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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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La falsa teologia dell'uomo di oggi

Ultimo Aggiornamento: 22/04/2017 16:13
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19/11/2016 22:25
 
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  LA “TEOLOGIA” DEL DIAVOLO

Che cosa ha fatto il demonio tramite i cattivi teologi che hanno seguito i luterani, in specie quelli dell’Ottocento, cioè con Hegel e specialmente con Schelling e poi coi luterani del Novecento, specialmente con Karl Barth? Questi teologi luterani hanno distrutto nel cristianesimo le premesse razionali. Sono tutti fideisti, perché il luteranesimo nasce sulla premessa del fideismo. Lutero diceva che la ragione è la “puttana del diavolo”, letteralmente. Non invento niente, lui è sempre stato così, brutale e osceno, sia nei comportamenti sia nelle parole, anche se qualcuno ha detto che è stato un mistico. La ragione, Aristotele, san Tommaso d’Aquino, la Scolastica, la metafisica sono definite da Lutero “armi del demonio per confondere la fede”, perché la fede deve essere una fede “pura”, senza altro che non sia la fiducia in Dio e senza ragionamenti. Fideismo.

Fideismo che la Chiesa continuamente condanna perché col fideismo non si va da nessuna parte. Fideismo significa credere senza motivo, e se io faccio apostolato con questa falsa fede induco alcuni a credere senza motivo, oppure induco a credere in una cosa con motivi miei, i quali però sono incomunicabili perché una fede soggettiva è incomunicabile. Come sono incomunicabili le rivelazioni private di una persona che afferma d’aver parlato con Dio. Anche Teresa d’Avila, Dottore della Chiesa, non lo è per le sue visioni ma per quello che ha scritto facendo vagliare tutto quello che scriveva dai suoi Superiori del suo Ordine monastico dei Carmelitani Scalzi e dai dotti Gesuiti che venivano cercati in tutta la Spagna. Dai luterani questa cattiva teologia cattolica ha imparato la cosa peggiore: disprezzare la metafisica. Disprezzare la metafisica vuol dire due cose ben precise, non è retorica. Non è come quel bambino del catechismo che diceva: «Sì, sì, la Trinità. Dio è Padre, Figlio, Spirito Santo, eccetera …». L’etcetera, il lasciare il discorso nel vago come se fosse una enumerazione infinita, è tipico della retorica, in quanto è tipico della retorica non sapere dove i discorsi cominciano e dove vadano a finire, mentre i discorsi dogmatici si sa benissimo dove cominciano e dove finiscono. Io vi sto facendo un discorso dogmatico.

FIDES ET RATIO

La fede cattolica e la sua esposizione dottrinale hanno bisogno della logica e della metafisica. E tutte e due queste cose compendiano delle dottrine fondamentali che sono: 1) la dottrina dei praeambula fidei, ossia di quelle certezze naturali che sono condizioni di possibilità per avere la fede. 2) l’esistenza di una legge morale naturale. Queste condizioni sono necessarie prima della teologia e prima della fede. Tant’è vero che i sapienti dell’antichità pre-cristiana avevano questi due elementi già prima della teologia e prima della fede. Perché l’esistenza di Dio era di conoscenza naturale in tutti i popoli, sia a livello religioso sia a livello filosofico. Prima della Rivelazione cristiana, tutti i filosofi erano teisti: tutti, nessuno escluso.

Karl Barth, pastore protestante, nonché mentore di molti "nuovi teologi".
Karl Barth, pastore protestante, nonché mentore di molti “nuovi teologi”.

E per quanto riguarda il diritto naturale, tutti i filosofi prima di Cristo sapevano che esiste una Legge fatta dall’Imperatore, lex hominis, lex humana, lex imperii, ma prima di questa, per legittimare ogni legge positiva, c’era una legge naturale grazie alla quale tutti gli uomini sono in grado di distinguere il bene dal male, vero dal falso, ciò che giova al bene comune da ciò che gli nuoce, ciò che è diritto di chi comanda da ciò che è diritto di chi obbedisce. Questi due elementi sono messi da parte dalla teologia protestante e in modo particolare da Karl Barth. Sarà anche un grande teologo… venne anche a Roma durante il Vaticano II a dire tante belle cose, che viene considerato tanto amico nostro, ma intanto ha passato tutta la vita a dire che non abbiamo nessuna conoscenza naturale di Dio, abbiamo solo la fede. La fede ci dà un Dio con il quale non c’è alcun rapporto razionale, del quale non sappiamo niente. Ma se non c’è il diritto naturale e se non ci sono i praeambula fidei non c’è fede autenticamente cristiana.

