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E' cattolico Mattarella nuovo Presidente della Rep. Italiana ma non c'è nulla da festeggiare

Ultimo Aggiornamento: 02/01/2017 11:15
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  Sergio Mattarella al Quirinale, per liquidare i cattolici
 
di Stefano Fontana31-01-2015 da LaNuovaBussolaQuotidiana

Qualche giorno fa La Nuova Bussola aveva pubblicato un articolo sulle elezioni presidenziali dal titolo: “Non un cattolico”. Invece è stato eletto proprio un cattolico, Sergio Mattarella. Abbiamo quindi perso? Certo, abbiamo perso, ma questo non significa aver sbagliato. Che un quotidiano come La Nuova Bussola chieda che al Colle non salga un cattolico è già di per sé strano e indicatore di un tempo di confusione. Che poi un Parlamento in cui i cattolici sono una sparuta e scomposta minoranza elegga proprio un cattolico è la cartina al tornasole di una anomalia ormai strutturale e fuori controllo.

Facciamo un semplice ragionamento. Stanno transitando in Parlamento molti disegni di legge che, se approvati, sconvolgerebbero in profondità – anzi capovolgerebbero – la società italiana, cominciando dalla famiglia e arrivando poi a tutto il resto. Il disegno di legge Scalfarotto, il Cirinnà e il Fedeli - solo per attenersi ai più noti – aprirebbero alla dittatura omosessualista, ai matrimoni gay con adozioni e (domani) filiazione tramite l’eterologa, all’insegnamento gender nelle scuole obbligatorio per tutti. Distruggendo la famiglia si arriva sempre ad un regime dittatoriale (vedi qui).
Per il semplice motivo che per negare la natura ci vuole un grande potere, che solo le dittature posseggono. Ammettiamo, quindi, che tutto questo “pacchetto” – nonostante le proteste di piazza – venga approvato: tutte quelle leggi avranno la firma del nuovo Capo dello Stato Sergio Mattarella. La firma di un Presidente cattolico. Del resto, Mattarella, “uomo delle istituzioni”, non potrà farci nulla, appunto perché “uomo delle istituzioni”. 

Copioni di questo genere ne abbiamo già visti molti. L’Italia cattolica non c’è più, ma i cattolici servono ancora perché sono loro che devono – da “adulti” – completare l’esodo del popolo italiano dall’Italia cattolica. Il modo migliore per fare questo è essere “uomini delle istituzioni”. Basta pensare che la Costituzione sia superiore al Vangelo e il gioco è fatto. 

Sergio Mattarella è “cattolico”, ma, come si sa, di cattolici oggi ne esistono di diversi generi. Quello di Mattarella è il genere della vecchia “sinistra DC” che oggi ha come una rivincita postuma. Postuma perché è morta come corrente, essendo transitata dalla DC alla Margherita e al Partito Democratico ed essendo approdati i suoi uomini residuali al Partito socialista europeo. Mattarella oggi non la rappresenta perché essa non c’è più. Però rappresenta una storia e una cultura, il cui scopo era la propria estinzione, diluendo il cattolicesimo democratico in una laicità accettata nella sua radicalità. 

Scopo del dossettismo e di tutte le correnti della sinistra cattolica era di operare per la propria estinzione avendo come scopo la perdita di ogni connotato cattolico per accettare pienamente la completa laicità della politica, nella quale tutto è mediazione. Mattarella appartiene a questa storia e a questa cultura ed è quindi significativo che egli emerga ai massimi livelli quando la sua storia e la sua cultura sono defunte, ormai diluite nel secolarismo generale. Ecco perché si tratta di una vittoria postuma.

Tutti ricordano le famose dimissioni di Mattarella e di altre tre ministri democristiani quando fu approvata la legge Mammì che regolamentava il mercato televisivo. I tre ministri la consideravano un favore alle tre televisioni di Berlusconi e, quindi, un attentato alla democrazia. È stato un raro caso di dimissioni di politici al governo. Però non risulta che Mattarella abbia fatto lo stesso, e nemmeno che abbia detto una parola, quando il Parlamento ha sfornato leggi ben più gravi dal punto di vista della morale pubblica, come per esempio la legge 40 o, più di recente, il divorzio express. Tuoni e fulmini per la legge Mammì, silenzio e tutti in riga per le leggi contro la vita e la famiglia. Per la cultura di provenienza di Mattarella prendere posizione su questi temi vorrebbe dire essere ideologici, ristabilire delle verità naturali che la moderna democrazia ha ormai superato. La democrazia come metodo ha il sopravvento sulla democrazia come contenuto. 

