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Il Corano stesso smentische che Cristiani e Musulmani hanno lo stesso Dio

Ultimo Aggiornamento: 19/12/2017 12:15
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10/09/2015 10:01
 
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  5.4 L’incitamento alla “guerra santa”.

Ecco i famosi passi in proposito della sura 9 o del pentimento, medinense, a conclusione dei quali Allah incita alla “guerra santa” come dovere di tutti i mussulmani, da espletarsi in modo diretto o indiretto:
“ 28. O voi che credete, in verità, i politeisti sono una lordura; non si accostino quindi al sacro tempio, dopo questa loro annata [di carestia]; se temete l’indigenza Dio, se vorrà, vi arricchirà della sua grazia, poiché Dio è sapiente e saggio.
29. Combattete contro quelli che non credono in Dio, né nel giorno estremo [nel Giudizio], e non considerano proibito quel che proibisce Dio e il suo apostolo, e che non professano la religione della verità, ossia coloro ai quali è stato dato il Libro [ebrei e cristiani], finché non paghino la gizya [il tributo, diventando dhimmi o “protetti”] alla mano con umiliazione.
30. I giudei dicono: ‘Uzair [Esdra] è figlio di Dio’, e i cristiani dicono: ‘il Messia è figlio di Dio’; questo è ciò che essi dicono colle loro bocche, imitando i detti di coloro che prima di loro, non credettero; Dio li combatta, quanto vanno errati!
31. Essi hanno preso i loro dottori, loro monaci e il Messia, figlio di Maria, per loro signori, all’infuori di Dio, mentre non era stato ordinato loro se non di adorare un solo dio, oltre il quale non vi è altro dio; gloria a lui! egli è ben superiore a ciò che gli associano.
32. Essi vogliono estinguere la luce di Dio colle loro bocche, ma Dio non vuole se non rendere perfetta la sua luce, ancorché ciò dispiaccia ai miscredenti.
33. È lui che ha mandato il suo apostolo [Maometto] colla direzione e la religione della verità, per farla trionfare su ogni altra religione, anche dovesse ciò dispiacere ai politeisti.
34. O voi che credete, molti dottori e monaci consumano i beni altrui in cose vane e allontanano altri dalla via di Dio; quanto a coloro che tesoreggiano oro e argento e non lo spendono per la causa di Dio, annuncia ad essi un castigo doloroso.
35. Per il giorno, in cui quei loro tesori verranno arroventati nel fuoco della gehenna e verrà, con essi, impresso un marchio sulle loro fronti, sui loro fianchi e sui loro dorsi, e verrà detto loro: ‘ecco ciò che avete tesoreggiato per voi, guardate ciò che avete tesoreggiato!’”
[…]
38. O voi che credete, che avete dunque che, allorquando vi fu detto: ‘uscite in campo, nella via di Dio!’, vi teneste pesantemente alla terra? Avete preferito la vita di questo mondo a quella futura; ma l’usufrutto della vita terrena non è se non una piccola cosa rispetto alla vita futura.
39. Se non uscirete in campo, Dio vi punirà con un castigo doloroso e vi sostituirà con un altro popolo; né voi potrete nuocergli minimamente, poiché Dio è onnipotente
[…]
41. Uscite in campo, armati leggermente e pesantemente, e combattete, colle vostre sostanze e conle vostre persone, nella via di Dio; ciò è meglio per voi, se lo sapeste!”
Molti versetti, nei 130 di questa lunga sura, sono dedicati ad incitare i riottosi (ce n’erano alquanti, sopra tutto fra i beduini), poco inclini a partecipare alle spedizioni del Profeta. Allora esse vengono giustificate, con le opportune “rivelazioni”, come “scendere in campo o sforzo sulla via di Dio” e corredate dell’articolata minaccia delle pene infernali per chi si fosse sottratto.

