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La falsa teologia dell'uomo di oggi

Ultimo Aggiornamento: 22/04/2017 16:13
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05/05/2016 23:09
 
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“Rahneriani anonimi”


Il modernismo, la «sintesi di tutte le eresie» (San Pio X, Pascendi, 1907), non parlava di cambiamenti dottrinali, ma di “evoluzioni” dei dogmi e delle dottrine, per riuscire in qualche modo a “modernizzare” la Chiesa per metterla “al passo con i tempi” del mondo del XX secolo, frutto della rivoluzione illuminista e massonica del 1789. Ebbene, il suo erede è il progressismo, il cui laboratorio ideologico è la nouvelle theologie
Il progressismo spaccia per progresso teologico della Rivelazione Divina tutte le opinioni personali e filosofiche (soprattutto nella teologia morale) di quegli odierni “dottori della legge” che pensano di aver capito la Sacra Scrittura meglio degli autori sacri, che sono stati veramente ispirati dallo Spirito Santo. Il più importante esponente del progressismo è stato il gesuita tedesco Karl Rahner (1904-1984), un vero e proprio eresiarca, il cui velenoso pensiero pseudo-teologico è disgraziatamente riuscito a penetrare persino nelle teste di alcuni che lo hanno criticato, chiedendone la condanna da parte della Gerarchia.

«San Paolo non riflette autenticamente la visione del Genesi»: queste sono le parole, testuali, di un teologo progressista.

Questa ci mancava proprio e, lo confessiamo, ne avremo fatto volentieri a meno. Non faremo il nome del teologo che ha pronunziato queste parole, perché non vogliamo fargli pubblicità, ma neppure “processarlo”. Chi vuole sapere di chi si tratta, lo troverà facendo una ricerca in un motore di ricerca on-line.

L’articolo in questione è oramai un tam-tam fisso atto a stravolgere la morale cattolica insegnata in duemila anni dalla Chiesa.

Parte bene, confermando la dottrina della Chiesa, affermando che – i divorziati risposati – non sono affatto in regola e che “per mettersi in regola davanti a Dio, alla Chiesa e alla loro coscienza di cattolici, devono prima ottenere la dichiarazione di nullità, e poi potranno contrarre nuove nozze benedette da Dio”.

Leggendo, inizialmente, l’articolo lo troverà ben fatto, corretto, finalmente si parla di dottrina, di legge divina, si ammonisce con saggezza che, chi si separa può farlo, ma quel matrimonio promesso davanti a Dio resta valido: “… resta valido il vincolo davanti a Dio e alla Chiesa, e non possono contrarre nuove nozze. Viceversa, se due si piacciono, non è questo un motivo sufficiente per andare a vivere assieme, soprattutto se sono legati a un matrimonio valido precedente…”.

Rahner, gesuita, confratello di papa Francesco.
Karl Rahner, gesuita, confratello di papa Francesco.

Tutto bene, finalmente qualcuno parla chiaro, ma come è di moda di questi tempi, ciò accade fino ad un certo punto, perché poi ecco che arriva la “svolta antropologica” di Rahner, infilata lì per benino, difficile da intravvedere subito.

Sembra di riudire i moniti di San Pietro nella sua famosa Lettera:

«come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; così egli fa in tutte le lettere, in cui tratta di queste cose. In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina» (2Pt 3,15-16).

Dunque, secondo questo teologo, San Paolo avrebbe preso “una tranvata”, ecco la chicca:

“San Paolo, con la sua famosa teoria del matrimonio come remedium concupiscentiae [cf. I Cor 7,9] ha evidentemente sott’occhio solo i bollori della gioventù e non la debolezza dell’anzianità. Si ha l’impressione che egli non consideri cosa buona l’atto sessuale, per cui diventa scusabile e tollerabile nel matrimonio: «è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non possono vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere» [vv. 8-9]. Ma tutto ciò sembra sottendere in Paolo una dissociazione per non dire una contrapposizione fra amore ed unione sessuale. Purtroppo non ci si è accorti per molti secoli che qui Paolo non riflette autenticamente la visione del Genesi e neanche quella evangelica, dove l’essere “una sola carne” è visto come qualcosa di buono, sia in se stesso [Gen 2], sia in rapporto alla procreazione [Gen 1]”.

