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COME COLTIVARE LA... SANTA PUREZZA... PER UN MATRIMONIO VINCENTE?

Ultimo Aggiornamento: 20/12/2013 10:00
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Sesso: Femminile
13/11/2013 23:19
 
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  La virtù cristiana della Costanza quotidiana. Colloquio con la Miriano di “Sposati e sii sottomessa”



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Costanza Miriano



Un colloquio con Costanza Miriano


 



La sottomissione tocca dei nervi scoperti. Pensare di sottomettersi alla volontà di qualcun altro irrita in questo specifico periodo culturale. Gesù nel Vangelo ha detto: “senza di me non potete far nulla”. Si può anche stare insieme magari, ma per essere veramente felici l’unica via è questa. La donna ha sempre il compito di correggere fraternamente solo quanto riguarda il peccato dell’altro, non per il proprio comodo. Uomini e donne possono sbagliare, ma il ruolo della guida, secondo s. Paolo, spetta all’uomo. Perché è più capace di non farsi influenzare dall’emotività. La bellezza è dono di Dio: una certa attenzione all’abbigliamento, con misura, è una cosa buonissima, non solo buona. Noi cristiani siamo molto più liberi di quanto pensiamo. Ogni famiglia ha delle stagioni. Quando si sta formando, ci si può aprire all’associazionismo. Però, quando poi il nucleo si deve consolidare, occorre rallentare un po’. Poche donne si sono offese, anzi, ora che ci penso, nessuna, leggendo i libri. La Bonino: pena per la persona, ma i suoi gesti non sono condivisibili. La gioia è la spia che una persona funziona. Ricevo lettere di uomini che adorano la donna che viene fuori dal libro.



 



In Spagna il suo libro “Sposati e sii sottomessa”, recentemente tradotto, ha provocato un putiferio perché, secondo alcuni partiti politici, istigherebbe alla violenza contro le donne. A noi – che l’avevamo intervistata qualche tempo fa – Costanza Miriano è sembrata invece una scrittrice di buon senso con un’ottima ricetta per far funzionare i matrimoni.



 


intervista di Claudia Ciramiin collaborazione
con  Antonio Margheriti Mastino da papalepapale.com

 

ciramiL’intervista a Costanza Miriano, nonostante la sua immediata disponibilità, ha avuto un prima e un dopo rocamboleschi: registratori che non registrano, caselle elettroniche che esalano l’ultimo respiro proprio in quei giorni, file audio portatori sani di virus, un litigio con esternazioni in dialetti meridionali, persino strani colpi e soffi notturni all’ora fatidica delle 3 di notte. I cattolici, però, di solito non si abbattono: lo sanno che questi inconvenienti sono un buon segno (litigi a parte), perché mostrano che qualcosa dà fastidio ai piani bassi. A ragione, pensiamo. Perché Costanza Miriano è sì moglie, mamma, giornalista, ma, da qualche anno, è anche una scrittrice che, a suo modo, sta combattendo “la buona battaglia”. Questa donna, infatti, ha messo di nuovo al centro della scena il matrimonio cattolico, l’educazione cristiana dei figli e, last but not least, la sottomissione della donna così come ne ha parlato s. Paolo, ma con un tocco di glamour e di ironia per adattarla ai nostri tempi. Perché la famiglia, soprattutto oggi, ha bisogno di salde fondamenta e di qualcuno che letteralmente stia sotto per reggerla e solo la donna può farlo. Costanza Miriano ne ha parlato nei suoi due libri: Sposati e sii sottomessa eSposala e muori per lei. Che sono due saggi e parlano di “cose buone e giuste”, ma lo fanno in modo divertente. Perché le cose serie si possono dire anche sorridendo.

SOTTOMISSIONE: ANCORA QUALCHE PAROLA PER SPIEGARLA

Il primo libro. Una vera bomba lanciata contro il femminismo odierno.

Sei una scrittrice molto apprezzata. Eppure non mancano le critiche e sempre per lo stesso motivo: la sottomissione della donna. Perché oggi questo termine – pur se inteso alla tua maniera – fa così paura?

