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Il santo Vescovo venerabile Fulton Sheen

Ultimo Aggiornamento: 12/09/2015 21:12
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12/09/2015 21:07
 
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No, anzi, era importantissimo sottolineare quale rilevanza abbia avuto Fulton Sheen.

Per non parlare del Concilio. Mentre quando erano chiamati ad intervenire gli altri relatori molti cercavano di dileguarsi, che so, andandosene al caffè, non appena il presidente di turno annunziava il nome di Fulton Sheen TUTTI, TUTTI i padri conciliari tornavano al loro scranno a sentirlo parlare, lui ben preparato, naturalmente in latino. Anche questo per dire della sua importanza non solo a livello americano, ma mondiale, ecco.

Sempre per rimanere sulla questione Chiesa e comunicazione oggi…

Non vedo un altro Fulton Sheen.

Ecco, non al momento.

No, absolutely not! Volendo contare su una scala da uno a cento – tu hai menzionato qualcuno, ma non ne parliamo proprio-, gli altri arrivano al due, nientedimeno. Un abisso. La comunicazione è qualcosa di eccezionale, meraviglioso, con tanti retroscena, e il boom televisivo ha contribuito ai grossi successi di Fulton Sheen. C’era Milton Berle, che allora era il personaggio più popolare della tv, e con l’arcivescovo si volevano un bene matto. Lui era ebreo e la gran parte delle barzellette sugli ebrei che conosco le imparai da lui. Jack Benny che diceva sempre di avere 39 anni ed era una battuta che gli avevo suggerito io. Per questo mi permetto di dire che ho 39 anni anch’io. C’erano Jackie GleasonMaureen O’Hara, insomma tutti questi personaggi.

QUESTA CHIESA ATONA CHE NON SA PIÙ COMUNICARE. SHEEN DICEVA: “NEI PRIMI 5 MINUTI NESSUNO TI ASCOLTA, AVEVA CAPITO TUTTO SU COME SI EVANGELIZZA

Il Sacrificio: Alter Christus

Dicevamo della capacità della Chiesa di comunicare oggi. Il problema è questo: spesso e volentieri, a tutti i livelli della gerarchia, dal semplice prete fino anche al cardinale, gli uomini di Chiesa vengono come posseduti da questo demone mediatico per cui devono parlare, parlare, parlare anche quando non hanno nulla di nuovo da dire, esprimendosi come un qualunque opinionista sugli argomenti più disparati. La faccenda, quindi, è che però non parlano della questione più importante, cioè evangelizzare, mantenere vivo nel mondo lo scandalo cristiano, che non fa mai stare “in pace” gli uomini. Come facciamo a farli tornare a parlare dell’Essenziale con la “E” maiuscola?

Dunque, Fulton Sheen mi diceva sempre: <<Ricordati che i primi cinque minuti quando tu parli – e da allora in poi ho sempre fatto questo- nessuno ti ascolta. Allora devi raccontare qualcosa, o una barzelletta o qualcosa che attiri l’attenzione. Poi, nei secondi e terzi cinque minuti, tu devi dare l’essenziale, ma farlo in modo che rimanga. Questo è il segreto>> (in quest’altro link, come in tutti quelli rintracciabili su internet, si trova la conferma di questa strategia retorica. Qui in particolare parla del diavolo in una strepitosa lezione che andrebbe mostrata obbligatoriamente in ogni seminario, n.d.a.). Io, cioè, non posso mettermi a leggere un discorso – per carità, posso anche leggerlo, ma bisogna saperlo fare- ma non recitare monotonamente, perché la gente si mette a dormì. Non possiamo fare questo. E poi bisogna mettere l’essenziale in quei dieci minuti. <<Dopo – mi diceva sempre –, forget about it! (questa è una ricorrente espressione newyorchese per indicare un responso categorico. Molti ricorderanno Johnny Depp darne una spiegazione in ‘Donnie Brasco’, dove in italiano l’idioma veniva tradotto ‘che te lo dico a fare’, n.d.a.)>>. E’ fondamentale capire questo.

