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Dossier sul "gigante buono ma pessimo medico" il cardinale Martini

Ultimo Aggiornamento: 03/04/2014 23:41
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03/04/2014 19:59
 
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  MORTO L’ULTIMO PATRONO DEL PROGRESSISMO, RESTANO GLI ORFANELLI. CONFUSI MA ARROGANTI: “NON OCCORRE FARE ALTRI CATTOLICI”

demagogia elitaria: un ossimoro?

Qualunque discepolo o fan di Martini intendesse ancora discutere contro l’Humanae Vitae, si metta l’anima in pace… altro che “no Martini – no party” che i suoi supporter sbandieravano in San Pietro nel conclave del 2005: il party è finito, la ricreazione è finita, l’ultimo patrono del progressismo più parossistico è morto.

Qualcuno oggi, dopo i funerali, azzarda l’ipotesi che il cardinale Martini fosse sempre in buona fede nelle sue esternazioni. Che dire? La buona o mala fede non la possiamo giudicare, questa fa parte del cuore della persona che solo Dio può e metterà in luce a suo tempo: noi possiamo però valutare i frutti.

Ad un sacerdote che mi rimproverava la critica severa a Martini gli ho chiesto: “Va bene, mi dica allora i frutti di quel magistero…”. Gli unici che mi ha saputo elencare laconicamente e arrancando sono stati i soliti, oltretutto ridotti a né carne né pesce: quelli ecumenici, del dialogo, dell’amicizia fra i non cattolici. La solita robetta preconfezionata nei tg e dai suoi vaticanisti, che spesso vengono fuori proprio dai circoli di Martini.

Resto perplessa e gli chiedo: “Mi perdoni, ma la missione della Chiesa e di un prelato soprattutto, non è quella di predicare, evangelizzare e fare discepole le genti, battezzandole, insegnando tutto quanto il Maestro, Gesù Cristo, ha detto e fatto?”. E questi mi ha risposto: “Ma i tempi sono cambiati! Oggi non c’è bisogno di fare le genti cattoliche, basta che credano a Qualcuno, questo è il grande successo di Martini…”. A Qualcuno, dunque, non importa chi, ossia a qualunque cosa, non importa cosa, a chicchessia purchessia. Non stupisce che poi i martiniani, avendo tale libertà di manovra (non su ciò che è accessorio, ma proprio sull’essenziale), potendo credere a qualunque cosa e a chiunque, finiscano tutti per “credere” ai massimi nemici della Chiesa, della fede, della vita: a “Qualcuno”, tipo Pannella, per dirne uno. Ecco il successo di Martini, ecco spiegato l’applauso del mondo, ecco la scaturigine dell’entusiasmo di un nemico dichiarato (per quanto puerile e sguaiato) di ogni credente, come Scalfari.

Io spero e mi auguro che i veri discepoli di Cristo prima e di Martini poi si dissocino subito da questa affermazione: siamo alla summa delle eresie, al puro sincretismo, peggio, a elementi di pelagianesimo fuso a elementi di agnosticismo, in ogni caso non più in ambito cristiano… non ci staremmo, almeno, se non fossimo anche convinti che più che da profonda meditazione la facilona dichiarazione di questo prete martiniano, nasce dalla profonda ignoranza (persino dei libri dello stesso Martini, che probabilmente non ha letto: si sa, delle icone basta dire che sono belle e buone, senza entrare nel merito, senza spiegare perché, senza neppure premurarsi di saperlo… vannobene a prescindere!, finché ossequiano il mondo, ricambiate). Ed è proprio la sua ignoranza a salvarlo, se non la “buonafede”, che tale non è.

MA MARTINI ERA UN VERO CREDENTE. I MARTINIANI, ALLIEVI DEGENERI, DEI SUPERFICIALI

Chiediamoci piuttosto, e se lo chiedano questi orfani “degeneri” del gesuita, perché il Papa sta per indire un Anno della Fede sulla scia delCredo pronunciato da Paolo VI? Fede in cosa? Per annunciare cosa e a chi?

