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Quando e come un Papa favorisce l'eresia .....

Ultimo Aggiornamento: 14/12/2016 23:30
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08/03/2016 23:42
 
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Card. Muller: “l’insegnamento della Chiesa non è mia proprietà, è qualcosa che ci è stato dato” “non ci può essere un secondo matrimonio. Come possiamo fare compromessi con la Parola di Dio”



 



In previsione della prossima pubblicazione dell'Esortazione Postsinodale sulla famiglia,  pubblichiamo alcuni forti dichiarazioni del Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede cardinale Müller recuperate dal vaticanista  da interviste tedesche.

L


Müller, Sinodo. Niente compromessi
di M. Tosatti

Nelle prossime settimane – forse per la festa di San Giuseppe – dovrebbe essere pubblicata l’Esortazione post-sinodale del Pontefice in relazione alla famiglia e ai problemi ad essa collegati. Il tema è stato oggetto di due Sinodi dei vescovi, uno straordinario e uno ordinario, nel 2014 e nel 2015; ed è stato il campo di battaglia di visioni opposte sulla possibilità, e come, di ammettere i divorziati risposati ai sacramenti. 

L’impianto del testo, in cui ha giocato un ruolo importante il rettore dell’Università Cattolica di Buenos Aires, oltre a suoi consiglieri romani e a un teologo del Nord Italia, è stato preparato secondo alcuni già nell’estate del 2015, prima della seconda tornata sinodale. E naturalmente è stato aggiornato dopo ottobre. 


Informazioni confidenziali provenienti da ambienti vicini alla Segreteria del Sinodo parlano di una grande quantità di osservazioni pervenute ai curatori del documento prima da parte del Teologo della Casa Pontificia, il domenicano polacco Wojciech Giertych, e poi dalla Congregazione della Dottrina della Fede. Questa da sola avrebbe presentato più di duecento osservazioni e correzioni. Sarebbe interessante vedere quanto di questa opera di limatura abbia trovato posto nell’Esortazione. In particolare in relazione al problema dei sacraenti per i divorziati risposati. 



Ė significativo però che proprio in questi giorni il Prefetto della Congregazione della Fede, il cardinale Müller in due distinte interviste abbia trattato l’argomento in termini che sembrano di appoggio alla tradizione, più che alle teorie del card. Kasper e dei vescovi tedeschi. In un’intervista del 27 febbraio a Domradio.de, la stazione radio della diocesi di Colonia, ha detto che “l’insegnamento della Chiesa non è mia proprietà, è qualcosa che ci è stato dato”, e che il nostro compito “è parlare chiaramente dell’insegnamento della Chiesa, del dogma che Dio ci ha rivelato”


L’indissolubilità del matrimonio, ha detto, è un dogma, e “non ci può essere un secondo matrimonio. Come possiamo fare compromessi con la Parola di Dio”. Il giorno seguente al Kölner Stadt-Anzeiger ha detto che “non possiamo fare compromessi con i quali noi uomini trasformeremmo la chiara parola di Dio in qualche cosa di vago”.  


A un’altra domanda del giornale, ha ricordato la Familiaris Consortio, di Giovanni Paolo II, secondo cui i divorziati risposati possono accedere ai sacramenti se vivono come fratello e sorella. L’intervistatore gli ha ricordato che secondo il card. Marx questa soluzione pare impossibile. Müller ha risposto che sembrava impossibile anche agli apostoli, quando Gesù ne parlò; ma “quello che appare impossibile agli uomini è possibile con la grazia di Dio”.



