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DIGNITAS CONNUBII trattazione delle cause di nullità del matrimonio

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2015 23:42
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24/01/2015 23:39
 
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Titolo X


LE DECISIONI DEL GIUDICE


Art. 246 – La causa principale è decisa dal giudice con sentenza definitiva, salvo l'art. 265, § 1; la causa incidentale con sentenza interlocutoria, fermo restando quanto prescritto dall'art. 222, § 1 (cf. can. 1607).


Art. 247 – § 1. Perché sia dichiarata la nullità di matrimonio si richiede nell'animo del giudice la certezza morale di tale nullità (cf. can. 1608, § 1).


§ 2. Per conseguire la certezza morale necessaria per legge, non è sufficiente una prevalente importanza delle prove e degli indizi, ma occorre che resti del tutto escluso qualsiasi dubbio prudente positivo di errore, tanto in diritto quanto in fatto, ancorché non sia esclusa la mera possibilità del contrario.


§ 3. Il giudice deve attingere questa certezza dagli atti e da quanto è stato dimostrato (can. 1608, § 2).


§ 4. Il giudice deve poi valutare le prove secondo la sua coscienza, ferme restando le disposizioni della legge sull'efficacia di talune prove (can. 1608, § 3).


§ 5. Il giudice che, dopo aver diligentemente esaminato la causa, non ha potuto conseguire questa certezza, deve dichiarare che non consta della nullità di matrimonio, fermo restando l'art. 248, § 5 (cf. cann. 1608, § 4; 1060).


Art. 248 – § 1. Terminata la discussione della causa, il presidente del tribunale collegiale stabilisca il giorno e l'ora in cui i soli giudici, senza la presenza di alcun altro addetto del tribunale, debbono riunirsi per decidere; questa riunione, a meno che un motivo particolare non suggerisca altrimenti, deve tenersi nella sede stessa del tribunale (cf. can. 1609, § 1; art. 31).


§ 2. Nel giorno fissato per la riunione i singoli giudici portino per iscritto le conclusioni sul merito della causa, contenenti le ragioni sia in diritto che in fatto in forza delle quali ciascuno è pervenuto alla propria conclusione (cf. can. 1609, § 2).


§ 3. Dopo aver invocato il Nome di Dio, esposte per ordine le conclusioni dei singoli secondo la precedenza, in modo tuttavia che si abbia sempre inizio con il ponente o relatore della causa, si apra la discussione sotto la guida del presidente del tribunale, soprattutto per concordare insieme quello che si deve stabilire nella parte dispositiva della sentenza (cf. can. 1609, § 3).


§ 4. Nel corso della discussione ciascuno ha la facoltà di recedere dalla sua precedente conclusione annotando il suo recesso nel voto medesimo. Il giudice tuttavia che non intende accedere alla decisione degli altri può esigere che il suo voto sia trasmesso sotto segreto al tribunale di grado superiore (cf. can. 1609, § 4).


§ 5. Se nel corso di questa prima discussione i giudici non vogliono o non possono addivenire alla sentenza, la decisione può essere rinviata a una nuova riunione stabilita per iscritto, al più tardi di una settimana, a meno che a norma dell'art. 239 debba essere completata l'istruttoria della causa; in quest'ultimo caso i giudici debbono pronunciare: dilata et compleantur acta (cf. can. 1609, § 5).


§ 6. Deliberata la decisione, il ponente la scrive sotto forma di risposta affermativa o negativa al dubbio proposto, la sottoscrive assieme agli altri giudici e la allega al fascicolo degli atti.


§ 7. I voti dei singoli giudici debbono essere uniti agli atti in una busta chiusa da conservarsi sotto segreto (cf. can. 1609, § 2).


Art. 249 – § 1. Nel tribunale collegiale il compito di redigere la sentenza spetta al ponente, o al relatore, a meno che nel corso della discussione si sia ravvisata l'opportunità di affidare questo compito, per un giusto motivo, a un altro giudice del turno (cf. can. 1610, § 2).


§ 2. L'estensore tragga le motivazioni da quelle addotte dai singoli giudici nel corso della discussione, a meno che i giudici a maggioranza non abbiano determinato quali siano le motivazioni da preferirsi (cf. can. 1610, § 2).


§ 3. La sentenza, inoltre, deve essere sottoposta all'approvazione di ciascun giudice (cf. can. 1610, § 2).


§ 4. Se il giudice è unico, egli stesso redigerà la sentenza (cf. can. 1610, § 1).


§ 5. La sentenza deve essere pubblicata non oltre un mese dal giorno in cui la causa fu decisa, a meno che, nel tribunale collegiale, i giudici per una grave ragione non abbiano stabilito un tempo più lungo (can. 1610, § 3).


Art. 250 – La sentenza deve:


1o decidere la questione trattata davanti al tribunale, dando un'adeguata risposta ai singoli dubbi;


2o esporre gli argomenti, ossia le motivazioni, in diritto e in fatto, sui quali si fonda la parte dispositiva della sentenza;


3o apporre, se del caso, il vetitum di cui all'art. 251;


4o decidere circa le spese giudiziarie (cf. can. 1611).


