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LETTERE OMELIE DISCORSI di Agostino di Ippona

Ultimo Aggiornamento: 15/12/2017 21:42
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08/11/2016 17:42
 
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DISCORSO 141


 


DALLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (14, 6):
IO SONO LA VIA, LA VERITÀ E LA VITA "

 

La verità scoperta dai filosofi secondo questo mondo non è la Via.

1. Leggendosi il santo Vangelo, avete udito tra l'altro ciò che afferma il Signore Gesù: Io sono la via, la verità e la vita 1. Ogni uomo desidera la verità e la vita, ma non ogni uomo trova la via. Anche alcuni filosofi secondo questo mondo hanno riconosciuto che Dio è una certa qual vita eterna, immutabile, intellegibile, intelligente, sapiente, datore agli uomini di sapienza. Senza dubbio riconobbero che la verità è fissa, irremovibile, immutabile, comprensiva di ogni ragione d'essere di tutte le cose create, ma a distanza; l'avvistarono, ma attenendosi a false credenze; e proprio per questo non trovarono la via per la quale giungere a quel così alto, inesprimibile e beatificante possesso. Infatti scoprirono anch'essi (per quanto può essere colto dagli uomini) il creatore attraverso la creatura, il fattore attraverso la fattura, il costruttore del mondo attraverso il mondo; ne è testimone l'apostolo Paolo, al quale tutti i Cristiani sono senz'altro tenuti a credere. Riferendosi a costoro, afferma: L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà. Queste, come riconoscete, sono parole dell'apostolo Paolo. L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia di uomini che recludono la verità nell'ingiustizia 2. Ha detto forse di loro che non possiedono la verità? Ma recludono la verità nell'ingiustizia. E' un bene ciò che possiedono, ma è un male che lo tengano dove viene recluso. Recludono la verità nell'ingiustizia.

Come hanno intravisto la verità.

2. Ma bisognava che gli si dicesse: Com'è che quegli empi possiedono la verità? Dio ha forse parlato con qualcuno di loro? Forse che hanno ricevuto la legge come il popolo degli Israeliti per mezzo di Mosè? Come dunque possiedono la verità addirittura nella stessa ingiustizia? Ascoltate quanto segue e lo spiega. Poiché ciò che di Dio si può conoscere - dice - è loro manifesto; Dio stesso infatti lo ha loro manifestato. A quelli si manifestò, a quanti non aveva dato la legge? Si manifestò, ascolta in che modo: Le sue perfezioni invisibili possono infatti essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute. Interroga il mondo, la magnificenza del cielo, lo splendore e l'armonia degli astri, il sole rispondente alle esigenze del giorno, la luna a moderare l'oscurità della notte; interroga la terra feconda di erbe e di alberi, piena di animali, ordinata per gli uomini; interroga il mare che contiene gran quantità e varietà di animali acquatici; interroga l'atmosfera, cui conferisce vivacità un gran numero di volatili; interroga tutte le cose e vedi se, a loro modo, non ti rispondono: Dio ci ha fatti. Filosofi nobili hanno fatto di queste ricerche, e dall'opera compiuta hanno conosciuto l'Artefice. Che dunque? Per quale ragione l'ira di Dio si rivela contro ogni empietà? Perché recludono la verità nell'ingiustizia? Venga [l'Apostolo], dimostri in che modo. Ha già detto infatti come sono giunti a conoscere. Le sue, cioè di Dio, perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, anche la sua eterna potenza e divinità, perché siano inescusabili. Infatti, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria, né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa; infatti mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti 3. Ciò che scoprirono spinti dalla brama di sapere lo perdettero per superbia. Mentre si dichiaravano sapienti, cioè, attribuendo a se stessi il dono di Dio, sono diventati stolti. Ripeto, sono le parole dell'Apostolo: Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti.

Stoltezza degli adoratori degli idoli.

3. Dimostra, prova la stoltezza di costoro. Spiega, o Apostolo, e come hai fatto capire a noi, in che modo ad essi è stato possibile giungere al concetto di Dio, poiché le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, così spiega ora in che modo mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti. Ascolta: Perché - egli afferma - hanno cambiato la gloria dell'incorruttibile Dio nella somiglianza della figura dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili 4. Infatti, della figura di questi animali i Pagani se ne fecero dèi. Tu hai trovato Dio e adori un idolo. Hai scoperto la verità ed è appunto la verità che recludi nell'ingiustizia. E per via di ciò che è esecuzione della mano dell'uomo, perdi quello che hai conosciuto attraverso le opere di Dio. Hai considerato tutto ciò che esiste; hai colto nell'insieme la disposizione ordinata del cielo, della terra, del mare e di tutti gli elementi; non vuoi fare attenzione a questo: il mondo è opera di Dio, un idolo è fattura di un artigiano. Se l'artigiano desse all'idolo anche una mente, come ha dato la forma, l'artigiano sarebbe adorato dallo stesso idolo. Infatti, o uomo, a quel modo che Dio è il tuo artefice, così l'uomo è artefice dell'idolo. Chi è il tuo Dio? Colui che ti ha formato. Chi è il Dio dell'artigiano? Colui che lo ha formato. Chi è il Dio dell'idolo? Colui che lo ha formato. Quindi, se l'idolo avesse una mente, non adorerebbe l'artigiano che lo ha formato? Ecco in quale ingiustizia hanno relegato la verità, ma non hanno trovato la via che conduceva al possesso di quella verità che avevano intravisto.