Dieci anni or sono ebbi una discussione in pubblico con il vescovo Rino Fisichella (che attualmente è colui che per incarico del Papa dirige l’Anno Santo) e coi i teologi della facoltà di Teologia, perché affermavano che la teologia comincia con l’esperienza di Dio: “conosci Gesù Cristo – dicevano – e da lì conosci Dio”. Ma è assurdo. Se andiamo a vedere il Vangelo Gesù non ha mai detto: “Vi do una bella notizia: la bella notizia è che Dio esiste e Io sono Lui”. Che Dio esiste lo sapevano gli Ebrei e tutti gli altri popoli. Gesù non ci ha rivelato che Dio esiste ma che Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo, e che il Figlio si è fatto uomo. Cosa ben diversa. La fede non riguarda l’esistenza di Dio ma la Trinità, l’Incarnazione, la Passione, Morte e Risurrezione di Nostro signore Gesù Cristo.

Come si fa a dire che tutto comincia dalla fede? Se tutto comincia dalla fede con quali motivi uno crede? Con quali motivi uno sceglie il Vangelo, invece del Corano o dei Veda? O l’Odissea? Si dice che basta la Bibbia … ma questa è una idiozia teologica di Lutero! “sola Scriptura”… La Scrittura che cos’è? un libro a dare testimonianza di sé? Noi accettiamo al Scrittura perché questa proviene dalla Chiesa, a cominciare dagli Apostoli.
Metto le cose in burla perché sono così drammatiche che se non mi metto un po’ a ridere mi viene da piangere. Quanto male si fa con delle cose che sono diaboliche, perché mettono in pericolo l’unica cosa che conta, la salvezza delle anime. Oltre tutto, si tratta di cose illogiche, sciocche, immotivate, insostenibili, ingiustificabili (uso tutti aggettivi della logica aletica). Se voi pensate che i cristiani siano per forza le persone che credono alla Scrittura, allora Santo Stefano sarà pure martire ma certamente non cristiano… E tutta quella gente, quei tremila uomini che si convertirono alla predicazione di Pietro il giorno della Pentecoste non erano cristiani…

Sapete che la redazione del Nuovo Testamento si è conclusa nel 110 dell’era cristiana, e allora prima che è successo? Che ne è di coloro che hanno creduto al Vangelo, predicato dagli Apostoli, senza il Nuovo Testamento? In definitiva, Nuovo Testamento che cos’è? È la raccolta di libri che la Chiesa assicura essere ispirati da Dio e che documentano la rivelazione di Gesù Cristo. Non è niente al di fuori o indipendentemente dalla Chiesa Madre e Maestra. Si può dire che il Nuovo Testamento è uno strumento didattico, uno strumento catechistico della Chiesa. Anche quando c’era l’analfabetismo dominante, questo non costituiva un problema: perché la Chiesa diceva le stesse cose in tanti altri modi, anche con le immagini come i mosaici di Monreale a Palermo. Si conosceva la storia sacra, si conoscevano le cose fondamentali della fede. Ricordate come giunge alla fede cristiana il ministro della regina Candace dell’Etiopia? L’episodio è narrato da San Luca negli Atti degli Apostoli. Per poterlo battezzare, che cosa gli chiede il diacono Fiippo? Gli chiede: «Tu credi che quel passo del Libro del Profeta di Isaia che hai letto si riferisca a Gesù che è venuto? Credi che Gesù sia risorto, che è il nostro Salvatore, che ci ha rivelato che egli è Dio, e che Dio è il Padre che ci ha creati, il Figlio che è venuto da noi e lo Spirito Santo che ci santifica? Dici di sì, che lo credi? Allora scendi giù dal carro che io ti battezzo immergendoti nell’acqua di questa fonte». E quell’uomo se ne tornò tutto contento, da solo in Etiopia, bell’e battezzato. Non c’era stato bisogno di fargli leggere qualche libro del Nuovo Testamento, è bastata la predicazione dei diacono Filippo, nominato e inviato dagli Apostoli. Nella conversione di quell’uomo c’era stato l’unum necessarium per l’annuncio della fede, e questo è la dottrina degli Apostoli (così si chiama uno dei primi libri di dottrina della Patristica dell’età sub apostolica, la Didaché, Dottrina dei dodici apostoli).