Il linguaggio è quello tipico del Corano: cupo, tutto ordini, incitamenti, invettive e maledizioni, raramente attenuato da qualche immagine poetica, da esaltazioni e lodi di Allah e delle sue opere (la creazione) che però (cosa singolare) provengono sempre da Allah; linguaggio su cui incombe tremendo quasi in ogni sura il Giorno del Giudizio; in cui balena il sinistro clangore delle armi impugnate per uccidere gli infedeli o per mutilarli (“il Paradiso è all’ombra delle spade”, recita il celebre detto di Maometto); esaltante gli ultraterreni “castighi dolorosi” che la voce notturna preannuncia senza posa, indulgendo anche nelle loro descrizioni, quasi compiaciute[32]. Nelle sure che incitano alla guerra santa minacciando castighi ai recalcitranti e anche in quelle che promettono il paradiso a chi muore combattendo “sulla via di Dio” (per esempio, 47, 5-9), si sente sempre fiammeggiare l’avversione spinta sino all ’o d i o implacabile per chi non fa parte della “comunità dei credenti”: il non-mussulmano è come tale un nemico che deve esser umiliato e sottomesso o annientato fisicamente.
 
Qui la guerra santa (jihād) viene chiaramente posta come un obbligo collettivo di tutti i mussulmani. Questa parola, precisa Bausani, “significa letteralmente “sforzarsi” e si aggiunge, in genere, fī sabīlī ‘llāh, “sulla via di Dio” [come risulta dai testi sopra citati]. È un fatto che nel Corano le prescrizioni sul jihad mostrano una evoluzione cronologica da un’ampia tolleranza non violenta (50, 45; 109, 1-6) a una guerra puramente difensiva (22, 39-40), fino a prescrizioni molto più generali quali Cor. 9, 29”[33].

Le “prescrizioni” definite pudicamente “molto più generali” da Bausani (1921-1988), grande erudito, seguace della religione Bahai, un sincretismo nato in Persia nel XIX secolo, professante un monoteismo senza rivelazione che accetta la concezione maomettana del profetismo (un profeta per ogni nazione, per predicare un Dio unico) e mira (con mezzi pacifici) all’unità del genere umano, sono in realtà quelle feroci e violente da me appena richiamate.

L’evoluzione nel modo di concepire la violenza da parte di Maometto, da un iniziale atteggiamento di tolleranza dell’esistenza delle altre religioni alla giustificazione del suo uso difensivo ed infine offensivo estremamente aggressivo, si spiegano, secondo gli studiosi occidentali, con l’evoluzione della sua personale concezione di profeta nazionale arabo, che, da semplice riformatore delle credenze e dei costumi della sua città natale, si era voluto trasformare in una sorta di messia arabo dominatore e conquistatore, giustificandosi, sul piano “teologico”, proprio con la sua personale reinterpretazione della figura dell’Abramo biblico.

5.5 L’islamismo “religione di Abramo”, nemica giurata della nostra.

Il Corano mette dunque Abramo in opposizione all’Antico e al Nuovo Testamento, affermando che non era “né giudeo né cristiano” e lo congiunge direttamente al Corano, il quale, contro i due Testamenti, testimonierebbe il vero monoteismo abramico, sì da permettere all’islam di autodefinirsi “religione di Abramo” (millat Ibrahim)!
Come si fa allora a dire, oggi, che Abramo costituisce il modello della nostra fede come per i mussulmani, quando proprio i mussulmani negano nel modo più reciso che il monoteismo di Abramo sia a fondamento di quello ebraico e cristiano, e quindi della nostra fede? Come si fa a dirlo, per voler “dialogare” con i mussulmani, quando proprio i mussulmani lo negano? Non manca il fondamento stesso del dialogo? Ma perché l’Abramo del Corano è presentato in questo modo, ovviamente non corrispondente all’Abramostorico, che è quello della Bibbia?
Perché la missione che Maometto si era attribuito (in modo evidente nella seconda fase della sua “predicazione”, quella medinense), consisteva, come si è detto, proprio nella restaurazione di un supposto puro monoteismo mussulmano attribuito ad Abramo, missione nazionale di un profeta arabo in lingua araba, che diventava in questo modouniversale. La “rivelazione coranica”, così intesa, si poneva, infatti, come l’ultima, restauratrice e definitiva: essa abrogava tutte quelle precedenti, peraltro “falsificate”, e doveva esser accettata da tutta l’umanità, con le buone o le cattive.

