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San Filippo Neri Dell'amore al proprio disprezzo

Ultimo Aggiornamento: 03/05/2015 00:51
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03/05/2015 00:36
 
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ARTICOLO II

Verità pratiche conseguenze certissime che risultano dal merito del disprezzo.

Queste nel presente trattato si distinguono in ottanta punti, i quali potranno anche servire di attenta lettura spirituale, almeno una volta il mese, con premettere la devota recitazione del Veni Creator Spiritus o le due bellissime aspirazioni poste al principio di quest'operetta per implorare il lume e la grazia dello Spirito Santo, e Con accompagnarli con la meditazione di uno dei cinquanta mezzi per acquistare l'amore al disprezzo, che si espongono nell'articolo sesto, e con terminare la pia lettura con qualche fervente preghiera, e se piace, con quella suggerita alla fine dell'operetta, per conseguire da Dio questo importantissimo dono. Frattanto si avverta, che molte altre verità restano comprese e nascoste nel merito del disprezzo, oltre le ottanta qui spiegate, perché l'oggetto è vastissimo e Dio solo ne penetra il fondo. Ma a chi farà buon uso di queste, non mancherà nuovo e maggior lume per scoprire nuovo paese incognito a tutti i mortali, e quindi pei vieppiù inoltrarsi nel conoscimento della propria miseria e nell'amore al disprezzo.
Similmente si avverta, che dopo avere nei primi punti e verità, esposta la ragione della conseguenza dedotta dal merito del disprezzo, come da suo principio, non è stato giudicato a proposito per lo più nei seguenti punti di dichiarare, e assegnare una simile ragione, per non allungare di soverchio l'opera, e per non recar tedio, e molestia ai lettori, i quali con breve riflessione su la norma delle verità contenute nei primi punti, e col lume di Dio, potranno da sa penetrare facilmente la forza della deduzione delle rispettive verità, che tutte scaturiscono dal merito del disprezzo.

1. Prima verità e prima conseguenza. Chi è degno di disprezzo (si noti che questi medesimi termini s intendono ripetuti in ciascuno de' seguenti punti) non merita che si faccia veruna stima di lui, perché il disprezzo si oppone alla stima, e la getta giù, e l'atterra, onde se sta forte il merito del disprezzo, deve necessariamente, cedere, e, mancare il merito dell'estimazione e di un favorevol concetto. Dunque a costui non si debbono lodi, onori, ossequi e molto meno distinzioni, privilegi, riguardi, esenzioni.

2. Non merita che si abbia amore per lui; perché è naturale che non si ami quello, che non si stimi buono, essendo il bene l'oggetto dell'amore; onde, per questo stesso che non merita la stima di buono, neppure si merita l'affezione e l'amore. Che però non è da meravigliarsi, se un tale non trova veri amici, e affezionati e benevoli; e se qualcuno, per il passato, lo amava sinceramente, si ritiri ad un tratto e si allontani da lui senza avergliene dato alcun particolare motivo e cagione, dovendo in conseguenza supporre chi è stato abbandonato dagli amici, ciò derivare dall'averne essi finalmente discoperto in lui il motivo e il merito. E quando pure fosse certo, che essi non si fossero indotti a ciò fare per questo capo, deve però essere sicuro, che ne sono stati così guidati da Dio, rettissimo conoscitore dei motivi di essere egli disprezzato. Quindi è che, riguardo ancora all'avvenire, non merita, che le persone savie e di garbo si degnino avere comunicazione con lui, come se fosse un uomo attaccato da mal pestifero e contagioso, atto a spandere l'infezione a chi se gli accosta. Pertanto deve stimare cosa doverosa, che altri, anche suoi domestici, e dipendenti ricusino di incontrarsi, e abboccarsi, e conversare con lui, e che persino i luoghi si fuggano ove egli si trova, e dove ha fatto soggiorno, e si abbia pure dell' orrore per la roba che ha servito a qualche suo uso, per le vesti, per i libri, per gli arnesi, per la casa stessa, e per tutto ciò che può aver relazione alla sua persona; e che la sua sola rimembranza, il suo nome e carattere siano considerati come oggetti troppo odiosi e molesti e che ciascuno si ingegni di impedire ai suoi di trattare con lui.

