A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Meditazioni quotidiane per il 2015 mese per mese (2)

Ultimo Aggiornamento: 23/11/2015 00:32
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31/05/2015 13:40
 
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ANGELUS

Piazza San Pietro
Solennità della Santissima Trinità
Domenica, 31 maggio 2015

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno e buona domenica!

Oggi celebriamo la festa della Santissima Trinità, che ci ricorda il mistero dell’unico Dio in tre Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. La Trinità è comunione di Persone divine le quali sono una con l’altra, una per l’altra, una nell’altra: questa comunione è la vita di Dio, il mistero d’amore del Dio Vivente. E Gesù ci ha rivelato questo mistero. Lui ci ha parlato di Dio come Padre; ci ha parlato dello Spirito; e ci ha parlato di Sé stesso come Figlio di Dio. E così ci ha rivelato questo mistero. E quando, risorto, ha inviato i discepoli ad evangelizzare le genti, disse loro di battezzarle «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt28,19). Questo comando, Cristo lo affida in ogni tempo alla Chiesa, che ha ereditato dagli Apostoli il mandato missionario. Lo rivolge anche a ciascuno di noi che, in forza del Battesimo, facciamo parte della sua Comunità.

Dunque, la solennità liturgica di oggi, mentre ci fa contemplare il mistero stupendo da cui proveniamo e verso il quale andiamo, ci rinnova la missione di vivere la comunione con Dio e vivere la comunione tra noi sul modello della comunione divina. Siamo chiamati a vivere non gli uni senza gli altri, sopra o contro gli altri, ma gli uni con gli altri, per gli altri, e negli altri. Questo significa accogliere e testimoniare concordi la bellezza del Vangelo; vivere l’amore reciproco e verso tutti, condividendo gioie e sofferenze, imparando a chiedere e concedere perdono, valorizzando i diversi carismi sotto la guida dei Pastori. In una parola, ci è affidato il compito di edificare comunità ecclesiali che siano sempre più famiglia, capaci di riflettere lo splendore della Trinità e di evangelizzare non solo con le parole, ma con la forza dell’amore di Dio che abita in noi.

La Trinità, come accennavo, è anche il fine ultimo verso cui è orientato il nostro pellegrinaggio terreno. Il cammino della vita cristiana è infatti un cammino essenzialmente “trinitario”: lo Spirito Santo ci guida alla piena conoscenza degli insegnamenti di Cristo, e ci ricorda anche quello che Gesù ci ha insegnato; e Gesù, a sua volta, è venuto nel mondo per farci conoscere il Padre, per guidarci a Lui, per riconciliarci con Lui. Tutto, nella vita cristiana, ruota attorno al mistero trinitario e viene compiuto in ordine a questo infinito mistero. Cerchiamo, pertanto, di tenere sempre alto il “tono” della nostra vita, ricordandoci per quale fineper quale gloria noi esistiamo, lavoriamo, lottiamo, soffriamo; e a quale immenso premio siamo chiamati. Questo mistero abbraccia tutta la nostra vita e tutto il nostre essere cristiano. Ce lo ricordiamo, ad esempio, ogni volta che facciamo il segno della croce: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E adesso vi invito a fare tutti insieme, e con voce forte, questo segno della croce: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo!”

In questo ultimo giorno del mese di maggio, il mese mariano, ci affidiamo alla Vergine Maria. Lei, che più di ogni altra creatura ha conosciuto, adorato, amato il mistero della Santissima Trinità, ci guidi per mano; ci aiuti a cogliere negli eventi del mondo i segni della presenza di Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo; ci ottenga di amare il Signore Gesù con tutto il cuore, per camminare verso la visione della Trinità, traguardo meraviglioso a cui tende la nostra vita. Le chiediamo anche di aiutare la Chiesa ad essere mistero di comunione e comunità ospitale, dove ogni persona, specialmente povera ed emarginata, possa trovare accoglienza e sentirsi figlia da Dio, voluta e amata.


Dopo l'Angelus:

Oggi a Bayonne, in Francia, viene proclamato Beato il sacerdote Louis-Edouard Cestac, fondatore delle Suore Serve di Maria; la sua testimonianza di amore a Dio e al prossimo è per la Chiesa un nuovo stimolo a vivere con gioia il Vangelo della carità.

(...)

Giovedì prossimo a Roma vivremo la tradizionale processione del Corpus Domini. Alle 19 in Piazza San Giovanni in Laterano celebrerò la Santa Messa, e quindi adoreremo il Santissimo Sacramento camminando fino alla piazza di Santa Maria Maggiore. Vi invito fin d’ora a partecipare a questo solenne atto pubblico di fede e di amore a Gesù Eucaristia, presente in mezzo al suo popolo. Prima di finire, facciamo ancora una volta il segno della croce, a voce alta, tutti! “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, ricordando il mistero della Santa Trinità.

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticate di pregare per me. 




   Cari Amici,
stiamo entrando nel mese di giugno (e così apriamo una nuova sezione che ci accompagnerà, mese per mese, dentro alcune meditazioni, per la sezione passata cliccare qui:

Meditazioni quotidiane per il 2015 mese per mese)
 
e a breve si parlerà dell'estate (clima permettendo), delle vacanze, del divertimento.....

ed in riferimento a ciò abbiamo voluto chiarire una insana abitudine sull'uso dei termini che, in questo caso, penalizza fortemente la funzione della RICREAZIONE, vero atto che offre all'uomo una autentica ri-creazione del corpo e dello spirito, la vera rigenerazione dopo le fatiche del lavoro.
Con questo breve articolo offriamo l'opportunità di pensare bene a come trascorrere il nostro tempo libero. E non dimentichiamo mai di usare il Rosario per trascorrere alcuni minuti del nostro tempo libero.
Buona riflessione a tutti.

(cliccare sulle immagini per ingrandirle)

Ah! quanto è noiosa questa ricerca sui termini, sulla loro etimologia, il senso, il significato abitualmente strumentalizzati e abusati per far dire ciò che certi termini non dicono affatto.

Ma non possiamo davvero rinunciare alla responsabilità di mettere in pratica ben tre delle opere di misericordia spirituale, raccomandate dallo stesso Pontefice Papa Francesco (vedi qui - Discorso del 30 aprile 2015), esse sono, in questo caso specifico: "consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti e ammonire i peccatori".

In questi ultimi anni, anche dentro la Chiesa purtroppo, ha prevalso una idea falsificata (=adulterare) del concetto di "ricreazione" e dunque del divertimento, del divertirsi, arrivando persino a dire che chi non è capace di divertirsi non sarebbe neppure un buon cristiano. Pensare questo è davvero una bestemmia al buon senso! Eppure è quanto ci sentiamo dire dentro le Parrocchie (perchè è di questo ambiente che vogliamo parlare) diventate oramai un punto di ritrovo del divertimento mascherato da incontri di ricreazione, o preghiera i quali, infatti, sono sempre più un divertimento, anziché  un incontro di preghiera in cui il silenzio dovrebbe essere quello strumento della vera parola interiore tra l'uomo e Dio, e il vero Dio che si abbassa sull'assemblea riunita per unirsi ai palpiti di questi cuori... ricreandoci interiormente ed alimentandoci nel corpo, Lui il vero Medico.

Attenzione ai termini!

Ricreazione, lo dice il termine stesso, è un ri-creare valori, atteggiamenti, sentimenti, stati d'animo e quant'altro, andati un poco perduti a causa del tanto lavorare, è un "staccare" la presa con il mondo per ritrovare un poco il mondo perduto della fede, quel rapporto con Dio, quel "Tu per tu" perduto in quell'attivismo dal quale Gesù mette in guardia Marta. Disse infatti Marta a Gesù: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta» (Lc.10,38-42).

Intendiamoci, Gesù non sta elogiando o invitando all'ozio, non sta disprezzando il lavoro di Marta, piuttosto sottolinea un aspetto dell'attivismo che vorrebbe scoraggiare quel dedicarsi esclusivamente all'adorazione e al servizio di Dio. Entrambi sono apprezzati da Gesù, ma essendo Egli il medico anche dei corpi oltre che delle anime, sa che la scelta di Maria è quella "parte migliore" che nessuno potrà toglierle.

Ma non tutti possono vivere come Maria, la stessa sequela a Gesù che chiama (vocazione) non è compresa fin dal principio (vedi Mt.19,10-12), così come lo sguardo amorevole di Gesù al giovane che, per il troppo avere seppur grande attivo nei comandamenti di Dio, rinuncia a seguire Gesù, vedi Mc.10,17-22.

Cosa c'entra tutto ciò con la ricreazione o il divertimento?

Dice Gesù: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.  Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.  Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" (Mt.11,28-30).

La ri-creazione è un ristorare corpo ed anima.

Si cerca la ri-creazione quando si è trascorso un certo tempo a lavorare sodo per qualcosa o per Qualcuno, è cercare ristoro quando ci sentiamo affaticati ed oppressi dalle vicende della vita, dai problemi, dallo stress del lavoro; mentre si cerca il divertimento quando si è annoiati della vita monotona o stressante. Aspetti questi tutti per altro legittimi, il corpo ha bisogno di "staccare la presa" dalle faccende, ha bisogno di dormire, di distendersi, come di nutrirsi e di essere curato.

Or dunque la ricreazione è un aspetto specifico proprio della rigenerazione dell'anima, il divertimento è specifico al corpo, al materiale e mentre nella ricreazione risanando l'anima ne guadagna anche il corpo, il divertimento non fa guadagnare nulla all'anima, anzi, il più delle volte la danneggia perchè allontana l'anima dalla sua vera natura e separa il corpo dal benessere necessario all'anima.

La vita ci offre due doni preziosi: uno è il tempo, l’altro la libertà. Libertà non di fare ciò che ci pare e piace, ma libertà di scegliere fra Dio e Mammona, tra il Bene e il male, vivere il tempo che ci è dato per fare discernimento in tutta libertà. La libertà è un bene prezioso che è l'aspetto fondante il libero arbitrio con il quale siamo stati creati, ma il tempo che ci è dato non ci appartiene e di come lo spenderemo ci sarà chiesto il conto, così come ci sarà presentato il conto dell'uso della libertà.

Quando si parla di "diritti" si dimentica troppo spesso che nessuno può vantare di averne in modo del tutto gratuito, il diritto è intrinsecamente associato ai doveri. Perciò è falso quando si sente dire: "io ho il diritto di divertirmi!", mentre è vero che l'uomo ha il diritto di lavorare e, se lavoratore, ha il diritto ad avere momenti ricreativi per ritemprare anima e corpo. Infatti esiste il dovere verso il corpo e l'anima che è quello del nutrimento e della cura, quello del riposo e quello di fare ricorso al medico quando il corpo lo richiede. Il "diritto" al riposo ce lo ha dato Dio quando "il settimo giorno si riposò" e lo fece per un motivo ben preciso che è inserito nei Comandamenti: "Ricordati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa' tutto il tuo lavoro, ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al Signore Dio tuo" (Es.20,2-17)

Il concetto di fare del "tempo libero quel che voglio" è dunque una appropriazione indebita.

Se così non fosse (e lo è) vivremo in piena anarchia e non esisterebbe la società, non esisterebbe alcuna istituzione, non esisterebbe alcuna comunità la quale si fonda su di un tempo scandito lungo l'arco della giornata con i cosiddetti "turni di lavoro", la settimanale lavorativa, il tempo scolastico, e così via.

Diverso è allora dire che "nel tempo libero farò o faccio quel che voglio". Ciò è vero fino a un certo punto nel senso che saremo responsabili dell'uso di questo tempo libero e alla fine ci sarà presentato il conto spese.

Se - per fare un esempio - nel tempo libero mi divertissi a rubare, ad uccidere, senza dubbio alla fine verrei preso e giustamente condannato o dichiarato incapace di intendere e di volere. Lo stesso vale però anche per l'anima che in questo tempo libero ha il diritto (e noi ne abbiamo il dovere) di essere nutrita a dovere e se dunque usassi questo tempo libero per commettere azioni illecite, senza alcun dubbio potrei farla franca, ma alla fine il conto sarà portato.

Si potrebbe dire: ma allora di che libertà parliamo se non sono libero di divertirmi come voglio io?

Lo abbiamo accennato sopra: libertà NON è fare quel che mi pare e piace, ma è finalizzata anch'essa ad un ordine naturale, così come la Natura stessa vive per compiere un ciclo vitale per se stessa e per noi, noi non viviamo per noi stessi (benché si voglia campare così e siamo all'edonismo) e di conseguenza la libertà fa parte di azioni che ricadono anche sugli altri e mai solo su se stessi. Per esempio quando una persona si suicida non è vero che coinvolge solo se stesso, ma coinvolge anche le persone che gli sono accanto, coinvolge gli affetti più cari, ed un suicida è sempre una sconfitta per l'intera comunità. Certo, resta in piedi la libertà di uccidermi, ma è una libertà adulterata da un gesto innaturale, doloroso, violento, incomprensibile, tanto è vero che spesso si parla di "raptus".

La libertà di uccidersi (eutanasia) o la libertà di uccidere (vedi l'aborto) sono falsificazioni della vera libertà che ci è data in gestione con il tempo che abbiamo da vivere, non per usarla a nostro piacimento, ma sempre in funzione del bene dell'altro.

E' davvero paradossale che gli Stati oggi hanno legittimato l'uccidere i concepiti, ma se poi uccidi un uomo o un bambino - giustamente - vai in prigione. Che legge è mai questa che difende a ragione l'uomo vivo ma ne uccide per legge l'embrione e perciò uccide il suo futuro?

Quale è allora la funzione del tempo libero?

Il tempo non nasce con noi, ma siamo noi a nascere dentro un tempo limitato, per questo non ci appartiene, ma dentro questo tempo possiamo e dobbiamo usarlo nel modo migliore, ossia, nascendo nel tempo abbiamo il compito, l'onere e l'onore (e non il potere),  il piacere di essere creativi, di essere genitori, di poter far uso dei talenti che ci sono donati (leggasi quanti inventori, filosofi, letterati, geni dell'arte e della musica, anche quanti Santi, Martiri e così via...), di poter fare scelte di vita, stili di vita, ma al tempo stesso capire anche ciò che è bene e ciò che è male, fare discernimento fra ciò che si può o non si può fare. Dice San Paolo: «Tutto mi è lecito!». Ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Ma io non mi lascerò dominare da nulla (1Cor.6,12), è questo l'autentico esercizio del libero arbitrio e dell'uso del tempo libero.

 

In questa funzione troviamo due elementi fondamentali:

1. il divertimento: che è quel "svagarsi", rompere una monotonia, rompere con la noia, dare sfogo all'adrenalina, essere in un certo senso - in questo tempo - fuori dal coro, fuori dai canoni imposti dalla società, voler osare i divieti imposti dal buon senso civico, azzardare, irrompere, scatenarsi per esempio in discoteca o in questi "rave-party" sempre più in aumento con musica ad alto volume dalla mezzanotte di sabato fino al tardo pomeriggio di domenica, spesso in compagnia di alcool e droga....

Ci farete osservare che forse esageriamo e che il divertimento è possibile senza mischiarci gli aspetti negativi. Sì, forse esiste questo divertimento, ma non si chiamerebbe più così perchè il divertimento è in sè un rompere gli schemi, è un andare oltre, è appagamento dei propri istinti al di la delle regole necessarie per il quieto vivere, è rompere le regole. Chi si diverte (nel vero senso del termine), il più delle volte innesca sempre qualcosa di illecito e coinvolge altri.

2. la ricreazione: che è il contrario del divertimento, o meglio, è il suo opposto seppur ha la stessa finalità che è quella dello "staccare la presa" con le faccende mondane, con il lavoro, ma per ritemprare corpo ed anima e non per sollecitarla ad altro stress. Il divertimento è infatti un ulteriore stress al corpo e all'anima, la ricreazione invece è un rigenerare gli equilibri attraverso - per esempio - l'ascolto anche della musica, ma non nell'estremo di un rave-party, o di una discoteca dalla quale quante volte sentiamo dire al rientro "sono stanco morto", è un momento in cui dedicarsi alla sana lettura, ma non nell'estremo di una raccolta pornografica usata appunto "per divertirsi". Il divertimento si occupa solo di appagare il corpo, la ricreazione correttamente intesa ed applicata rigenera anche l'anima e dunque ne riceve benefici anche il corpo. E' dedicarsi alla preghiera, a momenti di colloquio con Dio, è un andare laddove il tempo dedicato al lavoro non ci consente di andare.

Possiamo aggiungervi una terza parte che è

3. la distensione: generalmente vissuta da quanti definendosi atei non hanno un tempo da dedicare all'anima, ma amano naturalmente come tutti quei momenti di rilassamento e dunque non intendono farsi coinvolgere ne dal divertimento, etimologicamente inteso, ma neppure dalla ricreazione e dunque parlano di distensione attraverso un hobby, per esempio, curare uno specifico interesse tanto per sentirsi "bene". Intendiamoci questo non è un male eh! Così come chi pratica la vera ricreazione potrebbe dedicarsi tranquillamente anche ad un hobby senza per questo commettere alcun peccato. Ma il concetto è questo: se dedico il mio tempo libero ad un hobby, quando lo dedicherò a Dio? Chi vive il tempo libero nel concetto della distensione perciò, non è che fa del male, ma vive esclusivamente per se stesso.

Insomma, per dirla nel linguaggio tecnologico del computer, abbiamo tre possibilità:

1. lo Standby, che potremo paragonare alla distensione: metto in pausa il cervello facendo altro;

2. spegnere il PC, che potremo paragonare al divertimento, quel staccare la presa dal cervello e agire senza interpellare la coscienza retta;

3. riavvia o reset il PC, che in definitiva ricrea le condizioni giuste per far ripartire  correttamente il cervello.

La scelta come vediamo c'è, qui si applica il libero arbitrio ma assumendosi le proprie responsabilità sulle scelte fatte.

Nelle parrocchie, per esempio, va di moda da anni : educatore o animatore?

Ci viene spontaneo rispondere: ma che domanda è mai questa?

L'animatore è colui che intrattiene un gruppo di persone (spesso paganti) per farle divertire, lo troviamo nei villaggi turistici, nelle gite di comitive, nelle scuole magari anche vestito da Clown, ma l'educatore è tutt'altra cosa!

L'educatore non deve far "divertire" ma deve ricreare qualcosa che si è perso, ripristinare un clima di gruppo che favorisca l'autentica ricreazione, aiutare ad imparare cose vecchie e cose nuove unendole in una equilibrata armonia di comprensione. Tutto con gioia, sì, ma che non è appunto il divertimento.

Insomma la "ricrea (più) azione" è quell'atto e atteggiamento che ricrea una azione, ma ricrea anche re-azione e ci riporta alla ri-creazione. Possono sembrare giochi di parole, ma è nello specifico l'autentico significato per cui noi, in quanto battezzati, preferiamo parlare di ricreazione anziché di divertimento.

La ricreazione crea, possiamo dire, nuove forze, nuovo vigore sia al corpo che allo spirito e rigenera dallo stress; il divertimento invece storna, diverte l'animo dalle cure e dagli affanni che lo angustiano o che troppo fortemente lo preoccupano, ma indirizzandolo su strade sbagliate, opposte, alimentando spesso nuovo stress. Inoltre il divertimento conduce al "sollazzo" che nella etimologia significa "stare al solatio" stare al sole, sfaccendati, senza far niente e rilassarsi, non che sia un male, ma non era questo il ristoro di cui ha parlato Gesù! Da qui si scade poi nel trastullo e nel passatempo che sono alla fine la deriva e la vera perdita di tempo.

Un vecchio dizionario riportava questo: "La ricreazione vera non la gode chi non lavora, chi non è occupato in faccende serie; ma il divertimento lo godon tutti, perchè lo scuoter la noia con passatempi frivoli, è un divertimento esso pure. Imperrocchè il disoccupato si diverte ma non si ricrea; l'occupato si ricrea anche senza divertimento, perchè sa che i passatempi frivoli non giovano al suo ristorarsi".

Per concludere: il divertimento svia la mente, la ricreazione riavvia la mente.

Sia lodato Gesù Cristo


   


[Modificato da Caterina63 31/05/2015 15:32]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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Joseph Ratzinger e la teologia politica nel volume "L'unità delle nazioni. 
Una visione dei Padri della Chiesa" 

Senza verità la politica 
è culto dei demoni

Nell'autunno del 1962 Joseph Ratzinger tenne una conferenza alla settimana della Salzburger Hochschule. Un breve estratto ne venne pubblicato nella rivista dei laureati cattolici "Der katholische Gedanke" (19, 1963, pp. 1-9) e una parte più vasta era stata già stampata in precedenza in "Studium Generale" (14, 1961, pp. 664-682). I due articoli vennero poi rielaborati nel volume Die Einheit der Nationen (1971), tradotto in Italia nel 1973 e ora riedito a cura del nostro direttore:  L'unità delle nazioni. Una visione dei Padri della Chiesa (Brescia, Morcelliana, 2009, pagine 120). Qui sotto pubblichiamo uno stralcio dell'ultimo capitolo del volume, l'introduzione del curatore e la recensione del libro scritta da uno dei maggiori studiosi di patristica e di storia del cristianesimo.

Come presso Origene, anche presso Agostino il punto di aggancio per la teologia della realtà politica risulta da una necessità della polemica. La caduta di Roma nell'anno 410 per opera di Alarico aveva chiamato in campo di nuovo la reazione pagana:  dove sono mai le tombe degli Apostoli? si gridava. Essi manifestamente non erano stati in grado di difendere Roma, la città che era rimasta invitta finché si era affidata alla tutela dei suoi dèi patri. La sconfitta di Roma dimostrò con evidenza palmare che il Dio creatore, che la fede cristiana adorava, non si prendeva cura delle vicende politiche; questo Dio poteva essere competente per la beatitudine dell'uomo nell'aldilà; che non fosse competente per l'ambito della realtà politica, l'avevano appena mostrato efficacemente gli eventi. 

La politica aveva manifestamente la propria struttura di leggi, che non concerneva il Dio sommo, doveva quindi avere anche la propria religione politica. Ciò cui la massa aspirava, piuttosto per una sensibilità generale, voglio dire che, accanto alla religione elevata si dovesse dare anche una religione delle cose terrene, e specialmente di quelle politiche, era cosa che si poteva motivare pure più profondamente ancora partendo dalle convinzioni filosofiche dell'antichità. 

Bastava solo ricordarsi dello assioma del pensiero platonico formulato da Apuleio:  "Tra Dio e l'uomo non v'è nessuna possibilità di contatto". Il platonismo era convinto nel senso più profondo della distanza infinita tra Dio e mondo, tra spirito e materia; che Dio si occupasse direttamente delle cose del mondo, doveva apparirgli del tutto impossibile. Il servizio divino per il mondo era curato da esseri intermedi, da forze di natura diversa, a cui ci si doveva attenere, quando si trattava delle cose di questo mondo. 

In questa accentuazione eccessiva della trascendenza di Dio, che significava segregarlo dal mondo, escluderlo dai concreti processi di vita d'esso, Agostino scorgeva a ragione il nucleo vero e proprio della resistenza contro la rivendicazione di totalità da parte della fede cristiana, che non poteva mai tollerare un'emarginazione della realtà politica dall'ordine dell'unico Dio. Alla reazione pagana che tendeva a una restaurazione del rango religioso della pòlis e in tal modo a relegare la religione cristiana dell'aldilà nell'ambito  puramente  privato, egli contrappose anzitutto due precisazioni fondamentali. 

La religione politica non ha alcuna verità. Essa poggia su una canonizzazione della consuetudine contro la verità. Questa rinuncia alla verità, anzi lo stare contro la verità per amore della consuetudine, è stata persino ammessa apertamente dai rappresentanti della religione romana - Scevola, Varrone, Seneca. Ci si assoggetta a pagare la tradizione con quanto si oppone alla verità. Il riguardo alla pòlis e al suo bene giustifica l'attentato contro la verità. Ciò vuol dire:  il bene dello Stato, che si crede legato al persistere e sopravvivere delle sue antiche forme, viene posto al di sopra del valore della verità. 

Qui Agostino vede scoppiare in tutta la sua asprezza il contrasto vero e proprio:  secondo la concezione romana la religione è una istituzione dello Stato, quindi una sua funzione, e come tale subordinata a esso. 

Non è un assoluto il quale sia indipendente dagli interessi dei gruppi che la rappresentano, ma è un valore strumentale rispetto allo "Stato" assoluto. Secondo la concezione cristiana, per contro, nella religione non si tratta di consuetudine ma di verità, che è assoluta,  che quindi non viene istituita dallo  Stato,  ma ha istituito per se stessa  una  nuova  comunità,  la  qua- le   abbraccia  tutti  quanti  vivono  della verità di Dio. Partendo di qui, Agostino  ha  concepito la fede cristiana come liberazione:  liberazione per la verità dalla costrizione della consuetudine. 

La religione politica dei Romani non ha alcuna verità, ma al di sopra di essa esiste una verità, e tale verità è che l'asservimento dell'uomo a consuetudini ostili alla verità lo pone in balìa delle potenze antidivine, che la fede cristiana nomina demoni. Perciò il servizio agli idoli ora non è, invero, solo uno stolto affaccendarsi senza oggetto, ma, consegnando l'uomo in balìa della negazione della verità, diviene servigio ai demoni:  dietro gli dèi irreali sta il potere sommamente reale del demone e dietro la schiavitù alla consuetudine v'è il servaggio agli ordini degli spiriti malvagi. 
In ciò sta la vera profondità a cui scende la liberazione cristiana e la libertà conquistata in essa:  liberando dalla consuetudine affranca da un potere, che l'uomo ha egli stesso dapprima creato, ma che di gran lunga si è levato al di sopra del suo capo e ora è signore su di lui; è divenuto un potere oggettivo, indipendente da lui, breccia d'invasione da parte della potenza del male come tale, che lo sopraffà, cioè dei "demoni". 

La liberazione dalla consuetudine per attingere la verità è emancipazione dalla potestà dei demoni che stanno dietro la consuetudine. In ciò il sacrificio di Cristo e dei cristiani ora diviene veramente comprensibile come "redenzione", cioè liberazione:  elimina il culto politico opposto alla verità e al posto di esso, che è culto dei demoni, mette l'unico universale servizio alla verità, che è libertà. In ciò, il processo di pensiero di Agostino s'incontra con quello di Origene. 

Come questi aveva inteso l'assolutezza religiosa dell'elemento nazionale quale opera degli angeli demoniaci delle genti e l'unità sovranazionale dei cristiani come liberazione dalla prigionia contro il fattore etnico, così anche Agostino riporta la realtà politica nel senso antico, cioè la divinizzazione della pòlis, alla categoria del demoniaco e nel cristianesimo vede il superamento del potere demoniaco della politica, che aveva oppresso la verità. 

Anche per lui gli dèi dei pagani non sono vuote illusioni, ma la maschera fantastica, dietro la quale si celano potestà e dominazioni, che precludono all'uomo l'accesso ai valori assoluti, rinserrandolo nel relativo. E anch'egli nell'elemento politico scorge il dominio vero e proprio di queste potenze. È vero che Agostino ha riconosciuto il suo valore di verità all'idea di Evemero che tutti gli dèi siano stati in origine una volta uomini, cioè che ogni religione (dei pagani) poggi su una iperbolizzazione di sé da parte dell'uomo, ma ha visto al tempo stesso che l'enigma delle religioni pagane, con questa ammissione, non è affatto risolto. Le potenze, che apparentemente l'uomo fa scaturire e proietta da se stesso, presto si dimostrano oggettive ipostasi di potere,  "demoni", che esercitano su di lui  una signoria sommamente reale. Da  esse  può liberare solo Colui che ha potere su tutte le potestà:  Dio medesimo. 

