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Dossier sul "gigante buono ma pessimo medico" il cardinale Martini

Ultimo Aggiornamento: 03/04/2014 23:41
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03/04/2014 20:02
 
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  Il Gigante Egoista. Peccati in pensieri, parole, opere e omissioni del cardinal Martini (Parte 2)

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IL GIGANTE EGOISTA

2

Peccati in pensieri, parole, opere e omissioni

del cardinale Carlo Maria Martini.

E dei “martinitt”: i suoi orfanelli sbandati

Martini amava la Chiesa, certo. Ma come se fosse di sua proprietà, non di Cristo.

Possiamo concludere che è questa Sposa che ha amato Martini, accettandolo per come era, senza mai lamentarsi di lui, servendolo, fidandosi, ascoltandolo nelle lamentele, restando silenziosa ma non tacendo sulle critiche al Suo perenne magistero… Sarebbe stato bello ascoltare queste paroledurante i funerali: la Sposa è stata fedele allo sposo, più di quanto lo sposo meritasse. Ma non sarebbe stato politicamente corretto dirlo: pazienza! La Sposa porta pazienza mentre i suoi figli sono più preoccupati delle luci della ribalta e dei commenti del mondo. Preferiscono di più piacere agli uomini che a Dio, lasciando che il gregge viva i suoi spasmi in nome di undialogo malinteso e di una libertà male interpretata, senza più dare loro la sana biada della certezza che ciò che insegna la Chiesa è davvero la nostra salvezza e fonte di vera felicità.

di Tea Lancellotti

IL “FUNERALE LAICO”: UN INNO ALLA MORTE. IL FUNERALE CATTOLICO: UN INNO ALLA VITA

Martini Rosso.

Welby morì tre giorni prima di Natale e subito si accese un altro dibattito per il rifiuto dei funerali in Chiesa: non poteva certo mancare la voce di Martini che si fece paladino dei “diritti” dell’uomo invalido e ammalato, anche in questo accusando la Chiesa di “mancanza di carità”…

Di fatto non ci fu un rifiuto della Chiesa a fare quei funerali: è stato il no alla vita di Welby che ha condotto la Chiesa a rispondere con un’azione coerente alla scelta fatta dall’uomo.

Il funerale cattolico non è un inno alla morte, ma bensì un inno alla vita. Questo funerale è certamente triste perché si piange la perdita di una persona cara, ma soprattutto è triste perché, contraddistinguendo nel defunto anche il suo essere stato peccatore, riconosciamo il peccato ripugnandolo ed affidiamo a Dio quell’anima. Confidando proprio in Colui che in quel rito ci sta raccontando come ci ha conquistati la grazia, il perdono, la salvezza.

Non inneggiamo alla morte ma alla vita eterna in Cristo!

Welby, ma più di lui chi malamente lo consigliò, anche Martini, inneggiò invece alla morte e, coerentemente alla sua scelta, non poteva pretendere un rito che della sofferenza è l’icona umana e divina insieme.

Il cardinale Ruini non fece attendere la voce della Chiesa e rispose: «La sofferta decisione di non concederlo nasce dal fatto che il defunto, fino alla fine, ha perseverato lucidamente e consapevolmente nella volontà di porre termine alla propria vita: in quelle condizioni una decisione diversa sarebbe stata infatti per la Chiesa impossibile e contraddittoria, perché avrebbe legittimato un atteggiamento contrario alla legge di Dio. Nel prendere una tale decisione non è mancata la consapevolezza di arrecare purtroppo dolore e turbamento ai familiari e a tante altre persone, anche credenti, mosse da sentimenti di umana pietà e solidarietà verso chi soffre, sebbene forse meno consapevoli del valore di ogni vita umana, di cui nemmeno la persona del malato può disporre. Soprattutto ci ha confortato la fiducia che il Dio ricco di misericordia non solo è l’unico a conoscere fino in fondo il cuore di ogni uomo, ma è anche Colui che in questo cuore agisce direttamente e dal di dentro, e può cambiarlo e convertirlo anche nell’istante della morte».

Il mondo mediatico, poi, ha osannato i “funerali laici” fatti in piazza e diretti dai più alti esponenti che condussero alla morte Welby e che non metterebbero mai la propria vita nelle mani di quel Dio che si fece Uomo.