No, non ci siamo! Non sono neppure degni del loro presunto “maestro” questi martiniani superficiali e rilassati in disarmo, ai quali non resta che la retorica iconografica da falsari. Martini era un vero credente, su questo non ci piove, e credeva in Dio Incarnato, vissuto, morto e risorto per redimere l’uomo. Come ricorda a ragione Introvigne, il suo errore è stato sociologico: quella umanizzazione del Cristo stesso e direi a questo punto anche della Chiesa, anziché predicarne la natura divina (e non “divinizzazione” come ha scritto qualcuno sui giornali) della quale siamo stati fatti eredi. Ma anche Lutero era un grande credente! Credeva in Cristo, anche lui fu un “grande” del suo tempo: un grande contro la Chiesa e la sua dottrina, voleva anche lui una Chiesa più umanizzata, liberale nell’interpretazione dei suoi capisaldi (il risultato pratico fu, specie nella versione calvinista, ferocia disumana nell’imporre ciò che doveva invece essere “donato” e “accolto”, alternata ad anarchia dottrinale e al tutti contro tutti e tutti uniti solo contro “l’anticristo papista”).

L’amicizia di Martini con il signor Verzè (sacerdote sospeso a divinis dal cardinale Colombo nel 1973 e che è morto senza chiedere perdono alla Chiesa pubblicamente, da pubblico peccatore, continuando nello scandalo, anzi facendo dello scandalo, del peccato e persino del crimine, morale e teologia stracciona… e Dio ha soffiato su di lui e sulle sue opere e li ha dispersi nella vergogna e nel disonore) l’amicizia con Verzè, dicevo, non si è fermata a un rapporto gratuito di stima: si è consolidata degenerando in gravi errori sulla persona umana, sulla vita, sulla morale; così come la sua ammirazione per gli scritti del confratello gesuita Karl Rahner, l’amicizia fra i due, è sforata nei medesimi errori sull’umanesimo deviato del nostro tempo; o peggio ancora l’indecente scivolone senile, non si sa quanto consapevole (probabilmente Martini non ne ha letto una sola riga) nel compiacersi di un libro eretico (per modo di dire: semplicemente non è più non solo cattolico, ma cristiano) come quello di Vito Mancuso, grande discepolo e miserabile frutto bacato di Martini, libro nel quale arriva a negare tutti i dogmi della fede cattolica e Martini, suo maestro, giù a fare una prefazione di alto livello e spessore, promuovendone la lettura…

LANGONE E IL PRETE MARTINIANO. CHE VUOLE “COMBATTERE” LA CHIESA

Camillo Langone

Spendiamo due righe anche per far emergere dal fango questa squadra dei “discepoli” di Martini, una élite dall’indole radical-chic, e composta persino di non pochi sacerdoti che spesso lo hanno superato nella critica alla Chiesa e al suo Magistero.

Nel breve ma intenso articolo di Camillo Langone sul Foglio del 1° settembre, leggiamo:

“Quando osai criticare il suo Cardinale, un sacerdote lecchese mi scrisse queste testuali parole:Sono discepolo di Martini, la invito nella mia chiesetta dove sentirà vibrare una parola che va diritta alla coscienza per combattere le istituzioni, compresa quella cattolica apostolica romana. Una mail davvero curiosa: perché un prete dovrebbe conoscere il Vangelo e sapere che ‘uno solo è il vostro Maestro, il Cristo’. Non si può essere discepoli religiosi di un mortale. E poi perché la pratica di sparare sul proprio quartier generale è un insegnamento del Libretto rosso di Mao, non della Bibbia…”.

Ma poi, mi chiedo, pensando a quanto detto da Langone, come può vibrarmi in petto una parola come “combattere l’Istituzione” Divina che mi ha rigenerata? Come può vibrarmi in petto una parola che mi spinge a combattere mia Madre, la Chiesa, corpo mistico del mio Cristo?

A questi discepoli degenerati occorre rammentare che se tu fai il “volonteroso verme che rode la cattiva mela dall’interno” e metti in discussione certe questioni fondamentali (ammantandoti di buoni principi alla moda e di popolarità a buon mercato, ma in realtà facendoti cattivo maestro … il quale ha sempre scopi inconfessabili, serve strani interessi tutt’altro che religiosi), io, a mia volta ed a maggior ragione, ho tutto il diritto di mettere in discussione il tuo mandato se sei prete o vescovo, teologo o laico raccomandato… Non si può fare il “disubbidiente garantito” e cioè contestare e sputare nel “piatto dove si mangia”, mantenendo però il posto prenotato da cliente fisso che il medesimo “ristorante”, che tanto si critica, ti fornisce.