Cristo si è fatto via.

4. Ma Cristo che presso il Padre è verità e vita, è il Verbo di Dio del quale è stato detto: La vita era la luce degli uomini  5. Appunto perché presso il Padre è verità e vita e noi non avevamo una via da seguire per giungere alla verità, il Figlio di Dio, che nel Padre è per l'eternità verità e vita, assumendo la natura dell'uomo si è fatto via. Passa attraverso l'uomo e giungi a Dio. Per lui passi, a lui vai. Non cercare al di fuori di lui per dove giungere a lui. Se egli non avesse voluto essere la via, saremmo sempre fuori strada. Perciò si è fatto la via per dove puoi andare. Non ti dico: Cerca la via. E' la via stessa a farsi incontro a te: Alzati e cammina. Cammina con la condotta, non con i piedi. Molti infatti hanno un passo regolare, ma con il comportamento procedono male. A volte quegli stessi che vanno avanti bene finiscono per cadere. Troverai senz'altro uomini di vita onesta, ma non Cristiani. Vanno di buon passo e bene, ma la loro sollecitudine non è lungo la via. Quanto più si affrettano, tanto più si sbandano perché si allontanano dalla vera via. Nel caso, invece, che uomini tali giungano alla vera via e senza deviare, questa è allora la sicurezza perché e camminano speditamente e non si smarriscono. Ma se sono sviati, vadano pure avanti bene quanto si vuole, come c'è da compiangere! E' preferibile camminare zoppicando sulla via, ad un incedere energico fuori strada. Queste cose bastino alla Carità vostra. Rivolti al Signore...

LA DISCIPLINA CRISTIANA

 

Nella Chiesa i cristiani vengono istruiti da Cristo stesso a vivere bene.

1. 1. La parola di Dio ci è stata rivolta: è stata pronunciata al fine di esortarci, come dice la Scrittura: Accogliete l'istruzione nella casa dell'istruzione 1. Istruzione viene da istruire, e la casa dell'istruzione è la casa di Cristo. Chiediamoci l'oggetto e il fine di questa istruzione: chi viene istruito e chi impartisce l'istruzione. Si impara a vivere bene, e il fine per cui si impara a vivere bene è di giungere a vivere per sempre. A questo vengono istruiti i cristiani, e Cristo è colui che insegna. Chiariamo con ordine questi punti: in che cosa consista il vivere bene, quale sia il premio di una vita condotta bene; chi siano veramente i cristiani discepoli, chi sia il vero maestro. Noi diremo poche cose, così come il Signore ci farà dono di dirle, e voi abbiate la compiacenza di ascoltare. Premetto che tutti noi siamo nella casa che è scuola di vita cristiana, ma molti non sono disposti a ricevere l'istruzione, e la rifiutano - questo è male - benché appartengano a tale casa. Dovrebbero ricevere qui gli insegnamenti per metterli in pratica anche nelle loro case: ma in queste preferiscono vivere in modo sregolato, e per di più amano portare la stessa sregolatezza anche nella casa dove si insegna la regola di vita. La mia esortazione dunque ad accogliere quello che il Signore vorrà ora suggerirmi di dire, è rivolta a coloro presso i quali non cade invano la parola di Dio e che prestano ascolto con il cuore oltre che con le orecchie. Costoro non sono strada da cui gli uccelli portano via il seme caduto; non sono terreno sassoso in cui il seme non può mettere radice profonda - spunta subito un germoglio che però secca nella calura -; e neppure sono campo coperto di spine - dove il germoglio viene soffocato appena spunta e comincia e crescere -; sono invece terreno buono, pronto a ricevere il seme e a dare frutto abbondante, cento, sessanta o trenta volte in più 2. - Preciso, per coloro che devono ancora imparare, che ho attinto queste immagini dal Vangelo -. Ho elencato chi sono coloro che potranno accogliere quello che il Signore si degna di dire per mezzo di me. Chi semina è il Signore, e io sono appena la cesta in cui il seminatore si degna di mettere i semi da spargere su di voi: non ha valore la cesta, ma grande è il pregio del seme, e grande il potere del seminatore. A questo fate attenzione.

