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Omelie del Papa nella Messa delle 7 del mattino a Santa Marta (4)

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2015 12:35
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11/05/2015 11:31
 
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Francesco: ancora oggi si uccidono cristiani "in nome di Dio"




 





11/05/2015 

Ancora oggi si uccidono cristiani in nome di Dio, ma lo Spirito Santo dà la forza di testimoniare fino al martirio: è quanto ha detto Papa Francesco nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:

Anche oggi c'è chi uccide i cristiani credendo di rendere culto a Dio
Nel Vangelo del giorno, Gesù annuncia ai discepoli lo Spirito Santo: “Io ho tante cose da dirvi, ma in questo momento voi non siete capaci di portarne il peso; ma quando verrà il Paraclito, lo Spirito di verità, Egli vi guiderà a tutta la verità”. Il Signore “parla del futuro, della croce che ci aspetta e ci parla dello Spirito, che ci prepara a dare la testimonianza cristiana”.

Quindi parla “dello scandalo delle persecuzioni”, lo “scandalo della Croce”. “La vita della Chiesa – osserva il Papa - è un cammino guidato dallo Spirito” che ci ricorda le parole di Gesù e “ci insegna le cose che ancora Gesù non ha potuto dirci”: “è compagno di cammino” e “ci difende anche” dallo “scandalo della Croce”. La Croce è infatti scandalo per i giudei che “chiedono segni” e stoltezza per “i greci, cioè i pagani” che “chiedono sapienza, idee nuove”. I cristiani invece predicano Cristo crocifisso. Così, Gesù prepara i discepoli perché non si scandalizzino della Croce di Cristo: “Vi scacceranno dalle sinagoghe – dice Gesù - anzi viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà, crederà di rendere culto a Dio”:

“Oggi siamo testimoni di questi che uccidono i cristiani in nome di Dio, perché sono miscredenti, secondo loro. Questa è la Croce di Cristo: ‘Faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me’. ‘Questo che è accaduto a me – dice Gesù – accadrà anche a voi – le persecuzioni, le tribolazioni – ma per favore non scandalizzatevi; sarà lo Spirito a guidarci e a farci capire’”.

La forza dello Spirito dei fedeli copti sgozzati sulla spiaggia
In questo contesto, Papa Francesco ricorda il colloquio telefonico avuto ieri col Patriarca copto Tawadros, “perché era il giorno dell’amicizia copto-cattolica”:

“Ma io ricordavo i suoi fedeli, che sono stati sgozzati sulla spiaggia perché cristiani. Questi fedeli, per la forza che gli ha dato lo Spirito Santo, non si sono scandalizzati. Morivano col nome di Gesù sulle labbra. E’ la forza dello Spirito. La testimonianza. E’ vero, questo è proprio il martirio, la testimonianza suprema”.

La testimonianza di ogni giorno
“Ma c’è anche la testimonianza di ogni giorno – ha proseguito - la testimonianza di rendere presente la fecondità della Pasqua” che “ci dà lo Spirito Santo, che ci guida verso la verità piena, la verità intera, e ci fa ricordare questo che Gesù ci dice”:

“Un cristiano che non prende sul serio questa dimensione ‘martiriale’ della vita non ha capito ancora la strada che Gesù ci ha insegnato: strada ‘martiriale’ di ogni giorno; strada ‘martiriale’ nel difendere i diritti delle persone; strada ‘martiriale’ nel difendere i figli: papà, mamma che difendono la loro famiglia; strada ‘martiriale’ di tanti, tanti ammalati che soffrono per amore di Gesù. Tutti noi abbiamo la possibilità di portare avanti questa fecondità pasquale su questa strada ‘martiriale’, senza scandalizzarci”.

Il Papa conclude con questa preghiera: “Chiediamo al Signore la grazia di ricevere lo Spirito Santo che ci farà ricordare le cose di Gesù, che ci guiderà alla verità tutta intera e ci preparerà ogni giorno a rendere questa testimonianza, a dare questo piccolo martirio di ogni giorno o un grande martirio, secondo la volontà del Signore”.