Solo un vero Sacerdote può e sa parlare così.....deve parlare così! Grande Don
Alfredo Maria Morselli
Io che vivo dall'altra parte della famosa grata - quella che davvero ti santificava perchè ti faceva anche sentire protetto e al sicuro -, comprendo bene quel che dice Don Alfredo, il vero imbarazzo, ci aggiungo, non sta nel dire il peccato ma il dover tenere a freno il prete modernista che sentendosi lui in imbarazzo, cerca la conversazione amichevole iniziando con un: "ciao, come stai?" senza neppure conoscerti  o in alcuni casi ti mettono in imbarazzo magari per aver giudicato troppo severamente un peccato. Non poche volte mi è toccato dove dire a qualche sacerdote: "no guardi, si sbaglia, questo è un peccato...."
Ma è certo che questa novità papale davvero non ci voleva e non ne sentivamo alcun bisogno.....


La confessione a gesti...

 
di don Alfredo Morselli
 
Ieri sera, seduto in poltrona guardando il SS. Sacramento dalla porta aperta della cappellina invernale (l'artrosi mi impedisce di inginocchiarmi) avevo iniziato Compieta, l'ultima ora del breviario.
Come spesso mi capita, mi sono involontariamente appisolato, e... ho fatto uno dei miei soliti sogni…

Sento il bip di Whatsapp, e vedo una notizia sconvolgente… Magister punito con scomunica riservata al Sommo Pontefice. Clicco sul link e mi appare la pagina dove l'impenitente e recidivo giornalista, non pago di avere anticipato l'enciclica ecologica, aveva reso noto l'istruzione Gestis et misericordia ancora in embargo, ovvero le indicazioni per ricevere la confessione -  con gesti o con silenzi eloquenti - di coloro che si vergognano di accusare i peccati, giacché ad impossibilia nemo tenetur.
Ecco qua una sintesi delle nuove rubriche: 
Il penitente entra in confessionale e fa l'occhiolino sl confessore, pronunciando "nc"; il confessore risponde "ah va bene", e fa l'occhiolino anche lui.
 
I peccati di gola vanno accusati leccandosi le dita e di dicendo "mmmmm, slurp"

Il confessore fa un cenno che ha capito (e così tutte le volte)

Per il furto si apre la mano destra facendola roteare e chiudendo le dita sulle punte.

Se ha ecceduto in auto con la velocità, il penitente dice "Broom, broom".

Ma adesso arriva il sesto comandamento; le rubriche qui sono in latino, nel caso capitassero in mano a rudi immaturi.
 

Riassumo: il penitente, se uomo, dice "Sa Padre, siamo tutti uomini"; se donna canticchia "Sono una donna non sono una santa" di Rossana Fratello.
Il confessore risponde "Ehh cosa vuoi che sia..." ammiccando e strizzsndo l'occhiolino, facendo vedere che ha capito.
 
Assolutamente vietato mimare ogni atto impuro etc.
A quel punto il breviario, scivolando fino a terra, mi sveglia; mi vennero allora in mente alcune considerazioni:


1. Come l'ha inventata bene il Padre eterno! Nella Confessione, il perdono è gratuito e senza condizione, ma l'umiliazione e la vergogna ce lo fanno meritare un po'.
Si realizza il con me del versetto paolino "non io ma la grazia di Dio che è con me" (1 Cor 15,10).
Il buon Dio non ci tira dietro il perdono sola gratia, ma ce lo fa meritare un po'.
 
2) Come era utile la grata dei vecchi confessionali, che davano bene l'idea che la confessione non è una chiacchietata col parroco, ma un immergersi nel Sangue di Cristo; e il confessore non è don Tizio o don Caio, ma Gesù stesso; e chi si vergognava, non vedendo e non visto dal confessore, era facilitato a vuotare il sacco.
 
3) Il penitente non è un deficiente che non ce la fa, ma un fratello da condurre in vetta, proponendogli grandi cose con l'aiuto della grazia.
 
4) Ad impossibilia nemo tenetur non esiste nella morale (cioè considerando ciò che Gesù ci chiede con l'aiuto della sua grazia), perché Tutto posso in colui che mi conforta (Filip 4,13). Il confessore poi ha le grazie di stato per capire la difficoltà del penitente: potrebbe esserci una difficoltà psicologica oggettiva. Ad impossibilia può applicarsi a un nevrotico, a un malato, a casi particolarissimi di persone molto timide, ma non come norma per persone normali
 
5) Come diceva S. Carlo Borromeo, meglio arrossire un po' di qua che di là in eterno.
 
