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Quando e come un Papa favorisce l'eresia .....

Ultimo Aggiornamento: 14/12/2016 23:30
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21/01/2016 14:05
 
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  RIFLESSIONI SUL FONDAMENTALISMO: «I MODERNISTI TENTANO DI PRESENTARE IL SOMMO PONTEFICE COME SE FOSSE UNO DI LORO»

Con il Papa attuale i modernisti hanno cambiato tattica. Avendo visto che gli insulti e gli scherni non servono a correggere i Papi, adesso essi ricorrono ad un’altrettanto sfacciata adulazione, per presentare il Papa come uno di loro, approfittando di alcuni suoi gesti, atti o parole, che possono prestarsi all’equivoco o essere male interpretati, mentre il Papa non pare premurarsi di togliere i malintesi, sicché le cattive interpretazioni vengono subito diffuse in tutto il mondo […] Secondo me, il Santo Padre è troppo severo verso itradizionalisti e troppo indulgente verso i modernisti. In tal modo manca di quella imparzialità, che gli si addice come fulcro della comunione ecclesiale […]

Autore Giovanni Cavalcoli OP
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Giovanni Cavalcoli OP

Ogni tanto nella letteratura e nella pubblicistica cattolica compare ancor oggi il rilievo o l’accusa di “fondamentalismo”, come difetto morale o religioso, oltre che metodo esegetico sorpassato. Tale accusa viene lanciata solitamente contro ambienti arretrati e stagnanti, da parte di quei cattolici, che vogliono esser avanzati e fedeli alla Chiesa del nostro tempo.

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Il manganello dei modernisti” – Le foto delle opere qui riprodotte del pittore colombiano Ferdinando Botero [Medellin 1932], sono tratte dalla mostra svoltasi nel 2013 a Palazzo Venezia (Roma)

Questo termine viene usato anche dai modernisti, per denotare con disprezzo i cattolici fermi e saldi nelle loro convinzioni, battaglieri, attaccati al dogma e nemici delle eresie. Possono essere cattolici o più orientati verso la tradizione, come il Servo di Dio Tomas Tyn [cf. QUI], o più aperti al progresso, come Jacques Maritain. Sono oggetto di questi attacchi anche i discepoli dell’Arcivescovo Marcel Lefebvre.

Sulla bocca dei modernisti, capita così che anche i buoni cattolici vengano tacciati di fondamentalismo, e siano accomunati con i lefebvriani, perché gli uni e gli altri ammettono l’eternità e l’immutabilità della verità, a differenza dei modernisti, i quali, come già notava con sdegno San Pio X scrivendo:

«Sono veramente ciechi e guide di ciechi, che, gonfi del superbo nome di scienza, vaneggiano fino al segno di pervertire l’eterno concetto di verità» [Pascendi Dominici Gregis, n.20].

Del termine “fondamentalismo” si sono impossessati in tal modo modernisti, per opporsi non solo ai lefebvriani, ma anche a tutti i buoni cattolici, fedeli al Papa, al Concilio Vaticano II e al Magistero della Chiesa. Per il modernista l’accusa di fondamentalismo è infamante, squalificante ed è una condanna senza appello.

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… i modernisti sono giunti all’apice della aggressività, perché ormai insediati nei posti chiave del potere ecclesiastico [opera di Ferdinando Botero]

Si dialoga con l’ateo, col musulmano, col comunista, col mafioso, col massone, col buddista, ma non però con il fondamentalista. I modernisti non si sono peritati di accusare sfacciatamente di fondamentalismo anche i Papi del post-concilio, fino a un grande Papa e teologo progressista come Benedetto XVI, che però ci ha ricordato l’esistenza di « valori non negoziabili». Dunque ancora un fondamentalista.