Invece nel Cinquecento arriva Lutero e parla di «sola Scriptura», per di più interpretata soggettivamente. Il motivo teologico è questo: secondo la teoria eretica di Lutero (anche se non c’è dato scritturistico, patristico e magisteriale che la possa suffragare), quando uno prende in mano la Scrittura, lo Spirito santo lo illumina e gli dice la verità… Fantasie, ma fantasie tremende, perché con la sola Scrittura viene a mancare il Magistero, ma senza Magistero non c’è fede nella Parola di Dio, che è la Rivelazione pubblica. Con la sola Scrittura non c’è autentica fede ecclesiale ma adesione a una setta (che poi diventano mille sette, perché a forza di «libero esame», ciascuno la vede a modo suo).

LA CHIESA È STATA RIBALTATA

È importante capire tutte queste cose per la confusione in cui siamo perché non è colpa del Vaticano II ma dei cattivi teologi che hanno influito sui papi facendo loro compiere a queste operazioni pseudo-teologiche invece di evangelizzare e catechizzare sulla base del dogma. L’amico Enrico Maria Radaelli, che ha scritto due libri sulla questione, ha detto giustamente che la Chiesa ha rinunciato alla sua funzione essenziale, che è quella dogmatica. E ha ragione, anche se la Chiesa non è ribaltata come dice lui (il titolo di uno dei suoi libri, infatti, è La Chiesa ribaltata), perché io non sono ribaltato, lui non è ribaltato, non sono ribaltate le tante persone buone che si mantengono fedeli al dogma. Persone che, grazie a una sorta di sesto senso soprannaturale, non ascoltano i cattivi Pastori e i falsi profeti e danno ascolto solo ai veri testimoni della fede. Perché, ad esempio, ha avuto tanto successo spirituale padre Pio? Penso a mia madre e alle fatiche inenarrabili nel dopoguerra per andarlo a visitare. E lui che non predicava se non la Santa Croce, la Messa, la confessione, il dovere di ciascun cristiano nel proprio stato di vita: le cose di sempre, quelle tradizionali cioè l’unum necessarium.

Stando così le cose: qual è il succo di questo discorso? Noi dobbiamo vedere con lucidità – anche con l’aiuto di chi dice cose teologicamente vere e certe come quelle che vi sto dicendo – che nella Chiesa c’è una grande crisi pastorale, ossia una condotta non sempre illuminata dei Pastori, e anche una influenza tremenda dei mass media che, anche quando sono etichettati come cattolici, sono in larga misura di proprietà finanziaria e ideologica della Massoneria: ed è così in tutto il mondo. Direte: ma sul Sole 24 ore scrive domenicalmente un cardinale, Gianfranco Ravasi. Sì, un cardinale massone, lo ha detto lui stesso scrivendo un mese fa su La Stampachiedendo perdono ai suoi “fratelli massoni” perché a volte nella Chiesa sono trattati male, ma adesso ci penserà lui a fare un bel dialogo ad abbattere le barriere … Ovviamente il giornale massonico degli Agnelli esultava per questa “apertura”. Apertura, apertura, apertura … prima ai comunisti, poi agli islamici, poi agli induisti, quindi ai gay, ora a Lutero per il 2017… Tutte aperture che sono, se uno non è sciocco capisce che sono operazioni politiche create dalla paura di essere spazzati fuori.