Cosa sono questi funerali laici? Un effetto placebo, un palliativo, una falsità, un riempitivo a quel vuoto creato dalla disperazione del rifiuto di Dio e dunque del rifiuto della vita.

Come può un cardinale di santa Romana Chiesa ignorare questo genere di dialogo, squisitamente cattolico, verso chi non crede? Come può nascondere a queste persone la verità su questi gravi errori?

I “MARTINIANI”: UN FORMICAIO DA DISINFESTARE

Martini, negli ultimi anni

La risposta finale giunse proprio da Benedetto XVI. Eravamo sotto Natale e per ben due volte il Papa torna sull’argomento senza fare nomi, ma dicendo all’Angelus del 24 dicembre 2006 [1]: «Il Natale di Cristo ci aiuta a prendere coscienza di quanto valga la vita umana, la vita di ogni essere umano, dal suo primo istante al suo naturale tramonto».

E l’indomani, nel messaggio natalizio “urbi et orbi” [2], alla città e al mondo, Benedetto XVI disse ancora, parlando dell’uomo del nostro tempo: «…ha ancora valore e significato un “Salvatore” per l’uomo del terzo millennio? (…) Si presenta come sicuro ed autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi quest’uomo del secolo ventunesimo. Sembra, ma così non è. Che pensare di chi sceglie la morte credendo di inneggiare alla vita? (…) il nostro Salvatore è nato nel mondo, perché sa che abbiamo bisogno di Lui. Malgrado le tante forme di progresso, l’essere umano è rimasto quello di sempre: una libertà tesa tra bene e male, tra vita e morte. È proprio lì, nel suo intimo, in quello che la Bibbia chiama il “cuore”, che egli ha sempre necessità di essere “salvato”. E nell’attuale epoca post moderna ha forse ancora più bisogno di un Salvatore, perché più complessa è diventata la società in cui vive e più insidiose si sono fatte le minacce per la sua integrità personale e morale. Chi può difenderlo se non Colui che lo ama al punto da sacrificare sulla croce il suo unigenito Figlio come Salvatore del mondo? (…) Cristo è il Salvatore anche dell’uomo di oggi. Chi farà risuonare in ogni angolo della Terra, in maniera credibile, questo messaggio di speranza? Chi si adopererà perché sia riconosciuto, tutelato e promosso il bene integrale della persona umana, quale condizione della pace, rispettando ogni uomo e ogni donna nella propria dignità?».

Possiamo davvero dire che il cardinale Martini si sia fatto promotore di questa speranza, che abbia testimoniato questo Salvatore, che si sia adoperato per questa tutela dell’uomo fin dal suo concepimento e fino alla sua morte naturale? C’è da dire che la maggior parte della gerarchia non ha mai appoggiato le tesi martiniane e questo ci fa ben sperare anche per quei formicaidi discepoli che si estendono creando colonie le quali, prima o poi, dovranno essere disinfestate con la sana dottrina!

ALLA DISPERATA RICERCA DEL “MALE MINORE”, ANZICHÉ DEL “BENE SUPREMO”: CRISTO

Qui i giornali si sono da anni sbizzarriti, ma senza dubbio lo scandalo c’è stato. Martini scrive un libretto di circa 80 pagine, piccolo, ma abbastanza grande per seminare lo scandalo e la menzogna sul sesto Comandamento. Persino le riviste dei Pentecostali, che solitamente attaccano la Chiesa solo sui Sacramenti e il papato, questa volta si ritengono scandalizzati dalle affermazioni di un cardinale della Chiesa romana.