L’interpretazione coranica della figura di Abramo costituisce un punto chiave dell’intero islamismo e permette di capire il rapporto di supremazia assoluta che esso ha preteso instaurare con le altre religioni rivelate. E poiché proprio sul monoteismo di Abramo si sono costruite da parte cattolica le idee sbagliate del “dialogo” con islam ed ebraismo, credo sia opportuno approfondire adeguatamente il punto, vale a dire illustrare in dettaglio la genesi dell’islamismo in modo da riuscire a comprendere come e perché Maometto sia arrivato a vedere proprio in Abramo il fondamento della sua “rivelazione”, antigiudaica e anticristiana, nella seconda e definitiva fase della sua “predicazione” o meglio della “missione” autoattribuitasi di “profeta” fondatore di uno Stato teocratico, inizialmente arabo.
 
In questa ricostruzione seguirò in particolare la sinossi della vita di Maometto elaborata in un testo rimasto inedito del già citato Carlo Alfonso Nallino (1872-1938), forse il più grande dei nostri arabisti ed islamologi, testo a mio avviso esemplare per chiarezza, lucidità, ampiezza di sintesi[34].

Senza conoscere la genesi dell’islamismo, è impossibile comprendere il vero spirito di quella religione e il significato messianico conquistatore che essa si attribuisce, in quanto unica vera erede del “monoteismo puro” di Abramo. Nallino si ispira espressamente all’interpretazione dell’olandese Hurgronje che nel 1880 scrisse in olandese un saggio fondamentale sul pellegrinaggio alla Mecca, nel quale modificò sensibilmente l’interpretazione dominante, opera peraltro di valentissimi studiosi, secondo la quale la svolta maomettana di Medina (il richiamarsi ad Abramo) fu dovuta sopra tutto al desiderio di raggiungere un compromesso con le influenti comunità ebraiche della città.
Al contrario, Hurgronje dimostrò, scavando nelle sure medinesi e approfondendo il significato del pellegrinaggio alla Kaaba, che a Medina il Profeta, ora capo politico e militare, rielaborò quanto da lui proprio lì appreso su Abramo dagli ebrei locali, in modo da fare dell’islam l’unica e vera “religione di Abramo”, il monoteismo puro e assoluto, antagonista radicale degli altri due, ebraico e cristiano, che si poneva addirittura come rivelazione finale per tutta l’umanità. Nallino approfondisce sensibilmente la tesi dello studioso olandese grazie alle sue vastissime conoscenze in materia e alla sua raffinata sensibilità di interprete, capace, tra l’altro, di cogliere in modo impareggiabile il nesso tra diritto e religione, il cui fondamento è costituito sempre da ciò che ha fatto o ha detto Maometto[35].

Paolo Pasqualucci
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1. Per l’appunto in b., mi riferisco alla scoperta del frammento di Mc 6, 52-53 (7Q5) nelle Grotte di Qumran, non lontano da Gerusalemme, tra le pergamene e i papiri (quasi tutti in ebraico) ivi nascosti nel 68 AD dalla comunità ebraica (non cristiana) degli Esseni, in fuga di fronte ai Romani, che si stavano dispiegando per assediare Gerusalemme. Si tratta ovviamente di una copia, il che presuppone un’anteriorità di parecchi anni da parte dell’originale. Vedi: C. P. Thiede, Il più antico manoscritto dei Vangeli? Il frammento di Marco di Qumran e gli inizi della tradizione scritta del Nuovo Testamento, Rome, Biblical Institute Press, 1987, tr. it. dal tedesco di C. Carniti, pp. 62.
2. Mi riferisco alle fonti indicate in proposito sul blog “Chiesa e Postconcilio”, curato da Maria Guarini, durante un’ampia discussione sul tema: “Alcune idee per guardare oltre la crisi”, 23 luglio 2015. La tesi riportata è del teologo laico Vito Mancuso, secondo il quale il culto cattolico della Madonna sarebbe una “magnifica trovata d’immagine”.