Se qui, a conclusione, ci chiediamo quale sia la risultanza complessiva dell'indagine, dobbiamo constatare che anche Agostino non ha tentato di elaborare qualcosa da intendere come la costituzione di un mondo fattosi cristiano. La sua civitas Dei non è una comunità puramente ideale di tutti gli uomini che credono in Dio, ma non ha neppure la minima comunanza con una teocrazia terrena, con un mondo costituito cristianamente, bensì è un'entità sacramentale-escatologica, che vive in questo mondo quale segno del mondo futuro
Quanto sia precaria la causa di un cristiano, glielo aveva mostrato l'anno 410, in cui veramente non erano stati solo i pagani a invocare gli antichi dèi di RomaCosì per lui lo Stato, pure in tutta la reale o apparente cristianizzazione, rimase "Stato terreno" e la Chiesa comunità di stranieri, che accetta e usa le realtà terrene, ma non è a casa propria in esse. 

Certo, la convivenza delle due comunità era divenuta più pacifica di quanto fosse ai tempi di Origene; Agostino non parlò più della cospirazione contro lo Stato "scitico"; ma ritenne giusto che i cristiani, membri della patria eterna, prestassero servizio in Babilonia come funzionari, anzi come imperatori. Mentre dunque in Origene non si vede bene come questo mondo possa proseguire, ma si percepisce soltanto il mandato di tendere allo sbocco escatologico, Agostino mette in conto una permanenza della situazione attuale, che ritiene tanto giusta per quest'età del mondo,  da  desiderare  un rinnovamento dell'Impero romano. Ma rimane fedele al pensiero escatologico in quanto reputa tutto questo mondo un'entità  provvisoria  e  non  cerca perciò di conferirgli una costituzione cristiana,  ma lascia che esso sia mondo,  che  deve  tendere  lottando  a conseguire il proprio relativo ordinamento. 

In tal misura anche il suo cristianesimo, fattosi in modo consapevole legale, rimane, in un senso ultimo, "rivoluzionario", poiché non può considerarsi identico ad alcuno Stato, ma è invece una forza che relativizza tutte le realtà immanenti al mondo, indicando e rinviando all'unico Dio assoluto e all'unico mediatore tra Dio e l'uomo:  Gesù Cristo.



(©L'Osservatore Romano 23 gennaio 2011)






LA LETTURA
Giovanni Paolo II
 

La morte di Giovanni Paolo II e don Luigi Giussani; il cardinal Ratzinger che denuncia "la sporcizia nella Chiesa" e poi viene eletto Papa; la battaglia sulla Legge 40 e il "modello Zapatero" per la distruzione della famiglia; Abu Mazen eletto presidente palestinese e le prime elezioni in Iraq del dopo Saddam; gli attentati di Londra e le guerre ed epidemie in Africa. 

In dieci anni il mondo è molto cambiato, ma per noi il vero Padrone del mondo è il Nostro Signore Gesù Cristo...

di Enrico Cattaneo

Attentati di Londra 2005

Fare memoria è anche un modo per leggere la storia e comprendere meglio il nostro presente. Penso ai giovani che oggi hanno vent’anni, e dieci anni fa erano ancora dei ragazzi che non potevano sapere e comprendere tutto quello che allora accadeva. 

L’anno 2005 è stato molto importante per la Chiesa Cattolica. Infatti il 2 aprile, terminava il suo viaggio terreno il Papa Giovanni Paolo II (Karol Jósef Wojtyła), all’età di 85 anni, dopo un pontificato durato 26 anni, 5 mesi e 17 giorni, uno dei più lunghi della storia dei 264 papi di Roma. Era il sabato, vigilia della II domenica di Pasqua, che egli stesso volle che fosse chiamata “Domenica della divina Misericordia”. Nove anni più tardi, il 27 aprile 2014, egli sarebbe stato proclamato santo da Papa Francesco, assieme a papa Giovanni XXIII (clicca qui). L’8 aprile si svolsero i suoi funerali, alla presenza dei principali capi di Stato di tutto il mondo. L’omelia fu tenuta dal card. Ratzinger. Nei giorni precedenti si calcola che una folla dai 3 ai 5 milioni di persone abbiano reso omaggio al suo feretro. Quell’anno la Pasqua cattolica era caduta il 27 marzo, e la consueta Via Crucis al Colosseo nel Venerdì Santo fu guidata dal card. J. Ratzinger, mentre Giovanni Paolo II era già molto grave. Fu in quella circostanza che l’allora Prefetto della Congregazione della Fede scrisse quelle parole che suonarono a molti troppo severe: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!». E ancora: «Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti». Poteva sembrare una critica al pontificato di Giovanni Paolo II, ma non è possibile pensarlo; era piuttosto la constatazione di quanto nella Chiesa fosse venuta meno l’obbedienza sincera e piena al Magistero, dal momento che molti, più o meno direttamente, stavano in realtà “remando contro”.

Il 19 aprile proprio il Card. Joseph Ratzinger veniva eletto Papa alla quarta votazione, assumendo il nome di Benedetto XVI. Nel suo primo messaggio ai cardinali elettori, Benedetto XVI disse: «Se è enorme il peso della responsabilità che si riversa sulle mie povere spalle, è certamente smisurata la potenza divina su cui posso contare». In quell’anno, Giovanni Paolo II nell’ottobre del 2004 aveva indetto l’Anno dell’eucaristia, che sarebbe terminato nell’ottobre del 2005. Nel frattempo a Colonia (Germania) dal 16 al 21 agosto si tenne la XX Giornata Mondiale della Gioventù, che aveva come tema “Siamo venuti per adorarlo”, ed ebbe la presenza di papa Benedetto XVI. Nella veglia con i giovani, il Papa disse queste forti parole: «I santi... sono i veri riformatori... Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo. Nel secolo appena passato abbiamo vissuto le rivoluzioni, il cui programma comune era di non attendere più l'intervento di Dio, ma di prendere totalmente nelle proprie mani il destino del mondo. E abbiamo visto che, con ciò, sempre un punto di vista umano e parziale veniva preso come misura assoluta d'orientamento. L'assolutizzazione di ciò che non è assoluto ma relativo si chiama totalitarismo. Non libera l'uomo, ma gli toglie la sua dignità e lo schiavizza. Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero. La rivoluzione vera consiste unicamente nel volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l'amore eterno. E che cosa mai potrebbe salvarci se non l'amore?».

A proposito di santi, nel 2005 Giovanni Paolo II non fece nessuna canonizzazione. Invece Benedetto XVI ne fece cinque (il 23 ottobre):  Giuseppe Bilczewski (1860-1923), arcivescovo di Leopoli; Gaetano Catanoso (1879-1963), sacerdote, fondatore delle Suore Veroniche del Volto SantoZygmunt Gorazdowski(1845-1920), sacerdote, fondatore delle Suore di San GiuseppeAlberto Hurtado (1901-1952), sacerdote gesuita, cileno, fondatore del movimento Hogar de Cristo; Felice da Nicosia (1715-1787), laico professo dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini.

Intanto la Chiesa cattolica in Italia dal 21 al 29 maggio del 2005 aveva celebrato il suo XXIV Congresso Eucaristico Nazionale, con il tema “Senza la domenica non possiamo vivere”. Intervennero molti relatori, tra i quali i cardinali Ruini (allora Presidente della CEI), Betori (allora Segretario generale), Kasper (allora presidente del Pontif. Cons. Unità dei Cristiani) e Tettamanzi (allora arcivescovo di Milano). Nella giornata conclusiva intervenne anche Benedetto XVI, il quale nell’omelia finale disse tra l’altro queste parole: «L’Eucaristia – ripetiamolo – è sacramento dell’unità. Ma purtroppo i cristiani sono divisi, proprio nel sacramento dell’unità. Tanto più dobbiamo, sostenuti dall’Eucaristia, sentirci stimolati a tendere con tutte le forze a quella piena unità che Cristo ha ardentemente auspicato nel Cenacolo. Proprio qui, a Bari, felice Bari, città che custodisce le ossa di San Nicola, terra di incontro e di dialogo con i fratelli cristiani dell’Oriente, vorrei ribadire la mia volontà di assumere come impegno fondamentale quello di lavorare con tutte le energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo. Sono cosciente che per questo non bastano le manifestazioni di buoni sentimenti. Occorrono gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le coscienze, sollecitando ciascuno a quella conversione interiore che è il presupposto di ogni progresso sulla via dell’ecumenismo. Chiedo a voi tutti di prendere con decisione la strada di quell’ecumenismo spirituale, che nella preghiera apre le porte allo Spirito Santo, che solo può creare l’unità». 

Per quanto riguarda i cattolici italiani, il 22 febbraio 2005 spirava a Milano a 83 anni don Luigi Giussani, il fondatore di “Comunione e Liberazione”. Le esequie nel duomo di Milano furono presiedute il 24 febbraio proprio dall’inviato di Giovanni Paolo II, il Card. Ratzinger, il quale tenne anche l’omelia. In occasione del settimo anniversario della morte, il 22 febbraio 2012 è stato dato l'annuncio della formale richiesta di Nihil obstat alla Santa Sede per dare inizio alla fase diocesana del processo per la causa di beatificazione e canonizzazione di don Luigi Giussani. Dopo l'ottenimento del Nihil obstat, dal 13 aprile 2012 Luigi Giussani è Servo di Dio.

Nel 2005 i cattolici italiani sono stati coinvolti nella questione riguardante la cosiddetta Legge 40 del 19 febbraio 2004 sulla “procreazione medicalmente assistita” (FIVET). Questa legge era finalizzata a «favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall'infertilità umana [...] qualora non vi siano altri metodi efficaci per rimuovere le cause di sterilità o di infertilità». Nell’articolo 2 poi si afferma che lo Stato promuove «ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e dell'infertilità» e favorisce «gli interventi necessari per rimuoverle nonché per ridurne l'incidenza», ma nel rispetto di «tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito». Alle tecniche di procreazione assistita possono accedere solo «coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi». È vietato il ricorso a tecniche di fecondazione eterologa ed è vietata l'eugenetica.

La legge prevede un limite di produzione di embrioni «comunque non superiore a tre» e con l'obbligo di «un unico e contemporaneo impianto». L'articolo 14 vieta la crioconservazione degli embrioni, per ridurre il soprannumero di embrioni creato in corso di procreazione assistita. La crioconservazione è però consentita per temporanea e documentata causa di forza maggiore, non prevedibile al momento della fecondazione. La promulgazione di questa legge 40 fu vista dalla minoranza parlamentare (di cultura radical-liberale) come una bruciante sconfitta, e così propose un referendum popolare per abrogarla e tornare così alla più totale anarchia. Il referendum fu accettato dalla Corte Costituzionale, e pose i cattolici in un serio dilemma. 

La Legge 40 infatti non si basava certamente sui principi morali della dottrina cattolica, che peraltro in questo campo non fa che applicare la legge naturale, cioè sostenere il concepimento per via naturale (solo all’interno della quale è possibile un intervento di assistenza medica) e il rispetto della vita umana, compresa quella dell’embrione. Ora votare per l’abrogazione della Legge 40 avrebbe significato il ritorno alla discrezionalità più assoluta, mentre votare per il suo mantenimento avrebbe significato dare un’approvazione a ciò che in coscienza i cattolici e gli uomini di retta ragione non potevano approvare. I vescovi, guidati dal Card. Ruini, suggerirono allora la via dell’astensione. Così quando il 12 e 13 giugno 2005 si tenne il referendum, partecipò solo il 25,9% degli aventi diritto, perciò non fu raggiunto il quorum e la Legge 40 rimase. È in quel contesto che nacque l’Associazione Scienza e Vita. Negli anni successivi però ci pensarono i pronunciamenti della Corte Costituzionale a smantellarla, così che oggi si può dire che ben poco di quella legge sia rimasto in piedi (leggi qui).

Su queste tematiche, è bene ricordare che in Spagna, sotto il governo del socialista Zapatero, con la legge n. 13/2005, approvata dalle Cortes Generales il 30 giugno 2005 ed entrata in vigore il 3 luglio dello stesso anno, nell’ordinamento spagnolo si è modificato il diritto di famiglia, in quanto è stata estesa, per la prima volta nel Paese iberico, la possibilità di contrarre matrimonio civile anche alle coppie omosessuali (c.d. ‘matrimonio omosessuale’).

Per completare la panoramica dei principali avvenimenti del 2005, ricordiamo che il 15 gennaio fu eletto Abu Mazen alla presidenza dell'Autorità Nazionale Palestinese, carica precedentemente ricoperta fino alla morte dal leader palestinese Yāser Arafāt. Abu Mazen è il primo presidente palestinese nominato sulla base dell'esito di una tornata elettorale. Pur essendo il suo mandato scaduto il 23 novembre 2008, egli è ancora in carica, poiché ha prorogato unilateralmente la durata del suo mandato al 15 gennaio 2009, in base ad una clausola costituzionale, e poi è rimasto al suo posto alla scadenza di tale proroga.

Il 30 gennaio il popolo iracheno scelse i 275 rappresentanti della nuova Assemblea Nazionale Irachena (a maggioranza sciita). Questo voto rappresentò la prima elezione generale dall'invasione statunitense dell'Iraq nel 2003 e fu un passo importante nel passaggio del controllo del paese della coalizione occidentale agli Iracheni, ma di fatto la guerra intestina tra sunniti e sciiti e quella contro la coalizione occidentale non fece che intensificarsi, fino all’attuale situazione disastrosa, con l’ISIS che occupa gran parte del nord Iraq.

Il 7 luglio avvennero a Londra alcuni attentati suicidi in contemporanea su bus e metro, causando 55 morti e 700 feriti. Essi furono rivendicati dall’organizzazione terroristica islamica Al-Qaida. Il 23 luglio a Sharm el-Sheick, località turistica sul Mar Rosso (Egitto) un attentato suicida di matrice islamica provocò 88 morti e circa 150 feriti. In agosto, gli ultimi coloni israeliani lasciano la striscia di Gaza.

In Africa anche nel 2005, carestie, malattie come malaria e AIDS, guerre civili hanno generato milioni di profughi e rifugiati. Ampie zone del Sudan, della Repubblica Democratica del Congo, dell’Uganda e del Burundi sono state sconvolte da drammatici conflitti nei quali le vittime principali sono stati i civili, e in particolare donne e bambini. Altre tensioni sono nate da conflitti sulla distribuzioni delle risorse, in particolare petrolifere come in alcune zone della Nigeria. In Kenya il 14 luglio fu assassinato monsignor Luigi Locati, vescovo di Isiolo, un uomo forse troppo buono, che però dava fastidio a qualcuno

Può forse essere interessante ricordare che nel febbraio 2005 fu progettato YouTube e messo in rete nell’aprile. Guardando ora a questi ultimi dieci anni, si può dire che il mondo è profondamente cambiato, e certamente non in meglio. Basta ricordare la crisi economica scoppiata nel 2007/8; le cosiddette “primavere arabe” (Tunisia, Egitto, Libia, Siria...) con la caduta dei “dittatori” e quello che ne è seguito; la nascita dell’ISIS (= Islamic State of Iraq and Syria), con le sue decapitazioni, deportazioni, massacri; la diffusione della sua ideologia in Africa (Somalia, Nigeria, Mali...); il martirio dei cristiani; il dramma dei profughi nel Mediterraneo... Era stato profeta Benedetto XVI quando proprio nel 2005 disse che la dittatura del relativismo era la sfida principale che la Chiesa e l'umanità avrebbero dovuto affrontare.

Tutti questi avvenimenti del 2005 avvennero mentre il Presidente degli Stati Uniti era George W. Bush, quello della Russia, Vladimir Putin; in Italia il Capo dello Stato era Carlo Azelio Ciampi, il Presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi e Antonio Fazio era Governatore della Banca d’Italia (fino al 29 dicembre, quando gli subentrò Mario Draghi). 

Ma per noi il vero Padrone del mondo era ed è il nostro Signore Gesù Cristo, Re di giustizia e di pace, al quale sia gloria ora e per sempre. A Lui si devono tutti gli atti di bontà, di altruismo, dedizione, di impegno per la verità, la giustizia, la solidarietà, tutte cose che non rientrano nelle cronache e nei libri di storia, ma che contribuiscono a rendere il mondo più umano e più divino.

   


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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02/06/2015 00:09
 
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Chiusura Mese mariano. Comastri: la devozione alla Madonna è nel Vangelo




Tanti i fedeli che hanno partecipato alla chiusura del mese mariano in Vaticano - OSS_ROM





01/06/2015



E’ stato dedicato al Sinodo sulla famiglia, in programma il prossimo ottobre, la conclusione del mese mariano che si è svolta ieri sera nei Giardini Vaticani. La processione, a cui hanno preso parte numerosi fedeli, è partita dalla Chiesa di Santo Stefano degli Abissini per poi concludersi alla Grotta di Nostra Signora di Lourdes. C'era per noi Marina Tomarro:


Un cammino alla luce del tramonto per raggiungere la grotta che ricorda quella originale che si trova a Lourdes e dove c’è Lei, Maria, la donna vestita di sole. Erano tanti i fedeli che hanno voluto partecipare alla chiusura del mese di maggio in Vaticano. Il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano che ha presieduto alla cerimonia:


R. - E’ importante il mese di maggio, perché è importante la Madonna. La Madonna è una scelta di Dio: è Dio che ha voluto la collaborazione di questa donna straordinaria, nell’opera di recupero, di ricostruzione, di salvezza dell’umanità, che è ancora in corso. Quindi è ancora necessaria la collaborazione di Maria. E la devozione alla Madonna è nel Vangelo: il primo devoto di Maria è l’Arcangelo Gabriele; la seconda devota è Elisabetta, e così fino ad oggi.


D. – Perché ci si rivolge sempre a Maria nei momenti difficili della vita?


R. – Dio ha voluto la collaborazione di Maria, perché la mamma esprime l’amore più vicino a quello di Dio, e di fronte ad una mamma tutti si commuovono, anche i cuori più duri. Per questo Dio ha voluto che ci fosse la collaborazione di questa Mamma.


D. – E per lei quanto è importante la figura della Madonna nella sua vita?


R. – Tantissimo, perché ho imparato ad amarla attraverso la mia mamma. Sono due mamme, quindi, che si sovrappongono. Quando prego la Madonna io ci sento ancora la mia mamma accanto a Lei, che mi ha insegnato l’Ave Maria.


E forti le emozioni dei partecipanti di fronte alla bella immagine della Vergine di Lourdes. Ascoltiamo i loro commenti:


R. – Veramente un momento emozionante, perché durante tutto questo mese, Maria, la Madonna, ci ha accompagnato. Allora la vogliamo ringraziare per la sua compagnia e la sua protezione di Madre.


D. – Quanto è importante la figura della Madonna nella sua vita?


R. – La Madonna è la mia Mamma del cielo, che mi accompagna sempre.


R. – Per noi il mese di maggio finisce, ma non finisce la devozione a Maria. E’ un punto di riferimento costante e illuminante nella nostra vita. Ci auguriamo di essere sempre sotto il suo manto, protetti per il resto della nostra vita, come lo siamo stati finora.


R. – La conclusione, alla fine di questo mese, è per me, assieme col popolo di Dio, l’offerta dell’intenzione del Santo Padre e della Chiesa intera, in questa giornata solenne per la Santa Trinità. Per me il convergere verso la Madonna è veramente una grazia.


D. – Lei quanto si affida alla Madonna nella sua vita quotidiana?


R. – Già da bambino avevo una devozione incredibile, e nei momenti di solitudine - specialmente perché non c’è più la mamma terrena - penso che il mio rifugio sia la Mamma del Cielo.


R. – Sempre, perché Maria è proprio la compagna più bella e più grande di questo affidamento al Signore.


D. – Il Papa, durante l’Angelus, ha invitato ad essere comunità accogliente come Maria. Cosa vuol dire?


R. – Chiedere un cuore umile, semplice, come il suo, che è la casa più accogliente, che ha ospitato proprio Gesù.


R. – Maria è la Madre e accoglie tutti. Anche noi cerchiamo nella nostra vita di avere il cuore aperto verso tutti quelli che bussano in qualche maniera alla nostra porta, per chiedere di conoscere Gesù.


   


e da oggi, Festa del Corpus Domini a domenica, pensiamo a Colui che per amore si cela dietro le apparenze del pane e del vino, amiamolo e ringraziamolo   




 


SANTA MESSA, PROCESSIONE A SANTA MARIA MAGGIORE E BENEDIZIONE EUCARISTICA
NELLA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza San Giovanni in Laterano
Giovedì, 4 giugno 2015

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Abbiamo ascoltato: nella [Ultima] Cena Gesù dona il suo Corpo e il suo Sangue mediante il pane e il vino, per lasciarci il memoriale del suo sacrificio di amore infinito. E con questo “viatico” ricolmo di grazia, i discepoli hanno tutto il necessario per il loro cammino lungo la storia, per estendere a tutti il regno di Dio. Luce e forza sarà per loro il dono che Gesù ha fatto di sé, immolandosi volontariamente sulla croce. E questo Pane di vita è giunto fino a noi! Non finisce mai lo stupore della Chiesa davanti a questa realtà. Uno stupore che alimenta sempre la contemplazione, l’adorazione e la memoria. Ce lo dimostra un testo molto bello della Liturgia di oggi, il Responsorio della seconda lettura dell’Ufficio delle Letture, che dice così: «Riconoscete in questo pane, colui che fu crocifisso; nel calice, il sangue sgorgato dal suo fianco. Prendete e mangiate il corpo di Cristo, bevete il suo sangue: poiché ora siete membra di Cristo. Per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di comunione; per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto».

C’è un pericolo, c’è una minaccia: disgregarci, svilirci. Cosa significa, oggi, questo “disgregarci” e “svilirci”?

Noi ci disgreghiamo quando non siamo docili alla Parola del Signore, quando non viviamo la fraternità tra di noi, quando gareggiamo per occupare i primi posti - gli arrampicatori -, quando non troviamo il coraggio di testimoniare la carità, quando non siamo capaci di offrire speranza. Così ci disgreghiamo. L’Eucaristia ci permette di non disgregarci, perché è vincolo di comunione, è compimento dell’Alleanza, segno vivente dell’amore di Cristo che si è umiliato e annientato perché noi rimanessimo uniti. Partecipando all’Eucaristia e nutrendoci di essa, noi siamo inseriti in un cammino che non ammette divisioni. Il Cristo presente in mezzo a noi, nel segno del pane e del vino, esige che la forza dell’amore superi ogni lacerazione, e al tempo stesso che diventi comunione anche con il più povero, sostegno per il debole, attenzione fraterna a quanti fanno fatica a sostenere il peso della vita quotidiana, e sono in pericolo di perdere la fede.

E poi, l’altra parola: che cosa significa oggi per noi “svilirci”, ossia annacquare la nostra dignità cristiana? Significa lasciarci intaccare dalle idolatrie del nostro tempo: l’apparire, il consumare, l’io al centro di tutto; ma anche l’essere competitivi, l’arroganza come atteggiamento vincente, il non dover mai ammettere di avere sbagliato o di avere bisogno. Tutto questo ci svilisce, ci rende cristiani mediocri, tiepidi, insipidi, pagani.

Gesù ha versato il suo Sangue come prezzo e come lavacro, perché fossimo purificati da tutti i peccati: per non svilirci, guardiamo a Lui, abbeveriamoci alla sua fonte, per essere preservati dal rischio della corruzione. E allora sperimenteremo la grazia di una trasformazione: noi rimarremo sempre poveri peccatori, ma il Sangue di Cristo ci libererà dai nostri peccati e ci restituirà la nostra dignità. Ci libererà dalla corruzione. Senza nostro merito, con sincera umiltà, potremo portare ai fratelli l’amore del nostro Signore e Salvatore. Saremo i suoi occhi che vanno in cerca di Zaccheo e della Maddalena; saremo la sua mano che soccorre i malati nel corpo e nello spirito; saremo il suo cuore che ama i bisognosi di riconciliazione, di misericordia e di comprensione.

Così l’Eucaristia attualizza l’Alleanza che ci santifica, ci purifica e ci unisce in comunione mirabile con Dio. Così impariamo che l’Eucaristia non è un premio per i buoni, ma è la forza per i deboli, per i peccatori. E’ il perdono, è il viatico che ci aiuta ad andare, a camminare.

Oggi, festa del Corpus Domini, abbiamo la gioia non solo di celebrare questo mistero, ma anche di lodarlo e cantarlo per le strade della nostra città. La processione che faremo al termine della Messa, possa esprimere la nostra riconoscenza per tutto il cammino che Dio ci ha fatto percorrere attraverso il deserto delle nostre povertà, per farci uscire dalla condizione servile, nutrendoci del suo Amore mediante il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue.

Tra poco, mentre cammineremo lungo la strada, sentiamoci in comunione con tanti nostri fratelli e sorelle che non hanno la libertà di esprimere la loro fede nel Signore Gesù. Sentiamoci uniti a loro: cantiamo con loro, lodiamo con loro, adoriamo con loro. E veneriamo nel nostro cuore quei fratelli e sorelle ai quali è stato chiesto il sacrificio della vita per fedeltà a Cristo: il loro sangue, unito a quello del Signore, sia pegno di pace e di riconciliazione per il mondo intero.

E non dimentichiamo: «Per non disgregarvi, mangiate questo vincolo di comunione; per non svilirvi, bevete il prezzo del vostro riscatto».

   

 


[Modificato da Caterina63 05/06/2015 09:47]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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06/06/2015 11:04
 
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 RINGRAZIAMO DIO PER TUTTI I DONI ED ANCHE PER LE SOFFERENZE, PERCHè TUTTO, SE A LUI OFFERTO E DALLA PROVVIDENZA LASCIATO GESTIRE, E' TUTTA GRAZIA 

       


Lettura del giorno, leggetela è meravigliosa!!!
Dal libro di Tobìa

In quei giorni, terminate le feste nuziali, Tobi chiamò suo figlio Tobìa e gli disse: «Figlio mio, pensa a dare la ricompensa dovuta a colui che ti ha accompagnato e ad aggiungere qualcos’altro alla somma pattuita». Fece dunque venire l’angelo e gli disse: «Prendi come tuo compenso la metà di tutti i beni che hai riportato e va’ in pace».
Allora Raffaele li chiamò tutti e due in disparte e disse loro: «Benedite Dio e proclamate davanti a tutti i viventi il bene che vi ha fatto, perché sia benedetto e celebrato il suo nome. Fate conoscere a tutti gli uomini le opere di Dio, come è giusto, e non esitate a ringraziarlo. È bene tenere nascosto il segreto del re, ma è motivo di onore manifestare e lodare le opere di Dio.

Fate ciò che è bene e non vi colpirà alcun male. È meglio la preghiera con il digiuno e l’elemosina con la giustizia, che la ricchezza con l’ingiustizia. Meglio praticare l’elemosina che accumulare oro. L’elemosina salva dalla morte e purifica da ogni peccato. Coloro che fanno l’elemosina godranno lunga vita. Coloro che commettono il peccato e l’ingiustizia sono nemici di se stessi.

