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Il Giubileo Anno Santo 1950 con Pio XII

Ultimo Aggiornamento: 09/12/2014 22:55
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09/12/2014 22:24
 
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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI FEDELI CONVENUTI A ROMA PER LA 
CANONIZZAZIONE DI SANTA MARIA GORETTI
*

Piazza San Pietro - Sabato, 24 giugno 1950


 

Venerabili Fratelli e diletti figli,

Per un amoroso disegno della Provvidenza divina l'esaltazione suprema di una umile figlia del popolo è stata celebrata in questo vespro luminoso con una solennità senza pari e in forma sin qui unica negli annali della Chiesa: nella vastità e nella maestà di questo luogo di mistero, fatto tempio sacro, cui è volta il firmamento che canta le glorie dell'Altissimo; da voi così bramata, prima che da Noi disposta; con un concorso di fedeli numerosissimo, quale non videro mai eguale le altre canonizzazioni; e soprattutto quasi così imposta dall'abbagliante fulgore e dalla inebriante fragranza di questo giglio, ammantato di porpora, che or ora con intimo gaudio abbiamo ascritto all'albo dei Santi : la piccola e dolce Martire della purezza : Maria Goretti.

Perchè, diletti figli, siete accorsi in così sterminato numero alla sua glorificazione? Perchè, ascoltando o leggendo il racconto della sua breve vita, così somigliante a una limpida narrazione evangelica per semplicità di linee, per colore di ambiente, per la stessa fulminea violenza della morte, vi siete inteneriti fino alle lacrime? Perchè Maria Goretti ha conquistato così rapidamente i vostri cuori, fino a divenirne la prediletta, la beniamina? Vi è dunque in questo mondo, apparentemente travolto e immerso nell'edonismo, non soltanto una sparuta schiera di eletti assetati di cielo e di aria pura, ma folla, ma immense moltitudini, sulle quali il soprannaturale profumo della purezza cristiana esercita un fascino irresistibile e promettente : promettente e rassicurante.

Se è vero che nel martirio di Maria Goretti sfolgorò soprattutto la purezza, in essa e con essa trionfarono anche le altre virtù cristiane. Nella purezza era l'affermazione più elementare e significante del dominio perfetto dell'anima sulla materia; nell'eroismo supremo, che non s'improvvisa, era l'amore tenero e docile, obbediente ed attivo verso i genitori; il sacrificio nel duro lavoro quotidiano; la povertà evangelicamente contenta e sostenuta dalla fiducia nella Provvidenza celeste; la religione tenacemente abbracciata e voluta conoscere ogni dì più, fatta tesoro di vita e alimentata dalla fiamma della preghiera; il desiderio ardente di Gesù Eucaristico, ed infine, corona della carità, l'eroico perdono concesso all'uccisore: rustica ghirlanda, ma così cara a Dio, di fiori campestri, che adornò il bianco velo della sua prima Comunione, e poco dopo il suo martirio.

Così questo sacro rito si svolge spontaneamente in un'accolta popolare per la purezza. Se alla luce di ogni martirio fa sempre amaro contrasto la macchia di una iniquità, dietro a quello di Maria Goretti sta uno scandalo, che all'inizio di questo secolo parve inaudito. A distanza di quasi cinquant'anni, tra la spesso insufficiente reazione dei buoni, la congiura del malcostume, valendosi di libri, di illustrazioni, di spettacoli, di audizioni, di mode, di spiagge, di associazioni, tenta di scalzare in seno alla società e alle famiglie, a danno principalmente della fanciullezza anche tenerissima, quelli che erano i presidi naturali della virtù.

O giovani, fanciulli e fanciulle dilettissimi, pupille degli occhi di Gesù e dei Nostri, — dite — siete voi ben risoluti a resistere fermamente, con l'aiuto della grazia divina, a qualsiasi attentato che altri ardisse di fare alla vostra purezza?

E voi, padri e madri, al cospetto di questa moltitudine, dinanzi alla immagine di questa vergine adolescente, che col suo intemerato candore ha rapito i vostri cuori, alla presenza della madre di lei, che, educatala al martirio, non ne rimpianse la morte, pur vivendo nello strazio, ed ora s'inchina commossa ad invocarla, — dite — siete voi pronti ad assumere il solenne impegno di vigilare, per quanto è da voi, sui vostri figli, sulle vostre figlie, affine di preservarli e difenderli contro tanti pericoli che li circondano, e di tenerli sempre lontani dai luoghi di addestramento alla empietà e alla perversione morale?

Ed ora, o voi tutti che Ci ascoltate, in alto i cuori! Sopra le malsane paludi e il fango del mondo si stende un cielo immenso di bellezza. È il cielo che affascinò la piccola Maria; il cielo a cui ella volle ascendere per l'unica via che ad esso conduce: la religione, l'amore di Cristo, la eroica osservanza dei suoi comandamenti.