3. Dichiarazione “Nostra Aetate” sulle relazione della Chiesa con le religioni non-cristiane, del 28 ottobre 1965, in I Documenti del Concilio Vaticano II. Costituzioni-Decreti-Dichiarazioni, Edizioni Paoline, 1980, pp. 573-578; p. 575. Per Lumen Gentium 16, op. cit., p. 80.
4. “Nostra Aetate”, cit., 3.2., ivi. Da notare che le feroci e sanguinosissime, plurisecolari guerre che abbiamo dovuto sostenere prima contro gli arabi e poi contro i turchi, per respingere i loro ripetuti assalti, vengono svilite a semplici “dissensi e inimicizie”.
5. Cardinal Bea, Le chemin de l’unité, Desclée, 1967, pp. 271-272.
6. Si veda l’ultimo capitolo del libro: L’oecuménisme et l’édification de l’unité de la famille humaine, op. cit., pp. 304-316. A p. 310 auspica “l’édification d’une humanité unie dans la liberté”, non l’edificazione di un’ umanità “unita in Cristo”. Per “libertà” intende, poco sopra, la reciproca “libertà religiosa”, naturalmente come intesa dal Concilio, che arieggia (osservo) l’astratto ideale laico-massonico della “tolleranza” fra tutte le religioni.
7. Tra gli ultimi episodi, la blasfema “danza cerimoniale” tenutasi nella Cattedrale di S. Lorenzo a Perugia, il 2 agosto 2015 (vedi: “Chiesa e Postconcilio” dell’8 agosto 2015).
8. Giovanni Paolo II parlò in francese. La frase riportata in italiano è traduzione letterale del testo originale. Vedi: AAS 78 (1985) pp. 95-105; p. 96. Sono pagine che si leggono con autentico dolore, come, del resto, tutta la “pastorale” ecumenica della Gerarchia attuale. A conclusione del suo discorso in Marocco, il Papa invocò Dio in rima, arrivando addirittura ad esclamare: “O Dieu, Tu es l’Unique. A Toi va notre adoration...” (op. cit., p. 104), invocandolo cioè in una maniera sostanzialmente identica a quella (notoriamente antitrinitaria) dei mussulmani. Giovanni Paolo II si recò anche a pregare nel 2001 nella Grande Moschea di Damasco, nella quale si troverebbe la tomba di san Giovanni Battista, preesistente (secondo la tradizione) in una chiesa cattolica ivi distrutta dal Califfo Al-Walid per costruire la moschea. Nella sua visita in Germania nel 1980 Woityla disse ai maomettani in Magonza: “Vivete secondo la vostra fede anche all’estero!”. Nella sua visita in Giordania, nel 2001, gridò alla folla: “Che S. Giovanni Battista protegga l’Islam!”. Il Battista (Yahyá) è onorato nel Corano, ma sempre nell’ambito della “cristologia” aprocrifa e corrotta di Maometto. (Sulle “aperture” di Woytila, vedi le critiche di: Heinz-Lothar Barth, Katholische Kirche und Islam, in ID., “Die Liebe Christi drängt uns”, Kirchliche Umschau ed., Ruppichteroth, 2005, 2a ed. rived. e corretta, pp. 262-269. Si tratta di una raccolta di articoli e brevi saggi “sulla crisi della Chiesa e sul suo superamento”).
9. Vedi la voce Abramo in Dizionario biblico, diretto da mons. Francesco Spadafora, Studium, Roma, 1963, 3a ed. rived. e ampliata.