Voglio dirvi tutta la verità, senza nulla nascondervi: vi ho già insegnato che è bene nascondere il segreto del re, mentre è motivo d’onore manifestare le opere di Dio. Ebbene, quando tu e Sara eravate in preghiera, io presentavo l’attestato della vostra preghiera davanti alla gloria del Signore. Così anche quando tu seppellivi i morti. Quando poi tu non hai esitato ad alzarti e ad abbandonare il tuo pranzo e sei andato a seppellire quel morto, allora io sono stato inviato per metterti alla prova. Ma, al tempo stesso, Dio mi ha inviato per guarire te e Sara, tua nuora.

Io sono Raffaele, uno dei sette angeli che sono sempre pronti a entrare alla presenza della gloria del Signore. Ora benedite il Signore sulla terra e rendete grazie a Dio. Ecco, io ritorno a colui che mi ha mandato. Scrivete tutte queste cose che vi sono accadute». E salì in alto.

Parola di Dio

   


ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 7 giugno 2015

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Si celebra oggi in molti Paesi, tra i quali l’Italia, la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, o, secondo la più nota espressione latina, la solennità del Corpus Domini.

Il Vangelo presenta il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia, compiuta da Gesù durante l’Ultima Cena, nel cenacolo di Gerusalemme. La vigilia della sua morte redentrice sulla croce, Egli ha realizzato ciò che aveva predetto: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo…Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui» (Gv 6,51.56). Gesù prende tra le mani il pane e dice «Prendete, questo è il mio corpo» (Mc 14,22). Con questo gesto e con queste parole, Egli assegna al pane una funzione che non è più quella di semplice nutrimento fisico, ma quella di rendere presente la sua Persona in mezzo alla comunità dei credenti.

L’Ultima Cena rappresenta il punto di arrivo di tutta la vita di Cristo. Non è soltanto anticipazione del suo sacrificio che si compirà sulla croce, ma anche sintesi di un’esistenza offerta per la salvezza dell’intera umanità. Pertanto, non basta affermare che nell’Eucaristia è presente Gesù, ma occorre vedere in essa la presenza di una vita donata e prendervi parte. Quando prendiamo e mangiamo quel Pane, noi veniamo associati alla vita di Gesù, entriamo in comunione con Lui, ci impegniamo a realizzare la comunione tra di noi, a trasformare la nostra vita in dono, soprattutto ai più poveri.

L’odierna festa evoca questo messaggio solidale e ci spinge ad accoglierne l’intimo invito alla conversione e al servizio, all’amore e al perdono. Ci stimola a diventare, con la vita, imitatori di ciò che celebriamo nella liturgia. Il Cristo, che ci nutre sotto le specie consacrate del pane e del vino, è lo stesso che ci viene incontro negli avvenimenti quotidiani; è nel povero che tende la mano, è nel sofferente che implora aiuto, è nel fratello che domanda la nostra disponibilità e aspetta la nostra accoglienza. È nel bambino che non sa niente di Gesù, della salvezza, che non ha la fede. È in ogni essere umano, anche il più piccolo e indifeso.

L’Eucaristia, sorgente di amore per la vita della Chiesa, è scuola di carità e di solidarietà. Chi si nutre del Pane di Cristo non può restare indifferente dinanzi a quanti non hanno pane quotidiano. E oggi, sappiamo, è un problema sempre più grave.

La festa del Corpus Domini ispiri ed alimenti sempre più in ciascuno di noi il desiderio e l’impegno per una società accogliente e solidale. Deponiamo questi auspici nel cuore della Vergine Maria, Donna eucaristica. Ella susciti in tutti la gioia di partecipare alla Santa Messa, specialmente nel giorno di domenica, e il coraggio gioioso di testimoniare l’infinita carità di Cristo.


Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

leggo lì: Bentornato! Grazie, perché ieri mi sono recato a Sarajevo, in Bosnia ed Erzegovina, come pellegrino di pace e di speranza. Sarajevo è una città-simbolo. Per secoli è stata luogo di convivenza tra popoli e religioni, tanto da essere chiamata “Gerusalemme d’occidente”. Nel recente passato è diventata simbolo delle distruzioni della guerra. Adesso è in corso un bel processo di riconciliazione, e soprattutto per questo sono andato: per incoraggiare questo cammino di convivenza pacifica tra popolazioni diverse; un cammino faticoso, difficile, ma possibile! E lo stanno facendo bene. Rinnovo la mia riconoscenza alle Autorità e all’intera cittadinanza per l’accoglienza calorosa. Ringrazio la cara comunità cattolica, alla quale ho voluto portare l’affetto della Chiesa universale e ringrazio in particolare anche tutti i fedeli: ortodossi, mussulmani, ebrei e quelli di altre minoranze religiose. Ho apprezzato l’impegno di collaborazione e di solidarietà tra queste persone che appartengono a religioni diverse, spronando tutti a portare avanti l’opera di ricostruzione spirituale e morale della società. Lavorano insieme come veri fratelli. Il Signore benedica Sarajevo e la Bosnia ed Erzegovina.

Venerdì prossimo nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù pensiamo all’amore  di Gesù, a come ci ha amato; nel suo cuore è tutto questo amore. Venerdì prossimo si celebra anche la Giornata Mondiale contro il lavoro minorile. Tanti bambini nel mondo non hanno la libertà di giocare, di andare a scuola, e finiscono per essere sfruttati come manodopera. Auspico l’impegno sollecito e costante della Comunità internazionale per la promozione del riconoscimento fattivo dei diritti dell’infanzia.

E ora saluto tutti voi, cari pellegrini provenienti dall’Italia e da diversi Paesi. Vedo bandiere di diversi Paesi. In particolare saluto i fedeli di Madrid, Brasilia e Curitiba; e quelli di Chiavari, Catania e Gottolengo (Brescia). A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticate di pregare per me.



Per il viaggio del Papa a Sarajevo, testi e foto, cliccate qui


 




ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 14 giugno 2015

[Multimedia]



 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di oggi è formato da due parabole molto brevi: quella del seme che germoglia e cresce da solo, e quella del granello di senape (cfr Mc 4,26–34). Attraverso queste immagini tratte dal mondo rurale, Gesù presenta l’efficacia della Parola di Dio e le esigenze del suo Regno, mostrando le ragioni della nostra speranza e del nostro impegno nella storia.

Nella prima parabola l’attenzione è posta sul fatto che il seme, gettato nella terra, attecchisce e si sviluppa da solo, sia che il contadino dorma sia che vegli. Egli è fiducioso nella potenza interna al seme stesso e nella fertilità del terreno. Nel linguaggio evangelico, il seme è simbolo della Parola di Dio, la cui fecondità è richiamata da questa parabola. Come l’umile seme si sviluppa nella terra, così la Parola opera con la potenza di Dio nel cuore di chi la ascolta. Dio ha affidato la sua Parola alla nostra terra, cioè a ciascuno di noi con la nostra concreta umanità. Possiamo essere fiduciosi, perché la Parola di Dio è parola creatrice, destinata a diventare «il chicco pieno nella spiga» (v. 28). Questa Parola, se viene accolta, porta certamente i suoi frutti, perché Dio stesso la fa germogliare e maturare attraverso vie che non sempre possiamo verificare e in un modo che noi non sappiamo (cfr v. 27). Tutto ciò ci fa capire che è sempre Dio, è sempre Dio a far crescere il suo Regno - per questo preghiamo tanto che “venga il tuo Regno” - è Lui che lo fa crescere, l’uomo è suo umile collaboratore, che contempla e gioisce dell’azione creatrice divina e ne attende con pazienza i frutti.

La Parola di Dio fa crescere, dà vita. E qui vorrei ricordarvi un’altra volta l’importanza di avere il Vangelo, la Bibbia, a portata di mano - il Vangelo piccolo nella borsa, in tasca - e di nutrirci ogni giorno con questa Parola viva di Dio: leggere ogni giorno un brano del Vangelo, un brano della Bibbia. Non dimenticare mai questo, per favore. Perché questa è la forza che fa germogliare in noi la vita del Regno di Dio.

La seconda parabola utilizza l’immagine del granello di senape. Pur essendo il più piccolo di tutti i semi, è pieno di vita e cresce fino a diventare «più grande di tutte le piante dell’orto» (Mc 4,32). E così è il Regno di Dio: una realtà umanamente piccola e apparentemente irrilevante. Per entrare a farne parte bisogna essere poveri nel cuore; non confidare nelle proprie capacità, ma nella potenza dell’amore di Dio; non agire per essere importanti agli occhi del mondo, ma preziosi agli occhi di Dio, che predilige i semplici e gli umili. Quando viviamo così, attraverso di noi irrompe la forza di Cristo e trasforma ciò che è piccolo e modesto in una realtà che fa fermentare l’intera massa del mondo e della storia.

Da queste due parabole ci viene un insegnamento importante: il Regno di Dio richiede la nostra collaborazione, ma è soprattutto iniziativa e dono del Signore. La nostra debole opera, apparentemente piccola di fronte alla complessità dei problemi del mondo, se inserita in quella di Dio non ha paura delle difficoltà. La vittoria del Signore è sicura: il suo amore farà spuntare e farà crescere ogni seme di bene presente sulla terra. Questo ci apre alla fiducia e alla speranza, nonostante i drammi, le ingiustizie, le sofferenze che incontriamo. Il seme del bene e della pace germoglia e si sviluppa, perché lo fa maturare l’amore misericordioso di Dio.

La Vergine Santa, che ha accolto come «terra feconda» il seme della divina Parola, ci sostenga in questa speranza che non ci delude mai.


Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

oggi ricorre la Giornata Mondiale dei Donatori di Sangue, milioni di persone che contribuiscono, in modo silenzioso, ad aiutare i fratelli in difficoltà. A tutti i donatori esprimo apprezzamento e invito specialmente i giovani a seguire il loro esempio.

(..)

Come è stato annunciato, giovedì prossimo sarà pubblicata una Lettera Enciclica sulla cura del creato. Invito ad accompagnare questo avvenimento con una rinnovata attenzione alle situazioni di degrado ambientale, ma anche di recupero, nei propri territori. Questa Enciclica è rivolta a tutti: preghiamo perché tutti possano ricevere il suo messaggio e crescere nella responsabilità verso la casa comune che Dio ci ha affidato a tutti.

A tutti voi auguro una buona domenica. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. 



 

[Modificato da Caterina63 14/06/2015 17:26]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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15/06/2015 21:06
 
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sabato 13 giugno 2015

Benedetto XVI allo scrittore iracheno musulmano Younis Tawfik : «Allora lo dica ai suoi»

 
By Tempi.it --
Sul numero di maggio della rivista Tracce, mensile di Comunione e Liberazione, è stata pubblicata un’intervista [qui] allo scrittore iracheno musulmano Younis Tawfik. Tawfik, che ama la Divina Commedia dantesca e che ha fondato a Torino un centro culturale italo-arabo, si è segnalato più volte per interventi di buon senso sulle questioni islamiche e sulla persecuzione dei cristiani.

In luglio ad esempio, in un’intervista alla Radio Vaticana, affermò che «i cristiani di Mosul hanno più diritto di noi alle loro case, sono arrivati prima dell’islam». Nell’intervista a Tracce, oltre a ripetere molte di queste sue riflessioni, racconta anche un aneddoto risalente a qualche anno fa e che qui riproponiamo.
« Il 12 settembre 2006 nel suo discorso all’Università di Regensburg Benedetto XVI aveva indicato nella distorsione del rapporto tra fede e ragione la causa di tanti guai con cui il mondo islamico continua a misurarsi: «Non agire secondo ragione è contro la natura di Dio».
Pochi giorni dopo, Tawfik viene ricevuto dal Papa a Castelgandolfo insieme ai membri della Consulta dell’islam in Italia.
«Al termine dell’incontro mi feci avanti per stringergli la mano e gli dissi: “Grazie per averci ricordato Averroè e la sua coraggiosa lotta per riconciliare fede e ragione”.
Lui mi fissò negli occhi e con un sorriso mi disse: “Allora lo dica ai suoi”.
Abbiamo bisogno di gente che ci ricordi questo, se vogliamo che l’Iraq e il Medioriente non tradiscano la loro vocazione. E io prego Dio perché Ninive torni a essere la valle della convivenza ».






 


Un sacerdote risponde
http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=4196 

Quanto i nostri morti possono sapere di noi e se possiamo appellarci all'intercessione di quelli che pensiamo essere in Paradiso

Quesito

Caro Padre Angelo
torno a scriverle per porle un paio di domande.
Quando preghiamo per i nostri defunti o ci rivolgiamo a loro per avere un aiuto presso Dio, loro quanto conoscono della nostra vita e della nostra anima (sia che essi siano in paradiso che in purgatorio)?
Di nessun defunto (eccetto i santi canonizzati) possiamo avere la certezza che sia in paradiso, ma per alcuni abbiamo dei segni che ce lo fanno fortemente sperare: ad esempio la fedeltà alla recita del rosario o malattie e sofferenze accettate cristianamente, l'aver ricevuto l'estrema unzione. Un'anziana signora che viveva vicino casa quando ero piccola e un sacerdote mio confessore rientrano questi casi. Per loro ho provato tanto affetto e ne provo tuttora.
Sbaglio se mi rivolgo a loro credendoli già in paradiso?
Grazie per il tempo che dedicherà nel rispondermi, grazie per il prezioso servizio che fornisce a tutti noi attraverso la sua rubrica e le moltissime risposte private.
Prego perché Maria l'accompagni e benedica sempre il suo apostolato.


Risposta del sacerdote

Carissima,
1. mi chiedi quanto sappiano di noi i nostri morti che si trovano in paradiso o in purgatorio.
Ebbene, va ricordato che quelli che si trovano di là ci possono vedere solo per mezzo di Dio.
Allora. se si trovano in Paradiso vedono nella mente di Dio e ci vedono anche nelle nostre necessità. 
Per questo potrei dire che i santi del Paradiso sanno tutto di noi.
Se si trovano in Purgatorio non possono vedere nella mente di Dio perché non godono ancora della visione.
 Tuttavia nulla vieta che Dio faccia conoscere loro qualche cosa della nostra vita e delle nostre necessità. Questa conoscenza può favorire la loro purificazione e nello stesso tempo può ottenerci il soccorso della loro intercessione perché i meriti che hanno acquisito nella vita terrena stanno tutti davanti a Dio in atteggiamento di intercessione.
Quelli che si trovano all’inferno non possono avere alcuna visione se non per provarne tormento: nel senso che possono vedere la conversione di quelli che si sono trovati nelle loro condizioni e hanno accolto la grazia di Dio, mentre essi tacitamente con le loro opzioni hanno preferito essere tormentati dai demoni e dalla loro cattiva coscienza.

2. Per la seconda domanda dici bene che non possiamo essere certi della presenza di alcuni in Paradiso se non per la loro canonizzazione. 
Tuttavia per molti abbiamo dei segni della loro salvezza eterna.
Erano i medesimi segni che avevano le persone nei confronti dei santi appena morti e non ancora canonizzati.
I sentimenti comuni della gente quando è morto papa Giovanni o quando è morto Giovanni Paolo II o Madre Teresa di Calcutta si sono rivelati giusti perché erano ben fondati.
La stessa cosa succede con molti altri che non giungeranno mai alla canonizzazione perché nessuno vi pensa o non la si ritiene necessaria.
E chissà quanti in Cielo si troveranno con una gloria ancora più grande di quelli che sono stati canonizzati.
Pertanto non è sbagliato chiedere grazie per la loro intercessione.

3. Sappiamo con certezza che si trovano in Paradiso anche i bambini morti col Battesimo sicché possiamo affidarci alla loro intercessione
Santa Teresina del Bambin Gesù ricorda i quattro fratellini morti in tenera età. Era certa che fossero in Paradiso.
In un momento particolarmente angoscioso della sua vita si appella al loro aiuto e subito lo riceve. 
Ecco quanto scrive: “Quando Maria (la sorella maggiore che le faceva da mamma dopo essere rimasta orfana di madre all’età di tre anni, n.d.r.) entrò nel Carmelo ero ancora molto scrupolosa. Non potendo più confidarmi con lei, guardai verso il Cielo. Mi rivolsi ai quattro angeli che mi avevano preceduta lassù, perché pensavo che quelle anime innocenti non avendo mai conosciuto turbamenti né timori, dovevano aver pietà della loro sorellina la quale soffriva sulla terra. Parlai loro con semplicità di bambina, feci notare che, essendo l'ultima della famiglia, ero stata sempre la più amata, la più colmata di tenerezza da parte delle sorelle; che se fossero rimasti essi sulla terra, mi avrebbero certamente dato altrettante prove di affetto... La loro partenza per il Cielo non mi pareva una buona ragione per dimenticarmi, anzi, trovandosi essi a potere attingere dai tesori divini, dovevano prendere per me la pace, e dimostrarmi così che in Cielo si sa ancora amare
La risposta non si fece attendere, ben presto la pace inondò l'anima mia con le sue acque deliziose, e capii che, se ero amata sulla terra, lo ero anche nel Cielo... Da quel momento in poi la devozione crebbe verso i miei fratellini e sorelline, e mi piace di conversare spesso con loro parlando delle tristezze di questo esilio... del desiderio di raggiungerli presto nella Patria celeste!” (Storia di un’anima, 131). 

4. Mi pare di poter dire che neanche tu ti sbagli a chiedere grazie alle persone di cui hai la persuasione che si trovino in paradiso.
Tuttavia non far mancare loro il tuo suffragio. Se questo suffragio non giovasse più a loro, senz’altro però giova a te per aprire un varco e ricevere le grazie che essi ti vogliono donare.

Ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo




PREGHIERA A SANTA CATERINA DA SIENA PER L'ITALIA

 
PREGHIERA A SANTA CATERINA DA SIENA PER L'ITALIA
(Testo di Pio XII)
O Caterina santa, giglio di verginità e rosa di carità che ornasti il giardino domenicano, eroina di cristiano zelo che fosti eletta al pari di Francesco singolare Patrona d'Italia, a Te noi fiduciosi ricorriamo, invocando la tua potente protezione sopra di noi e sopra tutta la Chiesa di Cristo, tuo diletto, nel cui Cuore bevesti inesauribile fonte di ogni grazia e di ogni pace per Te e per il mondo.
Da quel Cuore divino tu derivasti l'acqua viva di virtù e concordia nelle famiglie, di onesto tratto nella gioventù, di riunione fra i popoli discordi, di rinnovazione del costume pubblico e dell'amore fraterno, compassionevole e benefico verso gl'infelici e i sofferenti, e insegnasti con l'esempio tuo a congiungere l'unione di Cristo con l'amore di Patria.
Se ami l'Italia e il popolo a Te affidato, se la pietà verso di noi ti muove, se ti è cara la tomba in cui Roma venera e onora la tua spoglia verginale, allora, rivolgi benigna il tuo sguardo e il tuo favore sulla nostra pena e sulla nostra preghiera e compi i nostri voti! Difendi, soccorri e conforta la tua Patria e il mondo!
Sotto il tuo presidio e tutela siano i figli e le figlie d'Italia, i nostri cuori e le anime nostre, i nostri travagli e le nostre speranze, la nostra fede e il nostro amore: quell'amore e quella fede che furono la tua vita e ti fecero immagine di Cristo crocifisso nello zelo intrepido per la Sposa di lui, la santa Chiesa. Amen.

Pater - 3 Ave - 5 Gloria

 



ECUADOR/ IL CASO
 

Nella sua visita in Ecuador, papa Francesco ha elencato i santi e i beati nazionali ecuadoregni, ma ha tralasciato, ad avviso di chi scrive, una figura importante. Si tratta di Gabriel Garcìa Moreno (1821-1875), che fu presidente della repubblica ecuadoriana per ben due volte, dal 1861 al 1865 e dal 1869 fino alla morte.  

di Rino Cammilleri
Gabriel Garcìa Moreno, presidente dell'Ecuador per due volte

Nella sua visita in Ecuador Sua Santità Francesco ha elencato i santi e i beati nazionali ecuadoregni ma ha tralasciato, ad avviso di chi scrive, una figura importante, un personaggio che vanta addirittura una sua statua a Roma, nel Collegio Ispanico. Si tratta di Gabriel Garcìa Moreno (1821-1875), che fu presidente della Repubblica ecuadoriana per ben due volte, dal 1861 al 1865 e dal 1869 fino alla morte. Certo, si tratta di un laico e non ancora Beato (anche se la sua causa presso la Congregazione  dei Santi è aperta). Il Pontefice ha preferito nominare Marianna De Jesùs, Miguel Febres, Narcisa de Jesùs e Mercedes de Jesùs Molina, tutti religiosi e tutti canonizzati o beatificati. Insomma, forse una scelta precisa, quella di Francesco, nel quadro di un discorso pastorale mirato. 

Allora lo ricordiamo qui, quel presidente. Sì, perché non si tratta di un presidente qualsiasi, bensì dell’unico che sia riuscito a introdurre come Preambolo nella Costituzione del suo Paese l’Atto di Consacrazione al Sacro Cuore  di Gesù. Quando, nel 1985, san Giovanni Paolo II visitò l’Ecuador e rinnovò quella Consacrazione, la formula usata da Wojtyla fu proprio quella del 25 marzo 1874, pronunziata a suo tempo dall’allora arcivescovo di Quito, monsignor José Ignacio Checa. Ve l’immaginate, nel secolo delle rivoluzioni liberali, una Repubblica Democratica col Sacro Cuore campeggiante nella Costituzione? Intollerabile per i “lumi” e i “patrioti” di tutto il mondo conosciuto. Infatti, Moreno venne assassinato il 6 agosto dell’anno seguente, a pugnalate, mentre usciva dalla messa nella cattedrale (messa cui usava assistere ogni mattina all’alba prima di andare al lavoro). L’arcivescovo Checa lo seguì due anni dopo, ingerendo nel Venerdì Santo un’ostia consacrata che qualcuno aveva provveduto ad avvelenare. 

Moreno, avvocato, giornalista e politico, apparteneva a un’illustre famiglia e aveva viaggiato in Europa, dove aveva studiato le lingue e i sistemi politici. In patria, una volta eletto, aveva intrapreso con successo una vasta campagna di modernizzazione e moralizzazione economica. Con lui l’Ecuador era diventato in breve tempo uno dei Paesi più prosperi del Sudamerica: strade, ferrovie, scuole, ospedali. L’osservatorio astronomico di Quito divenne uno dei più importanti del mondo, l’esercito fu addestrato da istruttori prussiani, il voto fu esteso agli indios, i salari aumentati e le tasse ridotte. Ma i Lumi, come si è detto, non potevano sopportare che il boom del Paese fosse dovuto a un Presidente che aveva –orrore!- richiamato i gesuiti (regolarmente cacciati da chi l’aveva preceduto) e affidato loro le scuole superiori, che portava personalmente la Croce nelle processioni solenni (e pure paludato con le insegne della sua carica), che aveva –unico al mondo- protestato ufficialmente per l’invasione piemontese di Roma e, per giunta, inviato al b. Pio IX un risarcimento simbolico in denaro. La goccia che fece traboccare il vaso liberale fu, lo abbiamo visto, la Consacrazione al Sacro Cuore diventata –horribile dictu!- Preambolo della Costituzione. 

I liberali di quel secolo andavano per le spicce, alla mazziniana, e Moreno fece la fine di Pellegrino Rossi (il ministro delle finanze di Pio IX, assassinato sulle scale della cancelleria nel 1848). Però aveva dimostrato che un politico cattolico (di fatto, non di solo battesimo come quelli nostri attuali) poteva battere tutti per quanto riguardava buona politica e traguardi economici. Scomparso lui, l’Ecuador tornò alle sue guerre civili, colpi di Stato e miseria. Moreno era la confutazione vivente delle fandonie laiciste sull’”oscurantismo” e l’”arretratezza” di una Nazione che esalta le sue radici cattoliche e, anzi, se ne vanta. Una testimonianza concreta, infatti, vale più di ogni proselitismo. Come non si stanca di ripetere papa Francesco. 








[Modificato da Caterina63 10/07/2015 15:40]
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11/07/2015 22:19
 
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Santa Faustina: sono 11 i peccati mortali.

Io che ho visto l’inferno vi dico state lontani da loro

 
 
 
Santa Faustina è l’apostola della divina misericordia e potrebbe sembrare strano che proprio attraverso lei Gesù Cristo abbia deciso di darci la più esaustiva catechesi del secolo scorso sull’Inferno.
 
Queste sono le parole che la Santa mistica scrisse nel proprio diario:
 
 
“Oggi, guidata da un angelo, sono stata negli abissi infernali. E’ un luogo di grandi torture e lo spazio che occupa è vastissimo”.
 
“Queste le varie pene che ho viste: la prima pena, quella che costituisce l’inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l’anima, ma non l’annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale acceso dall’ira di Dio; la quinta pena è l’oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benché sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l’odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie”.
 
11 PECCATI MORTALI:
 
Ogni spirito dannato subisce tormenti eterni a seconda del peccato in cui si decise di perseverare in vita: è la cosiddetta pena del senso. Ci sono gradi di sofferenza diversi a seconda dell’intensità del peccato, ma tutti gli spiriti dannati soffrono.

I peccati intellettivi sono più gravi di quelli carnali, quindi vengono puniti con più gravità. I demoni non potevano peccare per debolezza carnale, come noi uomini, per questo i loro peccati sono gravissimi, eppure ci sono uomini dannati che soffrono più di alcuni demoni, perché l’intensità del loro peccato in vita superò addirittura quello di taluni spiriti angelici.

Tra i peccati, ce ne sono quattro particolarmente gravi, sono i cosiddetti peccati che invocano la vendetta divina: l’omicidio volontario, le perversioni sessuali che confondono la società (sodomia e pedofilia), l’oppressione dei poveri, il defraudamento della giusta mercede a chi lavora. Questi peccati gravissimi più di tutti“accendono l’ira di Dio”, perché egli ha cura di ogni suo figlio, soprattutto dei più piccoli, dei più poveri, dei più deboli.

Ci sono anche altri sette peccati, particolarmente gravi anche perché mortali per l’anima, e sono i sette peccati contro lo Spirito Santo: la disperazione della salvezza, la presunzione di salvarsi senza merito (questo peccato è molto diffuso tra i protestanti che credono di salvarsi “per sola fede”), impugnare la verità conosciuta, l’invidia della grazia altrui, l’ostinazione nei peccati, l’impenitenza finale. 

Gli esorcismi sono la prova che gli spiriti dannati convivono eternamente con il proprio peccato. I demoni, infatti, si differenziano proprio a seconda del loro “peccato”: ci sono demoni dell’ira e quindi si manifestano con rabbia e furore; demoni della disperazione e quindi si mostrano sempre tristi e senza speranza, demoni dell’invidia e quindi più degli altri odiano tutto ciò che li circonda, inclusi gli altri demoni.

Poi ci sono i peccati dettati dalla debolezza carnale e dalle passioni. Essi sono di intensità minore, perché dettati dalla debolezza della carne, ma possono essere egualmente gravi e quindi mortali per l’anima, perché comunque deformano lo spirito e allontanano dalla grazia. Sono proprio questi i peccati che più trascinano le anime all’Inferno, come ha detto la Beata Vergine Maria ai tre veggenti di Fatima. “Vegliate e pregate per non cadere in tentazione, lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26,41).