Con il Papa attuale i modernisti hanno cambiato tattica. Avendo visto che gli insulti e gli scherni non servono a correggere i Papi, adesso essi ricorrono ad un’altrettanto sfacciata adulazione, per presentare il Papa come uno di loro, approfittando di alcuni suoi gesti, atti o parole, che possono prestarsi all’equivoco o essere male interpretati, mentre il Papa non pare premurarsi di togliere i malintesi, sicché le cattive interpretazioni vengono subito diffuse in tutto il mondo, con la conseguenza che si sta approfondendo il solco che divide modernisti dai lefebvriani.

Occorrerebbe che il Papa si adoperasse maggiormenteper la riconciliazione nella Chiesa. Nessun altro all’infuori di lui ha da Dio la capacità, l’autorità e il potere sulla terra di ricomporre l’unità, salvaguardare l’unità, difendere l’unità, favorire e promuovere l’unità. Uno degli scopi del Concilio è stato quello di ricostruire la concordia tra i fratelli divisi e separati. Invece, dopo cinquant’anni di ecumenismo e di iniziative pastorali, non solo non si è ricomposta l’unità fra i cristiani, ma la Chiesa non è mai stata così divisa al suo interno. La concordia si trova sulla base dell’unità della fede in Cristo. Egli è la «pietra angolare» [Ef 2,20: I Pt 2, 6-7], la «roccia» [I Cor 10,4], il «fondamento» [II Tm 2,19], su cui occorre fondarsi [cf Col 2,7] ed occorre costruire.

Sta dunque sommamente a Pietro [Mt 16, 18], ossia al Papa, «porre il fondamento» [I Cor 3,10-11], sicché i discepoli del Signore siano «fondati nella fede» [Col 1,23]. Spetta al Papa chiamare a sé, cioè a Cristo, i figli dispersi e gli uomini smarriti nelle ombre della morte. Nessuno può sostituirsi a lui. Infatti, «quando sono scosse le fondamenta, il giusto che cosa può fare?» [Sal 11,2]. Se il Papa non interviene, chi può sostituirlo? Mons. Lefebvre? Lutero? Rahner?

Il Papa è anche il buon pastore che va in cerca delle pecorelle perdute, avendo compassione per le folle smarrite e senza pastore, conduce il gregge ad ubertosi pascoli e lo difende dai lupi. Come Vicario di Cristo, il Papa sta a fondamento della Chiesa, è punto d’appoggio fondamentale. Quando le fondamenta sono scosse, come oggi, dai poteri satanici; sta a lui, con la forza dello Spirito Santo, rafforzarle e difendere la Chiesa dalle potenze del male.

Secondo me, il Santo Padre è troppo severo verso i tradizionalisti e troppo indulgente verso i modernisti. In tal modo manca di quella imparzialità, che gli si addice come fulcro della comunione ecclesiale, e che gli consentirebbe di operare efficacemente, come gli spetta, per un avvicinamento tra le due tendenze, collegando tra loro le qualità proprie di ciascuna: la tradizione dei tradizionalisti e il progresso dei modernisti. In tal modo si realizzerebbe, nell’unità cattolica, la felicissima formula di Benedetto XVI: «Progresso nella continuità».

“Fondamentalismo”, di per sé, è una bella parola, che significa amore per il fondamento. Un saldo e sicuro fondamento è molto importante nella vita e nel pensiero. Abbiamo bisogno di appoggiarci su di un fondamento. Tutti i grandi filosofi hanno sempre cercato il principio o il fondamento dell’essere, del pensiero e dell’agire. Tuttavia, bisogna che questo fondamento sia autentico e ben distinto da ciò che non lo è o non lo è più. Qui si pone un problema, legato all’origine storica del termine. Esso infatti designa originariamente una setta protestante americana, nata nel XIX secolo, la quale vedeva bensì nella Bibbia il fondamento rivelato della dottrina e della morale, il “fondamento della fede”, ma con un atteggiamento rigido, ingenuo, acritico e a-storico, portato a considerare come Parola di Dio e come princìpi morali assoluti, anche tante idee, istituzioni, usanze, leggi, superati; oppure nomi, fatti o racconti della Scrittura, privi di fondamento storico o di attendibilità scientifica.

