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IO CREDO IN DIO.... bellissima catechesi sul Credo

Ultimo Aggiornamento: 21/11/2014 14:28
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03/07/2014 09:11
 
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  “Credo in un solo Dio…”


 


L’antico Simbolo della nostra fede inizia con quel verbo che abbraccia tutti i contenuti espressi nei vari punti della formula: io credo. Ma cosa significa realmente credere? Ogni buon credente sa bene che “credo in Dio” non significa semplicemente “ritengo che Dio c’è”. Nel linguaggio quotidiano usiamo con disinvoltura tantissime volte questo verbo, attribuendogli diversi significati: penso, ritengo possibile, immagino… Ma nel linguaggio religioso questo vocabolo s’ingigantisce improvvisamente, diventa improvvisa assunzione di responsabilità, scelta di vita, consapevolezza di una realtà. E’ un verbo che contiene mille verbi, che contiene Dio e l’uomo, che contiene tutta quanta la mia vita, quella degli altri, il senso stesso dell’universo. Proverò qui di seguito a tradurlo con altre espressioni, ben sapendo che esse rappresentano solo una parte di questo tesoro che le mani dell’antica Tradizione ci hanno consegnato.


“Io credo in Te, io mi affido a Te, mi fido di Te e a Te mi consegno, a Te dono la mia vita, la mia anima, le mie forze, il mio cuore. Da Te mi sento amato, protetto, custodito. Tu dai senso alla mia vita, Tu mi hai fatto scoprire la direzione da seguire, Tu sei la mia meta. Tu mi hai rivelato le tue verità, ed io in Te le credo. Tu mi hai donato la vita, ed io ora vivo. Io sono rinato, io risorgo, io spero. Ero nelle tenebre ma ora vedo, Tu sei luce per i miei passi, le mie scelte, le mie decisioni. Io ti lascio decidere per me. A Te mi arrendo, a Te mi consegno.
Depongo le armi della mia malvagità, accetto di essere istruito nel cuore, ascolto la tua Sapienza, progetto la mia vita secondo il tuo progetto. In Te ripongo ogni fiducia, in Te confido, spero, trovo riparo. Mi metto alla tua sequela, perseguo le tue virtù, indosso la tua armatura. Ti guardo, ti imito, voglio assomigliarti e tornare ad essere tua immagine. Ti riconosco come il Signore, ti adoro, ti contemplo. Allineo i miei pensieri ai tuoi, i miei ideali ai tuoi, i miei sentimenti ai tuoi. Avverto che Tu mi scruti e non mi nascondo, ti accolgo, ti annuncio. Ti assumo come centro attorno a cui gravitare e far gravitare. Ti desidero. Prometto di farti conoscere, di adoperare le mie parole per testimoniarti. Tu sei il mio unico punto di riferimento, su Te fondo ogni certezza. Su Te imposto le mie relazioni. A Te intendo condurre chi incontro. Io osservo la tua bellezza, io ti ammiro, io ti rendo grazie per tutte le cose. Io rinuncio a tutte le mie stampelle, i miei idoli, i miei bisogni.

Io m’impegno, assumo la mia responsabilità, acquisto consapevolezza. Sceglierò attentamente le esperienze, ascolterò coloro che mi mandi, leggerò i tuoi segni. Per Te combatto, per Te mi riposo. Io mi prendo cura, io vigilo, io sorveglio. Io conservo, io proteggo, io custodisco. Io so, io capisco, io vedo. Io sento, io avverto, io imparo. Io conosco, io risveglio i miei talenti, accendo il mio intelletto. Io affermo, io agisco, io ricevo da Te il coraggio. Io condivido, io entro in comunione, io mi dono. Io patisco per gli altri. Io porto la croce. Io esulto. Io ti includo nella mia vita, io ti scelgo, ti sposo. Io ti amo. Io sono”.

Ecco, quando diciamo Io credo, diciamo tutto questo.

