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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Don Elia Sacerdote Cattolico dal Blog La scure di Elia apologetica dottrina

Ultimo Aggiornamento: 09/04/2016 14:53
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12/09/2015 21:37
 
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Sogno o realtà?

Sarebbe bello che Benedetto XVI fosse ancora papa; ma di fatto si è dimesso e non governa più la Chiesa. Sarebbe bello che il suo successore, pur con una personalità e uno stile propri, proseguisse in continuità, come sarebbe naturale, la sua opera di ripristino della sana dottrina e di una corretta liturgia; ma di fatto sta demolendo a colpi di piccone quel poco che di buono rimaneva ancora nella coscienza e nelle abitudini dei fedeli.
Sarebbe bello che la Curia romana fosse purgata dei sodomiti e dei massoni che la infestano; ma di fatto ne sono stati espulsi soltanto elementi fedeli alla Tradizione e poco inclini alla finzione. Sarebbe bello che il mondo fosse meno cattivo e bastasse aprire i confini (ma non le proprie case!) agli immigrati; ma di fatto i trafficanti di esseri umani prosperano con la benedizione dell’Occidente, il quale da anni arma le milizie islamiche che si finanziano anche in questo modo…

Sarebbe bello non essere costretti a esprimersi sempre con un sarcasmo tagliente, ma è l’unico modo per non mettersi a urlare. La realtà va vista così com’è, senza evadere nei sogni. Essa non coincide con ciò che vorremmo: non possiamo dipingercela come ci piacerebbe, perché questa è un’illusione da bambini. A quell’età è un’utile scappatoia per superare angosce eccessive e non gestibili con le risorse dell’infanzia; ma da adulti quell’evasione non ci è più consentita: le cause della nostra angoscia dobbiamo guardarle in faccia. Possiamo pure ripeterci ogni momento che quanto sta avvenendo è stato predetto e fa parte del piano divino: ciò non diminuisce il dolore insopportabile di sentircene spettatori impotenti, ci preserva soltanto dallo sprofondare nella disperazione – un po’ meno dal disgusto nei confronti di coloro che ostentano una fiducia imperturbabile nella nuova dirigenza cattolica o nella cosiddetta “comunità internazionale”, a seconda dei problemi considerati… 

Come saremmo felici di scoprire che ci siamo sbagliati, per pregiudizio, ignoranza o miopia spirituale! Come vorremmo poterci convincere delle accuse rivolte senza posa – in modo indiretto ma fin troppo palese – a quanti sentono le cose come noi! Ma la ragione e la coscienza ce lo vietano: bisognerebbe smettere di vedere e di pensare, e questo è inaccettabile.

Quella superiore sapienza dello “spirito” (senza ulteriori qualifiche) che, come ci viene insistentemente ripetuto, bisognerebbe accogliere per riconoscere le novità e le sorprese che qualcuno lassù ci tiene in serbo (manco fosse Babbo Natale) è ben nota a chi scrive, il quale nella sua giovinezza ha avuto agio di conoscerla in modo approfondito, rimanendo altamente edificato dai suoi frutti di immoralità scandalosa e riuscendo a conservare la fede e la vocazione unicamente per la grazia di Dio e l’educazione ricevuta in famiglia. 

Quella pretesa “sapienza”, in realtà, riposa sul tacito presupposto che la Chiesa sia appena ripartita da zero, come se due millenni di storia fossero integralmente da rottamare, e che soltanto adesso, finalmente, si sia cominciato a capire e a vivere il Vangelo. Su tale presupposto si è costruito un enorme edificio di mistificazione, nel quale sono state ormai indottrinate generazioni di seminaristi e religiosi – e, attraverso di loro, anche di fedeli.
I pilastri di questo edificio sono rappresentati da alcuni asserti indiscutibili del tipo: «La Chiesa si è aperta al mondo», «Il Popolo di Dio si è rimesso in cammino», «Bisogna condannare l’errore e non l’errante», «Dobbiamo cercare ciò che ci unisce e non ciò che ci divide», «Siamo al servizio dei poveri»… Questi nuovi dogmi hanno informato tutta una mentalità e tutta una prassi, divenute ormai così correnti che a provarsi a rimetterle in dubbio si è automaticamente presi per mostri di integrismo. 

Noi abbiamo sempre creduto che fosse il mondo a doversi aprire alla Chiesa per essere salvo; che il Popolo di Dio camminasse anche prima (e sulla buona strada!), guidato da Pastori santi e fedeli; che condannare l’errore in teoria senza mai sanzionare l’errante ostinato serva solo a convincere gli altri che l’errore sia accettabile o persino buono; che per ritrovare la piena comunione con i cristiani divisi abbiamo bisogno di esaminare proprio ciò che l’ha spezzata; che limitarsi a fornire ai poveri cibo e vestiti, omettendo di offrire loro anche le verità della salvezza eterna, significa defraudarli del bene maggiore che possediamo e di cui hanno bisogno più di qualsiasi altra cosa…

