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Chi si vergognerà di me anche io mi vergognerò di lui, parola di Gesù

Ultimo Aggiornamento: 18/01/2018 08:53
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28/10/2015 09:23
 
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Sull'accesso alla comunione di chi è in peccato, un tweet di padre Spadaro interpreta in modo capovolto una "sentenza" di san Cirillo di Gerusalemme. Ma anche se l'interpretazione fosse stata giusta, i conti non tornerebbero lo stesso. Ecco perché...



di Francesco Agnoli



Padre Spadaro

Antonio Spadaro, gesuita e cyberteologo, è stato tra i padri sinodali più attivi nella comunicazione. Su facebook, twitter, su vari giornali ha espresso con regolarità le sue opinioni e la sua lettura del Sinodo, prima e dopo. Generando così interessanti dibattiti che possono aiutare a comprendere meglio alcune questioni difficili.

Premetto di essere, come padre e come insegnante, un ammiratore dei gesuiti. La loro cultura e la loro umanità sono state un esempio per secoli di cosa l'educatore cristiano deve fare: unire la competenza, la passione, ad uno sguardo comprensivo e accogliente, sino al confine ultimo possibile. Ignazio insegnava così: "Ogni cristiano deve essere pronto più a salvare la parola del prossimo che a condannarla; e se non può salvarla, indaghi in qual senso la intenda e se l'intenda in male, la corregga con amore; e se non basta, cerchi tutti i mezzi opportuni affinchè, intendendola in bene, si salvi". Si vede bene che il fine per Ignazio è sempre indicare la salvezza, la Verità, attraverso un metodo: l'Amore. Un po' come fanno il padre che ama i suoi figli o il professore che ama i suoi studenti: poichè il fine è sempre il loro bene, sarà capace di valorizzare ogni cosa buona, in vista di un obiettivo finale. "Misericordia e verità si incontreranno", recita il Salmo 85, con un chiasmo che lega tra loro verità e giustizia, misericordia e pace, "giustizia e pace si baceranno" In quest'ottica un castigo, o un voto insufficiente, possono essere espressione di vero amore e misericordia, molto di più che il lassimo o l'elargizione di voti positivi sempre e comunque.

Agostino ricordava che tutto dipende da come il castigo, l'ammonimento, viene infilitto: anche se vero, senza amore, è avvelenato alla radice; ma se è vero e con amore è esattamente ciò che dobbiamo fare. "Se correggi, affermava Agostino, correggi per amore". E aggiungeva: non credere però "che ami tuo figlio, per il fatto che non lo castighi; o che ami il tuo vicino allorquando non lo rimproveri; questa non è carità, ma trascuratezza"

Può essere la naturale difficoltà umana di tenere un giusto rapporto tra verità e amore, ad aver spinto padre Spadaro a trovare in san Cirillo di Gerusalemme una giustificazione ad una sua personale convinzione: che l'Eucaristia vada "concessa" anche a coloro che san Paolo definirebbe "adulteri", cioè a coloro che, pur essendosi sposati, vivono una relazione anche carnale con un'altra persona.

Così il 23 ottobre, padre Spadaro su twitter ha citato una frase di san Cirillo: "Non privatevi della comunione nè astenetevi da questi santi misteri per esservi macchiati di peccato". Se un grande santo invita a fare la comunione anche in condizioni di peccato, intendeva dire Spadaro, ciò significa che la comunione ai divorziati risposati può essere ben introdotta non come una novità assoluta nella storia della Chiesa e della salvezza, ma come una migliore comprensione della Eucaristia stessa. Insomma, non come un cambiamento dottrinale, ma come un mutamento di prassi, di disciplina.

Tweet padre Spadaro

Ma ammesso e non concesso - come vedremo più avanti - che san Cirillo abbia avuto questa posizione sull'Eucarestia, la tesi presenta almeno tre grossi rischi: possiamo usare una citazione di un santo contro un magistero consolidato, sancito per esempio dal Concilio di Trento nel De Ss. Eucharistia, ulteriormente ribadito da vari pontefici sino alla Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II? Possiamo farlo senza ingenerare l'idea che in fondo la Chiesa fa o disfa le "regole", a suo capriccio?

È possibile schierare san Cirillo contro altri padri, che si sono espressi in modo del tutto diverso, ignorando secoli di tradizione? Trascurando per esempio san Tommaso (il grande cantore dell'Eucarestia, nelTantum ergo), che nella Summa teologica afferma che chi riceve l'Eucarestia trovandosi in peccato mortale, pecca mortalmente?