Perché tocca dei nervi scoperti. Da un punto di vista culturale, le donne pensano di dover combattere per la propria emancipazione, secondo i criteri del mondo. E, anche se l’hanno ottenuta, se sono infelici, non lo ammettono. Quindi, pensare di sottomettersi alla volontà di qualcun altro è qualcosa che irrita in questo specifico periodo culturale.

E se guardiamo ad un punto di vista più strettamente cristiano invece?

In generale, obbedire a qualcuno significa ammettere che io non sono arbitro della realtà, non sono io la divinità, non sono io che do l’ultima parola sul mondo. Significa per l’uomo riconoscere di essere creatura e non c’è cosa più irritante per l’uomo di oggi – data la mentalità dominante – che riconoscere di essere creatura, di essere figlio di un Padre, che sa meglio di noi quello che è buono.

Riprendendo s. Paolo, hai chiesto alle donne di essere sottomesse e agli uomini di dare la vita per loro. Ci può essere, seconde te, la possibilità che un matrimonio funzioni al di fuori di questo modo eminentemente cristiano di viverlo?

Per me, no. Perché Gesù nel Vangelo ha detto: “senza di me non potete far nulla”. Io credo che il Vangelo sia la carta d’identità dell’uomo e non c’è un altro modo per funzionare e portare frutto ed essere veramente e profondamente felici. Poi, ci possono essere anche unioni basate su altri fattori. Che forse, a volte, possono persino durare a lungo, ma, secondo me, non per sempre. Io ne conosco alcune. Si può anche stare insieme magari, ma per essere veramente felici l’unica via è questa.

Ma tu conosci famiglie che vivono veramente il cristianesimo e che poi non hanno funzionato?

L’uomo è peccatore. Può succedere che ci si allontani, che si venga influenzati dalla mentalità del mondo, però, secondo me, se si rimane attaccati alla preghiera a Dio, a ciò che Lui dice nella Bibbia…

Quella Bibbia che non ci dice come va il cielo ma come si va in cielo…

Non è infatti che noi leggiamo la Bibbia: è la Bibbia che legge noi e se noi ci lasciamo leggere dalla Bibbia e ci lasciamo guidare, io non penso che si possa non funzionare. Ci possono essere delle prove, quello sì. Guardiamo ad esempio alle storie di s. Monica o di s. Rita: ci insegnano che ci sono stati matrimoni profondamente provati, anche se vissuti cristianamente, magari perché non tutti e due vivevamo con la stessa profondità la vocazione cristiana. Quindi, ci possono anche essere matrimoni provati…

ma se si rimane ancorati a Dio anche un matrimonio provato funziona, giusto?

Alla fine, credo che la ricetta sia sempre questa.

ANCHE L’UOMO SBAGLIA, MA LA DONNA DEVE SAPER CORREGGERE SEMPRE CON AMORE

Il secondo libro, uscito da poco. Una conferma per chi apprezza la scrittrice.

Nel secondo libro sembra ci sia una sorta di crescita rispetto al primo. I temi sono simili ma c’è una maggiore attenzione alle sfumature. Nel primo libro, la donna appariva un po’ appiattita sulla figura dell’uomo. Ora, invece, sembra presa più in considerazione la possibilità che l’uomo possa sbagliare seriamente per cui anch’egli necessita di correzione fraterna, da esercitare sempre con dolcezza e moderazione. E’ un’impressione corretta?

Nel primo libro io ho scritto proprio i fondamentali, tanto che mi ha molto stupito il successo e il clamore suscitato perché a me sembrava di aver detto le cose base, le cose più scontate. Nel secondo, sicuramente faccio una riflessione più approfondita ma certo sia l’uomo che la donna possono sbagliare, solo uno è il Maestro, però…

La donna non deve approfittarne, no?

Nella dinamica di coppia, io credo che la donna abbia sempre il compito, nelle cose che riguardano se stessa, di dover sempre cedere e correggere fraternamente solo quanto riguarda il peccato dell’altro, non per il proprio comodo o per le proprie impressioni. Bisogna distinguere quando correggere è imporre il proprio volere e quando invece è fare il bene dell’altro.