Insomma, non ci voleva certo un Martini, né un suo discepolo, per venirci a dire che “dovemo volè bene a tutti, dovemo parlà co’ tutti” … per dire questo basta e avanza (peraltro con pessimi risultati) qualche inutile ed ipocrita politicante. Mentre magari poi non vuoi più “bene” né “parli” più né vuoi più ascoltare il papa, i tuoi fratelli nella fede, i santi, la tua Chiesa, e infine le sacre scritture, alle quali pure dicevi – a parole – di voler dare priorità assoluta, manco fossimo davvero la religione del “solo libro”. Decorso quasi sempre fatale, questo, per ogni martiniano.

Se semo tutti fratelli, annamo a magnà la trippa ar sugo ar collettivo de Tor Marancia con don Vitaliano e don Gallo, soubrettes, Vendola e Luxuria, Mazzi & Ciotti! Inneggiamo a Stalin e Che Guevara (ovviamente co la panza bella piena)e chi se ne frega delle regole! Ma questo è un circo equestre, una anonima alcolisti non pentiti! Dice giustamente Langone: “I martiniani più pericolosi non sono gli atei dichiarati, a loro modo onesti. Sono i preti spretati, i teologi senza Dio, i falsi mistici…”, ma non scarterei da questa pericolosità i preti non spretati, suoi discepoli, responsabili di catechesi e parrocchie; i vescovi non devescovizzati, suoi discepoli, responsabili di pastorali per dire il meno “creative”, quando non proprio anticristiane.

LIBERALI CON SE STESSI, GENEROSI CON CHI LI ASSECONDA, VIOLENTI E TIRANNICI CON CHI NON È D’ACCORDO: I PROGRESSISTI E MARTINI L’INQUISITORE

Sempre sul palcoscenico

Si dice che “Martini parlava al cuore”. Scalfari lo dice, per esempio: che solo in questa occasione – strano? – ha scoperto di averne uno, di “cuore” (e che forse è solo la malafede di un coriaceo odiatore del cattolicesimo in generale e dei cattolici in particolare). Come risposta riporto un doloroso fatto che toccò personalmente Antonio Socci: “Dunque demolire i dogmi della fede non faceva insorgere Martini. Ma quando due giornalisti – in difesa della Chiesa – hanno criticato certi intellettuali cattoprogressisti, sono stati da Martini convocati davanti alla sua Inquisizione milanese e richiesti di abiura…. Che paradosso. L’unico caso, dopo il Concilio, di deferimento di laici cattolici all’Inquisizione per semplici tesi storiografiche porta la firma del cardinale progressista”.

 IL “CAPIRE” ERA UNA FUNZIONE, A QUANTO PARE, RISERVATA SOLO AL MARTINI

Qualcuno parla di un Martini “vero riformatore”, gli rispondiamo “e cosa avrebbe riformato”? Semmai è stato un riformatore mancato.

Il suo chiodo fisso era sfruttare il Concilio Vaticano II per finire ciò che Paolo VI – a suo dire – “non ebbe il coraggio di fare”. Secondo lui il Concilio non era stato ancora compreso: non dai credenti, ma dai Pontefici. E che te pare! Ci può essere mai qualcosa della quale non ha “colpa” Roma? qualcosa che un papa “ha capito”… essendo il “capire” una funzione, a quanto pare, riservata solo al Martini e ai suoi pretoriani?

E’ fuor di dubbio che Martini sia stato un grande arcivescovo nella sua diocesi, la diocesi più grande del mondo, e che negli anni in cui è stato lì, è stato davvero “amico” al Papa. Sì, come abbiamo detto, sempre un pò polemico, e al tempo stesso amico di Roma, amico del Papa (il termine amico è più adatto del termine fedele). Tuttavia non sarebbe onesto non sottolineare che proprio da quel ruolo nella grande Diocesi, capitale economica e anche politica della nazione, “morale” osò dire qualcuno (e non è un complimento), da qui Martini invece di evangelizzare in nome della Chiesa Cattolica comincia a fare tutt’altro, un panegirico interminabile durato sino alla morte, di sincretismo frammisto a liberalismo che lo porterà a conquistare, in breve tempo, tutti i Media del mondo, come era naturale. Media che, a loro volta, con una certa disponibilità dell’interessato, useranno Martini come una scure affilata contro Roma, il Papa, la Dottrina, la Chiesa, la fede stessa infine.

