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Don Elia Sacerdote Cattolico dal Blog La scure di Elia apologetica dottrina

Ultimo Aggiornamento: 09/04/2016 14:53
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12/09/2015 21:32
 
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  Ci sono miracoli e miracoli… 

Non è fra i Santi più popolari né fra quelli più “redditizi” per le cassette delle offerte, ma san Paolo è pur sempre san Paolo. Lasciamo stare le tesi dei biblisti che hanno preso l’abitudine di negargli sistematicamente la paternità dei testi scomodi per le loro idee: tutte le lettere che la Tradizione gli attribuisce sono testi canonici, cioè ispirati dallo Spirito Santo e aventi quindi autorità indiscutibile per la nostra fede, in quanto il loro autore principale è Dio stesso, che per comunicare con noi si è servito di autori umani. La Seconda lettera ai Tessalonicesi, in particolare, si rivela estremamente attuale per le sue affermazioni di interesse escatologico: prima della venuta gloriosa del Signore Gesù Cristo – sta scritto – «dovrà avvenire l’apostasia e dovrà essere rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione» (2 Ts 2, 3).

La funzione di quest’ultimo è chiaramente definita nell’Epistola: egli deve ingannare con prodigi e portenti «quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi» (ibid., v. 10). Anch’egli adempie dunque, suo malgrado, un compito provvidenziale: è strumento del giusto castigo meritato da chi resiste alla rivelazione dell’Altissimo e ne disprezza la misericordia: «E per questo Dio invia loro una potenza d’inganno, perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità» (ibid., vv. 11-12). Questa è d’altronde una scelta possibile al libero arbitrio umano, ma alla fine – come tutte le decisioni cattive – si paga a caro prezzo, se non c’è ravvedimento.

«Non ci si può prendere gioco di Dio: ciascuno raccoglierà ciò che avrà seminato» (Gal 6, 7), ci ammonisce ancora l’Apostolo. Chi semina menzogne, raccoglie menzogne; chi all’inganno acconsente, all’inganno soggiace; chi rifiuta la verità, alla verità si rende refrattario… chi si nutre di chiacchiere, produce peccati (e sempre più orrendi), dato che, per contrastare l’inclinazione al peccato, a nulla esse valgono. Ci si può pure scagliare con veemenza, allora, contro l’immoralità diffusa fra i chierici, ma essa non è altro che il frutto dei vaniloqui sentiti in seminario e della pseudo-teologia imparata in facoltà – proprio quella pseudo-teologia che ha abolito la nozione stessa di peccato e governa oggi i discorsi e le azioni di vescovi, cardinali e… ancora più su. Senza la sana dottrina, può mai esserci una sana condotta?

A onor del vero, una parte sempre più consistente del clero comincia a dar segni di nervosismo e a lasciar trapelare – sia pure con estrema prudenza – quanto meno un certo imbarazzo di fronte all’interminabile eruzione di gesti e dichiarazioni papali che pur mandano in deliquio le masse popolari e i poteri mediatici. Politicanti e plutocrati che vorrebbero legalizzare la pedofilia per evitare eventuali fastidi giudiziari, invece, brindano entusiasti a questa inattesa ventata di liberalismo ecclesiastico: la Chiesa Cattolica ha finalmente capito che non ha il diritto di frenare il progresso!

E poi, viste le folle sterminate che accorrono a osannare il nuovo profeta e dato il consenso unanime da parte della casta che conta, chi oserebbe ancora dissentire?

Per amor di precisione, tuttavia, certi effetti prodigiosi dell’odierno corso andrebbero valutati in modo un po’ più esatto o almeno concorde, se non altro per evitare figuracce. Riguardo all’immensa adunata verificatasi di recente nell’unico Paese asiatico a maggioranza cattolica, la radio di regime, nel giro di mezz’ora, ha fornito tre cifre discordanti. Il bollettino italiano ha registrato la presenza, alla Messa pontificia, di bensette milioni di persone (distribuite su un’area di parecchi chilometri quadrati o accatastate a strati?); secondo il bollettino francese, subito dopo, sono state dai sei ai sette milioni; quello in inglese, immediatamente seguito ai primi due, ha parlato di due milioni e mezzo lungo il percorso papale e un milione e mezzo alla celebrazione. Anche le ultime sono pur sempre cifre strepitose: c’era bisogno di arrivare fin quasi a raddoppiarle, tralasciando oltretutto di distinguere tra chi era per strada e chi ha effettivamente partecipato – in qualche modo – al sacro rito, non troppo attento all’Eucaristia finita nel fango…?