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Opera di Fernando Botero

I fondamentalisti si rendevano conto che la Bibbia costituisce per la vita e la salvezza un valore fondamentale, universale, permanente, essenziale ed irrinunciabile. Questo essi cercavano nella Bibbia e, in fondo, a ragione. Ma esageravano nella assolutizzare anche tante forme espressive, modi di pensare, contesti storici, situazioni umane, sistemi politici, prassi giudiziarie, mentalità, usi locali, concezioni primitive, genealogie, tradizioni e pregiudizi popolari, forme artistiche, miti arcaici, notizie geografiche, simboli religiosi, che in realtà nulla avevano a che fare con la divina Rivelazione, ma erano solo il segno e l’impronta contingente e caduca dell’autore umano, del quale Dio si serviva per comunicare la sua Verità. Essi entrarono in polemica con quegli esegeti protestanti liberali e razionalisti, che usavano le nuove scienze bibliche per mettere in dubbio, relativizzare o negare quei dogmi cattolici, che Lutero aveva conservato, come la Trinità, l’Incarnazione, i miracoli di Cristo, la Redenzione espiatrice, l’esistenza del demonio, la risurrezione, la fine del mondo e il giudizio universale. La stessa esegesi cattolica del passato, si potrebbe dire sin dai primi secoli, non è andata esente, fino al Concilio Vaticano II, da questa tendenza, che oggi chiamiamo “fondamentalista”. Per questo tale modo di commentare la Scrittura era considerato “tradizionale” e, pertanto, intoccabile.

Il fenomeno modernista dei tempi di San Pio X avanzò tra le sue istanze quella di un rinnovamento dell’esegesi biblica, che si ispirasse ai progressi compiuti dalle scienze bibliche in Germania nell’Ottocento. Ma il problema era che questi progressi erano utilizzati o nell’interesse del protestantesimo o per dar man forte al razionalismo; per cui i modernisti non seppero separare quei metodi esegetici dalle concezioni erronee, alle quali erano legati. Da qui la condanna della proposta modernista, da intendersi, però, non in quanto riferita alle nuove scienze bibliche, ma in quanto inficiata, come nota San Pio X, da una «critica agnostica, immanentista, evoluzionista» [cf. Pascendi Dominici Gregis, n.66].

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In questa situazione assai difficile ed intricata, si distinse, però, per iniziativa, coraggio, perseveranza e sapienza, il dotto e santo esegeta domenicano francese, il Servo di Dio Padre Marie-Joseph Lagrange, fondatore della Scuola Biblica di Gerusalemme. Egli prese a modello di commentatori della Bibbia i Padri, i Dottori e San Tommaso per l’aspetto spirituale e dogmatico, e i moderni metodi storico-critici, per l’aspetto scientifico. A lui dobbiamo così l’emendamento della proposta modernista, in modo da renderla compatibile con la dottrina della fede, cosicchè l’esegesi cattolica potè iniziare, in un non facile rapporto con la Commissione Biblica, fondata da San Pio X, una prudente assunzione dei metodi esegetici moderni, senza il rischio di incorrere negli errori. Tuttavia, solo col Concilio Vaticano II, in particolare nella Costituzione Dogmatica Dei Verbum, la Chiesa ha accolto pienamente il progetto del Padre Lagrange ed ha soddisfatto a quanto di accettabile c’era nell’istanza dei modernisti, evitando le contaminazioni protestanti e razionaliste. Nel contempo si è cominciato a chiamare “fondamentalismo” il permanere, da certe parti, della vecchia esegesi.

In tal modo la Chiesa ha dimostrato ancora una volta la compatibilità della scienza con la fede. Per la verità, anche gli esegeti liberali, con il loro approccio scientifico alla Scrittura, volevano dimostrare la stessa cosa, contro lo stesso Lutero, notoriamente convinto che la ragione si opponga alla fede. Solo che i protestanti liberali erano infetti da una concezione kantiana, positivista e storicista della ragione e della scienza, e questa grave palla al piede li portò a misconoscere o a ignorare i fondamenti divini della fede, che stavano a cuore ai fondamentalisti, ma soprattutto alla stessa Chiesa Cattolica, ben più attrezzata dei fondamentalisti in fatto di tradizione, e di sapienza filosofica e teologica.

