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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Don Elia Sacerdote Cattolico dal Blog La scure di Elia apologetica dottrina

Ultimo Aggiornamento: 09/04/2016 14:53
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12/09/2015 21:56
 
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La rivincita della grazia

 Exsurgat Deus, et dissipentur inimici eius (Sal 67, 2).

Nessun Sinedrio, antico o moderno, potrà mai tappare la bocca agli apostoli di Cristo: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5, 29). Queste parole di san Pietro, tante volte citate a sproposito dai disobbedienti alla legittima autorità della Chiesa, erano rivolte a coloro che avevano condannato a morte il Maestro per le sue pretese divine e, ora, stavano cercando di soffocare la predicazione cristiana. Avevano le loro ragioni: il Capo del collegio apostolico si stava imponendo, con la sola autorità spirituale conferitagli da Cristo, come guida del nuovo Popolo eletto, l’Israele rinnovato dalla fede nel Messia e in procinto di accogliere nel suo seno, secondo le antiche profezie, i pagani convertiti; il suo ascendente religioso era tale che la gente deponeva gli ammalati sul suo passaggio perché almeno la sua ombra li coprisse (cf. At 5, 15). Stava così emergendo una nuova gerarchia, sempre più riconosciuta anche da sacerdoti, anziani e dottori della Legge (cf. Lc 23, 50; At 6, 7; 15, 5); quella antica, ormai esautorata da Dio, sarebbe stata spazzata via, pochi decenni più tardi, dalla guerra giudaica.

Gli uomini ai quali non bisogna obbedire – come appare chiaramente – sono quindi quelli che rigettano la divinità di Gesù e la sua unicità assoluta come Salvatore. Quelli invece che sono non solo autorizzati, ma obbligati a disobbedire ai primi sono quelli che continuano a professare pubblicamente questa fede, noncuranti del fatto che essa sia rinnegata perfino da uomini di Chiesa che ne fanno ancora formalmente parte unicamente perché nessuno ha condannato ufficialmente le empietà che affermano. Che sia il capo di un dicastero vaticano dedicato alla cultura o un “monaco” mediatico, fondatore di una pseudo-comunità monastica priva di precisa identità confessionale, nel momento in cui negano la Risurrezione come evento reale si escludono da sé dal Corpo mistico e dalla salvezza eterna; che sia un cardinale amante del sassofono o rubicondi bevitori di birra scappati fuori da un quadro di Brügel, se giustificano la sodomia e l’adulterio permanente sono degni di un’orrenda pira… a meno che non ritrattino una volta per sempre.

Ad ogni modo, la situazione odierna è un’evidente dimostrazione del fatto che certiperfidi Iudaei, malgrado i ripetuti castighi divini, non si sono mai arresi; se non altro, bisogna dar loro atto di tenace perseveranza – intelligente per la capillare infiltrazione nella Chiesa, un po’ meno per l’essersi messa al servizio di un perdente. Intendiamoci: non siamo antisemiti, caso mai qualcuno si fosse già messo a urlare allo scandalo. I poveretti che morirono nei campi di sterminio – quanti furono realmente, non lo sapremo mai – ci finirono inviati dai loro stessi correligionari più ricchi e potenti che, invece, si trasferirono in America e, presi i comandi del potere politico e finanziario, hanno poi utilizzato la shoah come un’arma imbattibile per ottenere tutto ciò che volevano, a cominciare dalla creazione di uno Stato ebraico in pieno ambiente arabo…
Il sionismo dietro l’olocausto?!?

A parte il fatto che Adolf Hitler, come molti dei suoi più stretti collaboratori, aveva sangue giudeo nelle vene, ci sono sufficienti testimonianze per farsi venire il legittimo sospetto che la storia del secolo scorso vada riscritta: dei privilegiati, selezionati da commissioni composte di Ebrei, ebbero la possibilità di evitare la deportazione (come per esempio Etty Hillesum, che tuttavia preferì patire con il suo popolo). Quanta gente, ahimé, dovrebbe tapparsi la bocca, anziché profondersi in espressioni di sdegno interessato!…

Non c’è bisogno di diventare revisionisti: basta guardare la realtà storica senza retorica né manipolazioni. E poi, chi mai si è strappato le vesti per i milioni di Ucraini che Stalin, negli anni Trenta, fece crepare di fame? Qualcuno ha mai sentito parlare di holodomor? O forse quelli erano meno uomini degli altri? E i dieci milioni di contadini sterminati allo stesso modo già dal buon Lenin, che requisì tutti i raccolti per sfamare l’Armata Rossa durante la spaventosa guerra civile provocata dal suo colpo di Stato? Ebreo anche lui, nessuno ne parla…