6) La confessione senza l'accusa, ovvero senza rendere comprensibili al confessore i peccati mortali commessi, è invalida. Macherebbe una pars integralis della materia della Confessione
 
7) Diceva S. Giovanni Paolo II, nell'esortazione Reconciliatio et poenitentia:
"L'accusa dei peccati appare così rilevante, che da secoli il nome usuale del sacramento è stato ed è tuttorag quello di confessione. Accusare i propri peccati è, anzitutto, richiesto dalla necessità che il peccatore sia conosciuto da colui che nel sacramento esercita il ruolo di giudice, il quale deve valutare sia la gravità dei peccati, sia il pentimento del penitente, e insieme il ruolo di medico, il quale deve conoscere lo stato dell'infermo per curarlo e guarirlo. […] Ogni peccato grave deve quindi essere sempre dichiarato, con le sue circostanze determinanti, in una confessione individuale. [...] Con questo richiamo alla dottrina e alla legge della Chiesa intendo inculcare in tutti il vivo senso di responsabilità, che deve guidarci nel trattare le cose sacre, le quali non sono di nostra proprietà, come i sacramenti, o hanno diritto a non essere lasciate nell'incertezza e nella confusione"
Conclusione: carissimo Papa, come confessore accolgo i Vostri paterni richiami a rendere il sacramento un vero incontro con la Misericordia, ma non amministrerò mai una confessione invalida.
 
 



La Confessione in Quaresima: obblighi e auspici

 
 
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Alleghiamo di seguito le utilissime prescrizioni e  consigli per assolvere il precetto della Confessione e della S. Comunione in Quaresima e Pasqua da parte dell'esperto di liturgia di Zenit, Padre McNamara.
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The sacrament of Confession or PenanceA proposito di Quaresima, ho sentito dire di recente che si commette un peccato mortale quando non ci si confessa durante la Quaresima. E’ vero? — J.B., Ocala, Florida (USA).
 
La risposta immediata sarebbe un semplice “no”. Una risposta più approfondita tuttavia non è così semplice, e bisogna fare alcune considerazioni.
Ecco cosa dice il diritto canonico:
“Can. 987 – Il fedele per ricevere il salutare rimedio del sacramento della penitenza, deve essere disposto in modo tale che, ripudiando i peccati che ha commesso e avendo il proposito di emendarsi, si converta a Dio.

“Can. 988 – §1. Il fedele è tenuto all’obbligo di confessare secondo la specie e il numero tutti i peccati gravi commessi dopo il battesimo e non ancora direttamente rimessi mediante il potere delle chiavi della Chiesa, né accusati nella confessione individuale, dei quali abbia coscienza dopo un diligente esame.
Ҥ2. Si raccomanda ai fedeli di confessare anche i peccati veniali.

“Can. 989 – Ogni fedele, raggiunta l’età della discrezione, e tenuto all’obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta nell’anno.”

Tuttavia, lo stesso Codice di diritto canonico dice anche quanto segue circa la comunione:
“Can. 920 – §1. Ogni fedele, dopo che è stato iniziato alla santissima Eucaristia, è tenuto all’obbligo di ricevere almeno una volta all’anno la sacra comunione.
“§2. Questo precetto deve essere adempiuto durante il tempo pasquale, a meno che per una giusta causa non venga compiuto in altro tempo entro l’anno.”

