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E supremi apostolatus cathedra la prima enciclica di san Pio X 4.10.1903

Ultimo Aggiornamento: 17/01/2014 15:37
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17/01/2014 15:36
 
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7. Tutto ciò, Venerabili Fratelli, fa parte della nostra salda fede e delle nostre attese. Tuttavia tale fiducia non ci dispensa, per quanto dipende da noi, di propiziare il compimento dell’opera di Dio, e ciò non solo insistendo nella preghiera: “Sorgi, o Signore, perché l’uomo non prevalga” [15]. In verità, ciò che più interessa è che nelle opere e nelle parole, in piena luce, sostenendo e rivendicando il supremo dominio di Dio sugli uomini e su tutte le altre creature, siano santamente onorati e rispettati da tutti il Suo diritto e il Suo potere di comandare. E ciò non è soltanto richiesto dal dovere imposto dalla natura, ma anche dal comune interesse del genere umano. Chi mai, infatti, Venerabili Fratelli, non si sentirà turbato dalla trepidazione e dall’angoscia nel vedere che gli uomini — mentre si esaltano giustamente i progressi umani — si combattono atrocemente la maggior parte fra loro, così che quasi vi è guerra di tutti contro tutti? Il desiderio di pace è certamente un sentimento comune a tutti, e non vi è alcuno che non la invochi ardentemente. La pace, tuttavia, una volta che si rinneghi la Divinità è assurdamente invocata: dove è assente Dio, la giustizia è esiliata; e tolta di mezzo la giustizia, invano si nutre la speranza della pace. “La pace è opera della giustizia” [16]. Noi sappiamo infatti che non sono pochi coloro che, sospinti dall’amore di pace e anche di “tranquillità” e di “ordine”, si raggruppano in associazioni e fazioni che definiscono “d’ordine”. Ahi, quali vane speranze e fatiche! Di partiti “dell’ordine”, che possano portare una pace reale nelle perturbazioni, ce n’è uno solo: il partito dei partigiani di Dio. Pertanto è necessario incoraggiarlo e condurre ad esso quante più persone si può, se ci sollecita l’amore per la sicurezza.

8. Invero, Venerabili Fratelli, questo stesso richiamo delle genti alla maestà e alla sovranità di Dio, per quanto ci impegniamo non potrà mai compiersi se non per intercessione di Gesù Cristo. Ci insegna infatti l’Apostolo: “Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già si trova, e che è Cristo Gesù” [17]. È Lui solo “che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo [18]; irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza” [19] in quanto Dio vero e vero uomo: senza di Lui nessuno potrebbe conoscere Dio come si deve. Infatti, “nessuno conosce il Padre se non il Figlio, e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” [20]. Ne consegue che vi è perfetta concordanza fra il “ristabilire tutte le cose in Cristo” e il ricondurre gli uomini all’obbedienza a Dio. Dobbiamo dunque rivolgere il nostro impegno a questo, al fine di ricondurre il genere umano sotto l’impero di Cristo; raggiunto tale fine, l’uomo ritornerà a Dio medesimo. A un Dio, diciamo, non inerte e indifferente verso gli uomini, come lo ritrassero, delirando, i materialisti; ma un Dio vivo e vero, uno di natura, in tre persone, creatore dell’universo, onnisciente, e infine giustissimo legislatore che punisce i colpevoli e assicura premi alle virtù.

9. Pertanto è ovvio quale sia il cammino che ci porta a Cristo: passa attraverso la Chiesa. Perciò dice giustamente Crisostomo: “La tua speranza è la Chiesa, la tua salvezza è la Chiesa, il tuo rifugio è la Chiesa” [21]. Per questo Cristo l’ha fondata, conquistandola a prezzo del suo sangue; ad essa affidò la sua dottrina e i precetti delle sue leggi, prodigandole ad un tempo i sovrabbondanti doni della divina grazia per 1a santificazione e la salvezza degli uomini. Voi vedete dunque, Venerabili Fratelli, quale missione sia parimenti affidata a Noi e a voi: richiamare la società umana, che ripudia la sapienza di Cristo, alla disciplina della Chiesa; la Chiesa a sua volta la sottoporrà a Cristo, e Cristo a Dio. Se, con l’aiuto di Dio, giungeremo a questa meta, Ci rallegreremo che l’iniquità abbia ceduto alla giustizia, e allora udiremo con gioia “una gran voce che in cielo annuncia: ora sono fatti compiuti la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio, e la potenza del suo Cristo” [22]. Ma perché questo esito corrisponda ai voti, è necessario che con ogni mezzo e con ogni azione estirpiamo del tutto quell’immane e detestabile crimine (tipico di questa età) per cui l’uomo si è sostituito a Dio; perciò dobbiamo ricondurre all’antica dignità le santissime leggi e gl’insegnamenti del Vangelo; dobbiamo proclamare a gran voce le verità tramandate dalla Chiesa, tutti i suoi documenti sulla santità del matrimonio, sulla educazione e l’istruzione dei fanciulli, sul possesso e sull’uso dei beni, sui doveri dei pubblici amministratori; occorre ristabilire infine un certo equilibrio tra le varie classi sociali secondo le leggi e le istituzioni cristiane. In verità, Noi Ci proponiamo, durante il Nostro Pontificato, ubbidendo alla divina volontà, di raggiungere questi obiettivi, e li perseguiremo con ogni energia. Spetta a Voi, Venerabili Fratelli, assecondare i Nostri sforzi con la santità, con la dottrina, con l’azione e soprattutto con l’ossequio alla divina gloria; a nient’altro intesi se non a “formare Cristo in tutti” [23].