 

Il Papa: le comunità paurose e senza gioia non sono cristiane

Il Papa durante la Messa nella Cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM

15/05/2015

Le comunità paurose e senza gioia sono malate, non sono comunità cristiane: è quanto ha detto Papa Francesco nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Il servizio di Sergio Centofanti:

Chi ha paura non ha la libertà di guardare avanti
“Paura” e “gioia”: sono le due parole della liturgia del giorno. “La paura – afferma il Papa - è un atteggiamento che ci fa male. Ci indebolisce, ci rimpiccolisce. Anche ci paralizza”. Una persona che ha paura “non fa nulla, non sa cosa fare”. E’ concentrata su se stessa, affinché “non le succeda qualcosa di male”. E “la paura ti porta a un egocentrismo egoistico e ti paralizza”. “Un cristiano pauroso è una persona che non ha capito quale sia il messaggio di Gesù”:  

“Per questo Gesù dice a Paolo: ‘Non avere paura. Continua a parlare’. La paura non è un atteggiamento cristiano. E’ un atteggiamento – possiamo dire – di un’anima incarcerata, senza libertà, che non ha libertà di guardare avanti, di creare qualcosa, di fare del bene … no, sempre: ‘No, ma c’è questo pericolo, c’è quell’altro, quell’altro …’. E questo è un vizio. E la paura fa male”.

Per una comunità paurosa tutto è vietato
“Non avere paura è chiedere la grazia del coraggio, del coraggio dello Spirito Santo che ci invia”:

“Ci sono comunità paurose, che vanno sempre sul sicuro: ‘No, no, non facciamo questo, no, no, questo non si può, questo non si può …’. Sembra che sulla porta d’entrata abbiano scritto ‘vietato’: tutto è vietato per paura. E tu entri in questa comunità e l’aria è viziata, perché è una comunità malata. La paura ammala una comunità. La mancanza di coraggio ammala una comunità”.

Distinguere paura e timor di Dio
La paura – precisa poi il Papa - va distinta dal “timore di Dio”, che “è santo, è il timore dell’adorazione davanti al Signore e il timore di Dio è una virtù. Ma il timore di Dio non rimpiccolisce, non indebolisce, non paralizza: porta avanti, verso la missione che il Signore dà”.

Un cristiano senza gioia non è cristiano
L’altra parola della liturgia è la “gioia”. “Nessuno potrà togliervi la vostra gioia” dice Gesù. E “nei momenti più tristi, nei momenti del dolore” – sottolinea il Papa – la gioia “diviene pace. Invece, un divertimento nel momento del dolore diviene oscurità, diviene buio. Un cristiano senza gioia non è cristiano. Un cristiano che continuamente vive nella tristezza, non è cristiano. E un cristiano che, nel momento delle prove, delle malattie, di tante difficoltà, perde la pace, qualcosa gli manca”:

“La gioia cristiana non è un semplice divertimento, non è un’allegria passeggera; la gioia cristiana è un dono, è un dono dello Spirito Santo. E’ avere il cuore sempre gioioso perché il Signore ha vinto, il Signore regna, il Signore è alla destra del Padre, il Signore ha guardato me e mi ha inviato e mi ha dato la sua grazia e mi ha fatto figlio del Padre … E’ quella la gioia cristiana. Un cristiano vive nella gioia”.

Comunità paurose e senza gioia sono malate
“Anche una comunità senza gioia – aggiunge il Papa - è una comunità ammalata”: forse sarà una “comunità divertente”, ma “ammalata di mondanità. Perché non ha la gioia di Gesù Cristo”. Così “quando la Chiesa è paurosa e quando la Chiesa non riceve la gioia dello Spirito Santo, la Chiesa si ammala, le comunità si ammalano, i fedeli si ammalano”. Il Papa conclude con questa preghiera: “Innalzaci, Signore, verso il Cristo seduto alla destra del Padre”, “innalza il nostro spirito. Toglici ogni paura e dacci la gioia e la pace”.


Il Papa: ci fa bene pensare al momento del nostro congedo

Messa di Papa Francesco a Casa Santa Marta - OSS_ROM

19/05/2015

Affidiamoci al Padre al momento del nostro congedo da questo mondo. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, incentrata sul discorso di Gesù prima della Passione e sul congedo di Paolo a Mileto prima di recarsi a Gerusalemme. Il Pontefice ha dunque rivolto il pensiero a quanti sono vittime delle persecuzioni e costretti a fuggire come i Rohingya del Myanmar o i cristiani e gli yazidi in Iraq. Il servizio diAlessandro Gisotti:

Gesù si congeda per andare dal Padre e mandarci lo Spirito, San Paolo si congeda prima di andare a Gerusalemme e piange con gli anziani venuti da Efeso a salutarlo. Papa Francesco ha preso spunto dalle letture del giorno per svolgere la sua omelia su cosa significhi “dire addio” per un cristiano.

