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19 ottobre 2014 Beatificazione per Paolo VI

Ultimo Aggiornamento: 16/02/2015 17:34
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18/10/2014 11:58
 
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Alla cerimonia di beatificazione di Paolo VI che si svolgerà la mattina di domenica 19 ottobre in Piazza San Pietro (attesi 100mila fedeli, di cui 5mila da Brescia e 500 da Concesio) come reliquia di Papa Montini sarà portata una sua maglietta insanguinata, una delle due, di lana leggera, che indossava quando a Manila, nel viaggio del 1970, fu bersaglio di un attentato da parte di uno squilibrato munito di pugnale.
Lo ha annunciato padre Antonio Marrazzo, postulatore della causa di beatificazione.

Le due magliette insanguinate dopo la morte di Paolo VI, furono donate dal segretario particolare monsignor Pasquale Macchi, una alla diocesi di Milano e una a quella di Brescia. «Noi porteremo quella di Brescia la più insanguinata - ha detto Marrazzo -. La presenteremo in una teca al Santo Padre. Dopo la cerimonia ritornerà nel duomo di Brescia per la venerazione dei fedeli». Per l’arazzo che sarà esposto sulla facciata della basilica vaticana è stata utilizzata una foto di Pepi Merisio, fotografo ufficiale di Paolo VI, che ha anche collaborato per la parte fotografica della «positio» durante la causa di beatificazione.

 

Il miracolo che lo rende beato

Il miracolo che renderà Montini «Beato» è avvenuto nel 2001 negli Stati Uniti: una madre che porta in grembo un feto al quinto mese di gravidanza viene consigliata ad abortire dai medici perché si era verificato una rottura della vescica fetale e la perdita di liquido amniotico. La diagnosi parlava infatti di gravissime malformazioni future. La mamma però rifiutò e, su suggerimento di una suora italiana che aveva conosciuto Montini si rivolse nella preghiera all’intercessione di Paolo VI. Il bimbo è nato sano (parto cesareo all’ ottavo mese) ed oggi è un adolescente. Il 12 dicembre 2013 la consulta medica della Congregazione delle cause dei santi ha certificato «il miracolo» della guarigione il 18 febbraio 2014 i teologi del dicastero vaticano hanno riconosciuto l’intercessione di Montini. Il 6 maggio 2014 la conferma definitiva da parte della plenaria dei cardinali e vescovi della Congregazione delle cause dei santi.

 

Cardinal Re: «fu Papa dei primati»

«Paolo VI è stato un papa di primati. Il primo Papa che ha preso l’aereo, il primo che si è recato in Terra Santa mentre era ancora in corso il Concilio, è il primo Papa a toccare i 5 Continenti inaugurando i "Viaggi Apostolici" ad imitazione di San Paolo nel suo andare ed evangelizzare. Per dire che il rinnovamento della Chiesa doveva avvenire andando a ricalcare le orme di Cristo», ha inoltre inaugurato l'appuntamento delle Udienze del Mercoledì, istituzionandole, ha inaugurato il primo gennaio come giornata mondiale per la Pace dando il via all'ideale delle Giornate mondiali della Gioventù realizzate poi da Giovanni Paolo II.

«Paolo VI -ha raccontato il cardinale di origini bresciane come Montini- si tolse la tiara (non quella dei Papi ma quella che gli donarono i milanesi per la sua elezione) e la mise in vendita, ad un anno dall’elezione per fare capire che i poveri devono stare al centro. Il ricavato della vendita infatti fu portato da Montini in India e donato a madre Teresa per i poveri».
Tra i primati di Montini anche l’abolizione della corte pontificia. «Fu un Papa geniale e ricco di spiritualità», ha ricordato il porporato, correggendo un aspetto che all’epoca si rimproverava a Montini. La critica è indirettamente rivolta ai suoi detrattori, quelli che accostano Paolo Vi solo alla sua enciclica Humanae Vitae (firmata nel 1968) dove diceva no ai metodi contraccettivi e all’aborto («anche se procurato per ragioni terapeutiche») e alla sterilizzazione della donna e dell’uomo.