CLIMA DA EPURAZIONI

Parlo molto coi cardinali di Curia che la pensano come me ma poi non riescono a fiatare. Ma di che hanno paura? Mi dicono: «Ha visto che è successo al cardinale Burke?». Sì, lo so, ma voi siete ormai emeriti, come lo sono io, quel che hanno potuto fare contro di me ormai lo hanno fatto. Di che avere paura? Io rispetto l’autorità, ma se una pastorale è sbagliata ho tutto il dovere (oltre che il diritto) di dire che si tratta di una pastorale sbagliata. Una dottrina sbagliata, invece, è impossibile. La Chiesa ha una sola cosa garantita da Gesù Cristo: l’infallibilità nell’insegnare formalmente la verità rivelata. Con un carisma particolare per cui è impossibile che il papa da solo o assieme al collegio episcopale e cardinalizio pronunci una affermazione apodittica che sia eretica: o perché Dio impedisce di parlare al Papa o perché al momento di firmare un documento gli prende un colpo e muore, oppure si converte.

UN PONTIFICATO FATTO DI AMBIGUITÀ

Oppure può succedere quello che sta succedendo oggi, e cioè che riguardo al dogma della fede il Papa non si decida mai a dire una parola chiara. Cosa penosissima e terribile, lo dico col pianto nell’anima: il Papa ha deciso, da tre anni in qua, di non dire mai una parola chiara riguardo al dogma della fede. Papa Francesco insinua dei dubbi, quello che sarebbe più grave lo fa dire agli altri, oppure lo fa capire ma non lo dice. Il suo stile magisteriale è fato di frasi a effetto, contraddittorie e ambigue, che appartengono alla maniera tradizionale con cui il Magistero espone ai fedeli la dottrina. Perché il dogma è fatto di poche parole chiare, che formano asserzioni inconfutabili, mentre invece come ho scritto più volte a proposito dell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia, il Papa ha voluto essere volutamente ambiguo. Perché? Perché da una parte vorrebbe dire cose sostanzialmente eretiche, e dall’altra sa che non le può dire.

Non giudica i gay, ma i difensori della fede sì!
Non giudica i gay, ma i difensori della fede sì!

Per esempio, tutti hanno letto e riletto il discorso su «Se un gay è di buona volontà e cerca Dio, chi sono io per giudicarlo?». Una frase che può significare tutto ma in realtà non significa niente: che significa “giudicare”? Gesù ci ha proibito di giudicare. Cioè non possiamo giudicare la coscienza degli uomini, perché non la possiamo conoscere. Però allo stesso tempo Cristo dà alla Chiesa il potere di giudicare sui fatti esteriori, per dire se sono parole o azioni conformi alla morale o alla dottrina della Chiesa. Queste vanno effettivamente giudicate.

Il Catechismo della Chiesa cattolica, prima che il Papa dicesse tutte queste cose vaghe, ha detto esattamente tutto ciò che andava detto sulla questione degli omosessuali. Non si sa se l’omosessualità sia volontaria e involontaria, e poi bisogna distinguere tra una tendenza e certi atti esteriori (visto che, agli occhi di Dio, una cosa è la tendenza un’altra i comportamenti)… ma chi compie volontariamente atti omosessuali è reo di un peccato che grida vendetta al cospetto di Dio. Basta, punto. Se aggiungi altre cose, sei già nell’ambiguità, e hai rovinato la pastorale. «Se un gay ha buona volontà e cerca Dio», la Chiesa che deve fare? Aiutiamolo a convertirsi, a lottare contro le tentazioni come chiunque abbia insane passioni: cercando Dio, facendosi aiutare dalla direzione spirituale e dai sacramenti a correggersi, a frenarsi, a inibire al propria libidine. Questa è la cosa normale in un contesto cristiano di verità dogmatica, morale e ascetica.

NON SI GIUDICANO LE PERSONE, MA LE LORO AZIONI SÌ!

La conclusione è: che cosa deve fare un cattolico che sia laico o sacerdote in questa situazione della Chiesa che vive una fase di disorientamento nella dottrina e nella pastorale? Noi non sappiamo quante siano le persone in grazia di Dio; non sappiamo chi siano quelle che si salveranno o si perderanno; nemmeno possiamo giudicare le intenzioni dei Pastori che apparentemente fanno cose insensate, noi non dobbiamo giudicare nessuno. Vediamo i fatti esteriori: se vediamo che diminuisce la presenza alla Santa Messa dei giorni festivi e la frequenza delle Confessioni, se vediamo interi Paesi come il Belgio e l’Olanda dove la confessione non esiste più (un fatto pastorale gravissimo e obiettivo), se abbiamo dati allarmanti sulle vocazioni sacerdotali e religiose, che cosa dobbiamo concludere?