Firenze: il Crocifisso miracoloso ritorna a San Francesco Poverino

 
Il 10 Maggio del 1723 un gruppo di confratelli della Compagnia di S. Francesco Poverino, guidato dal Correttore, si recò in pellegrinaggio a Roma per visitare le Basiliche e render omaggio al Papa regnante, Innocenzo XIII. Sulla via del ritorno fu deciso di passare da Loreto per venerar la Santa Casa. Qui i Confratelli si fermarono a lungo in preghiera e la loro profonda devozione indusse un’anziana terziaria francescana, priva di eredi, a donar loro un suo Crocifisso ligneo da secoli oggetto di devozione nella Basilica perché ritenuto miracoloso.
 
Tornati a Firenze, al Crocifisso furono via via tributati onori pubblici e sempre fu venerato per la sua fama, specie dopo che, nel 1749, durante una processione nel rione di S. Lorenzo o con fermate in tutti gli oratori e nei conventi e monasteri lungo il percorso, una monaca del monastero del Ceppo in via San Gallo, moribonda e storpiata, incapace da anni ed anni di qualsiasi movimento ma lucida e cosciente della sua imminente dipartita, avendolo toccato da dietro la grata, dove l’avevan portata in barella le consorelle oranti, guarì immediatamente.

È sempre stato anche chiamato Crocifisso “della buona morte”, perché, quando dal Bargello suonava la campana a giustizia, i Confratelli lo svelavano (di giorno era sempre velato, veniva svelato solo dalla Compagnìa della notte nelle veglie di preghiera) e intercedevano per ore ed intensamente per le anime dei moribondi.
 
Quando la Compagnia di S. Francesco Poverino, perduta dopo  quattro secoli la sua sede in via S. Zanobi, abbattuta nel 1844, trovò nel 1912 ospitalità nei locali  dell’Oratorio già di S. Filippo Benizi per la generosità della Buca di S. Girolamo - o Santa Maria della Pietà - ivi trasferitasi nel 1785 dalla primitiva sede (Spedale di San Matteo – Accademia), e con questa si fuse, il Crocifisso fu posto nella teca a sinistra dell’altare, sempre pubblicamente venerato.
 
Dipinto di nero, come usava nel periodo controriformistico per simulare il bronzo, per qualche secolo si presentava assai appesantito ma non tanto da non lasciar trasparire parte della sua bellezza.
Date le complesse e tormentate vicende che coinvolsero la Compagnia di S. Francesco Poverino nella sua lunga storia, non è certo ma è assai probabile che si tratti proprio del Crocifisso lauretano. Certo è che è sempre stato individuato come tale.
 
L’attribuzione, prima del recente magnifico restauro ad opera di Lisa Venerosi Pesciolini – che già ha riportato alla bellezza delle origini un nostro Crocifisso del Verrocchio, attualmente in deposito temporaneo presso il museo del Bargello, e la statua, conservata nell’Oratorio, di S. Girolamo penitente del 1454 (opera di Antonio del Pollaiolo o unica scultura di Andrea del Castagno? Si attendono nuovi studi) – oscilla tra scuola pisana della seconda metà del 1300 (Margrit Lisner) e scuola orcagnesca a cui rimandano grandi analogie col Crocifisso dell’Orcagna ora in S. Carlo (Lisa Goldemberg Stoppato)
 
E’ possibile che un’opera di scuola pisana o della cerchia orcagnesca provenga da Loreto? Il dubbio può risolversi pensando, con Ludovica Sebregondi in Tre Confraternite Fiorentine, Firenze, Salimbeni 1991, alla tradizione secondo la quale le compagnie che si recavano in pellegrinaggio a santuari mariani – che da Firenze partivano dalla piazza della SS.ma Annunziata – spesso donavano ad altri pii sodalizi per lo più un proprio Crocifisso e ne ricevevano un altro in segno di fratellanza in Cristo Redentore.
 
Mentre, dopo il restauro, si sollecitano nuovi e più approfonditi studi per una più sicura attribuzione, il Crocifisso – di altissimo pregio per eleganza di forme ed espressività dell’insieme e dei particolari – è tornato nell’Oratorio ed alla pubblica venerazione, previa benedizione, dopo la S. Messa del  31  Maggio, da parte del can. Brieuc de la Brosse dell’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote.

Dante Pastorelli




[Modificato da Caterina63 15/07/2015 15:52]
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20/07/2015 10:38
 
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Come mai sulla base dei medesimi testi sacri noi crediamo che Gesù è il Figlio di Dio e gli ebrei no


Quesito


Caro Padre Angelo,
sono un ragazzo di 17 anni appassionato di filosofia e religione.
Talvolta mi faccio questa domanda: la nostra fede di cristiani è basata sui vangeli e altri testi sacri che riportano la vita di Gesù e degli apostoli. Sulla base di questi scritti e testimonianze noi crediamo che Gesù è il figlio di Dio.
Ora, anche i teologi religiosi ebrei hanno accesso agli stessi nostri libri sacri. Certamente la gran maggioranza di loro cerca sinceramente la verità. Eppure non si sente dire che tanti teologi ebrei si sono convertiti al cristianesimo dopo aver letto i vangeli, e nemmeno che tanti teologi cristiani si siano convertiti all'ebraismo dopo aver parlato con un teologo ebreo.
Cioè gli stessi testi vengono interpretati in modo completamente diverso da cristiani e ebrei.
Gradirei molto una sua risposta illuminante riguardo a questo dubbio.
Grazie di cuore.
Pietro


Risposta del sacerdote

Caro Pietro, 
1. mi compiaccio anzitutto per il tuo interesse per la religione e la filosofia.
La filosofia è importante perché, se bene usata, aiuta a purificare e ad approfondire la nostra fede. 
Di qui l’intelligo ut credam, di sant’Agostino, che possiamo tradurre così: voglio ragionare per credere meglio.
 Inoltre aderiamo a quanto Dio ci ha rivelato per comprendere ciò che la ragione umana da sola non può conoscere: Credo ut intelligam, che possiamo tradurre così: credo per poter conoscere meglio.

2. Per rispondere alla tua domanda ti dico che c’è un equivoco nella tua premessa: “la nostra fede di cristiani è basata sui vangeli e altri testi sacri che riportano la vita di Gesù e degli apostoli”.

3. È vero che la fede nasce dalla predicazione e la predicazione si basa sui testi sacri.
E tuttavia, sebbene si venga indotti a credere dall’autorità della rivelazione di Dio confermata dai miracoli, siamo stimolati a credere ancor di più per un altro motivo: “per l’ispirazione interna di Dio che invita a credere” (s. tommaso, Somma teologica, II-II, 2, 9, ad 3).
È la sacra Scrittura stessa che ce lo ricorda attraverso San Paolo: “Nessuno può dire ‘Gesù è il Signore’, se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1 Cor 12,3).

4. San Tommaso approfondisce questa affermazione dicendo: “Tre cose ci inducono alla fede di Cristo: anzitutto la ragione naturale (Rm 1,20), poi le testimonianze della legge e dei profeti, e in terzo luogo la predicazione degli apostoli e degli altri.
Ma quando un uomo, introdotto con questa preparazione, crede, allora si può dire che egli non crede per nessuno di questi motivi: né per la ragione naturale, né per le testimonianze della legge, né per la predicazione, ma soltanto per la stessa Verità” (Commento al Vangelo di San Giovanni,IV, lez. 5, 2), che illumina interiormente e attrae al Signore
Come vedi: la ragione naturale (che comprende anche la filosofia), le Sacre Scritture e i miracoli che le confermano, non comunicano la fede, ma sono premesse, una preparazione per avere il dono della fede.
Potrei dire: sono preamboli alla fede.

5. Sull’assoluta necessità di tale illuminazione interiore per poter credere dice ancora San Tommaso: “L’uomo che esteriormente annuncia il Vangelo non causa la fede, ma la causa Dio, l’unico che può mutare la volontà. 
Dio causa la fede nel credente inclinando la volontà e illustrando l’intelletto, affinché non opponga un rifiuto alle cose proposte dal predicatore; questi invece dispone esteriormente alla fede” (De Veritate, 27, 3, ad 12).

6. Ecco allora il motivo per cui ebrei e cristiani di fronte ai medesimi testi giungono a conclusioni diverse: “Se lo Spirito Santo non è presente al cuore di chi ascolta, sarà ozioso il discorso di chi insegna, al punto che lo stesso Figlio di Dio con la sua parola umana non sarebbe efficace se Egli stesso non agisse interiormente per mezzo dello Spirito Santo” (s. tommaso, Commento al Vangelo di San Giovanni,XIV,lez. 6, 6).

7. La stessa cosa afferma il teologo francescano S. Bonaventura quando  dice che è più determinante a credere la testimonianza interna di Dio che quella esterna dei predicatori o dei motivi di credibilità: “Magis principaliter ratione auditus interioris quam exterioris” (III Sent., d. 24, dub. 2).

8. Il Catechismo della Chiesa Cattolica riesprime tutto quello che finora ti ho detto con queste parole: “Il motivo di credere non consiste nel fatto che le verità rivelate appaiano come vere e intelligibili alla luce della nostra ragione naturale. Noi crediamo «per l’autorità di Dio stesso che le rivela, il quale non può né ingannarsi né ingannare». «Nondimeno, perché l’ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Dio ha voluto che agli interiori aiuti dello Spirito Santo si accompagnassero anche prove esteriori della sua Rivelazione» (DS 3009). Così i miracoli di Cristo e dei santi (cf Mc 16,20; Eb 2,4) le profezie, la diffusione e la santità della Chiesa, la sua fecondità e la sua stabilità «sono segni certissimi della divina Rivelazione, adatti ad ogni intelligenza», sono «motivi di credibilità» i quali mostrano che l’assenso della fede non è «affatto un cieco moto dello spirito» (DS 3008-3010)” (CCC 156).

10. Pertanto per la propagazione della fede è certamente necessaria e insostituibile la predicazione. 
Ma è ancor più necessaria la mozione interiore di Dio.
Dio è pronto per muovere tutti. Non  attende altro. 
Dobbiamo dunque pregare perché cadano i pregiudizi o i muri che in tanti impediscono di essere illuminati e mossi dallo Spirito Santo.

Ti ringrazio del quesito, ti faccio tanti auguri per il tuoi studi e per il tuo avvenire. 
Ti ricordo al Signore e ti benedico. 
Padre Angelo
http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=4230 





500 anni fa nasceva San Filippo Neri. Papa: fu amore di Dio col sorriso

San Filippo Neri - RV

San Filippo Neri - RV

20/07/2015 

La Chiesa, quella di Roma in particolare, vive oggi l’anniversario di uno dei suoi Santi più popolari: il 21 luglio 1515 nasceva a Firenze Filippo Neri, che ben presto si trasferirà nella città del Papa per dare inizio a una straordinaria esperienza di carità tra i più poveri, intessuta di una letizia e una spontaneità rimaste come uno dei segni più noti e amati dell’apostolato di San Filippo. Anche Papa Francesco, lo scorso 26 maggio ha voluto rievocare in un Messaggio questo anniversario. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Pietro e Paolo, e Filippo. Da 500 anni gli “Apostoli di Roma” sono tre. E questo la dice lunga sull’amore di una città per un uomo nato a Firenze ma rinato, per i romani, tra le piazze della Città Eterna e i vicoli, quelli più degradati, dove un pastore santo può anche avere l’odore delle pecore ma le pecore hanno addosso il puzzo della malattia e della povertà, che svuota le tasche e l’anima.

Tra le periferie del centro
Quando Filippo Neri arriva a Roma nel 1534, è come se una luce venisse accesa nel buio della miseria che annida tra le glorie dell’Ara Pacis e i lustri travertini dei palazzi nobiliari. Il centro dell’Urbe ha la faccia sporca delle periferie e lì Filippo andrà a prendere una stanzetta, a San Girolamo a via Giulia. Di giorno, viso simpatico e cuore lieto che porta a chi incontra il calore di Dio, senza nemmeno essere un prete, accompagnandolo se può con un pezzo di pane. O una carezza sulla fronte, un conforto sussurrato, a chi si lamenta sui pagliericci dell’Ospedale degli Incurabili. Di notte, un’anima di fuoco, Filippo, perso in un dialogo talmente intimo con Dio che il suo letto può essere senza problemi il sagrato di una chiesa o la pietra di una catacomba.

Il sorriso sempre
Questo – ricorda il Papa nel suo messaggio per il 500.mo – lo rese “appassionato annunciatore della Parola di Dio”. Questo è stato il segreto che fece di lui un “cesellatore di anime”. La sua paternità spirituale, osserva Francesco, “traspare da tutto il suo agire, caratterizzato dalla fiducia nelle persone, dal rifuggire dai toni foschi ed accigliati, dallo spirito di festosità e di gioia, dalla convinzione che la grazia non sopprime la natura ma la sana, la irrobustisce e la perfeziona”. “Si accostava alla spicciolata ora a questo, ora a quello e tutti divenivano presto suoi amici”, racconta il suo biografo e il Papa commenta: “Amava la spontaneità, rifuggiva dall’artificio, sceglieva i mezzi più divertenti per educare alle virtù cristiane, al tempo stesso proponeva una sana disciplina che implica l’esercizio della volontà per accogliere Cristo nel concreto della propria vita”.

L’ora dell’Oratorio
Tutto questo affascina chi, conoscendo Filippo, vuole fare come lui. L’“Oratorio” nasce così, tra i tuguri fetidi profumati giorno per giorno da una carità fatta di carne e non per un progetto disegnato sulla carta e calato dall’alto come un’elemosina data a freddo. “Grazie anche all’apostolato di San Filippo – riconosce Papa Francesco – l’impegno per la salvezza delle anime tornava ad essere una priorità nell’azione della Chiesa; si comprese nuovamente che i Pastori dovevano stare con il popolo per guidarlo e sostenerne la fede”. E pastore lo diventa lui stesso, Filippo, che nel 1551 approda al sacerdozio senza per questo cambiare vita e stile. Col tempo, attorno a lui prende corpo la prima comunità, la cellula della futura Congregazione che nel 1575 riceve il placet di Gregorio XIII.

“State bassi”
“Figliuoli, siate umili, state bassi: siate umili, state bassi”, ripete ai suoi padre Filippo, che ricorda che per essere figli di Dio “non basta solamente onorare i superiori, ma ancora si devono onorare gli eguali e gli inferiori, e cercare di essere il primo ad onorare”. E colpisce, da un’anima tanto contemplativa come Maria ai piedi di Gesù, il piglio di Marta che convive nel suo cuore quando afferma: “È meglio obbedire al sagrestano e al portinaio quando chiamano, che starsene in camera a fare orazione”. Filippo Neri, il terzo Apostolo di Roma, chiude gli occhi alle prime ore del 26 maggio 1595. Mai spento è il dinamismo del suo amore e a Roma che si prepara al Giubileo della misericordia sembra che ripeta: “Non è tempo di dormire, perché il Paradiso non è fatto pei poltroni”.






[Modificato da Caterina63 21/07/2015 21:04]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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02/08/2015 21:49
 
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Con questa meditazione Don Guido benedice tutti, saluta tutti ed auspica una crescita nel Cuore di Gesù 



Per questo - prosegue mons. Guido Marini - preghiamo insieme a San Bonaventura:
"Trafiggi, o dolcissimo Signore Gesù, la parte più intima dell'anima mia
con la soavissima e salutare ferita dell'amor tuo, 
con vera, pura, santissima, apostolica carità, 
affinché continuamente languisca e si strugga l'anima mia 
per l'amore e il desiderio di te solo...
Fa' che l'anima mia abbia fame di te, pane degli Angeli, 
ristoro delle anime sante, pane nostro quotidiano, 
pane soprannaturale che hai ogni dolcezza ed ogni sapore e procuri la gioia più soave. 
Di te, che gli Angeli desiderano di contemplare incessantemente, 
abbia fame e si sazi il cuor mio, e della dolcezza del tuo sapore 
sia riempita la parte più intima dell'anima mia: 
abbia ella sempre sete di te, fonte di vita, fonte di saggezza e di scienza, 
dell'eterna luce, torrente di delizie, dovizia della casa di Dio. 
Te sempre ambisca, te cerchi, te trovi, te si prefigga come meta, a te giunga, 
a te pensi, di te parli e tutte le cose faccia ad onore e gloria del tuo nome 
con umiltà e con discernimento, con amore e con piacere, 
con facilità e con affetto, con perseveranza che duri fino alla fine. 
E tu solo sii sempre la mia speranza e la mia fede, la mia ricchezza e il mio diletto, 
la mia gioia, il mio gaudio, il mio riposo, la mia tranquillità, la mia pace, 
la mia soavità, il mio profumo, la mia dolcezza, il mio cibo, il mio ristoro,
il mio rifugio, il mio aiuto, la mia scienza, la mia parte, il mio bene, il mio tesoro,
nel quale fissi e fermi, con salde radici, rimangano la mente ed il cuor mio".




     


5 Agosto . GRANDE FESTA A SANTA MARIA MAGGIORE a ROMA !




Ricorre oggi la memoria della Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore, considerata il più antico santuario mariano d’Occidente.

Monumenti di pietà mariana, a Roma, sono quelle stupende chiese, erette in gran parte sul medesimo luogo dove sorgeva qualche tempio pagano. 
Bastano pochi nomi, tra i cento titoli dedicati alla Vergine, per avere le dimensioni di questo mistico omaggio alla Madre di Dio: S. Maria Antiqua, ricavata dall’Atrium Minervae nel Foro romano; S. Maria dell’Aracoeli, sulla cima più alta del Campidoglio; S. Maria dei Martiri, il Pantheon; S. Maria degli Angeli, ricavata da Michelangelo dal “tepidarium” delle Terme di Diocleziano; S. Maria sopra Minerva, costruita sopra le fondamenta del tempio di Minerva Calcidica. 
La più grande di tutte, come dice lo stesso nome: S. Maria Maggiore: la quarta delle basiliche patriarcali di Roma, detta inizialmente Liberiana, perché identificata con un antico tempio pagano, sulla sommità dell’Esquilino, che papa Liberio (352-366) adattò a basilica cristiana.
Una tardiva leggenda narra che la Madonna, apparendo nella stessa notte del 5 agosto del 352 a Pp Liberio e ad un patrizio romano, li avrebbe invitati a costruire una chiesa là dove al mattino avrebbero trovato la neve. 

Il mattino del 6 agosto una prodigiosa nevicata, ricoprendo l’area esatta dell’edificio, avrebbe confermato la visione, inducendo il papa ed il ricco patrizio a metter mano alla costruzione del primo grande santuario mariano, che prese il nome di S. Maria “ad nives” (della neve). 
Poco meno di un secolo dopo, Pp Sisto III, per ricordare la celebrazione del concilio di Efeso (431), nel quale era stata proclamata la maternità divina di Maria, ricostruì la chiesa nelle dimensioni attuali.
La Patriarcale Basilica di S. Maria Maggiore è un autentico gioiello ricco di bellezze dal valore inestimabile. 
Da circa sedici secoli domina la città di Roma: tempio mariano per eccellenza e culla della civiltà artistica, rappresenta un punto di riferimento per i “cives mundi” che da ogni parte del globo giungono nella Città Eterna per gustare ciò che la Basilica offre attraverso la sua monumentale grandezza.

Sola, tra le maggiori basiliche di Roma, a conservare le strutture originali del suo tempo, sia pure arricchite di aggiunte successive, presenta al suo interno alcune particolarità che la rendono unica:
• i mosaici della navata centrale e dell’Arco trionfale, risalenti al V secolo d.C., realizzati durante il pontificato di S. Sisto III (432-440) e quelli dell’Abside la cui esecuzione fu affidata al frate francescano Jacopo Torriti per ordine di Pp Niccolò IV (Girolamo Masci, 1288-1292);
• il pavimento “cosmatesco” donato dai cavalieri Scoto Paparone e figlio nel 1288;
• il soffitto cassettonato in legno dorato disegnato da Giuliano San Gallo (1450);
• il Presepe del XIII sec.di Arnolfo da Cambio; le numerose cappelle (da quella Borghese a quella Sistina, dalla cappella Sforza a quella Cesi, da quella del Crocifisso a quella quasi scomparsa di San Michele);
• l’Altare maggiore opera di Ferdinando Fuga e successivamente arricchito dal genio di Valadier; infine, la Reliquia della Sacra Culla e il Battistero.

Ogni colonna, ogni quadro, ogni scultura, ogni singolo tassello di questa Basilica compendiano storicità e sentimenti religiosi.
Non è raro, infatti, cogliere i visitatori in atteggiamento di ammirazione verso la coinvolgente bellezza delle sue opere così come è d’altro canto visibile constatare la devozione di tutte quelle persone che di fronte all’immagine di Maria, qui venerata con il dolce titolo di “Salus Populi Romani”, cercano conforto e sollievo.
Il 5 agosto di ogni anno viene rievocato, attraverso una solenne Celebrazione, il “Miracolo della Nevicata”: di fronte agli occhi commossi dei partecipanti una cascata di petali bianchi discende dal soffitto ammantando l’ipogeo e creando quasi un’unione ideale tra l’assemblea e la Madre di Dio.
San Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), fin dall’inizio del suo pontificato ha voluto che una lampada ardesse giorno e notte sotto l’icona della Salus, a testimonianza della sua grande devozione per la Madonna. 

Lo stesso Papa, l’8 dicembre del 2001, ha inaugurato un’altra perla preziosa della Basilica: il Museo, luogo dove la modernità delle strutture e l’antichità dei capolavori esposti offrono al visitatore un “panorama” unico.
I numerosi tesori in essa contenuti rendono S. Maria Maggiore un luogo dove arte e spiritualità si fondono in un connubio perfetto offrendo ai visitatori quelle emozioni uniche proprie delle grandi opere dell’uomo ispirate da Dio.
La celebrazione liturgica della dedicazione della basilica è entrata nel calendario romano soltanto nell’anno 1568.


vatican.va/…

   

 
Monsignor Guido Marini, stamattina ha inviato questo pensiero:
Oggi è la memoria del santo Curato d'Ars. Ascoltiamo una sua bellissima parola: "Questo è il bel compito dell'uomo: pregare e amare. Ecco, questa è la felicità dell'uomo sulla terra". Chiediamo a vicenda il dono di questa felicità.

Oggi preghiamo anche per TUTTI i Sacerdoti dei quali il Santo d'Ars è modello, intercessore e protettore....   






 

[Modificato da Caterina63 04/08/2015 09:05]
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  Quello che su Hiroshima (e Nagasaki) ancora non dicono

hiroshima

A settant’anni dallo sgancio dall’atomica su Hiroshima, avvenuto com’è noto il 6 agosto 1945 alle ore 8:45, c’è aspettarsi – oltre alla doverosa commemorazione delle 80.000 vittime – una prevedibile ondata di retorica che nulla aggiungerà, sul versante storico, alla conoscenza di fatti drammatici che pure, a distanza di decenni, esigerebbero riflessioni più profonde e che, soprattutto, presentano ancora lati poco noti, per non dire sconosciuti. Non tutti, per fare un esempio, sanno che le due bombe atomiche sul Giappone vennero sganciate sì per volontà del presidente Harry Truman (1884-1972) e del colonnello Henry Stimson (1867-1950), ma con la netta opposizione non solalmente degli scienziati ma pure dei vertici militari, a partire dal generale Leslie Groves (1896–1970), responsabili dello sviluppo della bomba atomica.

Se non tutti sono a conoscenza di queste divergenze sul ricorso all’atomica – divergenze che la dicono lunga sull’effettiva necessità strategica e politica di radere al suolo quelle due città -, ancora meno conosciuto è un altro aspetto, oggettivamente inquietante, vale a dire il fatto che nei centri Hiroshima e Nagasaki viveva la stragrande maggioranza dei cattolici presenti in Giappone. C’è chi naturalmente osserva come la scelta di bombardare proprio quelle città sia stata determinata da esigenze anzitutto strategiche, e che Nagasaki fu rasa al suolo dopo che furono scartati, per ragioni meteorologiche, i centri di Nakamura e Kokura; comunque sia, è storicamente fuori discussione come a fare le spese dei micidiali ordigni sia stata, più di tutte, la comunità cristiana. Eppure, curiosamente, non lo si ricorda mai.

Un terzo aspetto, altrettanto sconosciuto su Hiroshima e Nagasaki, riguarda quelli che potrebbero essere ritenuti dei miracoli. Il primo riguarda, appunto, la città di Hiroshima, le cui abitazioni furono in gran parte rase al suolo dalla bomba tranne pochi edifici fra i quali quello che ospitava una comunità di otto padri gesuiti: la cosa fu tanto più straordinaria se si pensa che stiamo parlando di un presbiterio adiacente alla chiesa parrocchiale che si trovava – com’è accertato – sostanzialmente a meno di un miglio di distanza dal punto di detonazione di “Little Boy”, dunque ampiamente compreso nel suo raggio infernale. Nel 1976 padre Hubert Schiffer, uno dei superstiti, registrò la sua testimonianza con gli altri sopravvissuti, incredibile ma vero, tutti ancora in vita.

Un evento simile accadde pure nella città di Nagasaki, nella quale la bomba sganciata tre giorni dopo per piegare un Giappone che ostinatamente rifiutava la resa, vide resistere alla devastazione dell’ordigno – anche grazie alla protezione di un piccolo monte – il convento francescano fondato da san Massimiliano Kolbe (1894-1941). 
Furono, questi di Hiroshima e Nagasaki, davvero due miracoli? Come spesso accade e come i credenti ben sanno, Dio predilige manifestazioni che potremmo definire moderate, cioè abbastanza luminose per innescare il dubbio della propria origine divina ma non eccessive, per non alterare la libertà, da parte degli uomini, di credere mossi da fede autentica e non perché costretti dall’evidenza. Ragion per cui non si vuole, qui, presentare questi eventi come prove di nulla se non del fatto che neppure pagine orribili della storia possono eliminare del tutto la Speranza.

giulianoguzzo.com


 







 

[Modificato da Caterina63 07/08/2015 09:50]
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15/08/2015 15:23
 
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EDITORIALE
L'Assunzione di Maria del Tiziano
 

Dal taglio dei capelli al colore delle unghie, dalle cure dimagranti alle attività fisiche è tutta una corsa nel territorio della bellezza. In estate il corpo risplende anche quando mostra imperfezioni o appare deturpato da tatuaggi. Il corpo precede l'anima, anticipandone il destino. E nello splendore dell'estate, Maria è la Donna vestita di sole.

di Angelo Busetto

Dal taglio dei capelli al colore delle unghie, dalle cure dimagranti alle attività motorie è tutta una corsa nel territorio della bellezza. In estate il corpo risplende anche quando mostra imperfezioni o appare deturpato da tatuaggi. Il corpo precede l'anima, quasi anticipandone il destino. Nelle tappe della vita si svelano il bel ventre rotondo di una donna incinta, lo sbocciare del bambino appena nato, il fiorire di ragazzi e ragazze, l'esplodere di adolescenti e giovani, e poi ancora l'assestamento della maturità, l'affievolimento dell'età anziana e lo spegnersi della vecchiaia. 

