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NOMEN OMEN BREVE STORIA DEI 16 PAPI COL NOME BENEDETTO

Ultimo Aggiornamento: 25/10/2014 13:25
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12/07/2014 11:09
 
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Benedetto XIV aveva davvero preceduto il Concilio Vaticano II, o fu degno precursore, se soltanto lo avessero preso come esempio!
Oltre ad aver ideato il sistema dell'encicliche per far giungere a tutti il magistero pontificio, avendo compreso la necessità di una "nuova" pastorale adatta ad affrontare la sfida dell'Illuminismo e del razionalismo - usate come armi contro la Chiesa - 
Benedetto XV chiarisce l'urgenza per: "un'attenzione specialissima a sopire i dissensi e le discordie tra i cattolici, quali esse si siano, e ad impedire che ne sorgano altre in avvenire, talché tra i cattolici, uno sia il pensare e uno l'operare..." e specifica:
" Vogliamo pure che i nostri si guardino da quegli appellativi, di cui si è cominciato a fare uso recentemente per distinguere cattolici da cattolici; e procurino di evitarli non solo come profane novità di parole, che non corrispondono né alla verità, né alla giustizia, ma anche perché né è ammissibile il più, né il meno: "Questa è la fede cattolica, alla quale chi non crede fedelmente e fermamente non potrà essere salvo" (Symb. Athanas.); o si professa intero, o punto non si professa. Non vi ha dunque necessità di aggiungere epiteti alla professione del cattolicismo; basti a ciascuno di dire così: "Cristiano il mio nome, e cattolico il mio cognome"; soltanto, si studi di essere veramente tale, quale si denomina."

 

"Due anzitutto sono gli obblighi che dal Concilio Tridentino sono imposti a chi ha cura delle anime. Il primo comporta che nei giorni festivi tengano il sermone sulle cose divine; il secondo che istruiscano, con i rudimenti della Fede, i bambini e chiunque ignori la Legge Divina.

Se nei giorni stabiliti i parroci svolgeranno la doverosa omelia, che non assordi le orecchie con suasive parole di umana sapienza, ma con parole adatte alla capacità degli ascoltatori infonda lo Spirito nel loro cuore; se annunzieranno un Mistero, specie nel tempo in cui la Chiesa lo ricorda, seminando ciò che è di incitamento alla virtù e di ricusazione dei vizi, soprattutto dei più gravi che con più disdoro infieriscono nel popolo; se in questi stessi giorni nutriranno, come bambini appena nati, i fanciulli con il latte della Dottrina, interrogando or l’uno or l’altro, sciogliendo i dubbi e le incertezze; se infine, con l’Apostolo, si dedicheranno alla lettura, all’esortazione e alla dottrina, perché il credente diventi perfetto e istruito in ogni buona opera, è lecito credere che il risultato risponda alle attese e possa sorgere agevolmente un popolo gradito a Dio e operatore di bene..." (1)

 

* Papa Benedetto XIV (1740 +1758), il bolognese Prospero Lambertini.

 

Senza dubbio Lambertini si affaccia all'interno di grandi cambiamenti epocali e culturali.

Tutto ciò che abbiamo appreso, approfondendo la storia dei Papi "Benedetto" precedenti - prima parte qui e seconda parte qui - cambia, ci troviamo davanti all'Illuminismo e razionalismo usati contro la Chiesa.

"Benedetto XIV fu un papa che apparve tanto diverso da Benedetto XIII come da altri predecessori e successori, che si è potuto sviluppare un mito di Benedetto XIV analogo ma ben più durevole di quello di Pio IX, che, come si sa, svanì prestissimo.

Fondato sulla bonomia faceta di papa Lambertini, sulla sua moderazione e sulla sua sana apertura alla modernità, divulgate già da scritti ricchi di aneddoti, a lui coevi o appena posteriori alla sua scomparsa, quel mito è stato rinverdito nel Novecento dall’opera teatrale Il cardinale Lambertini interpretata, in una nota riduzione televisiva, da quel grande maestro delle scene che fu Gino Cervi.

Ma la storia non è il mito. Tutti i papi, qualunque siano le lodi o il biasimo che gli uomini hanno loro tributato, realizzano volenti o nolenti il detto secondo cui non possono andare dove vogliono e cingersi da soli la veste.