Non si sa quando finirà questa lunga fase nella quale viene affidato a dei nuovi Mosè il compito di esodare l’Italia fuori non solo dal cattolicesimo, da cui si è abbondantemente estraniata, ma anche dai fondamenti naturali della morale pubblica. Nel nostro articolo precedente in cui chiedevamo “non un cattolico” ci si augurava che questa fase fosse finita e che avremmo potuto avere un presidente o decisamente asservito alle logiche del laicismo aggressivo o un laico ma capace di ragionare. Nel primo caso avremmo visto con chiarezza contro chi dobbiamo combattere. Nel secondo caso avremmo approfittato di una pausa di calma ragionevole per far valere alcune verità. Purtroppo, invece, continua la melassa della confusione. Un Parlamento radicale che si nasconde dietro un Presidente cattolico; un Presidente cattolico che dirà di non essere lì in quanto cattolico ma “a servizio delle istituzioni”; un “Prodi digeribile” che garantirà il transito pacifico verso un’Italia postmoderna. 

- L'ANALISI: HA VINTO RENZI, CENTRODESTRA A PEZZIdi Ruben Razzante

- IO CAPO DELLO STATO, COSA VI SIETE PERSI, di Paola Bonzi






Vogliamo aggiungere solo questo: un augurio, un piccolo auspicio che la speranza è l'ultima a morire e che ancora tutto può accadere e che Mattarella possa davvero esercitare l'autentico cattolicesimo che si esprime nella vita sociale e culturale animata dalla legge naturale.... non chiediamo altro, e preghiamo....





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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   Le Litanie della attesa per la Patria triste




 

Le Litanie della Attesa per l'Italia triste

sac. Giuseppe de Sacco - con Imprimatur - 1, gennaio, 1945

In nomine Patri + et Filii + et Spiritus Sancti +

O Iddio Signore del cielo e della terra che forgiasti l' Uomo a tua immagine e somiglianza, non disdegnare l’implorazione che ti rivolgiamo nell’attesa del prosciugamento delle acque che hanno mondata l'Italia.

O Iddio che permettesti al nostro Paese di accendere la fiaccola della civiltà in tempi remoti,
* abbi pietà dell'Italia.

O Iddio che donasti a questo lembo di terra l'appellativo di giardino d'Europa,
* abbi pietà dell'Italia.

O Iddio che questo lembo di terra immergesti nel mare, fonte di progresso, commercio, prosperità,
* abbi pietà dell'Italia.

O Iddio che ci concedesti campagne fertili, cieli tersi, aure balsamiche,
* abbi pietà dell'Italia.

O Iddio che inviasti a questo lembo di terra Uomini dalla vita mirabile in obbedienza alla Tua santa Legge, i cui Nomi si osannano o si confondono nella loro fattiva operosità benefica,
* abbi pietà dell'Italia.

O Iddio che inviasti a questo lembo di terra Poeti dell’altissimo canto che ci ammaestrarono a riconoscerti nelle meraviglie del Creato, nella eternità dell’Anima,
* abbi pietà dell'Italia.

O Iddio che donasti a questo lembo di terra Pittori dall’angelico pennello che ci svegliarono alle visioni, sovrumane e alla conquista del Regno celeste,
* abbi pietà dell'Italia.

O Iddio che ispirasti agli Avi di rendere indipendente il Paese dalle oppressioni per le tue arcane finalità di progresso. E desti loro l'Audacia di vivere nelle congiure, la tenacia contro le molteplici avversità, la gioia di combattere o la rassegnazione di morire in esilio per l'Indipendenza,
* abbi pietà dell'Italia.

O Iddio che realizzasti agli Avi il sogno dell’Indipendenza, e facesti della Roma eterna il tuo sgabello con la presenza del Dolce Vicario in terra, tuo Sommo Pontefice,
* abbi pietà dell'Italia.

"La vista del Tuo adorato Cuore, o Gesù, mi fa ripetere, fra i sospiri e il pianto: Non più peccati, o Gesù, non più!" Amen

"La vista del Tuo adorato Cuore, o Gesù, mi fa ripetere, fra i sospiri e il pianto: Non più peccati, o Gesù, non più!" Amen

Per la dolorosa Passione del Tuo Figlio;
* o Signore non abbandonare l’Italia.

Per l'olocausto degli Eroi di cui conosci ogni cuore,
* o Signore non abbandonare l'Italia.

Per i dolori, per i sacrifici dei nostri Santi Patroni,
* o Signore non abbandonare l’Italia.

Per le suppliche della Tua Santa Chiesa che t'offre ogni giorno il Sacrificio perfetto del Tuo dilettissimo Figlio,
* o Signore non abbandonare l’Italia.