Un uomo liberato dalla povertà materiale, che per i suoi peccati rischia però di dannarsi per l’eternità, non è felice in questa vita e potrebbe non esserlo mai, nemmeno nell’altra. Per inciso, di peccati ne facciamo tutti, compresi i poveri; è un dato reale che non riesce a smentire nessun sogno della “nuova morale”, in cui nulla è peccato e non si sa più neppure che cosa sia il peccato. Tutto ciò dovrebbe essere semplicemente evidente per chi ha la fede e usa giusto un pochino la testa… ma forse pretendiamo troppo, in questa congiuntura ecclesiale in cui l’uso del raziocinio è diventato un lusso (Dio ce ne scampi, la Chiesa deve essere povera!) e la fede è ridotta a vago sentimentalismo da romanzo rosa. A forza di giocare al ribasso hanno svuotato i magazzini, non restano più nemmeno i saldi di fine stagione…

A che cosa aggrapparsi, a questo punto? Dove sopravvive ancora la Sposa di Cristo? Indubbiamente, nei suoi Sacramenti, nella sua Tradizione, nei suoi ministri fedeli, in tanti battezzati che soffrono, offrono e pregano: nell’anziana cieca e sorda che recita il Rosario nella solitudine della sua casetta; nel parroco di campagna che fa il catechismo ai suoi bambini; nella mamma che ogni domenica porta con sé i figli alla santa Messa; nell’operaio che ringrazia il Signore mattina e sera per la famiglia e per il lavoro; nell’insegnante che, nel trasmettere il suo sapere, fa crescere delle persone e le dispone così al Regno di Dio… Questo non è un sogno, è realtà. Forse non saremo in tanti, ma l’importante è esserci

Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno (Lc 12, 32).







Pace e libertà

 Non esiste illusione più tenace e insidiosa di quella di essere liberi. L’uomo è per nascita schiavo del peccato, delle proprie passioni e dell’inclinazione al male, per non parlare dei suoi errori passati e di tutti i condizionamenti provenienti dall’ambiente in cui nasce, che si putrefà nella corruzione. Dopo il peccato originale, l’uomo non è mai stato libero né mai lo sarà, se non obbedendo alla legge di Cristo. È un dato di fatto metafisico, prima che morale: la natura umana è ferita e danneggiata.

Questo formicolare di esseri infelici che si dibattono nell’ignoranza e nella melma credendo di esercitare la propria libertà – mentre vi affondano inesorabilmente sempre di più – sarebbe degno di compassione se quei medesimi esseri non si fossero volontariamente resi sordi a qualsiasi richiamo, pieni di astio verso chi vorrebbe aiutarli a tirarsene fuori, incantati invece da chi li indottrina, li manipola, li manovra, li controlla finanche nella mente, oltre che in tutti gli aspetti della loro esistenza concreta.


Come mai personaggi così giovani con incarichi politici così importanti? Perché le ultime generazioni, nate dopo il ’68 e il “rinnovamento” della Chiesa, sono ormai in buona parte prive di coscienza e di qualsiasi scrupolo. I governanti attuali sono monelli, individui completamente amorali, talmente spregiudicati da essere disposti a tutto pur di rimanere in sella, così che da loro si può ottenere qualunque cosa. Le logge massoniche sovranazionali (piuttosto che quelle nostrane, che non contano più nulla) li usano per realizzare i propri piani di sovversione della società e disgregazione della persona umana, dopo aver brutalmente scartato elementi più maturi già da esse imposti, ma evidentemente non del tutto docili – per non dire succubi – alle direttive dei loro mandanti occulti. Ora che sono riusciti a piazzare un amico anche oltre Tevere, nemmeno da lì arriva più alcuna opposizione, ma anzi un potentissimo appoggio nella manipolazione della cosiddetta opinione pubblica, ormai influenzabile a piacere (compresi i sedicenti cattolici).
«Chi sono io per giudicare»…

Sono bastate cinque parole, pronunciate durante una chiacchierata con i giornalisti in una cabina d’aereo, per far crollare di botto una diga che reggeva da duemila anni, provocando nelle coscienze un disastro ben peggiore di quello del Vajont. Il giudizio morale, già latitante, è stato definitivamente bandito dalla convivenza civile ed ecclesiale, secondo un principio di relativismo assoluto che è stato poi ampiamente illustrato appena due mesi dopo, sempre per via giornalistica. Il nuovo dogma non ha bisogno di definizioni solenni (visto che quelle del passato non contano più nulla), ma passa giustamente attraverso quei mezzi di comunicazione che raggiungono immediatamente tutti, cattolici e non, credenti e atei, persone ragionevoli e individui privi di pensiero.
Un anno e mezzo più tardi, la devastazione delle coscienze è ormai evidente: non si può più nemmeno dire, in una chiesa, che quando nasciamo siamo o maschi o femmine… Figuriamoci l’effetto negli ambienti politici e “culturali” dei senza-dio e dei falsi cristiani!