I molti precetti della Legge compendiati nell'unica Parola.

2. 2. Vediamo in che cosa consista quel vivere bene che si impara qui. Nella legge di Dio troviamo molti precetti che definiscono la vita buona, la comandano, la insegnano: sono addirittura innumerevoli, tanto che si stenta a contare le pagine in cui sono contenuti. E poiché molti avrebbero potuto addurre come scuse per la propria inosservanza, o la mancanza di tempo per leggere o la propria incapacità di leggere o di capire bene, Dio non volle che tali scuse valessero nel giorno del giudizio e decise che la sua parola si realizzasse sulla terra in una espressione compendiosa, così come il profeta aveva predetto e noi leggiamo nella Scrittura: Dio darà compimento sulla terra al suo Verbo con pienezza e la farà breve 3. Dio volle esser lui questo Verbo perfetto, breve e chiaro, perché nessuno avesse la possibilità di dire che non aveva tempo di leggere o facoltà di comprendere: le sacre Scritture offrono un grande tesoro di molti mirabili insegnamenti che sono come molte gemme e monili preziosi o grandi vasi di pregiato metallo, ma ci si chiede chi sia in grado di penetrare un tale tesoro traendone profitto e cogliendone tutti i significati. Nel Vangelo il Signore fa questa similitudine: Il regno dei cieli è simile a un tesoro trovato nel campo 4. Ma subito, per timore che qualcuno si ritenga incapace di esplorare tale tesoro, aggiunge di seguito quest'altra similitudine: Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra 5. Si può essere pigri a esplorare un tesoro, non a prendere una sola pietra preziosa che, tenuta sotto la lingua, permette di andare senza timore dove si vuole.

Il precetto di amare Dio e il prossimo. Ogni uomo è prossimo per ogni uomo.

3. 3. Questa è la parola perfetta e compendiosa: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, e: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti 6. Nella scuola dunque di vita cristiana si impara ad amare Dio e ad amare il prossimo: Dio come Dio, il prossimo come te stesso. Non si può trovare qualcuno pari a Dio che possa esserti indicato come misura dell'amore dovuto a Dio. Come regola dell'amore del prossimo ti è invece indicato l'amore di te stesso, che sei riconosciuto di valore pari al tuo prossimo. E per capire come amare il prossimo, sei invitato a fare riferimento a come ti ami, per amare allo stesso modo il tuo prossimo: non puoi sbagliare. Intendo quindi mettere nelle tue mani il prossimo da amare così come ami te stesso, ma mi resta qualche esitazione e desidero chiarire prima bene con te in qual modo devi amare te stesso. Non avertene a male perché, dovendoti affidare il prossimo, non posso farlo alla leggera, in modo sbrigativo. Tu sei una persona, il tuo prossimo è formato da molte persone. Anzitutto non devi intenderlo limitato ai fratelli e alla parentela diretta e indiretta. Ogni uomo è prossimo per ogni altro uomo. Come si riconoscono prossimo padre e figlio, suocero e genero, così l'uomo è prossimo per l'uomo nel senso più stretto. Ma pur limitandoci a riconoscere come prossimo le persone che nascono dallo stesso ceppo, se guardiamo ad Adamo e Eva, ecco che ci ritroviamo tutti fratelli e se siamo fratelli in quanto siamo uomini, a maggior ragione lo siamo in quanto cristiani. In quanto uomini abbiamo tutti Adamo come padre, Eva come madre; in quanto cristiani, abbiamo Dio come unico padre, e come unica madre la Chiesa.

Va chiarito come tu debba amare te stesso.

4. 4. Voi dunque vedete come sia esteso il prossimo di ciascuno: comprende tutte le persone in cui uno si imbatte e tutte quelle alle quali può unirsi. E` dunque cosa da chiarire bene come uno debba amare se stesso, dato che il suo amore deve comprendere un prossimo così esteso. Nessuno dunque se ne abbia a male che io mi soffermi su questo punto: mentre io svolgerò la riflessione, ciascuno esaminerà se stesso. Io parlo proprio perché ciascuno si interroghi e arrivi a una conoscenza chiara di sé, senza nascondersi, e non si butti dietro alle spalle l'immagine di sé, ma fissi bene gli occhi su di essa: mentre io parlerò, ciascuno farà questo esame di sé, senza che io ne sappia nulla. Come dunque ami te stesso? Ti invito a esaminarti mentre qui ora, in questa scuola di vita cristiana, tu mi ascolti e anzi attraverso me ascolti Dio. Alla domanda se ti ami, tu rispondi di si perché - dici - nessuno si odia. E poiché nessuno si odia, tu, amando te stesso, non puoi amare il male. Se infatti amassi il male, ti inviterei ad ascoltare non quello che dico io, ma quello che dice il Salmo: Chi ama l'iniquità odia la propria anima 7. Ma se tu ami l'iniquità, ascolta la verità che senza blandimenti ti dice apertamente che tu ti odi. Hai tanto più odio di te quanto più dichiari di amarti, perché è scritto appunto: Chi ama l'iniquità, odia la propria anima. Mi riferisco all'anima, ma potrei dire lo stesso quanto alla carne, che è la parte di minor valore dell'uomo: chi ama l'iniquità e odia la propria anima, tratta con turpitudine la propria carne. Se poi tu ami l'iniquità e mandi in rovina te stesso, non è possibile che tu pretenda ti sia affidato il prossimo da amare come te stesso, perché come perderesti te stesso con il tuo modo di amarti, così faresti perdere il tuo prossimo amandolo allo stesso modo. Ti proibisco dunque di amare alcuno, perché sia tu solo a perderti. Ti pongo l'alternativa: o correggere il tuo modo di amare o astenerti da ogni rapporto con altri.