Queste norme trovano la loro origine nella Costituzione 21 del Quarto Concilio Lateranense tenutosi nel 1215. Il testo dice:

“Qualsiasi fedele dell’uno o dell’altro sesso, giunto all’età di ragione, confessi fedelmente, da solo, tutti i suoi peccati al proprio parroco almeno una volta l’anno, ed esegua la penitenza che gli è stata imposta secondo le sue possibilità; riceva anche con riverenza, almeno a Pasqua, il sacramento dell’Eucarestia, a meno che per consiglio del proprio parroco non creda opportuno per un motivo ragionevole di doversene astenere per un certo tempo. Altrimenti finché vive gli sia proibito l’ingresso in chiesa, e – alla sua morte – la sepoltura cristiana.

Questa salutare disposizione sia pubblicata frequentemente nelle chiese, perché nessuno nasconda la propria cecità con la scusa dell’ignoranza. Se poi qualcuno per un giusto motivo volesse confessare i suoi peccati ad un altro sacerdote, prima chieda e ottenga la licenza dal proprio parroco, poiché diversamente l’altro non avrebbe il potere di assolverlo o di legarlo. Il sacerdote, poi, sia discreto e prudente; come un esperto medico versi vino e olio sulle piaghe del ferito, informandosi diligentemente sulle circostanze del peccatore e del peccato, da cui prudentemente possa capire quale consiglio dare e quale rimedio apprestare, diversi essendo i mezzi per sanare l’ammalato.

Si guardi, poi, assolutamente dal rivelare con parole, segni o in qualsiasi modo l’identità del peccatore; se avesse bisogno del consiglio di persona più prudente, glielo chieda con cautela senza alcun accenno alla persona: poiché chi osasse rivelare un peccato a lui manifestato nel tribunale della penitenza, decretiamo che non solo venga deposto dall’ufficio sacerdotale, ma che sia rinchiuso sotto rigida custodia in un monastero, a fare penitenza per sempre.”

(Fonte: The IntraText Digital Library, CC BY-NC-SA)

Questi principi vengono menzionati anche nel Catechismo:

“1389. La Chiesa fa obbligo ai fedeli di « partecipare alla divina liturgia la domenica e le feste » e di ricevere almeno una volta all’anno l’Eucaristia, possibilmente nel tempo pasquale, preparati dal sacramento della Riconciliazione. La Chiesa tuttavia raccomanda vivamente ai fedeli di ricevere la santa Eucaristia la domenica e i giorni festivi, o ancora più spesso, anche tutti i giorni.”
E in seguito:
“2041. I precetti della Chiesa si collocano in questa linea di una vita morale che si aggancia alla vita liturgica e di essa si nutre. Il carattere obbligatorio di tali leggi positive promulgate dalle autorità pastorali, ha come fine di garantire ai fedeli il minimo indispensabile nello spirito di preghiera e nell’impegno morale, nella crescita del l’amore di Dio e del prossimo.

“2042. Il primo precetto (« Partecipa alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimani libero dalle occupazioni del lavoro ») esige dai fedeli che santifichino il giorno in cui si ricorda la risurrezione del Signore e le particolari festività liturgiche in onore dei misteri del Signore, della beata Vergine Maria e dei santi, in primo luogo partecipando alla celebrazione eucaristica in cui si riunisce la comunità cristiana, e che riposino da quei lavori e da quelle attività che potrebbero impedire una tale santificazione di questi giorni.
Il secondo precetto (« Confessa i tuoi peccati almeno una volta all’anno ») assicura la preparazione all’Eucaristia attraverso la recezione del sacramento della Riconciliazione, che continua l’opera di conversione e di perdono del Battesimo. 
Il terzo precetto (« Ricevi il sacramento dell’Eucaristia almeno a Pasqua ») garantisce un minimo in ordine alla recezione del Corpo e del Sangue del Signore in collegamento con le feste pasquali, origine e centro della liturgia cristiana.

“2043. Il quarto precetto (« In giorni stabiliti dalla Chiesa astieniti dal mangiare carne e osserva il digiuno ») assicura i tempi di ascesi e di penitenza, che ci preparano alle feste liturgiche e a farci acquisire il dominio sui nostri istinti e la libertà di cuore. Il quinto precetto (« Sovvieni alle necessità della Chiesa ») enuncia che i fedeli sono tenuti a venire incontro alle necessità materiali della Chiesa, ciascuno secondo le proprie possibilità.”