Un capo della Chiesa secondo il quale «Dio non è cattolico» e che se la prende tanto con l’autentica attività missionaria, per giunta ormai esangue (quella che, in obbedienza al mandato di Cristo, mira alla conversione dei non cristiani per la loro salvezza), tacciandola di sciocco proselitismo proprio davanti a un giornalista apostata e abbracciando poi calorosamente i capi di sètte fondamentaliste che praticano un proselitismo selvaggio ai danni della Chiesa Cattolica… dovrebbe almeno, come usa dire nella città di cui è vescovo, “fare pace col cervello”. Ma se uno si prende la briga di rileggersi i canoni contenuti nella Costituzione Dogmatica Dei Filius del Concilio Vaticano I (ebbene sì, se ce n’è stato un secondo, è perché prima c’è stato quello), si renderà facilmente conto che, oltre a un problema di semplice logica, evidente a chiunque ragioni un pochino, ce n’è uno di fede e di conseguente disciplina ecclesiastica: molte affermazioni del de quo, per quanto ambigue e furbesche, lo fanno incorrere nella scomunica.

Nella medesima pena sono da tempo incorsi, anche senza formale notifica, alcuni dei suoi elettori a causa delle eresie da loro propalate sia a voce che per iscritto, poi lodate dal loro candidato già all’indomani della sua elezione. C’è decisamente di che convincersi ulteriormente – se necessario – dell’invalidità di tutta la messa in scena. Che pensare poi del fatto che il titolare della diocesi ambrosiana era già dato per eletto dalla conferenza dei Vescovi italiani, con una certezza tale che il telegramma di felicitazioni è partito ancor prima dell’Habemus papam? Si è trattato semplicemente di una gaffecolossale o qualcosa non ha funzionato come dovuto, visto che il “papa mancato”, nei due mesi successivi, è stato inavvicinabile, a detta dei suoi sacerdoti? Ha forse ricevuto minacce in conclave perché si facesse da parte, come già accaduto con il cardinal Siri nel 1978?

Ad ogni modo, la celebre astuzia gesuitica (nel senso deteriore del termine) può ben ingannare chi ha dimenticato anche le nozioni più elementari del catechismo o chi non le ha mai imparate, ma non chi conosce rettamente la fede che professa e, trovandosi in stato di grazia, è assistito dallo Spirito Santo. Compito del supremo Pastore non è sostenere in modo dissimulato un partito eterodosso praticando al contempo un maldestro equilibrismo per tenersi attaccata la parte sana, ma denunciare apertamente l’errore per smentire il primo e incoraggiare la seconda: «Noi pertanto, che il Padre di famiglia ha posto a custodia del proprio campo, e perciò siamo tenuti dall’obbligo sacrosanto a vigilare che il buon seme non sia soffocato dalle male erbe, stimiamo a Noi rivolte dallo Spirito Santo quelle gravissime parole, con le quali l’Apostolo Paolo esortava il suo diletto Timoteo: “Ma tu, veglia, adempi il tuo ministero… predica la parola, insisti a tempo, fuori di tempo: riprendi, supplica, esorta con ogni pazienza e dottrina” (2 Tm 4, 2-5).

E poiché, ad evitare le frodi del nemico, è anzitutto necessario scoprirle, e giova molto avvisare gl’incauti degl’inganni suoi, non possiamo del tutto tacerne, per il bene e la salute delle anime, sebbene preferiremmo nemmeno nominare simili malvagità, “come conviene ai Santi” (Ef 5, 3)» (Pio XI, Enciclica Casti connubii, 1930).

Parole quanto mai attuali, pur a distanza di tanti anni. Tutto il Magistero autentico, del resto, non può che essere perennemente valido: «Perché come è sempre il medesimo “Gesù Cristo ieri e oggi e nei secoli” (Eb 13, 8), così è sempre identica la dottrina di Cristo, della quale non cadrà un punto solo, sino a tanto che tutto sia adempito (cf. Mt 5, 18)» (ibid.). È allora del tutto naturale obbedire, con la mente, con il cuore e con la vita, a chi insegna nel nome del Salvatore, purché questi obbedisca a sua volta a Chi lo ha collocato al suo posto: «È proprio di tutti i veri seguaci di Cristo, sia dotti, sia ignoranti, lasciarsi reggere e guidare dalla santa Chiesa di Dio in tutte le cose spettanti alla fede e ai costumi, per mezzo del suo Supremo Pastore, il Pontefice Romano, il quale è retto a sua volta da Gesù Cristo Signor Nostro» (ibid.). È questa obbedienza il segreto della vera libertà.

Continuiamo ad affermarlo con franchezza e coraggio, sapendo che, al momento da lui voluto, Dio ci donerà di nuovo una guida che, confermandoci nella verità, ci restituisca la pace.

Desisti dall’ira e deponi lo sdegno; non irritarti: faresti del male… Ancora un poco e l’empio scompare… Conosce il Signore la vita dei buoni… Non saranno confusi nel tempo della sventura e nei giorni della fame saranno saziati. Poiché gli empi periranno… tutti come fumo svaniranno… Perché il Signore ama la giustizia e non abbandona i suoi fedeli (Sal 37 [36], 8.10.18-20.28).







 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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