Come amare Dio e il prossimo insieme: i due precetti sono un precetto solo.

5. 5. Tu vorrai giustificarti dicendomi che tu ami il tuo prossimo come te stesso. E` vero - io ti rispondo -: tu vuoi amarlo come te stesso per ubriacarti insieme, e lo esorti a godere con te, bevendo quanto potete. Tu attiri a te il tuo prossimo secondo il modo in cui ami te stesso e gli vuoi far fare quello che piace a te. Riveli la bestialità della tua natura piuttosto che la tua umanità, poiché ami quello che amano le bestie. Dio ha fatto le bestie con la testa piegata verso terra perché da terra cerchino di che pascersi; te invece ha fatto poggiare su i due piedi, eretto su da terra, perché vuole che tu tenga alto il tuo volto. E il tuo cuore deve avere lo stesso atteggiamento: non deve stare piegato in giù mentre il volto guarda in alto. Ascolta dunque la verità e mettila in pratica. Sia in alto il tuo cuore : non mentire in questa scuola di vita cristiana. Devi dare una risposta a quello a cui presti ascolto, ma una risposta che sia sincera. Così devi amare te stesso, e amerai il prossimo come te stesso. Infatti tenere in alto il cuore ha lo stesso significato delle parole che ho riferito prima: Ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente 8. Due dunque i precetti; ma basta enunciarne uno, purché venga capito. Infatti la Scrittura - precisamente Paolo - dice: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare, e qualsiasi altro comandamento si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore 9. L'amore è il voler bene. Il testo di Paolo sembra non dica niente del voler bene a Dio, ma afferma che basta voler bene al prossimo per adempiere alla legge. Tutta la sostanza dei comandamenti è ricapitolata in una sola frase e in questa sola ha il suo compimento: Ama il prossimo tuo come te stesso 10. Ecco l'unico comandamento, il quale comprende entrambi i comandamenti su cui sono totalmente fondati Legge e profeti.

6. 5. Vedete come tutto è stato condensato in breve: eppure noi siamo ancora pigri. Di due comandamenti ne è stato fatto uno solo. Dunque ama il prossimo, e questo è sufficiente. Amalo con lo stesso amore che hai per te stesso, non con lo stesso odio. Ma per amare il tuo prossimo come te stesso, importa prima che tu ami veramente te stesso.

Per amare veramente se stesso, l'uomo deve amare Dio.

6. 6. Se chiederai in che modo tu debba amare te stesso, ti sentirai rispondere: Ama il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l'anima 11. Come infatti l'uomo non poté crearsi da sé, così non è in grado di darsi da sé la felicità. Da altri, non da sé è stato fatto; da altri, non da sé gli verrà la felicità. L'uomo stesso, facendo esperienza dell'errore, vede di non poter farsi felice da sé e volge l'amore a qualcos'altro da cui attingere felicità. Ama quello che crede possa farlo felice. Per questo fa oggetto del suo amore il denaro, l'oro, l'argento, i beni, il che viene tutto riassunto nel vocabolo pecunia il cui significato, in latino, comprende sia il denaro sia tutto quello che gli uomini possiedono sulla terra, tutto quello di cui sono padroni: servo, vaso, campo, bestiame, tutto è pecunia. E questo si spiega con l'etimologia del vocabolo da pecus che significa bestiame, poiché la ricchezza degli antichi consisteva nel bestiame, e anche dei Patriarchi leggiamo che erano ricchi pastori. Tu dunque, uomo, ami il denaro: credi il denaro possa farti felice, e lo ami fortemente. Ma se ti proponi di amare il prossimo come te stesso, devi dividere con lui i beni che hai. Mentre cercavamo di chiarire che cosa significhi amare il prossimo, tu già hai potuto conoscere te stesso, ti sei visto nel profondo, ti sei vagliato. Non sei disposto a dividere il tuoi beni con il prossimo. La risposta viene dall'avidità che hai in te abbondante. Essa risponde che dividendo i beni con l'altro, sia io che l'altro possediamo meno: diminuirebbero le ricchezze che amo, che non sarebbero più possesso intero né mio né dell'altro. Invece, amando l'altro come me stesso in quanto mio prossimo, io vorrei che la ricchezza di lui uguagli la mia senza che la mia diminuisca.

