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Non tutti sanno che .... sana apologetica

Ultimo Aggiornamento: 09/11/2021 14:35
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La lettera di S. Ignazio di Loyola all’imperatore d’Etiopia in difesa del Primato del Papa



Allo (spaventoso) stato attuale i Gesuiti sono tra i più accaniti propagatori delle peggiori iniziative che ammorbano la compagine ecclesiale infestata dal neomodernismo. Ma “dapprincipio non fu così”. Sant’Ignazio e la Compagnia furono “subsidium militantis Ecclesiae”, l’aiuto offerto da Dio alla sua Chiesa impegnata nella lotta con gli eretici in Europa e nella propagazione delle vera fede ad Oriente e ad Occidente. Insomma la negazione di ogni ecumenismo e sincretismo. Il che ci palesa anche la seguente lettera che sant’Ignazio scrisse all’imperatore Claudio d’Etiopia, scismatico ed eretico e particolarmente ostile al Primato Romano, in occasione della missione del gesuita João Nunes Barreto, eletto da Giulio III Patriarca d’Etiopia nel 1555.

Il Serenissimo re di Portogallo, attesa la premura e lo zelo datogli da Dio nostro Creatore e Signore della gloria, del suo santo nome e della salute delle anime redente col sangue prezioso e colla vita dell’unigenito suo Figliuolo, più d’una volta mi ha significato per lettere che gli sarebbe stata cosa assai grata qualora tra religiosi della nostra minima Compagnia chiamata di Gesù, io destinassi dodici soggetti, fra i quali egli farebbe elezione di un patriarca e di due coadiutori insieme e successori, che egli stesso avrebbe supplicato il sommo Vicario di Cristo nostro Signore affinché i medesimi venissero forniti di autorità e di diritto col quale abilitato ciascuno ad esercitar rettamente il loro ministero potessero, trasferirsi con altri sacerdoti ai regni di vostra Altezza.
Io a contemplazione dei segnalati benefizi coi quali il medesimo re di Portogallo fra tutti gli altri principi Cristiani favorisce tutta la nostra Società e del rispetto e della divozione che noi tutti scambievolmente abbiamo per esso, ho eseguito quanto mi aveva egli comandato ed avendo avuto studiosamente in mira che il numero rappresentasse il collegio degli Apostoli di Cristo nostro Signore, ho trascelto dal nostro corpo, oltre lo stesso patriarca, dodici sacerdoti in tutto che formassero una specie di supplemento o di seminario, consacrando se medesimi e la loro vita ad ogni genere di fatica e di pericoli per servire e dare aiuto alle anime soggette all’impero e dominio di vostra Altezza.
E tanto più volentieri ho ubbidito quanto io ed i miei compagni ci sentiamo portati da una singolare prontezza ad impiegarci nel compiacere e servire l’Altezza vostra e non senza ragione, mentre voi fra tante nazioni infedeli che vi stanno d’intorno e fra tanti nemici del nome Cristiano premurosamente vi affaticate seguendo le tracce de vostri maggiori a conservare ed a promuovere la religione e la gloria di Cristo Signore e Dio nostro.

Per questo stesso motivo era cosa desiderabile che a così giusti desideri e agli sforzi di vostra Altezza vi fosse aggiunto il sussidio dei padri spirituali, i quali muniti fossero di legittima potestà emanata da questa suprema Santa Sede Apostolica e ben istruiti nella dottrina pura e sincera della fede Cristiana, mentre esse sono quelle due chiavi del regno de cieli le quali Cristo Signor nostro prima promise e poi effettivamente consegnò a san Pietro e a tutti quelli che indi seder dovevano nel di lui soglio.
Gliele promise soltanto quando gli disse come leggiamo presso l’Evangelista san Matteo. “Io ti dico che tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa. A te darò le chiavi del regno dei cieli. E qualunque cosa legherai sulla terra sarà legata anche nei cieli e qualunque cosa scioglierai sulla terra sarà pure sciolta nei cieli“.
Gliele consegnò ed eseguì la fatta promessa mossa allorquando dopo la risurrezione, prima di salire al cielo, avendogli per ben volte domandato, come afferma san Giovanni l’Evangelista: “Simone, figlio di Giona, mi ami tu più di costoro?“, soggiunse a ciascuna delle risposte di Pietro: “Pasci le mie pecorelle“, affidandogli non già una qualche parte delle sue pecorelle, ma tutta affatto la greggia con pienissima potestà di nutrire per ogni dove col vital pascolo della Cristiana religione tutti e condurli ai pascoli celestiali della eterna beatitudine.
E in vero agli altri Apostoli conferì Cristo Signor nostro l’autorità delegata e come fuori d’ordine, laddove a san Pietro ed a successori suoi la dette ordinaria e piena, affinché gli altri pastori di anime ricorressero a questo sommo pastore come a sorgente, da esso lui riconoscessero emanato e al medesimo riferissero tutto ciò che di diritto ciascun di essi ottenesse relativamente al ministero loro e governo. Il che sembra che di già il Signore adombrato avesse per mezzo d’Isaia quando, parlando del pontefice massimo Eliacim disse: “Sulle spalle di lui porrò la chiave della casa di David: egli aprirà e non ci sarà chi chiuda, chiuderà e non saravvi chi apra“, nella qual figura vennero delineati Pietro ed i successori suoi, la potestà intiera dei quali data loro è espressa dalle chiavi che sono il simbolo consueto ed il segno del totale ed assoluto dominio.