Ormai però lo hai detto: anche l’uomo può sbagliare. Allora, se sbagliano entrambi, perché è la donna che deve sottomettersi?

Certo che uomini e donne possono sbagliare, ma il ruolo della guida, secondo me e, soprattutto, secondo s. Paolo, spetta all’uomo. Perché è più capace di non farsi influenzare dall’emotività, di prendere decisioni razionali.

Chi fra uno e donna è più sensibile alle mode ideologiche?

Secondo me, la donna. Generalmente è più influenzabile, forse perché meno radicata. La donna ogni mese rivolta tutto il suo mondo, anche a causa del suo ciclo ormonale (la donna è mobile, no?). Siamo davvero pesantemente influenzate dall’emotività, abbiamo bisogno dello sguardo dell’uomo che ci confermi. Per questo le donne sono così attente alla bellezza.

BELLEZZA, CURA DEL CORPO E… SUPER BONUS

Chi l’ha detto che essere cattoliche vuol dire imbruttirsi e vestire male?

A proposito della bellezza molti sono convinti – ed in un certo senso è stato vero fino a non molto tempo fa – che le donne molto cattoliche sono brutte perché trascurate. A questo proposito, i tuoi libri presentano un interessante novità: si può essere cattolici senza essere fuori dal mondo (ci si può vestire bene, comprare aggeggi tecnologici, portare il tacco 12, etc.). Puntando sulla preghiera, sui sacramenti e sulla testimonianza per fare la differenza. E’ questo – secondo te – il segreto del tuo successo?

Intanto, devo dire che ho accentuato alcune frivolezze che poi in realtà non mi appartengono così tanto. In parte perché, lavorando in televisione e vivendo nel mondo, intuivo che questo avrebbe avvicinato anche persone che, se vedono la signora sessantenne che va a messa con la scarpa comoda e con la ciabatta, si fermano all’apparenza e non vanno alla sostanza. Quindi, in parte, è stata una scelta stilistica…

In parte. E per il resto?

Io credo che davvero l’uomo è tutto redento, quindi anche la bellezza è dono di Dio. E anche una certa attenzione all’abbigliamento, con misura, secondo me, è una cosa buonissima, non solo buona. Chiaramente è tutta una questione di buon senso. Non spenderei mai cinquemila euro per una borsa come quelle che cito nel libro, le borse di Dior – mai comprata una borsa firmata in vita mia – con misura, però, ci si può vestire bene anche essendo sobri, nel senso della spesa, e poi c’è un’altra cosa…

Quale?

Secondo me, noi cristiani fatichiamo a gestire la nostra libertà, che in realtà ci pesa. Io invece penso che, a parte poche cose, come i punti fermi della nostra fede, siamo molto più liberi di quanto pensiamo, anche riguardo a cose meno importanti, come il modo di vestire…

Del resto, s. Paolo invita ad avere cura del corpo perché è il tempio dello Spirito Santo e diventa tabernacolo del Dio vivo volta per volta, no?

Esatto. Per esempio, io amo fare sport. Ho cominciato in terza media. Ho corso per tutta la vita – ormai sono quasi trent’anni che corro – e qualche volta cerco di trovare gli spazi senza togliere attenzioni e tempo a marito e figli, magari faticando e alzandomi mezz’ora prima. Ed io non trovo che sia più cristiano, per esempio, stare magari sul divano a guardare la televisione piuttosto che fare una corsa che fa bene anche al corpo. Credo che sia cristiano prendersi cura del corpo. Certo, sempre con misura. Uno non può stare otto ore al giorno in palestra né una può preparare la maratona quando ha otto figli.

In Sposala e muori per lei parli della grazia del sacramento del matrimonio come “l’arma segreta, il superbonus” per una coppia. Oggi non tutti la vedono così. E’ mancanza di fede o credi che corsi prematrimoniali e catechesi varie non riescano a mettere bene in evidenza questo aspetto fondamentale?