IL SUCCESSORE CHE LO FECE RIMPIANGERE: TETTAMANZI. CHE SAREBBE STATO IRRILEVANTE NON FOSSE STATO DISASTROSO

Il nano e il gigante

Lo so, suona tutto come una contraddizione, ma è la realtà dei fatti. Qualcuno dice che Martini ha fatto grande Milano, altri sostengono il contrario, certo è che lentamente ha reso questa Diocesi Ambrosiana sempre più distaccata dal Magistero Pontificio, il resto poi lo ha fatto il suo successore, Dionigi Tettamanzi. Amato e odiato (si può dire la verità?), per gli uni e gli altri moralmente e intellettualmente irrilevante, Tettamanzi è sempre stato l’ombra di Martini, o almeno della tirannica corte-curia che il Martini gli ha lasciato in eredità, plasmata a immagine e somiglianza del loro padrone. Di suo, il Dionigi, è riuscito a far rimpiangere l’assenza del predecessore, e per pareggiare i conti ha portato la Diocesi definitivamente lontana da Roma, in un tale sfacelo tanto da costringere il Papa a traslarvi un cardinale di sua massima fiducia strappandolo a un patriarcato, per riportare la mitica Ambrosiana a quell’obbedienza a Roma tanto predicata da Ambrogio, e anche a un minimo di decenza. Con Tettamanzi il seminario diocesano era arrivato ai minimi storici ma, occorre dirlo, che cosa poteva fare il successore del “grande Martini” quando questi aveva già seminato gli errori in tutta la Diocesi?

Martini ha fatto dono alla Chiesa Vetero-Cattolica (scismatica dal Concilio Vaticano I, oggi composta da qualche centinaio di persone, che professano dottrine le più strampalate) di una parrocchia a Milano: “ospitalità ecumenica”, disse, e quali frutti ha portato? che hanno fatto la prima donna “prete” in Italia, che oggi fa da “parroco” in quella parrocchia, dove “sposano” omosessuali e appoggiano i divorziati risposati, essendo fra l’altro divorzisti. Certo, questo non è avvenuto quando c’era lui, ma lui ha seminato bene! E Tettamanzi ha raccolto il vento seminato da Martini, diventato nel frattempo tempesta… e per completare l’opera e non essere da meno di Martini, per un capodanno ha fatto comunella e brindato insieme alla sacerdotessa… un quadretto davvero idilliaco non fosse stato disgustoso.

Se è vero poi che non si vedono più a Milano i cattolici, specialmente preti e suore, in giro per le strade a mezzodì, fermarsi per pregare l’Angelus come si faceva una volta al suono della campana, in compenso sotto il regno di Tettamanzi abbiamo assistito a fiumi di musulmani nella loro preghiera supina, riempire la piazza antistante il Duomo: con l’autorizzazione e la benedizione bambinesca e dispettosa del Mastro-Tetta (dispetto a chi poi?). Si dice che l’ultima scossa di terremoto a Milano del gennaio scorso abbia dato origine a delle crepe nella facciata e sulle guglie esterne del Duomo: la cosa non mi stupisce affatto!

E IL GIOVANE RATZINGER MI FECE USCIRE DALLA CONFUSIONE”. SALVO POI RICASCARCI: CATTEDRA DEI NON CREDENTI

L’ultimo incontro col papa, nel giugno 2012, tre mesi prima della morte. Ormai privo della parola e quasi immobile… stranamente continuò a firmare articoli sul corriere: erano suoi davvero?

Dicono: Il più grande successo di Martini è la sua “cattedra dei non credenti”. Ma che cosa è, e perché ha goduto di tanto “successo”, che poi altro non era che clamore mondano?