Se la spudoratezza (da cui siamo già sommersi) diventa la regola anche nella Sala-stampa vaticana, di chi ci si potrà più fidare? O forse proprio questo è un preciso segnale dell’ormai trionfante orientamento di “apertura al mondo”, per il quale qualsiasi mezzo è lecito per soggiogare le masse e portarle ove si vuole? A noi, però, questo genere di “miracoli” non piace affatto, non solo perché sono truccati e ripugnano quindi all’onestà morale e intellettuale, ma soprattutto perché mandano fuori strada miliardi di semplici, ai quali non sappiamo come spiegare che sono vittime inconsapevoli di un atroce inganno, il cui scopo è asservirli anche spiritualmente al nuovo ordine mondiale… In un Paese a cui stanno imponendo la regolazione delle nascite, non sarebbe stato forse il caso, di fronte a una folla simile, di condannare contraccezione e aborto in modo un po’ più convinto ed efficace – magari parlando a braccio, come fatto così spesso per dire le cose che più stanno a cuore? Probabilmente no, se gli abitanti sono dei conigli…

I veri miracoli, compresi quelli più sensazionali, vengono invece accuratamente occultati. Intorno all’anno 2000, in una parrocchia di Buenos Aires, si è verificato non uno, ma una serie di miracoli eucaristici che assomma in sé i fenomeni di Bolsena e di Lanciano. Dapprima delle ostie consacrate che colano sangue, poi un’ostia (rifiutata dalla donna che l’aveva lasciata cadere a terra ricevendola sulla mano) che si trasforma in tessuto miocardico vivente. Lo scienziato americano, ateo, che lo ha analizzato esterrefatto si è convertito alla fede cattolica; ma di questo prodigio straordinario, al di fuori della diocesi della capitale argentina, non si sa assolutamente nulla, a meno che uno non capiti sul posto o, informato da un amico, cerchi sulla Rete milagro eucaristico buenos aires.

Il Pastore che, all’epoca, è stato successivamente vescovo ausiliare e cardinale arcivescovo – e che tuttora, nella nuova sede, evita rigorosamente di inginocchiarsi dinanzi al Sacramento – ha evidentemente ritenuto inopportuno far troppa pubblicità ad un evento del genere: si sarebbe rischiato di risuscitare il mito della Presenza reale, ormai estinto in buona parte dei preti e dei fedeli, o addirittura di provocare qualche vera conversione, eventualità disastrosa per il dialogo ecumenico e interreligioso… o forse, più banalmente, di rimettere in discussione l’abominio della comunione sulla mano, prassi ormai obbligatoria nei Paesi del tango e della samba.
Tant’è che in una Messa on the beach a cui hanno assistito tre (o quattro? cinque?) milioni di giovani e meno giovani, come ringraziamento dopo la santa Comunione non si è trovato niente di meglio che un’oceanica ola per esprimere la propria fede – in chi o che cosa, non risulta quanti lo sapessero: questo tipo di cifre, questo è certo, le conosce solo Uno.

 






Il suicidio della Chiesa

 Nell’ormai lontano 1968 – annus horribilis – Louis Bouyer (1913-2004), sacerdote dell’Oratorio di san Filippo Neri, pubblicava un saggio dal titolo La décomposition du catholicisme. Pastore luterano convertito, uomo di cultura enciclopedica, ottimo conoscitore della Tradizione d’Oriente e d’Occidente, questo genio teologico, fra i maggiori del XX secolo, è praticamente sconosciuto ai cattolici cisalpini: tutta colpa delle sue valutazioni intelligenti – e soprattutto non allineate – degli sviluppi seguiti al Concilio Vaticano II, al quale pure era stato chiamato come perito. Spietato ostracismo ecclesiastico, riservato a chi non acconsente ad accodarsi al carro dei vincitori…

Si può anche discutere sull’analisi bouyeriana delle cause di tale decomposizione, ma la sua diagnosi dello stato spirituale della Chiesa militante richiama immediatamente alla memoria una profezia del santo papa Pio XII circa un suicidio della Chiesa provocato da alterazioni della sua fede, della sua liturgia e della sua morale. Invano un cardinal Ottaviani – quel porporato che passava la domenica fra i ragazzini dell’oratorio di San Pietro – metterà in guardia, insieme con tanti altri, il Pontefice della riforma liturgica (che Bouyer, escluso dal cardinalato, tenterà di rabberciare alla meno peggio) circa il disastro che ne sarebbe seguito. Quel porta-borse della massoneria che sarebbe finito – ma troppo tardi! – in esilio a Teheran, ingannando sistematicamente tanto Montini quanto la commissione incaricata, aveva ormai ottenuto carta bianca: «Lo vuole il Papa…» (anche le “Messe beat”?).

