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Ricordando e pregando con Benedetto XVI Dottore della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 20/06/2016 21:58
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28/01/2014 18:01
 
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Quel «CUORE DOCILE» DI Salomone mi ha aperto una strada

Marta Cartabia

BENEDETTO XVI

Il 22 settembre 2011, Benedetto XVI pronunciava al Bundestag un discorso di portata storica, per la cultura giuridica e, più in generale, per la cultura contemporanea, segnando una svolta in decenni di dibattiti accesi sul ruolo della religione nello spazio pubblico: non la rivelazione, ma la ragione e la natura nella loro correlazione, sono il corredo con cui ogni cristiano è lanciato nella storia. 

Se mi è consentita una notazione di carattere personale, aggiungerei che l’immagine iniziale di quel discorso è, e resterà, per me indimenticabile: al giovane re Salomone, nell’ora dell’assunzione del potere, è stato concesso di avanzare una richiesta. Ed egli chiede a Dio un cuore docile, ovvero una ragione aperta, cioè «la capacità di distinguere il bene dal male e di stabilire così un vero diritto, di servire la giustizia e la pace».
Pochi giorni prima, il 2 settembre 2011, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, mi aveva conferito, in modo del tutto inatteso, un incarico istituzionale, nominandomi componente della Corte Costituzionale italiana.
Così, la mia vita professionale, che fino a quel momento si era dispiegata interamente in ambito accademico, mutava radicalmente di segno.
Un cambiamento di vita, più e prima che professionale.

Nulla di più pertinente avrebbe potuto accompagnarmi in quella svolta, di quel desiderio, espresso dal giovane re Salomone, di poter agire seguendo una ragione spalancata, capace di discernere e di orientarsi al bene e al giusto.
Questo invito a spalancare continuamente le finestre della ragione, che sempre tende a rinchiudersi in un edificio di “cemento armato” - secondo l’espressione di Benedetto XVI al Bundestag -, segna la strada che mi è offerta, personalmente, per cercare di servire la giustizia nell’agorà, ogni giorno. 

Come la ragione, così tutta la nostra umanità tende continuamente a rattrappirsi. Ma che cosa può permetterle di tornare incessantemente a spalancarsi? In ogni intervento del suo Pontificato, Benedetto XVI ha mostrato una profonda comprensione del dramma dell’uomo contemporaneo. Ha mostrato un amore all’uomo e alla verità fuori dal comune.
Quale l’origine di tutto questo? Guardando ai frutti della sua personalità ricca e umanissima, non si può fare a meno di chiedersi quale sia il loro punto sorgivo. In ogni parola e in ogni gesto eglitestimonia che cosa accade alla ragione e al cuore di un uomo che vive una fede reale, cioè vive in un rapporto intenso con Cristo presente.
Testimone di Cristo: fino al gesto supremo della sua rinuncia, frutto di una decisione, presa, come egli stesso ha affermato, «dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio». Una decisione che può scaturire solo dalla «presenza percepibile ed imperiosa della voce della verità all’interno del soggetto stesso», secondo le parole del beato Newman.
Pochi mesi sono trascorsi da quando Benedetto XVI, rivolgendosi ai suoi ex-allievi, diceva: «Nessuno può avere la verità. È la verità che ci possiede, è qualcosa di vivente! (...) Non possiamo dire: ho la verità, ma la verità è venuta verso di noi e ci spinge. Dobbiamo imparare a farci muovere da lei, a farci condurre da lei. E allora brillerà di nuovo». 

E di nuovo ha brillato.






IL PAPA È MIO E NON L’HO PERSO

Rose Busingye

BENEDETTO XVI

Non ho mai pensato a Benedetto XVI come al “Papa”, lontano da me. Era, è un amico, un parente. Una persona che è parte di me. Un regalo.
Quando mi parlava di Dio, di Cristo, investiva tutta la totalità del mio io. Come un padre che ti prende per mano e ti spiega il perché delle cose, e capisci che lui c’entra con la tua vita. Il Papa c’entra con la mia vita. Se tutto è di Cristo e lui è di Cristo, il Papa è mio. Non è uno sforzo, una fatica, dire questo: è una cosa così normale. È mio. Ciò che è di Dio è mio, ciò a cui appartengo è mio.
Dentro la fede ti trovi unita ad ogni uomo. È difficile da spiegare. Benedetto XVI l’ho incontrato tre volte, sempre a Roma.
La sua faccia, il modo con cui ti guarda che è un abbraccio... Non ti viene da sentirlo lontano, ma da buttarti tra le sue braccia. Come in quelle di tuo padre. Scompare l’immagine formale del Papa, e non per mancanza di rispetto, ma perché ti senti a casa; ti verrebbe da raccontargli di te, dei tuoi sentimenti, di quello che ti è capitato. Come un bambino che si confida con il padre. 

Quando ho ricevuto la notizia delle dimissioni mi sono sentita come i discepoli di Emmaus che discutevano fra loro e un po’ si lamentavano. Anche io mi sono detta: «Ecco, non è venuto in Uganda, è cominciato l’Anno della Fede... E adesso?».
Tutto quello che attendevo sembrava sospeso. Come un bambino che aspetta il papà dopo un lungo viaggio, e gli dicono che non arriverà. Non c’è disperazione perché sai che tuo padre c’è, ma rimane la domanda: chi mi spiegherà? Dopo, per grazia, è arrivato il messaggio di Carrón. È stato come se mi dicesse: «Non ti batteva il cuore quando Gesù parlava e spiegava le scritture?».
Proprio la stessa esperienza dei discepoli di Emmaus. Mi sono ricordata la lettera di Benedetto XVI al Meeting: la natura dell’uomo è rapporto con l’infinito. Niente è perso, ma ridefinito. Quel messaggio mi ha spiegato quello che stava succedendo.
È stato capire che dentro questa appartenenza a Dio non si perde niente; e poi è esplosa la gratitudine per avere un padre che ti educa all’esistenza delle cose. Carrón mi ha fatto dire: «Non l’ho perso, il Papa lo ha fatto per me».
Quello che costruisce il Papa costruisce me, ciò che il Papa mi ha indicato fino ad ora è ciò che rende liberi entrambi.












Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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