Il cardinale Martini lo racconta lui stesso, in una lunga intervista, con parole, peraltro, che smentiscono la sua critica di un momento prima circa la conoscenza di Ratzinger dei testi critici:

La mia prima conoscenza con l’opera del cardinale Joseph Ratzinger rimonta alla fine degli anni Sessanta. Erano anni di grandi turbolenze spirituali e culturali. Mi trovavo in ritiro in una casa ospitale nella Selva Nera e cercavo di preparare una conversazione che avrei dovuto tenere in Italia a un gruppo di sacerdoti. Mi aspettavo, come era d’uso a quel tempo, molte domande, contestazioni, difficoltà. Ero alla ricerca di un qualche libro che mi aiutasse a mettere giù le idee in modo chiaro e sereno. Fu così che ebbi tra le mani il testo tedesco della “Introduzione al Cristianesimo” di Joseph Ratzinger, uscita poco prima (1968). Ricordo ancora oggi il gusto con cui lessi quelle pagine. Mi aiutavano a chiarire le idee, a pacificare il cuore, a uscire dalla confusione. Sentivo che venivano da qualcuno che aveva a lungo meditato sul messaggio cristiano e lo esponeva con sapienza e dolcezza. Conservo ancora oggi quegli appunti. Fu in particolare da quella lettura che ritenni il tema del «forse è vero» con cui si interroga l’incredulo, e che mi guidò poi per realizzare la «Cattedra dei non credenti»

Ma basta leggere questo libro per capire come Martini si sia allontanato dalle intenzioni dell’autore destinato a diventare un giorno il Vicario di Cristo.

Anzitutto, Martini usa questo testo per realizzare la sua cattedradei non credenti, ma quanto a farsene guidare dirà lui stesso: “Rimasi come colpito, illuminato dall’affermazione del filosofo Norberto Bobbio: L’importante non è credere ma pensare o non pensare. Confesso che a partire da qui, la cattedradecollò…”.

Martini dialoga da quel momento con un nuovo motto: “L’importante non è credere…”: da qui cominciano le sue amicizie ex cathedra con i non cattolici, dialoga con il semiologo Umberto Eco e con decine di intellettuali, in aule universitarie e stanze per conferenze. Molti di quei colloqui sono stati pubblicati, di altri ne sono scaturiti libri, montagne di libri, pozzi senza fondo di libri tanto che, nel 2000, sia Eco che il cardinale ricevono il Nobel spagnolo, il premio Principe delle Asturie.

Ma nel libro di Ratzinger, men che meno nel suo pensiero, quel nuovo motto lì, “L’importante non è credere ma pensare o non pensare“, non esiste.

PAGLIA GETTA ACQUA SUL FUOCO: “MARTINI NON È UN ANTIPAPA: È UN INGENUO”

Mons. Vincenzo Paglia

Chi difende Martini è il vescovo Vincenzo Paglia, sembra peraltro l’unica voce in questo senso. Sì, quello della Sant’Egidio, e amico molto personale di Martini, il quale riuscirà ad intercedere per lui presso il Papa per strappargli una mitra episcopale. Epperò dice del suo benefattore: “Credo che il cardinale sia un po’ ingenuo. A volte dice cose senza capire che possono essere utilizzate erroneamente. Non è un uomo di sinistra, anche se si impegnano a trasformarlo in antipapa. Non ha una visione politica, ma evangelica della Chiesa. Certo parla con libertà, ma molte volte è mal interpretato”.

Nessuno lo ha trasformato in antipapa, ma come abbiamo letto è lui che si definiva ante-papa… e poi, che Martini fosse uningenuo suona davvero come un’offesa: non credo che Martini poteva essere d’accordo con questo modo di giustificare le sue idee stravaganti.

GLI DÀ ENORMEMENTE FASTIDIO CHE SI TENTI DI CONTRAPPORLO AL PAPA”. DICE IL CATTO-RADICAL MARINO

Il vecchio pensionato Martini, fa comunella per un libro, col più radicale e implacabile nemico giurato dei “Punti non negoziabili” del cattolico in politica: il senatore Ignazio Marino

Ignazio Marino, chirurgo e senatore radicale del PD, che si definisce contro ogni evidenza “cattolico”, considera Martini “una delle grandi personalità del nostro tempo”, rimane sorpreso per la sincerità e il coraggio del cardinale di dire ciò che pensa, e gli dispiace che le sue parole siano quasi sempre pietra di scandalo anziché di vera innovazione per la Chiesa: “Ha sempre parlato con libertà, ma ama la Chiesa, è enormemente fedele al Papa”.