10. Il Corano, nuova versione letterale italiana, con prefaz. e note critico-illustrative di Luigi Bonelli, 3a ediz. rived. aggiuntovi indice analitico, 1929, rist. anast. Hoepli, 1983. Nei versetti citati le parole in corsivo sono del traduttore. La migliore versione è oggi considerata quella del grande Bausani, dominatore di trenta lingue, fornita anche di un ricco e assai erudito apparato di note: Il Corano, introduzione, traduz. e commento di Alessandro Bausani, Sansoni, Firenze, 1978 (1a ediz., 1955). L’ho ovviamente tenuta presente anche se, a mio avviso, quella del Bonelli si fa preferire per la sua letteralità. Ho consultato anche: Il Corano, a cura di Martino Mario Moreno, UTET, Torino, 1967, fornita di una breve Introduzione e di utili note. Scrivo mussulmano con due esse, in modo aderente alla pronuncia effettiva in italiano. Nella translitterazione delle parole arabe ho seguito in prevalenza la versione approssimativa corrente negli organi d’informazione (p.e.: sura invece disûrah, termine che indica ogni sezione o capitoletto dei 114 del Corano).
11. Carlo Alfonso Nallino, voce Corano, in Nuovo Digesto Italiano, IV, 1938, pp. 242-244, ora in: ID., Raccolta di scritti editi e inediti, vol. II: L’Islām. Dogmatica-Sufismo-Confraternite, Istituto per l’Oriente, 1940, pp. 75-81; p. 75.
12. Op. cit., ivi. Ricordo che in arabo al è l’articolo ilahl significa gente, popolo, kitāb vuol direlibro. L’espressione nel testo suona letteralmente: “la gente il-libro” o “la gente la-scrittura”. Il P. Moussali (vedi infra) ha comunque fatto rilevare con forza quanto sia scorretta l’attribuzione a noi cristiani l’etichetta di “popolo del libro”, del testo scritto: noi adoriamo il Cristo, siamo “il popolo di Cristo” non del Nuovo Testamento, cioè di un testo scritto, da intendersi alla maniera dei maomettani. Lo adoriamo mediante la Tradizione e la Scrittura mantenute dall’insegnamento costante della Chiesa cattolica, tramite la mediazione degli Apostoli prima, della Chiesa poi, “mediazione” sconosciuta ai mussulmani, che non hanno clero e sacramenti, né un’autorità religiosa centrale, ma solo dottori della loro legge (esegeti, commentatori) e capi spirituali.
13. Op. cit., pp. 75-76. Nallino ricorda che per sètte eterodosse come quella degli sciiti il Corano è invece creato (ivi, p. 76). Per le sètte mussulmane sempre valido, per un inquadramento generale, mi sembra il cap. VII: Le sètte dell’Isl­àm nell’opera del P. Henri Lammens, L’Islàm. Credenze e istituzioni, 1926, tr. it. di Francesco Gabrieli, Laterza, Bari, 1948, pp. 121-152. “Consideriamo come sètte distinte i gruppi che nelle questioni stimate fondamentali dalla Sunna [consuetudine o tradizione comune] e dall’accordo dell’Igmà [opinione dei dotti, intesa come opinione della Comunità dei Credenti], si son separate dall’Islàm storico, quale si è costituito a partire dal IV secolo dell’ègira [X sec. d. C.]. Come per meglio affermare la loro autonomia, tutti questi gruppi si son data un’organizzazione indipendente dall’ortodossia sunnita. Non discussioni dottrinali come nel Cristianesimo, ma dissensi politici han dato origine agli scismi e alle eresie dell’Islàm” (op. cit., pp. 121-122). Gli Sciiti derivano il loro nome dalla parola shia, “partito”, che designava i partigiani di Alì, cugino del Profeta, (shiat Ali) nelle sanguinose lotte per la successione alla carica elettiva di Califfo (khalīfa: “vicario”, “successore”) o capo (politico) della Comunit­à dei Credenti, dopo la morte improvvisa di Maometto. In seguito apparvero le divergenze dottrinali, anche profonde (ivi, pp. 123-124).
14, Nallino, op. cit., pp. 76-77. Il padre Marracci, che nel 1698 ne fece finalmente una traduzione latina critica completa diceva: “est enim miscella et farrago innumerarum rerum” (citato da Alessandro Bausani, L’Islam, Garzanti, Milano, 1980, p. 163).