 

 

“…Padre onnipotente…”

 

Non siamo realmente credenti. Altrimenti la nostra vita graviterebbe attorno a quest’affermazione del Credo: Dio c’è, ci ama come un padre, e può fare tutto. A volte lo speriamo, ma non lo crediamo veramente. In realtà finiamo sempre con l’arrangiarci con le nostre forze. Siamo sempre pervasi dalla sensazione di non meritare una cosa così grande. Riteniamo che Dio può tutto, ma non per noi, perché non ci sentiamo degni, perché abbiamo sempre alle spalle qualche peccato. In realtà il peccato è proprio questo: relegare l’onnipotenza di Dio a mera possibilità. Eppure il Simbolo della nostra Fede ce lo annuncia chiaramente: Amore e Potenza sono in Dio una sola realtà. Se Dio fosse solo Potenza, ci sarebbe da tremare di paura, avremmo a che fare con un Dio Terribile. Se invece fosse solo Amore, ma non potesse nulla, non ne ricaveremmo alcuna speranza.

In realtà il Credo ci dice: esultate, Dio è entrambe le cose, Amore e Potenza. Ma noi facciamo fatica ad associarle: oscilliamo tra il concepirne una sola o l’altra. E non ci rendiamo neanche conto di cosa perdiamo. E’ come se nella casa di fianco avessimo un parente straricco e molto potente, che volendoci molto bene farebbe qualsiasi cosa per noi, eppure noi non ci rivolgessimo quasi mai a lui, preferendo gestire tutto da soli, o al massimo facendogli ogni tanto qualche telefonatina ma senza un reale convincimento di poterne ricevere aiuto. Anche nel rapporto con gli altri ci limitiamo a dare solo consigli umani, riducendoci al ruolo dei consiglieri di Giobbe. Non abbiamo mai il coraggio di dire: “Non trovi lavoro, ma l’hai chiesto a tuo Padre? Non trovi la salute, ma l’hai chiesta a tuo Padre? Non trovi una compagna o un compagno per la tua vita, ma l’hai chiesto a tuo Padre?”. Abbiamo paura dei sorrisini altrui, abbiamo paura di essere guardati come a chi crede nelle favole. Ma ciò accade perché non siamo in vera intimità col Padre.

Non era questo però l’atteggiamento di Giobbe che, nonostante le dure prove, nella sua preghiera diceva a Dio: “Comprendo che puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per te” (Gb 42,2).In realtà chi ha fede sperimenta davvero che Dio esaudisce tutte le preghiere. Anzi, spesso le esaudisce prima ancora che le diciamo. Soprattutto se vede che con le nostre azioni stiamo esaudendo le preghiere degli altri. Gesù dormiva tranquillamente sulla barca durante la tempesta. Sapeva perfettamente che la Potenza era Amore. Dice il nostro Catechismo: “Di tutti gli attributi divini, nel Simbolo si nomina soltanto l’onnipotenza di Dio: confessarla è di grande importanza per la nostra vita. Noi crediamo che tale onnipotenza è universale, perché Dio, che tutto ha creato, tutto governa e tutto può; amante, perché Dio è nostro Padre ” (CCC 268). Il nostro Dio è un Dio che si prende cura di noi. Gesù ne ha fatto il centro del suo insegnamento col discorso della montagna (Mt 6, 25-34): il Padre veste i gigli dei campi, il Padre nutre gli uccelli del cielo, il Padre ci nutre e ci disseta. Potenza e Amore. Ed anche la preghiera da lui insegnata c'invita a rivolgerci a Dio come ad un Padre onnipotente, ad un Padre che è nostro.

Il Catechismo Romano aggiunge: “La ferma persuasione dell’onnipotenza divina vale più di ogni altra cosa a corroborare in noi il doveroso sentimento della fede e della speranza. La nostra ragione, conquistata dall’idea della divina onnipotenza, assentirà, senza più dubitare, a qualunque cosa sia necessario credere, per quanto possa essere grande e meravigliosa o superiore alle leggi e all’ordine della natura” (CR 1,2,13).