Gli chiedono se è davvero un cardinale di sinistra, risponde: “Dire questo sarebbe semplificare”. Insomma, l’immagine di Martini è stata distorta dai giornalisti, dai cattolici critici che non vogliono cambiare: “Molte volte abbiamo discusso insieme e gli dà fastidio il fatto che si tenti di contrapporlo al Papa o ad altri cardinali. Il punto è che in lui si coniuga una grande fedeltà alla Chiesa con la capacità e il coraggio di fare domande, con il coraggio di voler cambiare la Chiesa”.

VENEZIANI: “INVECE CHE ASSECONDARE LO SPIRITO DEL TEMPO AVREBBE DOVUTO INVOCARE IL TEMPO DELLO SPIRITO”

Marcello Veneziani

Marcello Veneziani, invece, dal Giornale offre delle riflessioni assai più sensate con un titolo che è già una bella provocazione: Cardinale Martini, l’ipocrisia di chi lo osanna. E così scrive:

Un curriculum notevole per un intellettuale, con i suoi dubbi e le sue aperture; ma per un sacerdote, per un cardinale, per un uomo della Chiesa, può dirsi altrettanto? Certo, il Cardinal Martini non fu solo questo, fu anche un biblista insigne, una figura carismatica, si ritirò a Gerusalemme; ma la ragione per cui è stato osannato dai media è questa e l’ha ben riassunta un intervistato: “Non ragionava come un uomo della Chiesa, non sembrava un Cardinale”(…) E allora torno a domandare: ma è questo che chiediamo a un pastore, a un uomo di fede e di Chiesa, di parlare come tutti gli altri, di assecondare lo spirito del tempo anziché invocare il tempo dello spirito? Non ci bastano e ci avanzano le tante cattedre di ateismo, di laicismo e di progressismo che ci sono in giro per chiedere che anche dentro la religione vi siano spazi e argomenti in favore dei non credenti e delle loro tesi? Siamo bombardati dai precetti laici della modernità miscredente e dai canoni del progresso; non avremmo piuttosto bisogno di qualcuno che ci rappresenti l’amore per il sacro, per la trascendenza e per la tradizione?

E chi dovrebbe farlo se non un uomo della Chiesa, un Arcivescovo, un Sacerdote? É demolita ovunque l’Autorità e l’autorevolezza delle istituzioni, anche se poi al loro posto ci sono nuovi canoni obbligati, nuovi poteri dominanti a volte più dispotici e intolleranti degli altri: non si chiede oggi a chi rappresenta la religione di assumersi sulle spalle la croce di contravvenire a questi nuovi dispotismi nel nome perenne della Tradizione e della fede in Dio? Un conto è dialogare con i “gentili”, come fa anche Ratzinger, un altro è sposare il loro punto di vista o scendere sul loro stesso terreno, fino a omologarsi, e rappresentare soltanto la versione religiosa all’interno dell’ateismo dominante…

NEL SINCRETISMO PIÙ BECERO. MA SCOLA DISINNESCA LA BOMBA ALLE ESEQUIE

Il cardinale Angelo Scola

A chi gli chiese quanto e come si potesse essere felici se cattolici, Martini rispose: “Si è felici se cattolici, ugualmente per l’altro se evangelico, così anche un musulmano” alludendo al fatto che l’importante non sarebbe dove ti trovi, ma che tu abbia uno spirito orante. Di per sè non è sbagliato, ma solo se non hai ricevuto il lieto Annuncio, altrimenti perché nella Preghiera del mattino reciteremmo: “Mio Dio ti adoro con tutto il cuore,ti ringrazio di avermi fatta cristiana….”? Questa Preghiera nata dal Catechismo dei Santi e dalla devozione popolare è superata? non vale più? E perché parlare di un dono di Dio quando parliamo di battesimo? E non è forse Gesù che dice: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi” (Gv. 15,12)? Insomma, abbiamo un Dio che “ci sceglie”, ci fa dono del battesimo che ci fa diventare eredi, che si dona a noi nell’eucaristia, e non dobbiamo pensare di essere più fortunati, più felici di un musulmano o di un protestante? Siamo nel sincretismo più becero.

