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DOSSIER apologetico dottrinale SUL MATRIMONIO

Ultimo Aggiornamento: 14/09/2015 13:34
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14/09/2015 13:34
 
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  «Permesso, scusa, grazie»




«Permesso, scusa, grazie»



 

 

Tre paroline che non devono mai mancare in una famiglia, dice papa Francesco, per custodirla nell'amore e nell'unità. Perché il matrimonio è un lavoro certosino e quotidiano, un' pera d'arte eroica e maestosa, ben più di una cattedrale 

Fondamentalmente è colpa di Cenerentola. Ci ha fregati un po' tutti il finale delle fiabe. Non che lo si dica apertamente, ma in qualche modo i finaloni romantici lasciano intendere che si viva automaticamente felici e contenti, dopo il bacio, dopo le nozze, come per un diritto misteriosamente acquisito tagliando la torta nuziale, e da lì in poi fermamente inalienabile. Il matrimonio invece è un lavoro certosino e quotidiano, un'opera d'arte eroica e maestosa, ben più di una cattedrale, perché quella, magari anche dopo mille anni, va in rovina, e si sbriciola e si perde nel­ la polvere, mentre le vite che nascono da una famiglia sono chiamate all'eternità, e allora quello scolpire, quel cesellare, quel rifinire che tanta fatica può costare non sarà perso mai, mai si sbriciolerà in polvere. 
 
Stare insieme è un lavoro quotidiano 
Il Papa, invitandoci (per esempio il 26 ottobre e il 29 dicembre 2013, il 14 febbraio e il 2 aprile 2014) a usare le parole "permesso, grazie, scusa", ha ricordato essenzialmente questo. Stare insieme è un lavoro quotidiano, che richiede la massima attenzione. «Tre parole chiave! Chiediamo permesso per non essere invadenti in famiglia. "Posso fare questo? Ti piace che faccia questo?", col linguaggio del chiedere permesso. Diciamo grazie, grazie per l'amore! Ma dimmi, quante volte al giorno tu dici grazie a tua moglie, e tu a tuo marito? Quanti giorni passano senza dire questa parola, grazie! E l'ultima: scusa. Tutti sbagliamo e alle volte qualcuno si offende nella famiglia e nel matrimonio, e alcune volte - io dico - volano i piatti, si dicono parole forti, ma sentite questo consiglio: non finire la giornata senza fare la pace». 
Ovviamente non è un discorso di forma, e ancor più ovviamente non si riduce a questo l'attenzione per il marito e per la moglie. Semplicemente il Papa ha voluto scegliere parole facili da tenere a mente, ma per significare che l'amore tra due coniugi quasi mai è una facile gratuita spontanea simbiosi, ed è invece molto più il frutto di una scelta, di una dedizione, di un impegno volontario, consapevole, quotidiano. Una lotta di trincea, un conquistare centimetro per centimetro, per smussare angoli, strappare sorrisi, scartavetrare superfici scabrose.  
 
L'amore non è un'emozione 
Credo che mai come oggi la Chiesa abbia un compito profetico: annunciare all'uomo la verità su se stesso. Lo ha sempre fatto, e sempre lo farà, ma in passato molto spesso il suo annuncio è stato più vicino al sentire comune. Oggi invece l'idea di uomo che il cristianesimo propone è lontana anni luce da quella della cultura del mainstream, per così dire. In particolare per quanto riguarda la sfera dei sentimenti. La catechesi che il mondo fa sull'amore è lontana anni luce dalla verità: l'amore come una facile corrispondenza che soddisfi e solleciti la nostra emotività, qualcosa che viene gratuitamente, da assecondare, qualcosa che quando manca, beh, pazienza, devi avere il coraggio di seguire te stesso e lasciare una situazione che non ti gratifica più, e peccato se ci sono dei bambini che soffrono. . 