Un declino segnato? Come trattenere la bellezza dell'essereinnamorati e dell'amore, la pienezza del matrimonio e della nascita dei figli? Il corpo si trasfigura nella maternità e nel martirio, per la totalità del dono di sé. Nella storia incontriamo donne avvolte da una ineffabile bellezza di corpo e anima. Felicita e Perpetua: la schiava e la libera che geme nelle doglie del parto; Giovanna d'Arco ardente di decisione; Caterina circondata da amici che cercano l'umore del sangue di Cristo. E in seguito la “virile” Teresa d'Avila e la “tenera” Teresa di Lisieux, fino a Gianna Beretta Molla, alle donne russe ricche di dignità e iniziativa anche nel lager e alle sorelle che continuano a sostenere la missione della Chiesa. Nel trascorrere delle figure cerchiamo un punto che le riassuma tutte, un volto che ne trattenga i raggi, una Donna che ne rappresenti l'ideale: un'immagine che non si corrompa nel declino degli anni e non si disperda in strade sbagliate. 

La intravvediamo in pittori come Raffaello e Antonello da Messina, in poeti come Dante e Ungaretti,in teologi come Guardini e Balthasar, in santi e maestri come Bernardo e don Giussani. Maria di Nazaret percorre tutta la scala musicale dell'umano: l'attesa, la realizzazione, il compimento. La bambina che sale al tempio, la sposa promessa, l'incontro trepido con l'angelo, lo svelamento di Giuseppe, il canto con Elisabetta, il Natale del Bimbo Unico, la fuga, il silenzio misterioso di Nazaret, la rincorsa del Figlio-Messia insieme con i parenti, la drammatica sosta sotto la croce, la sorpresa brillante della risurrezione, la compagnia della Pentecoste, la familiarità con il nuovo figlio Giovanni. 

E dopo? Anche lei vecchia, anche lei nel sepolcro, anche lei ridotta in cenere? Dio nostro Padre l’amadi più, l’ama prima di tutti; Il Figlio nato da lei ne venera il corpo; lo Spirito Santo gioisce per la sua pienezza di amore. Secondo il popolo cristiano Lei vive in cielo tra gli Angeli, come l'hanno vista gli Apostoli convocati dai quattro venti. Di là, continua a mostrarsi ai suoi figli più piccoli e semplici, punteggiando il mondo di santuari. Nello splendore dell'estate, Maria Assunta in cielo è la Donna vestita di sole. Le dedichiamo edicole sui sentieri di montagna e cattedrali nelle città. Facciamo festa godendo del suo destino che anticipa e prepara il nostro. La Madonna Assunta è la promessa di salvezza per noi peccatori. «Oh Maria, tu sei la sicurezza della nostra speranza».


   qui vi ricordiamo il trhead dedicato a Maria Assuna in Cielo


 





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22/08/2015 12:30
 
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Papa Francesco “mescolato” tra i fedeli alla S. Messa per la festa di San Pio X celebrata in Vaticano.


 


di Alessandra Cecchin


 


La festa di san Pio X è stata celebrata in modo speciale questa mattina (21 agosto) in Vaticano. Alla messa delle 7 mons. Lucio Bonora, trevigiano, che lavora in Segreteria di Stato, ha presieduto, infatti, la celebrazione eucaristica all’altare di san Pio X, nella basilica di san Pietro, con un fedele speciale seduto tra i banchi: papa Francesco.


 


Papa Francesco "mescolato" tra i fedeli durante la S. Messa della festa di San Pio X. Foto: @nicolarosetti
Papa Francesco “mescolato” tra i fedeli durante la S. Messa della festa di San Pio X.
Foto: @nicolarosetti

 

Il Santo Padre era già in preghiera all’altare di san Pio X fin dal mattino presto, e quando è iniziata la messa si è fermato per prendervi parte, ricevendo l’abbraccio di pace e la comunione da don Lucio, dopo essersi messo in fila tra i fedeli che si accostavano all’Eucaristia. Alla fine il celebrante ha invitato i presenti che erano intanto accorsi in gran numero alla cappella, ad affidare a San Pio X tutte le necessità delle proprie famiglie e della Chiesa, e in particolare la persona del suo successore, papa Francesco. Una bella sorpresa, e un dono speciale per i celebranti e per i fedeli presenti.

 

Lo stesso Papa, al termine della celebrazione ha confidato a mons. Bonora di aver pregato in modo particolare per i catechisti. In Argentina san Pio X, il “papa del catechismo” è il patrono dei catechisti, e quando il Papa era Arcivescovo di Buenos Aires, proprio nella festa di san Pio X, ci teneva ad incontrare i catechisti della diocesi.

 

Al termine della celebrazione mons. Bonora ha ringraziato di cuore il Papa, il quale gli ha detto: «Ero venuto per una preghiera mia, perché avevo già celebrato la messa presto, ma poi ti ho visto che venivi all’altare a celebrare, e allora mi sono fermato… Te l’avevo detto che sono devoto di san Pio X».


 



Riaperta al pubblico la Latomia dei Cappuccini a Siracusa

Latomia dei Cappuccini a Siracusa - RV

Latomia dei Cappuccini a Siracusa - RV

22/08/2015

Una passeggiata in una cava circondata da pareti calcaree di 40 metri d’altezza e all’interno alberi secolari, fiori e piante rare arrivate da tutto il mondo. E’ la Latomia dei Cappuccini a Siracusa, aperta in questi giorni nuovamente al pubblico dopo molti anni di chiusura. Il complesso archeologico-naturalistico sarà visitabile dal venerdì alla domenica fino al prossimo 27 settembre. Marina Tomarro ha intervistato Salvo Sparatore, della Società Erga, che si occupa della conservazione della Latomia:

R. – La Latomia dei Cappuccini, che prende il nome dal convento situato proprio sopra di essa, è sicuramente la più antica e la più bella delle latomie siracusane. Non ci sono notizie riguardanti l’inizio della sua utilizzazione. Tuttavia, si sa con sicurezza che essa era già in uso orientativamente intorno al VI secolo A.C., perché alcuni autori, tra cui ad esempio Tucidide, ne parlano. La Latomia era una cava da cui veniva estratto il materiale che poi serviva per le costruzioni. E nel corso dei secoli la latomia ha svolto diversi ruoli: per esempio è stata protagonista del periodo del “Grand Tour”. I Cappuccini stessi utilizzavano questo luogo come giardino e vi crearono un orto. Ora, anche d’accordo con i Frati cappuccini, stiamo cercando di rivedere, dal punto di vista storico, dove sorgeva l’orto dei frati e come lo si potrebbe in qualche modo far rinascere e rivalorizzare. Oggi, la Latomia è una proprietà comunale e il nostro ruolo è quello di rivalorizzare un patrimonio straordinario sotto vari punti di vista.

D. – La Latomia cosa offre al visitatore?

R. – Uno squarcio di un giardino all’interno di un canyon in pieno centro cittadino. Quando si scende la scalinata della Latomia si perde la condizione del tempo, perché sembra si stia entrando all’interno di una riserva naturale: si visita una selva all’interno del tessuto cittadino. Con la calura tipica delle estati siracusane, visitare la Latomia dei Cappuccini permette di ritrovarsi in una vera e propria oasi in cui ci si può rinfrescare. Ovviamente, poi, stiamo cercando di valorizzare anche i temi legati alla riflessione e alla spiritualità: la nostra idea è infatti quella di far vivere questo spazio anche come un luogo di spiritualità.

D. – La Latomia è stata chiusa per molti anni: la sua apertura è anche un’occasione, secondo lei, per creare nuovi posti di lavoro per i giovani siciliani?

R. – Sicuramente. Uno dei motivi per cui siamo veramente felici di poter far rifiorire la Latomia è perché si creano immediatamente dei posti di lavoro: ci sarà chi si occuperà delle visite guidate, chi della biglietteria, chi dell’accoglienza. Tutto questo sempre tenendo in considerazione l’aspetto della sostenibilità. Sicuramente, grazie a questo progetto si creano posti di lavoro e c’è una ricaduta sul territorio. La zona intorno alla quale insiste la Latomia viene infatti rivitalizzata, dal momento che questa si trova anche un po’ fuori dal percorso classico che il turista fa quando viene a Siracusa, e che è più legato alla zona archeologica e all’isolotto di Ortigia. In contemporanea, è stata anche riaperta dopo circa 50 anni la fruizione culturale del Teatro comunale di Siracusa, i giardini di Villa Reimann e l’Artemision: un tempio greco che insiste sotto il Palazzo comunale.




Il Papa ai giovani: senza Maria, un cristiano è orfano

Il Papa ai giovani in ricerca vocazionale, incontrati alla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani: senza Maria, un cristiano è orfano - ANSA

Il Papa ai giovani in ricerca vocazionale, incontrati alla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani: senza Maria, un cristiano è orfano - ANSA

29/06/2014 09:55
 

Un cristiano senza devozione per Maria, madre di Cristo, è “orfano”. Lo ha detto il Papa ai giovani della diocesi di Roma, impegnati nel cammino di discernimento vocazionale, incontrati ieri sera presso la Grotta di Lourdes dei Giardini Vaticani, assieme al cardinale Agostino Vallini. L’appuntamento, alla vigilia della solennità dei Santi Pietro e Paolo, è una tradizione inaugurata da Benedetto XVI. Il servizio di Giada Aquilino:

Il cristiano ha bisogno di “due Madri”: la Madonna e la Chiesa. Parlando a braccio ai giovani della diocesi di Roma impegnati nel cammino di discernimento vocazionale, Papa Francesco ha ricordato come la Madonna sia “tanto importante nella nostra vita”. È lei, ha detto, che “ci accompagna nella scelta definitiva, la scelta vocazionale”, avendo accompagnato Suo Figlio nel proprio cammino vocazionale “che è stato tanto duro, tanto doloroso”. Insomma: “ci accompagna sempre”:

“Un cristiano senza la Madonna è orfano. Un cristiano senza Chiesa è anche un orfano. Un cristiano ha bisogno di queste due donne, due donne Madri, due donne Vergini: la Chiesa e la Madonna”.

Lo ha definito un test di “vocazione cristiana giusta”, il Pontefice, quello di domandarsi come vada il “rapporto con queste due Madri”, la Madre Chiesa e la Madre Maria:

“Questo non è un pensiero ‘di pietà’… No, è teologia pura. Questa è teologia. Come va il mio rapporto con la Chiesa, con la mia Madre Chiesa, con la Santa Madre Chiesa gerarchica? E come va il mio rapporto con la Madonna, che è la mia mamma, mia madre”?

Quindi una riflessione sul cammino di discernimento. “Per ognuno di noi - ha assicurato il Santo Padre - il Signore ha la sua vocazione, quel posto dove Lui vuol che noi facciamo la vita”. Va cercato, trovato e poi portato avanti. Una scelta a cui va dato un “senso del definitivo”, di fronte alla “cultura del provvisorio” che stiamo vivendo:

“Abbiamo paura del definitivo, no? E per scegliere una vocazione, una vocazione qualsiasi sia, anche quelle vocazioni “di stato”, il matrimonio, la vita consacrata, il sacerdozio, si deve scegliere con una prospettiva del definitivo. Va contro questo la cultura del provvisorio. E’ una parte della cultura che a noi tocca vivere in questo tempo, ma dobbiamo viverla, ma vincerla”.

D’altra parte, ha concluso salutando i ragazzi, colui che “ha più sicura la sua strada definitiva è il Papa”.


SALUTO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
A
I GIOVANI DELLA DIOCESI DI ROMA IN RICERCA VOCAZIONALE

Grotta di Lourdes dei Giardini Vaticani
Sabato, 28 giugno 2014

 

Prima di tutto chiedo scusa per il ritardo, ma la verità è che non mi sono accorto del tempo. Ero in una conversazione tanto interessante che non me ne sono accorto. Scusatemi! Questo non si fa, la puntualità si deve mantenere.

Vi ringrazio per questa visita, questa visita alla Madonna che è tanto importante nella nostra vita. E Lei ci accompagna anche nella scelta definitiva, la scelta vocazionale, perché Lei ha accompagnato suo Figlio nel suo cammino vocazionale che è stato tanto duro, tanto doloroso. Lei ci accompagna sempre.

Quando un cristiano mi dice, non che non ama la Madonna, ma che non gli viene di cercare la Madonna o di pregare la Madonna, io mi sento triste. Ricordo una volta, quasi 40 anni fa, ero in Belgio, in un convegno, e c’era una coppia di catechisti, professori universitari ambedue, con figli, una bella famiglia, e parlavano di Gesù Cristo tanto bene. E ad un certo punto ho detto: “E la devozione alla Madonna?” “Ma noi abbiamo superato questa tappa. Noi conosciamo tanto Gesù Cristo che non abbiamo bisogno della Madonna”. E quello che mi è venuto in mente e nel cuore è stato: “Mah… poveri orfani!”. E’ così, no? Perché un cristiano senza la Madonna è orfano. Anche un cristiano senza Chiesa è un orfano. Un cristiano ha bisogno di queste due donne, due donne madri, due donne vergini: la Chiesa e la Madonna. E per fare il “test” di una vocazione cristiana giusta, bisogna domandarsi: “Come va il mio rapporto con queste due Madri che ho?”, con la madre Chiesa e con la madre Maria. Questo non è un pensiero di “pietà”, no, è teologia pura. Questa è teologia. Come va il mio rapporto con la Chiesa, con la mia madre Chiesa, con la santa madre Chiesa gerarchica? E come va il mio rapporto con la Madonna, che è la mia Mamma, mia Madre?

Questo fa bene: non lasciarla mai e non andare da soli. Vi auguro un buon cammino di discernimento. Per ognuno di noi il Signore ha la sua vocazione, quel posto dove Lui vuol che noi viviamo la nostra vita. Ma bisogna cercarlo, trovarlo; e poi continuare, andare avanti.

Un’altra cosa che vorrei aggiungere – oltre a quella della Chiesa e della Madonna – è il senso del definitivo. Questo per noi è importante, perché stiamo vivendo una cultura del provvisorio: questo sì, ma per un tempo, e per un altro tempo… Ti sposi? Sì, sì, ma finché l’amore dura, poi ognuno a casa sua un’altra volta…

Un ragazzo – mi raccontava un vescovo – un giovane, un professionista giovane, gli ha detto: “Io vorrei diventare prete, ma soltanto per dieci anni”. E’ così, è il provvisorio. Abbiamo paura del definitivo. E per scegliere una vocazione, una vocazione qualsiasi, anche quelle vocazioni “di stato”, il matrimonio, la vita consacrata, il sacerdozio, si deve scegliere con una prospettiva del definitivo. E a questo si oppone la cultura del provvisorio. E’ una parte della cultura che a noi tocca vivere in questo tempo, ma dobbiamo viverla, e vincerla.

Benissimo. Anche su questo aspetto del definitivo, credo che uno che ha più sicura la sua strada definitiva è il Papa! Perché il Papa… dove finirà il Papa? Lì, in quella tomba, no?

Vi ringrazio tanto per questa visita, e vi invito a pregare la Madonna o, non so, a cantare… La “Salve Regina”… La sanno cantare? Cantiamo la “Salve Regina” alla Madonna tutti insieme? Andiamo!

(Canto)

Adesso a voi, alle vostre famiglie, a tutti do la Benedizione e vi chiedo, per favore, di pregare per me.

(Benedizione)

Grazie a voi! Grazie tante!



[Modificato da Caterina63 24/08/2015 18:51]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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[SM=g1740722] Don Reto di Gloria TV spiega bene perchè e come Dio è NEMICO DEL PECCATO - DIO VIENE COME NEMICO DEL PECCATORE, ma per liberarlo, appunto, dal peccato se il peccatore glielo consente....

gloria.tv/media/Z6S7HviDbUG




[SM=g1740733]

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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Papa Francesco e lo straordinario del Giubileo straordinario

 

Si spera l'abbiano letta tutti, dalla fonte originale vedi qui, la Lettera con la quale il Santo Padre Francesco specifica i termini delle indulgenze di questo Anno straordinario del Giubileo della Misericordia e le categorie che più - è evidente - gli stanno a cuore.

I "punti focalizzati" dal Santo Padre sono ben specificati:

-  Per vivere e ottenere l’indulgenza

-  i fedeli sono chiamati a compiere un breve pellegrinaggio verso la Porta Santa....

-  come segno del desiderio profondo di vera conversione

È importante - dice ancora il Papa - che questo momento sia unito, anzitutto, al Sacramento della Riconciliazione e alla celebrazione della santa Eucaristia...

Agli ammalati, alle persone che non potranno muoversi, il Papa offre il dono delle indulgenze  a patto che queste persone cercheranno di "vivere la malattia e la sofferenza come esperienza di vicinanza al Signore che nel mistero della sua passione, morte e risurrezione indica la via maestra per dare senso al dolore e alla solitudine...", chiedano di poter ricevere la Comunione (è ovvio che anche per loro vale il richiamo prima alla Riconciliazione mediante la confessione dei peccati) e seguano la Messa attraverso i mezzi di comunicazione.

Anche per i carcerati, spiega il Papa, il Giubileo è sempre stato occasione di amnistia purchè: "preso coscienza dell’ingiustizia compiuta e desiderano sinceramente inserirsi di nuovo nella società portando il loro contributo onesto..." e qui il primo atto "straordinario" del Papa perchè, spiega:

"Nelle cappelle delle carceri potranno ottenere l’indulgenza, e ogni volta che passeranno per la porta della loro cella, rivolgendo il pensiero e la preghiera al Padre, possa questo gesto significare per loro il passaggio della Porta Santa, perché la misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori, è anche in grado di trasformare le sbarre in esperienza di libertà."

L'indulgenza per i Defunti, non è in effetti una novità, anzi, nei Giubilei ogni atto di fede, speranza e soprattutto carità, ha sempre alimentato il ricordo per i propri Cari, lasciando spesso anche opere tangenti nella società.

La vera novità sta nell'assoluzione che TUTTI i Sacerdoti potranno dare a chi,davvero pentito però, riconosce l'aborto quale è, un grave peccato...ricordiamo che nel tempo normale (il Giubileo ci porta dentro, appunto, ad un tempo straordinario) il peccato dell'aborto può essere assolto solo dal Vescovo, dalla Santa Sede e da chi da loro inviati per farlo, nessun sacerdote può farlo di propria iniziativa.

Il Papa ne spiega bene le ragioni:

"Una mentalità molto diffusa ha ormai fatto perdere la dovuta sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita. Il dramma dell’aborto è vissuto da alcuni con una consapevolezza superficiale, quasi non rendendosi conto del gravissimo male che un simile atto comporta. Molti altri, invece, pur vivendo questo momento come una sconfitta, ritengono di non avere altra strada da percorrere. Penso, in modo particolare, a tutte le donne che hanno fatto ricorso all’aborto. Conosco bene i condizionamenti che le hanno portate a questa decisione. So che è un dramma esistenziale e morale. Ho incontrato tante donne che portavano nel loro cuore la cicatrice per questa scelta sofferta e dolorosa. Ciò che è avvenuto è profondamente ingiusto; eppure, solo il comprenderlo nella sua verità può consentire di non perdere la speranza."

"Il perdono di Dio a chiunque è pentito - continua il Santo Padre - non può essere negato, soprattutto quando con cuore sincero si accosta al Sacramento della Confessione per ottenere la riconciliazione con il Padre. Anche per questo motivo ho deciso, nonostante qualsiasi cosa in contrario, di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono. 

 

Ai sacerdoti il Papa chiede una attenta preparazione, a non usare questa opportunità - aggiungiamo noi - per  depenalizzare la gravità del peccato dell'aborto, al contrario il Papa dice:

"I sacerdoti si preparino a questo grande compito sapendo coniugare parole di genuina accoglienza con una riflessione che aiuti a comprendere il peccato commesso, e indicare un percorso di conversione autentica per giungere a cogliere il vero e generoso perdono del Padre che tutto rinnova con la sua presenza".

In sostanza la Chiesa sta davvero cercando di recuperare molte anime ma attenzione, la condizione è chiara: comprendere la gravità del peccato commesso, e procedere in un percorso di conversione autentica. E per carità, questo vale per ogni confessione e per ogni peccato, chiunque accede al Sacramento della Riconciliazione pensando di mentire al prete e prendersi gioco di Dio, commette un sacrilegio  che diventa anche peggiore del peccato commesso e rischia davvero la dannazione eterna.

Infine ecco la vera novità e l'atto straordinario: il Papa riconosce ai sacerdoti della Fraternità Sacerdotale di San Pio X la capacità di seguire bene i fedeli i quali, spiega il Pontefice: "alcuni confratelli Vescovi mi hanno riferito della loro buona fede e pratica sacramentale, unita però al disagio di vivere una condizione pastoralmente difficile. Confido che nel prossimo futuro si possano trovare le soluzioni per recuperare la piena comunione con i sacerdoti e i superiori della Fraternità. Nel frattempo, mosso dall’esigenza di corrispondere al bene di questi fedeli, per mia propria disposizione stabilisco che quanti durante l’Anno Santo della Misericordia si accosteranno per celebrare il Sacramento della Riconciliazione presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X, riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei loro peccati".

Quindi gli Atti straordinari sono tre:

1) le porte delle celle dei carcerati che nell'Anno del Giubileo (non dopo) potranno diventare come delle "porte sante" alle condizioni sopra riportate;

2) TUTTI i Sacerdoti potranno assolvere dal peccato dell'aborto (non più dopo l'Anno Giubilare, speriamo che i Sacerdoti non ne approfittino per dare origine a nuovi abusi) alle condizioni sopra riportate;

3) i fedeli potranno ricorrere anche ai Sacerdoti della Fraternità Sacerdotale San Pio X (anche qui, la concessione è per questo Anno, dopo si vedrà)...

Qualcuno ha fatto osservare e ci ha chiesto: ma e per i divorziati-risposati nessuna indulgenza?

Non crediamo che questa sia una "svista" o una dimenticanza del Pontefice, le situazioni riportate da Papa Francesco prevedono un discorso alle "singole" persone, all'indulgenza che è individuale e purtroppo, i risposati avendo alle spalle un divorzio possono risolvere il problema soltanto lasciando il compagno o la compagna con la quale convivono, o vivere da "fratello e sorella", in completa continenza. Dal momento che alla base non c'è questa intenzione e soprattutto la Chiesa non la può imporre, ma può solo sollecitare le persone a prendere delle decisioni personali, non può fare altro perchè il matrimonio civile, per quanto riconosciuto legittimo non è "il Sacramento" e chi è battezzato ha dei doveri verso la Chiesa che sono soprattutto la testimonianza di una vita coerente a ciò che si dice di credere. Il divorzio dal Matrimonio Cristiano non è solo il fallimento di due battezzati e del nucleo familiare, ma è una separazione anche dalla dottrina della Chiesa e per essere ricucito questo strappo occorre la RICONCILIAZIONE anche con la Chiesa, e questo può avvenire solo quando si risolve il Matrimonio precedente (esempio il ricorso alla Sacra Rota) oppure quando chi ha subito il divorzio resti continente senza ricrearsi nuove famiglie.

 

L'Anno straordinario è comunque valido anche per loro, ma le condizioni per lucrare l'indulgenza sono le stesse: pentirsi, riconoscere di vivere in uno stato di peccato, assumersi il compito di riparare il danno (quindi separarsi dal compagno o dalla compagna, o vivere in continenza come fratello e sorella), ed esprimere la volontà di vivere come la Chiesa insegna.Non esistono le categorie di privilegiati, chi vuole l'indulgenza deve obbedire alle leggi di Dio: riconoscere il proprio stato di peccato, convertirsi e cambiare vita, non c'è altra soluzione.

Del resto, chi non crede alle Leggi divine, farà anche a meno di fare ricorso alle indulgenze.

Che dire? Ringraziamo Dio per questa immensa opportunità e prepariamoci saggiamente ad approfittare di questa grande occasione che il Papa ha dato.

Non crediamo che ne avremo un'altra nel nostro tempo, e così per molti, molti anni a venire, ricordiamo cosa ha detto Gesù a Santa Suor Faustina Kowalska:

« Scrivi: sono tre volte santo ed ho orrore del più piccolo peccato. Non posso amare un'anima macchiata dal peccato, ma quando si pente, la Mia generosità non ha limiti verso di lei. La Mia Misericordia l'abbraccia e la perdona. Con la Mia Misericordia inseguo i peccatori su tutte le loro strade ed il Mio Cuore gioisce quando essi ritornano da Me. Dimentico le amarezze con le quali hanno abbeverato il Mio Cuore e sono lieto per il loro ritorno. Dì ai peccatori che nessuno sfuggirà alle Mie mani. Se fuggono davanti al Mio Cuore misericordioso, cadranno nelle mani della Mia giustizia. Dì ai peccatori che li attendo sempre, sto in ascolto del battito del loro cuore per sapere quando batterà per Me. Scrivi che parlo loro con i rimorsi di coscienza, con gli insuccessi e le sofferenze, con le tempeste ed i fulmini; parlo con la voce della Chiesa, e, se rendono vane tutte le Mie grazie, comincio ad adirarMi contro di essi, abbandonandoli a se stessi e do loro quello che desiderano » ( Diario Santa Faustina Kowalska  - maggio 1938 - Q.VI,  n.1728)

e ancora:

« Nell'Antico Testamento mandai al Mio popolo i profeti con i fulmini. Oggi mando te a tutta l'umanità con la Mia Misericordia. Non voglio punire l'umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio Cuore misericordioso. Faccio uso dei castighi solo quando essi stessi Mi costringono a questo; la Mia mano afferra malvolentieri la spada della giustizia. Prima del giorno della giustizia mando il giorno della Misericordia ». Ho risposto: « O mio Gesù, parla Tu stesso alle anime, poiché le mie parole non hanno importanza ».(3 febbraio 1938, Diario S.Faustina Kowalska - Quaderno V n.1588) - vedi qui -

Approfittiamo, finchè siamo in tempo...

Sia lodato Gesù Cristo +

 

 

Uniamo l'aggiornamento con il Cominicato ufficiale della FSSPX

La Fraternità San Pio X apprende dalla stampa le disposizioni che Papa Francesco ha preso in occasione del prossimo Anno Santo. Nell'ultimo paragrafo della sua lettera indirizzata, questo 1° settembre 2015, a Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione, il Santo Padre scrive: «Per mia propria disposizione stabilisco che quanti durante l’Anno Santo della Misericordia si accosteranno per celebrare il Sacramento della Riconciliazione presso i sacerdoti della Fraternità San Pio X, riceveranno validamente e lecitamente l’assoluzione dei loro peccati».

La Fraternità San Pio X esprime la sua riconoscenza al Sommo Pontefice per questo gesto paterno. Nel ministero del sacramento della penitenza, essa si è sempre appoggiata, con assoluta certezza, sulla giurisdizione straordinaria che conferiscono le Normae generales del Codice di Diritto Canonico. In occasione di questo Anno Santo, il Papa vuole che tutti i fedeli che desiderano confessarsi ai sacerdoti della Fraternità San Pio X possano farlo senza che nessuno possa opporre la minima obiezione.

In occasione di questo anno di conversione, i sacerdoti della Fraternità San Pio X avranno a cuore di esercitare con una generosità rinnovata il loro ministero al confessionale, seguendo l’esempio di dedizione continua che il Santo Curato d’Ars ha dato a tutti i sacerdoti.

Menzingen, 1 settembre 2015

Fonte: DICI

   


Fraternamente CaterinaLD

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PAPA FRANCESCO SU ABORTO, DIVORZIO, CASTITÀ, CONTRACCEZIONE, OMOSESSUALITÀ

Tutti i suoi interventi dalla metà di maggio a oggi



1. Dal discorso del 15 maggio 2015 ai vescovi della Repubblica Centroafricana:

Non posso non incoraggiarvi a prestare alla pastorale del matrimonio tutta l’attenzione che merita, e a non scoraggiarvi di fronte alle resistenze provocate dalle tradizioni culturali, dalla debolezza umana o dalle colonizzazioni ideologiche nuove che si stanno diffondendo ovunque. Vi ringrazio anche per la vostra partecipazione ai lavori del Sinodo che si terrà a Roma a ottobre prossimo.