In diversi decenni, la putrefazione è ormai giunta a uno stadio piuttosto avanzato; il fetore – per chi non lo considera normale – è diventato insopportabile. Il fatto è che il fenomeno, attraverso i vari gradi del clero, ha pian piano raggiunto il vertice. Il pesce puzza dalla testa – dicono a Napoli. Quella cripto-eretica corrente gerarchica franco-tedesca che aveva surrettiziamente diretto il Concilio prendendo il controllo delle procedure e delle commissioni ha poi imposto la propria pseudo-teologia a mezzo mondo per gettare le basi ideologiche della sovversione programmata.

In particolare, iguru delle facoltà germaniche, per esportare il loro “pensiero” (supportato da convincenti argomenti finanziari), hanno eletto le antiche colonie iberiche, già liberate da eroi in grembiulino, per spargervi a piene mani i germi del materialismo e della sedizione.

Chi conosca appena un poco l’ambiente latinos rimane sgomento di fronte al livello dell’immoralità che dilaga in una popolazione un tempo fervente – per non parlare del clero locale, di regola concubinario, quando va bene… Come mai, in diocesi all’avanguardia del rinnovamento, turbe di fedeli si riversano ogni anno nelle sètte protestanti fondamentaliste? Non sarà forse, fra l’altro, perché buona parte dei vescovi e dei religiosi sono agenti dell’Internazionale socialista? o perché le loro pecorelle non sanno più in che cosa credere o a chi dare ascolto? o perché le illusorie promesse di trasformazione sociale hanno lasciato dietro di sé un’immensa miseria morale e spirituale, oltre a quella materiale, culturale e sociale?

Ed ecco spuntare, da questo sfacelo da fine del mondo, il Pastore della “nuova chiesa”, che ha scelto come alta cattedra una cabina d’aereo e pronunzia i suoi dogmi indiscutibili chiacchierando amabilmente con i giornalisti in un linguaggio da bar di paese.
Poco importa se ogni tanto (forse per eccessivo affidamento al proprio verbo?) fa qualche scivolone: può sempre rimediare la volta successiva arrampicandosi sui vetri…
Quel che conta, ad ogni modo, è che puntualmente – scivoloni o meno – riemerge imperterrita la medesima visione totalmente relativistica: una morale fai-da-te che si getta allegramente dietro le spalle la Rivelazione divina interpretata da duemila anni di Tradizione e Magistero, attenta solo al livello terreno, al calcolo umano e al vantaggio immediato, così legata alle circostanze da annullare qualsiasi obbligo assoluto… proprio quella famosa morale della situazione che, pur condannata a più riprese, ha furoreggiato per decenni nelle facoltà teologiche ed è perfettamente funzionale, del resto, agli interessi del Leviatano finanziario, severamente anatemizzato a parole ma di fatto appoggiato su tutta la linea, come dimostra fra l’altro l’ostentata amicizia con gli ambienti ebraici che lo controllano. Non serve a nulla, poi, ridare un colpo alla botte nei discorsi ufficiali, scritti da altri e letti con un tono da necrologio…

Questo noto personaggio, in sostanza, non professa la fede cattolica, ma la contraddice apertamente, sistematicamente e spudoratamente, a gesti e a parole. Gli si potrebbe rammentare che, secondo l’osannato magistero conciliare, sono pienamente incorporati alla Chiesa soltanto coloro che, nel suo corpo visibile, sono congiunti con Cristo dal vincolo della professione di fede (cf. Lumen gentium, 14); ma tramite i suoi amici cardinali – così liberali su tutto, fuorché sulla tassa ecclesiastica – risponderebbe serafico che la fede è un cammino e che deve adeguarsi ai tempi… Il principio di non-contraddizione, in una “cultura” che ha bandito la logica, è ormai un reperto archeologico: i concetti onnirisolutivi di cammino e rinnovamento sono una colla universale che tiene appiccicati anche gli opposti.

Rimane il fatto che, davanti a Dio, non si può barare con i giochi di parole: o uno professa effettivamente la vera fede o è fuori, e della Chiesa e della salvezza. Questa, ahimé, è verità rivelata – e chi vuole realmente salvarsi (dall’Inferno, molto più che dalla globalizzazione) vi rimane attaccato con i denti, lo insultino pure quanto vogliono.

Come conclusione del presente ragionamento, non si vede come uno che di fatto non è membro della Chiesa Cattolica possa esserne a capo; semmai è a capo di un’altra organizzazione che si sta decomponendo, ma si camuffa dietro il suo apparato. Noi preferiamo ovviamente rimanere dentro la Chiesa viva, sebbene momentaneamente priva di pastore; chi si suicida difficilmente si salva.






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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