Art. 251 – § 1. Se nel corso del processo si è accertato che una delle parti è impotente in modo assoluto, o in modo permanente incapace di contrarre matrimonio, nella sentenza si apponga il divieto di contrarre un nuovo matrimonio senza previa consultazione del tribunale che ha emesso la sentenza.


§ 2. Se invece una delle parti è stata causa della nullità per dolo o per simulazione, il tribunale è tenuto a stabilire se, considerate tutte le circostanze del caso, nella sentenza debba essere apposto il divieto di contrarre un nuovo matrimonio senza la previa consultazione dell'Ordinario del luogo in cui il nuovo matrimonio deve essere celebrato.


§ 3. Se il tribunale di grado inferiore ha apposto il divieto nella sentenza, spetta al tribunale di appello decidere se esso debba essere confermato o meno.


Art. 252 – Nella sentenza si ammoniscano le parti sugli obblighi morali o anche civili, cui siano eventualmente tenute l'una verso l'altra e verso la prole, per quanto riguarda il sostentamento e l'educazione (can. 1689).


Art. 253 – § 1. La sentenza, dopo l'invocazione del Nome di Dio, deve indicare di seguito quale sia il giudice o il tribunale, chi sia la parte attrice, la parte convenuta, il procuratore, indicandone correttamente i nomi e i domicili, il difensore del vincolo, nonché il promotore di giustizia nel caso in cui egli abbia avuto parte nel giudizio (cf. can. 1612, § 1).


§ 2. Deve quindi riferire brevemente la fattispecie con le conclusioni delle parti e la formulazione dei dubbi (can. 1612, § 2).


§ 3. A queste cose faccia seguito la parte dispositiva della sentenza, cui sono premesse le ragioni sia di diritto che di fatto sulle quali si fonda.


§ 4. Si chiuda con l'indicazione del luogo e del giorno, mese ed anno in cui è stata pronunciata, e con la firma di tutti i giudici, o del giudice unico, e del notaio (cf. can. 1612, § 4).


§ 5. Debbono anche essere aggiunte informazioni indicando se la sentenza sia o no immediatamente esecutiva, il modo con cui può essere impugnata e, se del caso, la trasmissione d'ufficio della causa al tribunale di appello (cf. cann. 1614; 1682, § 1).


Art. 254 – § 1. La sentenza, senza eccedere in concisione o in prolissità, deve essere chiara nell'esposizione delle motivazioni sia in diritto che in fatto, ed essere fondata sugli atti e su quanto è stato dimostrato, in modo da far comprendere attraverso quale percorso logico i giudici siano giunti alla decisione, e in qual modo abbiano applicato la legge alle circostanze di fatto.


§ 2. L'esposizione poi dei fatti, per quanto è richiesto dalla natura della questione, deve essere svolta con prudenza e cautela, evitando qualsiasi offesa nei confronti delle parti, dei testi, dei giudici e degli altri addetti dei tribunali.


Art. 255 – Se per causa di morte, grave infermità o altro impedimento un giudice non può sottoscrivere la sentenza, è sufficiente che il presidente del collegio o il Vicario giudiziale lo dichiari, allegando copia autentica del dispositivo della sentenza sottoscritto dal medesimo giudice, ai sensi dell'art. 248, § 6, il giorno della decisione.


Art. 256 – Le regole sopra riferite circa la sentenza definitiva, devono essere adattate anche all'interlocutoria (can. 1613).


Art. 257 – § 1. La sentenza deve essere pubblicata quanto prima. Essa, prima della pubblicazione, non ha alcun valore, neppure nel caso in cui il suo dispositivo, su autorizzazione del giudice, sia stato reso noto alle parti (cf. can. 1614).


§ 2. Se la sentenza è appellabile, insieme alla pubblicazione si deve indicare il modo con cui l'appello può essere interposto e proseguito, facendo menzione espressa della facoltà di adire, oltre al tribunale di appello del luogo, la Rota Romana (cf. can. 1614).


Art. 258 – § 1. La pubblicazione, ossia notifica, della sentenza, avviene o consegnandone un esemplare alle parti o ai loro procuratori oppure trasmettendo loro l'esemplare a norma dell'art. 130 (cf. can. 1615).


§ 2. La sentenza deve sempre essere notificata in pari tempo e nello stesso modo al difensore del vincolo, nonché al promotore di giustizia se ha preso parte nel giudizio.


§ 3. Se una parte ha dichiarato di rifiutare di ricevere qualsiasi informazione relativa alla causa, si ritiene che abbia rinunciato ad ottenere l'esemplare della sentenza. In tal caso, osservate le leggi particolari, può esserle notificato il solo dispositivo.


Art. 259 – La sentenza definitiva valida non può essere ritrattata neppure se tutti i giudici vi consentano.


