confusione di idee e predominio di ladri».






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Il Confessore non è il “notaio” del penitente

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Don Nicola Bux replica ad un penitente di Bari che non è stato assolto durante la notte di Natale perché divorziato-risposato.

Bari, 3 gennaio 2016 — Qualcosa è cambiato, nei rapporti tra i fedeli e la Chiesa Cattolica. La vicenda di un uomo divorziato e risposato, recatosi per la confessione a San Nicola alla vigilia di Natale, riaccende il dibattito su un concetto che con il Giubileo è diventato mediatico. In una lettera, che laGazzetta ha pubblicato mercoledì 30 dicembre, l’interessato ha raccontato la propria delusione per l’assoluzione negatagli. E ha rivendicato la misericordia di Papa Francesco.

Don Nicola Bux
Don Nicola Bux

«Ma il sacerdote non è il notaio che ratifica una decisione già presa dal penitente» commenta don Nicola Bux, teologo, consultore in Vaticano, autore tra i più citati a livello internazionale. Il suo ultimo libro,Come andare a messa e non perdere la fede, è stato già tradotto in cinque lingue.

Ma l’assoluzione, ci ha scritto il nostro lettore, «va data a tutti quelli che si confessano».

È un’affermazione assurda. Qui si confonde il perdono con il condono. Nella confessione, il sacerdote è allo stesso tempo giudice e medico dell’anima. Assolvere vuol dire “sciogliere”, ossia slegare il penitente dal legame con il peccato. È il sacerdote, non il fedele, che valuta se ci sono le condizione per assolvere o meno.

Il pentimento non basta?

Il pentimento vero implica la disponibilità del fedele a sciogliere quel legame. Nel Vangelo Gesu Cristo dice: “Va’, e non peccare più”. Mica “va’ e continua a fare di testa tua”.

Il sacerdote ha ritenuto che non vi fossero le condizioni di cui parla?

Certamente. Non si può pretendere l’assoluzione senza il fermo proposito di non peccare più.

E qui entra in gioco il Giubileo della misericordia.

Concetto parecchio frainteso, negli ultimi tempi. Le regole non sono cambiate e i sacerdoti si attengono alla solita dottrina, tutti allo stesso modo, esattamente come tutti i giudici si attengono alla legge, senza eccezioni. Perché questo concetto è dato per scontato in tribunale e vorremmo sovvertirlo nelle chiese?

È chiaro da che parte stia don Bux.

Dalle parte di Gesù Cristo, ovviamente. Nessuno, su questa terra, ha l’autorità di cambiare le regole della sua Chiesa. Tant’è vero che dal sinodo è uscito un documento che non cambia assolutamente nulla, in materia di disciplina dell’eucaristia ai divorziati-risposati.

Però, papa Francesco, a molti sembra intenzionato a cambiare rotta.

Un altro enorme fraintendimento. Lo ha spiegato molto chiaramente il cardinale Muller, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, ossia il custode della fede cattolica, il quale afferma: “La dottrina non è una teoria costruita dagli uomini. Il magistero del Papa e dei vescovi non è superiore alla Parola di Dio”.

A giudizio del sacerdote il nostro lettore sarebbe ancor più peccatore in quanto faceva la Comunione, nonostante avesse divorziato e si fosse poi risposato.

E vorremmo fare una colpa al sacerdote? È Gesù Cristo che, nel Vangelo, decreta l’indissolubilità del matrimonio. E San Paolo mette in guardia dal ricevere il sacramento indegnamente. Come si può pretendere di accedere all’eucaristia, se non si è più in comunione con la propria moglie? È una contraddizione in termini. Ed altre ne emergono, da quella lettera.

A cosa si riferisce?

Innanzitutto il dato di partenza. Il lettore si definisce “cattolico credente”, ma anche divorziato e risposato, il che tradisce l’indissolubilità del vincolo coniugale. Poi parla, testualmente, di uno “schiribizzo”, che lo avrebbe spinto a confessarsi dopo dodici anni di assenza dal confessionale. Ma almeno una volta all’anno, i cattolici hanno l’obbligo di confessarsi e di comunicarsi. È un tipico esempio di “cristianesimo fa-da-te”, che dovrebbe adattarsi alla nostre esigenze. Un fenomeno dal quale ci aveva messi in guardia il papa Benedetto XVI.

Ultima questione. La porta santa aperta nella Basilica, non rappresenta un percorso penitenziale speciale?

Anche su questo bisogna fare chiarezza. Il peccato, un po’ come il reato, comporta la colpa ed una pena. La confessione assolve dal peccato, non dalla pena che sarà scontata nell’al-di-là a livello soprannaturale. È a questo punto che entra in gioco il Giubileo che, in via straordinaria, serve ad assolvere anche dalla pena. Le porte della misericordia, nella Chiesa, erano, sono e saranno sempre aperte. Ma alle consuete condizioni. E i sacerdoti sanno che non devono cedere, non devono lasciarsi intimorire dalle opinioni dominanti.

FONTE: lagazzettadelmezzogiorno.it






[Modificato da Caterina63 06/01/2016 19:29]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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