Le quali cose essendo così, l’Altezza vostra è tenuta a rendere infinite grazie a Dio nostro Signore perché in tempo del suo regno si è degnato di mandare a coteste nazioni veri pastori di anime, i quali abbiano la dipendenza dal sommo pastore e Vicario lasciato in terra da Cristo nostro Signore e che tutta la loro potestà, che al certo è molto grande, l’abbiano essi ricevuta dallo stesso Vicario. Però non senza ragione rincresceva al padre e all’avolo di vostra Altezza di valersi del patriarca di Alessandria, mentre essendo questi un membro separato dal corpo non riceve in alcuna maniera dal suo corpo né moto, né senso, né vita per la stessa ragione il patriarca di Egitto ovunque egli esista, o in Alessandria o nel Cairo, essendo scismatico e separato da questa sacrosanta Sede Apostolica e dal capo di tutta la Chiesa, cioè dal sommo Pontefice, né egli in sé stesso riceve la vita della grazia o la legittima autorità pastorale, né la può conferire a nessun altro.

Imperciocché la Chiesa Cattolica è una sola in tutto il mondo, né può ammettersi che una Chiesa ubbidisca al Pontefice Romano e l’altra all’Alessandrino e siccome Cristo è l’unico di lei sposo così unica è la sua sposa, intorno alla quale dice Salomone nei Cantici, parlando in persona di Cristo nostro Signore: “La mia colomba è una sola“; ed Osea Profeta: “Si raduneranno insieme i figliuoli di Giuda e i figliuoli d’Israele e si eleggeranno un solo capo“. La stessa sentenza scrisse dopo molto tempo san Giovanni, dicendo: “Si farà un solo gregge ed un un solo pastore”. L’arca di Noè era una, come leggiamo nella Genesi, fuori della quale niuno poté salvarsi; uno il tabernacolo fabbricato da Mosè; uno il tempio di Gerosolima, edificato da Salomone, nel qual tempio era d’uopo che si facessero i sacrifizi e le adorazioni; una era la Sinagoga, al cui giudizio conveniva stare.
E vale a dire che tutte queste cose denotavano essere unica la Chiesa, la quale è meritamente una sola e fuori della quale non vi è alcun bene, mentre chi al di lei corpo non sarà unito non riceverà da Cristo, di lei capo, influsso di quella grazia che dà vita all’anima e la dispone per la eterna felicità; dichiarare questa stessa unità che si canta nel simbolo: “lo credo essere una sola la Chiesa Cattolica ed Apostolica“, e dai sacrosanti concili è stato condannato l’errore che si diano chiese particolari come l’Alessandrina e la Costantinopolitana o simili, le quali non siano sottoposte al Romano Pontefice, capo comune di tutte, da cui, con non mai interrotta successione, incominciando da san Pietro, il quale per come comando di Cristo Signore, come dice il martire san Marcello, fissò in Roma la sua sede e poi la ratificò col suo sangue, sono derivati e succeduti senz’alcun dubbio i Romani Pontefici Vicari di Cristo, per tali riconosciuti da tanti e tanto santi dottori Greci, Latini e di ogni nazione; sono stati eziandio adorati dai santi anacoreti, dai vescovi e dagli altri confessori; e in somma somma sono stati comprovati da tanti prodigi e miracoli e dalla testimonianza di tanti martiri, che in questa fede ed unione della santa Romana Chiesa perderono la vita. A ragione dunque con unanime consenso di tutti i vescovi radunati nel concilio Calcedonense fu ivi insieme proclamato Papa Leone col nome di Santissimo, di Apostolico, di Universale; e condannata in quello di Costanza l’eresia di coloro che negavano che il primato del Romano Pontefice dovesse soprastare a tutte e singole chiese dell’universa terra.
Alle quali sì chiare e ferme sanzioni e decreti dei padri si aggiunge l’autorità del concilio Fiorentino con tanta maturità di saviezza celebrato sotto Eugenio IV fra le altre nazioni dai Greci ancora, dagli Armeni e dai Giacobiti espressa con queste parole: “Definiamo che la santa sede Apostolica e il Romano Pontefice hanno il primato in tutto il mondo e ch’egli è il successore di Pietro e vero Vicario di Cristo, capo altresì di tutta la Chiesa, padre e dottore di tutti i Cristiani e che ad esso in persona di san Pietro è stata conferita da Gesù Cristo Signore piena potestà di pascere, di regge re e di governare la Chiesa universale“.