3. Non merita di esser servito, massimamente conforme al suo genio e soddisfazione, né di essere per sé stesso obbedito; anzi è degno, che se gli faccia il contrario di ciò che richiede. E come in fatti può pretendere esatta servitù e obbedienza da persone quanto alla natura uguali a sé, chi è consapevole d'aver mancato moltissimo, e, per di più, di mancare nell'essenziale servitù e obbedienza dovuta al grande Iddio infinitamente maggiore di lui? Quindi avvenga, se fosse il caso che debba qualcuno da lui dipendere, che questi ricorra con le istanze più efficaci per sottrarsi dalla sua dipendenza, e si assoggetti ad altri, anche di lui molto minori e contrari che gli biasimino la sua condotta, la deridano e operino anche in faccia sua tutto l'opposto.

4. Non merita conseguentemente che siano tenute in nessun pregio le sue azioni ed opere, e scientifiche, e meccaniche, e morali; né gradite le sue fatiche fatte in altrui servizio, né approvati i pensieri, né progetti, né accettati i suoi pareri; a tal punto che quando si arriva a sapere, che un sentimento e una operazione deriva da esso, se non v'è pregiudizio altrui, subito si scarti e si vilipenda, come procedente da un principio infetto e disprezzabile: reputandosi comunemente dagli uomini, che il frutto non debba essere di miglior condizione della pianta, né l'accessorio del suo principale; e generalmente avvenga che sia rigettata con derisione e disprezzo qualunque cosa si sappia venire da lui, se non altro per questo solo titolo e motivo.
Analogamente, chi schiaccia un ragno col piede, non ha rispetto a quelle tele, per fabbricare le quali quel misero animaletto si era già sviscerato. Per questo stesso motivo neppure merita che siano curati li buoni servigi da lui prestati con tutto l'impegno ed affetto, e che non ve ne resti la memoria. Gesù travagliò per il corso di trentatre anni continui con incomprensibile amore per ben servirci, impiegando e consumando per noi gli spiriti, i sudori, le lacrime, il sangue, la vita e tutto se stesso al fine di procurarci ogni bene. E qual gradimento è stato il nostro di un sì sorprendente servizio? In qual pregio l'abbiamo tenuto? Come ci è rimasto impresso nella mente e nel cuore? Ohimè, che le offese e gli strapazzi sì spesso da noi fattigli, ci tolgono per confusione la parola di bocca. Vuol dunque ragione, che gli uomini ci paghino con simile moneta, anzi, tutto ciò è poco in paragone del nostro merito.

5. Non merita che alcuno prenda con lui la minima confidenza e apertura di cuore: e neppure quelli, che dovrebbero per ogni titolo averla o per dipendenza e congiunzione con lui, o per i molti benefici e riprove di parzialissmo affetto, con le quali ha inteso obbigarsegli e farsegli suoi. Veda bensì, che quelli stessi, i quali con esso tengono affetto, chiusa con lui la bocca e il cuore, con altri poi (sebbene per pubblica fama imprudenti e mal costumati) spandano le loro viscere, né si sazino di esser loro continuamente intorno per confidarsi. In modo analogo, neppure merita, che il suo amore trovi riscontro con le persone amate e quanto più le ama, più le scorge insensibili e disamorate. O quanto questa sorta di umiliazione è a noi dovuta, poiché appunto questa è il nostro caso con Dio. Gesù è il nostro amantissimo padre, che per nostro bene ha fatto e patito tanto: eppure fino al presente non ha trovato in noi corrispondenza alcuna di fiducia e di amore.