E Tettamanzi cosa poteva fare per non essere da meno? Ma è ovvio: una bella festa del Corpus Domini sincretista con tutte le religioni nel cuore di Milano… Ma quanti convertiti a Cristo ed alla sua Sposa, la Chiesa, abbiamo avuto? Qualcuno mi sa dire quali sono questi frutti, in concreto? Quanti poveri ha sfamato Martini? e quanti ne ha tolti dalle strade? Quali fondazioni cattoliche ha creato? Quanti e quali seminari ha riempito?

Per l’omelia dei funerali il cardinale Scola è stato davvero geniale. Ho seguito la diretta, tremavo all’idea di dover subire una cronologia di medaglie al merito, invece è stato davvero ingegnoso: ha esordito dicendo che non avrebbe parlato del suo passato, ma del suo presente in quel Regno promesso da Cristo. Bomba sventata!

A voi forse sembrerà poca cosa, ma vi confesso che coi tempi che corrono è stata una introduzione davvero corretta, spingendo poi tutto il cuore dell’omelia su questa promessa di Gesù, come ce l’ha guadagnata, la sua morte e la sua risurrezione: “il Paradiso non è una favola!”

Quando è toccato il saluto di commiato da parte di Tettamanzi, è stato di un patetico davvero imbarazzante, ha fatto un elenco di tappe significative solo per loro due, una escursione sui meriti e un grazie. Tettamanzi ha avuto l’onere di un atto coraggioso: tagliare i cordoni del signor Verzè e alla sentina infernale delle sue opere; lo fece certamente con un po’ di malizia, perché la vecchiaia disastrosa e gli scandali del Verzè si stavano facendo davvero troppo pesanti anche per lui che reggeva la diocesi sempre all’ombra di Martini. Confesso che delle volte ho nutrito tenerezza verso Tettamanzi.

HA AMATO LA CHIESA”. CERTO, COME CERTI MARITI EGOISTI “AMANO” LE LORO SPOSE

ritratto impressionista di Martini

Sempre quel sacerdote con cui parlavo mi ha detto: “Ma non hai letto il telegramma del Papa? lo ha definito pastore generoso e fedele…”. E cosa doveva e poteva dire il Papa? Ma poi: il silenzio all’Angelus mentre la salma era nel Duomo non ci dice nulla? Pastoregeneroso lo è stato con la donazione di una parrocchia ai quattro gatti veterocattolici; fedele lo è stato, se non altro è stato fedele come prete alla sua vocazione. Per il resto, il Papa prudentemente non ha specificato, il messaggio era molto generico (è sicuramente opera d’ufficio, ossia modello prestampato vergato in segreteria di stato): andatevi a leggere altri telegrammi del Pontefice in occasione dei funerali di altri prelati: il messaggio di fondo è il medesimo.

Anche come studioso biblico è stato bravo, chi lo nega? Ma qui si confondono i meriti di certi impegni volti all’apertura di un dialogo, che nessuno mette in discussione, da quel: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc. 16,15-16). E’ su questo che si deve discutere e dialogare non per negarlo, ma per aiutare l’altro a capire di quale condanna si parla, di quali effetti finali produce il rifiuto della conversione.

Ciò che nessun Media ha voluto sottolineare è stato proprio la semplicità del messaggio papale: semplice, molto soft rispetto allo sperpero di “grandezza” che i Media avevano riservato invece al loro presunto beniamino gesuita. Il fatto che Martini abbia “servito la Chiesa con generosità e affetto”, come ha scritto il Papa, nessuno lo può negare, Martini ha amato infatti la Chiesa: ma come certi uomini che amano le proprie mogli in modo egoistico, pretendendo di cambiarle, così Martini pretendeva di cambiare la Sposa; è Martini che in una intervista dice “sognavo una Chiesa che….” e giù a muoverle dure critiche, quasi sempre gratuite, esagerate e rigorosamente secondo categorie mondanissime, peggio: da mode ideologiche. Possiamo dire che è questa Sposa che ha amato invece Martini, accettandolo come era, senza mai lamentarsi di lui, servendolo, fidandosi, ascoltandolo nelle lamentele, pazientando con le sue bizze, sopportando i suoi egocentrismi vanitosi.

Sarebbe stato bello ascoltare queste parole durante i funerali, ma non sarebbe stato politicamente corretto, pazienza! La Sposa porta pazienza!









  continua...........

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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