Io credo che di corsi buoni e di bravi sacerdoti ce ne siano molti. Poi ce ne sono anche di meno bravi. Ma penso che prima i matrimoni tenessero più per la pressione sociale che per una profonda fede. Reggevano perché la pressione sociale non permetteva neanche che si ponesse il problema di lasciarsi. Oggi, invece, perché la pressione sociale non c’è, si può convivere: anzi, tante madri consigliano la convivenza ai figli per provare e sicuramente ora, per stare insieme tutta la vita, ci vuole una motivazione in più che prima non era necessaria. Però, se ci pensiamo, quando oggi ci si sposa in chiesa per fede, il fatto che si stia insieme per convinzione e non per convenzione è una cosa buona, non è un male per i figli.

VITA DI CHIESA? CARE DONNE, VA BENE, MA DATEVI UNA REGOLATA… 

Uno dei tanti impegni ecclesiali dei cattolici di oggi. Quando dire sì e quando invece rimanere in famiglia?

Sempre nello stesso libro, ti rivolgi ad un’amica che trascura la famiglia per i troppi impegni ecclesiali, chiedendole di essere un po’ menoattiva in chiesa. Vogliamo però sottolineare un paradosso: il Magistero difende con forza la famiglia ma, contemporaneamente, uffici diocesani, parroci, responsabili di movimenti non fanno altro che aumentare esponenzialmente “impegni” (incontri, raduni, etc.) che, inevitabilmente, creano malumori o disagi in famiglia. Non pensi che una tiratina d’orecchie possiamo rifilarla anche a loro?

Al clero mai. Lo difendo sempre con tutto il cuore, perché è formato da fratelli che a volte sbagliano come capita a tutti, ma danno la vita per noi. I sacerdoti non si criticano mai.

Però il problema esiste…

Il problema esiste è vero. Secondo me, ogni famiglia ha delle stagioni. Quando si sta formando, ci si può aprire all’associazionismo. Però, quando poi il nucleo si deve consolidare, quando ci sono i figli piccoli e anche loro hanno le loro esigenze – magari il desiderio di stare insieme senza troppe intrusioni esterne: perché i miei figli, per esempio, se comincio ad invitare troppo, a fare cose di gruppo, si innervosiscono e hanno ragione – in quel caso occorre rallentare un po’.

Del resto, partecipare ad ogni impegno ecclesiale e trascurare la propria famiglia, soprattutto se ci sono bambini, è una scelta persino bizzarra, dato che la famiglia è considerata una chiesa domestica…

Secondo me, è una sorta di lussuria spirituale: il desiderio di cercare sempre nuovi stimoli, nuove gratificazioni, nuove riflessioni. Io penso che un cattolico maturo sappia quello che deve fare. Sa che sono necessari momenti in cui ci si ricarica: però è nella vita quotidiana che poi si deve esercitare il proprio essere cristiani.

Come ti regoli tu da cattolica e da madre?

Noi, in realtà, non so se siamo un buon esempio. Andiamo tutti insieme a Messa la domenica. Poi faccio frequentare il catechismo ai figli più grandi. Alle piccole, che non sono ancora in età, cerco di farlo io un giorno a settimana: leggo i libri, vediamo i film, leggo la Bibbia. Le storie però vanno innestate nel quotidiano, gomito a gomito: si parla di Dio come una persona reale, che è in mezzo a noi, che  vive con noi…

Una volta hai detto che riesci anche a far dire il Rosario ai tuoi figli, corrompendoli in vari modi…

Esatto, ma, poi, loro vedono la testimonianza, senza bisogno di prediche. Vedono che vado tutti i giorni a Messa, che mi metto a pregare nel mio angolino, che leggo la Bibbia. Cioè vedono che per me è un’ esigenza viva e vitale e spero che sia questo che arrivi a loro. A volte, sono loro a chiedermi: “preghiamo?”. Poi amano la candela, l’incenso, si divertono – fanno anche dei disastri – però è un modo per tenerli lì, è un modo per vivere la fede nel quotidiano. Noi cristiani tante volte andiamo agli incontri ecclesiali e poi pensiamo che dobbiamo amare il vicino di autobus, il povero che sta dall’altra parte del mondo, mentre, invece, prima di tutto, l’amore si vive in famiglia con la suocera, con il marito a cui non rispondere, con la moglie per cui morire, con i figli che fanno i capricci…