È rimasta solo la Chiesa a dirlo 
È rimasta solo la Chiesa a dire la verità, cioè che amare è anche difficile, a volte è faticoso, è bello ma non sempre semplice, e che l'amore vero ha poco a che fare col batticuore, col desiderio di conquista, con l'agognare qualcuno di irraggiungi bile (tutti i film romantici altro non sono che questo). È rimasta solo la Chiesa ad annunciare che il matrimonio non è il posto dove ci si riposa (diciamo, non prevalentemente, perché è comunque auspicabile in ogni nucleo una dotazione di base minima di divano, letture rilassanti, tavoletta di cioccolata e altri generi di conforto), ma il luogo al quale dedicare il meglio delle proprie energie. 
Vietati dunque i "vestiti da casa", solo l'idea mi fa rabbrividire: avere una tuta informe e magari la maglietta bucata o macchiata da tenere in casa certifica l'idea che fuori ci si presenti al meglio, mentre tra le mura domestiche si possa dare libero sfogo ai nostri lati peggiori, perché «tanto ormai" lui o lei ci hanno presi, e quindi alla fine ci terranno, in qualunque modo ci metteremo. Il vestito da casa non è che la rappresentazione concreta di un atteggiamento, dell'idea che non dobbiamo più sforzarci di piacere all'altro. E invece essere sposati dovrebbe essere un continuo chiedersi "come posso fare quello che piace a mia moglie, a mio marito? Come posso fare il suo vero bene, ma anche come posso semplicemente rendergli o renderle la giornata più allegra, la casa un posto più piacevole? Come posso rendere a lui, a lei l'idea di tornare da me almeno leggermente più allettante di una riunione condominiale?". 
 
Il Vangelo: da praticare anzitutto a casa propria 
A volte anche noi sposi cristiani facciamo errori grossolani, magari a causa dell'abitudine, o della distrazione, e ci dimentichiamo che il primo posto nel quale vivere e sperimentare e mettere in pratica il Vangelo è casa nostra. Perché certo amare il povero, il bisognoso di cui magari non conosciamo i difetti può anche venire facile. Ma amare quella persona di cui vediamo i limiti - che sono diversi dai nostri ma ne hanno sicuramente lo stesso peso specifico - ci costa di più, magari per quello stupido difetto che in quel momento ci fa venire i nervi. E amare quello che ci è più vicino ci sembra anche meno gratificante, perché in qualche modo lo sentiamo come un atto dovuto. 
È rimasta solo la Chiesa ad annunciare che invece quella che stiamo facendo ogni volta che chiediamo scusa, magari chiedendolo per primi, è un'opera d'arte. Ogni volta che chiediamo permesso prima di fare qualcosa, ogni volta che diciamo grazie non dimenticando che nulla di quello che riceviamo è scontato, né dovuto. 
E usare queste tre parole significa anche che si sta parlando, che non ci si è chiusi in un silenzio non belligerante forse più triste del litigio, che non si è smesso di guardare al rapporto con l'altro con gli occhi della speranza. 
 
Alla Fonte dell'amore 
È vero, a volte questo costa, ma solo Cenerentola può ancora credere che l'amore non passi per la croce. L'unica fonte del vero amore è Dio, noi da soli non siamo capaci di amore, cioè di fare disinteressatamente il bene dell'altro, e Lui ce l'ha fatto vedere chiaramente cosa significhi amare: dare la vita per l'altro. Sennò avrebbe semplicemente invitato i discepoli a cena, avrebbe bevuto e scherzato con loro, poi se ne sarebbe tornato a casa sua, invece li amò fino alla morte, e alla morte di croce. Anche a noi è chiesto questo, sebbene spesso i nostri martiri i siano ben più risibili e ben meno dolorosi: che so, sorridere a una suocera, accogliere un invito a cena al quale preferiremmo una trapanata del dentista senza anestesia, raccogliere da terra roba abbandonata non da noi in una precedente era geologica, fingere che la frittata alle zucchine sia buonissima anche se ha un pizzico di sale di troppo, ma non importa, basterà bere ininterrottamente tutta la notte, dire grazie per quel figlio ripreso da calcio (le prime volte la cosa desterà un po' di stupore, o forse ingenererà anche qualche malore per lo choc, visto che magari sono dieci anni che il padre va a prendere figli in giro per la città senza che nessuno mai si sia sognato di ringraziarlo), per la spesa fatta, per la cena cucinata, per la lampadina cambiata ...• 

