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Ultimo Aggiornamento: 25/02/2018 13:40
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11/11/2015 20:05
 
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Eucarestia: trasparenza del volto redentore di Gesù


 



stellamatutina-santa-eucarestiaL’Eucarestia ci presenta la trasparenza del Volto Redentore di Nostro Signore Gesù Cristo. Il fondamento teologico e ontologico di questa affermazione ci è dato dalla Verità di Fede della Presenza reale  di Gesù, il Verbo Incarnato, che, per il mistero della transustanziazione, sotto le apparenze del Pane e del Vino consacrati, è presente realmente nel Santissimo Sacramento, in Corpo, Sangue, Anima e Divinità1.


Il Concilio di Trento ha scolpito in tre termini luminosi la concretezza della fede nella Presenza reale di Gesù vivo e vero nell’Eucarestia, affermando che Egli è presente veramente, realmente, sostanzialmente (“vere, realiter, substantialiter“), anatematizzando chi invece affermasse che nell’Eucarestia non siano presenti realmente il «corpo e sangue insieme con l’anima e la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, e perciò tutto Gesù Cristo», ma vi sia presente Gesù «soltanto in segno, o in figura, o in potenza (in virtute2.


Una conferma luminosa di questa perenne dottrina di fede sul Mistero Eucaristico, secondo l’insegnamento costante della Chiesa, si è avuta, più recentemente, nell’Enciclica eucaristica Mysterium Fidei  del Sommo Pontefice Paolo VI, che ci parla della presenza di Gesù Cristo definita «”reale” […] per antonomasia perché è anche corporale e sostanziale, e in forza di essa Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente» (MF 40).


Lo stesso Sommo Pontefice Paolo VI, inoltre, qualche anno dopo, ha donato alla Chiesa il Credo del Popolo di Dio, nel quale, riprendendo l’insegnamento del Concilio di Trento, riaffermava ancora una volta che noi crediamo nell’Eucarestia e «crediamo che la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale».


Il più recente Catechismo della Chiesa Cattolica, infine, ha ribadito a chiare lettere l’insegnamento della Verità di Fede nella Presenza reale del Verbo Incarnato nel Sacramento dell’Eucarestia, riaffermando espressamente «la nostra fede nella presenza reale di Cristo sotto la specie del pane e del vino» (n.1378), e presentandola chiesa quale «luogo privilegiato dell’adorazione della presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento» (n. 2691).


La verità della Presenza reale di Gesù nell’Eucarestia è una «verità di fede – scrive il Padre Spiazzi – nota a tutti i credenti fin dagli anni del catechismo. Verità a cui ci si è abituati, tanto che spesso non ci si accorge più della sua bellezza e profondità, come non ci accorge dell’aria che si respira, della luce per mezzo della quale si vedono i colori, le cose. È quando viene a mancare la capacità visiva che si capisce la grandezza e il perché della luce; e quando non si riesce più a respirare, quando, come si suol dire, manca l’aria, che si valuta la necessità dell’aria»3. Per questo non è difficile ammettere che, spesso, in molti, si perda di vista il volto di Gesù nell’Eucarestia, non riflettendo che in Essa il Corpo adorabile di Gesù «esiste con tutte le sue parti – scrive il Beato Giacomo Alberione – perciò possiamo considerare nell’Eucarestia la faccia mansueta del Salvatore, la sua fronte serena, i suoi occhi misericordiosi, il suo cuore ardente di carità, il suo sangue sparso sulla croce, i suoi piedi, le sue mani con le ferite dei chiodi»4.


In effetti, nel Sacramento dell’Eucarestia noi abbiamo una presenza di Cristo «che non è solo simbolica – scrive ancora lo Spiazzi -, non è il solo segno efficace [Sacramento] della presenza spirituale di Cristo e della sua unione intima con i fedeli che appartengono al suo corpo mistico», né si tratta di una presenza più in generale che «si confonde con quest’altra forma di presenza di Cristo nella Chiesa, appunto come capo del corpo mistico e principio della illuminazione e santificazione dei credenti», ma si tratta di una presenza particolare e speciale che è presenza «sostanziale e personale»5.