Cristo si è fatto povero perché tu avessi un povero a cui dare e un compagno di cammino.

7. 7. Mi auguro davvero che tu non subisca perdite e che si verifichi questo che tu dici o speri. Temo che tu provi invidia; non penso infatti che possa essere condivisa con altri una felicità alla quale provoca tormento la felicità altrui. Ti chiedo se non è vero che, quando il tuo vicino comincia ad arricchirsi, a innalzarsi socialmente, avvicinandosi a te, tu non temi che ti raggiunga e ti superi. Eppure tu dici di amare il tuo prossimo come te stesso. Ma io non intendo parlare delle persone invidiose. Dio tenga lontano la peste dell'invidia dall'animo di tutti, e tanto più dei cristiani: è un vizio diabolico di cui solo il diavolo è reo, reo senza possibilità di espiazione. Quando infatti il diavolo fu condannato, non fu accusato di adulterio o furto o rapina ma di invidia, perché, caduto lui in peccato, provò invidia per l'uomo che era ancor saldo nella sua integrità. L'invidia è dunque vizio diabolico, che è però generato dalla superbia: questa è detta madre dell'invidia. E poiché è la superbia a far nascere gli invidiosi, bisogna spegnere la superbia che ne è la madre, per non essere presi dall'invidia che ne è la figlia. Per questo Cristo ha insegnato l'umiltà. Io dunque non mi rivolgo alle persone invidiose, ma a coloro che amano il bene del loro prossimo desiderando che goda di beni pari ai propri: ma mentre desiderano che siano saziati i loro bisogni, non sono tuttavia disposti ad aiutarli con parte di quanto possiedono. Io chiedo a te che sei cristiano, se credi di poterti vantare di un tale atteggiamento, e dico che è ben migliore di te quel mendicante che [al tuo passare] ti augura che s'accresca la tua fortuna, mentre lui non possiede niente. Tu gli ricambi volentieri l'augurio di bene, ma non gli dai nulla. Io ti esorto a dargli qualcosa come ricompensa per l'augurio che ti fa. Che un povero ti auguri bene, ti dovrebbe liberare dal timore. Ti faccio anche considerare che frequenti la scuola di vita cristiana. E aggiungo quello che già ti ho insegnato: è Cristo quel povero che ti fa l'augurio di bene. Chiede a te lui che prima ha dato a te: ne dovresti arrossire. Lui ricco ha voluto farsi povero perché tu avessi il povero a cui dare. Da' qualcosa a chi è tuo fratello, tuo prossimo, tuo compagno. Tu sei ricco, lui è povero. Questa vita è per entrambi la via su cui siete in cammino insieme.

Non restare impedito dalle ricchezze che porti, ma solleva l'indigenza di Cristo.

8. 8. Ma forse tu dici che nel cammino che fate insieme, davvero tu sei ricco, lui povero. Bisogna però capire che cosa significa questo. Dire che tu sei ricco e lui povero significa solo che, compiendo lo stesso cammino, tu hai un peso da portare, lui procede invece leggero. Quando tu dici: io ricco e lui povero, ricordi il fardello di cui sei carico, vanti il peso che porti. Per di più - e questo è cosa grave - hai legato a te il tuo fardello in modo tale che non puoi neppure porgere la mano. Impedito come sei dal peso e dai lacci, di che cosa ti vai vantando? Sciogli dunque i lacci, alleggerisci il tuo fardello: dando qualcosa a chi ti è compagno di cammino, tu aiuti lui e alleggerisci te. Con il tuo menar vanto del tuo fardello di ricchezze, lasci che Cristo continui a chiedere senza ricevere nulla; e offendi anche il nome stesso di pietà con parole crudeli, quando ti chiedi che cosa lasciare ai tuoi figli. - Io gli pongo davanti il Cristo, e lui mi contrappone i suoi figli. - E` forse vera giustizia che un tuo figlio abbia mezzi così abbondanti da potersi dare ai piaceri, e il tuo Signore resti invece nel bisogno? Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Hai letto questa frase? e l'hai capita bene? Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me 12. Ti chiedo se non hai letto questa frase e non hai avuto timore. Mentre tu fai il conto dei tuoi figli, c'è qualcuno che è nel bisogno. Non ti dico di non fare il conto dei tuoi figli, ma ad essi aggiungine uno, il tuo Signore. Se hai un solo figlio, lui sarà il secondo; se ne hai due, sarà il terzo; se tre, il quarto. Ma tu rifiuti questo. Il tuo modo di amare il prossimo è di unirlo a te nella tua perdizione.

