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Dossier sul "gigante buono ma pessimo medico" il cardinale Martini

Ultimo Aggiornamento: 03/04/2014 23:41
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03/04/2014 20:00
 
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  VITA UMANA, VITA ETERNA, DIGNITÀ UMANA. I SOFISMI DEL CARDINALE

Tornando ai frutti, dunque, cosa ha prodotto Martini per la salvezza delle anime e la ri-cristianizzazione dell’Europa? Contro la piaga dell’aborto, quale è stata la battaglia di Martini? quali i frutti?

Il suo è stato il modo tipico di introdurre l’argomento da parte dei cattolici “contrari” però all’insegnamento della Chiesa (che ossimoro! Può esistere un comunista contrario all’insegnamento di Marx? È un assurdo!), che è il seguente: “Bisogna anzitutto voler fare tutto quanto è possibile e ragionevole per difendere e salvare ogni vita umana – spiega il cardinale Martini -. Ma ciò non toglie che si possa e si debba riflettere sulle situazioni molto complesse e diversificate che possono verificarsi e ragionare cercando in ogni cosa ciò che è meglio e più concretamente serve a proteggere e promuovere la vita umana.Ma è importante riconoscere che la prosecuzione della vita umana fisica non è di per sé il principio primo e assoluto. Sopra di esso sta quello della dignità umana, dignità che nella versione cristiana e di molte religioni comporta una apertura alla vita eterna che Dio promette all’uomo. Possiamo dire che sta qui la definitiva dignità della persona “.

Per il cardinale Martini, dunque, la prosecuzione della vita umana fisica… non sarebbe di per sé un principio assoluto perché sopra di questo starebbe quello della dignità umana che nella visione cristiana è una apertura alla vita eterna.

Bene! Fermiamoci un momento e domandiamoci: ma se io quell’essere non lo faccio nascere, non lo faccio vivere, come faccio a trasmettergli i principi delladignità umana, fin dal suo concepimento, destinato com’è all’apertura alla vita eterna che Dio gli promette e che devo trasmettere a mia volta agli altri? Se non nasco come faccio a conoscere tutto ciò, e scegliere se stare con Dio o contro Dio? Se sono ancora un embrione e tu uomo, medico, donna, anzi “mamma”, interrompi il mio sviluppo uccidendomi prima del tempo, come faccio a sapere che Dio ha un progetto su di me? Che facciamo, li uccidiamo tutti prima di nascere così raggiungono il paradiso promesso senza la difficoltà di dover scegliere? Ovvio che no, il cardinale conclude infatti dicendo: “Ciò non vuol dire affatto licenza di uccidere “. Ma come, la legge sull’aborto che cos’è? non è licenza di uccidere?

SUI TEMI NON NEGOZIABILI, PROPRIO SU QUELLI NON SA “COSA SUGGERIRE”. SA PERÒ COME OSTACOLARLI

Il cardinale non voleva soluzioni, piuttosto “dialogare”, senza troppi punti fermi, “dialogare” purchessia. E vedi infatti che nel 2006 dice: “Vedo tutta la difficoltà morale di questa situazione (aborto-eutanasia), ma non saprei al momento cosa suggerire”. Non sapeva cosa suggerire. Diciamo che qualche “suggerimento” glielo poteva fornire il catechismo della Chiesa cattolica, non c’era bisogno di inventare nulla. Ma tant’è!… egli non si stava perdendo in un bicchier d’acqua. Cosa strana assai. Perché quando s’è trattato di ostacolare quei “suggerimenti”, quelle soluzioni a portata di mano che la Chiesa gli aveva affidato, sapeva benissimo come fare e cosa dire.