Per le lacrime di sangue, scaturite dalle mamme d'Italia,
* o Signore non abbandonare l’Italia.

O Signore, Dio dei Forti, in questa ora di gravi tentazioni,
* dacci la Forza.

O Signore, Dio dei Veggenti e dei Profeti, in questa ora delle Tenebre,
* dacci la Luce

O Signore, Dio dei Buoni, in questa ora della malvagità,
* dacci la vera Bontà

O Signore, Dio dei Senza-tetto, in questa ora di privazioni,
* dacci la Casa

O Signore, Dio dei Lavoratori, in questa ora di miseria o di male acquisita ricchezza,
* dacci il lavoro e il Pane quotidiano.

O Padre Amantissimo, Dio degli Eroi, ridona il soffio di vita alle nostre anime schiantate, alla nostra carne consumata, sì che possiamo combattere la buona battaglia, per la resurrezione dell’Italia.
* ridona l’Italia libera,

O Signore Gesù che hai avuto compassione mentre Pilato si lavava le mani,
* ridona l’Italia libera dalle schiavitù terrene e dai compromessi!

O immenso e adorabile Paraclito, Spirito Santo, fonte di giustizia e verità,
* rendi l’Italia forte per la giusta battaglia!

* Ridona a noi o Signore, l’Italia forte e Cristiana!

O Signore, Ti supplichiamo: dona all'Italia la purezza dei costumi; dona all'Italia il senso della giustizia; dona all'Italia la saggezza Cristiana.

* O Iddio, Padre nostro, ascoltaci.
* O Iddio, Figlio Amantissimo, esaudiscici
* O Iddio, Spirito Santo Paraclito, abbi pietà di noi.

Un Pater noster, un' Ave Maria, un Gloria Patri....

- Sia lodato Gesù Cristo
sempre sia lodato

 
   

 




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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04/02/2015 17:30
 
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  «Viva Mattarella»? Per qualcuno è obbligatorio. Per noi no

di Robi Ronza
02-02-2015

 

Ciò che da sempre - nei fatti, non nelle opinioni – caratterizza il cosiddetto “cattolicesimo democratico” è una lodevole preoccupazione morale accompagnata tuttavia da una sconfortante incapacità di vivere il cristianesimo per ciò che è innanzitutto: ovvero una visione del mondo e quindi una cultura da cui deriva anche una morale. Adesso che, con l’elezione a presidente della Repubblica di Sergio Mattarella, il vertice delle istituzioni politiche del nostro Paese è tutto quanto “cattolico democratico”, non si vede dunque che cosa debba festeggiare chi abbia a cuore una presenza non subalterna dei cristiani nella vita pubblica del  nostro Paese. 

A causa della sua strutturale subalternità alla cultura laica post-illuminista, il “cattolicesimo democratico” ha finito per essere il cireneo del  vecchio PCI e di tutto ciò che vi ha fatto seguito fino ad oggi quando, svanita la classe operaia e uscito di scena il marxismo, si è trasformato in un partito liberal-radicale di massa. Non si discute che nelle fila del “cattolicesimo democratico” ci siano tante persone di ferma fede e di retti costumi (fermo restando che ce ne sono anche altrove). Questo però non toglie che, quando sono in gioco obiettivi e valori che non rientrano nell’orizzonte ordinario del progressismo laico (e parecchi dei valori civili che l’esperienza cristiana ispira non vi rientrano), allora il “cattolico democratico” tende per natura sua a barattare qualsiasi primogenitura con qualsiasi piatto di lenticchie. 

Essendo il giornale in cui devono potersi riconoscere tutti i cattoliciAvvenire  avrebbe oggi ottimi motivi per mantenere una costante distanza critica dalle cronache della vita politica italiana. Perciò legano un po’ i denti i toni della sua prima pagina di ieri: «Una scelta giusta, un uomo giusto»; «Il buon giorno si vede dal mattino. E il giorno che è iniziato con l’elezione a presidente della Repubblica di Sergio Mattarella si annuncia davvero buono». Con parole come queste, espressione quasi di un tifo da stadio, apriva infatti ieri il suo editoriale il direttore del giornale.