Paolo VI: ispirata a lui la musica liturgica della Beatificazione

Le musiche della Beatificazione di Paolo VI ispirate alla sua figura

17/10/2014

Per il giorno della Beatificazione di Paolo VI, la liturgia avrà anche una veste musicale d’eccezione. Una compagine ispirata all’esperienza di vita di Papa Montini e soprattutto l’Inno ufficiale “In nomine Domini”. La musica è del direttore della Cappella Musicale Pontifica "Sistina", don Massimo Palombella, e il testo del gesuita padre Eugenio Costa. Ma in che modo la figura del Pontefice vivrà in questa musica? Gabriella Ceraso lo ha chiesto allo stessodon Massimo  Palombella:

R. – L’inno scritto per la Beatificazione di Paolo VI è, fondamentalmente, un inno a Cristo dove si rende grazie attraverso la vita di Paolo VI. Il cuore dell’inno è dato dal testo del ritornello – "Christus, lumen gentium! Christus in Ecclesia! Mittat nos ad gentes!" – che in tre incisi scritti per una grande assemblea, sintetizza tutta la vita di Paolo VI: con al centro Cristo e con “l’essere mandati alle genti” . Le tre strofe poi che compongono l’inno, scritte in una maniera pluriarticolata da padre Eugenio Costa – in una maniera veramente intelligente e speciale – permettono un intervento della Schola Cantorum, un intervento del solista, intercalato con un intervento assembleare, dove l’assemblea interviene dicendo, “In nomine Domini”, che è il motto di Paolo VI. Le strofe che tratteggiano la personalità di Paolo VI, e quindi anche nella scrittura musicale, sono delicate e raffinate perché l’uomo è tale: è grande perché delicato e raffinato.

D. – Quindi, vocazione personale, azione di pastore e irradiamento di questa figura tutt’oggi nella Chiesa. È questo Paolo VI attraverso questa musica?

R. – Sì, decisamente. "A noi oggi parli ancora”, recita la terza strofa, perché effettivamente tutto quello che noi stiamo facendo, nell’attuazione del Concilio Vaticano II, è la riforma liturgica. Abbiamo ancora come punto di riferimento quello che Paolo VI intuì e cominciò ad attuare, ma è un cammino che è solo all’inizio. A noi il compito di essere fedeli al mandato del Concilio.

D. – Anche nella compagine musicale che parteciperà e animerà la giornata di domenica c’è qualcosa di Paolo VI. In che modo?

R. – Due grosse presenze. La prima è il coro del Duomo di Milano: il cardinale Montini fu arcivescovo di Miliano e proprio in quegli anni ci fu un grande studio, un grande approfondimento di tutto il canto ambrosiano. Quindi, il coro del Duomo di Milano canterà insieme alla Cappella Musicale Pontificia “Sistina”. Con questa particolarità, che anche durante la celebrazione eucaristica ci sarà un’inserzione ambrosiana, il canto dopo il Vangelo. E poi, ci sarà la presenza di un coro della diocesi di Brescia – circa 60 persone – che si uniranno a un coro inglese, che verrà per l’occasione, e al normale coro guida che canta nelle celebrazioni per un totale di circa 270 persone, che faranno il cosiddetto “coro guida”, cioè il coro che fa la parte dell’assemblea. Mentre il Pontificio Istituto di Musica Sacra parteciperà cantando tutte le parti gregoriane della celebrazione, in risposta alla polifonia della Cappella Sistina e del coro del Duomo di Milano.

D. – Quindi, la musica per comunicare cosa di questa figura così complessa, così bella e ricca?

R. – Per comunicare, fondamentalmente, che il dialogo con la modernità, la ricerca e lo studio sono il veicolo dell’evangelizzazione e anche questa interazione di soggetti celebranti, di diverse "schole cantorum", di strumenti musicali fa parte, in fin dei conti, di quella grande intuizione ecclesiologica che sta dietro e a tutta la riforma liturgica che ha chiesto il Concilio Vaticano II.

D. – E quindi  Paolo VI…

R. –  Paolo VI, ovviamente.


SOLENNE RITO DELL' INCORONAZIONE

OMELIA DEL SANTO PADRE PAOLO VI

Piazza San Pietro
Domenica, 30 giugno 1963

  

Ea quae, in hac memorabili hora, Nostris obiciuntur oculis, tam sollemnia, tam magnifica, tam significantia sunt, ut iis non commoveri animus Noster non possit vehementer, utque idcirco iis magis silentium requiri quam verba, magis tacitam meditationem, quam orationem postulari videantur.

At verba officium imperat: sicut enim clementissimus Deus erga Nos suam et misericordiam et bonitatem publice patere iussit, ita aequum est, a Nobis in eum proficisci publicam gratiarum actionem; ac sicut gratulatio, observantia, fides sive privatorum hominum sive populorum maioribus quasi theatris propositae sunt, ita decet non obscura esse memoris animi Nostri testimonia. 

Atque primum omnium, licet tremefacti, arcana Dei consilia veneramur, qui exiguis viribus Nostris imponere voluit immensum, etsi summi pretii, onus: hoc est catholicam Ecclesiam, qua nihil profecto in terrarum orbe maius, nihil sanctius. Est enim a Christo Deo condita, ab eoque sanguine redempta; est eius Sponsa immaculata et dilectissima; est parens et nutrix omnium gentium, quae Christo nomen dederunt eique fideliter adhaeserunt; est postremo lumen et spes populorum, qui ubique terrarum sunt. 