Prendiamo atto di questi dati esteriori e possiamo fare qualche prudente valutazione di sociologia ecclesiastica: ripeto però che si tratta soltanto di sociologia ecclesiastica, e tutte le valutazioni sociologiche sono molto relative rispetto a chi fa l’indagine, in quale tempo, in quale luogo e senza pensare a tutte le evoluzioni che ci sono continuamente, tenendo presente che quello che si vede nei nostri Paesi occidentali non è quello che c’è nella Cina comunista. Molti di quelli che fanno analisi sulla Chiesa ignorano quel che accade in Cina, dove ci sono milioni e milioni di eroi e di martiri tra vescovi, preti e laici. E un regime terribile, quello comunista cinese, anche se nessuno lo etichetta mai così (ci si guarda bene peraltro dal segnalare che lì vi è la maggiore quantità di esecuzioni capitali). Non si alza la voce per denunciare la persecuzione dei cristiani in Cina e nei Paesi islamici perché da quelle parti ci sono miliardi di persone, potenze politiche e mercati in ascesa. Ora, queste sono valutazioni politiche, diplomatiche e commerciali: ma può la Chiesa usare soltanto questi parametri? La Chiesa è forse un’entità politico-diplomatica-commerciale? La Chiesa di Cristo ha un unico dovere, anche di fronte ai persecutori, quello di annunciare il vangelo. Come diceva san Paolo: «Guai a me se non evangelizzo!». Invece abbiamo visto dei Papi che evidentemente hanno pensato: «Guai a me se non faccio accordi con la sinagoga e con la moschea».

Mi riferisco, per esempio, a san Giovanni Paolo II, che pure è un gigante della fede ed è stato pure mio amico e ha scritto una cosa stupenda e meravigliosa come l’enciclica Fides et ratio, del 1998, enciclica che ribadisce la necessità della metafisica per la fede cristiana e la teologia cattolica. Un’opera straordinaria, ma che cosa è successo poi con questa enciclica? È stata messa da parte dalla Santa Sede stessa. Nell’Università del Papa, la Lateranense mi dissero: «Smetta di parlare di questa enciclica perché è superata». Che vuol dire “superata”? «Vuol dire che non segue le correnti attuali della teologia (ermeneutica, storicismo, dialettica) ed è tornata alla teologia pre-conciliare; è stata una debolezza del Papa che ha dato retta ad alcuni…». Eppure è un enciclica che stabilisce perentoriamente le norme per lo studio e l’insegnamento della teologia nella Chiesa: si vede che le encicliche che piacciono fanno testo, quello che non piacciono no. Mah …

UN RIMEDIO? CONFESSORI DOTTI E PII.

Che bisogna fare, allora? Laici o sacerdoti hanno la necessità di badare all’unum necessarium. Io la fede devo preservarla, custodirla, svilupparla. Pertanto cerco dei confessori che siano dotti e pii, come faceva santa Teresa. E me li scelgo io. I laici sappiano che non hanno l’obbligo di andare da nessuna parte, non c’è alcun obbligo di andare in una parrocchia particolare. Non c’è obbligo di legarsi a nessuno. Nemmeno ai Papi.

Perché ho parlato di Giovanni Paolo II? Perché Giovanni Paolo II che ha fatto quella bellissima enciclica allo stesso tempo ha fatto delle cose, trascinato da questa corrente della politica e della diplomazia ecclesiastica, che sono disastrose come la famosa riunione inter-religiosa di Assisi. Dove sono state fatte della cose, certo non erano nella sua volontà, che fecero orrore sul Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinal Ratzinger, come mettere una statua di Budda sull’altare. O quando è andata nella Sinagoga di Roma o nella Moschea in Marocco. Eppure si tratta di un santo. Ma come dicevo stamani nell’omelia, ricordando le parole del mio babbo: “Sbaglia anche il prete all’altare” e può sbagliare anche il Papa nelle sue iniziative pastorali e disciplinari e nei suoi discorsi improvvisati e di circostanza. L’importante è che noi non giudichiamo né la persona né le intenzioni. Ma se una cosa, alla luce delle verità di fede, è sbagliata che cosa dobbiamo fare: gridare? Fare propaganda contro il Papa?