Il cardinale Carlo Maria Martini e il medico e senatore del PD Ignazio Marino affrontano alcuni temi spinosi della modernità – tra cui quelli legati alla sessualità e alle differenze di genere – in “Credere e conoscere”, un piccolo libro. All’interno della sfera dell’amore e della sessualità le relazioni, dice l’ex arcivescovo di Milano, possono non essere di tipo esclusivamente eterosessuale. «In alcuni casi la buona fede, le esperienze vissute, le abitudini contratte, l’inconscio e forse anche una certa inclinazione nativa, possono spingere a scegliere un tipo di vita con un partner dello stesso sesso»… Pur riconoscendo, con molta prudenza, la legittimità di unioni tra persone dello stesso sesso, Martini afferma che «ammettere il valore di un’amicizia duratura e fedele tra due persone dello stesso sesso non può essere eretta a modello di vita come può esserlo la famiglia riuscita (.,.) La famiglia va difesa perché essa sostiene la società in maniera stabile e permanente, e per il ruolo fondamentale che esercita nell’educazione dei figli. Però (chiosa Martini) non è male che, in luogo di rapporti omosessuali occasionali, due persone abbiano una certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli».

Questa è eresia allo stato purissimo!

Il veleno del (presunto) male minore: piuttosto che farli rimanere in uno stato di rapporti occasionali, riconosciamoli, diamogli noi questa stabilità. Diceva in una occasione il Mastino di papalepapale: “Come non dovessimo conoscere abbastanza che questi “accoppiamenti” monogamici fra pederasti prestissimo se non subito si risolvono nella promiscuità “a tre” e poi di ciascuno “coniuge” per conto suo, finché, tempo qualche mese, non finisce questa farsa, e ognuno per sé Dio per tutti… inizia daccapo da dove era rimasto prima di tentare l’esperienza della “convivenza”. Nel randagismo sessuale. Come si vede che Martini, uomo di solo studio, non aveva alcuna esperienza diretta della vita, non di questa dei nostri tempi. Il suo sociologismo dei “buoni sentimenti” era tutto teorico, fumoso, astratto e va da sé falsato. Classico anacronismo clericale da preti aggiornati”.

ALZARE IL GOMITO COL MARTINI ROSSO: COPPIE DI FATTO ETERO O GAY, MATRIMONIO O CONVIVENZA PER LUI PARI SONO

Curiosa vignetta comparsa alla morte di Martini

Ecco, poi, la ciliegina sulla torta. Aggiunge, infatti, il cardinale: «Per questo non condivido le posizioni di chi, nella Chiesa, se la prende con le unioni civili: Se alcune persone, di sesso diverso oppure dello stesso sesso, ambiscono a firmare un patto per dare una certa stabilità alla loro coppia perché vogliamo assolutamente che non lo sia?».

Ma che cosa sta dicendo? Le persone di sesso diverso hanno già il matrimonio civile per dare una certa stabilità alla loro unione, ma non è possibile equiparare come concetto di “coppia” due persone dello stesso sesso. È scientificamente impossibile: i due corpi non sono complementari e i due organi genitali non sono unitivi. Non si può parlare di “coppia”. Due persone dello stesso sesso possono essere una coppia di amici che convivono, una coppia perché fratelli che vivono insieme, ma non una coppia perché complementari.

Allora, il problema è che le unioni cosiddette civili non hanno senso se non per dare legittimità e riconoscimento alle coppie omosessuali perché, come abbiamo detto, esiste già il matrimonio civile. Se poi, come dice Martini, la famiglia va difesa e non si può parlare per gli omosessuali di vero matrimonio, come fa a sostenere che un riconoscimento delle “coppie di fatto” non sarà una equiparazione? Però Martini riconosce: «Personalmente non sono competente su questo argomento e qui lo affronto solo per cercare di dire con semplicità ciò che la vita mi ha insegnato…». Viene da chiedersi perché il cardinale, che qui si riconosce incompetente, si è prestato a fare delle gravissime affermazioni e non ha parlato, invece, da teologo, sacerdote ed esegeta, proponendo come soluzioni la ricerca della conversione del cuore, la virtù della continenza, amare l’altro davvero gratuitamente, sacrificandosi pur di non commettere un peccato ed una ingiustizia. Martini si dice incompetente eppure fa delle affermazioni contrarie alla dottrina della Chiesa e non è affatto propositivo, ma distruttivo.

PER MARTINI, IL “GAY PRIDE” NON È UNA CARNEVALATA PROVOCATORIA, MA “BISOGNO DI AUTOAFFERMAZIONE”. MA DI CHE?