Praeterea Deus huiusmodi Ecclesiam Nobis eo consilio concredidit, non modo ut eam sanctam et ubertate florentem servemus, sed etiam - quemadmodum Christus cuilibet Vicario suo mandavit semper - ut cogitationes, curas vitamque ipsam, si opus sit, in eo collocemus, ut eius virtus, eius lux, eius divitiae - divina prorsus et infinita - latiusque in homines dimanent. 

Onus igitur iniunctum est Nobis gravissimum, cui scilicet succumberemus, nisi persuasio subiret animum, hinc Deum saepe, ut clarius sua pateat potestas et gloria, ad grandia patranda opera seligere instrumenta, quae homini videantur infirmiora, illinc eundem sapientissima providentiae suae ratione, pro aucta necessitate, maiorem etiam facere suae misericordiae opem. Quod idem sensit sanctissima Christi Genetrix Maria, cum cecinit:Magnificat anima mea Dominum . . . quia respexit humilitatem ancillae suae... qui fecit mihi magna qui potens est (Luc. 2, 46-49). 

Quam ob rem de viribus Nostris penitus diffisi, benignissimi Dei imploramus auxilium, adhibita primum Deiparae Virginis deprecatione. Cui enim Ecclesia magis tordi esse putemus, quam Christi Matri, quae Ecclesiae adfuit praesens, non tantum cum nasceretur e scisso Filii sui pectore, et cum impluente desuper Spiritu Paracleto Hierosolymis veluti inauguraretur, sed etiam per consequentium saeculorum decursum certanti, maerenti, progredienti omni tempore astitit? 

Opem deinde a Petro Apostolo petimus, cuius muneri, etsi meritis longe impares, succedimus. Ipse, qui, quamquam aliquando vacillavit, firmitatem tamen Petrae Christo precante consecutus est, pariterque summae potestatis claves a divino Magistro accepit, ne omittat - precamur - suae tutelae umbra Nos tegere. 

Ad Paulum postremo confugimus, a quo nomen, auspicii et praesidii causa, ascivimus Nobis. Qui Christum Iesum maxime dilexit; qui ut Christi Evangelium ad gentes universas perferretur maximopere optavit et contendit; qui pro Christe nomine suam profudit vitam, is de caelo exemplar et patronus omne tempus aetatis Nobis esse velit.

 

Quindi Sua Santità prosegue in varie altre lingue. 

Italiano

Questo rito, straordinariamente solenne ed espressivo, aggiunge al suo significato religioso un altro significato, quello propriamente apostolico. 

Noi sappiamo di salire sulla Cattedra di S. Pietro e di assumere un ufficio altissimo e formidabile; e vincendo la paralizzante trepidazione, propria alla nostra pochezza, per entrare, sempre con l’aiuto divino, nella franca coscienza della nostra posizione nella Chiesa e nel mondo, lasciamo che risuonino nel nostro spirito le parole dell’Apostolo, di cui a Nostro conforto abbiamo voluto assumere il nome: spectaculum facti sumus mundo et angelis et hominibus (1 Cor. 4, 9) «siamo fatti spettacolo al mondo, agli Angeli e agli uomini»; e guardiamo a voi, eminenti sodali del Sacro Collegio, a voi, Venerabili Fratelli tutti nell’Episcopato, a voi, diletti figli sacerdoti, religiosi e religiose, a voi, uomini e donne, fedeli tutti, popolo di Dio, membra del Corpo mistico di Cristo: genus electum, regale sacerdotium gens sancta, populus adquisitionis (1 Petr. 2, 9); guardiamo alla Chiesa; a questa Chiesa romana, che presiede alla carità (S. Ignatii Ant. ad Rom. prol.) di tutta la Chiesa di Dio sulla terra, una, santa, cattolica ed apostolica. 

Ed è al cospetto di tutta la Chiesa che Noi, tremanti e fidenti, accettiamo le chiavi del regno dei cieli, pesanti e potenti, salutari e misteriose, che Cristo ha confidate al Pescatore di Galilea, fatto Principe degli Apostoli, e che sono ora a Noi tramandate. 