A cominciare dalla loro elezione. Specie quando, come nel caso di Benedetto XIV, si viene eletti inaspettatamente al termine del conclave più lungo e penoso dell’epoca moderna. Solo dopo sei mesi emerse il suo nome: tutta la sua esperienza giuridica e pastorale non era bastata ad accreditare la sua candidatura fintantoché il conclave, che «lungo tutto il Settecento riflette gli equilibri politici in mutamento», per troppo equilibrio non finì in stallo..." (2)

 

Lambertini però era così lontano dal pensare di diventare Papa che pochi giorni prima dell'elezione, col suo abituale tono scherzoso, aveva detto ai cardinali: "Volete un santo? eleggete Gotti. Volete un politico? eleggete Aldobrandini. Volete un buon uomo? eleggete me". Così venne eletto Lambertini con 50 voti su 51. Interrogato sulla consueta domanda se accettava, rispondeva che accettava per tre ragioni: "la prima per non dispregiare un vostro benefizio; la seconda per non resistere alla volontà manifesta di Dio, poichè tale la ritengo non avendo io desiderato mai così eccelsa dignità; e la terza per finire queste nostre adunanze che credo servano di scandalo al mondo per la loro durata..." (3)

 

Al pregio della schiettezza si univano in lui le virtù dei costumi, mantenuti incorrotti fin dalla giovinezza, la delicatezza di una coscienza istruita ma sempre purificata da una profonda umiltà, così come la carità dottrinale e materiale. Non era certo un carattere per nulla docile, specialmente a riguardo delle ingiustizie, in questi casi il suo animo si accendeva, prendeva fuoco, ma non durava che pochi istanti, perchè subito lo smorzava con la virtù della mitezza.

Benedetto XIV sapeva unire la religiosità autentica alla pratica politica, curava gli interessi della Chiesa, ma mai a discapito della verità o del bene degli uomini, specialmente se eretici o non cattolici.

 

Benedetto XIV fu il primo Pontefice ad usare il termine "Enciclica" introducendo con questo un nuovo genere di documento pontificio.

Anche se il contenuto di una enciclica dipende molto dallo scopo e dall'argomento, ciò che la rende una garanzia è che essa impegna l'autorità del Pontefice che la detta, o che la scrive; anche se in modo "ordinario", essa coinvolge l'infallibilità dell'Autore specialmente se l'argomento riguarda i costumi e la dottrina della Chiesa.

 

Lambertini scrisse in tutto il suo Pontificato ben ventidue encicliche sugli argomenti più diversi, alcuni dogmatici, molti altri di carattere disciplinare e pastorale.

Diceva infatti che non era sufficiente condannare gli errori, ma piuttosto,  quanto fosse più necessario spiegare dove si annida l'errore: "è fondamentale - diceva - opporre agli errori non tanto la disciplina quanto la dottrina e non solo nei suoi principi, ma soprattutto nelle sue applicazioni".

 

Benedetto XIV aveva davvero preceduto il Concilio Vaticano II, o fu degno precursore, se soltanto lo avessero preso come esempio!

 

Oltre ad aver ideato il sistema dell'encicliche per far giungere a tutti il magistero pontificio, avendo compreso la necessità di una "nuova" pastorale adatta ad affrontare la sfida dell'Illuminismo e del razionalismo - usate come armi contro la Chiesa - inizia ad instaurare un rapporto diretto, senza intermediari, con i Vescovi delle principali sede vescovili. Avvia una corrispondenza personale con i Vescovi nelle loro sedi regionali e con loro discute per attuare un "nuovo" sistema di governo interno alla Chiesa, un rapporto tempestivo atto ad eliminare gli equivoci e l'incomunicabilità tante volte originata dai troppi intermediari.

La prima Enciclica infatti, Ubi primum del 3 dicembre 1740, è diretta proprio ai Vescovi. Una profonda esortazione: " ... è della massima importanza che la cura delle anime sia affidata a coloro che per dottrina, pietà, purezza di costumi e per insigni esempi di buone opere possono far luce negli altri in tal misura da essere giudicati luce e sale del popolo....  darsi con amore e con passione alla cura delle anime (...)