> Testo integrale

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2. Dall'udienza generale di mercoledì 20 maggio 2015:

Si sono moltiplicati i cosiddetti “esperti”, che hanno occupato il ruolo dei genitori anche negli aspetti più intimi dell’educazione. Sulla vita affettiva, sulla personalità e lo sviluppo, sui diritti e sui doveri, gli “esperti” sanno tutto: obiettivi, motivazioni, tecniche. E i genitori devono solo ascoltare, imparare e adeguarsi. Privati del loro ruolo… tendono ad affidarli sempre più agli “esperti”, anche per gli aspetti più delicati e personali della loro vita, mettendosi nell’angolo da soli; e così i genitori oggi corrono il rischio di autoescludersi dalla vita dei loro figli. E questo è gravissimo!

> Testo integrale

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3. Dall'intervista del 24 maggio 2015 al giornale argentino "La Voz del Pueblo":

Dico sempre: "Mai dare una sberla in faccia a un bambino, perché la faccia è sacra, però due o tre scapaccioni sul sedere non vanno male". Una volta dissi questo in un'udienza e alcuni paesi mi criticarono. Sono paesi che hanno leggi di protezione del minore molto strette… per cui il papa non può dire tali cose. Però curiosamente questi paesi, che pur sanzionano il padre o la madre che picchiano i minori, hanno leggi che permettono di uccidere i bambini prima che nascano. Queste sono le contraddizioni che viviamo oggi.

> Testo integrale

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4. Dall'udienza generale di mercoledì 27 maggio:

La Chiesa, nella sua saggezza, custodisce la distinzione tra l’essere fidanzati e l’essere sposi – non è lo stesso – proprio in vista della delicatezza e della profondità di questa verifica. Stiamo attenti a non disprezzare a cuor leggero questo saggio insegnamento, che si nutre anche dell’esperienza dell’amore coniugale felicemente vissuto. I simboli forti del corpo detengono le chiavi dell’anima: non possiamo trattare i legami della carne con leggerezza, senza aprire qualche durevole ferita nello spirito… Dovremo forse impegnarci di più su questo punto, perché le nostre “coordinate sentimentali” sono andate un po’ in confusione. Chi pretende di volere tutto e subito, poi cede anche su tutto – e subito – alla prima difficoltà o alla prima occasione.

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5. Dal discorso del 28 maggio 2015 ai vescovi della Repubblica Dominicana:

Il matrimonio e la famiglia attraversano una seria crisi culturale. Ciò non vuol dire che hanno perso importanza, ma che il loro bisogno si sente di più… Continuiamo a presentare la bellezza del matrimonio cristiano: “sposarsi nel Signore” è un atto di fede e di amore, nel quale gli sposi, mediante il loro libero consenso, diventano trasmettitori della benedizione e della grazia di Dio per la Chiesa e la società.

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6. Dall'incontro del 29 maggio 2015 con alcuni bambini malati e i loro genitori:

Ho tanta ammirazione per la vostra fortezza, per il vostro coraggio. Tu hai detto che ti hanno consigliato l’aborto. Hai detto: “No, che venga, ha diritto a vivere”. Mai, mai si risolve un problema facendo fuori una persona. Mai. Questo è il regolamento dei mafiosi: “C’è un problema, facciamo fuori questo…”. Mai.

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7. Dal discorso del 30 maggio 2015 all'associazione "Scienza e Vita":

Il grado di progresso di una civiltà si misura proprio dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili, più che dalla diffusione di strumenti tecnologici. Quando parliamo dell’uomo, non dimentichiamo mai tutti gli attentati alla sacralità della vita umana. È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia.

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8. Dall'udienza generale di mercoledì 3 giugno 2015:

È quasi un miracolo che, anche nella povertà, la famiglia continui a formarsi, e persino a conservare – come può – la speciale umanità dei suoi legami. Il fatto irrita quei pianificatori del benessere che considerano gli affetti, la generazione, i legami famigliari, come una variabile secondaria della qualità della vita. Non capiscono niente! Invece, noi dovremmo inginocchiarci davanti a queste famiglie, che sono una vera scuola di umanità che salva le società dalla barbarie… A questi fattori materiali si aggiunge il danno causato alla famiglia da pseudo-modelli, diffusi dai mass-media basati sul consumismo e il culto dell’apparire, che influenzano i ceti sociali più poveri e incrementano la disgregazione dei legami familiari.

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9. Dal comunicato dell'udienza del 5 giugno 2015 alla presidente del Cile Michelle Bachelet:

Nel corso dei cordiali colloqui… sono stati affrontati temi di comune interesse, come la salvaguardia della vita umana, l’educazione e la pace sociale. In tale contesto, si è ribadito il ruolo e il contributo positivo delle istituzioni cattoliche nella società cilena.

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10. Dal discorso dell'8 giugno ai vescovi di Porto Rico:

La complementarità tra l’uomo e la donna, vertice della creazione divina, è oggi messa in discussione dalla cosiddetta ideologia di genere, in nome di una società più libera e più giusta. Le differenze tra uomo e donna non sono per la contrapposizione o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre a “immagine e somiglianza” di Dio. Senza la reciproca dedizione, nessuno dei due può comprendere nemmeno se stesso in profondità.

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11. Dal discorso dell'11 giugno 2015 ai vescovi di Lettonia ed Estonia:

Oggi il matrimonio è spesso considerato una forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Purtroppo tale concezione riduttiva influisce anche sulla mentalità dei cristiani, causando una facilità nel ricorrere al divorzio o alla separazione di fatto. Noi Pastori siamo chiamati a interrogarci sulla preparazione al matrimonio dei giovani fidanzati e anche su come assistere quanti vivono queste situazioni, affinché i figli non ne diventino le prime vittime e i coniugi non si sentano esclusi dalla misericordia di Dio e dalla sollecitudine della Chiesa, ma siano aiutati nel cammino della fede e dell’educazione cristiana dei figli.

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12. Dal discorso del 13 giugno 2015 al consiglio superiore della magistratura italiana:

La stessa globalizzazione – come è stato opportunamente richiamato – porta infatti con sé anche aspetti di possibile confusione e disorientamento, come quando diventa veicolo per introdurre usanze, concezioni, persino norme, estranee ad un tessuto sociale con conseguente deterioramento delle radici culturali di realtà che vanno invece rispettate; e ciò per effetto di tendenze appartenenti ad altre culture, economicamente sviluppate ma eticamente indebolite. Tante volte io ho parlato delle colonizzazioni ideologiche quando mi riferisco a questo problema.

> Testo integrale

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13. Dal discorso del 14 giugno 2015 alla diocesi di Roma:

I nostri ragazzi, i ragazzini, che incominciano a sentire queste idee strane, queste colonizzazioni ideologiche che avvelenano l’anima e la famiglia: si deve agire contro questo. Mi diceva, due settimane fa, una persona, un uomo molto cattolico, bravo, giovane, che i suoi ragazzini andavano in prima e seconda elementare e che la sera, lui e sua moglie tante volte dovevano “ri-catechizzare” i bambini, i ragazzi, per quello che riportavano da alcuni professori della scuola o per quello che dicevano i libri che davano lì. Queste colonizzazioni ideologiche, che fanno tanto male e distruggono una società, un Paese, una famiglia. E per questo abbiamo bisogno di una vera e propria rinascita morale e spirituale. A ottobre celebreremo un Sinodo sulla famiglia, per aiutare le famiglie a riscoprire la bellezza della loro vocazione e a esserle fedeli.

> Testo integrale

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14. Dall'enciclica "Laudato si'" resa pubblica il 18 giugno 2015:

Invece di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso, alcuni si limitano a proporre una riduzione della natalità. Non mancano pressioni internazionali sui Paesi in via di sviluppo che condizionano gli aiuti economici a determinate politiche di “salute riproduttiva”… Incolpare l’incremento demografico e non il consumismo estremo e selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi. (50)

Dal momento che tutto è in relazione, non è neppure compatibile la difesa della natura con la giustificazione dell’aborto. Non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano, che a volte sono molesti o importuni, quando non si dà protezione a un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi e difficoltà. (120)

Non è la stessa logica relativista quella che giustifica l’acquisto di organi dei poveri allo scopo di venderli o di utilizzarli per la sperimentazione, o lo scarto di bambini perché non rispondono al desiderio dei loro genitori? (123)

È preoccupante il fatto che alcuni movimenti ecologisti difendano l’integrità dell’ambiente, e con ragione reclamino dei limiti alla ricerca scientifica, mentre a volte non applicano questi medesimi princìpi alla vita umana. Spesso si giustifica che si oltrepassino tutti i limiti quando si fanno esperimenti con embrioni umani vivi. Si dimentica che il valore inalienabile di un essere umano va molto oltre il grado del suo sviluppo. (136)

Apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente. Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di "cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa". (155)

Desidero sottolineare l’importanza centrale della famiglia, perché è il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un’autentica crescita umana. Contro la cosiddetta cultura della morte, la famiglia costituisce la sede della cultura della vita. (213)

> Testo integrale

*

15. Dall'incontro del 21 giugno 2015 con i giovani a Torino:

Anche il papa alcune volte deve rischiare sulle cose per dire la verità. L’amore è nelle opere, nel comunicare, ma l’amore è molto rispettoso delle persone, non usa le persone e cioè l’amore è casto. E a voi giovani in questo mondo, in questo mondo edonista, in questo mondo dove soltanto ha pubblicità il piacere, passarsela bene, fare la bella vita, io vi dico: siate casti, siate casti.

Tutti noi nella vita siamo passati per momenti in cui questa virtù è molto difficile, ma è proprio la via di un amore genuino, di un amore che sa dare la vita, che non cerca di usare l’altro per il proprio piacere. È un amore che considera sacra la vita dell’altra persona: io ti rispetto, io non voglio usarti. Non è facile. Tutti sappiamo le difficoltà per superare questa concezione “facilista” ed edonista dell’amore. Perdonatemi se dico una cosa che voi non vi aspettavate, ma vi chiedo: fate lo sforzo di vivere l’amore castamente…

Stiamo vivendo nella cultura dello scarto. Perché quello che non è di utilità economica, si scarta. Si scartano i bambini, perché non si fanno, o perché si uccidono prima che nascano; si scartano gli anziani, perché non servono e si lasciano lì, a morire, una sorta di eutanasia nascosta.

> Testo integrale

__________


Il commento all'enciclica del vescovo Mario Toso, già segretario del pontificio consiglio della giustizia e della pace:

> "Laudato si'": alcune considerazioni di monsignor Mario Toso

I giudizi di Russell R. Reno, teologo e direttore di "First Things", vicini a quelli sopra citati dell'economista Ettore Gotti Tedeschi:

> The return of Catholic Anti-Modernism

E il precedente saggio di Ross Douthat su "The Atlantic", a proposito di una complessiva valutazione del pontificato di Francesco:

> Will Pope Francis Break the Church?

__________


Il silenzio calato dai media sulle prese di posizione di papa Francesco in materie come l'aborto, il divorzio, la contraccezione, l'omosessualità, cala anche sui vescovi o i cardinali che ne ripetono e ne rilanciano le parole.

È ciò che è capitato, ad esempio, al cardinale Angelo Bagnasco, presidente della conferenza episcopale italiana.

Lo scorso 19 maggio, nel discorso con cui ha aperto l'ultima assemblea generale della CEI, Bagnasco si è scagliato contro l'ideologia del "gender" e le unioni omosessuali con parole tutte letteralmente ricopiate dal papa:

> Prolusione del cardinale presidente

Ma l'indomani, sui grandi quotidiani nazionali, è stato ripagato con la stessa moneta. Col silenzio.

 



__________
23.6.2015


 

[Modificato da Caterina63 05/09/2015 10:13]
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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
AI PARTECIPANTI ALL'INCONTRO 
PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO “COR UNUM”

Sala del Concistoro
Giovedì, 17 settembre 2015

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Cari fratelli e sorelle,

vi ringrazio tanto per la vostra partecipazione a questo incontro di condivisione tra organismi caritativi e Chiese locali. Vi sono riconoscente per l’assistenza che portate alle vittime della crisi in Siria, Iraq e nei Paesi vicini, come pure per il conforto che la vostra presenza e la vostra opera ispirano presso chi soffre. Penso anche ai molti altri organismi che lavorano in questo contesto. Vi saluto tutti, Vescovi, sacerdoti, religiosi, fedeli laici, con un pensiero particolare per il Signor Steven O’Brien, Sottosegretario Generale delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari. Saluto Mons. Dal Toso e ringrazio il Pontificio Consiglio Cor Unum per aver seguito con costanza questa crisi umanitaria, che ci interpella tutti; e saluto il Card. Sandri, del quale conosco la preoccupazione per questi problemi.

Uno dei drammi umanitari più opprimenti degli ultimi decenni è rappresentato dalle terribili conseguenze che i conflitti in Siria e in Iraq hanno sulle popolazioni civili, nonché sul patrimonio culturale. Milioni di persone sono in un preoccupante stato di urgente necessità, costrette a lasciare le proprie terre di origine. Libano, Giordania e Turchia portano oggi il peso di milioni di rifugiati, che hanno generosamente accolto. Di fronte ad un tale scenario e a conflitti che vanno estendendosi e turbando in maniera inquietante gli equilibri interni e quelli regionali, la comunità internazionale non sembra capace di trovare risposte adeguate, mentre i trafficanti di armi continuano a fare i loro interessi: armi bagnate nel sangue, sangue innocente.

Eppure oggi, a differenza del passato, le atrocità e le inaudite violazioni dei diritti umani, che caratterizzano questi conflitti, sono diffusi dai media in tempo reale. Pertanto sono sotto gli occhi del mondo intero. Nessuno può fingere di non sapere! Tutti sono consapevoli che questa guerra pesa in maniera sempre più insopportabile sulle spalle della povera gente. Occorre trovare una soluzione, che non è mai quella violenta, perché la violenza crea solo nuove ferite, crea altra violenza. 

In questo oceano di dolore, vi esorto a porre speciale attenzione ai bisogni materiali e spirituali dei più deboli e indifesi: penso in particolare alle famiglie, agli anziani, ai malati, ai bambini. I bambini e i giovani, speranza per il futuro, sono privati di diritti fondamentali: crescere nella serenità della famiglia, essere accuditi e curati, giocare, studiare. Milioni di bambini, con il protrarsi del conflitto, sono privati del diritto all’istruzione e, conseguentemente, vedono offuscarsi l’orizzonte del loro futuro. Non fate mancare il vostro impegno in questo ambito così vitale.

Tante sono le vittime del conflitto: a tutte penso e per tutte prego. Ma non posso sottacere il grave danno alle comunità cristiane in Siria ed in Iraq, dove molti fratelli e sorelle sono vessati a causa della propria fede, cacciati dalle proprie terre, tenuti in prigionia o addirittura uccisi. Per secoli, le comunità cristiane e quelle musulmane hanno convissuto in queste terre, sulla base del reciproco rispetto. Oggi è la legittimità stessa della presenza dei cristiani e di altre minoranze religiose ad essere negata in nome di un «fondamentalismo violento che rivendica un’origine religiosa» (Benedetto XVI, Esort. ap. post-sin. Ecclesia in Medio Oriente, 29). Eppure, a tali aggressioni e persecuzioni che oggi subisce in quei Paesi, la Chiesa risponde testimoniando Cristo con coraggio, attraverso la presenza umile e fervida, il dialogo sincero e il servizio generoso a favore di chiunque soffra o abbia bisogno, senza alcuna distinzione.

In Siria ed in Iraq, il male distrugge gli edifici e le infrastrutture, ma soprattutto distrugge la coscienza dell’uomo. Nel nome di Gesù, venuto nel mondo per sanare le ferite dell’umanità, la Chiesa si sente chiamata a rispondere al male col bene, promuovendo uno sviluppo umano integrale, occupandosi «di ogni uomo e di tutto l’uomo» (Paolo VI, Enc. Populorum progressio, 14). Per rispondere a questa difficile chiamata, è necessario che i cattolici rafforzino la collaborazione intra-ecclesiale ed i legami di comunione che li uniscono alle altre comunità cristiane, cercando anche la collaborazione con le istituzioni umanitarie internazionali e con tutti gli uomini di buona volontà. Vi incoraggio quindi a proseguire sulla via della collaborazione e della condivisione, lavorando insieme e in sinergia. Per favore: non abbandonate le vittime di questa crisi, anche se l’attenzione del mondo venisse meno!

A tutti voi chiedo di portare il mio messaggio di solidale vicinanza a quanti sono nella prova e subiscono le tragiche conseguenze di questa crisi. In comunione con voi e con le vostre comunità, prego incessantemente per la pace e per la fine dei tormenti e delle ingiustizie nelle vostre amate terre. Che Dio vi benedica tutti. 






L’arcivescovo di Louisville, mons. Joseph Kurtz (classe 1946) appena eletto Presidente della Conferenza Episcopale Statunitense, in una foto, inginocchiato per strada, mentre recita il rosario dinanzi a una clinica abortista della sua città. Non solo Galantini e Beniamini.....

 
 
foto di Mario Di Fiorino.
Mario Di Fiorino con Roberto de Mattei e altre 19 persone

CONGRATULAZIONI

L’arcivescovo di Louisville, mons. Joseph Kurtz (classe 1946) appena eletto Presidente della Conferenza Episcopale Statunitense, in una foto, inginocchiato per strada, mentre recita il rosario dinanzi a una clinica abortista della sua città.












[Modificato da Caterina63 19/09/2015 23:54]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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07/10/2015 18:01
 
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  OTTOBRE MARIANO       




La copertina del libro di Riccardo Barile, Il Rosario
 

Tra i mesi devozionalmente qualificati, ottobre è il mese del Rosario. L’origine è relativamente recente e si deve al domenicano spagnolo Giuseppe Moran († 1884). L’iniziativa ottenne il favore di Leone XIII, che nella letteraSupremi apostolatus del 1.9.1883 consacrò il mese di ottobre «alla celeste Regina del Rosario». 

di Riccardo Barile O.P.

Tra i mesi devozionalmente qualificati, ottobre è il mese del Rosario. L’origine è relativamente recente e si deve al domenicano spagnolo Giuseppe Moran († 1884). L’iniziativa ottenne il favore di Leone XIII, che nella lettera Supremi apostolatus del 1.9.1883 scrisse: «vogliamo che tutto il mese di ottobre dell’anno in corso sia consacrato e dedicato alla celeste Regina del Rosario». Dopo questa data e sino al 1898 seguirono altri 11 documenti - dunque 12 in tutto - che verso l’inizio di settembre raccomandavano la preghiera del Rosario durante il mese di ottobre. Anche san Giovanni XXIII volle promuovere il mese di ottobre con la lettera Grata recordatio (26.9.1959), appunto il “grato ricordo” delle lettere di Leone XIII nell’animo dell’allora giovane Roncalli.

Se il “mese” è recente, la motivazione storica è antica: la battaglia di Lepanto, avvenuta nel mese diottobre (7.10.1571) e la cui vittoria fu attribuita da san Pio V all’intercessione della Madonna del Rosario (nonostante i veneziani per campanilismo politico tentassero di attribuirla all’intercessione tutta veneta di santa Giustina!). Oggi il mese di ottobre non gode più di così forti appoggi istituzionali, ma resta un invito a riconsiderare la preghiera del Rosario, tenendo presente l’ultimo documento autorevole, che è la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae (16.10.2002) di san Giovanni Paolo II. Per san Pio V, al quale con laConsueverunt (17.9.1569) si deve il documento fondante del Rosario moderno, il Rosario è un «modo di orazione» facile, basato sulla ripetizione numerica di Pater e Ave e «con delle meditazioni che illustrano tutta la vita dello stesso Signore nostro Gesù Cristo» e da questo si capisce subito come l’aggiunta dei misteri della luce sia appunto nella linea di “tutta” la vita di Gesù Cristo.

Invece di “modo di orazione” si potrebbe parlare di “metodo di preghiera”. Sì, il Rosario è un metodoe il relegarlo unicamente alla semplicità forse non aiuta a recitarlo al meglio: in fondo la parte più originale della Rosarium Virginis Mariae consiste proprio nel porre in evidenza degli accorgimenti di metodo. Riaffermata la semplicità basica di fermarsi ai Pater e Ave con qualche meditazione, qualcosa in più ogni tanto si potrebbe fare in modo tale che la preghiera ne resti arricchita anche quando ci si accontenta della semplicità di base. Si può approfondire il riferimento alle Scritture che illustrano i misteri leggendo qualche versetto dell’Antico Testamento o del Nuovo Testamento, preferibilmente sempre gli stessi, che la memoria potrà legare al mistero. 

Disponendo di un sussidio, si può pregare guardando l’immagine del mistero brevemente illustrata ericuperando così la dimensione di “preghiera visiva” che il Rosario da subito espresse nel quadro dei misteri (che non avevano funzione decorativa, ma erano per vedere il mistero durante la preghiera). Si può ogni tanto concludere la decina con una orazione ispirata alla liturgia, ma più carica di affetti, come si conviene a questa preghiera. Ma soprattutto si può aggiungere ad ogni decina una clausola, cioè una proposizione relativa al nome di Gesù, ad esempio per il primo mistero gaudioso: «Gesù, che in te fu concepito di Spirito Santo». È questa clausola che “dice” il mistero e lo fa ripetere, cioè meditare, essendo la meditazione biblica non una concatenazione di pensieri ma una ripetizione di parole. Dunque, secondo questo metodo, non ci sarebbe bisogno di pensare niente, ma la meditazione consisterebbe nella ripetizione attenta della clausola, attraverso la quale il mistero entra nello spirito. Questo risolverebbe la difficoltà di doversi mettere a “pensare” mentre si pronunciano delle parole. 

È così semplice ed è una questione di metodo! Ma ciò suppone di stabilire che la meditazione cristiana non si identifica con l’orazione mentale... Infine, il Rosario con la sua praticabilità è uno dei modi di avviare nella vita la preghiera continua: pregate sempre, pregate ininterrottamente (cf Lc 18,1; 1Ts 5,17). Per non parlare poi della necessità della preghiera di intercessione in questo ottobre 2015 con il Sinodo in corso.

Per attuare gli accorgimenti di metodo di cui sopra, diversi sussidi sono disponibili. Uno degli ultimi è del sottoscritto: Riccardo Barile, Il Rosario, ESD, Bologna 2015, pp. 64.

 



Domenica 18 ottobre e per la settimana 
ecco il pensiero di mons. Guido Marini per tutti noi:

Qui, in piazza san Pietro, in questa Domenica,

il Santo Padre dichiarerà alcuni nuovi santi.
Una di essi amava affermare:
"I santi furono santi perché seppero incominciare ad esserlo tutti i giorni".

Nella lettera agli Ebrei, ascoltiamo:
"Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia
per ricevere misericordia e trovare grazia".
Se in qualche circostanza della vita dovessimo avere paura del Signore, 
provare timore a motivo del nostro peccato e del male che abita il cuore,
ricordiamoci di questa parola così consolante.
E ci sostenga sempre, donandoci tanta fiducia,
quanto scriveva san Tommaso Moro:
"La terra non ha dolore che il cielo non possa curare".

Nel vangelo di Marco ascoltiamo un dialogo tra Gesù e i discepoli.
Gesù parla del dono della vita e del servizio,
i discepoli discutono tra loro su chi sia il più grande.
Gesù e i discepoli stanno parlando due linguaggi diversi,
diverso è il loro pensiero, diverso il progetto di vita.
La stessa cosa capita spesso anche a noi:
il pensiero del Signore non è il nostro,
la sua volontà è diversa dalla nostra,
la sua parola mette in luce in noi una mentalità che contraddice la fede.
Preghiamo con il beato J.H. Newman:
"Guidami, luce gentile, 
attraverso l'oscurità che mi circonda guidami tu!
Oscura è la notte e io sono lontano da casa.
Conducimi tu! Guida i miei passi;
non chiedo di vedere orizzonti lontani, un solo passo mi basta.
Non sono mai stato come ora sono;
né ti ho pregato di farmi da guida.
Amavo scegliere il mio cammino; ma ora conducimi tu!
Amavo l'apparenza sfarzosa e, disprezzando la paura,
l'orgoglio dominava la mia volontà.
Non ricordare i giorni passati.
Sono certo, Amore, che mi guiderai,
attraverso paludi e brughiere, monti e torrenti,
finché la notte svanirà;
e all'alba mi sorrideranno quei visi angelici
che ho a lungo amato, e che più non vedo".

benedizione a tutti
don Guido

   





[Modificato da Caterina63 18/10/2015 09:17]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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28/10/2015 00:41
 
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[SM=g1740717] “Misericordes sicut Pater”, ovvero il motto ufficiale del Giubileo straordinario, “Misericordiosi come il Padre”, tratto dal Vangelo di Luca (6,36), usato anche nell'Inno ufficiale che vi offriamo in formato karaoke.

Le strofe si alternano con una frase ripetuta in un facile latino: “In aeternum misericordia eius”, la misericordia di Lui, del Padre, è in eterno, ripresa dal Salmo 135 o 136. Le altre frasi sono nella lingua natia di ogni Nazione, qui naturalmente ve lo offriamo in italiano.

Padre Costa: vi racconto come è nato l’inno per il Giubileo della Misericordia

E’ stato pubblicato su YouTube l’inno ufficiale del Giubileo della Misericordia. L’inno si apre con le parole “Misericordes sicut Pater”, ovvero il motto del Giubileo, “Misericordiosi come il Padre”, tratto dal Vangelo di Luca (6,36). Gli autori della musica, Paul Inwood, e del testo, il padre gesuita Eugenio Costa, hanno donato ogni diritto di sfruttamento di questa opera al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione al fine di facilitare la diffusione dell’Inno in tutta la Chiesa. La registrazione è stata eseguita dalla Cappella Musicale Pontificia, diretta dal Maestro mons. Massimo Palombella, a cura della Radio Vaticana.

Al microfono di Alessandro Gisotti da Radio Vaticana, il teologo e musicista padre Eugenio Costa racconta come è nato l’inno per il Giubileo:

R. – Mons. Massimo Palombella, maestro della Cappella Sistina, con cui collaboro da molto tempo, mi ha chiesto di fare un inno sul tema della Misericordia e lo ha fatto d’accordo con l’ente pontificio, che è preposto a questo Anno della Misericordia, quindi il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione con in testa mons. Rino Fisichella. Mi hanno dato alcune “dritte”, anzitutto alcuni interventi brevissimi nel testo di lingua latina. Mi hanno detto: “Il ritornello di questo inno deve essere il motto dell’Anno della Misericordia”, che in latino è “Misericordes sicut Pater”.
E’ una citazione dal capitolo sesto di San Luca, in cui Gesù dice: “Siate misericordiosi come il Padre vostro”. Poi, all’interno delle strofe, che sono quattro, mi è stato chiesto di inserire proprio come una ripetizione continua, quindi ripetibile facilmente da qualunque assemblea, una breve frase, anche questa in latino: “In aeternum misericordia eius”, la misericordia di Lui, del Padre, è in eterno. E questa è una ripresa dal Salmo 135 o 136, quel Salmo che ha questa breve acclamazione lungo tutto il suo testo, da capo a fondo. In italiano lo traduciamo: “In eterno sarà il suo amore per noi”.