In fondo ancor più sorprendente però è l’entusiasmo di Mario Adinolfi, direttore del nuovo quotidianoLa Croce, un’iniziativa peraltro molto originale e meritevole della più grande attenzione. Dando perentoriamente del cretino a chi nel “mondo cattolico” non fa salti di gioia per l’elezione di Mattarella, Adinolfi scrive: «A qualcuno Mattarella non piace perché oltre ad essere cristiano è democristiano o perché ha militato nell’ala sinistra di quel partito o perché è “dossettiano”. Cretinate ideologiche, appunto. Mattarella è un presidente cristiano e per noi combattenti, consci che il 2015 sarà l’anno decisivo della battaglia per la difesa della cultura della vita e della famiglia dalle iniziative parlamentari già in corso che puntano a varare le norme sulle unioni gay e sulla legittimazione dell’utero in affitto tramite la "stepchild adoption", è decisivo avere un cristiano non all’acqua di rose al Quirinale». Temiamo che il direttore de La Croce avrà molte delusioni da Mattarella, un uomo della pasta dei tre illustri cattolici che devotamente siglarono l’entrata in vigore della legge che legalizzava l’aborto per “senso delle istituzioni”; senza neanche, come fu il caso di Baldovino del Belgio, fare il gesto per non firmarla di dimettersi almeno per un giorno.

Ciò detto, si sarebbe potuto sperare di meglio? Molto probabilmente no, tenuto conto dell’attuale irrilevanza della presenza cristiana nella vita politica del nostro Paese. Ci si può domandare come mai siamo caduti tanto in basso e che cosa possiamo fare per risollevarci per il bene comune dell’Italia. Nel frattempo però non è il caso di scaldarsi per il trionfo del “cattolicesimo democratico” che, come la storia dimostra, è un disastroso equivoco. Se «Mattarella è la migliore soluzione nelle condizioni date» ciò conferma in quale difficile situazione siamo.   

D’istinto personaggi come il prete indegno de Il potere e la gloria di Graham Greene, che nel Messico insanguinato dalla persecuzione contro i cristiani continua però a celebrare la messa e a confessare finché viene scoperto e passato per le armi, ci emozionano di più dei sacrosanti  “cattolici democratici” (le virgolette sono di rigore altrimenti sarebbe come dare a tutti gli altri, noi compresi, la patente di cattolici non democratici) sempre pronti a tutto pur di passare per moderni e illuminati. È poi pur vero, diciamolo ancora una volta, che occorre giocare con le carte che  ci sono, ma quelle che abbiamo adesso non sono migliori bensì peggiori delle precedenti. «Bisogna vincere un combattimento difficile contro forze che ci sovrastano per numero e furbizia. Sarà bene affilare le armi dell’intelligenza, perché continuando a bearsi di cretinerie ideologiche prive di concretezza, ci si espone a certa e devastante sconfitta», dice ancora Adinolfi sempre più convinto che chi non la pensa come lui sia un imbecille. Auguri.

Molto più comprensibile è invece l’entusiasmo del fondatore de la Repubblica, Eugenio Scalfari, che sul giornale da lui fondato salutava ieri Mattarella come il possibile catalizzatore della trasformazione del Pd in un “Partito d’Azione di massa”. Il Partito d’Azione, diciamo a chi non se ne ricordasse, era la formazione politica neo-giacobina, sorta in Italia negli anni della Resistenza e poi rapidamente svanita nel dopoguerra, secondo la quale il progresso passava per l’annichilimento o comunque per la totale espulsione della presenza cristiana dalla vita pubblica del nostro Paese.

Dopo aver perentoriamente affermato che «la vera cultura (…) è quella del socialismo liberale che stato il lascito culturale e politico del’ Partito d’Azione» Scalfari aggiunge: «Se avessi la bacchetta magica farei sì che il Pd fosse un Partito d’Azione di massa», il che a suo dire «negli ultimi anni della sua vita breve fu anche l’idea di Enrico Berlinguer». Oggi «è stato eletto al Colle un antico democristiano di sinistra», osserva ancora Scalfari fregandosi idealmente le mani, e aggiunge: «Ebbene, è con Aldo Moro che si accordò Berlinguer. Pensateci bene e pensateci tutti». Pensiamoci anche noi.

 


Un po' pacificatore, un po' centralista E subito in campo per le unioni civili

di Robi Ronza e Ruben Razzante04-02-2015

Mattarella verso il Quirinale con Renzi

Dai tanti aspetti toccati nel discorso inaugurale del settennato al Quirinale, ci si può aspettare che il mandato di Sergio Mattarella coincida con un clima di pacificazione politica, di cui ieri ci sono state le prove generali. Ma il suo è stato anche un discorso in linea con la tradizione culturale cattolico-democratica, dove si ripone nello Stato una speranza totale. E in nome della Costituzione apre subito alle unioni civili.

- SERGIO, IL GRANDE PACIFICATORE
  di Ruben Razzante
Il principale tratto distintivo di Sergio Mattarella ieri alla Camera è parso quello del grande pacificatore, di colui che riesce a promuovere l’unità nazionale rinsaldando il patto sociale e stemperando le divisioni e le asprezze tra le forze politiche. La presenza di Silvio Berlusconi ieri al Quirinale ne è la riprova.