6. Non merita che gli si dia la libertà di parlare di ciò, che gli piace nelle adunanze e nelle conversazioni, né di esporre i suoi sentimenti: ma appena egli apre la bocca, tosto gli si dia sulla voce, e in tutto sempre si contraddica da ognuno, sebbene inferiore a sé per età, per condizione, per grado, per scienza, e gli succeda di noti essere mai creduto, anche quando pronunzia le verità più manifeste, e ciò per effetto di una pessima prevenzione impressa negli uomini contro di lui.

7. Non merita di ricevere un'occhiata amorevole, né una parola dolce, sebbene egli usi tratto cortese nell'interrogare e nel ragionare, né elle si ricevano da altri le sue amorevolezze, esibizioni e regali da lui fatti con tutto il buon cuore. Questi segni di stima e di amore si sono pure bene spesso empiamente da lui negati al Signore nella persona dei poverelli, che rappresentavano Gesù povero, disprezzato e afflitto. Gli si renda dunque ciò che per giustizia è ad esso dovuto.
Quindi è giusto che, quando le persone più. mansuete ed affabili lo scorgono anche da lungi, subito e pubblicamente o lo scansino, se loro si rende possibile, o mutino contegno, aria, umore e portamento e si mettano in ardenza, in altura, in severità; e col volto, e con la voce, e con i gesti e con mille e mille atteggiamenti aspri e incivili, gli dimostrino chiaramente l'avversione del loro cuore, l'antipatia, la disistima e il disprezzo. Inoltre avvenga che la gente si vergogni di lui, anche chi ci dovrebbe avere maggior rapporto, e che si faccia mostra neppur di conoscerlo, e che nessuno gli si presenti con sincerità di animo, e nessuno con lui proceda con schiettezza, ma chiunque è necessitato a trattarci, si ponga sulle parate, in grave sostenutezza e sussiego, e faccia assai, se si attiene al silenzio e agli equivoci dinanzi a lui, a scanso di manifeste bugie.

8. Non merita di avere la consolazione di vedere persona contenta, e soddisfatta di lui, quando per altro mette ogni studio a far bene, e a secondare il genio del suo prossimo, e sempre gli tocchi a restar con la pena di mirar le persone, e quelle ancora chele più gli premono, disgustate, amareggiate, infastidite di liti in guisa tale, che ci serva di croce a chiunque tratta, e convive con esso, e che perfino gli sia fatto apertamente conoscere il vantaggio che ne risulterebbe se Dio presto con la morte lo levasse dal mondo.

9. Non merita che si faccia mai conto di lui da alcuno. Chi può contare sul nulla? Chi ha da fondare un assegnamento sul niente, e in quel che non è? E se un peccatore è di peggior condizione del nulla, chiunque è tale potrà lagnarsi che nulla si conti sopra di lui? È dovere che se ne faccia capitale soltanto, quando altri sperino di potersi servire di esso per i particolari loro fini e interessi, e poi si suoni la ritirata, non gli sia reso il saluto, non venga corrisposto, né siano curate le sue cortesie, e nessuno lo guardi in viso, nessuno lo rammenti, non ne faccia più il minimo conto e ricerca, come se fosse morto molti secoli innanzi. Ciò si intende ad eccezione del caso di schernirlo, e di beffeggiarlo, in cui venga liberamente e spesso fuori il suo nome e il suo ricordo.

10. Non merita, che gli siano date le giuste informazioni in materie e affari suoi rilevantissimi, mentre aveva tutto il diritto di esigerle, e di pretenderle; onde gli sia mascherata, palliata, e artificiosamente nascosta la verità, la quale per accidente gli pervenga a notizia, allorché il male si è fatto irrimediabile, e disperato il conseguimento del suo bene desiderato: laddove, se fosse rimasto avvisato in tempo opportuno, avrebbe potuto facilmente da lui scansarsi il male e ottenere il bene. Ciò anche accada, quando egli medesimo sia in dovere di rendere conto dei successo a persone molto rispettabili, e di alto rango, in faccia alle quali però comparisca un infedele nel suo ministero, un mancatore di parola, o per lo meno un uomo inetto, e incapace di qualunque impresa.