Il fondamentalismo fu in fondo un richiamo alla Sacra Tradizione, in sé giusto. Ma, siccome non fu guidato e illuminato dal Magistero della Chiesa, supremo ed infallibile custode della Tradizione, finì in un conservatorismo bloccato e sterile. Il fondamentalismo è una forma di tradizionalismo diverso da quello lefevriano e da quello tyniano [Cf. G. Cavalcoli, Tomas Tyn. Un tradizionalista post conciliare, Fede&Cultura, Verona 2007]. Si tratta, sostanzialmente, di un movimento protestante, con i difetti caratteristici del protestantesimo. Viceversa, il lefebvrismo è un movimento cattolico, anche se ostile al Concilio Vaticano II e non in piena comunione con la Chiesa. Invece il tradizionalismo di Padre Tyn rispetta il senso giusto della tradizione con una piena obbedienza alle dottrine del Concilio Vaticano II.

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Opera di Fernando Botero

Altro fattore dello slancio, che sconfina nell’aggressività, del fondamentalismo, è un valore in sé autentico, ma impostato o vissuto male, e cioè è la convinzione ferrea che tutti devono abbracciare, per amore o per forza, la nostra fede, essendo quella vera. Questo principio è particolarmente accentuato nell’islam, meno evidente nell’induismo, nel buddismo e nell’ebraismo.

II cristianesimo, invece, accompagna saggiamente una articolata, delicata e accurata opera di persuasione con l’avvertimento caritatevole del castigo divino ultraterreno in caso di rifiuto. Per la sua sicumera e rigidezza, che tende al fanatismo, il fondamentalismo spinge, nella condotta verso gli avversari, ad atti di violenza e di intolleranza, che possono giungere, in casi estremi, per esempio nell’Islamismo, fino al terrorismo.

Il fondamentalismo, purtroppo presente anche nella Chiesa, genera conseguenze incresciose nel campo morale, e nei rapporti e nella convivenza civile ed ecclesiale. Se da una parte mantiene indubbi valori fondamentali, come per esempio la pietà religiosa, l’amore alla Bibbia, la liturgia, l’onestà, la famiglia, l’impegno sociale e nel lavoro, però, dall’altra, essendo il fondamentalista convinto di averesempre Dio con sé o dalla sua parte ― errore, questo, tipico del protestantesimo e di tutti gli eretici ―, è portato a sostenere le sue idee, magari puramente discutibili o addirittura sbagliate, sempre in modo assolutista, perentorio, aggressivo, senza ammette obiezioni e sordo ad ogni confutazione. Scambia la rigidezza per fedeltà alla verità e la duttilità per cedimento all’errore. Per lui il diverso non è un valore da rispettare, ma un nemico da combattere. Non accetta l’incertezza e vuol dar mostra sempre della massima sicurezza. Infatti è convinto che la sua parola coincida con la stessa Parola di Dio, così come nella Bibbia, col pretesto dell’inenarranza, non distingue la vera Parola di Dio dai limiti e dagli errori dell’agiografo. Egli è dalla parte del bene; chi lo contraddice è dalla parte del male. E siccome tra male e bene non c’è mediazione, finisce per disprezzare, come persone incoerenti, opportuniste e doppie, non solo l’avversario aperto, ossia il modernista, ma anche quelle persone benevole, pacifiche e sagge, che, sapendo che in medio stat virtus e rifiutando pertanto gli opposti estremismi, si mantengono, benché siano oggetto di disprezzo da parte delle estreme, in una posizione intermedia o di sintesi, come mediatori di pace, promotori di dialogo e di collegamenti, e fautori di conciliante equilibrio.