15. Nallino, op. cit., pp. 77.
16. Ivi, p. 78.
17. Ivi, pp. 78-79. Ricordo che le altre fonti islamiche sono: la sunnah, o consuetudine, consuetudine di Maometto dedotta dai hadith, detti e fatti del Profeta come risultano dalle tradizioni canoniche (escludendo le apocrife); il consenso o opinione concorde della comunità maomettana (iğmā῾) espresso in particolare da dottori e giurisperiti, intesi come suoi rappresentanti, in base al principio risultante da un detto di Maometto: “la mia comunità non si accorderà mai su un errore”; il ragionamento sui dati della tradizione, che nel caso della teologia si denomina “discorso” (kalām). Da tutto quest’insieme si ricava la l e g g e che regola il modo di vivere dei mussulmani, la sharia (“la via diritta”, “la via battuta”). Essa disciplina tutta l’attività umana (vedi: Nallino, voce Islamismo, in Enciclopedia Italiana, vol. XIX, 1933, pp. 603-614; ora in : ID., Raccolta di scritti editi e inediti, vol. II, cit., pp. 1-44, passim e Bausani, op. cit., p. 13 ss.; p. 37 ss.).
18. Sure citate in Carlo Alfonso Nallino, voce Islamismo, cit., p. 13. Sul punto vedi anche la nota n. 2 a p. 15 della traduzione di Bonelli. I versetti ritenuti abrogati dalla dottrina sarebbero 225.
19. I ginn erano spiritelli sul tipo dei folletti, abitatori dei luoghi deserti, maschi e femmine che si accoppiavano tra di loro e con gli uomini. Si tratta di un imprestito dal paganesimo arabo.
20. I cristiani “amici”, hanno rilevato i commentatori, dovevano essere “preti” e “monaci” della piccola comunità cristiana di Medina, nella fase iniziale dell’insediamento di Maometto. Anche se non li cito ad ogni passaggio, per non appesantire il già denso testo, mi sono ampiamente servito di questi lavori del citato Padre Antoine Moussali, tutti reperibili in rete: Ce qu’un chrétien doit savoir sur l’Islam [vedi], pp. 6 ; Le christianisme face à l’IslamL’Islam et nous – Unité-Unicité;La langue arabe-Israël & Ismaël, in: ‘Contrelittérature’, pp. 9; Le Dieu des fils d’Abraham, in : [vedi] pp. 7. Ho ugualmente utilizzato: Roger ArnaldezLettre de Roger Arnaldez, islamologue, au terme d’une vie d’étude de l’islam, in: [vedi], 5 pp.; e l’importante conferenza: L’Islam, une religion conquérante? del 31.1.1994, in: [vedi], pp. 11. Di questo fondamentale autore (1911-2006), citato da Benedetto XVI nel suo famoso discorso di Ratisbona, ho poi ampiamente utilizzato le sue due essenziali monografie: Jésus fils de Marie prophète de l’Islam, Desclée, Paris, 1980, pp. 254 eGesù nel pensiero musulmano (1988), tr. it. di F. Caponi, Edizioni Paoline, Milano, 1990, pp. 211. Arnaldez mostra una completa padronanza non solo delle fonti coraniche ma anche dei commentatori mussulmani.