- L'IMPREVISTO E' LA SOLA SPERANZA
  di Robi Ronza
Lo Stato di cui Mattarella si pone a presidio è molto più lo Stato, ossia il potere centrale burocratico ancora prima che politico, che la Repubblica la quale, a norma dell’art.114 della Costituzione vigente, è una realtà organica plurima «costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato». 

- MATTARELLA DA' SUBITO RAGIONE ALLA BUSSOLA


In questi giorni non siamo certo stati teneri con il neo-presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a proposito della cultura di provenienza e del valore attribuito ai fondamenti della società (vita, famiglia, educazione). Ma dobbiamo confessare che non pensavamo che ci avrebbe dato ragione così presto. Ecco cosa ha detto:

«Garantire la Costituzione  (…) Significa libertà. Libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva»
(Sergio Mattarella, 3 Febbraio 2015, discorso inaugurale alla presidenza della Repubblica)

Altro che argine al laicismo e alla deriva etica. E infatti ecco i commenti: 

«L'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica dà volentieri atto al neo Presidente della Repubblica di aver richiamato nel suo discorso alle Camere l'esigenza di garantire i principi della Costituzione mediante il pieno sviluppo dei diritti civili e la rimozione di ogni barriera che limiti i diritti dei disabili.
(…) Per quanto riguarda i diritti civili, è urgente che il Parlamento torni ad essere investito non solo del tema dell'illegalità dello Stato italiano in materia di giustizia e carceri, ma anche delle libertà civili fondamentali come il diritto alla salute e all'autodeterminazione in materia di scelte di fine-vita, aborto, droghe, libertà di ricerca scientifica».
Filomena Gallo & Co.

«
Difendere la Costituzione significa anche garantire a tutte e tutti gli stessi diritti: il Presidente della Repubblica, nel suo discorso di insediamento, ha individuato un obiettivo per il Paese in tema di diritti civili e ne ha sottolineato la rilevanza costituzionale. È un fatto importante. Per ottenere quella pari dignità che è il cuore dell'articolo 3 occorrono leggi che diano cittadinanza a tutte le identità, a tutti gli orientamenti, a tutte le relazioni, a tutte le famiglie. Perché tutte e tutti partecipiamo allo stesso modo al grande puzzle di questa Nazione, tutte e tutti concorriamo per quanto abbiamo a sostenere lo Stato. Tutte e tutti ci aspettiamo perciò dallo Stato pieno riconoscimento».

Flavio Romani, presidente Arcigay

«Il pieno sviluppo dei diritti civili, anche nella sfera personale e degli affetti, come grande questione di libertà - ha concluso Scalfarotto- mi è parso cruciale e dirimente nelle parole del Capo dello Stato. Un ulteriore ed autorevolissimo richiamo a proseguire, anche in questo campo, sulla via delle riforme».
Ivan Scalfarotto, relatore disegno di legge sull’omofobia

«A lui i nostri auguri di buon mandato, a noi l’augurio che sia lui il presidente che firmerà la legge sul matrimonio per tutti». 
Yuri Guaiana, segretario dell’associazione radicale Certi Diritti.

«Un ottimo passaggio, che fa ben sperare che l’impegno profuso dal presidente Napolitano, trovi ora in Mattarella un suo ancor più deciso sostenitore».
Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia.

Ognuno tragga le conclusioni.







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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22/04/2015 09:23
 
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Chi mi conosce sa che non faccio politica, ma che per tutto rispondo sempre in termini CATTOLICI perchè è questo lo stile di vita che mi è stato dato di grazia con il Battesimo (prima sono figlia della Chiesa, poi partecipo del mondo nel mio ruolo di sposa e madre... e catechista) e dunque quando leggo Prodi che dice:
"Tre presidenti del Consiglio non eletti dal popolo sono certamente un intervallo troppo lungo del processo democratico".

  no scusate!! perchè se lo diciamo NOI rischiamo l'accusa di REATO, ma se lo dice Prodi diventa un best seller ?