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Opera di Fernando Botero

Del resto, lo schema mentale del modernista è lo stesso, anche se di segno opposto; lui è dalla parte del bene; chiunque è antimodernista, sia col Concilio o contro il Concilio non importa, è dalla parte del male. Quindi, anche il modernista non riconosce tra lui e il lefebvrismo nessuna formazione ecclesiale mediatrice, fedele al Magistero, come è quella dei veri cattolici.

A causa del rinascere del modernismo dopo il Concilio, il termine “fondamentalismo” ha cominciato ad avere due sensi: uno, per significare questo permanere della vecchia esegesi ed uno stantio tradizionalismo, duro e aggressivo. E questo è il linguaggio che troviamo nel Magistero. Questa accezione del termine la troviamo, per esempio, in un documento della Commissione Biblica del 1993, «L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa», il quale dedica un paragrafo al tema [pp. 62-65]. Si tratta, in sostanza, come è detto a p. 100, di una «confusione dell’umano col divino, per la quale si considerano come verità rivelata anche gli aspetti contingenti delle espressioni umane». Lo troviamo, per esempio, in queste parole del Papa nell’intervista del 30 novembre scorso rilasciata durante il volo che dall’Africa lo riportava a Roma:

«Noi cattolici ne abbiamo alcuni, non alcuni, tanti, che credono di avere la verità assoluta e vanno avanti sporcando gli altri con la calunnia, con la diffamazione, e fanno male, fanno male. E questo lo dico perché è la mia Chiesa, anche noi, tutti! E si deve combattere. Il fondamentalismo religioso non è religioso. Perché? Perché manca Dio. È idolatrico, come è idolatrico il denaro. Fare politica nel senso di convincere questa gente che ha questa tendenza, è una politica che dobbiamo fare noi leader religiosi. Ma il fondamentalismo che finisce sempre in una tragedia o in reati, è una cosa cattiva, ma ce n’è un po’ in tutte le religioni».

L’altro senso è quello che ho già spiegato, usato dai modernisti per attaccare l’anti-modernismo proprio sia dei cattolici che dei lefevriani. Da queste considerazioni vediamo come il termine “fondamentalismo” è divenuto ambiguo. Il senso nel quale lo usa il Papa non è quello usato dai modernisti, per attaccare cattolici e lefevriani. È possibile che i modernisti credano che il Papa usi il termine nel loro stesso senso. Poveri illusi! E non pensiamo con i lefevriani che il Papa sia un modernista. Mettiamoci il cuore in pace: è un Papa “cattolico”.

Occorre quindi fare molta attenzione nell’uso del termine e nel discernere, quando lo sentiamo pronunciare da altri, per non prendere fischi per fiaschi in una tematica assai importante della nostra vita di fede ed ecclesiale.

Varazze, 19 gennaio 2016








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ED ECCO A VOI PURE L’INTROVIGNATA!

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Giustappunto arriva una bella “introvignata”.

“Introvignare”: voce del verbo fantasticare, arrampicarsi sugli specchi, sognare, immaginare; scegliete voi, divertitevi a trovare il significato più appropriato.

Ci piacciono e ci inducono spesso a tenerezza i vaghi tentativi di Introvigne nell’arrampicarsi sugli specchi per far collimare, sempre, ogni parola che il Papa dice all’interno di una comprensione rigorosamente “cattolica” ed ortodossa. Ci piace perché il suo tentativo è cattolico ed è la mossa più corretta che un cattolico, in questi tempi di chiara confusione, deve intraprendere e deve, se non altro, tentare, un fare sano discernimento, come insegna lo stesso San Paolo. Ma c’è un limite a tutto.

Massimo Introvigne, direttore del CESNUR, e reggente di Alleanza Cattolica.

(Massimo Introvigne, sociologo, direttore del CESNUR, e reggente nazionale di Alleanza Cattolica.)



