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Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Don Elia Sacerdote Cattolico dal Blog La scure di Elia apologetica dottrina

Ultimo Aggiornamento: 09/04/2016 14:53
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20/03/2016 00:02
 
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  sabato 19 marzo 2016


Siamo in guerra (ma abbiamo già vinto)
 Corrupti sunt, et abominabiles facti sunt in iniquitatibus (Sal 52, 2).

Giovedì prossimo, nella santa Messa in Coena Domini, per la prima volta nella bimillenaria storia della liturgia cristiana i sacerdoti potranno lavare i piedi anche alle donne. È evidente che si è completamente persa la percezione del senso originario del rito: il mandato apostolico. Fino alla cosiddetta riforma liturgica, peraltro, questo gesto veniva compiuto al di fuori del santo Sacrificio, come tutte le azioni che non hanno valore sacramentale, ma puramente didattico.
Ancora una volta, si ripeterà ciò che è accaduto in tanti altri casi: un’iniziativa che costituiva un abuso diventerà la norma (come già la comunione sulla mano, che in molti luoghi, da meramente lecita, è divenuta praticamente obbligatoria).

La novità, in quest’ultimo caso, sta nel fatto che l’abuso – benché meno grave – non è stato semplicemente concesso dalla suprema autorità della Chiesa con il paravento delle conferenze episcopali; al contrario, esso è stato dapprima praticato proprio da essa con grande pubblicità mediatica. Immaginatevi come si daranno da fare quei poveri parroci che, smaniosi di emergere, lo scorso 13 marzo hanno celebrato con enfasi il terzo anniversario della grande sciagura, giungendo perfino ad invitare i fedeli – come mi è stato riferito da un lettore – a scambiarsi il segno di pace immaginando di dare una carezza al caro papa Francesco…

Nel carcere minorile di Casal del Marmo, dove il Vescovo di Roma appena eletto si inginocchiò davanti a una musulmana per baciarle i piedi (quando non lo fa mai davanti a nostro Signore), ho svolto qualche anno fa un breve apostolato che mi ha fatto un gran bene, nonostante l’ostracismo dei volontari cattocomunisti e del locale cappellano, nostalgico del massone cardinal Casaroli, che a suo tempo aveva frequentato quel luogo. La stragrande maggioranza degli ospiti era costituita da zingari e immigrati slavi o maghrebini più o meno irregolari. I giovani delinquenti italiani vi transitano infatti soltanto per pochi giorni, per esser poi affidati alle cure di non meglio specificate “comunità educative”. Fu così che, una domenica, per poco non mi imbattei in due adolescenti romani che, tanto per divertirsi, avevano ammazzato un ciclista a calci e pugni. Correva l’anno 2008; quanto di recente accaduto a Roma, purtroppo, non è una novità, salvo per il clamore mediatico che quella volta, per i misteriosi meccanismi dell’informazione, non ci fu.

In comunità, quei due rampolli di “normalissime” famiglie nostrane saranno stati certamente assistiti da valenti psicologi che li avranno aiutati ad elaborare il lorodisagio. In questo modo, però, si son persi un’occasione irripetibile per farsi lavare i piedi nientemeno che… dal Papa! Un’eventualità del genere – mi vien da pensare – avrebbe senz’altro cambiato per sempre la loro esistenza, così inaspettatamente raggiunta dal mistero della misericordia divina. Non mi risulta però che Alì Agca si sia fatto cattolico dopo la visita di Giovanni Paolo II; di lì a poco si diede piuttosto a inquietanti farneticazioni messianiche. Il fatto è che, per quanto ci si ostini oggi a negarlo, ci sono persone che scelgono lucidamente e deliberatamente… il male. Poiché la volontà umana è libera (e non può essere annullata da nessun disagio o povertà di sorta), prima di svelare ai rei il volto misericordioso di Dio occorre mostrare loro – come ha fatto Egli stesso nel rivelarsi – la Sua giustizia e il Suo giudizio; altrimenti nessuno prenderà mai sul serio la Sua misericordia.

Oggi la misericordia non è più nemmeno capita, per il semplice fatto che non se ne vede la necessità. Se addirittura chi dovrebbe fungere da supremo garante della verità asserisce che «ciascuno di noi ha una sua visione del bene e del male» e che «noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il bene», mentre qualsiasi giudizio morale costituirebbe un’intollerabile «ingerenza spirituale nella vita personale», tutto diventa lecito. Ci sono gruppi e individui che da decenni si battono per la legalizzazione della pedofilia, la quale – a detta loro – rappresenterebbe un bene per il bambino, in quanto lo aiuterebbe a liberarsi dalle deprecabili inibizioni con cui l’educazione soffocherebbe la sua naturale sensualità e voglia di vivere.
In diversi Paesi europei questo genere di “rieducazione” pansessista è già obbligatoria e, se un padre cerca di sottrarle il figlio, finisce in galera come un criminale (e là non c’è nemmeno un papa che vada a lavargli i piedi come a Roma, al massimo ci sarà un arcivescovo Koch che gli farà la ramanzina a difesa dei sodomiti). Che cosa obiettare a codesti apostoli dell’infanzia, che possono ormai appellarsi al pensiero della più alta autorità morale al mondo?
Sono talmente corrotti da esser diventati abominevoli nelle loro iniquità.