Da questi documenti possiamo dedurre che l’obbligo primario è di ricevere la santa comnione almeno una volta all’anno, in particolare durante il periodo pasquale. L’obbligo di confessarsi prima di ricevere la Comunione è collegato a questa pratica pasquale, in modo da essere certi di trovarsi in stato di grazia. Nonostante questa sia una deduzione logica dal punto di vista spirituale, va osservato, tuttavia, che il canone 920§2 specifica solamente una volta all’anno e non dice nulla circa un periodo in particolare.
Rispetto alla norma precedente, l’attuale Codice di Diritto Canonico facilita la prassi della confessione, rimuovendo, per esempio, la necessità di confessarsi col sacerdote della propria parrocchia per poter adempiere all’obbligo.

Il periodo per adempiere all’obbligo pasquale, come viene talvolta chiamato, può variare a seconda dei Paesi. Negli Stati Uniti va dalla prima Domenica di Quaresima alla Domenica della Trinità inclusa; in altri Paesi il periodo può iniziare con il Mercoledì delle Ceneri e terminare la Domenica dopo Pasqua o il Giovedì dell’Ascensione.

Ovviamente, l’obbligo pasquale è un requisito minimo per stimolare le persone a ricevere i sacramenti. Idealmente, un cattolico riceve la Comunione ad ogni Messa alla quale partecipa. Un cattolico dovrebbe inoltre andare a confessarsi ogni qual volta è cosciente di aver commesso un peccato grave, e una confessione regolare è altamente raccomandabile anche in caso di soli peccati veniali. Come ci ricorda il testo riportato del Catechismo, in questo precetto: “assicura la preparazione all’Eucaristia attraverso la recezione del sacramento della Riconciliazione, che continua l’opera di conversione e di perdono del Battesimo” .
Se vengono rispettate queste raccomandazioni allora, nonostante se rimane l’obbligo di ricevere la Comunione durante il periodo pasquale, la necessità di andare a confessarsi durante la Quaresima o come minimo un certo tempo prima di riceverla a Pasqua non sussisterebbe più, a meno che non ci sia presenza di un grave peccato.
[Traduzione dall’inglese a cura di Maria Irene De Maeyer]




La melassa di Melloni

di don Alfredo Morselli

 
 
Come è noto il prof. Melloni è l'esponente di spicco dell'"officina bolognese", ovvero del laboratorio teologico-alchemico del cosiddetto "evento concilio": il Vaticano II non si deve interpretare - questa è la tesi di fondo - come un insieme di testi al pari del Magistero passato, ma come un "evento", un inizio di una età dell'oro ecclesiale proiettata verso un "cambiamento epocale". Lo spartiacque di questa nuova era non è più l'ormai obsoleta antinomia "prima-dopo il Concilio", ma "prima-dopo Bergoglio".
L'evento-concilio, a cui furono tarpate le ali dal Paolo VI dell'Humanae Vitae, da Giovanni Paolo II, da Benedetto XVI, ora, con Papa Francesco, torna a volare...
Il prof. Melloni, informato a dovere dagli "amici", novello Buonaiuti, detta ora la linea di condotta della setta neo-modernista in Italia e nel mondo.
 
Le sue idee sono espresse in un articolo che potremmo definire "di portata storica", tanto quanto esso sintetizza brevemente e genialmente (nel male) la to do list del progressismo.
 
Potremmo redigere il seguente indice dell'articolo  preso in esame:

 
1) Come neutralizzare la reazione
2) Come demonizzarla
3) Che fare ora?
 