Noi parliamo qui, dunque, della trasparenza del volto di una persona viva e vera; parliamo, cioè, della trasparenza del Volto personale di Gesù nell’Eucarestia, e lo riconosciamo soprattutto come Volto del Redentore, e, anzi, come Volto Redentore che si irradia dal Mistero Eucaristico. Se vogliamo, infatti, noi possiamo intravvedere nell’Eucarestia il volto leggiadro di Gesù Bambino nella sua culla e nella sua infanzia, o il volto trasfigurato di Gesù nel Tabor, o il volto pensoso di Gesù adulto nella vita pubblica, o il volto radioso di Gesù Risorto. Ebbene, pur non escludendo nessuno di questi volti, e anzi includendoli tutti, dobbiamo affermare, però, che l’Eucarestia ci presenta soprattutto,  e specificatamente, il volto Redentore di Gesù. Con questo si vuol dire che, in trasparenza trascendente, il volto divino di Gesù nell’Eucarestia è particolarmente, e più precisamente, il Volto Redentore.


Noi sappiamo bene, infatti, che l’Eucarestia è il Sacramento del Mistero pasquale, è il «memoriale» della Passione e Morte di Cristo, è il «Sacramentum Passionis Christi», come insegna espressamente l’Aquinate6: in esso «recolitur memoria passionis  Eius», con il riscontro anche visibile, su ogni altare, dell’Ostia e del Sangue, che richiamano la realtà concreta sia della Vittima, sia della mistica mactatio sacrificale posta al cuore di ogni Santa Messa, come insegna la Teologia dommatica dei grandi maestri della Fede.


L’Eucarestia, in effetti, è inscindibilmente Sacrificio e Sacramento: è il Sacrificio di Gesù che si immola sull’altare rinnovando misticamente la mactatio del Calvario; è il Sacramento del Corpo e Sangue di Gesù immolato che resta presente realmente, vivo e vero, in ogni Tabernacolo eucaristico. In quello e in questo, quindi, ossia nel Sacrificio e nel Sacramento, Gesù è realmente presente e operante primariamente come Redentore. Per questo il Volto eucaristico di Gesù non può non essere, trasparentemente, se non il Volto Redentore.


 


_________


1. Riguardo all’aspetto teologico, si veda il magistrale trattato, il più vasto e approfondito, di A. PIOLANTI, Il Mistero Eucaristico, Roma 1983, 680pp.
2. Concilium Tridentinum, Sessio XIII, cap. 1, can. 1; DS 1636, 1651.

3. R. SPIAZZI, Il Mistero Eucaristico nella comunità cristiana, Napoli 1968, p. 58.
4. G. ALBERIONE, Sacerdote, ecco la tua meditazione, Roma 1975, p.112.
5. R. SPIAZZI, op. cit., p. 72
6. San TOMMASO, Summa Theologica, III, q. 73, a. 3, ad 3; vedi pure q. 83, a 1.

FONTE: P. STEFANO M.MANELLI, FI, Eucarestia, trasparenza del volto redentore di Gesù, Frigento 2011, pg. 4-7.Casa Mariana Editrice © 2011





DALL'ALTARE MAGGIORE ALLA «TAVOLA DA PRANZO», COSÌ SI È PERSO IL SACRIFICIO DELLA MESSA

 
"gli specialisti sanno molto bene che esaltare "l’altare rivolto al popolo" non significa richiamarsi ad una pratica della Chiesa delle origini" (mons. K. Gamber)
Perché, come si sostiene, il carattere sacrificale della Messa sarebbe meno chiaramente espresso quando il prete è girato verso il popolo?
La domanda può essere ribaltata: dal momento che gli specialisti sanno molto bene che esaltare "l’altare rivolto al popolo" non significa richiamarsi ad una pratica della Chiesa delle origini, perché non ne traggono le inevitabili conseguenze? Perché non sopprimono i "tavoli da pranzo" eretti con una sorprendente coralità nel mondo intero?
 
Molto probabilmente perché questa nuova posizione dell’altare corrisponde, meglio dell’antica, alla nuova concezione della Messa e dell’Eucaristia.
È molto chiaro che oggigiorno si vorrebbe evitare di dare l’impressione che la "tavola santa" (come viene chiamato l’altare in Oriente) sia un altare per il sacrificio. Senza dubbio è la stessa ragione per la quale, quasi dappertutto, si pone sull’altare un mazzo di fiori (uno solo), come sulla tavola da pranzo di una famiglia in un giorno di festa, insieme a due o tre ceri: questi quasi sempre a sinistra, il vaso dal lato opposto.
 
L’assenza di simmetria è voluta: non bisogna creare dei punti di riferimento centrali, come quando si mettevano i candelieri alla destra ed alla sinistra della croce che stava in mezzo; qui si tratta solo di una tavola da pranzo.
 