Non lasciarti persuadere a cercare il piacere e a fondarti sulle ricchezze.

8. 9. E` addirittura inutile che ti chieda se ami il tuo prossimo. La risposta che tu, come uomo avido di beni, vai sussurrando a tutti, figlio o fratello o padre, è che quello che più importa, finché siamo in questa vita, è di avere abbondanza di beni. Abbiamo valore per quello che possediamo 13. Fa' mutar la luna e fa' fortuna. Ma codesta risposta che vai sussurrando al tuo prossimo, non l'hai appresa né mai udita nella scuola di vita cristiana.

9. 9. Non voglio assolutamente che tu ami il tuo prossimo in questo modo e, se potessi, ti terrei addirittura separato da tutti, perché: Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi 14. Ma non è possibile tenerti lontano da tutti per impedirti di diffondere questi cattivi principi, che tu non solo non vuoi disimparare, ma che pretendi anche d'insegnare ad altri. Non potendo dunque far sì che gli altri non ti ascoltino, mi rivolgo a quelli da cui ti vuoi far ascoltare per far breccia con le tue parole e arrivare al loro cuore attraverso le orecchie. Mi rivolgo dunque a te che in questa scuola di vita ascolti la parola sana: Chiudi le tue orecchie con siepe spinosa 15Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi: Chiudi le tue orecchie con siepe spinosa. Ti dico di chiuderle con spine perché, se uno osasse importunamente entrare in esse, sarebbe respinto e anche punito. Respingilo dicendogli che, come cristiani entrambi, non questo avete appreso nella scuola di vita cristiana alla quale si accede gratuitamente e dove si viene istruiti da quel maestro che ha la cattedra in cielo. Digli di non accostarsi a te, di non parlarti. Così è scritto: Poni una siepe di spine alle tue orecchie.

Le ricchezze non si possono vedere né mostrare senza la luce.

9. 10. Ora mi rivolgo a costui che è avaro e ama il denaro. Se desideri - gli dico - essere felice, ama il tuo Dio. Il denaro non ti fa felice: tu gli rendi molto onore, ma il denaro non ti ricambia con la felicità. Amando molto il denaro, non esiti - lo vedo - a spingerti là dove questa passione ti sollecita: io invece ti esorto, nella tua pigrizia, a spingerti là dove ti sollecita la carità. Se ti fermi a guardare, ti accorgi subito quale distanza separi il tuo denaro dal tuo Dio. Già lo stesso sole che vediamo brillare qui, è più bello del tuo denaro: eppure il sole non è il tuo Dio, e più bello della luce è colui che l'ha creata. Certo non pretenderai di paragonare alla luce il tuo denaro: senza la luce non lo puoi neanche vedere, e quando il sole è tramontato, non sei neanche in grado di mostrarmi le tue ricchezze. E` vero che esse brillano, è vero che tu sei ricco, ma, se di notte la lucerna si spegne, tu non puoi né vedere né mostrare le tue ricchezze: dove sono tutti i tuoi beni?

10. 10. Tuttavia i nostri occhi non sanno scorgere la paurosa estensione dell'avidità di cui sono colmi gli animi. Constatiamo che sono avare anche persone cieche, e non si capisce per quale ragione, dal momento che non vedendo si può dire che non possiedono neppure quello che hanno: e tuttavia anche il cieco è avaro. Lo è proprio perché crede di possedere: questa fede lo rende ricco, ricco perché crede di esserlo, non perché lo veda. Meglio certo sarebbe che volgesse la sua fede verso Dio. Tu non vedi quello che possiedi, e io ti annuncio Dio che non vedi. Ma se non lo vedi ancora, amalo, e lo vedrai. Tu - o davvero cieco - ami il denaro che non vedrai mai: lo possiedi senza vederlo e senza vederlo morirai, abbandonando qui quello che possiedi. Ma anche in vita, poiché non vedevi quello che avevi, di fatto non lo possedevi.

Amore del denaro e amore della sapienza. Non basta battersi il petto.

10. 11. Quanto a Dio, la stessa Sapienza nella Scrittura ti dice di amarlo come il denaro 16 può sembrare cosa indegna e offensiva un accostamento fra denaro e Sapienza: ma l'accostamento è fatto tra due amori. Io vedo che voi avete tanto amore per il denaro da esserne spinti a intraprendere fatiche, sopportare digiuni, attraversare mari, affidarvi ai venti e ai flutti. Intendo quindi farvi mutare l'oggetto del vostro amore, non farvi accrescere l'amore che volgete ad esso. Dio vi chiede di amarlo nella stessa misura, non di più: rivolgendosi ai cattivi cristiani che sono avari, chiede loro di amarlo tanto quanto amano il denaro. Non pretende un amore maggiore, anche se Dio vale incomparabilmente più del denaro. Da parte nostra copriamoci almeno di rossore, battiamoci il petto, confessiamoci peccatori, non però stendendovi sopra un pavimento [per proseguire nei nostri peccati]. Chi si batte il petto senza correggersi, si indurisce nei suoi peccati senza cancellarli: noi dobbiamo batterci il petto e impegnarci a correggerci, perché non debba poi punirci lui, il nostro maestro. Abbiamo così detto che cosa impariamo qui da lui; chiediamoci ora perché impariamo.

