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Magistero Cattolico in pillole, a piccole dosi ma indispensabile... (4)

Ultimo Aggiornamento: 12/12/2016 18:02
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Sesso: Femminile
15/11/2015 01:38
 
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Malignità occasionale: Enciclica “Algarum vermorumque”


 


di Emilio Biagini

Le inaudite sofferenze delle alghe e dei vermi, rinchiusi in ambiti ristretti come fosse e pozzanghere non possono essere ignorate e richiedono pertanto la nostra paterna cura e benedizione. Queste creature minacciate dal malvagio espandersi delle miniere di carbone che i bipedi egoisticamente sfruttano per scaldarsi d’inverno, produrre luce elettrica e cucinare la zuppa, sono al centro della nostra paterna sollecitudine.
Il nostro cuore sanguina considerando come le piccole creature non possono in alcun
modo fuggire, come possono invece fare i bipedi che eventualmente fossero perseguitati dall’Isis, i quali non abbisognano perciò di cura e benedizione da parte nostra, ma al contrario esercitano millenaria e incontrollata tirannide sulla natura, dalla quale saranno assolti solo dietro largizione di consistente obolo da determinarsi caso per caso. Contro chi rifiuterà di versare nelle paterne casse il dovuto, pronunciamo solenne scomunica e interdetto. Amen.




31 dicembre 1934.
Ultimo giorno dell'anno.
Ho avuto il permesso di non andare a dormire, ma di pregare in cappella. Una delle nostre suore mi ha pregato di offrire per lei un'ora di adorazione. Le ho risposto di si ed ho pregato per lei un'ora intera. Durante la preghiera Dio mi ha fatto conoscere quanto Gli è cara quella piccola anima.
La seconda ora di adorazione l'ho offerta per la conversione dei peccatori e specialmente in riparazione delle offese che nel momento presente vengono fatte a Dio. Quanto viene offeso Iddio!
La terza ora l'ho offerta secondo l'intenzione del mio padre spirituale, ho pregato fervorosamente perché venga illuminato in merito ad una questione particolare.
Suonano infine le dodici, l'ultima ora dell'anno, che ho finito nel nome della SS.ma Trinità, come del resto nel nome della SS.ma Trinità ho cominciato la prima ora dell'Anno Nuovo. Ho chiesto la benedizione ad ognuna delle Persone ed ho guardato con grande fiducia all'Anno Nuovo, che non sarà certamente avaro di sofferenze.

http://ildiariodisuorfaustina.blogspot.it/2015/12/lultimo-giorno-dellanno.html






  Meglio agitarsi nel dubbio che riposare nell’errore (Manzoni).


"Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. In realtà, però, non ce n'è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. 
Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!" (Gal.1,6-10)













«Quando un uomo muore, il suo angelo custode conduce la sua anima nel Purgatorio e si pone alla sua destra… L’angelo presenta a Dio le preghiere che si fanno per lui e intercede per l’abbreviazione delle sue sofferenze». (Santa Francesca Romana)

"... i giovani hanno bisogno di vedermi con questa tonaca lisa e con il colletto da prete. io devo ricordare loro il mistero, e dal prete i giovani si aspettano, ed hanno il diritto di ricevere solo questo! non che vada a "ballare" con loro..." [servo di Dio don Oreste Benzi]

Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo
(Disc. 14sullamore ai poveri)
«Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5, 7). La misericordia non ha l’ultimo posto nelle beatitudini. Osserva ancora: Beato l’uomo che ha cura del misero e del povero (cfr. Sai 40, 2) e parimenti: Buono è colui che è pietoso e dà in prestito (cfr. Sai 111, 5). In un altro luogo si legge ancora: Tutto il giorno il giusto ha compassione e dà in prestito (cfr. Sai 36, 26). Conquistiamoci la benedizione... cerchiamo di essere benevoli. Neppure la notte sospenda i tuoi doveri di misericordia. Non dire: «Ritornerò indietro e domani ti darò aiuto».
Nessun intervallo si interponga fra il tuo proposito e l’opera di be¬neficenza. La beneficenza, infatti, non consente indugi. Spezza il tuo pane all’affamato e introduci i poveri e i senza tetto in casa tua (cfr. Is 58, 7) e questo fallo con animo lieto e premuroso. Te lo dice l’Apostolo: Quando fai opere di misericordia, compile con gioia (cfr. Rm 12, 8) e la grazia del beneficio che rechi ti sarà allora duplicata dalla sollecitudine e tempestività. Infatti ciò che si dona con animo triste e per costrizione non riesce gradito e non ha nulla di simpatico.
Quando pratichiamo le opere di misericordia, dobbiamo essere lieti e non piangere: «Se allontanerai da te la meschinità e le preferenze», cioè la grettezza e la discriminazione come pure le esitazioni e le critiche, la tua ricompensa sarà grande. «Allora la tua luce sorgerà come l’aurora e la tua ferita si rimarginerà presto» (Is 58,8). E chi è che non desideri la luce e la sanità?
Perciò, o servi di Cristo, suoi fratelli e coeredi, se ritenete che la mia parola meriti qualche attenzione, ascoltatemi: finché ci è dato di farlo, visitiamo Cristo, curiamo Cristo, alimentiamo Cristo, vestiamo Cristo, ospitiamo Cristo, onoriamo Cristo non solo con la nostra tavola, come alcuni hanno fatto, né solo con gli unguenti, come Maria Maddalena, né soltanto con il sepolcro, come Giuseppe d’Arimatea, né con le cose che servono alla sepoltura, come Nicodemo, che amava Cristo solo per metà, e neppure infine con l’oro, l’incenso e la mirra, come fecero, già prima di questi nominati, i Magi. Ma, poiché il Signore di tutti vuole la misericordia e non
il sacrificio, e poiché la misericordia vale più di migliaia di grassi agnelli, offriamogli appunto questa nei poveri e in coloro che oggi sono avviliti fino a terra. Così quando ce ne andremo di qui, verremo accolti negli eterni tabernacoli, nella comunione con Cristo Signore, al quale sia gloria nei secoli. Amen.







TEMPI MODERNI
 
 

Avviso agli omosex: dall’unione con un’altra creatura non si scappa: qualunque documento di convivenza tu abbia firmato, per te è finita. Col divorzio perderete soldi e salute. Come diceva San Paolo "costoro avranno tribolazioni nella vita". Ma parlava a cristiani monogami eterosessuali ai quali, per le pene sopportate, in premio toccava il Cielo. A voi altri resteranno solo le tribolazioni. 

di Rino Cammilleri

Le unioni cosiddette civili assomigliano talmente al matrimonio che non si capisce perché i sostenitori e rivendicatori e richiedenti a gran voce si rifiutino di chiamarle matrimonio. Anzi, non si capisce perché duplicare un istituto già presente, sputato, nel codice e che si chiama matrimonio. Qualcuno dice che i sostenitori-rivendicatori-richiedentiagranvoce vogliano, sì, i vantaggi del matrimonio ma senza assumersene gli oneri.

In realtà non è affatto così, perché dagli oneri non si può sfuggire. Ora, non siamo così ingenui da non aver capito che tutto questo cancan con nastrini sanremesi serve a far “sposare” gli omosex, che sono gli unici (assieme ai preti) che ci tengono. Ma tutti quanti, civili, omosex e preti, sappiano una buona volta che dall’unione indissolubile con un’altra creatura non si scappa: qualunque documento di convivenza tu abbia firmato, per te è finita fin che morte non sopraggiunga.