Certo, noi siamo più spiccioli e parliamo di golpe coi guanti bianchi.... Prodi parla di... ehm "INTERVALLO", ma mi faccia il piacere! direbbe ancora oggi Totò! la frase di Prodi dice forse il contrario?
leggete il resto ... 

da laBussola: Prodi, Letta, Pisapia,

i vinti si raccontano

di Ruben Razzante 22-04-2015

Quando hanno avuto la responsabilità di governare il Paese o di amministrare grandi città non hanno brillato, ma ora non digeriscono la sconfitta e usano i libri per togliersi sassolini dalle scarpe. E' uno strano destino quello che accomuna due ex premier (Prodi e Letta) e un sindaco (Pisapia), autori e protagonisti di libri autobiografici o libri-intervista nei quali ripercorrono le tappe della loro parabola politica, con ricostruzioni quasi sempre attraversate da livore, rancore e risentimento verso avversari, alleati ed ex alleati.

Il primo a far parlare di sé, nelle settimane scorse, è stato Romano Prodi che racconta aneddoti su decenni di rapporti personali e di storia d'Italia in un libro-intervista a cura di Marco Damilano dal titolo "Missione Incompiuta" e si concede giudizi tranchant, anche velenosi, su molti protagonisti della vita politica, e non solo. Apocalittiche le sue considerazioni sul futuro del Paese: "L'Italia non sarà la prima ad affondare, ma è solo questione di tempo: se non si cambia integralmente politica su scala europea, saremo travolti tutti". E sentenzia: "Tre presidenti del Consiglio non eletti dal popolo sono certamente un intervallo troppo lungo del processo democratico". Ma gli affondi più velenosi l'ex premier li riserva all'attuale inquilino di Palazzo Chigi, con cui mostra di avere un conto in sospeso: "Matteo Renzi valorizza l'eredità dell'Ulivo a giorni alterni". Il Professore non sente una propria estraneità rispetto al Pd, ma parla della "fine di una missione", per la precisione di "una missione incompiuta".

E sulla sua mancata elezione al Quirinale parla dei 101 franchi tiratori che "in realtà sono stati quasi 120" e lamenta il fatto che "per due giorni nessuno del Pd mi ha difeso ed è stato per me il momento di massima amarezza". E precisa: "Solo una dichiarazione personale da parte di Rosy Bindi". Secondo Prodi in quel voto c'era "il non volere un presidente della Repubblica difficilmente controllabile".

E non risparmia nelle sue invettive il nemico di sempre, Silvio Berlusconi, ironizzando sulla sua discesa in campo: "Ci sono momenti in cui l'Italia ha bisogno di un'auto-illusione ed è disposta a non guardare dentro a se stessa pur di continuare a illudersi". Una delle poche riflessioni condivisibili del volume di Prodi è quella in cui critica i metodi seguiti da Antonio Di Pietro durante gli anni di Mani Pulite ("Pur inserendosi in una doverosa e lungamente attesa campagna di pulizia, segnarono anche l'inizio della stagione di un populismo senza freni"). Passaggi al vetriolo nelle pagine del libro, anche su Massimo D'Alema, accusato di aver tramato per andare al governo nel 1998 spodestando lo stesso Prodi. Se un filo sottile lega il libro di Prodi a quello di Enrico Letta è proprio l'anti-renzismo.

Romano Prodi ed Enrico Letta

Un libro pieno di riflessioni significative e controcorrente è quello scritto da Enrico Letta, intitolato “Andare insieme, andare lontano” e che è uscito proprio ieri. Dominante il rancore per lo sgambetto che gli ha fatto l'attuale premier: "In dieci mesi del mio governo ho vissuto nella sensazione di un assedio continuo, spinte che convergevano su un unico obiettivo, far cadere il governo. Prima Grillo, poi Berlusconi, infine Renzi". Letta gioca di sponda perfino con le parole del Papa: "Papa Francesco mi disse ad Assisi: ‘Ho capito quale talento potrà sviluppare nella vita quando non sarà più primo ministro: potrebbe essere un buon trapezista’”.

E dall'ex sindaco di Firenze prende le distanze in modo netto, soprattutto dalla sua proverbiale "annuncite": "Non puoi affidarti alla logica pokeristica del rilancio continuo - oggi una promessa, domani un’altra - perché alla fine il bluff viene scoperto. In politica serve l’autorevolezza dei comportamenti e del pensiero di chi non imbocca la scorciatoia del ‘lo vuole la gente’. Come scrisse Kafka: ‘C’è un solo peccato capitale: l’impazienza. Per esso l’uomo è stato cacciato dal paradiso ed è per questo che non ci torna’”. Fino alla stoccata più dura: "Constato che i cento giorni con cui l’attuale governo avrebbe dovuto rivoluzionare il Paese sono diventati mille. Alcuni risultati arrivano, su altri ci si muove a forzature, quasi che la priorità sia ‘fare per dire di aver fatto’ piuttosto che fare bene. In concreto l’operazione si è tradotta soprattutto in una sostituzione di gruppi dirigenti e in un quadro politico, prima plurale e oggi dominato da una persona sola. Nel Novecento regimi di ogni colore politico hanno alimentato il mito dell’efficienza e del decisionismo. Ma erano, infatti, regimi”. Parole che trasudano risentimento profondo e insanabile e che preludono, presto o tardi, a una resa dei conti. Si vocifera che Letta stia facendo un passo indietro dimettendosi da parlamentare per poi farne due avanti, proponendosi entro un anno come l'antagonista di Renzi dentro il Pd.

