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Opus Dei, San Josè M. Escrivà e il beato mons. Alvaro del Portillo

Ultimo Aggiornamento: 27/09/2014 21:15
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(San Josè M. Escrivà con l'allora Don Alvaro de Portillo)



(Don Alvaro diventa Vescovo)



(Don Alvaro dice il Rosario con il fondatore dell'Opus Dei)
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  Ecco perchè il prelato dell’Opus dei sarà beatificato a Madrid e non a Roma

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Corriere della Sera, 15 settembre 2014, di Vittorio Messori

 

Sabato 27 settembre, a Madrid, sarà proclamato beato mons. Alvaro del Portillo, Prelato dell’Opus Dei e primo successore del Fondatore, san Josemarìa Escrivà de Balaguer. Per disposizione di Benedetto XVI, solo le canonizzazioni sono celebrate a Roma dal pontefice, ma non ci sono norme per il luogo delle beatificazioni, escludendo solo piazza San Pietro a Roma, riservata al papa. Mons, del Portillo è nato a Madrid ma ha passato a Roma tutta la sua vita sacerdotale, essendo il più stretto collaboratore del Santo aragonese. A Roma è la sede centrale da cui per 19 anni ha amministrato i 90.000 membri (solo il 2 per cento sacerdoti) della mitica Obra e a Roma resta – e resterà – il suo corpo. Dunque, si era pensato a una beatificazione nella nostra capitale, ma alla fine ci si decise per Madrid, affermando che non c’era a Roma una piazza abbastanza grande per contenere l’enorme folla prevista .

Naturalmente , i soliti dietrologi si sono affrettati a ipotizzare il divieto di un papa Francesco ostile all’Opus Dei, ricordando che la Compagnia di Gesù ostacolò gli inizi della nuova famiglia religiosa e proprio ad alcuni gesuiti si deve la “leggenda nera“ giunta alla grande sino a Dan Bown. Per capire come la realtà sia diversa, basterebbe un’occhiata a una foto di Jorge Bergoglio arcivescovo a Buones Aires: sulla scrivania, una foto di un sorridente sant’Escrivà de Balaguer. Sulla tomba del santo Fondatore, nella sede ai Parioli dell’Opera, mons. Jorge volle andare a pregare: ci si aspettava che stesse in ginocchio alcuni minuti e invece non si rialzò che dopo tre quarti d’ora di orazione intensa, ad occhi chiusi. L’attuale prelato, mons. Javier Echevarria , è già stato ricevuto ben tre volte in lunghi colloqui privati a Santa Marta. In Argentina i rapporti della numerosa comunità dell’Obra con l’ arcivescovo Bergoglio sono stati sempre di stretta collaborazione , anche perché i seguaci di sant’Escrivà lavorano con la consueta concretezza ed efficacia nelle Villas Miserias della periferia .

Dunque , il prossimo 27 anche Francesco si rallegrerà di avere firmato, nel luglio dello scorso anno, il decreto per la beatificazione di Alvaro del Portillo . Decreto che riconosceva come miracolosa la guarigione di un neonato cileno . La Postulazione della causa ha comunicato di avere ricevuto ben 13.000 segnalazioni da tutto il mondo di favori e grazie ottenuti per intercessione del candidato agli altari.

La vicenda prescelta fra tante altre –perché giudicata la più indiscutibile e la più significativa- è quella di Susana Ureta Wilson , moglie di un professionista di Santiago del Cile che, nel 2003, comprese presto che la sua seconda gravidanza sarebbe stata molto difficile . Gli esami rivelarono che il maschietto che attendeva sarebbe nato con un onfalocele , un’ernia a livello ombelicale che conteneva il fegato ed alcune viscere addominali . Inoltre, il feto presentava una “tetralogia di Fallot“, cioè un insieme di ben quattro gravi difetti cardiaci, con il miscelamento del sangue arterioso in quello venoso.