Salve, o soave e amabile Santa! Martire sulla terra e angelo in cielo, dalla tua gloria volgi lo sguardo su questo popolo, che ti ama, che ti venera, che ti glorifica, che ti esalta. Sulla tua fronte tu porti chiaro e fulgente il nome vittorioso di Cristo (cfr. Apoc. 3, 12); sul tuo volto virgineo è la forza dell'amore, la costanza della fedeltà allo Sposo divino; tu sei Sposa di sangue, per ritrarre in te l'immagine di Lui. A te, potente presso l'Agnello di Dio, affidiamo questi Nostri figli e figlie qui presenti e quanti altri sono a Noi spiritualmente uniti. Essi ammirano il tuo eroismo, ma anche più vogliono essere tuoi imitatori nel fervore della fede e nella incorruttibile illibatezza dei costumi. A te i padri e le madri ricorrono, affinchè tu li assista nella loro missione educativa. In te per le Nostre mani trova rifugio la fanciullezza e la gioventù tutta, affinchè sia protetta da ogni contaminazione e possa incedere per il cammino della vita nella serenità e nella letizia dei puri di cuore. Così sia.


 

*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XII, 
 Dodicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1950 - 1° marzo 1951, pp. 121 - 123
 Tipografia Poliglotta Vaticana

  A.A.S., vol. XXXXII (1950), n. 11, pp. 597 - 599.



 

 

DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI MAESTRI CATTOLICI ITALIANI E AL PELLEGRINAGGIO
INTERNAZIONALE DELLE ASSOCIAZIONI CATTOLICHE 
DELLE INFERMIERE E ASSISTENTI MEDICO-SOCIALI*

Mercoledì, 6 settembre 1950

 

Siate benvenuti, diletti figli e figlie; Noi vi salutiamo con la medesima gioia, col medesimo affetto, col quale vi abbiamo accolti nelle Udienze passate.

Un nuovo motivo di letizia è per Noi questa volta il magnifico accrescimento e progresso della vostra Associazione, che dopo il 1946 ha visto triplicato il numero dei suoi iscritti, meritando così oggi, con tanto maggiore ampiezza, l'elogio che allora vi rivolgemmo. Voi mostrate invero uno zelo e una attività indefessa, non solo nella scuola stessa, ma anche in tutta una serie di opere efficacissime, come sono la scuola popolare, le biblioteche popolari, le cattedre ambulanti di cultura popolare, alle quali voi date una inconfondibile impronta cristiana e cattolica.

Il tema fondamentale del vostro presente congresso mette bene in luce l'ufficio dell'insegnante come educatore del popolo; ufficio il cui contenuto essenziale può riassumersi così: Educate i fanciulli affidati alle vostre cure in guisa da renderli cristiani timorati di Dio e che vivono intensamente la loro fede; allora si formerà come da se stesso un popolo costituito da uomini, « ciascuno dei quali — al proprio posto e nel proprio modo — è una persona consapevole delle sue responsabilità » (cfr. Radio-messaggio Natalizio 1944).

Il giovane normale — vorremmo dire lo scolaro medio — raramente ha bisogno di una educazione individuale particolarmente adattata. Guardate la sana e giovane pianta, che nel prato o sulla montagna, da sè stessa, in virtù del suo principio vitale, assorbe dal terreno e dall'aria gli elementi di cui ha bisogno per il suo sviluppo. Non diversamente il fanciullo, l'adolescente, prende da tutto ciò che lo circonda, nella famiglia, nella chiesa, nella scuola, da quanto vede, ode, legge, esperimenta, con un prodigioso dono di osservazione e di recettività, gli elementi coi quali egli forma il suo temperamento, il suo carattere, le sue personali inclinazioni.

Diletti figli e figlie! Avete voi ben considerato quale invidiabile campo di azione vi è stato attribuito, di quale magnifico ministero siete investiti? Quando durante cinque, otto anni, in intimo contatto coi medesimi giovani, trasmettete loro in larga' misura preziose ed utili cognizioni; quando al tempo stesso, quasi senza accorgervene, date loro l'esempio di una vita cristiana, tutta rivolta a Dio e fermamente radicata nella fede? Una istituzione come la scuola agisce a modo di una forza della natura, lentamente e in una maniera quasi impercettibile, ma costantemente e con sicuro successo, per il bene o per il male — in voi per il bene.

Perciò Noi benediciamo voi e la vostra santa attività; benediciamo la vostra lotta contro la « congiura del mal costume »; ne seguiamo giorno per giorno i felici incrementi; la sosteniamo con la Nostra incessante preghiera.