Pensiamo a quanti sono costretti a fuggire dalle persecuzioni
“Gesù si congeda, Paolo si congeda – ha detto – e questo ci aiuterà a riflettere sui nostri congedi”. Nella nostra vita, ha osservato, “ci sono tanti congedi”, piccoli e grandi e c’è “anche tanta sofferenza, tante lacrime in alcuni di loro”:

“Pensiamo oggi a quei poveri Rohingya del Myanmar. Al momento di lasciare la loro terra per fuggire dalle persecuzioni non sapevano cosa sarebbe accaduto loro. E da mesi sono in barca, lì… Arrivano in una città, dove danno loro acqua, cibo, e dicono: ‘andatevene via’. E’ un congedo. Tra l’altro, oggi accade questo congedo esistenziale grande. Pensate al congedo dei cristiani e degli yazidi, che pensano di non tornare più nella loro terra, perché cacciati via dalle loro case. Oggi”.

Ci sono piccoli e grandi congedi nella vita, ha ribadito il Papa, come il “congedo della mamma, che saluta, dà l’ultimo abbraccio al figlio che va in guerra; e tutti i giorni si alza col timore” che venga qualcuno a dirle: ‘ringraziamo tanto la generosità di suo figlio che ha dato la vita per la patria’”. E c’è anche "l’ultimo congedo – ha detto – che tutti noi dobbiamo fare, quando il Signore ci chiama all’altra riva. Io penso a questo”.

Affidiamoci al Padre al momento dell’addio
Questi grandi congedi della vita, “anche l’ultimo – ha ribadito – non sono i congedi di ‘a presto’, ‘a dopo’, ‘arrivederci’, che sono congedi che uno sa che torna, o subito o dopo una settimana: sono congedi che non si sa quando e come tornerò”. E annota che il tema del congedo è presente anche nell’arte, nelle canzoni:

“Me ne viene una in mente, quella degli alpini, quando quel capitano si congeda dai suoi soldati: il testamento del capitano. Penso io al grande congedo, al mio grande congedo, non quando devo dire ‘a dopo’, ‘a più tardi’, ‘arrivederci’, ma ‘addio’? Questi due testi dicono la parola ‘addio’. Paolo affida a Dio i suoi e Gesù affida al Padre i suoi discepoli, che rimangono nel mondo. ‘Non sono del mondo, ma custodisci loro’. Affidare al Padre, affidare a Dio: questa è l’origine della parola ‘addio’. Noi diciamo ‘addio’ soltanto nei grandi congedi, siano quelli della vita, sia l’ultimo”.

Ci farà bene pensare al nostro congedo da questo mondo
“Credo – ha affermato – che con queste due icone - quella di Paolo, che piange, in ginocchio sulla spiaggia, tutti lì, e Gesù, triste, perché andava alla Passione, con i suoi discepoli, piangendo nel suo cuore - possiamo pensare al nostro. Ci farà bene. Chi sarà la persona che chiuderà i miei occhi?”:

“Cosa lascio? Sia Paolo che Gesù, tutti e due, in questi brani fanno una sorta di esame di coscienza: ‘Io ho fatto questo, questo, questo…’ Io cosa ho fatto? Ma mi fa bene immaginarmi in quel momento. Quando sarà, non si sa, ma ci sarà il momento nel quale ‘a dopo’, ‘a presto’, ‘a domani’, ‘arrivederci’ diventerà ‘addio’. Io sono preparato per affidare a Dio tutti i miei? Per affidare me stesso a Dio? Per dire quella parola che è la parola dell’affidamento del figlio al Padre?”.

Il Papa ha dunque concluso l’omelia consigliando a tutti di meditare proprio le Letture di oggi sul congedo di Gesù e quello di Paolo e “pensare che un giorno” anche noi dovremo dire quella parola, “addio”: “A Dio affido la mia anima; a Dio affido la mia storia; a Dio affido i miei; a Dio affido tutto”. “Che Gesù morto e risorto - è stata la sua invocazione finale - ci invii lo Spirito Santo, perché noi impariamo quella parola, impariamo a dirla, ma esistenzialmente, con tutta la forza: l’ultima parola, addio”.   