Né lei né il marito facevano parte dell’Opus Dei ma avevano avuto in dono una immaginetta con una preghiera a quello che era ancora soltanto il Servo di Dio Alvaro del Portillo. Gli Wilson decisero subito di scartare la possibilità di un aborto e di affidarsi alla preghiera. Così la donna, tra l’altro, fissò sul ventre e portò sempre su di sé il “santino“ di don Alvaro. Quando il figlio José Ignazio fu partorito, pesava solo 1 chilo e 750 grammi. Due giorni dopo la nascita fu operato per l’onfalocele ma durante l’intervento ebbe il primo dei molti arresti cardiaci che si susseguiranno. Nei giorni seguenti ebbe gravi crisi per la mancanza di ossigeno nel sangue e per la difficile espansione dei polmoni. Questi eventi provocarono gravi conseguenze : una ecografia rivelò lesioni al cervello . Meno di venti giorni dopo la nascita, José Ignacio ebbe anche una crisi epilettica. I medici decisero di effettuare un intervento cardiochirurgico di tipo palliativo, almeno per stabilizzare la situazione , ma le condizioni precipitarono anche per un accumulo di sangue attorno al cuore che ne rendeva difficoltosi i battiti . In quel povero corpicino devastato gli eventi traumatici si susseguirono senza tregua Alle 15,30 del 2 agosto , ecco l’arresto cardiaco che sembrò decisivo : per ben oltre mezz’ora il cuore cessò di battere e a nulla servirono i tentativi per riavviarlo. Dopo quasi 40 minuti , i medici cessarono le manovre , convinti che il bambino fosse ormai morto. La madre, intanto, accasciata su una panca accanto alla porta della sala operatoria, recitava di continuo e a voce alta la preghiera a don Alvaro. A quel punto giunse il primario del reparto e per prima cosa chiese a un infermiere a che ora fosse morto quello sventurato bambino. A suo avviso, infatti, ogni sforzo per salvarlo sarebbe stato vano. E invece, proprio mentre i chirurghi lasciavano la sala, il ronzio degli strumenti segnalò che il cuore aveva ricominciato a battere, prima lentamente e poi raggiungendo il numero normale di pulsazioni. Per tutta la giornata e poi nella notte le condizioni del piccolo migliorarono di continuo in modo spettacolare. Gli esami mostrarono che il cervello non aveva subito danni, come ci si aspettava da un arresto cardiaco così prolungato. Un mese dopo, José Ignacio lasciava l’ospedale. Ora è un bel ragazzino biondo di 11 anni che studia e fa vita normale: impressionano le fotografie mentre gioca a calcio e a tennis, canta e balla, scherza con i compagni, va a scuola come tutti. Per dirla con la mamma (che, assieme al marito, si è recata in pellegrinaggio a Roma, per ringraziare sulla tomba di don Alvaro): << Mio figlio è una creatura felice, entusiasta, socievole, nella sua classe è un piccolo leader. Ogni madre ne sarebbe orgogliosa >>

Furono gli stessi medici che avevano assistito alla sopravvivenza di quell’esserino di poco più di un chilo e mezzo che si presentarono come testimoni quando il Cardinal Arcivescovo di Santiago istituì un tribunale diocesano che indagò sui fatti. I risultati, inviati a Roma, furono sottoposti alla Consulta medica internazionale della Congregazione dei Santi che, esaminato con la cura consueta il dossier sanitario, dichiarò che la sopravvivenza del neonato, la mancanza di danni cerebrali a causa del prolungato arresto cardiaco, la pronta e piena ripresa sino alla normalità non avevano spiegazione allo stato attuale della scienza medica. Non si dimentichi che questi specialisti di molte nazioni, non necessariamente credenti, quasi tutti docenti universitari e, in ogni caso, luminari nelle varie discipline mediche, seguono una grande prudenza a difesa della loro reputazione professionale . In caso di dubbio, anche lieve , preferiscono chiedere che il caso sia archiviato. La pratica fu trasmessa poi alla Consulta dei Teologi che dichiararono provata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la relazione tra la guarigione prodigiosa e la richiesta di intercessione a don del Portillo. Infine, i cardinali e i vescovi membri della Congregazione, riesaminato tutto il dossier, dichiararono fondata la realtà del miracolo. Così, il papa sudamericano ha potuto autorizzare per il prete madrileno (che da giovane laico fu ingegnere di ponti e strade) la gloria degli altari che sarà proclamata il 27 sulla piazza più grande di Spagna. Gli organizzatori prevedono non meno di mezzo milione di persone.

© Corriere della Sera




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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LETTERA DI PAPA FRANCESCO
A S. E. MONS. JAVIER ECHEVARRÍA, PRELATO DELL'OPUS DEI,
IN OCCASIONE DELLA BEATIFICAZIONE DI ÁLVARO DEL PORTILLO

(27 settembre 2014)


 

Caro fratello:

La beatificazione del servo di Dio Álvaro del Portillo, collaboratore fedele e primo successore di san Josemaría Escrivá alla guida dell'Opus Dei, è un momento di gioia speciale per tutti i fedeli della Prelatura, come pure per te, che sei stato così a lungo testimone del suo amore a Dio e agli altri, della sua fedeltà alla Chiesa e alla propria vocazione. Desidero unirmi anch'io alla vostra gioia e rendere grazie a Dio che adorna il volto della Chiesa con la santità dei suoi figli.

La sua beatificazione avverrà a Madrid, la città in cui nacque e in cui trascorse l'infanzia e la giovinezza, con un'esistenza forgiata nella semplicità della vita famigliare, nell'amicizia e nel servizio agli altri, come quando si recava nei quartieri estremi per collaborare alla formazione umana e cristiana di tante persone bisognose. Lì, soprattutto, ebbe luogo l'evento che segnò definitivamente l'indirizzo della sua vita: l'incontro con san Josemaría Escrivá, dal quale imparò a innamorarsi di Cristo ogni giorno di più. Sì, innamorarsi di Cristo. Questo è il cammino di santità che deve percorrere ogni cristiano: lasciarsi amare dal Signore, aprire il cuore al suo amore e permettere che sia lui a guidare la nostra vita.