Sempre però con massima dignità formale

Martini si mostra comprensivo anche nei confronti di quelle forme di manifestazione pubblica della propria omosessualità come il “Gay Pride”. Li giustifica «per il solo fatto che in questo particolare momento storico esiste per questo gruppo di persone il bisogno di autoaffermazione, di mostrare a tutti la propria esistenza, anche a costo di apparire eccessivamente provocatori».

Giovanni Paolo II affacciandosi alla finestra per l’Angelus del 9/7/2000 [3] agli organizzatori del Gay Pride che sfilarono durante il Giubileo, disse senza mezzi termini: «A nome della Chiesa di Roma non posso non esprimere amarezza per l’affronto recato [...] e per l’offesa ai valori cristiani di una città che è tanto cara al cuore dei cattolici di tutto il mondo. La Chiesa non può tacere la Verità [...] perché non aiuterebbe a discernere ciò che è bene da ciò che è male».

E se non condivide chi nella Chiesa se la prende con le unioni civili, dunque Martini non condivideva Giovanni Paolo II, né Benedetto XVI, né la Dottrina della Chiesa persino del dopo-Concilio, perciò è lui stesso che si dà dell’eretico.

ANCORA FUOCHI DI… PAGLIA

Nani e ballerine. Baudo e quel Pisapia, sindaco laicista e radicale di Milano, che lasciate le esequie dell’apprezzato Martini si appresta a dare la benedizione alle sedicenti “unioni civili” fra pederasti.

Vorremmo sentire ancora il vescovo Paglia venirci a dire: «Ma avete capito male, avete frainteso…». Eh, no! Caro mons. Paglia, non abbiamo frainteso. Il presidente dell’Arcigay comunica: «Arcigay esprime rispetto e cordoglio per la morte di Carlo Maria Martini, simbolo di una Chiesa capace di guardare oltre le rigidità delle gerarchie e rendere centralità alla dignità delle persone. Le sue aperture alla realtà del mondo, alla scienza, al progresso ed alla molteplicità nell’essere uomini e donne, si sono tradotte in una visione di giustizia anche per le persone e le coppie omosessuali. Credo che verso figure di questa levatura etica ed intellettuale, siano esse atee, credenti o laiche, un riconoscimento sia dovuto al di là dell’appartenenza».

Notiamo che viene omesso il titolo con il quale occupava un ruolo elevato nella Chiesa, ma gliene viene attribuito uno nuovo di zecca: “simbolo”, “Carlo Maria Martini simbolo di una Chiesa nuova”. Non aggiungiamo altro se non la grave constatazione che questo telegramma è forse l’unico dai contenuti più drammaticamente reali sul pensiero controverso di un Principe della Chiesa del nostro tempo.

Dio mio! Come abbiamo potuto allontanarci così tanto dalla Verità che i Santi e Dottori della Chiesa avevano ben saputo dispiegare nei loro scritti?

Vi raccomando di meditare sulla “Lettera 21” di santa Caterina da Siena, Dottore della Chiesa, scritta ad una persona del suo tempo, omosessuale, di cui non fa il nome, ma scrive con il cuore: «Fratello mio, ci vien meno la lingua, e tutti è sentimenti. Ohimè! non voglio più così. Ponete fine e termine alla miseria ch’io v’ho detto: e vi ricordo che Dio nol sosterrà, se voi non vi correggete. (…) Abbiate memoria di Cristo crocifisso; spegnete il veleno della carne vostra colla memoria della carne flagellata di Cristo crocifisso, Dio ed uomo. Ché per l’unione della natura divina colla natura umana è venuta in tanta dignità la nostra carne, che ella è esaltata sopra tutti i cori degli angeli. (…) E non indugiate, né aspettate il tempo, perché il tempo non aspetta voi. (…) Ché se io non v’amassi, non me ne impaccerei, né curerei perché io vi vedessi nelle mani del dimonio: ma perché io v’amo, nol posso sostenere. Voglio che partecipiate il sangue del Figliuolo di Dio. Gesù dolce, Gesù amore, Maria dolce».

In questo collegamento troverete raccolti i più importanti Documenti ufficiali della Chiesa, da dopo il Concilio, che spiegano nei dettagli la condanna su questi riconoscimenti.




   continua..........
 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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