Tutti ambiscono istruirsi per fini terreni. Temono la morte ma non si preparano.

11. 12. Ti chiedo perché da fanciullo andasti a scuola. In essa subisti bastonature; ti avevano accompagnato i genitori e tu tentasti di fuggire, ma, cercato e ritrovato, vi fosti trascinato di nuovo a forza e, ricondotto là, ti buttasti a terra. Tutte queste pene sopportasti nella tua fanciullezza per apprendere a leggere. Saper leggere era infatti il mezzo per poter acquistare ricchezze e onori e raggiungere le più alte dignità sociali. Vedi che, per un bene perituro, tu che pure sei perituro, hai imparato una cosa peritura, con tanta fatica e fra tante pene; chi ti conduceva a penare tanto, ti amava, anzi proprio amandoti ti conduceva a soffrire e, con il suo amore, ti faceva subire le bastonature. E questo solo al fine che imparassi a leggere. Saper leggere è un bene. A questo punto - lo intuisco - tu mi vorresti chiedere perché non insegniamo noi vescovi a leggere, facendo apprendere le sacre Scritture nello stesso tempo che si insegna a scrivere. Si, si potrebbe fare così, ma non era questo il fine con cui ci mandavano a scuola i nostri genitori. Essi non ci esortavano e imparare a leggere perché potessimo accedere ai codici della parola di Dio: neppure i genitori cristiani dicono questo ai loro figli. Essi volevano che diventassimo uomini, non nel senso che fossimo prima animali, non uomini, ma nel senso che ci volevano uomini importanti. Il criterio è quello del proverbio: Quanto possiedi tanto vali 17. Si vuole possedere quanto possiedono gli altri, o piuttosto quanto pochi altri, o anche più degli altri, più dei pochi, al fine di godere prestigio e avere una buona posizione. Ma ci chiediamo dove finirà tutto questo quando verrà la morte. Guardiamo al modo come la paura della morte ci colpisce, ci interpella. Solo il nominare la morte fa spavento a tutti. Anche voi ora avete manifestato la vostra paura: me ne sono accorto, ho proprio udito da voi un gemito. Avete paura della morte. Mi chiedo perché non state in guardia, se avete paura. Voi temete la morte che non v'è ragione di temere. Essa verrà: questo è un fatto. Deve venire sia che la temiamo sia che non la temiamo. Verrà, presto o tardi. E non possiamo ottenere che non venga perché la temiamo.

La buona morte e la cattiva morte. Bisogna vivere bene per morire bene.