In realtà, il nostro amore inesprimibile a Gesù, a Maria, agli Apostoli e ai primi Martiri ci fa amare visceralmente il popolo che Dio ha scelto per rivelarsi e incarnarsi. È questo amore che ci spinge a gridare loro: «Venite a Cristo, al Messia che Dio vi ha mandato! Non abbiate paura di aprirgli le porte!». San Pietro non si trattenne dall’esortare alla conversione nemmeno il supremo tribunale d’Israele, responsabile della crocifissione del Salvatore (cf. At 5, 30-31).

Se oggi i successori degli Apostoli si guardano bene dall’imitarlo, seguiamo l’esempio della Vergine Madre. Nella chiesa romana di Sant’Andrea delle Fratte, nel 1842, con la sua apparizione convertì all’istante l’agnostico Alfonso Ratisbonne, poi divenuto col fratello ardente evangelizzatore degli Ebrei. Tutto è possibile a Dio; basta sottomettersi a Lui acconsentendo all’azione dello Spirito Santo e accogliendo la testimonianza apostolica (cf. At 5, 32).

Spiritus Domini replevit orbem terrarum (Sap 1, 7): non c’è neppure un angolo dell’universo che possa sottrarsi alla sua presenza benefica, tranne il cuore dell’uomo che lo respinge. La Pentecoste, quest’anno, cade nel giorno dedicato a Maria Ausiliatrice e Corredentrice: invochiamo con forza la Sua intercessione perché lo Spirito Santo ci colmi nella mente e nel cuore, in modo che possiamo rivolgere a tutti un’efficace chiamata alla conversione, specie a coloro che, pur possedendo con noi le promesse divine, non ne hanno ancora riconosciuto l’adempimento. Nel giorno fissato, Cristo sorgerà per disperdere quelli che, fra di loro, hanno scelto il campo avverso pur di non piegarsi alla volontà del loro Dio. Allora, rimosse le cause della corruzione e della violenza che devastano la terra, ogni uomo vedrà la salvezza – e chi l’avrà meritata ne godrà in eterno.

Confirma hoc, Deus, quod operatus es in nobis. […] Regna terrae, cantate Deo […] qui ascendit super caelum caeli, ad orientem […]. Mirabilis Deus in sanctis suis; Deus Israel ipse dabit virtutem et fortitudinem plebi suae. Benedictus Deus! (Sal 67, 29.33-34.36). 






sabato 30 maggio 2015


La scure non è un bisturi

 Sono ben consapevole dei miei eccessi di zelo e, se con essi ho ferito o scandalizzato qualcuno, ne chiedo perdono dal profondo del cuore, innanzitutto a Dio e poi alle persone interessate. Il profeta al quale mi ispiro, quando il Signore lo interpella nel deserto, gli risponde con queste parole: Zelo zelatus sum pro Domino Deo exercituum (1 Re 19, 10). È il modo in cui la Vulgata tenta di tradurre un costrutto caratteristico della lingua ebraica: si ripete il medesimo verbo in due forme differenti per conferire all’espressione la massima intensità possibile; in italiano si potrebbe tradurre: «Ardo di zelo incontenibile per il Signore, Dio degli eserciti». Altro esempio, ma di diverso ambito semantico: Gaudens gaudebo (Is 61, 10), ovvero: «Gioisco di gioia immensa».

È evidente che lo zelo, oltre che ardente, deve essere in pari tempo conforme sia alla ragione che alla carità. Una sua eruzione incontrollata può fare più danno che altro, ottenendo in definitiva un effetto contrario a quello che si prefiggeva. Detto questo, rimane pur vero che il suo strumento più adatto non può essere il bisturi, che si usa invece nella direzione delle anime. Per denunciare e stroncare l’errore ci vuole un altro attrezzo, quello che dà il nome a questo sito. Se nella vita naturale non è la stessa mano ad usare il bisturi e la scure, nella vita dello Spirito è possibile, purché si usi discernimento. Nella confessione, generalmente, non uso la seconda – a meno che non abbia davanti un cuore indurito che non vuol riconoscere i suoi peccati. Siamo tutti peccatori a cominciare da chi scrive: ma Dio solo vede le lacrime che verso per averlo tanto offeso…