Questo rito parla con voce clamorosa dell’autorità conferita a Pietro e quindi a chi gli è successore. Noi sappiamo che questa autorità, tanto da Noi stessi temuta e venerata, Ci investe, e Ci rende Maestro e Pastore, con somma pienezza, della Chiesa romana e della Chiesa universale. Urbi et Orbi irradia ora il Nostro divino mandato. Ma appunto perché siamo sollevati alla sommità della scala gerarchica della potestà, che opera nella Chiesa militante, Ci sentiamo nello stesso tempo posti nell’infimo ufficio di servo dei servi di Dio. L’autorità e la responsabilità sono così meravigliosamente congiunte, la dignità con l’umiltà, il diritto col dovere, la potestà con l’amore. Non dimentichiamo l’ammonimento di Cristo, del Quale siamo fatti Vicario: «Colui ch’è maggiore fra voi diventi come il minore, e colui che presiede come chi è incaricato del servizio» (Luc. 22, 26). Perciò Noi abbiamo coscienza, in questo momento, di assumere un impegno, sacro, solenne e gravissimo: quello di continuare nel tempo e di dilatare sulla terra la missione di Cristo. 

Lo assumiamo di fronte alla storia della Chiesa che fu, derivata con vitale coerenza da Lui, Nostro Signore Gesù Cristo, che le diede origine e forma, e che vivo e misterioso con amore la fiancheggia nei secoli. Lo assumiamo di fronte alla storia della Chiesa che sarà, e che non altro attende da Noi, se non la perfetta fedeltà alla iniziale missione evangelica e alla tradizione autentica che ne scaturì. Lo assumiamo di fronte alla storia presente della Chiesa, di cui già conosciamo e sempre meglio Ci studieremo di conoscere le strutture, le vicende, le ricchezze, i bisogni, e di cui avvertiamo, quasi voci che Ci chiamano, la vitalità erompente, le sofferenze gravissime, l’ansia comunitaria e la fiorente spiritualità. 

Noi riprenderemo con somma riverenza l’opera dei Nostri Predecessori: difenderemo la santa Chiesa dagli errori di dottrina e di costume, che dentro e fuori dei suoi confini ne minacciano la integrità e ne velano la bellezza; Noi cercheremo di conservare e di accrescere la virtù pastorale della Chiesa, che la presenta, libera e povera, nell’atteggiamento che le è proprio di madre e di maestra, amorosissima ai figli fedeli, rispettosa, comprensiva, paziente, ma cordialmente invitante a quelli che ancora tali non sono. 

Riprenderemo, come già annunciammo, la celebrazione del Concilio ecumenico; e chiediamo a Dio che questo grande avvenimento confermi nella Chiesa la fede, ne rinfranchi le energie morali, ne ringiovanisca e ne adatti ai bisogni dei tempi le forme, e così la presenti ai fratelli cristiani, separati dalla sua perfetta unità, da rendere loro attraente, facile e gaudiosa la sincera ricomposizione, nella verità e nella carità, al corpo mistico dell’unica Chiesa cattolica. 

E avremo in una parola, con l’aiuto di Dio, cuore per tutti: Ci basti, in questo momento, ricordare, fra tutti, i figli sofferenti per l’oppressione alla libertà loro dovuta, e per l’infermità delle membra e dello spirito.

****

Verbis votisque tuis, cuncta fausta bene ominantibus, faveat Christus Iesus, cuius praesentissimo nec defuturo auxilio hac trepida hora unice confìdimus.

Pietatis significatione suaviter tacti, quam peracto Coronationis Nostrae ritu nuper exprompsisti, nomine quoque Purpuratorum Patrum Cardinalium, animum perquam gratum tibi Sodalibusque tuis declaramus, qui tot tantaque benevolentiae officia immeritis Nobis ad hunc diem praestitistis. Gratias pariter universae laetanti Ecclesiae iterum iterumque ex imo pectore agimus, cuius fidei, spei caritatisque documentis ingenti afficimur solacio.

Dum almam Urbem nocturnae excipiunt umbrae, hodierni eventus nequaquam obscuraturae fulgorem, a vobis, Venerabiles Fratres Nostri, atque ab universis filiis, quotquot habemus in Christo, id unum petimus, id oramus, quod iani Decessor Noster S. Leo Magnus poposcit : « Iuvate votis, quem desideriis expetistis, ut et Spiritus gratiae maneat in me... : ut omnibus diebus vitae meae, in omnipotentis Dei servitium, et ad vestra paratus obsequia, cum fiducia possim Dominum deprecari: Pater sancte, conserva eos in nomine tuo, quos dedisti mihi (Io. 17, 11; s. Leonis I, Sermo I; ML 54, 142).

Ac reciprocante caritatis affectu, supernae largitatis dona vobis precamur, atque benevolentiae Nostrae testem Apostolicam Benedictionem peramanter dilargimur.

   





[Modificato da Caterina63 18/10/2014 15:08]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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