Ancora: come conciliare la rottura di un vincolo, per la Chiesa indissolubile, e l'accesso alla comunione, al sacramento dell'unità, alla luce del passo di san Matteo: "Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono"? E con il terribile passo di san Paolo nella I lettera ai Corinzi: "Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ora ciascuno esamini se stesso, e così mangi del pane e beva dal calice; poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro se stesso, se non discerne il corpo del Signore"?

Il testo di san Matteo e quello di san Paolo sono stati sempre intepretati in un modo molto preciso, cioè collegando Eucarestia e confessione, tra le quali, altrimenti, non ci sarebbe quel legame ribadito da due millenni di storia della salvezza.

Insomma, la questione è problematica assai, e come scrive un vescovo africano, nessuno deve avere la presunzione di essere più "misericordioso" di quanto è stato Cristo, o di quanto sono stati santi e papi del passato. Sarebbe, più che misericordia, o "tenerezza" come scrive qualcuno, semplice presunzione. Anche perché, così facendo, da una parte si direbbe implicitamente a coloro che hanno rotto il loro vincolo matrimoniale, che non è successo nulla; dall'altra si diminuirebbe il senso della grandezza del matrimonio nelle nuove generazioni, amplificando ulteriormente la disgregazione in atto in Occidente. Senza per questo andare davvero incontro a chi, se crediamo ancora al piano di Dio, non cerca commiserazione, e neppure l'Eucarestia "da sola", ma qualcosa di ben diverso.

Tornando a san Cirillo però, la verità è che se usasse twitter così bene come padre Spadaro, avrebbe qualcosa da ridire. Scriverebbe, utilizzando il numero di caratteri consentito: "hai travisato completamente il senso della mia frase, che significava l'esatto contrario di ciò che hai inteso". Essendo in verità, come hanno notato altri prima del sottoscritto (clicca qui), questa: "Non privatevi della comunione né astenetevi da questi misteri per esservi macchiati di peccato".

Per concludere una pagina di vita: il grande poeta Charles Peguy ad un certo punto della vita si convertì dal socialismo ateo al cattolicesimo dell'infanzia; non essendosi sposato, ma convivendo con una donna non credente, si trovò a vivere escluso dall'Eucarestia. Spiegava agli amici di incontrare Cristo nella preghiera, nella messa, in paziente attesa che la compagna di una vita (che si farà battezzare dopo la sua morte!), divenisse, liberamente, credente...

Peguy si scagliava con forza contro i sacerdoti che si limitano a maledire i tempi e a brontolare, e ugualmente crtiticava con fermezza quelli secondo i quali "va tutto sempre bene", quelli che "negano il disastro" della modernità: il fatto che la "nostra stessa miseria non è più una miseria cristiana". E', cioè, una miseria presuntuosa, arrogante, che pretende la salvezza e il riconoscimento di ogni propria scelta e decisione. Presuntuosa perché nega il peccato e il bisogno di redenzione.

Questo grande uomo - che in chiesa, come vari amici "irregolari" di chi scrive, pregava senza osare salire all'altare, senza pretendere nulla, aspettando solo che la grazia di Cristo piovesse su di lui e sulla sua famiglia, gratuitamente - scriveva: "I sacramenti sono indelebili. E' la profonda idea cristiana che i nomi sui registri di Dio non si cancellano mai... Amico mio, questa idea quanto si oppone, risolutamente, deliberatamente, alla frivolezza moderna che vuole, che pretende, di ricominciare tutto... che vuole ritornare su tutto, e rifare tutto, soprattutto il matrimonio....".