Eppure Martini non ignorava affatto che questi temi, sono sì fra i più discussi ma sono anche fra i più blindati, dove non c’è margine di trattativa al ribasso possibile, per volontà infallibile dei pontefici stessi. Che infatti li hanno esposti nel reliquiario infrangibile di quegli argomenti “non negoziabili”. Come l’eutanasia e, come sottolineava spesso Giovanni Paolo II, “la vita umana fin dal suo concepimento è un bene indisponibile la cui difesa è un principio assolutoe senza il quale sarebbe impossibile comprendere la dignità umana che ha inizio fin da quel concepimento…”. E gli fa eco Benedetto XVI: “La vita umana è sempre, in ogni caso, un bene inviolabile e indisponibile, che poggia sulla irriducibile dignità di ogni persona, dignità che non viene meno, quali che siano le contingenze o le menomazioni o le infermità che possono colpire l’uomo nel corso di un’esistenza“. (cfr Benedetto XV, Discorso ai giovani, Sydney, 17 luglio 2008).

QUEL BIBLISTA CHE HA RESO MUTA LA PAROLA DI DIO. E LA MORALE CATTOLICA UN “PREGIUDIZIO” CONTRO LA COSCIENZA

Il cardinale innamorato della “vita”: Elio Sgreccia

E quali frutti ha portato sulla discussione dell’eutanasia?

Un principe della Chiesa dovrebbe dare la propria vita per l’altro, non spingerlo a togliersela!

Per Martini non c’è soluzione, non c’è Parola di Dio che possa risolvere il problema, ma solo un caso umano sul quale si può unicamente discutere, dialogare, lasciando però aperto all’infinito il quesito. Non ci sono per lui punti fermi, regole per la vita: solo la propria coscienza può dare delle risposte caso per caso, l’unica legge diventa il libero arbitrio. Al di là del bene e del male.

Per il nostro Cardinale la morale cattolica sarebbe un “grave pregiudizio” per la coscienza. A ragione si chiedeva l’allora cardinale Ratzinger in un discorso sull’Europa e la morale: “Che cosa è la giustizia? E chi stabilisce che cosa sia giusto o sbagliato?”

L’eutanasia – scrisse Martini per il caso Welby – è “un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte“. Questo genere di positivismo è inaccettabile.

Contrariamente al solito “silenzio” delle più alte gerarchie della Chiesa, quando un alto prelato dissente pubblicamente sulla dottrina cattolica, nel caso di Welby la Chiesa parlò e senza tacere l’imbarazzo e la verità sugli errori di Martini. Dapprima rispose l’allora presidente della CEI e vicario del Papa per la diocesi di Roma, il cardinale Ruini, poi il vescovo Sgreccia, presidente della Pontificia Accademia per la vita. Il primo disse chiaramente come neppure al malato è consentito di “disporre della propria vita” (=Gesù si fece obbediente fino alla morte di croce); il secondo obiettò anzitutto – citando l’enciclicaEvangelium Vitae di Giovanni Paolo II – che l’eutanasia è tale anche quando è “omissiva”, ossia quando omette “una terapia efficace e dovuta, la cui privazione causa intenzionalmente la morte”. E la sua inaccettabilità morale è identica: sia quando l’eutanasia è attivamente posta in essere, sia quando è omissiva. Inoltre, Sgreccia afferma che “il medico, pur avendo il dovere di ascoltare il paziente, non può essere ritenuto un semplice esecutore dei suoi voleri: se riconosce la consistenza dei motivi del rifiuto (è il caso dell’accanimento terapeutico quando il malato è giunto al fine della vita), dovrà rispettare la volontà del paziente; se invece vi scorge un rifiuto immotivato (ossia, non vuole essere alimentato perché non vuole convivere con il proprio handicap o malattia), è tenuto a proporre la sua opposizione di coscienza [...] ed eventualmente dimettere il paziente che gli è stato affidato come responsabilità”. Sgreccia dice così senza mezzi termini a Martini che la legge francese sull’eutanasia presa dal lui quale modello, è moralmente inaccettabile.

QUEL MALATO È CRISTO NEL GETZEMANI, CHE VACILLA, MA POI BEVE L’AMARO E GLORIOSO CALICE

Il cardinale di Firenze, Betori

Anche il futuro cardinale Betori nel 2008, all’epoca Vescovo segretario della CEI, replicava in questo modo, seppur indirettamente, a Martini: “Su un tema come questo la politica vuole legiferare troppo. Mi sembra che si voglia svuotare il ruolo del medico e affidare invece la decisione all’arbitrio della persona, che poi è influenzata da pressioni ideologiche molto evidenti. E per quanto possa essere ancora lucida è pur sempre un soggetto debole che deve essere aiutato a vivere per ben morire e non aiutato a morire perché disperato. E’ fondamentale intervenire su quella disperazione, questo è il nostro compito: alleviare il dolore, non eliminare il paziente“.