 

 

“…Creatore del cielo e della terra…”

 

 Il Simbolo del Credo richiama e riassume tutta la Sacra Scrittura. In questo caso il richiamo col primo versetto della Bibbia è evidente: “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gn 1,1). La catechesi sulla creazione è di fondamentale importanza perché, come dice il nostro Catechismo, riguarda i fondamenti stessi della vita umana e cristiana. L’eterna domanda della filosofia “da dove veniamo?” trova qui una risposta, rivelata dalla Scrittura ed accettata col Credo. Professare questo punto della fede comporta il riconoscimento delle nostre origini in Dio: il credente sa di non essere frutto del caso, è consapevole di essere stato voluto e di conseguenza di avere un fine. Ed è questa la cosa che conta di più; la scienza può senz’altro aiutarci a far luce sul quando e sul come della creazione, ma sapere che tutto ha origine da un “Essere trascendente, intelligente e buono” ci fornisce il senso delle cose, dell’universo tutto, e della stessa nostra esistenza (cfr CCC 282ss).

La creazione è, infatti, “scaturita dalla bontà divina” e partecipa di questa bontà. “E’ possibile conoscere con certezza l’esistenza di Dio Creatore attraverso le sue opere, grazie alla luce della ragione umana, anche se questa conoscenza spesso è offuscata e sfigurata dall’errore. Per questo la fede viene a confermare e a far luce alla ragione nella retta intelligenza di queste verità” (CCC 286). La creazione non è frutto del caso né panteistica emanazione di Dio, ma un fatto voluto, un dono fatto all’uomo, un’eredità a lui destinata ed affidata. Il Creatore ha fatto tutte le cose dal nulla, conferendo ad esse un ordine e regolandole con sapienza tramite le leggi di natura: “Tu hai disposto tutto con misura, calcolo e peso” (Sap 11,20). E’ errato ritenere che Dio abbia creato anche il male: “E Dio vide che era cosa buona…cosa molto buona” (Gn 1,4ss); “Tu ami tutte le cose esistenti, e nulla disprezzi di quanto hai creato; se tu avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata” (Sap 11,24). E’ anche errato ritenere, come sostengono le correnti gnostiche, che la materia sia qualcosa di negativo, da respingere o superare.

La realtà della creazione è strettamente unita alla rivelazione dell’Alleanza con Dio, anzi ne costituisce il primo passo. Essa si rivela con forza crescente lungo tutta la Sacra Scrittura, nei patriarchi, nei profeti, nei salmi, fino a culminare in Gesù Cristo che fa nuove tutte le cose rimediando al male introdotto dal peccato. Non abbiamo dunque a che fare, come vorrebbe il deismo, con un Dio orologiaio, il quale, una volta fatto l’universo, lo avrebbe abbandonato a se stesso. Dio non solo crea, ma conserva e regge tutta quanta la creazione, la sostiene continuamente con la sua sapienza ed il suo amore. Alla domanda “perché Dio ha fatto il mondo?” il Concilio Vaticano I risponde: “Il mondo è stato creato per la gloria di Dio” (Denz-Schönm, 3025). Ma il Signore non operò per accrescere la propria gloria, bensì, come amava dire San Bonaventura, “per manifestarla e per comunicarla”. Dio non aveva bisogno del cosmo. Infatti, non ha altro motivo di creare se non il suo amore e la sua bontà (cfr CCC 293). Ma qual è il fine della creazione? Il fine ultimo della creazione è che Dio “che di tutti è il Creatore, possa anche essere tutto in tutti, procurando ad un tempo la sua gloria e la nostra felicità” (Conc Ecum Vat II, Ad gentes, 2).

E il Signore, nel suo disegno, si serve anche della cooperazione delle sue creature, dà agli uomini il potere di partecipare liberamente alla sua Provvidenza, di diventare “cause intelligenti e libere per completare l’opera della creazione, perfezionandone l’armonia, per il loro bene e per il bene del prossimo” (CCC 307). Spesso siamo cooperatori inconsapevoli, ma tutti noi possiamo partecipare deliberatamente al piano divino con le nostre azioni, le nostre preghiere, ed in particolare con la pro-creazione, che prolunga, attraverso di noi ed il nostro amore, il disegno creativo di Dio. La creazione, infatti, non è finita, perché Dio continuamente “chiama all’esistenza le cose che ancora non esistono” (Rm 4,17).




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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