21. Carlo Alfonso Nallino, Voce Islamismo, cit., p. 15. Qui, come altrove in questo articolo, le parole che nelle citazioni appaiono in parentesi quadre sono mie, non appartengono al testo citato. Non esiste un’autentica Visione Beatifica nel paradiso musulmano, vi abbondano invece, come è noto, raffinate delizie intellettuali e sensuali, anche del tipo più carnale, quest’ultime riservate ai maschi. Sul tema, si veda l’eccellente studio del professore mussulmano libanese Soubhi El-SalehLa vie future selon le Coran, Vrin, Paris, 1986, 2a ediz. A pag. 39 egli sottolinea come l’interpretazione puramente simbolica e allegorica di queste “delizie” sia (purtroppo) nettamente minoritaria nell’islamismo e considerata in sostanza eretica. I fedeli “si chiedono piuttosto quante huri ogni credente potrà onorare dei suoi favori ogni notte [della vita eterna]; quale gioia proverà nell’abbracciarsi alla sua huri su letti sopraelevati et similia”(vedi anche alla p. 131 della stessa opera). Il Corano abbonda di dettagli sulle “delizie” del Paradiso (arriva a dire che le huri avranno “grandi occhi” e “seni pieni” (sura 78 o della novella, 33 - op. cit., p. 17) ma della Visione Beatifica dice solamente: “Dio ha promesso ai credenti e alle credenti giardini, sotto i quali scorrono i fiumi ein cui rimarranno in eterno e abitazioni buone, nei giardini dell’Eden; però la soddisfazione di Dio è la maggior ricompensa; quella è la grande felicità” (sura 9 o del pentimento, 73), “Saranvi, in quel giorno, volti splendenti, Guardanti verso il loro Signore” (75 o della resurrezione, 22-23). Secondo l’esegesi tradizionalista, che integra il Corano con i detti di Maometto (hadith), Allah apparirà agli Eletti riuniti come in banchetto davanti a lui “come la luna piena” (op. cit., p. 43; p. 78). Per noi cattolici, è l’immagine di una visione singolarmente tenebrosa, soprattutto se riferita a Dio: la luce della luna piena è notturna luce riflessa che risplende nelle tenebre, senza però vincerle. L’edonistica raffinatezza e la ripugnante carnalità coniugate nelle supposte visioni del “paradiso” mussulmano, hanno sempre rappresentato per noi cattolici uno degli indizi più sicuri della natura diabolica dello “spirito” dal quale Maometto afferma di aver ricevuto la sua “rivelazione”.
22. Nallino, voce Islamismo, cit., p. 17.
23. Op. cit., pp. 17-18.
24. Nallino, op. cit., p. 25 : “secondo la dottrina ortodossa [...] i peccatori musulmani, invece, avranno un giorno perdonata da Dio la loro pena e saranno ammessi al paradiso”, cosa che non è prevista per gli infedeli. Una dottrina come quella cattolica del battesimo di desiderio implicito, che contempla la possibilità della salvezza individuale per l’uomo buono e pio credente che non appartenga formalmente alla Chiesa cattolica, della quale ignora senza sua colpa la vera dottrina, e non muoia in peccato mortale, è del tutto inconcepibile per l’islamismo. La citazione di san Paolo viene da La Sacra Bibbia curata dalla CEI, Edizioni Paoline, 1963.
25. Sergio Noja, Maometto profeta dell’Islam, Oscar Mondadori, 1974, p. 122.
26. Bernard Lewis, Il linguaggio politico dell’Islam, tr. it. B. Amoretti Scarcia, Laterza, Bari, 1991, p. 21.
27. Nallino, voce Islamismo, cit., in ID., Raccolta di scritti editi e inediti, vol. II, cit., p. 24.
28. In Arabia, a quel tempo, c’era una setta cristiana eretica “che professava una forma di triteismo. Tale era la dottrina di Giovanni Asquthnages di Apamea, che faceva capo alla scuola teologica di Edessa [di tendenza nestoriana], la quale sosteneva che vi sono tre nature divine, tre sostanze divine, tre divinità. Anche la sconcertante dottrina secondo cui Maria sarebbe una delle persone della Trinità (o, se si preferisce, di una Triade divina) aveva trovato aderenti in certe sette cristiane [gnostiche e quindi cristiane per modo di dire]. Sin dal II secolo gli Ofiti identificavano lo Spirito Santo con la Donna primordiale, la Madre dei viventi, che avrebbe generato il Messia; il cosiddettoVangelo degli Ebioniti, noto negli ambienti degli Ebioniti – cristiani giudaizzanti influenzati dallo gnosticismo – vedeva nella madre di Gesù lo Spirito Santo” (Italo Sordi, Che cosa ha veramente detto Maometto, Ubaldini, Roma, 1970, p. 133).
29. Sir John Bagot Glubb, Le grandi conquiste arabe, tr. it. di R. Lotteri, Aldo Martello, Milano, 1963, p. 270. Il tenente generale Sir J. B. Glubb, meglio noto come Glubb pascià, fu il fondatore della celebre “Legione Araba”, composta da beduini della monarchia hascemita di Giordania, e si convertì all’islam. Il suo testo è un classico in materia.