E invero, come potranno dare ascolto, se manca il predicatore? O in che modo i popoli potranno comprendere una legge che prescrive un giusto credo e un giusto comportamento, se i pastori di anime saranno stati, in tale ufficio, pigri, negligenti e inoperosi? Non si può comprendere compiutamente con l’animo o spiegare con le parole quanto danno per la Repubblica Cristiana derivi dalla negligenza di coloro, ai quali è affidata la cura delle anime, soprattutto nell’insegnare ai fanciulli il catechismo." (4)

Poche pagine, solo sei, ma che per oltre un secolo sono state la fotocopia di tutte le encicliche, quelle introduttive, le "enthronisticae" dei suoi Successori.

 

Per comprendere davvero Benedetto XIV, come operava, come credeva e pensava, è fondamentale citarvi la Lettera enciclica Vix pervenit del 1° novembre 1745, contro l'usura, leggiamo il  passo iniziale:

 

"Non appena pervenne alle nostre orecchie che a cagione di una nuova controversia (precisamente se un certo contratto si debba giudicare valido) si venivano diffondendo per l’Italia alcune opinioni che non sembravano conformi ad una saggia dottrina, ritenemmo immediatamente che spettasse alla Nostra Apostolica carica apportare un rimedio efficace ad impedire che questo guaio, con l’andar del tempo e in silenzio, acquistasse forze maggiori; e bloccargli la strada perché non si estendesse serpeggiando a corrompere le città d’Italia ancora immuni.

1. Perciò, prendemmo la decisione di seguire la procedura della quale sempre fu solita servirsi la Sede Apostolica: cioè, abbiamo spiegato tutta la materia ad alcuni Nostri Venerabili Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, che sono molto lodati per la loro profonda dottrina in fatto di Sacra Teologia e di Disciplina Canonica; abbiamo interpellato anche parecchi Regolari coltissimi nell’una e nell’altra materia, scegliendoli, alcuni fra i Monaci, altri nell’Ordine dei Mendicanti, altri ancora fra i Chierici Regolari; abbiamo aggiunto anche un Prelato laureato in utroque jure e dotato di lunga pratica del Foro. Stabilimmo che il giorno 4 del luglio scorso si riunissero tutti alla Nostra presenza e chiarimmo loro i termini della questione. Apprendemmo che già essi ne avevano notizia e la conoscevano a fondo.

2. Successivamente abbiamo ordinato che, liberi da qualsiasi parzialità e avidità, esaminassero accuratamente tutta la materia ed esprimessero per iscritto le loro opinioni (..) Tutti ubbidirono. Infatti, comunicarono le loro opinioni in due Congregazioni, delle quali la prima fu tenuta in Nostra presenza il 18 luglio, l’altra il primo agosto scorsi; alla fine tutti consegnarono le proprie relazioni scritte al Segretario della Congregazione.

3. All’unanimità hanno approvato quanto segue:

I. Quel genere di peccato che si chiama usura, e che nell’accordo di prestito ha una sua propria collocazione e un suo proprio posto, consiste in questo: ognuno esige che del prestito (che per sua propria natura chiede soltanto che sia restituito quanto fu prestato) gli sia reso più di ciò che fu ricevuto; e quindi pretende che, oltre al capitale, gli sia dovuto un certo guadagno, in ragione del prestito stesso. Perciò ogni siffatto guadagno che superi il capitale è illecito ed ha carattere usuraio...."

 

Benedetto XIV era davvero un uomo intelligente e di profonda astuzia, come uomo certamente fallibile e con i suoi difetti, ma come Pastore e Maestro fu davvero un perno fondamentale per la Chiesa di quegli anni ed oltre. Le controversie illuministe che all'epoca infuocavano gli animi romani, con lui, si raffreddarono. Non più ostilità diretta ma la vera prima apertura al dialogo che di fronte ad un Papa "amabile e spiritoso, dalla battuta e dalla risposta facile", fu vera breccia in molte coscienze.

 

Altro esempio del suo carattere roccioso era che Lambertini non amava molto il cerimoniale. Era di modi spiccioli e concreti, il protocollo gli pesava molto perchè "faceva perdere molto tempo".

 

Di buon mattino usciva spesso per la città per andare a celebrare personalmente la Messa in qualche Chiesa. Non avvisava nessuno, prendeva e usciva, in fondo Roma era la "sua" città, perchè chiedere permessi? E molti parroci si erano abituati a questo sacerdote che entrando, dopo aver salutato, chiedeva di celebrare la Messa e il parroco serviva.