Abbiamo letto bene? “Purtroppo non ci si è accorti per molti secoli che qui Paolo non riflette autenticamente la visione del Genesi e neanche quella evangelica”. Per duemila anni la Chiesa non si sarebbe accorta che San Paolo non riflette neppure il Vangelo! Siamo davvero arrivati alla frutta!

***

Facciamo alcune brevi considerazioni:

1. San Paolo sostiene che il suo insegnamento non viene dagli uomini, ma da Cristo stesso: “Vi dichiaro dunque, fratelli, che il vangelo da me annunziato non è modellato sull’uomo; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo…” (Gal.1,11-12), una dichiarazione che è un vero giuramento;

2. Quando si leggono le Letture in Chiesa – la prima nei giorni feriali, e anche la seconda nei festivi – solitamente sono tratte dall’Antico Testamento e dal Nuovo, ossia dalle Lettere paoline, apostoliche e dall’Apocalisse, terminata la Lettura diciamo: “Parola di Dio”. Quindi, per duemila anni, noi – la Chiesa – ha spacciato per “Parola di Dio” una lettura “non autentica”, un errore…. non voluto perché “non ci si era accorti che Paolo aveva sbagliato”.Che strano, è ciò che pensava Lutero quando, non riuscendo più a contenersi, diede colpa alla Chiesa di aver interpretato male San Paolo sulla concupiscenza e sul celibato.

3. In quale passo paolino, San Paolo, affermerebbe che “l’essere una sola carne”, non sarebbe (sempre secondo questo teologo) visto come qualcosa di buono? Quando Paolo dice: “«è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non possono vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere», non sta dicendo che sposarsi non è buono, ma ripete la famosa battuta degli apostoli che avendo compreso bene il SACRIFICIO del matrimonio, dicono a Gesù: «Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi» (Mt 19,10), Gesù non risponde che avevano capito male e che la stavano drammatizzando troppo, non dice: “venite qui che ci mettiamo d’accordo!” San Paolo non fa altro che riportare ciò che Gesù rispose: «Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca». L’uomo non è fatto per essere solo e si può servire Dio in due modi, i Sacramenti infatti sono due e ben distinti: Matrimonio e Ordine sacro. Senza dubbio che San Paolo avrà preferito, per quel tempo, favorire LE VOCAZIONI, visto che erano all’inizio della nuova evangelizzazione, ma non fa passare assolutamente che, sposarsi, non era cosa buona!

4. San Paolo è piuttosto cosciente di ciò che insegna tanto da lanciare il primo anatema della Chiesa: ” Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. In realtà, però, non ce n’è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo. Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L’abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo! (Gal.1,6-10). Questa ripetizione dell’anatema è davvero un capolavoro di pastorale senza se, e senza ma! È anche la garanzia della credibilità dell’insegnamento paolino.

5. fa riflettere che secondo queste persone, poi, il Papa sarebbe infallibile a tal punto da poter modificare la ricezione dei Sacramenti, ma l’insegnamento di San Paolo inserito nella Sacra Scrittura e che è perciò “Parola di Dio”, che viene incensata durante la liturgia, viene baciata, gli si mette il Cero pasquale accanto…. questo insegnamento paolino è difettato perché: “non riflette autenticamente la visione del Genesi e neanche quella evangelica…”.

6. e per concludere: “Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito – e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito – e il marito non ripudi la moglie.” (1Cor 7,10-11), notare che San Paolo sottolinea quel “non io, ma il Signore”, c’è altro da dire su chi sta sbagliando?

***

Karl Rahner docet! Perché diciamo ciò? Perché questo teologo, pur scrivendo contro il pensiero rahneriano un bellissimo libro, alla fine sta rischiando di fare lo stesso.