Francesco: grazia e lotta dei cristiani, essere una cosa sola

Papa Francesco celebra la Messa a Casa S. Marta - OSS_ROM

21/05/2015 

Le sue “piaghe” sono il “prezzo” che Gesù ha pagato perché la Chiesa fosse unita per sempre a Lui e a Dio. I cristiani di oggi sono chiamati a chiedere la grazia dell’unità e a lottare perché fra loro non si insinui lo “spirito di divisione, di guerra, di gelosie”. Questa la riflessione di Papa Francesco alla Messa del mattino, celebrata nella cappella di Casa Santa Marta. Il servizio diAlessandro De Carolis:

“La grande preghiera di Gesù”: che la Chiesa sia unita, che i cristiani “siano una cosa sola”, come Gesù lo è con suo Padre. E accanto “la grande tentazione”: non cedere all’altro “padre”, quello della “menzogna” e della “divisione”. Papa Francesco si immerge nell’atmosfera del Cenacolo e nella densità delle parole che Cristo pronuncia e affida agli Apostoli prima di consegnarsi alla Passione, proposte dalla liturgia.

Il prezzo dell’unità
È consolante, osserva Francesco, sentire Gesù dire al Padre di non voler pregare solo per i suoi discepoli ma anche per quelli che crederanno in Lui “mediante la loro parola”. Una frase ascoltata tante volte, per la quale il Papa chiede un supplemento di attenzione:

“Forse, noi non siamo abbastanza attenti a queste parole: Gesù ha pregato per me! Questo è proprio fonte di fiducia: Lui prega per me, ha pregato per me... Io immagino – ma è una figura – com’è Gesù davanti al Padre, in Cielo. È così: prega per noi, prega per me. E cosa vede il Padre? Le piaghe, il prezzo. Il prezzo che ha pagato per noi. Gesù prega per me con le sue piaghe, col suo cuore piagato e continuerà a farlo.

I volti della divisione
Gesù prega “per l’unità del suo popolo, per la Chiesa”. Ma Gesù “sa – afferma Francesco – che lo spirito del mondo” è “uno spirito di divisione, di guerra, di invidie, di gelosie, anche nelle famiglie, anche nelle famiglie religiose, anche nelle diocesi, anche nella Chiesa tutta: è la grande tentazione”. Quella che porta, dice, alle chiacchiere, a etichettare, a bollare le persone. Tutti atteggiamenti, indica il Papa, che questa preghiera chiede di bandire:

“Dobbiamo essere uno, una sola cosa, come Gesù e il Padre sono una sola cosa. Questa è proprio la sfida di tutti noi cristiani: non lasciare posto alla divisione fra noi, non lasciare che lo spirito di divisione, il padre della menzogna entri in noi. Cercare sempre l’unità. Ognuno è come è, ma cerca di vivere in unità. Gesù ti ha perdonato? Perdona tutti quanti. Gesù prega perché noi siamo uno, una sola cosa. E la Chiesa ha tanto bisogno di questa preghiera di unità”.

Unità, è grazia non “colla”
Non esiste, scherza Francesco, una Chiesa tenuta insieme dalla “colla”, perché l’unità che chiede Gesù “è una grazia di Dio” e “una lotta” sulla terra. “Dobbiamo fare spazio allo Spirito – conclude Francesco – perché ci trasformi come il Padre è nel Figlio, una sola cosa”:

“E un altro consiglio che Gesù ha dato in questi giorni di congedo è di rimanere in Lui: ‘Rimanete in me’. E chiede questa grazia, che tutti noi rimaniamo in Lui. E qui ci indica perché, lo dice chiaramente: ‘Padre, voglio che quelli che mi hai dato, anch’essi siano con me dove sono io’. Cioè, che questi rimangano là, con me. Il rimanere in Gesù, in questo mondo, finisce nel rimanere con Lui ‘perché contemplino la mia gloria’”.






Il Papa: lasciamoci guardare da Gesù per cambiare il cuore

Messa di Papa Francesco a Santa Marta - OSS_ROM

22/05/2015

Qual è oggi lo sguardo di Gesù su di me? Papa Francesco ha svolto la sua omelia mattutina a Casa Santa Marta, soffermandosi sul dialogo tra Gesù e Pietro narrato dal Vangelo odierno. Di qui, il Pontefice ha sviluppato una riflessione su tre sguardi del Signore sull’Apostolo: lo sguardo dell’elezione, quello del pentimento e infine quello della missione. Il servizio di Alessandro Gisotti:

Gesù risorto prepara da mangiare per i suoi discepoli e, dopo aver mangiato, inizia un intenso dialogo tra Gesù e Pietro. Francesco ha svolto la sua omelia partendo da questa immagine proposta dal Vangelo odierno e subito ha confidato che, nella preghiera, gli è venuto nel cuore come fosse “lo sguardo di Gesù su Pietro”. Il Papa rileva così di aver “trovato” tre sguardi differenti nel Vangelo: di elezione, di pentimento, di missione.