Non ci si mette dietro l’altare del sacrificio, ci si mette davanti; già il sacrificatore pagano faceva cosí, il suo sguardo era diretto verso la raffigurazione della divinità a cui si offriva il sacrificio; anche nel Tempio di Gerusalemme si faceva così: il sacerdote incaricato di offrire la vittima stava davanti alla "tavola del Signore", come si chiamava il grande altare dell’olocausto nel cuore del Tempio (cfr. Malachia 1, 12), e questa "tavola del Signore" era collocata di fronte al tempio interno ov’era custodita l’Arca dell’Alleanza, il Santo dei Santi, il luogo in cui dimorava l’Altissimo (cfr. Salmi 16, 15).
 
Un pranzo si consuma con il padre di famiglia che presiede, in seno alla cerchia famigliare; mentre invece, in tutte le religioni, esiste una apposita liturgia per il compimento del sacrificio, liturgia che prevede che il sacrificio si compia all’interno o davanti ad un santuario (che può essere anche un albero sacro): il liturgo è separato dalla folla, sta davanti ai presenti, di fronte all’altare, rivolto alla divinità. In tutti i tempi, gli uomini che hanno offerto un sacrificio si sono sempre rivolti verso colui al quale il sacrificio era diretto e non verso i partecipanti alla cerimonia.
 
Nel suo commento al libro dei Numeri (10, 27), Origene si fa interprete della concezione della Chiesa delle origini: "Colui che si pone dinanzi all’altare dimostra con ciò di svolgere le funzioni sacerdotali. Ora, la funzione del prete consiste nell’intercedere per i peccati del popolo". Ai giorni nostri, in cui il senso del peccato sparisce sempre piú, la concezione espressa da Origéne sembra essersi largamente perduta.
 
Lutero, lo si sa, ha negato il carattere sacrificale della Messa: egli non vi vedeva altro che la proclamazione della parola di Dio, seguita da una celebrazione della Cena; da qui la sua preoccupazione di vedere il liturgo rivolto verso l’assemblea.
 
Certi teologi cattolici moderni non negano direttamente il carattere sacrificale della Messa, ma preferirebbero che questo passasse in secondo piano al fine di poter meglio sottolineare il carattere di pasto della celebrazione; questo, il piú delle volte, a causa di considerazioni ecumeniche a favore dei protestanti, dimenticando però che per le Chiese orientali ortodosse il carattere sacrificale della divina liturgia è un fatto indiscutibile.
 
Solo l’eliminazione della tavola da pranzo e il ritorno alla celebrazione all’"altar maggiore" potranno condurre ad un cambiamento nella concezione della Messa e dell’Eucaristia, e cioè alla messa intesa come atto d’adorazione e di venerazione di Dio, come atto d’azione di grazia per i suoi benefici, per la nostra salvezza e la nostra vocazione al regno celeste, e come rappresentazione mistica del sacrificio della croce del Signore.
 
Questo, tuttavia, non esclude, come abbiamo visto, che la liturgia della Parola sia celebrata non all’altare, ma dal seggio o dall’ambone, com’era un tempo durante la Messa episcopale. Ma le preghiere devono essere tutte recitate in direzione dell’Oriente, e cioè in direzione dell’immagine di Cristo nell’àbside e della croce sull’altare.
 
Visto che durante il nostro pellegrinaggio terreno non ci è possibile contemplare tutta la grandezza del mistero celebrato, e ancor meno lo stesso Cristo, né l’"assemblea celeste", non basta parlare ininterrottamente di ciò che il sacrificio della messa ha di sublime, bisogna invece fare di tutto per mettere in evidenza, agli occhi degli uomini, la grandezza di questo sacrificio, per mezzo della stessa celebrazione e della sistemazione artistica della casa del Signore, in particolar modo dell’altare.
 
Allo svolgimento della liturgia e alle immagini, si può applicare ciò che dice dei "veli sacri" lo Pseudo Dionigi l’Areopagita, nella sua opera Sui nomi divini (1, 4): questi veli "che [ancora adesso] nascondono lo spirituale nell’universo sensibile, e il sovraterreno nel terreno, che conferiscono forma e immagine a ciò che non ha né forma né immagine… Ma il giorno verrà che, essendo divenuti incorruttibili e immortali e avendo raggiunto la pace beata accanto a Cristo, saremo, come dice la Scrittura, presso il Signore (cfr. I Tessalonicesi 4, 17) tutti pieni di contemplazione per la sua apparizione visibile".
 






[Modificato da Caterina63 20/03/2016 00:06]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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