Ecco cosa scriveva in rete, lo stesso teologo, contro la rottura dottrinale di del gesuita tedesco: “Rahner ha concepito il progresso come rottura, come contraddizione col passalo di una tradizione cristiana sacra e perenne, quella che appunto si chiama sacra Tradizione, sorgente della divina rivelazione insieme con la Sacra Scrittura, come da sempre insegna la Chiesa Cattolica. Questa rottura è nata dal fatto che Rahner non si è accorto della perenne validità di tale Tradizione, come condizione di vero progresso. […] Rahner non ha capito qual è la legge dell’evoluzione dogmatica. La vera evoluzione non è rottura, ma esplicitazione nella continuità. Non suppone l’equivocità, ma la continuità analogica [Radici Cristiane n. 47, Agosto-Settembre 2009].

Ora, però, se come afferma lo stesso teologo che “non ci si è accorti per molti secoli che qui Paolo non riflette autenticamente la visione del Genesi e neanche quella evangelica”, c’è contraddizione e questa Tradizione è errata. Per secoli la Chiesa ha predicato, sulla morale degli sposi, in termini sbagliati, usando un Paolo sprovveduto. Di conseguenza è questo teologo che sta facendo proprio il modello di Rahner perché, dire che per secoli non ci si è accorti dell’errore di Paolo, non significa più “esplicitazione, continuità”, ma una rottura con una nuova interpretazione della Scrittura.

Come uscire da questo ginepraio sempre più folto e sempre più avvolto nelle tenebre?Ignorare, ignorare chiunque “predichi un vangelo diverso”, ignorare tutti quei discorsi cavillosi tendenti a modificare ciò che la Chiesa ha insegnato per duemila anni sia sull’etica, sulla morale, sia con i dogmi. Tutto ciò che vi suona come “nuovo” e diverso, gettatelo, e abbiate a cuore di leggere la Scrittura sapendo che quella è Parola di Dio, non altro!

L’insegnamento della Chiesa, come il magistero pontificio bimillenario che troviamo sintetizzato nel Catechismo della Chiesa Cattolica, è la cartina tornasole per sapere se stiamo comprendendo bene la Scrittura che leggiamo. Restando fedeli ed aderenti ai Padri della Chiesa, ai Dottori, al Catechismo, ai Santi, non sbaglieremo!



 

Padre Roberto Coggi O.P., La Chiesa
Data: Giovedì, 15 aprile @ 06:00:00 CEST
Argomento: In libreria

Padre Roberto Coggi O.P., La Chiesa, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2002, pp. 176, Eur. 13,00, ISBN 88-7094-467-0 
http://www.esd-domenicani.it/ 

«Dov'è, a suo parere, il principale punto di rottura, la crepa che, allargandosi, minaccia la stabilità dell'intero edificio della fede cattolica? Per il cardinale Ratzinger non ci sono dubbi: l'allarme va focalizzato innanzitutto sulla crisi del concetto di Chiesa, sull'ecclesiologia: "Qui è l'origine di buona parte degli equivoci o dei veri e propri errori che insidiano sia la teologia che l'opinione comune cattolica"». (J. Ratzinger, Rapporto sulla fede, Capitolo III, Paoline 2005, http://utenti.lycos.it/Armeria/Rap_fede_index.htm ). Forse è proprio per questa ragione che Padre Coggi, professore di Mariologia allo Studio Teologico Accademico Bolognese, ha dedicato varie trasmissioni a Radio Maria per spiegare - in modo semplice ed accessibile a tutti - i punti delCatechismo che riguardano la Chiesa; tali catechesi sono quindi state raccolte nel volume che oggi presentiamo. 