Forse é stato l’equivoco clericale di questi anni. E’ facile amare uno che sta ad un milione di km di distanza, che non vedi, che non ti contraddice mai, con cui non parli, ma stare accanto, gomito a gomito, ai familiari che non ti obbediscono, che ti contraddicono, è lì che veramente è la sfida per il cattolico… amare la propria famiglia che dovrebbe venire prima di tutti gli altri “prossimi”, del proprio gruppo di preghiera, di catechesi, etc…

Tutta questa esigenza di gruppo, di condivisione, io personalmente non la sento. Rispetto, però, chi la sente. Io ho una comunità di amici, soprattutto amiche, con cui la pensiamo allo stesso modo. Però non è che ci vediamo lasciando i figli: ci pensiamo, cerchiamo di trovare dei momenti, perché è giusto trovarli, ma senza trascurare la famiglia…

Puoi farci un esempio concreto?

Di recente, è arrivata un’amica di Piacenza, che era a Roma per un impegno. Ho messo a letto i figli,  è venuta tardi, verso le 22:30, e abbiamo parlato di Dio perché è quello che ci sta a cuore: ecco per me quella è una comunità – anche un incontro con un’amica – che non grava sulla famiglia.

LE LACRIME DELLA BONINO

La Bonino: oggi, molte come lei fingono di sorridere anche quando il loro cuore di donne è a pezzi.

Il senso dei tuoi libri è che le donne possono fare tantissimo per far uscire l’uomo dalla crisi di identità in cui è entrato dopo il femminismo degli anni ’70. Non le carichi di un’eccessiva responsabilità?

Io penso che la donna dà la vita all’uomo. Come dice anche Giovanni Paolo II, quando parla del genio della relazione; come dice Benedetto XVI, quando afferma che la parte migliore della vocazione femminile è portare fuori il meglio dell’altro anche a se stesso. Credo che la donna dovrebbe caricarsi di meno di responsabilità fuori, combattere un po’ di meno per le quote rosa, per il successo, e invece dedicarsi alla sottomissione che è grandissima nelle relazioni.

Di nuovo la sottomissione: è capitato che qualche donna si fosse sentita offesa per questo termine?

Devo dire che poche donne si sono offese, anzi, ora che ci penso, nessuna, leggendo i libri. Magari, a volte, per qualche articolo, ma per i libri no, perché la donna che esce fuori dai miei libri è una donna che ha una missione che fa bene al mondo. La donna secondo me è il motore, custodisce la scintilla come nella Sacra Famiglia. Giuseppe faceva il lavoro grosso e la Madonna ha accolto la vita. Cioè sono due funzioni diverse ma…

Entrambe importanti. Hai avuto lettrici di sinistra?

Qualcuna sì. In fondo, come è scritto nella recensione de Il fatto quotidiano su Sposati e sii sottomessa, anche per quelle che chiamiamo conquista l’aborto e che hanno lottato per il divorzio poi se si chiede loro qual è il giorno più bello della vita risponderanno sempre quando è nato il proprio figlio oppure, anche se divorziano, saranno sempre alla ricerca dell’amore eterno. Perché, alla fine, queste cose sono scritte nel cuore di ogni donna, anche in quello della Bonino, però il problema è ammetterlo. A volte, alcune mi hanno detto: “per me leggere il tuo libro è stata una grande sofferenza perché appartengo alla generazione che ha lottato per realizzarsi nel lavoro e ora che leggo è troppo tardi e mi sono resa conto che volevo farlo un figlio ma ora non è più tempo”.

L’orologio biologico è inesorabile…

Uno degli inganni del nostro tempo è quello di pensare che noi siamo arbitri della realtà e possiamo decidere quando e come vogliamo, ma la realtà è che il corpo delle donne invecchia, che dopo i 35 anni la fertilità dimezza e dopo i quaranta è più difficile concepire in modo naturale.

Non possiamo farci sfuggire il tuo cenno ad Emma Bonino. In tutta sincerità: che ne pensi da donna a donna? Che sensazione ti trasmette.