1) Come neutralizzare la reazione
 
Perché si possa confutare l'errore bisogna che questo sia ben fissato; per mirare ci vuole il bersaglio. Allora è sufficiente nascondere la prassi eretica senza rivestirla ufficialmente di eresia.
"Trovate nell'esortazione - cari oppositori - una frase sola contraria al CCC! E se la trovate noi diremo, come abbiamo fatto al tempo di S. Pio X, che in realtà non diciamo ciò di cui ci accusate, ma che vogliamo solo "la misericordia". Ecco la nostra arma, un documento melassa dico-non dicovedo-non vedo, dove non si danno espliciti permessi condannabili, ma un'imprecisata carta bianca".

Così ho tradotto le ipsissima verba di Melloni:
"[il Papa] Ha allora superato lo scoglio chiamando a responsabilità i vescovi a cui restituisce poteri effettivi, segnando, come ha detto il cardinale Kasper, una vera e propria «rivoluzione» (...) Perché il problema è legittimare una prassi (quasi tutti i parroci comunicano coppie nate per grazia dopo esperienze devastanti) e non fondarla teologicamente. Nella "misericordia", appunto".
2) Come demonizzare la reazione
Il buon Papa Luciani insegna che non è bene fare i conti senza l'oste; non si sa mai che i progressisti non facciano in tempo a preparare il prossimo conclave immune da imprevisti. Bruciato ormai il Card. Scola, la personalità ecclesiale che potrebbe impensierire i progressisti è il  Cardinale Robert Sarah.
Bisogna allora creare un nuovo Lefébvre, etichettare il nemico e attraverso di lui tutti gli oppositori. Scrive Melloni:
"Chi gli è stato vicino [al Papa] (Francesco ironizza sullo stuolo di amici che gli sono vicinissimi che ha scoperto di avere diventando Papa) ha riferito che sarebbe rimasto impressionato dalla linea di contrarietà esplicita e plateale assunta su questo punto dal cardinale africano Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti. Sarah - esattamente come nella comunione anglicana - è punto di riferimento del conservatorismo africano e il raccordo naturale di molti dei padri sinodali di quel continente: cioè dei vescovi che rappresentano la futura quota maggiore del cattolicesimo della metà del secolo XXI". 
Come aggirare l'ostacolo? Mentre "gli amici" demonizzano il pericolo n. 1, andiamo avanti imperterriti con la strategia sopra descritta:
"Il Papa ha perciò deciso di non provocare, e non arretrare: non vuole correre alcun tipo di pericolo per quanto riguarda l'unità della Chiesa e sa che essa è stata storicamente minacciata da diatribe dottrinarie politicamente rilevanti come sono queste. Ma non è disposto a compromettere quella "misericordia" che nella sua teologia è il cuore stesso del vangelo".
3) Che fare?
 
Proseguono le indicazioni di Melloni: da qui alla vittoria finale continuiamo a erodere quote all'episcopato, bypassando i prefetto all'uopo e lasciando le briciole ai conservatori:
"Nelle ultime nomine italiane si sono seguiti criteri diversi da quelli che avevano ispirato le procedure e le scelte, da ultimo affidate al cardinale canadese, Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi (…) eppure Ouellet su alcune delle scelte recenti per l'Italia o non è stato consultato o ha dovuto far buon viso a scelte come quelle di Bologna, Cassano, Lodi, Matera, Modena, Padova, Palermo, Pescia (…) Ouellet, che dicono abbia minacciato le dimissioni sentendosi scavalcato, ha forse avuto peso o ha fatto valere vecchi criteri nelle nomine dei vescovi di Pavia, Corrado Sanguineti che viene dalle fila della Cl di Chiavari, e di Cremona, Antonio Napoleone. In più si profila vicino il biennio che segnerà i 75 anni dei cardinali Scola e Bagnasco. L'obiettivo del Papa resta comunque quello di trovare vescovi che in Curia o nella Cei capiscano che "non siamo in un epoca di cambiamenti, ma in un cambio di epoca" e che sentano l'attesa di rinnovamento di cui ha bisogno una nuova primavera missionaria".
Nel frattempo - continua la dettatura dell'agenda - promuoviamo alla presidenza il nostro fedelissimo agente alla CEI, Mons. Bruno forte, e così piantiamo nella mappa strategica un'altra bandierina importante:
"Bruno Forte, arcivescovo di Chieti, il teologo di punta del Sinodo che gode della stima di Francesco e che potrebbe rappresentare se non un nome, un modello. Uno che era già vescovo prima del 2013, che ha una diocesi abbastanza piccola per potersi occupare della Cei, e che possa saldare la diffidenza del Papa per tutto ciò che è "italiano"".
Conclusione
 