11. Non merita che gli sia mantenuta la parola e le promesse fattegli; anche nel caso vi facesse moltissimo affidamento, essendo in gioco il suo proprio onore e interesse. Possibile che chi ha tante volte mancato di parola a Dio, e mancato alle promesse fatte a lui solennemente nel santo Battesimo, e nei tribunali di penitenza, abbia poi a pretendere questo riguardo dal suo prossimo?

12. Non merita di esser creduto nei suoi detti, e nelle sue azioni, quando anche si creda tutto agli altri, soprattutto alle persone a lui ostili. Non fu creduto comunemente Gesù: e il nulla, il peccatore, noi, noi vorremmo questo onore? Quindi succeda, che non gli siano creduti i suoi mali, e impotenze ad operare: e altamente anzi in sua presenza molti se ne ridano, onde da lui si pretenda molto più delle, sue forze; e perciò non potendo esso operare con intera soddisfazione altrui, all'interno suo patire si aggiungano acerbi rimproveri, motti piccanti, irrisioni, minacce e castighi.

13. Non merita di esser compatito nei suoi travagli, disgrazie e pene, o per non esser conosciute, o per non essere stimate, e anche ne sia disprezzato, e messo in burla, e veda nel tempo stesso i suoi confratelli per travagli incomparabilmente minori dei suoi, e talvolta, anche immaginari e voluti, ricevere mille dimostrazioni di compassione e di condoglianza. Questa è una ben giusta pena a chi non ha compatito Gesù nei suoi dolori, anzi ha aggiunto atrocissima afflizione all'afflitto, fino ad accordarsi a metterlo in croce, e dargli la morte.

14. Non merita di essere sovvenuto nelle sue miserie, non consolato se è angustiato, non aiutato se è infermo, non difeso se è perseguitato; onde gli avvenga che nessuno pensi a lui per sollevarlo; e che anzi pensino tutti a lasciarlo in abbandono nei suoi guai, e ad aumentargliene dei maggiori: e gli accada di vedere taluno risoluto di volere piuttosto gettare via il suo, che darlo a lui in tempo pure di sua grave ed estrema necessità. Così conviene a chi ha follemente abusato dell'aiuto e assistenza di. Dio, e ha preteso che l'Altissimo lo serva nei suoi stessi peccati, secondo la terribile espressione dello Spirito Santo: "Mi hai trattato come una schiavo nei tuoi peccati" (Is 43,24).

15. Non merita di riscuoter mai gratitudine, per i benefici ad altri da lui compartiti, quando anche siano tali benefici molto considerevoli, e per la qualità, e per la quantità, e per le loro circostanze: ma bensì gli riesca in luogo di gratificazione e di premio, ricevere noncuranze e disprezzi, e anche affronti nell'ora stessa dalle persone da lui beneficate. E qual gratitudine può pretendere per simili bagattelle e minuzie, chi è stato ingratissimo a Dio per benefici inesplicabili, e senza numero? Eh tacciamo dunque, tacciamo a questa riflessione.

16. Non merita che la gente si fidi di lui; onde sia reputato comunemente un uomo finto, un ingannatore, un mancatore di parola, capace ed atto per sua malizia a commettere ogni male, talmente che presso di esso non si stimi sicura né roba, né segreti, né affari, né commissioni e lavori, e neppure gli si affidino persone quanto all'anima e quanto al corpo; e di più siano queste allontanate e rimosse da lui con rigorosi divieti, quantunque per ogni titolo se gli dovessero consegnare; e ciò per timore, che non restino infette e viziate, comunicando con il medesimo. E chi sì dovrà fidare di chi è nulla, e nulla può, e tante riprove ha dato dinanzi al Signore della sua ignoranza e malizia, ed è tuttora capace di fare ogni male?