Il primo sguardo, l’entusiasmo
All’inizio del Vangelo di Giovanni, ha rammentato, quando Andrea va da suo fratello Pietro e gli dice: “Abbiamo trovato il Messia!”, c’è uno sguardo di entusiasmo. Gesù fissa il suo sguardo su di lui e dice: “Tu sei Simone, figlio di Giona. Sarai chiamato Pietro”: “E’ il primo sguardo, lo sguardo della missione”. C’è, dunque, il “primo sguardo: la vocazione e un primo annuncio della missione”. “E com’è l’anima di Pietro in quel primo sguardo? – si chiede il Pontefice - Entusiasta. Il primo tempo di andare con il Signore”.

Il secondo sguardo, il pentimento
Poi, il Papa sposta lo sguardo in avanti alla notte drammatica del Giovedì Santo, quando Pietro rinnega Gesù per tre volte: “Ha perso tutto. Ha perso il suo amore” e quando il Signore incrocia il suo sguardo piange:

“Il Vangelo di Luca dice: ‘E Pietro pianse amaramente’. Quell’entusiasmo di seguire Gesù è diventato pianto, perché lui ha peccato: lui ha rinnegato Gesù. Quello sguardo cambia il cuore di Pietro, più di prima. Il primo cambiamento è il cambio di nome e anche di vocazione. Questo secondo sguardo è uno sguardo che cambia il cuore ed è un cambio di conversione all’amore”.

Poi, ha soggiunto, c’è lo sguardo dell’incontro dopo la Risurrezione. “Sappiamo che Gesù ha incontrato Pietro, dice il Vangelo, ma – ha osservato il Papa – non sappiamo cosa hanno detto”.

Il terzo sguardo, la missione
Quello del Vangelo di oggi, ha affermato, “è un terzo sguardo: lo sguardo è la conferma della missione, ma anche lo sguardo nel quale Gesù” chiede conferma sull’amore di Pietro. E per tre volte il Signore chiede a Pietro la “manifestazione del suo amore” e lo esorta a pascere le sue pecore. Alla terza domanda, Pietro “rimase addolorato, quasi piange”:

"Addolorato perché per la terza volta gli domandava ‘Mi vuoi bene?’. E gli dice: ‘Ma, Signore, Tu sai tutto. Tu sai che Ti voglio bene’. Rispose Gesù: ‘Pasci le mie pecore’. Questo è il terzo sguardo, lo sguardo della missione. Il primo, lo sguardo dell’elezione, con l’entusiasmo di seguire Gesù; il secondo, lo sguardo del pentimento nel momento di quel peccato tanto grave di avere rinnegato Gesù; il terzo sguardo è lo sguardo della missione: ‘Pasci i miei agnelli’; ‘Pascola le mie pecore’; ‘Pasci le mie pecore’”.

Lasciamoci guardare da Gesù
Ma, ha detto il Papa, “non finisce lì”. “Gesù va più avanti” e a Pietro dice: “Tu fai tutto questo per amore, e poi? Sarai incoronato re? No”. Gesù predice a Pietro che anche lui dovrà seguirlo sulla via della Croce:

“Anche noi possiamo pensare: qual è oggi lo sguardo di Gesù su me? Come mi guarda, Gesù? Con una chiamata? Con un perdono? Con una missione? Ma, sulla strada che Lui ha fatto tutti noi siamo sotto lo sguardo di Gesù. Lui ci guarda sempre con amore. Ci chiede qualcosa, ci perdona qualcosa e ci dà una missione. Adesso Gesù viene sull’altare. Ognuno di noi pensi: ‘Signore, Tu sei qui, tra noi. Fissa il Tuo sguardo su me e dimmi cosa debbo fare; come devo piangere i miei sbagli, i miei peccati; quale sia il coraggio con il quale devo andare avanti sulla strada che Tu hai fatto per primo”.

In questa giornata, ha concluso Papa Francesco, ci farà bene rileggere questo dialogo con il Signore e pensare “allo sguardo di Gesù su di me”.



[Modificato da Caterina63 22/05/2015 19:27]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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