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Ultimo Aggiornamento: 25/02/2018 13:40
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04/12/2014 17:59
 
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  Se tocca a un africano riportare ordine nella liturgia

di Nicola Bux*

26-11-2014

Liturgia

Lunedì 24 novembre il papa ha nominato il nuovo Prefetto della Congregazione per il Culto Divino. Si tratta del cardinale Robert Sarah, originario della Guinea Conakry, fino ad oggi presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum e prima ancora segretario della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (Propaganda Fide). Il cardinale Sarah è stato anche protagonista al recente Sinodo straordinario sulla famiglia, prendendo posizione contro le proposte del cardinale Kasper in fatto di ammissione all'Eucarestia dei divorziati risposati. Sostituisce il cardinale Antonio Canizares. Per capire il compito e le sfide che attendono il cardinale Sarah abbiamo chiesto il giudizio di un noto liturgista come don Nicola Bux.

L'uomo che prega è l'uomo per eccellenza: è l'atto supremo di autocoscienza della fede. Il culto è l'atto più grande che egli possa compiere, perché lo ricollega all'origine, a Colui che è il creatore e il salvatore dell'uomo. 

Ma il culto cattolico, soffre attualmente dello squilibrio tra la forma comunitaria, cresciuta a dismisura dopo il Concilio, e la forma personale, annichilita di fatto proprio dal soverchio comunitarismo, che uccide la partecipazione devota. Questo è uno dei problemi, che  il cardinal Robert Sarah, nuovo prefetto della Congregazione per il Culto Divino, dovrebbe affrontare. La forma comunitaria, infatti, esprime la comunione, che non è una fusione: l’altro rimane un altro, non viene assorbito né diminuito, analogamente al mistero della Trinità: un solo Dio, una sola natura divina, ma allo stesso tempo tre persone.  

Soprattutto, poi, il culto serve a far incontrare Dio all'uomo: è la sua mission, serve a introdurre l'uomo alla Presenza divina: questo, oggi, nel tempo della scristianizzazione, non è più evidente. Presenza evoca qualcosa a cui avvicinarsi, quasi toccare, ma che mi supera, perché sono peccatore. Allora, scatta la reazione di Pietro: «Allontanati da me, perché sono un peccatore». Presenza evoca il “sacro”: la liturgia è sacra, a motivo della Presenza divina. E questo “sacro” sembra crollato, travolgendo nella crisi anche la Chiesa, come ha scritto Benedetto XVI. 

Così, molti cattolici, in specie i giovani, evadono pian piano dalle 'liturgie-intrattenimento' – litur-tainment, le chiamano in America, dove il sacerdote imita il conduttore televisivo, – e ricercano il mistero nel maestoso rito bizantino o nel sobrio rito romano antico. Molti vescovi cominciano ad accorgersi del fenomeno. È un nuovo movimento liturgico, nell'attuale passaggio di generazione. Beato chi se ne sarà accorto in tempo! Di tutto questo, la Congregazione per il Culto Divino deve tener conto. 

Questa Congregazione, però, è anche preposta alla “disciplina dei sacramenti”. E qui suoneremo un tasto dolente: ovvero l'indisciplina diffusa, la mancanza di fedeltà al rito, che può anche toccare la validità stessa dei sacramenti (cfr. Giovanni Paolo II,Vicesimus Quintus Annus, 1988), inficiando nella liturgia i diritti di Dio, nonché dei fedeli. Nella liturgia, la fede e la dottrina, infatti, sono mediate dal rito: per preces et ritus, dice la Costituzione liturgica (n.48); la fedeltà ai riti e ai testi autentici della liturgia è una esigenza della lex orandi che deve essere conforme alla lex credendi. Il rito, infine, scandisce il tempo della musica e struttura lo spazio dell'arte, rendendole capaci di comunicare all'uomo il 'sacro', perciò queste possiedono una dimensione apostolica, missionaria e apologetica. Il cardinal Sarah, che è stato segretario a Propaganda Fide, lo sa bene.  

*Consultore della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti








Una immagine che spiega i 4 Fini della Santa Messa.

Immagine segnalata da Don Alessandro Loi

I canoni del Concilio di Trento sul santissimo sacrificio della Messa sintetizzano, in poche linee, la dottrina perenne della Chiesa:

Can. 1. Se qualcuno dirà che nella Messa non si offre a Dio un vero e proprio sacrificio, o che essere offerto significa semplicemente che Cristo ci viene dato in cibo: sia anatema.      

Can. 2. Se qualcuno dirà che con le parole: “Fate questo in memoria di me” [Lc 22,19; I Cor 11,24] Cristo non ha costituito i suoi apostoli sacerdoti o non li ha ordinati perché essi e gli altri sacerdoti offrano il suo corpo e il suo sangue: sia anatema [cf * 1740].

Can. 3. Se qualcuno dirà che il sacrificio della Messa è solo un sacrificio di lode e di ringraziamento, o una semplice commemorazione del sacrificio offerto sulla croce, e non un sacrificio propiziatorio; o che giova solo a chi lo riceve; e che non deve essere offerto per i vivi e per i morti, per i peccati, le pene, le soddisfazioni e altre necessità: sia anatema [cf *1743].

Can. 4.Se qualcuno dirà che col sacrificio della Messa si bestemmia o si attenta al sacrificio di Cristo consumato sulla croce: sia anatema [cf. *1743].

Can. 5. Chi dirà che celebrare le messe in onore dei santi e per ottenere la loro intercessione presso Dio, come la chiesa intende, è un’impostura: sia anatema [cf. *1744].

Can. 6. Se qualcuno dirà che il canone della Messa contiene degli errori, e che, quindi, bisogna abolirlo: sia anatema [cf *1745].

Can. 7. Se qualcuno dirà che le cerimonie, i paramenti e gli altri segni esterni di cui si serve la chiesa cattolica nella celebrazione della Messa, sono piuttosto provocazioni dell’empietà, che manifestazioni di pietà: sia anatema [cf *1746].

Can. 8. Se qualcuno dirà che le Messe nelle quali solo il sacerdote si comunica sacramentalmente sono illecite e, quindi, da sopprimere: sia anatema [cf 1747].

Can. 9. Se qualcuno dirà che il rito della chiesa romana, secondo il quale parte del canone e le parole della consacrazione si profferiscono a bassa voce, è da condannarsi; o che la Messa deve essere celebrata solo nella lingua del popolo; o che nell’offrire il calice l’acqua non deve essere mischiata col vino, perché ciò sarebbe contro l’istituzione di Cristo: sia anatema [cf *1746; *1748s].






[Modificato da Caterina63 04/12/2014 19:36]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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