30. Citato in Noja, op. cit., p. 227. Risulta dalle fonti che Maometto fosse personalmente onesto (da giovane era soprannominato amīn, il fidato), indifferente al denaro e generoso con i poveri. Condannò duramente l’usura, assai diffusa nel suo ambiente. Sul piano della sensualità e della lussuria (ammise lui stesso la sua grande passione per “donne e profumi”) ebbe tuttavia pochi freni: si concesse dieci mogli, ventritre concubine, un numero imprecisato di schiave. Non riuscì mai ad avere eredi maschi, solo femmine. Le tradizioni popolari mussulmane favoleggiano oltre ogni dire sulla sua potenza sessuale (cfr. Noja, op. cit., p. 98; p. 259).
31. Islam. An Introduction, Educational Press, Karachi, s.d. (ma 1989), p. 18. Ossia il dovere dellajihad.
32. P.e. la sura 14 o di Abramo, su cui sia la pace!: “43. Non pensare che Dio sia noncurante di ciò che fanno gli iniqui; egli accorda loro, solo, una dilazione fino a un giorno stabilito, in cui gli sguardi rimarranno immobili per il terrore; 44. Essi accorreranno in fretta, con la testa alzata, con lo sguardo che non ritornerà ad essi [fisso per il terrore] e col cuore vuoto [insensibile per il terrore]; avverti dunque gli uomini del giorno in cui sopravverrà ad essi il castigo […] 49. Un giorno la terra verrà cambiata con altra terra e i cieli pure; e gli uomini compariranno davanti a Dio, l’unico, il vittorioso. 50. E tu vedrai, in quel giorno, i malvagi stretti assieme nei ceppi; 51. Le loro tuniche saranno di catrame ed il fuoco avvolgerà i loro volti, affinché Dio retribuisca ogni anima, secondoquanto essa avrà fatto; certamente Dio è sollecito nel computo”. Ricordo che nei passi coranici le parentesi quadre sono del traduttore.
33. Alessandro Bausani, L’Islam, cit., p. 62. Per la colpa di aver divinizzato Esdra e Gesù ebrei e cristiani sono equiparati ai “politeisti” e quindi anche contro di loro è legittima la “guerra santa”. È quasi superfluo rilevare che nessuna fonte ebraica ortodossa o talmudica menziona una “divinizzazione” di Esdra.
34. Carlo Alfonso Nallino, Vita di Maometto. Edizione postuma di due letture preparate per la stampa nel 1916, Istituto per l’Oriente, Roma, 1946, pp. 38. Lettura I: Maometto alla Mecca e gl’inizi della sua missione religiosa, pp. 1-18; Lettura II: Maometto a Medina: l’evoluzione del suo pensiero religioso e gl’inizi dell’Islām come organismo politico. Per non appesantire troppo il testo, citerò senza fare ogni volta una nota di richiamo. Un’ampia ed approfondita ricostruzione dell’ambiente e della vita di Maometto si trova in Noja, Maometto profeta dell’Islam, cit. Il libro del prof. Noja, nonostante a volte cerchi di smussare certi angoli (come del resto fa Bausani), è tuttavia importante anche per l’ampia messe di documenti che traduce, sopra tutto testi poetici, svolgendo i poeti all’epoca anche la funzione di banditori e cantori di fatti ed eventi. Gli antichi arabi avevano grande passione per la poesia, che manifestavano anche in pubbliche recitazioni, in gare poetiche.
35, La tesi inaugurata da Christiaan Snouck Hurgronje, Il pellegrinaggio alla Mecca, tr. it. di G. Scattone, Einaudi, Torino, 1989, spec. pp. 22-35, è oggi comunemente accettata dagli studiosi occidentali. Vedi p.e. Marshall G.G. Hodgson, The Venture of Islam. Vol. 1: The Classical Age of Islam, The University of Chicago Press, Chicago and London, 1974, pp. 176-180; Noja, Maometto profeta dell’Islam, cit., capp. X-XII, p. 146 ss. 
 






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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