Se l'articolo di Melloni dica il vero, o solamente quello che lui vorrebbe fosse vero, non lo so. E fino all'uscita del documento non mi fascio la testa prima che sia rotta.
Certamente siamo nel cuore di una guerra epocale, una fase apocalittica dove bisogna chiedere all'Immacolata che i tempi siano abbreviati in virtù degli eletti:
"Se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessun uomo si salverebbe. Ma a motivo degli eletti che si è scelto ha abbreviato quei giorni" (Mc 13,20). 
Che cosa è la risicata opposizione al modernismo, di fronte a tanto sovrastanti bocche da fuoco?
 
Facciamoci santi, facciamo la nostra parte; in primis ci consolano le promesse del Salvatore "Non praevalebunt": e alla luce di queste promesse, ancora più credibili sono le parole di Giuda Maccabeo: "Non è impossibile che molti cadano in mano a pochi e non c’è differenza per il Cielo tra il salvare per mezzo di molti e il salvare per mezzo di pochi" (1Mac. 3,18).
 


 

 
In un'intervista a "Deutsche Welle" mons. Gaenswein ha detto sull'esortazione apostolica post-sinodale: “Sono convinto che (il Papa) continuerà sulla strada tracciata dai suoi predecessori, e cioè secondo il Magistero della Chiesa, e che di conseguenza nel suo scritto magisteriale si troveranno dichiarazioni in questo senso”.

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MARCO TOSATTI
21/03/2016

La radio tedesca “Deutsche Welle” ha reso pubblica un’intervista di circa venti minuti con l’arcivescovo Georg Gaenswein, segretario particolare di Benedetto XVI e Prefetto della Casa Pontificia con l’attuale Pontefice. L’intervista è andata in onda il giorno in cui il Papa firmava l’esortazione apostolica post-sinodale sulla famiglia.  

Quando l’intervistatore ha chiesto a Gaenswein se ci saranno, nel documento, dei cambiamenti per quanto riguarda i cattolici divorziati e risposati civilmente, il prelato ha risposto: “Sono convinto che (il Papa) continuerà sulla strada tracciata dai suoi predecessori, e cioè secondo il Magistero della Chiesa, e che di conseguenza nel suo scritto magisteriale si troveranno dichiarazioni in questo senso”.  

 Egualmente alla domanda se pensa che nell’immediato futuro ci saranno modifiche alla legge del celibato sacerdotale per i preti di rito latino, il Prefetto della Casa Pontificia ha detto: “Non so se questo tema interessa così tanta gente, adesso.” Vivere il celibato, secondo lui, “è altrettanto difficile che vivere un buon matrimonio, e avere una buona famiglia”. Ha ricordato che il celibato non è qualche cosa che riguarda solo i preti cattolici, ma che al di fuori del cristianesimo ci sono persone che percorrono questa strada. Gaenswein ha detto che il Papa è fortemente ispirato da S. Ignazio di Loyola, che il Papa è “Un gesuita della vecchia scuola”. Per il Papa, il celibato “non è un ostacolo – ha detto – è una sfida, ma anche una fonte di forza”.  

E ha concluso: “Non credo che sotto papa Francesco ci sarà adesso un cambiamento nella questione del celibato”.  

Per leggere l’intero articolo relativo, nella traduzione inglese e con il commento di Maike Hickson, cliccate QUI.  



[Modificato da Caterina63 21/03/2016 17:26]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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