Non solo! Dopo aver sbrigato le faccende da tavolo, usciva per andare a fare un giro ne i mercati rionali, andava a sentire come stava la gente, non amava avere troppi intermediari, gli piaceva confrontarsi direttamente con la gente, muovendosi spesso a piedi. Chiunque lo poteva incontrare o da solo o in compagnia con qualche prelato. Non aveva il fastidio dei "Media" del nostro tempo a caccia di scoop. Muoversi per lui era certo più semplice che per un Papa oggi.

Un'altra novità Benedetto XIV la introdusse con le "Udienze".

Anche qui, non gli piaceva sentire dire "Tizio ha detto questo, quello; Caio ha risposto che; Sempronio vorrebbe mandarle i saluti", no! Lambertini era diretto e così fu il primo Papa - all'epoca viveva al Quirinale - a ricevere gruppi di persone nei giardini per impartire loro piccole catechesi come risposte alle loro domande.

L'estate la trascorreva a Castel Gandolfo, ma senza portarsi dietro la Corte. Gli piaceva sentirsi libero e la sera nei giardini si intratteneva con il personale e le loro famiglie, di giorno poi passeggiare per i campi e fermarsi a parlare con i contadini, uscire per le vie ed intrattenersi con la gente del Borgo, un gesto questo che soleva fare anche il Beato Pio IX il quale entrava dentro le case e andava a curiosare nella cucina, per uscire lasciando sulla tavola un contributo in moneta sonante.

 

Si dice che... fosse amico di Voltaire tanto che questi gli avrebbe dedicato un'opera profana.

E' vero o falso?

E' falso!

Benedetto XIV era un uomo colto e spaziava molto con la mente, non era un rigorista del pensiero ed amava intrattenersi anche con i dotti, o così qualificati, del suo tempo. In questo giro  entra in contatto con Voltaire. Questi gli fa omaggio di una sua opera e il Papa risponde ringraziando, fine della cosa.

Voltaire, che malizioso era, fece divulgare che il Papa aveva gradito la sua opera Maometto, ma il Papa subito rispose con tanta disinvoltura e spirito che non  rimase nella capitale...

E' bene dire che la corrispondenza epistolare fra Benedetto XIV e Voltaire si è esaurita con un Breve pontificio del 17 agosto 1745 in risposta allo scrittore francese, che gli aveva fatto pervenire non già il "Maometto" bensì il poema sulla battaglia di Fontenoy, pubblicato appunto in quell'anno, sotto gli auspici del re di Francia.

Orbene, cosa fece Voltaire?

Si servì a propria difesa del Breve, addirittura manipolando il testo, sostituendo "Fontenoy" con "Maometto", così da riferire i ringraziamenti a questa opera, quale risposta positiva del Pontefice.

Tanto è vero che Benedetto XIV, dopo aver ascoltato anche il parere dei vescovi francesi, dichiarò invece quel dramma - Maometto - talmente "osceno ed immorale" (già edito in Francia dal 1741) che ne vietò la diffusione in Italia (6).

 

Con la Bolla Ex quo singulari, 11 luglio 1742, Benedetto XIV pose fine alla controversia intorno alle cerimonie cinesi e i riti malabarici, che teneva in contrasto i missionari gesuiti e quelli degli altri Ordini religiosi da quasi un secolo. Il Papa impose a tutti i missionari di impegnarsi con giuramento a distinguere gli usi condannati come superstiziosi. I missionari obbedirono e la risposta non si fece attendere: l'imperatore cinese Yong- Tschinog non si fece sfuggire l'occasione e approfittò di questo cambiamento per sferrare un attacco inaudito contro i Cristiani. Vi colsero la palma del martirio cinque Padri Domenicani, tre Gesuiti, molti fra laici e catechisti ed anche fra gli stessi indigeni che aiutavano nelle missioni.

Il provvedimento del Papa era stato severo, ma necessario, la vera libertà - soleva ripetere - si conquista nella Crocifissione, l'unità dottrinale nella Chiesa è fondamentale per la buona riuscita di una missione.

 

Per giungere ad una conclusione sottolineiamo come il pontificato di Benedetto XIV abbia segnato una svolta netta e decisiva nella storia del papato, non solo settecentesco. Ma sia ben chiaro: Benedetto XIV non sacrifica i prìncipi ai princìpi.