Avendo dunque mandato il re David, padre di vostra Altezza, un legato per prestare ossequio al sommo Pontefice ha meritamente riconosciuto questa Santa Sede per madre e per primaria di tutte le altre.
E narrandosi molte altre gloriose azioni di lui stesso e di vostra Altezza, queste due però sono di tal natura che il loro splendore sembra non poter giammai essere oscurato da alcuna dimenticanza, laonde tutti coloro che vivono sotto cotesto impero debbono rendere grazie immortali all’autore di ogni bene per un beneficio cosi segnalato conferito ad essi per mezzo dell’opera, dell’industria e valore di voi due, mentre l’uno, per il primo fra tutti gli altri re Abissini, si è protestato di soggettarsi perpetuamente alla potestà di chi sulla terra fa le veci di Cristo, l’altro parimente il primo ha condotto nei regni suoi il vero patriarca e figlio legittimo di questa Santa Sede, dato loro dallo stesso Vicario di Cristo.
Poiché se devesi stimare gran beneficio, come realmente lo è, l’essere uniti al corpo mistico della Cattolica Chiesa, che dallo Spirito Santo è vivificato e retto e alla quale, come dice l’Evangelista, “lo stesso divino Spirito insegna ogni verità“; se dono sublime è quello di contemplare la luce della sana dottrina e di tenersi saldo ai fondamenti della Chiesa che san Paolo, scrivendo a Timoteo, chiama casa di Dio, colonna e firmamento di verità, alla quale Cristo promise di assistere colla perpetua sua presenza, dicendo: “Ecco che io sarò con voi sino alla consumazione di secoli“, come appunto leggiamo presso l’Evangelista Matteo; hanno ben ragione coteste nazioni di mostrarsi infinitamente grate a Dio nostro Signore e Creatore la cui provvidenza si è degnata di conceder loro così gran bene per mezzo di vostra Altezza e del vostro genitore, massimamente che da questa conciliazione ed unione si deve con ogni fondamento sperare che sotto la condotta di Cristo Signore, cogli accrescimenti spirituali verranno eziandio ad accrescersi i temporali, ampliandosi il vostro regno e rimanendo oppressi i nemici.

I Sacerdoti che costà sono inviati, tutti al certo sono uomini di molto ben conosciuta virtù, principalmente il patriarca e i due coadiutori e successori: essi sono stati provati nella nostra società con tutti gli sperimenti ed in vista dell’illustre loro carità e dottrina assai ragguardevole sono stati prescelti ad un opera così grande.
Per sì fatta impresa non manca loro il coraggio né un animo pronto, avendo i medesimi concepita gran fiducia di poter impiegare le loro fatiche per la gloria di di Cristo Signore, per gl’interessi di vostra Altezza e per l’aiuto delle anime, col lucro corrispondente alle fatiche medesime.
Imperocché vi sono essi stimolati dall’amore della salute degli uomini e dal desiderio d’imitare almeno in qualche parte Cristo Signore, il quale subì volontariamente e di buon animo i tormenti e la morte per redimere gli uomini dall’eterna miseria, dicendo egli per mezzo dell’Evangelista: “Io sono il buon pastore. Il buoni pastore espone la sua vita per salvare le sue pecorelle“. Da questo esempio eccitati, il patriarca e gli altri si mettono in viaggio disposti a recare aiuto alle anime pericolanti, non solo col mezzo della parola e del consiglio, ma colla morte stessa, se sarà di bisogno.
Quanto più intrinseca sarà la domestichezza e familiarità a cui vostra Altezza voglia ammetterli. tanto più grande. come spero. ne risentirà piacere nel Signore.