L’angelo «aprì il pozzo dell’Abisso e dal pozzo salì un fumo come il fumo di una grande fornace, che oscurò il sole e l’atmosfera» (Ap 9, 2). La lotta è umanamente impari, ma le nostre armi spirituali sono più potenti. Confesso che, in questo momento, l’unica cosa che mi dà forza è la santa Messa tradizionale, che non mi farò strappare da nessuno per nessuna ragione. Ogni mattina, come primo atto della giornata, scendo in cappella con lo stato d’animo di un generale di corpo d’armata che si accinge a sferrare battaglia con la certezza assoluta di riportare vittoria sul nemico.
Al termine, a vittoria ottenuta, provo una sensazione di forza sovrumana che mi assicura che anche la guerra è vinta. Ma ogni fedele può trarre dalla Messa antica il medesimo vigore, fin da quando, con il sacerdote ai piedi dell’altare, recitando il Confiteor si presenta al cospetto della corte celeste per esserne giudicato, al fine di esservi ammesso come un intimo amico: «Voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei Santi e familiari di Dio» (Ef 2, 19). Grande, sublime, temibile condizione del cristiano! Un sacro tremore tempera l’esultanza perché non degeneri in iattanza.

Celebriamo la Settimana Santa come la nostra vittoria sulle orde infernali, che si sono sparse su tutta la terra e che neanche il paolino katéchon trattiene più (cf. 2 Ts 2, 6-7). Sebbene il mysterium iniquitatis si sia scatenato come non mai, Dio già regna dal legno della Croce – e noi siamo partecipi della Sua regalità. Esercitiamola dunque sotto la guida di Colei che più di chiunque altri la possiede dopo Suo Figlio, Lei che è «bella e terribile come schiere a vessilli spiegati» (Ct 6, 4).

Abbattiamo le fortezze del nemico con la corona del santo Rosario; ogni singola Ave Maria recitata con fede, risuonando nel Suo Cuore immacolato e doloroso come il grido di un figlio, che non può rimanere inascoltato, La muoverà a scacciare un demonio.
Unendo la nostra passione a quella che, sul Calvario, ha fatto di Lei un tutt’uno con la Vittima uscita dal Suo grembo, Ella ci renderà imbattibili. Sia questo il mio augurio pasquale a tutti i fedeli della Parrocchia virtuale, che ogni mattina presento al Signore nel canone della santa Messa, nominando ad uno ad uno quelli che mi hanno affidato le loro intenzioni. Prende un po’ di tempo, ma è tempo ben speso nel cuore del Sacrificio della nostra redenzione, nel quale il trionfo della Chiesa è già un fatto compiuto.

San Giuseppe, sposo dolcissimo di Maria, padre putativo di Gesù, padre della divina Provvidenza e custode della santa Chiesa, a te ricorriamo per essere rivestiti delle tue virtù: della tua fede, della tua umiltà, della tua obbedienza, della tua pazienza, del tuo silenzio adorante e del tuo spirito di abbandono. Difendici da tutti gli assalti del maligno e provvedi alle nostre necessità spirituali e materiali, affinché possiamo cercare unicamente il Regno di Dio e servire al trionfo del Cuore immacolato di Maria, tua santissima Sposa.
Amen.
 







LA DOLCE MORTE DELLA CHIESA......

Il colpo più devastante degli ultimi tre anni.

di  Don Elia

Geniale astuzia gesuitica. Se non altro, bisogna dargliene atto. Con l’esortazione apostolica sulla famiglia è riuscito a catturare e calamitare su di sé l’attenzione universale, compresa quella di chi lo detesta. Tutti col fiato sospeso in attesa che scoccasse la fatidica ora. Mai la pubblicazione di un documento del Magistero aveva provocato tanta suspense ed era stato atteso con tanta trepidazione, seppure di segno diverso a seconda degli schieramenti. Che si sia d’accordo o meno, una simile ansia, da sola, ha comunque conferito al documento una risonanza enorme a livello mondiale, fuori e dentro la Chiesa.
Non c’è che dire: un altro colpo da maestro nella strategia di manipolazione collettiva di cui tutti, nolenti o no, siamo inevitabilmente vittime – forse, come potremo verificare nei prossimi mesi, il colpo più devastante degli ultimi tre anni.