D. – Una cosa che colpisce è che già la prima volta che si ascolta questo inno, per la sua musicalità e per il testo - questa brevità che diceva anche lei – entra immediatamente nell’orecchio, uno se lo ricorda. Ovviamente, c’è questo intento?

R. – Certamente, l’intento era questo! Dal punto di vista della musica, vorrei ricordare che il dicastero per la Nuova Evangelizzazione, nel concorso per una composizione musicale di questo testo, lo ha mandato a ben 90 compositori sparsi per il mondo. Di questi 90, 21 hanno risposto. Tra questi 21, ne è stato scelto uno, naturalmente, che è quello che è poi stato anche registrato. E’ opera di Paul Inwood, che è un compositore laico inglese - molto bravo e già molto conosciuto nell’Inghilterra cattolica - capace, che capisce cosa vuol dire comporre con un intento preciso, non “per gli Angeli e per gli Arcangeli”, ma per un’assemblea concreta, non di professionisti, per persone che cantano perché sono radunate per pregare e cantare! Ha composto quindi questa musica che è semplice, sì, ma molto ben costruita. Il ritornello, infatti, “Misericordes sicut Pater” entra, come dice lei, nell’orecchio tre secondi dopo che uno l’ha sentito. E poi, la ripresa del ritornello latino interno, nelle strofe, “In aeternum misericordia eius”, è affidata a delle piccole melodie orecchiabilissime.

D. – Il tema della misericordia come si lega, secondo lei, anche nella sua esperienza con la musica?

R. – La risposta alla sua richiesta può essere solo un atto di fiducia e di speranza che chi si approprierà, cantando, di queste parole, entri un po’ più a fondo in questo mistero della misericordia. Per questo le quattro strofe sono: la prima, indirizzata al Padre, la seconda al Figlio, la terza allo Spirito Santo e la quarta riprende un po’ tutti i temi insieme. Facendo questo testo e affidandolo al compositore uno compie un atto di speranza. Il compositore ed io ci auguriamo, che questo testo cantato contribuisca ad approfondire seriamente il tema della misericordia, tema così profondo, così ampio su cui Papa Francesco si sta impegnando a fondo. Lo scopo di un canto, un canto liturgico, è sempre quello di aiutare chi lo canta ad entrare in quello che si sta facendo. Questo canto avrebbe, dal punto di vista rituale, il senso di essere un canto processionale, ciò vuol dire che deve aiutare ad accompagnare una lunga processione, per esempio di ingresso, di inizio di una celebrazione - può essere una Messa o altro - con molte persone, spesso con molti vescovi, sacerdoti e diaconi. Che questo venga accompagnato da questa musica, che ha un suo ritmo pacato, però preciso, che aiuta a camminare nella fede e nella speranza.

Di seguito vi offriamo il Karaoke con l'Inno:

gloria.tv/media/JypadG6xHPh

www.youtube.com/watch?v=T24L1vRLrHM

Movimento Domenicano del Rosario
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[SM=g1740738]


[SM=g1740727] Halloween, la festa delle zucche vuote, così l'ha definita il Vescovo di Perugia mons. Gualtiero Bassetti mettendoci in guardia a "non diventare noi stessi delle zucche vuote". Halloween è un fenomeno inquietante, risponde Don Aldo Bonaiuto responsabile del Servizio anti sette dell'Associazione Papa Giovanni XXIII, figlio spirituale cresciuto al sacerdozio da Don Oreste Benzi, consulente delle Procure di mezza Italia e collaboratore della Direzione centrale anticrimine della Polizia, mettendoci in guardia dai pericoli di cadere nelle trappole dell'occultismo.

Insomma, noi vi invitiamo a difendere la nostra cultura Cristiana di Ognissanti e a raccontare ai bambini non Halloween ma le storie dei Santi.
clicca anche qui
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/d/9975679/Novembre-Festa-liturgica-di-Tutti-i-Santi-e-dei-Nostri-cari-Defunti-2-/discussi...

[SM=g1740733]

di Lorenzo Bertocchi
29-10-2015
La nuova bussola quotidiana
La festa pagana di Halloween
Quando gli antichi druidi celtici dell’Irlanda celebravano la festa di Samhain, quando l’inverno, simbolo della morte, subentrava all’estate-vita, ecco che il mondo dei morti si poteva aprire a quello dei vivi. E gli spiriti dei defunti vagavano liberamente privi di ogni ostacolo. E tra sacrifici umani e orge rituali, celebrati in onore del principe della morte, i partecipanti a Samhain se ne andavano in giro con delle rape intagliate con dentro un lume.

È l’origine pagana della festa delle zucche, quella che oggi si chiama Halloween. Quella che negli ultimi anni ci ha assalito grazie alla macchina del business. Arriva a noi dagli Stati Uniti, che la ereditarono dai migranti provenienti dall’Irlanda a metà ‘800. Questi irlandesi, nonostante san Patrizio, e papa Gregorio III (731 d.C) che aveva istituito la festa di Ognissanti il primo di novembre, avevano continuato a festeggiare la vigilia secondo la vecchia tradizione pagana.

Oggi se ne parla all'Università Europea di Roma dove viene presentato un libro di don Aldo Bonaiuto, sacerdote della comunità fondata da don Oreste Benzi. É l'occasione anche della prima uscita pubblica di monsignor Matteo Maria Zuppi in qualità di arcivescovo di Bologna designato. L'ex parroco a Trastevere, pastore che dicono essere molto in linea con il vescovo-tipo di papa Bergoglio, interverrà in un dibattito politicamente scorrettissimo.

Su Halloween molti dicono «ma che male c'è?», mentre il titolo del libro di don Bonaiuto è tutto unprogramma: Halloween. Lo scherzetto del diavolo (Ed. Sempre Comunicazione). «Gli ingannevoli richiami al soprannaturale e all’orrorifico», si legge nel libro, cominciarono da subito ad affacciarsi nei party americani di fine ‘800. E senza voler scendere immediatamente nell’esoterico, bisogna rilevare che il fenomeno Halloween è cresciuto grazie a un gran giro di soldi. Dai primi party nelle case dei migranti irlandesi si è passati alle feste di strada, con gente nelle piazze, nelle scuole e, magari, giù, giù, fino a qualche bel salone parrocchiale.

Gli ingenti mezzi finanziari della macchina commerciale sono riusciti a ribaltare gli intenti di sanPatrizio e papa Gregorio III, cioè hanno ripaganizzato una festa cristiana. Gli americani oggi spendono quasi 6.000 milioni di dollari per festeggiare la notte delle streghe e della zucca vuota, ma anche in Italia nel 2010 i commercianti dichiaravano una spesa di circa 400 milioni di euro per la mascherata. «Halloween ormai», come dice don Aldo, «è la parodia noir del carnevale» e i suoi valori principali «sono magia, orrorifico e soprannaturale». Magari svenduti a buon mercato dietro “innocui” simboli e simpatici teschietti.

Rispettiamo lo sforzo nobile del sacerdote della comunità di don Benzi, che con san Tommaso ricorda ai lettori che «ogni azione magica presuppone un accordo con il maligno», ma con il successo che riscuote il soprannaturale tra i contemporanei la sua rischia di essere una «vox clamantis in deserto». Eppure, tra il gusto del macabro e quello della vita, della bellezza, dell'eternità, non sarebbe difficile scegliere, anche rimanendo con i piedi piantati in terra.

Ma la festa cristiana di Ognissanti e quella della commemorazione dei fedeli defunti è una profonda riflessione sul senso della vita, traguardato con l'unica speranza seria che possiamo avere su questa terra: la Risurrezione di Gesù Cristo che ha vinto il principe della morte. Per questo, con molta sobrietà, invece, di «dolcetti e scherzetti», nei prossimi giorni sarebbe bene accompagnare i bambini sulla tomba dei vostri cari. Fategli mettere un fiore. E recitare una prece.

gloria.tv/media/tBn96PqHp6V

www.youtube.com/watch?v=BpI8vbtLn4g&spfreload=10

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[SM=g1740717] [SM=g1740750] [SM=g1740752]


[Modificato da Caterina63 29/10/2015 10:06]
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01/11/2015 20:11
 
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[SM=g1740717] [SM=g1740720] Giubileo Domenicano parlano i Papi

Cari Amici, il 7 novembre, Festa dei Santi dell'Ordine Domenicano, iniziano anche le celebrazioni per il nostro Giubileo: 800 anni dalla fondazione 1216-2016 e siamo davvero felici di poter condividere con voi questo evento che non è un traguardo, ma una tappa di questo lungo cammino ancora lontano dalla meta.
In questo video abbiamo scelto un breve itinerario fatto dalle parole usate da alcuni Pontefici, del passato e del presente, che descrivono l'opera e la missione di San Domenico di Guzman e della sua grande Famiglia.
Buon ascolto e... pregate per noi e con noi il Santo Rosario.

Movimento Domenicano del Rosario

A seguire un video Karaoke con il canto a San Domenico Luminare della Chiesa

www.youtube.com/watch?v=ZfT31VlOEXE

gloria.tv/media/pwdeiLyAgC8

________

Luminare della Chiesa video Karaoke

gloria.tv/media/P5f9nadkhGD

www.youtube.com/watch?v=ZgR974pxH1M








[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

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CAPPELLA PAPALE IN SUFFRAGIO DI CARDINALI E VESCOVI 
DEFUNTI NEL CORSO DELL'ANNO

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana, Altare della Cattedra 
Martedì, 3 novembre 2015

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Oggi ricordiamo i fratelli Cardinali e Vescovi deceduti nell’ultimo anno. Su questa terra hanno amato la Chiesa loro sposa, e noi preghiamo perché in Dio possano godere la gioia piena, nella comunione dei santi.

Ripensiamo con gratitudine anche alla vocazione di questi sacri Ministri: come indica la parola, è anzitutto quella di ministrare, ovvero di servire. Mentre chiediamo per loro il premio promesso ai “servi buoni e fedeli” (cfr Mt 25,14-30), siamo chiamati a rinnovare la scelta di servire nella Chiesa. Ce lo chiede il Signore, che come un servo ha lavato i piedi ai suoi più stretti discepoli, perché come ha fatto Lui facessimo anche noi (cfr Gv 13,14-15). Dio ci ha serviti per primo. Il ministro di Gesù, venuto per servire e non per essere servito (cfr Mc 10,45), non può che essere a sua volta un Pastore pronto a dare la vita per le pecore. Chi serve e dona, sembra un perdente agli occhi del mondo. In realtà, perdendo la vita, la ritrova. Perché una vita che si spossessa di sé, perdendosi nell’amore, imita Cristo: vince la morte e dà vita al mondo. Chi serve, salva. Al contrario, chi non vive per servire, non serve per vivere.

Il Vangelo ci ricorda questo. «Dio ha tanto amato il mondo», dice Gesù (v. 16). Si tratta davvero di un amore tanto concreto, così concreto che ha preso su di sé la nostra morte. Per salvarci, ci ha raggiunti là dove noi eravamo andati a finire, allontanandoci da Dio datore di vita: nella morte, in un sepolcro senza uscita. Questo è l’abbassamento che il Figlio di Dio ha compiuto, chinandosi come un servo verso di noi per assumere tutto quanto è nostro, fino a spalancarci le porte della vita.

Nel Vangelo Cristo si paragona al “serpente innalzato”. L’immagine rimanda all’episodio dei serpenti velenosi, che nel deserto attaccavano il popolo in cammino (cfr Nm 21,4-9). Gli Israeliti che erano stati morsi dai serpenti, non morivano ma rimanevano in vita se guardavano il serpente di bronzo che Mosè, per ordine di Dio, aveva innalzato su un’asta. Un serpente salvava dai serpenti. La stessa logica è presente nella croce, alla quale Cristo si riferisce parlando con Nicodemo. La sua morte ci salva dalla nostra morte.

Nel deserto i serpenti procuravano una morte dolorosa, preceduta dalla paura e causata da morsi velenosi. Anche ai nostri occhi la morte sempre appare buia e angosciante. Così come la sperimentiamo, è entrata nel mondo per invidia del diavolo, ci dice la Scrittura (cfr Sap 2,24). Gesù però non l’ha fuggita, ma l’ha presa pienamente su di sé con tutte le sue contraddizioni. Ora noi, guardando a Lui, credendo in Lui, veniamo salvati da Lui: «Chi crede nel Figlio ha la vita eterna», ripete due volte Gesù nel breve brano di Vangelo odierno (cfr vv. 15.16).

Questo stile di Dio, che ci salva servendoci e annientandosi, ha molto da insegnarci. Noi ci aspetteremmo una vittoria divina trionfante; Gesù invece ci mostra una vittoria umilissima. Innalzato sulla croce, lascia che il male e la morte si accaniscano contro di Lui mentre continua ad amare. Per noi è difficile accettare questa realtà. È un mistero, ma il segreto di questo mistero, di questa straordinaria umiltà sta tutto nella forza dell’amore. Nella Pasqua di Gesù vediamo insieme la morte e il rimedio alla morte, e questo è possibile per il grande amore con cui Dio ci ha amati, per l’amore umile che si abbassa, per il servizio che sa assumere la condizione del servo. Così Gesù non solo ha tolto il male, ma l’ha trasformato in bene. Non ha cambiato le cose a parole, ma con i fatti; non in apparenza, ma nella sostanza; non in superficie, ma alla radice. Ha fatto della croce un ponte verso la vita. Anche noi possiamo vincere con Lui, se scegliamo l’amore servizievole e umile, che rimane vittorioso per l’eternità. È un amore che non grida e non si impone, ma sa attendere con fiducia e pazienza, perché – come ci ha ricordato il Libro delle Lamentazioni – è bene «aspettare in silenzio la salvezza del Signore» (3,26).

«Dio ha tanto amato il mondo». Noi siamo portati ad amare ciò di cui sentiamo il bisogno e che desideriamo. Dio, invece, ama fino alla fine il mondo, cioè noi, così come siamo. Anche in questa Eucaristia viene a servirci, a donarci la vita che salva dalla morte e riempie di speranza. Mentre offriamo questa Messa per i nostri cari fratelli Cardinali e Vescovi, domandiamo per noi quello a cui ci esorta l’apostolo Paolo: di «rivolgere il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,2); all’amore di Dio e del prossimo, più che ai nostri bisogni. Che non abbiamo a inquietarci per quello che ci manca quaggiù, ma per il tesoro di lassù; non per quello che ci serve, ma per ciò che veramente serve. Che sia sufficiente alla nostra vita la Pasqua del Signore, per essere liberi dagli affanni delle cose effimere, che passano e svaniscono nel nulla. Che ci basti Lui, in cui ci sono vita, salvezza, risurrezione e gioia. Allora saremo servi secondo il suo cuore: non funzionari che prestano servizio, ma figli amati che donano la vita per il mondo.

   

 

È morto René Girard. «La forza del cristianesimo viene dalla risurrezione»

Si è spento il grande antropologo e filosofo francese. Qui una nostra vecchia (e splendida) intervista: «Le persecuzioni più grandi sono oggi commesse in nome della pietà»

girardÈ morto all’età di 91 anni René Girard, grande antropologo e filosofo francese. Fu autore di testi fondamentali come Menzogna romantica e verità romanzesca (1961), La violenza e il sacro(1980), Il capro espiatorio (1987). Qui di seguito vi riproponiamo una nostra intervista apparsa su Tempi nell’agosto 2001.

Molto amato anche da tanti laici, l’antropologo francese e professore alla Stanford University, in California, René Girard — nei libri La vittima e la folla, edito da Santi Quaranta, e Vedo Satana cadere come la folgore, edito da Adelphi — spiega chiaramente, contro ogni forma moderna di sacralizzazione del mito, come in realtà nella mitologia si oda la «voce della violenza trionfante». Il cristianesimo è stato invece l’unico a rovesciare questa logica, che Girard stesso chiama «il segreto di Satana».

All’inizio del suo ultimo libro Vedo Satana cadere come la folgore, lei afferma chiaramente di voler fare un’apologia del cristianesimo fondata sulla Croce. Perché?
Penso di aver scoperto il modo di mostrare che il rapporto fra la mitologia e le religioni arcaiche è completamente diverso da ciò che il mondo moderno pensa. Il paradosso della mia tesi è che più comprendiamo la prossimità della mitologia e del racconto biblico, più comprendiamo, da un lato, che nei due casi ci sono crimini collettivi che risolvono le crisi mimetiche, e, dall’altro, la vera differenza fra i miti e il cristianesimo. La vera differenza è che nei miti la vittima è sempre colpevole e la folla è sempre innocente, mentre nella Bibbia, nel cristianesimo, la vittima è innocente e la folla colpevole. È una verità assoluta e non relativizzabile. La folla lincia la vittima, perché la vuole linciare e questo non ha niente a che fare con la colpevolezza della vittima. Secondo me il cristianesimo rivela questa verità che nessuno aveva mai svelato prima. Questa è la questione decisiva.

Nel suo libro lei prende apertamente le distanze da Bultmann che ha operato la demistificazione dei Vangeli rendendo però, così, il cristianesimo solo una scelta esistenziale. Anche la gnosi separa nettamente il giudizio fra Vecchio e Nuovo Testamento…
Il cristianesimo aggiunge qualcosa di essenziale perché ha abolito i sistemi passati di religione basati sulle vittime. Cristo infatti permette agli uomini di amarsi gli uni gli altri. Anche i personaggi dell’Antico Testamento sono vittime riconosciute in quanto tali, ma con Cristo è Dio stesso a esserlo e per questo è un’azione più incisiva. Lo gnosticismo, invece, non vede che la conoscenza e non si rende conto che tutti gli uomini sono dei persecutori anche se non sanno di esserlo. Solo Cristo può insegnarlo, come ha fatto con Pietro e Paolo. Per divenire cristiani bisogna prima riconoscersi come persecutori.

Lei afferma che l’umanitarismo e la pietà per la vittime nasce in seno al cristianesimo. Ma oggi il cristianesimo è il nuovo capro espiatorio che si vorrebbe eliminare. Si potranno, quindi, difendere i diritti umani eliminando il cristianesimo?
La situazione presente è un melange complesso degli effetti del cristianesimo e di un ritorno del paganesimo. È difficile distinguere. Già fare del cristianesimo un capro espiatorio è un ritorno al paganesimo. Ci sono elementi derivati del cristianesimo che a volte ne sono una parodia e che tendono a destabilizzare la società nel senso di un ritorno al paganesimo. Questo è il mistero dei tempi storici in cui viviamo.

Ma l’eutanasia, l’aborto non sono un segno proprio di questo ritorno al paganesimo?
Sì. Il nostro mondo si espone a pericoli terribili di disumanizzazione, che non sono compatibili con la perpetuazione della civiltà. La paganizzazione ha conseguenze nefaste che non sono prevedibili.

Come si può leggere il fenomeno della globalizzazione nel discorso che lei fa sulla società contemporanea?
La globalizzazione è la fine di tutte le barriere che sono “cose sacrificali”, poteri di espulsione. Quando questi se ne vanno, permettono possibilità di sviluppo se si ha amore agli uomini, ma anche di distruzione terribile. Quando si sopprimono i sacrifici, aumenta la libertà e l’uomo è capace di fare più cose. Ma se gli uomini non sono capaci di disciplinarsi da soli, ci saranno pericoli sempre più grandi.

Il Rapporto 2001 sulla Libertà Religiosa nel mondo, la più recente edizione di un rapporto annualmente pubblicato dall’“Aiuto alla Chiesa che Soffre”, afferma che, mai come in questo secolo, tanti cattolici e cristiani sono stati uccisi e che, più in generale, la libertà religiosa non gode di un buono stato di salute nel mondo. Questo non contrasta con il gran parlare che si fa sui diritti umani?
Un secolo e mezzo fa si pensava che se il cristianesimo avesse perso il potere temporale e se per esempio lo Stato pontificio fosse sparito, sarebbe sparito anche il risentimento contro il cattolicesimo. Non è stato così. I media infatti sono sempre più ostili al cattolicesimo e alla religione. Penso che i problemi religiosi siano più importanti di quanto non si pensi.

Parlando sul piano dell’esperienza, possiamo dire che nella comunità cristiana più si approfondisce il rapporto con l’altro, più ci si accorge di come sia differente da noi stessi. L’amore, dunque, sembra nascere dalla vittoria di Gesù Cristo su questo meccanismo di conflitto che si instaura normalmente fra le persone. Secondo lei, questo amore che si manifesta nella comunità cristiana può essere un segno di Cristo nel mondo?
Sì, dovrebbe esserlo, anche se non sempre è visibile. L’essenziale del mio lavoro è la congiunzione fra l’analisi scientifica e la sola cosa che conta nel cristianesimo, e cioè l’amore fra i discepoli, l’amore gli uni per gli altri

Il perdono e l’amore al nemico sono, dunque, ciò che Gesù Cristo ha donato al mondo per svelare «il segreto di Satana», e vincere questo meccanismo di conflitto…
Sì. E in questo senso è molto importante l’attitudine del Papa ed ha molta efficacia sugli uomini. I cristiani hanno bisogno di un’educazione per portare sempre più frutti. I cristiani sono sempre di meno, ma sono sempre più vicini alla condotta cristiana rispetto a prima. Si aveva ragione di dire che l’Inquisizione era una cosa cattiva, e il Papa ha ragione a chiedere perdono perché i cristiani avrebbero dovuto capire prima degli altri che non si può difendere il cristianesimo con la forza. Anche se nel Medioevo era normale che il cristianesimo pensasse di difendersi in questo modo, si è sbagliato e alla fine lo si è capito. Oggi però i nemici del cristianesimo vogliono solo conoscere gli errori del cristianesimo.

Hitler e il nazismo pretesero di opporsi direttamente al cristianesimo. Oggi assistiamo a un altro tipo di opposizione basato su una sorta di radicalizzazione della pietà per le vittime in senso anticristiano. E questo avviene anche tramite l’identificazione del passato cristiano con ogni sorta di «persecuzioni, oppressioni, inquisizioni». Secondo lei questo meccanismo di radicalizzazione della pietà per le vittime rischia di trarre in inganno molte persone?
Sì, trae in inganno perché è la caratteristica della nostra epoca. Non vuol dire che si abbia una cattiva volontà, ma non si sa ciò che si fa. Ci sono delle deviazioni terribili. Le persecuzioni più grandi sono oggi commesse in nome della pietà. Un esempio per tutti è l’aborto. È una radicalizzazione pagana, una deviazione.

La forza che i discepoli hanno sperimentato dopo la risurrezione, prova che qualcosa di più forte dell’umano è accaduto?
Sì, io interpreto la risurrezione in modo religioso. La risurrezione fa fare il salto dal piano antropologico a quello della fede. Essere cristiani è credere nella risurrezione. Per questo ho problemi con Bultmann, perché non crede alla risurrezione. La forza del cristianesimo viene dalla risurrezione. Su un piano antropologico, la risurrezione è negata da molte persone; il cristianesimo rovescia tutti i miti, invece, e ci obbliga a chiederci da dove arriva ai discepoli la forza di questa inversione che non aveva mai avuto luogo prima nella storia. E bisogna dire che viene dalla risurrezione. È la risurrezione che li fa capaci di dire la verità e rispondere alla verità.

Anche oggi quando i cristiani mostrano che possono amare e perdonare i nemici, mostrano la forza della risurrezione?
Sì, mostrano la forza della risurrezione.





DOROTHY DAY, FULTON SHEEN, CHESTERTON, IL PRETE DEL TINTANIC, GAUDÍ: GRANDI, CONTROVERSI, FORSE SANTI

Dorothy Day, Fulton Sheen, Chesterton, il prete del Tintanic, Gaudí: grandi, contoversi, forse santi

di don Matthew Pittam

 

Ancora infuria in America la controversia innescata dalla canonizzazione di san Junípero Serra. Ci ricorda che i social media e le comunicazioni moderne hanno offerto più che mai accessibilità al lato “umano” dei santi contemporanei. In alcuni casi l’ostilità è tra gli stessi responsabili di una determinata Causa. Ecco cinque fra i santi più controversi in fieri.

 

Dorothy Day

Il profilo di Dorothy Day è stato notevolmente rilanciato da quando il Papa ha parlato affettuosamente di lei durante la sua visita in America poche settimane fa. Questo ha dato speranza a quanti negli ultimi 25 anni hanno fatto campagna per la sua beatificazione.

Dorothy Day è una figura controversa e molti protestano che non dovrebbe essere beatificata perché ebbe un figlio illegittimo e un aborto. Ma per coloro che la trovano un’ispirazione, è un esempio e un incoraggiamento. È proprio perché la sua storia parla di trasformazione nell’amore di Dio che le persone la trovano così interessante. La Day offre un modello di comportamento e dà speranza alle donne che hanno abortito. La sua stessa sofferenza dopo l’aborto la portò ad avere una grande compassione per le donne in situazioni simili che provavano la colpa e il dolore della perdita.

Nel 1930 Dorothy Day incontrò Peter Maurin e poco tempo dopo i due fondarono insieme il Movimento dei lavoratori cattolici, che divenne un’àncora di salvezza per migliaia di persone nel periodo della Grande Depressione, mettendo in piedi Case dell’ospitalità, mense dei poveri e ricoveri per i senzatetto. 

La storia della vita di Dorothy Day è stata tema di molti film e libri. Nel 1996 è uscito il filmEntertaining Angels: The Dorothy Day Story, acclamato dalla critica.

Dorothy Day ha ricevuto il titolo di Serva di Dio e i suoi sostenitori sperano che il prossimo Anno della Misericordia possa fare da catalizzatore del processo verso la canonizzazione.

 

Thomas Byles

Padre Thomas Byles morì con altri 1.500 passeggeri sul Titanic nella terribile notte del 12 aprile 1912, e questo nonostante a quanto si dice gli fossero state offerte due possibilità di salire sulle scialuppe. Egli scelse di cedere il suo posto ad altri e di rimanere sulla nave per pregare, confessare e sostenere le altre vittime.

Agnes McCoy, passeggera della terza classe che sopravvisse al naufragio, continuò a testimoniare la natura eroica delle attenzioni di padre Byle verso gli altri passeggeri, che gli costarono la vita. Un’altra superstite, Helen Mary Mocklare, ricordò molti anni più tardi che un membro dell’equipaggio della nave «avvertì il prete del pericolo che correva e lo supplicò di salire sulla scialuppa».

Padre Byles era salito sul Titanic per partecipare al matrimonio di suo fratello a New York. Era stato educato nel Lancashire e a Oxford, e prima di morire era stato per otto anni parroco di Sant’Elena a Chipping Ongar, nell’Essex.

Ora, più di un secolo dopo, il vescovo di Brentwood ha chiesto all’attuale parroco di Sant’Elena, padre Graham Smith, di promuovere l’apertura della causa di beatificazione per padre Byles. Padre Smith dice di considerare il suo predecessore «un uomo straordinario che ha dato la propria vita per gli altri». Spera che le persone bisognose invochino padre Byles: se accade un miracolo il processo può avanzare al prossimo stadio.

La possibilità dell’apertura della causa per padre Byles ha suscitato critiche in quanto alcuni trovano che la sua storia sia troppo mescolata all’interesse sensazionale permanente verso la vicenda della nave inaffondabile. Ciò nonostante, padre Byles è una grande fonte di ispirazione. È stato paragonato a san Massimiliano Kolbe, il martire di Auschwitz: anche lui sacrificò la vita per salvare altre persone.