Qualcuno la fa, può avere delle ragioni e può essere legittimo io preferisco invece, come diceva un santo del Novecento, San Josemaría Escrivá: «Affogare il male nell’abbondanza del bene», dare buona dottrina, indirizzare alle fonti autentiche della dottrina. Io ripeto a tutti: non vi smarrite, non cedete al turbamento, non perdete il retto criterio della fede, sappiate che realmente non è cambiato niente, nessuno ha eliminato la Sacra Scrittura, nessuno ha abrogato il Catechismo della Chiesa Cattolica, nessuno ha detto che non è più in vigore il Codice di Diritto Canonico. In questi tre testi libri c’è tutto quanto basta per sapere qual è la fede cui dobbiamo essere fedeli e le leggi della Chiesa cui dobbiamo obbedire. Non c’è bisogno di altro. Non c’è bisogno di sapere al mattino, quando leggiamo il giornale o accendiamo la televisione, che cosa ha detto oggi il Papa a santa Marta, che cosa ha detto per telefono a Scalfari o alla Bonino.

AFFOGARE IL MALE NEL BENE

Ricordo che c’era un giornaletto di Comunione Liberazione che si chiamava La traccia e iniziò le pubblicazioni quando fu eletto Giovanni Paolo II, che cominciò ad attirare l’interesse e l’affetto di tutto il mondo cattolico, a partire dal saluto ai fedeli in piazza San Pietro: «Se mi sbaglio mi corrigerete!». Allora tutti a seguire i discorsi di Giovanni Paolo II, tutti a leggere ogni discorso pubblicato su La traccia, ma dopo un anno di continuo magistero quotidiano (dei venticinque anni di pontificato) anch’io pensai che non c’era il tempo materiale di leggere tutto quello che andava dicendolo, perché ogni giorno sfornava dieci discorsi. Lo lasciai da parte concentrandomi solo su ciò che era importante. I Papi adesso hanno questa mania di parlare continuamente e di parlare anche informalmente, di lasciare anche interviste. Quando mai Pio XII rilasciò interviste a un giornalista e per di più massone? Eppure stiamo parlando di un papa che fu un eroe: sapete che aveva preparato una lettera di dimissioni in caso di rapimento da parte di Hitler. Se fosse stato deportato in Germania, disse, avrebbero deportato il cardinale Pacelli ma non il Papa. Era un uomo preparato al martirio pur di non cedere a Hitler. E nonostante tutto venne accusato (da ebrei e comunisti) di essere addirittura “il Papa di Hitler”.

Dobbiamo affogare il male nell’abbondanza di bene. Fare il nostro apostolato in famiglia e dappertutto, indirizzando verso le vere fonti della fede. E per ultimo, un criterio che è fondamentale, che è filosofico, teologico ma anche molto pratico: bisogna saper distinguere le opinioni – che magari sono anche buone, ma che sono semplici opinioni che non possono essere garantite perché non sono oggetto di fede umana e neanche divina – dalle verità rivelate che sono da credere con fede divine ed ecclesiastica. Bisogna saper individuare sempre quello che può essere garantito come verità rivelata da Dio e confermata dalla Chiesa nei dogmi. Queste verità sono poche ma assolutamente necessarie per la salvezza della nostra anima e per la predicazione del Vangelo; il resto, le opinioni, possono essere utili, magari anche necessarie, ma relativamente necessarie, come lo sono, ad esempio, le varie spiritualità che lo Spirito Santo ha suscito nella vita della Chiesa: la spiritualità domenicana, francescana, salesiana, gesuitica … tutte buone, ma tutte solo relativamente buone essendo solo una parte del tutto che è la spiritualità cristiana (l’imitazione di Cristo) ed essendo desinate solo a una parte del Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa (cioè a chi ha quella speciale vocazione).

NOTE

1] Edoardo Menichelli.

(fonte: coordinamentotoscano.blogspot.i)





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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