17. Non merita di trovare persona, che gli dia ragione, anche in ciò che gli sembra più manifesto e più giusto; ma che generalmente gli si dia il torto da tutti, senza avere chi lo difenda e giustifichi nelle sue oppressioni; e che
piuttosto tutti gli facciano contro, anche i più saggi, discreti suoi conoscenti, congiunti, beneficati da lui, e suoi dipendenti, Chi difese Gesù nelle calunnie inventategli contro, negli ingiusti trattamenti che gli furono fatti? Chi arringò per. la sua innocenza? Eppure era il giusto, il santo, l'esente da ogni macchia: e noi siamo rei di tanti peccati! Quindi è che neppure merita di essere lasciato parlare in sua discolpa. Lo schiaffo sì ignominioso e crudele dato all'innocentissimo Gesù al tribunale di Caifa quando con infinita sapienza parlò per attestare la verità, ci fa abbastanza conoscere che non ci aggrava chi ci impedisce di metter fuori i nostri sentimenti e ragioni. Non si permette che il Figlio dell'Eterno Padre faccia sentire la sua voce, e noi ci lusinghiamo di avere il merito di parlare per noi con libertà?

18. Non merita di trovare alcuno che gli mantenga il segreto: trattamento è questo ben proporzionato a chi si stima quanto il nulla o meno ancora dei nulla: anzi conviene che gli si strappi di mano, e dai suoi scrigni ciò che custodiva con maggior gelosia, e accuratezza; e che gli siano furtivamente, e senza legittima autorità intercettate e dissigillate e lettere e plichi e i suoi segreti riportati a chi più gli dispiace, e vengano ancora fatti pubblici: quindi non trovi di chi fidarsi e con chi sincerarsi.

19. Non merita di ricevere le convenienze, che si fanno a tutti della sua qualità e condizione: bisognerebbe aver qualche stima di lui, affinché gli si usassero simili convenienze e buoni garbi; ma se non se gli deve nessuna stima non merita queste cose, e neppure deve entrare a parte dei beni che comunemente si dispensa a tutti del suo rango e qualità: a tal punto che, chi distribuisce il bene, pervenendo a lui, lo trapassi, anche pubblicamente, come un indegno. Nella guisa che il santo David profetò a riguardo delle montagne di Gelboe, perché in esse vi fu trucidato l'unto del Signore, il re Saul: "O monti di Gelboe, non più rugiada né pioggia su di voi" (2 Sam 1, 21). E chi ha cotanto influito nella spietatissima morte data sul monte Calvario a Gesù Cristo, che è il vero unto di Dio, e che solo per eccellenza può dirsi tale, non sarà egli infinitamente più meritevole di un simile trattamento? Quanto a noi dobbiamo credere di non avere alcun merito per quei beni che attualmente godiamo, e che ingiuria non ci sarebbe fatta, ma giustizia, se ci fosse tolto. Come dunque ci pare strano, che non ci siano conferiti nuovi beni, e dati segni d'onore? Con tutto il riconoscimento della nostra miseria, con tutto il rimorso della nostra coscienza, ci stimeremo di meritare le finezze e le cortesie che e agli altri si usano? Che se noi non meritiamo il bene che indifferentemente si concede a tutti, molto più non saremo degni di quel bene e di quei favori che sono riservati a persone distinte, e di speciale riguardo.

20. Non merita, che vedendosi colmo di disprezzo da parte degli uomini, di trovare conforto neppure con Dio; quindi applicandosi in tali casi all'orazione, incontri (ma per suo profitto) ovunque e sempre tenebre, desolazioni, amarezze; il cielo divenuto come di bronzo per lui, e Dio apparentemente come insensibile ai suoi clamori, ed oppressioni. Se costui allora dovesse reputarsi degno delle amorose divine influenze, come sarebbe costui un uomo disprezzabile, come deve credere di essere?





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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