Animato da propositi di riposizionamento nell'agone politico anche l'attuale sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, che, dopo aver deluso cocentemente i cittadini milanesi e aver annunciato di non volersi ricandidare (ma il Pd l'avrebbe riproposto?), ha iniziato a strizzare l'occhio alla sua parte politica di riferimento, l'estrema sinistra. Non si spiegherebbero altrimenti alcuni feroci strali lanciati nel suo ultimo libro all'indirizzo di assessori ed ex assessori della sua giunta e di protagonisti politici di centrosinistra.

Giuliano Pisapia 

Anzitutto Stefano Boeri: "Voleva l'urbanistica, ma lavorava su progetti per mezza città", rivela il primo cittadino di Milano. Già nella premessa al volume, Pisapia fa capire di non voler usare toni morbidi: "Confido di poter essere ricordato come protagonista di una grande stagione di cambiamento, se non addirittura di liberazione, dopo un ventennio che stava rinchiudendo la città in una cappa opprimente. E spero mi venga riconosciuto di essere stato il sindaco che ha interrotto pratiche diffuse di malgoverno". Perché il sindaco accetta solo ora di raccontare episodi di quattro, cinque anni fa assai significativi del clima che si è respirato nella sua amministrazione? Non mancano, infatti, le stilettate al Pd che, "indebolito dai lunghi anni passati all’opposizione, era stretto tra l’arroganza di una parte del gruppo dirigente che si sentiva intoccabile e la mancanza di fiducia in se stesso". "Quelli che stavano al vertice – aggiunge - mi guardavano come un nemico. A farmi ritirare dalle primarie ci hanno provato in tutti i modi". Ne ha per tutti il malmostoso Pisapia, anche ovviamente per i suoi avversari. Di Letizia Moratti scrive: "Arrivava nascosta nell’auto blindata, con i vetri oscurati, guidata da un autista privato. Altera, ricca, distante dai problemi delle persone e della città. Aveva cominciato presentandosi da indipendente ma il lunedì andava a rapporto alla corte di Arcore". Caustico anche su Roberto Formigoni e su Palazzo Lombardia, "voluto come un monumento a se stesso dal governatore che per 18 anni è stato il monarca assoluto, travolto dagli scandali e costretto a cedere lo scettro".

Parole di fuoco, esattamente come quelle di Prodi e Letta, uomini a fine corsa o quasi, incapaci di incidere positivamente sul governo del Paese e sulla gestione di Milano, e ridotti a usare la penna per far sentire la propria voce e per sottrarsi all'insignificanza politica che sembra avvolgerli inesorabilmente. Tre delusioni in diverse fase storiche e in diversi contesti. Se l'Italia e Milano vivono le emergenze attuali, è anche "merito" loro.






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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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  come volevasi dimostrare......

EDITORIALE
Sergio Mattarella
 

Nel discorso di fine anno il capo dello Stato ha parlato di tutti i mali del Paese, ma ha tralasciato l'unico fattore in grado di curarli: la famiglia. Che distanza abissale con i discorsi al Paese di Putin e del Re Felipe di Spagna, che invece hanno messo la famiglia al primo posto per la ricostruzione demografica, morale e sociale dei rispettivi Paesi. 

di Andrea Zambrano

Nelle 8 cartelle lette dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella c’era davvero di tutto: dall’emergenza lavoro, agli italiani esemplari come Bebe Vio, dall’incubo terrorismo allo scontro politico che si trasforma in odio. Il discorso di fine anno di Mattarella è sembrato un compitino un po’ adusato, un cahiers des doleances dei mali italiani che Checco Zalone avrebbe potuto descrivere sicuramente con più realismo e strappando magari qualche sorriso.

Tra i detto e i non detto però c’è un fattore che è stato completamente tralasciato dal Capo dello Stato. Ed è il fattore Famiglia. Nessun accenno dall’inquilino del Quirinale al collante fondamentale che ha tenuto uniti gli italiani durante la seconda guerra mondiale favorendo la ricostruzione del Paese. Un collante che in questi anni l’Italia politica ha lentamente sfilacciato e reso senza forze. Non è un caso che il 2016 che si è appena chiuso sia stato l’anno in cui la famiglia fondata sul matrimonio sia stata picconata mortalmente con l’approvazione delle Unioni Civili attraverso la cosiddetta legge Cirinnà. Ingenuo aspettarsi dunque da Mattarella, che è stato eletto da una maggioranza che sostiene lo stesso governo che le ha portate in dote al popolo italiano, parole in controtendenza.