Mi piace ricordare la giaculatoria che il servo di Dio era solito ripetere, specialmente nelle feste e negli anniversari personali: «grazie, perdono, aiutami di più!». Sono parole che ci avvicinano alla realtà della sua vita interiore e del suo rapporto con il Signore e che possono, inoltre, aiutarci a dare nuovo slancio alla nostra vita cristiana.

Anzitutto, grazie. È la reazione immediata e spontanea che prova l'anima dinanzi alla bontà di Dio. Non può essere altrimenti. Egli ci precede sempre. Per quanto ci sforziamo, il suo amore giunge sempre prima, ci tocca e ci accarezza per primo, è primo sempre. Álvaro del Portillo era consapevole dei tanti doni che Dio gli aveva concesso e lo ringraziava per quella dimostrazione di amore paterno. Però, non si fermò lì; il riconoscimento dell'amore del Signore risvegliò nel suo cuore desideri di seguirlo con maggiore dedizione e generosità e di vivere una vita di umile servizio agli altri. Era notorio il suo amore per la Chiesa, sposa di Cristo, che servì con un cuore spoglio di interessi mondani, alieno alla discordia, accogliente con tutti e sempre alla ricerca del buono negli altri, di ciò che unisce, che edifica. Mai un lamento o una critica, nemmeno in momenti particolarmente difficili, piuttosto, come aveva imparato da san Josemaría, rispondeva sempre con la preghiera, il perdono, la comprensione, la carità sincera.

Perdono. Confessava spesso di vedersi davanti a Dio con le mani vuote, incapace di rispondere a tanta generosità. Peraltro, la confessione della povertà umana non è frutto della disperazione, ma di un fiducioso abbandono in Dio che è Padre. È aprirsi alla sua misericordia, al suo amore capace di rigenerare la nostra vita. Un amore che non umilia, non fa sprofondare nell'abisso della colpa, ma ci abbraccia, ci solleva dalla nostra prostrazione e ci fa camminare con più decisione e allegria. Il servo di Dio Álvaro conosceva bene il bisogno che abbiamo della misericordia divina e spese molte energie per incoraggiare le persone con cui entrava in contatto ad accostarsi al sacramento della confessione, sacramento della gioia. Com'è importante sentire la tenerezza dell'amore di Dio e scoprire che c'è ancora tempo per amare.

Aiutami di più. Sì, il Signore non ci abbandona mai, ci sta sempre accanto, cammina con noi e ogni giorno attende da noi un amore nuovo. La sua grazia non ci verrà a mancare e con il suo aiuto possiamo portare il suo nome in tutto il mondo. Nel cuore del nuovo beato pulsava l'anelito di portare la Buona Novella a tutti i cuori. Percorse così molti Paesi dando impulso a progetti di evangelizzazione, senza preoccuparsi delle difficoltà, spronato dal suo amore a Dio e ai fratelli. Chi è profondamente immerso in Dio sa stare molto vicino agli uomini. La prima condizione per annunciare loro Cristo è amarli, perché Cristo li ama già prima. Dobbiamo uscire dai nostri egoismi e dai nostri comodi e andare incontro ai nostri fratelli. Lì ci attende il Signore. Non possiamo tenere la fede per noi stessi, è un dono che abbiamo ricevuto per donarlo e condividerlo con gli altri.

Grazie, perdono, aiutami! In queste parole si esprime la tensione di una vita centrata in Dio. Di chi è stato toccato dall'Amore più grande e di quell'amore vive totalmente. Di chi, pur avendo l'esperienza delle debolezze e dei limiti umani, confida nella misericordia del Signore e vuole che tutti gli uomini, suoi fratelli, ne facciano anch'essi l'esperienza.

Caro fratello, il beato Álvaro del Portillo ci invia un messaggio molto chiaro, ci dice di fidarci del Signore, che egli è il nostro fratello, il nostro amico che non ci defrauda mai e che sta sempre al nostro fianco. Ci incoraggia a non temere di andare controcorrente e di soffrire per l'annuncio del Vangelo. Ci insegna infine che nella semplicità e nella quotidianità della nostra vita possiamo trovare un cammino sicuro di santità.

Chiedo, per favore, a tutti i fedeli della Prelatura, sacerdoti e laici, e a tutti i partecipanti alle vostre attività, di pregare per me, mentre impartisco la Benedizione Apostolica.

Gesù vi benedica e la Santa Vergine vi protegga.

Fraternamente,

 Francesco



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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