Se un papa dice che “per me Dio non è cattolico” – vedi qui – va da se che tentare, sempre, dicattolicizzare ogni sua espressione diventa alla fine una burletta, diventa chiaramente incongruenza, diventa l’assurdo, il paradosso.

È il caso dell’udienza generale di mercoledì 20 gennaio quando il papa ha detto: «L’unità è possibile se si fonda sul Battesimo», in occasione appunto della Settimana di Preghiera per l’unità dei Cristiani, concetti già espressi da Bergoglio quando è andato in visita alla comunità luterana di Roma e dove qui la tastiera brillante di Sandro Magister, ha riportato una serena e lucida riflessione.

Veniamo al sodo e davvero brevemente, cercando di spiegare perché, l’espressione del Papa non è affatto felice e neppure cattolica.

Scorrendo il Catechismo e il Magistero della Chiesa la frase è infelice perché l’essere “cristiani” appunto, avere cioè questo titolo, deriva proprio dall’aver ricevuto il Battesimo, senza il Battesimo non si può essere chiamati “cristiani”. E qui ci fermiamo solo all’uso del termine senza andare ad indagare poi chi si comporterà da cristiano e chi non.

Su cosa si fonda allora questa unità? SU TUTTI E SETTE I SACRAMENTI!

E chi lo dice? L’insegnamento bimillenario della Chiesa e lo specifica Benedetto XVI nella stracciata e dimenticataSacramentum Caritatis – vedi qui – dove dice:

«La Chiesa si riceve e insieme si esprime nei sette Sacramenti, attraverso i quali la grazia di Dio influenza concretamente l’esistenza dei fedeli affinché tutta la vita, redenta da Cristo, diventi culto gradito a Dio» (n.16).

Anche se il Papa ci sta imponendo delle novità eterodosse (che non è un termine offensivo ma significa “differente-diverso”, dottrina diversa), è imbarazzante scoprire che Introvigne possa aver dimenticato questa Esortazione apostolica… Infatti il Battesimo è senza dubbio il fondamento che la Chiesa definisce “introduzione” alla vita cristiana, il Battesimo introduce e i protestanti, seppur introdotti mediante il Battesimo a questa vita, si sono separati rifiutando gli altri Sacramenti della vita cristiana. Hanno rigettato il Sacerdozio dal quale ci giungono i Sacramenti preziosi della Confessione e dell’Eucaristia, della Cresima e del Matrimonio…. senza questi Sacramenti, senza l’Eucaristia (sacramento di COMUNIONE) non vi è affatto alcun fondamento per l’unità.

La stessa insistenza dei protestanti (e degli apostati cattolici) nel pretendere la “Comunione” a tutti i costi, la dice lunga di come la pensano e di come hanno ben compreso che Sacramento effettivo dell’unità è L’EUCARISTIA e non il Battesimo.

Introvigne fa passare poi l’espressione di Papa Francesco quasi fosse una novità ben dimenticando che da 1500 anni almeno la Chiesa aveva risolto la questione del Battesimo affermando che, questo Sacramento, poteva darlo chiunque purché detto e dato alle condizioni della Chiesa e secondo le di lei ortodosse espressioni teologiche (dato con l’acqua e nella formula trinitaria) ed intenzione.

Il problema perciò non sta nel Battesimo che è infatti il primo Sacramento per accedere all’unità, ma nell’Eucaristia… un problema affrontato da san Giovanni Paolo II nella sua ultima enciclica – Ecclesia de Eucharistia, vedi qui – che, infatti, scandalizzò a suo tempo il mondo protestante e catto-modernista a causa di alcune dichiarazioni attraverso le quali il Santo Pontefice chiuse definitivamente ogni tentativo modernista verso l’intercomunione con i protestanti.

Leggiamo infatti da Ecclesia de Eucharistia:

«Se in nessun caso è legittima la concelebrazione in mancanza della piena comunione, non accade lo stesso rispetto all’amministrazione dell’Eucaristia, in circostanze speciali, a singole persone appartenenti a Chiese o Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa cattolica. In questo caso, infatti, l’obiettivo è di provvedere a un grave bisogno spirituale per l’eterna salvezza di singoli fedeli, non di realizzare una inter-comunione, impossibile fintanto che non siano appieno annodati i legami visibili della comunione ecclesiale».