Ora per quanto appartiene alla fede e alla sostanza di quanto i medesimi esporranno o pubblicamente o privatamente, non ignora vostra Altezza che nei detti di essi tutti, in quanto sono legittimamente inviati, singolarmente del patriarca, trovasi il peso e l’autorità della fede Apostolica e che però conviene prestare l’assenso proporzionalmente ad essi e alla Chiesa, le cui parole e sentenze debbono essi interpretare. E siccome è necessario che tutti i fedeli di Cristo credano fermamente alla Chiesa, ubbidiscano ai di lei decreti e ricorrano alla medesima in occasione di qualche dubbio o di qualche oscurità, così non dubito che la vostra esimia pietà e bontà farà sì che in tutti i suoi regni, mediante un pubblico editto tutti gl’individui di ogni ceto seguano senza veruna difficoltà i detti, i comandi e le risposte si dello stesso patriarca che di quei che faranno le sue veci.
Abbiamo dal Deuteronomio che circa tutte le controversie e cose implicate si costumava di riportarsi alla Sinagoga, ch’era prefigurativa della Chiesa.
Quindi ancora quelle parole di Cristo Signore: “Sulla Cattedra di Mosè sedettero gli Scribi e i Farisei“; lo stesso insegna nei proverbi la sapienza di Salomone, dicendo: “Non trascurare gli ammaestramenti della tua madre (questa è la Chiesa)”; e altrove: “Non oltrepassare i termini fissati dai padri tuoi (questi sono i vescovi stessi)”.
Finalmente è tale e tanto l’ossequio e la deferenza che Cristo Signore vuol che si abbia alla sua Chiesa che per mezzo dell’Evangelista san Luca manifestamente dichiara: “Chi ascolta voi ascolta me e chi disprezza voi disprezza me“, e in san Matteo: “Se alcuno non ascolterà la Chiesa sia tenuto da te come un pagano un pubblicano“, onde apparisce non doversi neppur prestare orecchio a coloro che recassero innanzi qualsivoglia cosa aliena dall’interpretazione della Cattolica Chiesa, dandoci previo avviso su questo eziandio san Paolo nella epistola ai Galati quando dice: “Se venisse un Angelo dal cielo ad annunziarvi cose diverse da quelle che noi vi annunziato sia scomunicato“.

In somma questo stesso dimostrano chiaramente i santi dottori, i canoni dei concili, il consenso e la consuetudine di tutti i fedeli; e nello stesso il patriarca e tutti i compagni suoi per cosa certa e indubitata che vostra Altezza eseguirà ciò con riverenza, costante sommessione e compiacenza ancora, quanto comporterà il lecito e l’onesto.
Frattanto l’Altezza vostra riconosca noi tutti quanti siamo sulla terra in questa minima Compagnia dispostissimi a prestarle tutto l’ossequio nel Signore. Noi continueremo al certo a pregare Iddio nelle nostre orazioni e sacrifizi, come già abbiamo cominciato, affinché conservi la vostra reale Altezza e cotesto vastissimo regno nel santo servizio di Cristo e le conceda di passare la vita tra i beni temporali in modo tale che non perda gli eterni. Lo stesso Dio e Signor nostro dia per sua bontà a noi tutti lume perpetuo e forza per chiaramente conoscere e rettamente eseguire la sua santissima volontà.

Roma, 23 febbraio 1555

Fonte da RadioSpada

Il testo in italiano è il volgarizzamento realizzato dall’abate Niccolò de Lagua nel 1790 (vedi qui).

Immagine: Anonimo, Papa Paolo III approva oralmente la regola di S. Ignazio il 3 settembre 1539, Chiesa del Gesù, Roma (da scuolaecclesiamater.org)


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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