10. Ora, di quali mezzi dobbiamo far uso in un’impresa così grande, è appena il caso di dirlo, tanto sono ovvi di per sé. Il primo impegno sarà quello di formare Cristo in coloro che sono destinati per vocazione a formare Cristo negli altri. Il pensiero, Venerabili Fratelli, è diretto ai sacerdoti. Infatti, tutti coloro che sono stati iniziati al sacerdozio devono sapere che fra le genti con cui vivono hanno il compito che Paolo testimoniava di aver ricevuto con queste affettuosissime parole: “Figlioli miei, che io di nuovo partorisco finché Cristo non sia formato in voi” [24]. Ma chi potrebbe esercitare tale missione se non coloro che per primi si sono rivestiti di Cristo? Rivestiti in tal modo, essi possono fare proprie le parole dello stesso Apostolo: “Sono vivo, ma non sono io: in me vive veramente Cristo [25]. Per me la vita è Cristo” [26]. Pertanto, sebbene sia rivolta a tutti i fedeli l’esortazione affinché “arriviamo... allo stato di uomo perfetto nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” [27], tuttavia ciò riguarda soprattutto colui che esercita il sacerdozio; egli è quindi chiamato un “altro Cristo” non certo per la sola trasmissione del potere, ma anche per l’imitazione delle opere, attraverso le quali mostra in sé la chiara immagine di Cristo.

11. Stando così le cose, Venerabili Fratelli, quale e quanto impegno dovrete porre nel formare il clero alla santità! A questo fine, qualunque cosa accada, è necessario che cedano il passo tutte le occupazioni mondane. Perciò la maggior parte delle vostre cure sia rivolta ad ordinare e a governare come si conviene i sacri seminari, perché fioriscano parimenti nella integrità della dottrina e nella santità dei costumi. Fate del seminario la delizia del vostro cuore, e per il suo giovamento non omettete nulla di ciò che è stato provvidenzialmente stabilito dal Concilio Tridentino. Quando poi verrà il tempo di iniziare i candidati agli ordini sacri, di grazia non si dimentichi ciò che Paolo scrisse a Timoteo: “Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno” [28], riflettendo con somma attenzione che spesso i fedeli saranno come coloro che destinerete al sacerdozio. Perciò non abbiate alcun riguardo verso qualsivoglia interesse privato, ma volgete lo sguardo soltanto a Dio e alla Chiesa e all’eterna felicità delle anime, in modo da evitare, come l’Apostolo ammonisce, di partecipare “ai peccati altrui” [29]. Inoltre, i sacerdoti recentemente ordinati ed usciti dal seminario non abbiano a sentire la mancanza della vostra sollecitudine. Dal profondo dell’animo vi esortiamo ad avvicinarli il più spesso possibile al vostro petto, che deve ardere di fuoco celeste: accendeteli, infiammateli, in modo che si impegnino per l’unico Dio, a vantaggio delle anime. Noi pure, Venerabili Fratelli, Ci adopreremo con tutto il Nostro zelo in modo che i membri del sacro clero non siano catturati dalle insidie di una certa nuova, fallace scienza, che non ha sentore di Cristo e che, con artificiosi ed astuti argomenti, si industria di introdurre gli errori del razionalismo o del semirazionalismo: errori che l’Apostolo invitava già Timoteo ad evitare, scrivendogli: “Custodisci il deposito, evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza, professando la quale taluni hanno deviato dalla fede” [30]. Tuttavia nulla Ci indurrà a considerare meno degni di lode quei giovani sacerdoti che si dedicano allo studio di utili discipline in tutti i rami del sapere, in modo che poi saranno più idonei a difendere la verità e a respingere le calunnie dei nemici della fede. Nondimeno non possiamo nascondere, ma anzi apertamente dichiariamo, che Noi saremo sempre portati verso coloro che, pur senza trascurare le discipline sacre e umanistiche, si dedicano in particolare al bene delle anime, procurando loro quei doni che sono propri di un sacerdote che s’impegna per la gloria di Dio. Abbiamo “nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua” [31] quando constatiamo che si adatta anche all’età nostra il pianto di Geremia: “I fanciulli hanno chiesto il pane e non v’era chi lo spezzasse per loro” [32]. Infatti non mancano tra il clero coloro che, seguendo le proprie inclinazioni, si dedicano ad attività più apparenti che di concreta utilità: ma forse non sono molti coloro che, sull’esempio di Cristo, fanno proprio il detto del Profeta: “Lo spirito del Signore... mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato ad evangelizzare i poveri, a sanare gli afflitti, ad annunciare la liberazione ai prigionieri e la vista ai ciechi” [33].




 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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