Ma come ci informa Sandro Magister qui, questo rispetto non solo è venuto meno ma si sta imponendo sfacciatamente sotto questo pontificato confusionario quasi avesse la benedizione di Papa Francesco, quasi e come se bastasse il Battesimo per esprimere questa comunione. Come può Introvigne essere cieco di fronte a questa enciclica di Giovanni Paolo II? Come ha fatto a dimenticarla?

C’è solo una spiegazione plausibile: questo pontificato sta introducendo quanto i suoi Predecessori avevano espressamente condannato. Stiamo assistendo ad una rottura integrale non solo della pastorale, ma attraverso questa pastorale buonista si viene meno anche alle normative stabilite dai Pontefici passati a salvaguardia del minimo indispensabile per salvaguardare la vera integrità ed unità della Chiesa e per dirsi “cattolici”.

CATTOLICI e già… un termine che a questo Pontefice proprio non piace, altrimenti non avrebbe mai detto che “Dio non è cattolico”.Se Dio non è cattolico a questo punto – per fare questa unità – non è necessario diventare cattolici, questo lo capirebbe anche un bambino.


Benedetto XV, papa dal 1914 al 1922.
Benedetto XV, papa dal 1914 al 1922.

Ma Papa Francesco, e lo stesso Introvigne, dimenticano un insegnamento di Benedetto XV il quale rifacendosi alle parole del Simbolo Athanasiano, nella sua enciclica Ad beatissimi apostolorum, così scriveva:

“Vogliamo pure che i nostri si guardino da quegli appellativi, di cui si è cominciato a fare uso recentemente per distinguere cattolici da cattolici; e procurino di evitarli non solo come « profane novità di parole », che non corrispondono né alla verità, né alla giustizia, ma anche perché ne nascono fra i cattolici grave agitazione e grande confusione. Il cattolicesimo, in ciò che gli è essenziale, non può ammettere né il più né il meno: «Questa è la fede cattolica; chi non la crede fedelmente e fermamente non potrà essere salvo»; o si professa intero, o non si professa assolutamente. Non vi è dunque necessità di aggiungere epiteti alla professione del cattolicesimo; a ciascuno basti dire così: «Cristiano è il mio nome, e cattolico il mio cognome»; soltanto, si studi di essere veramente tale, quale si denomina”.

Senza tirarla ancora per le lunghe concludiamo, facendo nostre, anche quest’altre parole di Benedetto XV:

Né soltanto desideriamo che i cattolici rifuggano dagli errori dei Modernisti, ma anche dalle tendenze dei medesimi, e dal cosiddetto spirito modernistico; dal quale chi rimane infetto, subito respinge con nausea tutto ciò che sappia di antico, e si fa avido ricercatore di novità in ogni singola cosa, nel modo di parlare delle cose divine, nella celebrazione del sacro culto, nelle istituzioni cattoliche e perfino nell’esercizio privato della pietà. Vogliamo adunque che rimanga intatta la nota antica legge: «Nulla si innovi, se non ciò che è stato tramandato»; la quale legge, mentre da una parte deve inviolabilmente osservarsi nelle cose di Fede, deve dall’altra servire di norma anche in tutto ciò che va soggetto a mutamento, benché anche in questo valga generalmente la regola: «Non cose nuove, ma in modo nuovo»” (Benedetto XV, Ad beatissimi apostolorum,1.11.1914)

E allora, invece di affermare che: «L’unità è possibile se si fonda sul Battesimo», si dica più cattolicamente, ed onestamente, chel’unità è possibile solo se, dopo aver ricevuto il santo Battesimo, ci si prodiga nel riconoscere tutti e sette i Sacramenti applicati dal Depositum fidei e dalla autentica Tradizione della Chiesa.












 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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