Ricorda 
“Nella vita facciamo tanti errori, tanti sbagli. Li facciamo tutti. [ … ]. Ecco allora la necessità di usare questa semplice parola: "scusa". In genere ciascuno di noi è pronto ad accusare l'altro e a giustificare se stesso. […]. Impariamo a riconoscere i nostri errori e a chiedere scusa. "Scusa se oggi ho alzato la voce"; "scusa se sono passato senza salutare"; "scusa se ho fatto tardi", "se questa settimana sono stato così silenzioso", "se ho parlato troppo senza ascoltare mai"; "scusa mi sono dimenticato"; "scusa ero arrabbiato e me la sono presa con te" […] Tanti "scusa" al giorno noi possiamo dire. Anche così cresce una famiglia cristiana. Sappiamo tutti che non esiste la famiglia perfetta, e neppure il marito perfetto, o la moglie perfetta. Non parliamo della suocera perfetta […] Esistiamo noi, peccatori. Gesù, che cl conosce bene, ci insegna un segreto: non finire mai una giornata senza chiedersi perdono, senza che la pace torni nella nostra casa, nella nostra famiglia” (Francesco, Discorso del santo padre Francesco ai fidanzati che si preparano al matrimonio,14 febbraio 2014, reperibile su www.vatican.va) 
 
Per saperne di più... 
Mariolina Ceriotti Migliarese, La coppia imperfetta. Come trasformare i difetti in ingredienti dell'amore, Ares, 2012. 
Tomas Melendo Granados, Otto lezioni sull'amore umano, Ares, 2008
Francesco, Discorso del santo padre Francesco ai fidanzati che si preparano al matrimonio, 14 febbraio 2014.
 
Il Timone - Settembre/Ottobre 2014 





Chi aiuta gli sposi?

 
 
 
Fino a pochi anni fa, la famiglia veniva data per scontata, quasi come l'acqua o l'aria. C'era, semplicemente. Da lì si passava, inevitabilmente, lamentandosi magari, ma senza metterla troppo in discussione, anzi. E la stessa cosa valeva per il matrimonio che è all'origine della famiglia. Certo, le basi teoriche per spiegare il grave pericolo che sta attraversando la famiglia oggi esistevano da molto tempo: dal testo del padre del marxismo Friedrich Engels (1820-1895) dove viene teorizzato il superamento della famiglia, al femminismo radicale di Margaret Sanger (1879-1966). Mancava l'occasione perché queste idee sostenute da piccole minoranze diventassero di massa. Ci voleva una rivoluzione culturale e venne il Sessantotto, con i suoi miti e le sue icone ostili alla famiglia, con Simone de Beauvoir (1905- 1986) e il "suo" Sartre, con la rivoluzione sessuale, il divorzio e l'aborto. 