I commenti, in senso favorevole o contrario, saranno d’obbligo e si moltiplicheranno a dismisura su siti e testate di ogni orientamento, continuando a tenere incollato l’interesse di tutti su un testo che, secondo l’ormai collaudata tecnica, non contiene dichiarazioni che contraddicano nettamente il deposito della fede, ma insinua l’eresia sotto forma di mantra ossessivi: accoglienza, inclusione, misericordia, compassione, inculturazione, integrazione, accompagnamento, gradualità, discernimento, coscienza illuminata, superamento di schemi rigidi o sorpassati…

Chi può contestare una tale esortazione alla (apparente) carità evangelica senza passare per un ottuso e insensibile difensore di dottrine astratte, formulate in modo non più compatibile con la situazione odierna? Se – a quanto si afferma – il matrimonio cristiano (che i nostri genitori, nonni e bisnonni hanno normalmente vissuto, pur con tutti i loro limiti e sforzi) è un ideale cui tendere e non più la vocazione ordinaria del battezzato, elevata e fortificata dalla grazia, chi siamo noi per giudicare famiglie ferite
e situazioni complesse?

VISCIDO E SFUGGENTE

A voler pizzicare il testo su qualche preciso svarione dottrinale, d’altronde, si ha l’ormai consueta impressione di essere alle prese con un oggetto viscido e sfuggente che non si lascia afferrare da nessun lato: non c’è un pensiero articolato e coerente, non c’è uno sviluppo teologico argomentato, ma un’iterazione snervante di ricorrenti temi con variazioni che, in appena trecentoventicinque paragrafi, stronca qualsiasi resistenza mentale e psicologica.
Il realismo cui insistentemente ci si appella non è quello dell’interazione tra natura e grazia, tipico della tradizione cattolica, ma quello della sociologia e della psicanalisi, che ignorano completamente l’azione della grazia – se non intesa nel significato improprio di conforto psicologico – e considerano la natura esclusivamente nella sua disperata incapacità di correggersi.
Di conseguenza l’unica soluzione possibile, nell’immancabile ospedale da campo, non è curare le malattie con una terapia adeguata, ma “aiutare a morire” pazienti accolti, integrati e felici di esserlo.
Che dire? Eutanasia dello spirito…

Frammisti a questa logorroica e interminabile ricetta, espressi in forma ambigua o imprecisa, nel penultimo capitolo (quello decisivo) arrivano infine gli errori formali, quando l’esausto lettore, indottrinato dai trecento paragrafi precedenti, non è più in grado di reagire.

Finalmente qualcosa a cui aggrapparsi per denunciare – ciò che si spera comincino a fare vescovi e cardinali – un’esplicita deviazione dottrinale! L’errore più grave, da cui discendono gli altri, riguarda l’imputabilità morale degli atti umani, che non sempre è piena. Verissimo per singole azioni; peccato che le cosiddette situazioni irregolari siano stati durevoli e condizioni stabili in cui non si può cadere per debolezza o inavvertenza, ragion per cui l’osservazione non è pertinente. Da questo errore di prospettiva deriva l’opinione che non tutti coloro che vivono una situazione coniugale irregolare siano in peccato mortale, privi della grazia santificante e dell’assistenza dello Spirito Santo. Ciò può risultare vero unicamente in presenza dell’ignoranza invincibile: ma è un’ipotesi ammissibile, in questo caso? Nell’eventualità, compito di ogni fedele – e a maggior ragione di ogni sacerdote – è proprio quello di istruire gli ignoranti.

Di conseguenza, affermare che chi è in stato di peccato grave è membro vivo della Chiesa non può non essere falso: il peccato mortale si definisce appunto come morte dell’anima.

Se poi, su questa china, si arriva ad asserire che l’adulterio permanente può essere per il momento «la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo» (Amoris laetitia, 303), siamo alla bestemmia.
A rimediare non basta una citazione di san Tommaso, strumentale e strappata al contesto: è il metodo dei Testimoni di Geova.

Non siamo accorati per chi si ingegnerà a tirare il documento da una parte o dall’altra per trovarvi supporto al proprio orientamento (normalista o rivoluzionario); la perfidia peggiore consiste nel fatto che anche le obiezioni, loro malgrado, ne rafforzeranno la ricezione: che se ne parli anche male, purché se ne parli… e più se ne parlerà, più il veleno che contiene penetrerà nelle conversazioni quotidiane, nei dibattiti televisivi, nei progetti pastorali, nella mentalità e nella prassi comuni.