In attestato della Nostra fiducia, in pegno dell'amore e della grazia del divino Amico dei fanciulli, impartiamo a voi e ai vostri alunni, come a tutti coloro che vi sono cari, la Nostra paterna Apostolica Benedizione.

Votre ministère d'insigne charité corporelle et spirituelle, très chères filles, est particulièrement digne de Notre dilection. Il est d'une inappréciable valeur, en ces temps surtout, où, trompé, séduit, plus ou moins inconsciemment, par un matérialisme, parfois ouvertement affiché, plus souvent habilement déguisé, le monde marche à travers la vie d'ici-bas, les yeux et le cœur fixés à terre, sans un regard en haut, sans idéal et sans joie. Béni soit votre dévouement, qui dans les corps affaiblis par la maladie, défigurés par les plaies, paralysés par l'infirmité, voit le temple vivant de l'Esprit Saint; qui, dans les cœurs mornes et découragés, fait briller la douce espérance de la guérison, s'il plait à Dieu, ou l'espérance, plus douce encore, de la proche délivrance et de la vie etérnellement bienheureuse. A vous donc, à tous ceux qui sont l'objet de votre aimante sollicitude, Nous donnons avec toute l'affection de Notre cœur paternel la Bénédiction Apostolique.


 

*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XII, 
 Dodicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1950 - 1° marzo 1951, pp. 193 - 194
 Tipografia Poliglotta Vaticana




 

DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI MEDICI CONDOTTI*

 

Lunedì, 18 settembre 1950

 

 

 

Siamo ben lieti di ricevervi, diletti figli, e illustri Signori, e di darvi l'attestato della Nostra stima e della Nostra par ticolare benevolenza, tanto a causa della bellezza e della utilità del vostro ufficio, quanto per la dedizione con la quale lo esercitate.

 

Abituato ad una vita di fatica, spesso penosa, il campagnuolo, il coltivatore della terra, sa sopportare lungamente gl'incomodi ed il malessere, e, a differenza di molti abitanti delle città, quando vi chiama, è segno, generalmente parlando, che la malattia è seria, la sofferenza difficilmente tollerabile; talvolta anche la cura rudimentale e non adatta, che egli, ignaro, ha voluto applicare prima di ricorrere a voi, non ha fatto che aggravare il male. Allora alla vostra scienza, alla vostra abilità, il vostro cuore viene ad aggiungere il balsamo della sua delicatezza, e così colui stesso che, mentre era sano, poteva sembrare rude e indifferente, spesso diviene nella malattia sensibile come un fanciullo, e come un fanciullo sente il bisogno di conforto morale. Dopo il sacerdote, nessuno può darlo meglio del medico. In tal guisa egli guadagna la fiducia del malato e della famiglia, e con ciò stesso acquista su di loro e sulla popolazione del luogo un influsso profondo e volentieri accettato.

 

Il medico cristiano, o almeno degno per la sua onestà di questa fiducia, può far molto per risollevare la moralità del popolo, per frenare o reprimere abusi, vizi, abitudini, che la coscienza riprova. A lui, in non pochi casi, spetta altresì il dovere delicato di preparare ed agevolare il ministero del sacerdote, di dissipare pregiudizi e apprensioni irragionevoli e funeste.

 

Tuttavia, se il vostro ufficio è bello per il bene che fa al prossimo, è per voi austero; è una occasione di abnegazione non solo frequente, ma continua, occasione di travagli e di disagi, talvolta nemmeno debitamente apprezzati, nè compensati dalla riconoscenza, nè equamente retribuiti. Non di rado, inoltre, il me dico condotto, pur dando al servizio dei suoi assistiti tutto il suo cuore e tutta l'opera sua, prova un senso di solitudine, soprattutto se egli non può tenere presso di sè la sua famiglia e provvedere, nel piccolo e sperduto Comune cui forse si trova legato, alla retta istruzione ed educazione dei figli. Perciò esprimiamo l'augurio che alle vostre giuste aspirazioni di ordine morale ed economico sia data conveniente soddisfazione per il maggior vantaggio vostro e di tutti coloro ai quali prestate le vostre assidue cure.

 

E ora guardate coraggiosamente in alto, diletti figli, e sentirete discendere in voi la luce e il conforto del divino Medico della umanità. La vostra virtù, la vostra bontà, non rimarranno senza una più eccelsa ricompensa. Iddio si rivelerà meglio a voi, e nella lealtà del vostro spirito voi risponderete fedeli ai suoi inviti. Noi chiediamo al Signore questa grazia, mentre invochiamo su di voi, su quanti vi sono cari, su tutto il campo della vostra benefica attività, sui vostri malati, le più abbondanti benedizioni del Cielo.

 


 

 

 

*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XII, 
 Dodicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1950 - 1° marzo 1951, pp. 209 - 210
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 










Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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