Il testo comprende 9 trasmissioni, la prima delle quali riguarda “Gesù Cristo e la Chiesa”. In essa il predicatore intende mostrare la relazione esistente tra l’umanità immersa nel peccato e l’Incarnazione del Verbo, indicando che dopo la morte del Signore la provvidenza di Dio per l’uomo ha trovato continuità e concretizzazione in una istituzione, modellata misteriosamente su Sua Madre, che è la Chiesa cattolica. Il principale dogma mariano viene così, giustamente, collegato al primo e più importante dogma sulla “Chiesa”: “Notiamo a questo punto come la formula ‘Madre di Dio’ esprima perfettamente il mistero dell’Incarnazione del Verbo […] dire che Maria Santissima è madre di Dio significa proprio questo: che Gesù è veramente Dio, che è veramente uomo, che in lui c’è un’unica persona, quella divina”. E subito, da vero domenicano, coglie l’occasione per predicare il Santo Rosario: “Pensiamo a quanti milioni di volte queste parole sono state ripetute dai fedeli, soprattutto nella recita del Rosario. Ogni volta che si pronunciano queste parole si fa una meravigliosa professione di fede in Gesù vero Dio e vero uomo. Ogni volta che si pronunciano queste parole si mostra quanto sia vero ciò che canta la liturgia a proposito della beata vergine Maria: ‘Tu sola cunctas haereses interemisti in universo mundo’. Tu sola, o Vergine Maria, hai distrutto tutte le eresie in tutto quanto il mondo” (p. 18). 

Nel capitolo successivo tratta de “La Chiesa e il Regno di Dio”, indicando come vi sia una inscindibile continuità tra Chiesa terrena e Regno escatologico. Posto che la Chiesa terrena è anche giurisprudenza e istituzione, il domenicano affronta con decisione l’attuale crisi interna al mondo cattolico, traendo non pochi contributi proprio dal “Rapporto sulla Fede” del Card. Ratzinger: “Poi sono venuti gli anni del postconcilio. In questi anni il Cardinale Ratzinger […], uscì una volta nella frase seguente: ‘Oggi bisognerebbe capovolgere le parole di Romano Guardini e dire: un fenomeno di incomparabile portata si sta verificando in mezzo a noi: la Chiesa si sta spegnendo nelle anime. E’ una frase che fa l’effetto di una terribile doccia fredda, ma purtroppo è una frase in gran parte vera. Oggi non vediamo più intorno a noi questo amore per la Chiesa, questa gioia di sentirsi cattolici. Oggi quasi ci si vergogna di essere cattolici” (p. 27). 

Si affronta poi il tema “La fondazione della Chiesa”, di taglio apologetico e inteso a confutare le proposizioni del Loisy: “Capito cari ascoltatori? Come si fa a dire, come diceva il modernista Loisy, che Gesù non ha mai pensato alla Chiesa? Che significato ha allora questa scelta dei dodici apostoli?” (p. 45). Nello stesso senso vanno interpretate le parole del Messia rivolte all’apostolo Pietro, nelle quali si fa esplicita menzione della Chiesa (Mt. 16, 13 ss.). 

Il quarto capitolo svolge il complesso argomento del “Corpo Mistico” alla luce della costituzione conciliare Gaudium et spes e del mistero della Santissima Trinità. E’ la volta di difendere la fede da un errore protestantico, quello riguardante i concetti di Chiesa visibile e invisibile, al quale Padre Coggi risponde: “La Chiesa fondata da Gesù è subito scomparsa per poi comparire 1500 anni dopo, con l’avvento di Lutero? Come è possibile che per 1500 anni lo Spirito Santo si sia dimenticato di assistere la Chiesa? Gesù non aveva forse promesso ai suoi apostoli ‘Io sarò con voi tutti i giorni…’?” (p. 73). 

Ai temi “Il Popolo di Dio. L’appartenenza alla Chiesa. Le note della Chiesa” è dedicata la successiva trasmissione. Contro molte erronee interpretazioni postconciliari (ad es. nella sedicente Teologia della Liberazione), la nozione di popolo di Dio, rileva l’autore, ha quattro punti caratteristici: “Ha come capo Cristo. Ha come condizione la libertà dei figli di Dio. Ha come legge il comandamento dell’amore. Ha come fine il Regno di Dio”. Risulta così, come ovvia conseguenza, che è necessario appartenere alla Chiesa per la salvezza: “Rimane vero che fuori della Chiesa cattolica non c’è salvezza. Perché se uno si salva non è perché è fuori della Chiesa, ma perché almeno in modo iniziale e imperfetto è nella Chiesa” (p. 85). 