L’unione non funziona e credi di potertene liberare separandoti e divorziando? Seeeh, tra custodia dei figli e dei cani, casa, alimenti e quant’altro sei incastrato da qui all’eternità. E ti va già bene se quell’accordo che non sei riuscito a trovare col tuo partner quando abitava con te lo trovi d’incanto appena uno di voi due esce di scena. Solo in casi rarissimi ai giuramenti di amore eterno non subentrano quelli di odio mortale, con lo scatenarsi di una guerra senza termine e senza vincitori, fatta di ripicche e ricatti, avvocati e spese, udienze e perizie, carabinieri e assistenti sociali, figli difficilmente recuperabili e condannati quasi sempre a ripercorrere le orme dei genitori.

Ho avuto un’amica tanto vivace quanto sfortunata che, ogni domenica mattina, si metteva davanti alla porta e distribuiva i suoi figli ai vari padri, man mano che questi si presentavano per trascorrere col rispettivo pargolo il giorno assegnato a ciascuno dal giudice (lei, per sua comodità, aveva scelto la domenica). A costei, in fondo, era andata pure bene perché le trattative con i suoi ex si erano svolte in modo abbastanza liscio.

Ma conosco anche gente (e, a mia scienza, sono i più) che per un solo divorzio ha perso i soldi, la salute, la testa in una girandola infernale senza requie e senza fondo, con conseguenze pesanti sull’attività lavorativa; una macerazione esistenziale aggravata da «questioni» che sono diventate «di principio» e richiedono un logorio insonne che, negli anni, crea il vuoto attorno ai duellanti (chi ha voglia di continuare a frequentare una persona incupita e monotematica?).

Duellanti alla Conrad, senza posa e senza vincitori. Alla fine della fiera, uno potrebbe ragionevolmente dire a uno qualsivoglia dei due: se le energie che hai impiegato per fargli la guerra le avessi adoperate per andarci d’accordo quando stavate insieme, forse oggi saresti felice. Invece no, perché –checché ne dicano le omelie- l’odio è più forte dell’amore, per il semplice motivo che è più facile: devi solo lasciarti andare agli impulsi, il diavolo farà il resto.

Eh, aveva ragione san Paolo quando consigliava di non sposarsi (1 Cor 7,27): «Costoro avranno tribolazioni nella vita, e io vorrei risparmiarvele». E parlava a cristiani osservanti, per i quali il matrimonio era un sacramento monogamo eterosessuale indissolubile. Gente che, dopo le tribolazioni santamente affrontate, vissute e sopportate, avrebbe avuto il Cielo. Agli altri, restano le tribolazioni. Senza scopo, senza fine e senza happy end. E sempre che l’esasperazione non provochi qualcosa di peggio, come le cronache ormai quotidiane dimostrano.





  DIO, PERDONAMI!

Ho spento per sempre due occhi 
che avevano diritto di vedere la luce 
e che mi avrebbero guardato con amore. 
Ho soffocato per sempre una voce 
che mi avrebbe chiamato: "Mamma!". 
Ho chiuso per sempre una bocca 
che mi avrebbe sorriso. 
Ho fermato per sempre due piccole mani 
che avrebbero accarezzato il mio volto. 
Ho arrestato per sempre due piccoli piedi 
che avrebbero camminato con me nella vita. 
Ho fermato per sempre i battiti di un cuore 
che palpitava nel mio grembo,
che mi avrebbe amato di un amore immenso
e che, a poca distanza di tempo, 
avrebbe portato nel mondo la gioia di vivere. 
HO UCCISO!
Ho ucciso per sempre una vita
nutrita col mio sangue. 
Ho ucciso la vita della mia vita! 
Da quell'istante il viso del mio Bambino 
è entrato nel mio sguardo 
e dovunque poso i miei occhi io lo vedo. 
"Mamma, perché mi hai ucciso?", 
sembra che mi chieda. 
Io rispondo in silenzio, col pianto.

UNA MADRE MANCATA Questa Poesia è stata scritta da una "ragazza madre", che ha abortito volontariamente, ma che ora sperimenta i tremendi effetti del suo gesto


   








[Modificato da Caterina63 03/04/2016 17:25]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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