Anche mons. Fisichella, oggi incaricato per la Nuova evangelizzazione, ebbe a fare un quadro della situazione riportandoci al Getzemani: Gesù in quel momento è per ognuno di noi l’immagine di un malato, anche di un malato in coma o costretto all’immobilità. Gesù in quel frangente è carico di tutta la nostra umanità ferita dal peccato, e quindi anche della malattia, il peso che sente è enorme, lo schiaccia, sembra perfino che stia cedendo quando implora il Padre ad abbreviare quei momenti, “se puoi, allontana da me questo calice”, ma subito dopo si riprende: “però non la mia, ma la tua volontà si compia”. Per fare questa volontà lo sforzo è grande anche per Gesù che arriva a sudare sangue. Ma non c’è altra strada. Se si abbandonasse questo fare la volontà del Padre, troveremmo soltanto la disperazione e il dirupo per un suicidio. Se abbandonassimo il malato a sé stesso, saremmo responsabili anche della sua disperazione. Il nostro compito è di portare al malato il volto di Gesù Cristo nel Getzemani, insieme al volto radioso del giorno della sua vittoria sulla morte.

DIALOGARE COL NAUFRAGO CHE ANNEGA INVECE DI SOCCORRERLO

Un giorno prima di diventare Pontefice, Ratzinger risolveva il quesito dicendo: “Ed è questa fede – solo la fede – che crea unità e si realizza nella carità. San Paolo ci offre a questo proposito – in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde – una bella parola: fare la verità nella carità, come formula fondamentale dell’esistenza cristiana. In Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come un cembalo che tintinna (1 Cor 13, 1)”.

(card. J. Ratzinger San Pietro 18 aprile 2005)

Un malato non è forse come un fanciullo sballottato dalle onde della tempesta? Guardiamo al naufrago in mezzo alle onde furiose che stanno per sommergerlo, ti vede sull’alto di una nave e ti chiede aiuto: lo lasceresti forse affogare? Sarebbe lo stesso anche se non chiedesse aiuto, perché nessuno, sano di coscienza, vedendo un corpo inerme lo lascerebbe andare alla deriva senza accertarsi se sia ancora in vita o morto.

Se dovessimo seguire i consigli di Martini, la scena sarebbe questa: noi dall’alto della nave che dialoghiamo con il naufrago in pericolo di vita, senza lanciargli alcun aiuto concreto, lasciandolo affogare mentre dalla nave, al sicuro, noi continuiamo (crediamo almeno) a… dialogare…

La verità è che non esiste una morale “cattolica ed una laica”, come ha spiegato più volte magistralmente Ratzinger, questo è uno dei più grandi errori del nostro tempo. Se è vero che il quinto comandamento, “non uccidere”, proviene dal testo per noi sacro, è anche vero che questo comandamento è entrato in tutti gli ordinamenti giuridici e laici del mondo; inoltre il cattolico è un laico, la distinzione avviene solo se quel laico assumerà dei voti particolari di consacrazione: presbitero, religioso, consacrato. I comandamenti come gli ordinamenti giuridici valgono per tutti, la legge è uguale per tutti, ma soprattutto la Legge di Dio, superiore ad ogni ordinamento giuridico laico, è superiore e vale proprio per tutti, anche per chi le leggi le fa e le fa spesso contravvenendo alla Legge di Dio. Vale anche e soprattutto per i cardinali.

Per un confronto tra le posizioni del cardinale Martini e quelle del Catechismo della Chiesa Cattolica, si legga nello stesso Catechismo, i paragrafi sull’aborto e l’intangibilità della vita del concepito (2270-2275), l’eutanasia (2276-2279), la fecondazione artificiale (2374-2379).

PROSEGUE NELLA SECONDA PARTE


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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