A me fa tanta tenerezza. Provo pena. Però chi mi vuole bene mi dice che mi fanno pena tutti. Il fatto è che ho letto su internet una sua intervista in cui diceva che lei la sera, quando rientrava a casa, spesso piangeva per la solitudine perché aveva avuto in affido due bambine ma solo temporaneamente (per saperne di pù qui  n.d.r.) e secondo me anche lei avverte questo vuoto. Quindi, provo tenerezza per la persona. Però rispetto alle sue battaglie, a quello che ha fatto, no. I gesti e le battaglie sono condannabili. Per me il fatto che promuova l’aborto è una cosa… che non ci dormo la notte! Perché è terribile. Lei lo ha promosso, ma lo ha anche fatto, sulle persone care, nel salotto di casa, con l’aspirapolvere, la pompa di bicicletta: insomma quell’atto lì è proprio terribile, l’azione più terribile.

La rivoluzione ha necessità di spazzare via il passato,  spezzando i legami fra gli uomini. Una rivoluzione che arriva, nel ’68, a compiere il gesto emblematico e altamente simbolico di separare madre e figlio, col cordone ombelicale spezzato nell’aborto. La rivoluzione ha bisogno di dividere persino ciò che era indivisibile, madre e figlio, e ci è riuscita, purtroppo, dopo il 68.

Sì.

PRENDERE LA VITA CON UN SORRISO… E GLI UOMINI? ALTRETTANTO.

In famiglia più si ride, meglio si vive.

L’ironia è l’ arma vincente dei tuoi libri. Che indichi anche alle donne, in uno dei capitoli dell’ultimo libro, come rimedio per non cedere alla tentazione di lamentarsi a tutti i costi. Ma, con quattro figli e un lavoro impegnativo, trovi il tempo e la voglia di sorridere delle contrarietà nella vita di tutti i giorni? Tu hai detto che a casa tua si ride sempre. La domanda sorge spontanea: “ma che c’è da ridere”?

Io penso sempre che quando c’è qualche piccolo contrattempo si può sorridere e grazie a Dio finora sono stati solo questi. Certo, la fatica è tanta, tanti soldi spesi, poco tempo, però questi non sono problemi grossi, se pensiamo alla croce. Poi chi è col cuore vicino al Signore non può essere triste perché siamo redenti, la morte è stata vinta, siamo parte del popolo regale di Dio, siamo figli di Dio: non possiamo non saltare dalla gioia.

Il consiglio, allora, è vivere con gioia…

Anche Gesù dice: “questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Io penso che la gioia sia la spia che una persona funziona, che sa apprezzare anche le proprie piccole fatiche. Io ho conosciuto pure persone con grandi croci che erano nella gioia… Se uno è vicino al Signore non c’è niente che lo turbi.

Allora, per sorridere un po’… hai le prove che tuo marito legga veramente i tuoi libri? O ha detto sì come fanno tutti gli uomini?

Quando un uomo annuisce, “ah ah”, il dubbio viene… (ride) Qualcosa deve aver letto perché mi ha fatto moltissime critiche, quindi da quello ho la prova. Alla fine delle nottate passate a scrivere gli passavo il computer e lui mi rispondeva con fiumi di critiche. “Ma per il resto?” gli chiedevo. “Quale resto?” rispondeva “Questo lo hai già detto, questo non fa ridere, questo è noioso”. Dovrebbe aver letto ma solo perché è mio marito. Credo che non leggerebbe mai un libro del genere.

E, a parte tuo marito, I tuoi libri gli uomini li leggono?

Guarda… devo dire che ricevo più lettere di uomini che di donne.

E sono d’accordo?

Sì. Tutti felicissimi. Adorano questa donna meravigliosa del libro. Che anche mio marito vorrebbe conoscere perché è la donna del libro, non sono io. Stamattina si è alzato e mi ha detto: “Ho sentito alla radio una che diceva che la sera aspetta suo marito con il suo piatto preferito e caldo… ma che, per caso, eri tu?” (Perché ieri mi ha intervistato una radio). Io ho risposto: “Beh… c’è chi si specializza nel razzolare e chi… nel predicare”.

   


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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