Purtroppo oggi abbiamo degli ‘speakers’ che non sono all’altezza. ‘Comunicare’ significa trasferire l’ispirazione che il Signore mi ha fornito nella mia preparazione a qualcuno con cui sono in comunicazione. Se io non riesco a comunicare, vale a dire se questa persona non riceve, è meglio che mi metta a fare un’altra cosa, tipo vedere una partita di calcio, ecc. Tu giustamente hai parlato anche di alta gerarchia: io assolutamente non riesco a capire questo modo di comunicare così afono, senza anche quell’entusiasmo che è necessario. E se non c’è questo, non raggiungiamo niente, soprattutto tra i giovani. Per dirne un’altra: ogni anno Sua Eccellenza ed io venivamo invitati da Jackie Gleason per il suo compleanno a Miami Beach da dove trasmetteva il suo programma, allora popolarissimo, per cominciarlo con una parola dell’arcivescovo. Questi iniziava come al solito con una battuta per poi arrivare alla sostanza. Una di queste sere, appunto, iniziò a parlare con quel suo fare meraviglioso, come dicevi prima ‘da principe della Chiesa’, e disse: <<Ero dietro le quinte e Jackie, guardandomi, mi ha detto: “Arcivescovo, lei sta ammirando le ballerine”. E io gli ho risposto: “Non perché sono a dieta, vuol dire che non possa dare un’occhiata al menù”>>. Ci fu un applauso lunghissimo, non puoi capire. Una battuta così detta da un santo. Viene da pensare a quelle di san Filippo Neri. Allora uno si dice: “Possibile che siamo diventati così limitati?”. Poi, comunque, dopo arrivava sempre con la stangata sulla sostanza, così la gente si ricordava sia la battuta, sia l’essenziale.

Con l’altro potente e carismatico “comandante in capo” della chiesa cattolica americana, un’altra figura eminentemente pacelliana: il suo arcivescovo metropolita di New York Francis Spellman (negli ultimi anni della sua vita), del quale fu ausiliare

Bene. Continuiamo a parlare della figura di Fulton Sheen: documentandomi, ho scoperto che Sua Eccellenza usò parole di fuoco contro il regime di Stalin e il sistema sovietico in generale, che cadde, come sappiamo, durante il papato di Giovanni Paolo II. Entrambi sono due esempi clamorosi di grandi comunicatori nella Chiesa del ‘900. Lei ha lavorato con entrambi: che cosa li accomunava?

Dopo appena un mese dalla sua elezione al Soglio, ricordo che Giovanni Paolo II venne a parlarmi proprio nel mio ufficio (conservo ancora delle fotografie bellissime di quell’incontro), e di chi parlammo? Solo di Fulton Sheen, del quale era innamorato fin dai tempi del Concilio. Wojtyla all’epoca era appena stato nominato vescovo ausiliare e tutti i vescovi dell’Est europeo accorrevano al banco di Sheen, anche perché in quei territori la Chiesa necessitava finanziamenti (per costruire seminari, ecc.) e lui era sempre generosissimo nello spendersi per i bisogni della Chiesa, non solo perché era direttore nazionale della Propagazione della Fede. C’era tra i due questa incredibile corrispondenza d’amorosi sensi. Giovanni Paolo II fa la sua prima visita a New York il 4 Ottobre 1979, proprio nell’anniversario della prima visita di un papa agli USA. Che fu quella di Paolo VI il 4 Ottobre 1965, verso la fine del Concilio, per 24 ore sole. Con Fulton Sheen tornammo apposta per coprire l’evento per la CBS. Dicevo: ovviamente Wojtyla si ferma anche nella cattedrale di San Patrizio, gremitissima per la prima visita del nuovo papa, come puoi immaginare. C’è tutta la gerarchia ecclesiastica locale, il cardinale di New York allora era Terence Cooke (dichiarato a sua volta Servo di Dio nel 1992, n.d.a.). Ma lui non si ferma da Cooke e va immediatamente a salutare Fulton Sheen che sta sulla destra con gli altri vescovi. E nella sua santità – lo posso dire, poiché il Santo Padre aveva una grande venerazione per lui – l’arcivescovo (che morirà appena due mesi dopo, il 9 Dicembre) cerca di inginocchiarsi davanti al papa e il papa lo prende, come aveva fatto col cardinale Wyszyński il giorno della sua intronizzazione, e lo abbraccia dicendogli delle parole che rimangono scolpite nella memoria: <<Lei ha scritto e parlato benissimo del Signore Gesù Cristo. Lei è un figlio leale della Chiesa>>. Io tra l’altro ho l’intenzione di pubblicare un libro di mie memorie su di lui, e di lui conservo ancora 64 lettere che mi inviava ogni mese quando ero a Roma. E in queste è possibile scorrere la storia della Chiesa americana post-conciliare dove parla con incredibile chiarezza, dicendo pane al pane vino al vino, papale papale, insomma. Sit sermo vester:estestnonnonSpero un giorno di poterle pubblicare, vedremo, con l’aiuto del Signore e della Sua Santissima Madre.




   continua............
 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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