La moderna apologetica cattolica ha dedicato molto spazio alle contestazioni affrontate e risolte nel capitolo 6: “La successione apostolica”, cioè relative la struttura gerarchica che Cristo ha dato alla sua Chiesa. “E’ questo, cari ascoltatori, il punto su cui c’è la più profonda e netta divisione fra noi cattolici e tutte le comunità cristiane che in un modo o nell’altro fanno capo alla riforma protestante” (p. 101). Nel corso dell’esposizione, il teologo sfata indirettamente anche il mito della “bibliolatrìa” (espressione del Cardinale Biffi), ossia la pretesa di cercare nella Scrittura l’esposizione completa e aggiornata di tutta la fede e la morale. 

“Il primato del Papa” è il tema svolto successivamente, ove dimostra che esistette un primato personale di san Pietro riguardo sugli altri apostoli e che successivamente tale primato venne da lui effettivamente esercitato anche nella Chiesa delle origini. Seguono dimostrazioni razionali e di san Tommaso d’Aquino a favore del primato del Pontefice Romano, nonché numerose testimonianze della chiesa primitiva a favore di esso: di San Clemente, S. Ignazio, S. Ireneo. 

L’ottavo capitolo è tutto pervaso d’amore per l’infallibilità della Chiesa e, come conseguenza, di quello verso il suo supremo pastore. Tema importantissimo: “Se riflettiamo anche solo un poco ci rendiamo conto che è indispensabile che ci sia per i cristiani, per i discepoli di Gesù, un’autorità dottrinale infallibile, che garantisca la sicurezza della fede. Ma qualcuno dirà: non c’è già la Sacra Scrittura? […] Questo è il discorso che molti fanno. Ma è un discorso incoerente e insostenibile. E’ incoerente perché uno potrebbe ribattere: chi mi garantisce che la Sacra Scrittura è la parola di Dio? […] A queste domande c’è un’unica risposta. Me lo dice l’autorità infallibile della Chiesa. Inoltre la tesi della sola Scrittura è insostenibile. Perché la sola Scrittura non permette di risolvere tutti i dubbi che possono sorgere” (p. 140). Conclude l’esposizione una quanto mai necessaria illustrazione del “soggetto e campo di applicazione dell’infallibilità”. 

L’ultimo capitolo è, ancora impostato in funzione anti protestantica riguardando, infatti, il dogma della “Comunione dei santi”, il suo fondamento biblico, i rapporti reciproci fra i membri della Chiesa terrena con le anime del purgatorio e i beati del Cielo. Non poteva mancare una sempre opportuna riproposizione dell’azione di intercessione svolta dai santi e dell’opportunità del loro culto e venerazione. 
In apertura del capitolo, tuttavia, si legge una quanto mai necessaria avvertenza: “Abbiamo detto che il Papa, per esempio, è infallibile quando parla ex cathedra. Il che vuol dire che quando non parla ex cathedra non è di per sé sempre e necessariamente infallibile, e quindi ciò che egli dice non è sempre e necessariamente irreformabile. Qua si pone dunque il problema di quale deve essere l'atteggiamento del cristiano di fronte a questo insegnamento nel quale il Papa o la Chiesa non vuole impegnare tutta la sua autorità. Facciamo l'esempio di una normale enciclica, o di un'esortazione apostolica, o di una catechesi del mercoledì, oppure di un qualche documento di una congregazione romana [...]" (p. 157). Padre Coggi risolve la questione riportando un testo conciliare ma, ancora di più, citando implicitamente i più recenti documenti in argomento della Congregazione per la Dottrina della Fede: “Ecco, vedete, cari ascoltatori, quale deve essere l’atteggiamento che dobbiamo sempre tenere quando il papa parla. Avere un religioso rispetto di volontà e di intelligenza, cioè aderire anche con la mente, accettando quanto egli dice con sottomissione e docilità” (p. 158). E’ quindi con un inno d’amore al Magistero - anche ordinario! - del Pontefice che il figlio di san Domenico chiude la sua trattazione. 
Quale migliore esempio di Nuova Evangelizzazione per noi tutti? 

In Gesù, per Maria 
Fr. Luigi Maria G. de M., O.P.




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[Modificato da Caterina63 06/05/2016 15:33]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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