Si dirà che sono discorsi da accademia e paludati in attesa di stappare la bottiglia dello spumante. Eppure qualche altro capo d Stato non la pensa così. Sentite che cosa ha detto il presidente russo Vladimir Putin in occasione del discorso alla nazione in occasione del Natale: “La ricchezza fondamentale della Russia è il capitale umano. Per questo i nostri sforzi sono indirizzati al sostegno dei valori tradizionali e della famiglia, ai programmi demografici, al miglioramento della situazione ambientale e della salute pubblica e allo sviluppo dell'istruzione e della cultura. La crescita naturale della popolazione continua. Nel 2013 il coefficiente di natalità in Russia è stato l'1,7, cioè più alto che nella maggior parte dei Paesi europei. Nel 2015 il nostro coefficiente di natalità sarà ancora superiore: all'1,78”.

Nelle parole dello zar c’è la presa di coscienza drammatica dell’urgenza di politiche demografiche che possono essere messe in opera solo se la famiglia fondata sul matrimonio viene valorizzata. E non è un caso che appena prima Putin abbia accennato ai 100 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre per “imparare dagli errori del passato”. Proprio quella Rivoluzione infatti, parafrasando le parole della Madonna di Fatima, ha sparso i suoi errori in tutto il mondo. Primo fra tutti, appunto, la distruzione sistematica della famiglia, attraverso politiche, scelte e stili di vita e altri mali del mondo moderno.

Putin ha riconosciuto che la famiglia è un cemento indispensabile per il capitale umano della Russia. Ma non è il solo. Anche il re di Spagna Felipe, durante il medesimo discorso rivolto al Paese, ha avuto per la famiglia accenni importanti, in una terra come la Spagna dove la scristianizzazione e la distruzione della famiglia hanno coinciso con una serie impressionante di leggi che l’hanno fortemente indebolita.

Felipe ha riconosciuto “il valore che ha nella nostra società la famiglia, che ha permesso a molti di superare i peggiori momenti”. Il re si riferiva alla lancinante crisi economica che il Paese ha attraversato negli ultimi dieci anni e che l’ha portata ad essere uno dei paesi a maggiore tasso di disoccupazione. Eppure ha detto di aver conosciuto lavoratori e professionisti, uomini e donne che con il loro sforzo durante questi lunghi e difficili anni, senza cedere né rassegnarsi hanno sostenuto con grande dignità e coraggio la loro famiglia”.

Si potrebbe rimproverare a Felipe che la Spagna a cui parla è la stessa che dal governo Zapatero in poi ha esportato un modello sociale antagonista a quello che vede nella famiglia la cellula della società. Però è anche vero che il messaggio di un capo d Stato non è un programma politico, ma dovrebbe essere uno sguardo con profondità e disincanto sulle urgenze e le prospettive del Paese. In Spagna le sue parole potrebbero dare forza a costruire un progetto politico che si basi davvero sulla famiglia come prisma in cui si riflettono tutti i bisogni di uno Stato.

In Italia invece siamo ancora all’anno zero. E di famiglia dunque diventa superfluo parlare. Il Capo dello Stato mostra così di non essere minimamente toccato dalla vera emergenza del Paese che è quella del suo capitale umano, un Paese nel quale oggi vengono propagandanti dalla tv di Stato forme di unione che non portano nessun frutto economico o sociale al Paese. Ma Mattarella è un prodotto, da un certo punto di vista, del suo tempo.

Un frutto di quel cristianesimo sociale che, abbandonato ogni riferimento al Magistero perenne della Chiesa, ha inventato una dottrina sociale a uso e consumo del "Principe", sposando idee e filosofie di altre forme politiche, prima quella marxista, per abbracciare un potere che ancora oggi detiene con la presenza di governi ed esponenti nei posti chiave orientati a quella visione di impegno cristiano nella società. Un impegno che oggi si mostra fragile e non pienamente rispondente ai bisogni del Paese. Quasi sterile, a patto che non serva la mera ambizione personale di potere di qualche fortunato cattolico adulto, che ormai costantemente fa capolino al governo del Paese, portando acqua ai valori del laicismo politico e rendendosi di fatto complice quando non autore, di leggi profondamente in contrasto con la Dottrina sociale della Chiesa. 





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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