Art. 260 – § 1. Se nel testo della sentenza è sfuggito un errore materiale nella trascrizione del dispositivo o dei fatti o delle petizioni delle parti, oppure è stato omesso quanto è richiesto dall'art. 253, § 4, la sentenza deve essere corretta o completata dallo stesso tribunale che l'ha emanata, sia ad istanza della parte che d'ufficio, uditi sempre tuttavia il difensore del vincolo e le parti, con decreto apposto in calce alla sentenza (cf. can. 1616, § 1).


§ 2. Se una delle parti o il difensore del vincolo fanno opposizione, la questione incidentale sia definita con decreto (cf. can. 1616, § 2).


Art. 261 – Tutti gli altri pronunciamenti del giudice oltre alla sentenza sono decreti. Questi, se non hanno mero carattere ordinatorio, non hanno valore se non indicano almeno sommariamente i motivi o non rinviano ai motivi espressi in un altro atto legittimamente pubblicato (cf. can. 1617).


Art. 262 – La sentenza interlocutoria o il decreto hanno valore di sentenza definitiva se impediscono il giudizio o pongono fine al giudizio stesso o ad un grado di esso, nei riguardi di una almeno delle parti in causa (can. 1618).


Titolo XI


LA TRASMISSIONE DELLA CAUSA
AL TRIBUNALE DI APPELLO
E LA SUA TRATTAZIONE

Art. 263 – § 1. Il tribunale, a norma dell'art. 30, § 4, in secondo grado di giudizio e in quelli successivi deve, sotto pena di nullità, essere collegiale.

§ 2. Questa norma si applica anche se la trattazione della causa ha luogo in forma abbreviata a norma dell'art. 265.

Art. 264 – La sentenza che per la prima volta dichiarò la nullità di matrimonio insieme agli appelli, se ce ne furono, e agli altri atti del giudizio, siano trasmessi d'ufficio al tribunale di appello entro 20 giorni dalla pubblicazione della sentenza (can. 1682, § 1).

Art. 265 – § 1. Se la sentenza dichiarativa della nullità di matrimonio è stata emessa in primo grado di giudizio, il tribunale di appello, valutate le osservazioni del difensore del vincolo dello stesso foro di appello, e anche quelle delle parti, se ve ne siano, con proprio decreto confermi sollecitamente la decisione, oppure ammetta la causa all'ordinario esame del nuovo grado (cf. can. 1682, § 2).

§ 2. Una volta scaduti i termini stabiliti per legge per l'appello, e ricevuti gli atti giudiziari, si costituisca al più presto il collegio dei giudici, e il presidente o il ponente con suo decreto deve trasmettere gli atti al difensore del vincolo perché dia il suo voto, e avverta le parti che, se lo desiderano, possono proporre le loro osservazioni al tribunale di appello.

§ 3. Tutti gli atti debbono essere messi a disposizione dei giudici prima che il collegio emetta il decreto di cui al § 1.

§ 4. Il decreto con cui la decisione affermativa è confermata con procedura abbreviata deve, sotto pena di nullità, esprimere almeno in modo sommario i motivi e dare risposta alle osservazioni del difensore del vincolo, e se del caso a quelle delle parti (cf. can. 1617).

§ 5. Anche nel decreto con cui la causa è ammessa all'ordinario esame i motivi devono essere indicati sommariamente, e si deve anche indicare quale supplemento di istruttoria eventualmente si richieda.

§ 6. Se la sentenza emessa nel primo grado di giudizio ha dichiarato nullo il matrimonio per più capi di nullità, tale sentenza può essere confermata con procedura abbreviata in relazione a tutti i capi o ad alcuni soltanto.

Art. 266 – Ogni qual volta contro una sentenza negativa è stato interposto appello, o la sentenza affermativa è stata emessa in secondo o in un ulteriore grado di giudizio, la causa, sia nel secondo grado che in quelli successivi, deve essere sempre rimessa nell'ordinario esame.

Art. 267 – § 1. Se la causa nel secondo o ulteriore grado di giudizio deve essere trattata per esame ordinario, si deve procedere, con gli opportuni adattamenti, allo stesso modo che in prima istanza (cf. can. 1640).

§ 2. A meno che le prove non debbano essere eventualmente integrate, dopo la notifica delle citazioni e stabilita la formula del dubbio, si deve addivenire quanto prima alla discussione della causa ed alla emissione della sentenza (cf. can. 1640).

§ 3. Le nuove prove sono ammesse solo a norma dell'art. 239 (cf. can. 1639, § 2).

Art. 268 – § 1. Se nel grado di appello viene addotto un nuovo capo di nullità, il tribunale può ammetterlo come in prima istanza, a norma degli artt. 114-125, 135-137, e giudicarlo (cf. can. 1683).

§ 2. Giudicare tale nuovo capo in seconda istanza e in ulteriore istanza è riservato, sotto pena di nullità, al tribunale di terzo ed ulteriore grado di giudizio.

§ 3. Se per il nuovo capo giudicato come in prima istanza è stata pronunciata sentenza a favore della nullità di matrimonio, il tribunale competente proceda a norma dell'art. 265, § 1.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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