Da quell'anno la malattia entrò dentro le famiglie, colpendo i rapporti fra i genitori e fra questi e i figli. Non si trattava più soltanto di un'ideologia professata da alcuni, ma di un virus che tutti cominciarono a respirare, anche coloro che credevano nel valore della famiglia fondata sul matrimonio indissolubile, e anche coloro che amavano profondamente la loro famiglia. Anche costoro sentirono quel virus penetrare nei rapporti di coppia, nelle relazioni con i figli, perché la coppia e i figli vivono in quella società infettata da questo virus. Infine, quest'ultimo ha trovato nel 1994 e nel 1995 il sostegno dell'Onu, come ha denunciato in modo drammatico san Giovanni Paolo Il nell'Angelus del 29 maggio 1994, quando ha messo in campo il vangelo della sofferenza di fronte ai «potenti del mondo», la "sua sofferenza" (era reduce da un nuovo ricovero di quattro settimane all'ospedale Gemelli): «Perché la famiglia è minacciata, la famiglia è aggredita. Deve essere aggredito il Papa, deve soffrire il Papa, perché ogni famiglia e il mondo vedano che c'è un Vangelo, direi, superiore: il Vangelo della sofferenza, con cui si deve preparare il futuro, il terzo millennio delle famiglie, di ogni famiglia e di tutte le famiglie». 

La cura della malattia, così, non poteva più essere soltanto sul piano della dottrina, per ricordare le ragioni della famiglia e del matrimonio, la verità e la bellezza del loro esistere. Certo, anche questo, e tutti abbiamo ascoltato in questi decenni l'insegnamento della Chiesa diventare sempre più ricco di spiegazioni sul perché della famiglia nel piano di Dio, passando attraverso la spiegazione delle ragioni morali ma anche e soprattutto cercando di mostrarne la verità e la bellezza. Ma, contemporaneamente, in gran parte proprio dall'esperienza della fede cristiana nascevano realtà associative che si piegavano sulle ferite della famiglia, facendosene carico come il buon Samaritano. Ognuna con la propria specificità, queste associazioni hanno prevalentemente lo scopo di prevenire la crisi e di curarla appena si presenta. 

Ne segnaliamo alcune, senza pretesa di completezza, chiedendo scusa a chi abbiamo dimenticato perché a noi sconosciuto e anche per la sinteticità delle informazioni. 

Cominciamo da una realtà recente, che ispira una grande simpatia per la generosità e la profondità che manifesta. Si tratta della "Fondazione Cenacoli di Maria", con sede principale a Ischia, nata per aiutare le famiglie attraverso la figura di Maria, per mezzo della preghiera anche comunitaria, ogni primo sabato del mese, ma anche attraverso la testimonianza e la parola, che esprimono la ragionevolezza della fede e della famiglia. Sul loro sito www.cenacolidimaria.it potrete trovare ulteriori informazioni. 

In qualche modo collegato, è il "Centro familiare Casa della tenerezza" (www.casadellatenerezza.it ), con sede a Perugia, fondato da mons. Carlo Rocchetta. Si tratta di comunità di fedeli che aiutano le coppie in difficoltà, promuovendo incontri per coppie, consacrati, singoli al fine di mostrare la tenerezza del Padre e la maternità della Chiesa verso chi ne ha bisogno, compresi i figli tra i sei e gli undici anni di genitori separati o divorziati, allo scopo di aiutarli a vivere questa difficile condizione. 

Un'altra realtà presente in Italia da 35 anni è l'Oeffe, "Orientamento familiare", che fa parte dell'IFFP, l'lnternational family foundation developement, e ha come scopo sostenere le famiglie interessate alla loro serenità attraverso corsi, seminari e incontri culturali che favoriscano l'acquisizione di una "mentalità professionale" da parte dei geni­ tori (www.famigliaok.it). 

Segnaliamo anche "Retrouvaille, un'esperienza cristiana", una comunità internazionale di aiuto alle coppie in crisi per salvare il matrimonio (www.retrouvaille.it) e "Incontro Matrimoniale", che nasce a Barcellona negli Anni Cinquanta e arriva in Italia nel 1978, quando viene organizzato il primo week end di formazione, dove agli sposi presenti viene raccomandata la grandezza del loro matrimonio attraverso una particolare rivalutazione del sacramento e del progetto di Dio sulla coppia (www.incontromatrimoniale.org) .•
 
Il Timone - Settembre/Ottobre 2014 




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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