 

Da una parte, così, nei diversi concordati coi governi cattolici, essi stessi «infetti dallo spirito dell’assolutismo e dell’illuminismo anticlericale» (Pastor, XVI, pp. 460-461), cede tutto il cedibile, accettando di fatto «il ruolo secondario e passivo nello scacchiere politico europeo» (DBI, VIII, p. 398) che il papato aveva dovuto assumere a partire dalla metà del Seicento. Dall’altra va incontro all’emergente Regno di Prussia di Federico II, accettando per la prima volta dal tempo della Riforma di trattare direttamente con rappresentanti di un principe protestante al quale, come scriveva nel 1746, riconosce il titolo di re «per non pregiudicare a tanti poveretti che hanno il collo esposto al colpo della manaja».

E in terza battuta sceglie in realtà non la neutralità ma un «atteggiamento particolarmente favorevole alla Francia», scrive il cardinale Tarcisio Bertone (7) trovandone conferma nelle innumerevoli lettere al ministro della Corona francese cardinale Pierre Guérin de Tencin, vero “amico di penna” col quale il Papa intrattenne una corrispondenza di incredibile confidenza e ampiezza, raccolta in tre volumi da Emilia Morelli dopo un lavoro trentennale.

 

Quando però nella querelle del secolo che opponeva, su quello stesso suolo francese, giansenisti e antigiansenisti, si sollecita un suo schieramento di principio per ragioni di Stato, egli nel giugno 1746 è capace di rispondere per le rime anche all’amico Tencin: «Ella nella sua lettera dice d’avere un’avversione particolare alla setta dei giansenisti. Ci protestiamo d’averla anche Noi, e l’assicuriamo che nel ceto degli uomini di garbo che sono in Roma vi è la stessa avversione: ma qui si crede non doversi dar ciecamente l’accusa di giansenismo in quelle cose nelle quali non entra». Insomma, come «non trova rispondenza nei documenti che conosciamo», scrive la Morelli, la sua avversione ai gesuiti, di cui anzi stimava soprattutto l’ardore missionario, così è indebito attribuire a Benedetto XIV simpatie gianseniste.

Semplicemente egli non dà credito a quelle «troppe patenti di giansenista [che] si spediscono anche a chi condanna di vero cuore le proposizioni di Giansenio e tutte le altre condannate» (da una lettera del Papa del 1748 indirizzata ancora al cardinale Tencin).

All’inizio del secolo scorso l’accusa di filomodernismo sarà analogamente sparsa a volte come un veleno che raggiungerà anche tanti sinceri uomini di Chiesa, colpevoli solo di mancato torpore di mente e di cuore (8)

 

Infine Benedetto XIV si mostrò severo fulminando con pene severissime quei "disgraziati sacerdoti che profanassero il Sacramento della Confessione"; interdisse ogni sorta di mercimonio nella celebrazione della Santa Messa. Per impedire che i matrimoni vengano sciolti in modo non consentito dalle leggi canoniche, istituì in ogni diocesi un ufficiale apposito, che si disse il "difensore del vincolo matrimoniale".

Sul finire del mese di aprile 1758 Benedetto XIV fu colto da una polmonite che aggravò già la sua salute invecchiata, aveva 83 anni. Il 2 maggio sottoscrisse la professione di fede; ai cardinali chiese perdono per le sue mancanze e li esortò alla concordia e all'umiltà soprattutto per l'elezione del suo successore: "io - concluse - ora cado nel silenzio e nella dimenticanza, l'unico posto che mi spetta. Sic transit  gloria mundi". A mezzogiorno del 3 maggio così moriva Benedetto XIV che dal Quirinale dove stava soggiornando, venne portato in processione fino a San Pietro per esservi tumulato.

Degno di nota è questo: il figlio del ministro di Inghilterra, lord Walpole, protestante, gli fece erigere un monumento a Londra, salutando nell'epigrafe: "Egli restaurò il lustro della tiara - con quelle arti con le quali soltanto l'ottenne - colle sue virtù - amato dai papisti - stimato dai protestanti - ecclesiastico senza insolenza ed interesse - monarca senza favoriti e senza cortigiani - papa senza nepotismo - dottore senza orgoglio - censore senza amarezza".

 

Cliccare qui per leggere i testi ufficiali di Benedetto XIV

   


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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