È proprio così che idee inizialmente inaccettabili vengono trasformate in norma; è esattamente la stessa tecnica utilizzata dalle menti occulte del nuovo ordine mondiale, che nel giro di pochissimi anni ha portato la società e gli Stati ad ammettere e premiare le devianze sessuali, prima universalmente e spontaneamente aborrite, e a stigmatizzare come nemico del genere umano chi ancora le denuncia per quello che sono – la più ripugnante forma di degradazione della persona. Ora anche nella Chiesa, con la scusa dell’adattamento ai tempi e mediante la valutazione dei casi particolari, demandata ai singoli chierici, ciò che era inammissibile diverrà obbligatorio – e guai a chi non si adegua.

Se ci avete fatto caso, l’attacco è stato sistematicamente portato contro i Sacramenti che sono i pilastri del vivere sociale e cristiano: il matrimonio, fondamento della famiglia e dell’educazione alla fede e alla vita; la confessione, fattore di discernimento morale e di correzione della condotta individuale; l’Eucaristia, principio di santificazione e vincolo di appartenenza ecclesiale. Il primo è stato demolito con le nuove norme per le cause di nullità; il secondo, svuotato di senso e di valore con le inaudite raccomandazioni ai missionari della misericordia; il terzo, ridotto a mero simbolo con poche battute estemporanee sull’intercomunione con i protestanti. Complimenti: neanche Ario e Lutero erano riusciti a far tanto danno con così pochi mezzi e in così poco tempo.
Nella hit parade degli eretici il Nostro ha raggiunto la vetta in modo fulmineo.

Distruggendo la fede nei Sacramenti e nella vita soprannaturale, si annienta inevitabilmente anche quella – inseparabile – nei due misteri principali del Credo cristiano: Incarnazione, Passione, morte e Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo; unità e Trinità di Dio. Anche se l’ordine del catechismo è inverso, qui dobbiamo partire dal fondo: i Sacramenti, infatti, applicano alle anime dei credenti i frutti del mistero salvifico di Cristo, il quale sarebbe stato impossibile se Gesù non fosse il Figlio di Dio, una cosa sola con il Padre nell’unità dello Spirito Santo.

In ultima analisi, dunque, chi nega l’efficacia della grazia sacramentale nega il Dio della Rivelazione; in altre parole, è apostata e ateo, perché nel suo discorso rimane soltanto l’uomo. Degno erede e continuatore di quel famoso porporato, estintosi per volontaria eutanasia, che da vecchio affermava di non aver ancora capito perché mai il Padre avesse fatto soffrire il Figlio. Gli sarebbe bastato leggere la Bibbia, di cui peraltro passava per maestro.

Ora, se è vero che non si può fare a meno di leggere pur qualcosa della e sull’ultima pubblicazione pontificia, evitiamo di cadere in trappola lasciandocene catturare e intossicare, dimenticando poi di fare le uniche cose effettivamente utili e necessarie nell’attuale frangente storico – quelle che persino l’ambiente tradizionale, ahimé, non pratica abbastanza, rischiando di estenuarsi in sfoghi polemici che, alla fin fine, non cambiano nulla, se non le nostre condizioni emotive. Preghiamo, offriamo, facciamo penitenza (ma sul serio, non a chiacchiere) e, se abbiamo tempo e voglia di leggere, curiamo la retta fede. Non lasciamoci rubare la fruizione e il godimento del tesoro che possediamo, perdendo la pace e la serenità di chi conosce la verità e si sforza di viverla con l’aiuto della grazia e il proprio impegno personale.

Dato che l’atomizzazione dottrinale e pastorale della Chiesa Cattolica, che di fatto è in corso da decenni, è stata ormai formalmente sancita, preghiamo senza sosta per essa, i cui nemici da sempre si adoperano a minarne l’unità allo scopo di dominarla e distruggerla. Divide et impera, nonostante la scarsa preparazione culturale, almeno una cosa l’ha imparata – e l’applica a meraviglia, polverizzando la comunione del Popolo di Dio.

Preghiamo anche gli uni per gli altri onde poter fare un discernimento retto: i sacerdoti in cura d’anime, riguardo alle difficili scelte che saranno obbligati a compiere; i fedeli, riguardo ai comportamenti che dovranno tenere in “comunità” parrocchiali in cui abusi e sacrilegi, se già non lo sono, diverranno prassi corrente. «Il fratello aiutato dal fratello è come una città fortificata» (Pr 18, 19): posso garantire per esperienza personale che il sostegno dell’intercessione altrui permette di sopportare le più gravi prove con un’inspiegabile letizia.
Il Signore ricompensi con la gioia della fedeltà amorosa a Lui i tanti che pregano per il povero prete che scrive.

Pubblicato da Elia

http://lascuredielia.blogspot.it/2016/04/la-dolce-morte-della-chiesa-geniale.html

(MB: Don Elia è un sacerdote.  e’ un pezzo che vorrei aver scritto io - ha detto Blondet)











[Modificato da Caterina63 09/04/2016 14:53]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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