Ecco dunque quel che ci vuole: uno zelo intelligente e caritatevole, che non miri cioè a sfogare il proprio sdegno, ma a pulire e dissodare il terreno per potervi piantare qualcosa. L’esasperazione, talvolta, fa brutti scherzi, ma l’importante è rendersene conto subito – anche grazie alla carità delle osservazioni altrui, che sono voce di Dio – e rimediare nel miglior modo possibile. In ogni caso, preferisco cedere di tanto in tanto all’imprudenza infiammandomi come un cerino che cadere in quel letargo spirituale in cui ho visto scivolare anche validi e combattivi confratelli, pur di non ammettere con semplicità che certi gesti e parole, da parte di chi è considerato Capo visibile della Chiesa, sono inammissibili. C’è una prudenza benefica, perfezionata dalla grazia e illuminata dallo Spirito Santo, così come c’è una prudenza letale per l’anima propria e per quelle altrui, quella “prudenza” tipicamente clericale, viscida e tortuosa, che riduce insensibilmente ad un habitus morale di inafferrabile e indefinibile ambiguità.

Due sono le strade possibili; la scelta si impone. Se guardo ai Santi predicatori, non ho alcun dubbio sulla direzione da prendere. San Domenico, per esempio, è rappresentato con una torcia ardente; san Vincenzo Ferrer con la fiamma dello Spirito sul capo; san Luigi Maria Grignion de Montfort, al quale è dedicata la parrocchia virtuale, con la Croce in mano nell’atto di arringare le folle per spronarle alla conversione. Lo zelo “imprudente” di quest’ultimo gli valse di farsi cacciare da tutte le diocesi in cui passava, nonostante la “patente” di missionario apostolico concessagli da Clemente XI. Altri tempi, altri papi… Alla fine, il vescovo della Vandea lo prese sotto la propria protezione e il Santo consumò là le sue ultime energie, prima di rendervi l’anima all’ètà di quarantatré anni. Le imperscrutabili vie della Provvidenza: proprio la regione che, ottant’anni dopo, avrebbe eroicamente combattuto per la sua fede, la quale avrebbe resistito perfino al barbaro genocidio perpetrato dalle colonne infernali inviate dai giacobini di Parigi.

Con questa fede nella guida provvidenziale della storia e in quella materna della Regina celeste, anche noi intraprendiamo la santa battaglia per la rinascita della Chiesa dalle sue radici. Un uragano sta per spazzare via i rami secchi, quei tralci che non sono rimasti uniti alla Vite vera con una fede retta e un’autentica vita di grazia; pur essendo ancora sulla pianta, non ne ricevono più la linfa. È pur vero che il Signore ha il potere di innestarli di nuovo, ma a questo fine è indispensabile una radicale conversione, che al momento è per molti umanamente impossibile a causa di un generale accecamento delle coscienze. Quando però, dopo che tutti gli appelli saranno caduti nel vuoto, arriverà il castigo divino quale ultimo rimedio disponibile, folle e folle correranno alla ricerca di un rifugio spirituale.

In fondo in fondo sanno bene di non essere nel giusto: una vocina, per quanto fievole e negletta, sussurra sempre ai loro cuori intorpiditi il richiamo alla verità immutabile che salva; la loro violenta intolleranza verso i pochi che ancora la difendono pubblicamente è solo un tentativo di zittire quello scomodo, ma amorevole bisbiglio.

Formiamo dunque dei focolai di resistenza, dei cenacoli di preghiera e di carità operosa che non solo sostengano la lotta, ma siano pronti ad accogliere quanti, quando sarà il momento, chiederanno aiuto di fronte alla minaccia. Al cancro generalizzato che ha invaso la Chiesa militante a partire dal clero può porre rimedio unicamente un intervento dall’alto; coloro che, scossi dal terrore, apriranno gli occhi sui propri peccati e accetteranno di rinunciarvi realmente, troveranno luoghi accoglienti e risplendenti della luce di Dio per ricominciare una vita nuova nella grazia.

Perché ciò sia possibile bisogna però prender le distanze dagli ambienti ecclesiali in cui regnano confusione dottrinale e corruzione morale: la donna dell’Apocalisse deve fuggire nel deserto per esservi protetta e nutrita da Dio (cf. Ap 12, 6).

È là che il Signore cresce i Suoi con lamanna nascosta (cf. Ap 2, 17) e la Vergine Madre prepara il Suo esercito di piccoli, quelli che il Montfort preconizzò quali apostoli degli ultimi tempi. Che Ella stessa ci mostri i passi concreti da compiere.









Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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