 

Fulton Sheen

Fulton Sheen era un uomo che possedeva stupefacenti doti comunicative e non perse mai la capacità di parlare alla gente comune. Insegnò filosofia e teologia per 24 anni alla Catholic University a Washington Dc. Successivamente ebbe l’occasione di entrare nell’etere con il suo programma radiofonico Catholic Hour, che durò 20 anni e si stima che avesse tra i quattro e cinque milioni di ascoltatori. Si trasferì poi in televisione con uno show intitolato Life is Worth Living (La vita vale la pena di essere vissuta, ndr), che in sei anni raggiunse tra i 20 e i 30 milioni di spettatori. Molti dei suoi 65 libri sono diventati classici della spiritualità. Si calcola che abbia influenzato la conversione di 52 mila persone, tra le quali molti comunisti impegnati, come Bella Dodd.

Il percorso di Fulton Sheen verso la santità sembrava avviato con passo incoraggiante. Padre Andrew Apostoli, cofondatore dei Frati francescani del Rinnovamento (Franciscan Friars of the Renewal) e presentatore di Ewtn è stato nominato vice postulatore della causa. La Congregazione per le Cause dei santi ha esaminato le prove della santità di Fulton Sheen e ha quindi trasmesso i risultati al Papa. Questo gli ha permesso di essere identificato come un uomo che ha vissuto una vita nella “virtù eroica”, facendogli ottenere il titolo di Venerabile.

Il passo successivo era la verifica di miracoli relativi a situazioni in cui era stato invocato Fulton Sheen. Sono stati segnalati diversi miracoli e un primo caso è stato sottoposto alla Congregazione, cha ha concluso come non potesse essere individuata alcuna spiegazione naturale per il prodigio.

Fino a questo punto le cose procedevano bene. Il requisito ulteriore del processo era l’ispezione dei resti mortali di Fulton Sheen. È qui che è montata la disputa inopportuna sul corpo del grande arcivescovo. Il vescovo di Peoria Daniel Jenky aveva chiesto che la salma fosse esumata e trasferita nella sua diocesi in Illinois, ma Dolan, il cardinale di New York, glielo ha negato. La diocesi di Peoria sosteneva di aver avuto rassicurazioni in merito alla soddisfazione di tale richiesta e in quell’occasione sono volate parole forti da entrambe le parti.

In seguito a una discussione tra l’arcidiocesi di New York e Roma è stato deciso che la causa di Sheen fosse collocata negli archivi della Congregazione per le Cause dei santi. Questo significa concretamente che il processo è sospeso sine die.

Tanti sostenitori di Fulton Sheen dicono di essere affranti. Non molleranno, e la Archbishop Fulton J Sheen Foundation vanta ancora un gran numero di membri che fanno campagna e pregano perché la situazioni si sblocchi.

 

Gilbert Keith Chesterton

Uno degli ammiratori più influenti di GK Chesterton è papa Francesco, che ha appoggiato una Chesterton Conference a Buenos Aires ed è stato membro onorario del comitato della Società chestertoniana.

Nel 2014 il vescovo di Northampton ha incaricato il canonico John Udris, attualmente in servizio presso il St Mary’s College, Oscott, di indagare per valutare se possa essere aperta una causa per Chesterton.

La controversia che circonda l’ipotesi di una sua canonizzazione riguarda le sue presunte idee antisemite. Inoltre egli non era neanche devoto nel senso convenzionale del termine, sebbene sia stato un formidabile apologeta della fede cattolica.

Molte persone, influenzate dai suoi scritti, sono state condotte da lui alla piena comunione con la Chiesa cattolica e questo ha generato un forte sostegno alla sua causa. Le sue opere spaziano dai famosi romanzi di padre Brown alle agiografie di grandi santi. Il suo saggio cristiano più noto,Ortodossia, è tra i più influenti del XX secolo.

Alcuni sostenitori di Chesterton temono che l’apertura di una causa possa ridurre la potenza e l’accessibilità del messaggio fondamentale che egli ancora comunica. Tanto per dire, i romanzi di padre Brown sarebbero così popolari se fossero stati scritti da san Gilbert Keith Chesterton? La cosa potrebbe rappresentare una barriera per un pubblico non credente.

Come sta ad indicare l’interesse di papa Francesco, Chesterton ha un seguito planetario. La maggior Società chestertoniana ha sede negli Stati Uniti ma ce ne sono in Polonia, Messico e Italia. Sarà certamente interessante vedere cosa succederà dopo l’inoltro della documentazione da parte del canonico Udris. Il rapporto contiene racconti di miracoli, che però devono ancora essere verificati.

 

Antoni Gaudí

Giganteggia sopra Barcellona la basilica iconica della Sagrada Familia. In costruzione da oltre 130 anni, è la somma eredità di Antoni Gaudí. L’edificio oggi delizia e meraviglia i sensi. Numerosi pellegrini e turisti dichiarano di aver fatto esperienza del Dio vivente durante quell’incontro architettonico.

L’accademico di Architettura José Manuel Almuzara fa campagna da 20 anni per la causa di Gaudí. Nel 1992 ha fondato l’Associazione per la Beatificazione di Antoni Gaudí, che ha un numero di soci rilevante.

All’epoca dell’avvio dei lavori Gaudí fu una scelta discussa, dal momento che non frequentava la Chiesa. Il suo biografo Josep Maria Tarragona sostiene però che durante la costruzione della facciata della Natività Gaudí «vide la persona di Gesù». Costruì scuole per gli operai e si preoccupò sempre del loro benessere. Assicurò sempre la sua presenza alla Sagrada Familia, rifiutando diverse proposte di lavoro redditizie, e alla fine condusse un’esistenza molto estetica e frugale. E questo nonostante la sua educazione benestante.

Molti leader religiosi catalani sono scettici riguardo alla possibilità che la causa di Gaudí avanzi. Per di più, anche parecchi non credenti catalani si oppongono all’idea della sua elevazione agli altari, data l’importanza della sua figura per la nazione. Le speranze si sono riaccese in occasione della consacrazione della Sagrada Familia nel 2010, quando papa Benedetto XVI elogiò la creatività e il coraggio di Gaudí.

Sebbene non si sia registrato alcun miracolo in senso tradizionale, l’arcivescovo di Barcellona, il cardinale Lluis Martinez Sistach, dice che il fatto che nessuno sia mai stato vittima di incidenti gravi durante l’opera di costruzione della Sagrada Familia rappresenta già di per sé una forma di miracolo. Il cardinale ricorda anche il potere che ha avuto l’edificio nel facilitare alcune conversioni miracolose.

I sostenitori di Gaudí continuano a pregare e a fare campagna, in attesa dei miracoli.

Tutte e cinque queste persone sono fonte di ispirazione o di repulsione. Pare oramai che a ogni canonizzazione o apertura di una causa ci siano sempre critici e detrattori. Se (o quando) qualcuno di costoro sarà canonizzato, ciò che guadagneremo non sarà la celebrazione di una vita senza macchia ma un richiamo al potere di trasformazione della grazia di Dio e della sottomissione alla Sua volontà. Sarebbe molto giusto se, durante l’Anno della Misericordia, qualcuna di queste figure procedesse sulla via della canonizzazione, dal momento che tutti loro sono stati destinatari della grazia e della misericordia di Dio.

da «Tempi» e «Catholic Herald»




[Modificato da Caterina63 06/11/2015 13:23]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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ANGELUS


Piazza San Pietro
Domenica, 8 novembre 2015

[Multimedia]



 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno con questo bel sole!

Il brano del Vangelo di questa domenica si compone di due parti: una in cui si descrive come non devono essere i seguaci di Cristo; l’altra in cui viene proposto un ideale esemplare di cristiano.

Cominciamo dalla prima: cosa non dobbiamo fare. Nella prima parte Gesù addebita agli scribi, maestri della legge, tre difetti che si manifestano nel loro stile di vita: superbia, avidità e ipocrisia. A loro – dice Gesù - piace «ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti» (Mc 12,38-39). Ma sotto apparenze così solenni si nascondono falsità e ingiustizia. Mentre si pavoneggiano in pubblico, usano la loro autorità per “divorare le case delle vedove” (cfr v. 40), che erano considerate, insieme agli orfani e agli stranieri, le persone più indifese e meno protette. Infine, gli scribi «pregano a lungo per farsi vedere» (v. 40). Anche oggi esiste il rischio di assumere questi atteggiamenti. Ad esempio, quando si separa la preghiera dalla giustizia, perché non si può rendere culto a Dio e causare danno ai poveri. O quando si dice di amare Dio, e invece si antepone a Lui la propria vanagloria, il proprio tornaconto.

E in questa linea si colloca la seconda parte del Vangelo di oggi. La scena è ambientata nel tempio di Gerusalemme, precisamente nel luogo dove la gente gettava le monete come offerta. Ci sono molti ricchi che versano tante monete, e c’è una povera donna, vedova, che mette appena due spiccioli, due monetine. Gesù osserva attentamente quella donna e richiama l’attenzione dei discepoli sul contrasto netto della scena. I ricchi hanno dato, con grande ostentazione, ciò che per loro era superfluo, mentre la vedova, con discrezione e umiltà, ha dato «tutto quanto aveva per vivere» (v. 44); per questo – dice Gesù – lei ha dato più di tutti. A motivo della sua estrema povertà, avrebbe potuto offrire una sola moneta per il tempio e tenere l’altra per sé. Ma lei non vuole fare a metà con Dio: si priva di tutto. Nella sua povertà ha compreso che, avendo Dio, ha tutto; si sente amata totalmente da Lui e a sua volta Lo ama totalmente. Che bell’esempio quella vecchietta!

Gesù, oggi, dice anche a noi che il metro di giudizio non è la quantità, ma la pienezza. C’è una differenza fra quantità e pienezza. Tu puoi avere tanti soldi, ma essere vuoto: non c’è pienezza nel tuo cuore. Pensate, in questa settimana, alla differenza che c’è fra quantità e pienezza. Non è questione di portafoglio, ma di cuore. C’è differenza fra portafoglio e cuore… Ci sono malattie cardiache, che fanno abbassare il cuore al portafoglio… E questo non va bene! Amare Dio “con tutto il cuore” significa fidarsi di Lui, della sua provvidenza, e servirlo nei fratelli più poveri senza attenderci nulla in cambio.

Mi permetto di raccontarvi un aneddoto, che è successo nella mia diocesi precedente. Erano a tavola una mamma con i tre figli; il papà era al lavoro; stavano mangiando cotolette alla milanese… In quel momento bussano alla porta e uno dei figli – piccoli, 5, 6 anni, 7 anni il più grande - viene e dice: “Mamma, c’è un mendicante che chiede da mangiare”. E la mamma, una buona cristiana, domando loro: “Cosa facciamo?” – “Diamogli, mamma…” – “Va bene”. Prende la forchetta e il coltello e toglie metà ad ognuna delle cotolette. “Ah no, mamma, no! Così no! Prendi dal frigo” – “No! facciamo tre panini così!”. E i figli hanno imparato che la vera carità si dà, si fa non da quello che ci avanza, ma da quello ci è necessario. Sono sicuro che quel pomeriggio hanno avuto un po’ di fame… Ma così si fa!

Di fronte ai bisogni del prossimo, siamo chiamati a privarci – come questi bambini, della metà delle cotolette  – di qualcosa di indispensabile, non solo del superfluo; siamo chiamati a dare il tempo necessario, non solo quello che ci avanza; siamo chiamati a dare subito e senza riserve qualche nostro talento, non dopo averlo utilizzato per i nostri scopi personali o di gruppo.

Chiediamo al Signore di ammetterci alla scuola di questa povera vedova, che Gesù, tra lo sconcerto dei discepoli, fa salire in cattedra e presenta come maestra di Vangelo vivo. Per l’intercessione di Maria, la donna povera che ha dato tutta la sua vita a Dio per noi, chiediamo il dono di un cuore povero, ma ricco di una generosità lieta e gratuita.


Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

so che molti di voi sono stati turbati dalle notizie circolate nei giorni scorsi a proposito di documenti riservati della Santa Sede che sono stati sottratti e pubblicati.

Per questo vorrei dirvi anzitutto che rubare quei documenti è un reato. E’ un atto deplorevole che non aiuta. Io stesso avevo chiesto di fare quello studio, e quei documenti io e i miei collaboratori già li conoscevamo bene, e sono state prese delle misure che hanno incominciato a dare dei frutti, anche alcuni visibili.

Perciò voglio assicurarvi che questo triste fatto non mi distoglie certamente dal lavoro di riforma che stiamo portando avanti con i miei collaboratori e con il sostegno di tutti voi. Sì, con il sostegno di tutta la Chiesa, perché la Chiesa si rinnova con la preghiera e con la santità quotidiana di ogni battezzato.

Quindi vi ringrazio e vi chiedo di continuare a pregare per il Papa e per la Chiesa, senza lasciarvi turbare ma andando avanti con fiducia e speranza.

* * *

 

Domani, a Firenze, avrà inizio il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale, con la presenza dei Vescovi e dei delegati di tutte le diocesi italiane. Si tratta di un importante evento di comunione e di riflessione, al quale avrò la gioia di partecipare anch’io, nella giornata di martedì prossimo, dopo un breve passaggio da Prato.

Saluto con affetto tutti voi, romani e pellegrini. In particolare gli studenti francesi della regione parigina, i fedeli del Giappone e della Polonia, come anche quelli di Scandicci. Saluto i rappresentanti dell’Ordine dei Predicatori – Domenicani – che ieri ha aperto l’ottavo centenario di fondazione. Che il Signore vi benedica tanto in questa ricorrenza. E grazie tante per tutto quello che fate nella e per la Chiesa!

E a tutti auguro una buona domenica. E non dimenticatevi di pregare per me! 


 


Fraternamente CaterinaLD

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09/11/2015 09:39
 
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San Martino di Tours è conosciuto molto per alcuni proverbi popolari e per la leggenda del mantello.
Ma perchè è diventato così popolare? Chi era, davvero, questo santo vescovo della Chiesa tanto da diventare così amato?

In questo breve video sfoglieremo alcune pagine della sua storia auspicando, per ognuno di noi, di imitarne le virtù.

www.youtube.com/watch?v=UmPOjaLOLn8

Movimento Domenicano del Rosario




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12/11/2015 09:43
 
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  Dall’altra parte

Cari giudici, che dire, ce l’avete fatta.
Vi siete costruiti, passo passo, sentenza dopo sentenza, la strada per poter dire che è legittimo poter selezionare gli embrioni. Avete demolita una legge votata dal Parlamento e che è scampata ad un referendum con tutti contro, a parte la ragione. Adesso avete stabilito che, in nome del desiderio, degli embrioni siano condannati all’oblio perpetuo nel freddo. Avete sancito, messo nero su bianco, che ci sono degli uomini di serie A, degli uomini di serie B.Che chi ha certe malattie non ha diritto di nascere ma può essere scartato. Messo da parte. Per il suo stesso bene, è chiaro. Per l’esigenza di tutelare la sua dignità. Ipocriti.
La disuguaglianza, che si credeva bandita. L’eugenetica, incubo di ere passate. La pretesa vestita da diritto, vista troppe volte. Chi vi sostiene forse crede siano novità, ma hanno l’odore di antiche rupi, di remote caverne.

Ce l’avete fatta. A portare alla logica conseguenza il fatto che sia lecito uccidere un figlio, seppure non nato; conseguenza dell’amare il proprio desiderio più della vita. Altrui.
Non avete ancora finito, è chiaro. Volete tutto: volete che sia legale creare un bambino (non chiamatelo figlio!) come volete, decidendo cosa mettervi dentro, giocando ad esser dio. Magari pretendendo che sia per il suo stesso bene. Non manca molto. Alcune sentenze, e poco più. Già vi muovete.
Vi do una notizia: non siete dio. Non sapete che cosa state contribuendo a creare. Non ne avete idea, probabilmente. Certamente.
Giocate ad esser dio, ma in fondo è roba vecchia, che altri hanno giocato molto prima di voi. Ma era un inganno, non ve l’hanno detto? Non avete la stoffa di Dio. Siete ominicchi.
Verrete selezionati. I vostri figli, i vostri nipoti, e trovati mancanti. Scartati. Inadatti. Imperfetti.
Sognate di esser dio, ma non vi accorgete che siete tra gli uomini. Dall’altra parte della sbarra. Anche voi.
Sarete trovati indegni. Lasciati fuori, tra gli inutili. Non sentite già un po’ di freddo?

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Un bambino speciale, il cardinale Burke e Nostra Signora di Guadalupe

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Riprendo da Benoit et moi [qui] una notizia che ci riempie di gioia e di tenerezza: testimonianza di una fede precoce e provata e della grande premura e tenerezza di un pastore come il nostro card. Burke. È la conclusione commovente di un toccante episodio che ha fatto il giro del web lo scorso anno da noi registrato [qui]. Indicibili l’intensità e la tenerezza dell’immagine attuale, più sotto.

 

La vita non è sempre stata facile per il secondo figlio di Pietro e Theresa Martin. Louis è nato con una malattia rara (a causa di una malattia di origine genetica), che ha lasciato per anni impotenti e senza speranze medici e genitori. Durante i suoi primi cinque anni di vita ha sofferto molto. Restava sul divano a sopravvivere più di giocare con i suoi fratelli e amici. Eppure, nonostante tutto questo, al posto dell’amarezza, il suo cuore si rafforzava in amore e compassione.

Louis piange, un anno fa, consolato dal Card. Burke, per non poter fare la comunione.
Il piccolo grande Louis piange, un anno fa, consolato dal card. Burke, per non poter ricevere la Comunione.

Sua madre ricorda che un Venerdì Santo, quando aveva quattro anni, ha dovuto rimanere a casa mentre suo padre e i suoi fratelli andavano in città per la visita delle sette chiese. Era pallido, gli occhi affossati e sua madre ricorda come fosse straziante. «Non avevamo risposte e le sue condizioni non cessavano di peggiorare. Vedevo il suo aspetto fragile e sofferente e piangevo. Gli ho detto quindi che poteva vedere tutti i video che voleva perché era malato e volevo solo si sentisse meglio! E sapete che cosa mi ha detto questo dolce bimbo di 4 anni? Mi ha detto: ‘Mamma, voglio guardare un video su Gesù perché lui è morto oggi e soffriva più di me.’ Di nuovo piangevo. Che bambino incredibile!»

Finalmente i suoi genitori hanno avuto una corretta diagnosi per Louis e, quando iniziò le iniezioni notturne del farmaco adeguato, le sue condizioni sono migliorate quasi miracolosamente. Ha iniziato a crescere; poteva finalmente dormire tutta la notte senza pressione cranica e senza vomito; poteva camminare senza dolore e poteva fiorire! Era una risposta alle preghiere della famiglia. Inoltre, pur migliorando le sue condizioni fisiche, il suo cuore è rimasto profondamente appassionato. I suoi genitori condividevano il suo modo di fare le cose e molti non comprendono la sua personalità, ma ciò non sembra infastidirlo. Anche se a volte gli capitava di piangere ricordando il male che aveva, la sua percezione della vita era piena di speranza, risate e allegria. Anche il suo amore per Gesù è continuato a crescere.

Più di un anno fa, il 3 agosto 2013 presso il Santuario, il fratello maggiore di Luigi, Gregorio ha ricevuto la Prima Comunione, con altri tre ragazzi, dalle mani del cardinale Burke. Louis era seduto con la sua famiglia durante la Messa e non diceva una parola. Alla fine, i suoi genitori si sono resi conto che aveva il dolore di non ricevere Gesù nell’Eucaristia come suo fratello. Ciò che è accaduto in seguito ha trasmesso alla famiglia di Luigi, ed altri, una inaspettata corrente d’amore. Il Cardinale Burke dopo la messa è venuto a salutare le famiglie dei comunicandi, con un piccolo regalo per ciascuno di loro. Si avvicina ai Martins, consegna il suo dono a Gregory e vede che Louis piangeva.

Il 12 dicembre Louis ha ricevuto il Signore dal Card. Burke.
Il 12 dicembre Louis ha ricevuto il Signore dal Card. Burke.

Ci sono persone che, vedendo un bambino piangere, non prestano molta attenzione, i bambini piangono per molte ragioni. Ma il cardinale Burke non si è limitato a sorridere al bambino triste e gli ha chiesto che cosa ci fosse che non andava. La mamma di Louis ha spiegato a sua Eminenza che era triste perché non poteva ricevere anche lui la prima comunione. Il Cardinale Burke ha guardato Louis, compassionevole. E questo bambino, invece di tornare indietro, si è appoggiato al cardinale, stringendosi alle sue vesti e piangendo. Sua Eminenza lo ha calorosamente abbracciato a gli ha detto: «Non preoccuparti! La tua prima comunione arriverà presto! ».

La madre di Louis dice che di solito, lui non si apre con gli estranei, ma c’era qualcosa di così pieno di affetto e tenerezza nel Cardinale Burke che non si è affatto sorpresa di vedere Louis, lui stesso così compassionevole, rispondere alla bontà di un vero Pastore della Chiesa. Il momento è stato fissato in una foto dalla nonna di Luigi e da allora l’immagine in pochi giorni si è diffusa su internet. L’abbiamo vista in un certo numero di siti in tutto il mondo e in molte lingue e continua ad essere diffusa. È una foto che sorpassa ogni argomento politico, ogni teoria impersonale e faziose querelles e mostra il vero cuore di Cristo nella sua Chiesa. Un momento che i Martins non potranno mai dimenticare.

Il Santuario di Nostra Signora di Guadalupe è stato onorato di partecipare a questo bel momento che oggi ha visto il suo compimento. Il 12 dicembre 2014, giorno della festa della Madonna di Guadalupe, Louis Martin ha ricevuto la prima santa Comunione dalle mani del cardinale Burke, alla presenza della sua famiglia.

Possano i nostri cuori essere incoraggiati a desiderare Cristo con tanto amore e incoraggiarci a vicenda nell’amore. Come il Cardinale Burke, che anche noi possiamo essere veicoli della compassione di Maria che ci conduce a suo Figlio. Come ci ha detto la Madonna di Guadalupe «Io ve Lo mostrerò, Lo esalterò e lo renderò manifesto. Lo donerò alle persone con tutto il mio stesso amore, la mia compassione, il mio aiuto, la mia protezione: perché io sono veramente la vostra Madre misericordiosa… Ascolterò le loro lacrime, i loro lamenti e guarirò tutte le loro tristezze, prove e sofferenze».

FONTE: chiesaepostconcilio.blogspot.it




 

LUNEDÌ 21 DICEMBRE 2009

La santa ironia metereologica della Liturgia.
 
 
Oggi, primo giorno di inverno, con mezza Italia e tre quarti d'Europa sotto il manto della neve, la prima lettura della Messa riporta, invece del solito brano di Isaia tipico dell'Avvento, un passo del Cantico dei Cantici (2,8-14) che ci fa ascoltare queste parole, assolutamente - a prima vista - fuori luogo:

Ora l’amato mio prende a dirmi:
«Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!
Perché, ecco, l’inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n’è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico sta maturando i primi frutti
e le viti in fiore spandono profumo.
Àlzati, amica mia,
mia bella, e vieni, presto!

Nel pieno del rigore invernale viene proclamata la bella notizia della primavera: si tratta di una splendida tipologia metereologica dell'avvento di Cristo. Nel mezzo del freddo del peccato e della tenebra raffigurati dai giorni più corti dell'anno, splende - ormai in arrivo - il calore e la speranza di Cristo. E la liturgia ci fa leggere oggi l'annuncio di questa primavera ormai vicina.

Tutto ciò, poi, è rafforzato dall'antifona maggiore propria del 21 dicembre, riferita, non a caso, al sole.
Proprio oggi pomeriggio si verificherà il SOLSTIZIO D'INVERNO: la notte più lunga è passata, da adesso il sole inizia timidamente a riprendersi la sua rivincita. E la chiesa, proprio oggi canta "O Oriens":
O astro che sorgi,
splendore di luce eterna,
e sole di giustizia:
vieni ed illumina
coloro che siedono nelle tenebre,
e nell'ombra della morte.

(qui il canto in latino)

Per questo il dottore della Chiesa sant'Antonio di Padova spesso appaia l'inverno all'incarnazione di Gesù:

Cristo fece come la tortora, che nel periodo invernale scende a valle e senza piume si rifugia nei tronchi cavi degli alberi; invece nel periodo estivo ritorna sulle alture. Così Cristo, nell'inverno dell'infedeltà e nel gelo della persecuzione diabolica discese nel grembo dell'umilissima Vergine e dimorò in questo mondo, povero e disprezzato come un uccello senza piume. Di questa tortora dice Salomone: «La voce della tortora si è fatta sentire nella nostra terra» (Ct 2,12). (Dom. IV dopo Pasqua, 7)

La Sapienza di Dio Padre fu soffio ardente nella sua incarnazione. Allora infatti passò l'inverno dell'infedeltà, cessò la pioggia della persecuzione diabolica. I fiori dell'eterna promessa apparvero nella nostra terra (cf. Ct 2,11-12). 
(Dom. X dopo Pent., 13)


Ti rendiamo grazie, Padre Santo, perché nel pieno dell'inverno, tra i più grandi freddi, ci hai largito un tempo primaverile. Infatti in questa nascita del Figlio tuo, Gesù benedetto, che si celebra in pieno inverno, nella stagione dei freddi più intensi, ci hai dato un tempo primaverile, ricolmo di ogni incanto.
 (Natale, 13)


Basilica del Santo di Padova 19 dic. 2009 foto G. Voltan




[Modificato da Caterina63 23/11/2015 00:32]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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20/11/2015 08:59
 
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[SM=g1740717] Cari Amici, vi offriamo in video audio la breve Coroncina della Medaglia Miracolosa.

Essa può essere usata anche per iniziare un Rosario, è composta dalla preghiera d'inizio, dalla recita del Credo nella forma breve, seguono tre suppliche alternate da tre Ave Maria. La Preghiera finale, con un Pater, Ave e Gloria per il Santo Padre, conclude questo piccolo ma importante impegno, anche per evitare che la Medaglia diventi oggetto "portafortuna" ben sapendo però, noi, che senza la preghiera e lo sforzo di una vita coerente, la Vergine Santa nulla potrebbe perchè ci sarebbe alla base un atto volontario di pigrizia, di poca applicazione, di rifiuto ad essere salvati.

Questa Coroncina può essere detta come Novena o Triduo prima del giorno 27 di ogni mese, specialmente a novembre, mese in cui ricorre la sua Festa e quella di Santa Caterina Labourè

gloria.tv/media/zkuWDtjJBfo
www.youtube.com/watch?v=zYTHrHBiQ_o

[SM=g1740733] Segue il video

Cari Amici, il 27 e 28 novembre la Chiesa ci offre di venerare e fare memoria della Medaglia miracolosa e di santa Caterina Labourè.
Possiamo dire che è l'unica volta in cui la Chiesa offre quale memoria liturgica un oggetto, una Medaglia davvero speciale. In questo video, grazie ad un testo del professore Roberto de Mattei, ripercorriamo brevemente la storia di questa umile suora e della Medaglia che la Vergine Santa le consegnò come un vero salvagente per i nostri tempi disastrosi.

gloria.tv/media/X7r73qwg3V1

www.youtube.com/watch?v=D0cEsh7arm8

Movimento Domenicano del Rosario









[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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