12. 13. Devi temere piuttosto qualcos'altro, qualcosa che la tua volontà può impedire che avvenga. Mi riferisco al peccare. Devi temere di peccare, perché, se ne provassi piacere, precipiteresti in un'altra morte che invece puoi evitare non amando il peccato. Ora, vivendo nella perversione del peccato, tu hai più cara la morte che la vita. Forse ti sembra impossibile che esista un uomo che ami la morte più della vita, ma ti dimostro che questo è vero per te. Tu hai cara la tua veste, e la vuoi buona, hai cara la tua villa, e la vuoi buona, ami il figlio, ami l'amico, e li vuoi buoni, e vuoi buona la casa che hai cara. E vuoi buona anche la morte, e lo domandi ogni giorno: dato che la morte deve venire, - tu dici - Dio me la mandi buona e tenga lontano da me la mala morte. Proprio in questo dimostri di amare la morte più della vita: ti fa paura il morire malamente, non il vivere malamente. Ti sollecito dunque: correggi la tua trista vita e temi una trista morte. Ma non devi neppure aver paura, perché non può morire male chi ha vissuto bene. Oso addirittura dire: Ho creduto, per questo ho parlato 18, e confermo che non può morire male chi è vissuto bene. Tu dirai fra te stesso che molti uomini giusti perirono per naufragio. Eppure non può morire male chi è vissuto bene. Ma - tu dici - non perirono molti giusti sotto la spada del nemico? Eppure non può morire male chi è vissuto bene. Molti giusti non furono uccisi dai briganti? molti non furono dilaniati dalle fiere? Eppure non può morire male chi è vissuto bene. Tutto questo non smentisce la mia affermazione perché finire naufraghi, perire di spada, essere dilaniati dalle fiere non possono essere ritenuti una brutta morte se le subirono i martiri dei quali festeggiamo il giorno natalizio. Essi subirono ogni genere di morte. Eppure noi li celebriamo come beati, se siamo cristiani e se ricordiamo di essere nella scuola di vita cristiana, sia quando ci troviamo qui e ascoltiamo, sia quando ce ne andiamo e non dimentichiamo quello che abbiamo ascoltato qui. Se guardiamo alle morti dei martiri con occhi di carne, diciamo che sono finiti male; se le guardiamo con gli occhi della fede, diciamo: Preziosa agli occhi del Signore la morte dei suoi santi 19. Qualunque sia la causa del tuo spavento della morte, sparirebbe del tutto lo spavento, se tu imitassi costoro. Se farai in modo di condurre una vita buona, qualunque situazione ti condurrà a uscire da questo corpo, ne uscirai per il riposo, per la beatitudine, la quale è libera da ogni timore e non ha mai fine. E` apparentemente una buona morte quella del ricco che avviene tra porpora e bisso, ma è davvero una brutta morte che lo conduce a patire la sete, a bramare una goccia d'acqua tra i tormenti. E` in certo modo brutta la morte del povero che finisce disteso sulla soglia della casa del ricco, leccato dai cani, morendo di fame e di sete nella brama delle briciole della ricca mensa: una morte brutta, da tener lontana. Ma poiché sei cristiano, guarda con l'occhio della fede al finale: Un giorno quel povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo 20. Nessun vantaggio diede il sepolcro marmoreo al ricco che finì a patir la sete nell'inferno, mentre nessun danno le vesti imbevute del marciume delle sue piaghe arrecarono al povero, che finì nel riposo entro il seno di Abramo. Da lontano il ricco vide nel suo riposo colui che egli aveva disprezzato nella sua miseria. Ora scegliti quale morte desiderare, e dimmi chi è morto bene, chi è morto male. Credo sia da preferire la morte del povero a quella del ricco, a meno che tu desideri essere sepolto con gli aromi e patire la sete negli inferi. Tu mi rispondi che ti auguri di starne lontano. Chiara credo dunque sia ormai la tua scelta. Imparerai dunque a morire bene, quando avrai imparato a vivere bene. Ricompensa di una vita buona è la vita eterna.

I cristiani imparino a staccarsi dal mondo e a crescere in Dio.

13. 14. Questi insegnamenti sono destinati ai cristiani. Se uno ascolta, ma non vuole imparare, questo non riguarda il seminatore della parola. Sassi o spine non impediscono alla sua mano di seminare: egli getta il seme che ha da spargere. Se avesse timore di spargere il seme sul terreno cattivo, non potrebbe raggiungere neanche il terreno buono. Noi gettiamo semi spargendoli con la nostra parola. C'è chi ci disprezza, chi ci critica, chi ci deride; ma se ci spaventassimo di costoro, smetteremmo di seminare, e al raccolto ci resterebbe di patire la fame. Consideriamo dunque il seme che cade su terra buona. Io so bene che se uno ascolta, e ascolta bene, in qualcosa muore, in qualcosa cresce: muore al peccato e cresce nella verità, si distacca dal mondo e cresce in Dio.

Qui è maestro il Cristo, che ha la sua cattedra in cielo.

14. 15. Per comprendere questo, consideriamo chi è il maestro che insegna qui. Non è un uomo qualsiasi, è l'Apostolo. Ascoltiamo la voce dell'Apostolo, ma non è lui che insegna. Lo dichiara lui: Volete una prova che Cristo insegna in me? 21. E` dunque Cristo che insegna, lui che, come ho detto, ha la cattedra in cielo. La sua scuola è qui sulla terra, è formata dal suo corpo: il capo insegna alle membra, la lingua parla a chi forma i piedi. Cristo insegna, prestiamogli ascolto, temiamolo, mettiamo in opera quello che dice. Non devi disprezzare Cristo in persona: per te egli è nato nella carne, avvolto in veste mortale, per te ebbe fame e sete, e sedette stanco al pozzo, e si addormentò nella barca per la fatica; per te ascoltò ingiurie che non meritava, e sopportò gli sputi che gli gettarono in faccia, e ricevette schiaffi: per te fu appeso alla croce, per te spirò, per te fu messo nel sepolcro. Come potresti non tener conto di tutte queste prove che il Cristo ti ha dato? E se vuoi sapere chi egli è, medita la frase del Vangelo che hai già ascoltato: Io e il Padre siamo una cosa sola 22.

Preghiera finale.

14. 16. Rivolgendoci ora al Signore, supplichiamolo per noi e per tutto il suo popolo qui presente con noi nella sua casa: si degni di custodirlo e di proteggerlo per Gesù Cristo suo Figlio e nostro Signore che con lui vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.




[Modificato da Caterina63 15/02/2017 09:24]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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