POST-SINODO
 

Un'intervista al vescovo belga Bonny, che vorrebbe buttare al macero l'insegnamento della Chiesa su contraccezione e castità, è l'esempio perfetto di cosa significhi la mistificazione a mezzo stampa e di cosa dobbiamo aspettarci dal post-Sinodo. Con rappresentanti delle Chiese in disarmo che pretendono di dettare legge.

di Renzo Puccetti
Monsignor Johan Bonny


Nei giorni scorsi da queste colonne Massimo Introvigneha ben elencato la vergognosa mistificazione di cui si sono fatti interpreti non pochi organi d'informazione nel commentare la conclusione del Sinodo sulla famiglia. Proseguendo su questa riflessione vorrei soffermarmi su un’intervista esemplare apparsa nei giorni scorsi su Vatican Insider, il sito della Stampa dedicato alle notizie ecclesiali, ormai diventata la voce ufficiale di una lettura del Sinodo in senso kasperiano.
Stiamo parlando dell’intervista di Gianni Valente a Johan Bonny, vescovo belga di Anversa, presentato come uno che non sembra «un pasdaran del relativismo teologico», ma piuttosto uno che «tiene semplicemente conto di come la Chiesa cammina nella storia». Una bella presentazione per un vescovo noto per avere pubblicato un documento prima del Sinodo straordinario in cui invocava di buttare al macero l'insegnamento della Chiesa sulla contraccezione e sulla castità.

E cammin cammina, dove ci porta Bonny? Al discernimento globale: «Perché questo discernimento non si applica soltanto ai divorziati risposati. Essi si fanno carico anche di altre situazioni, come le convivenze di giovani non ancora sposati, o chi è sposato civilmente ma non sacramentalmente», dice Bonny. Al giornalista della Stampa non viene in mente di domandare al vescovo Bonny per quali ragioni la sua interpretazione del testo sinodale sul criterio del discernimento dovrebbe applicarsi soltanto ad adulterio e fornicazione, gli unici peccati citati dal presule. Forse avrebbe potuto chiedere a Bonny perché il discernimento non si potrebbe applicare a tutti i peccati. Perché non dare la Comunione dopo un cammino di discernimento a sodomiti, poligami e persino pedofili in servizio effettivo. 

Se si mette a cercare bene qualche semino di bene lo potrà trovare per giustificare la necessità di fortificarli con l'Eucaristia: «Chi cerca l’eucaristia (minuscolo nell'originale n.d.r.), chi ne sente il bisogno vitale, come nutrimento di guarigione o di vita spirituale, appartiene a delle categorie che canonicamente non possono ricevere il sacramento», è la purtroppo non inedita considerazione che Bonny affida a Valente. Al vescovo di Anversa che cita i concili di Nicea e Calcedonia sulle dispute trinitarie e le nature di Gesù come esempi dove la sfida era analoga a quella al Sinodo, «combinare gli elementi di verità che difendevano gli uni con quelli che difendevano gli altri», si dovrebbe chiedere se dunque per superare l'empasse suggerisce che risposare un'altra donna si dovrebbe definire adulterio-non-adulterio, peccato-non-peccato, o magari peccato se è un adulterio mordi e fuggi, ma non peccato se l'adulterio si stabilizza con figli di secondo letto e nipoti. 

Peccato poi che a Bonny non sia stato chiesto se nel Sinodo non avesse provato un certo disagio a svolgere insieme ai vescovi renani il ruolo di esperto di pastorale proprio quando nelle loro stesse diocesi gli arredi sacri vengono venduti all'asta e le chiese convertite in ristoranti e palestre dopo decenni di applicazione della loro ricetta spirituale fatta di eucaristia minuscola.   Se non avesse trovato più appropriato sedere tra i banchi degli alunni e prendere appunti lasciando che a fare lezione fossero quei vescovi africani dove il cattolicesimo si è espanso dai 55 milioni del 1978 ai 206 milioni del 2013 (dal 12,4 al 19% della popolazione africana, un balzo del 53%). 

Personalmente devo confessare di essere interessato a vedere quali saranno nei prossimi anni i frutti di questa imminente ondata di discernimento. Azzardo una previsione: i vescovi demanderanno il discernimento ai parroci i quali si divideranno in quelli che daranno la Comunione ai risposati e quelli che non lo faranno. Esattamente tutto come avviene già ora, ma con la differenza che i lassisti potranno giustificare la loro condotta esibendo il timbro del discernimento. Sui buoni parroci che continueranno a richiedere la conversione e il distacco dal peccato per concedere assoluzione e Comunione si abbatterà l'accusa di rigorismo.

Ciò avverrà da parte di una folla che nelle occasioni importanti vorrà mettersi in fila per sfoggiare l'imbiancatura immacolata dei loro sepolcri interiori. E avverrà da parte del clero lassista che non perdonerà loro di ricordargli, con la loro condotta integerrima, il proprio peccato. Vero che questo del Sinodo non esprime alcun Magistero e che bisognerà attendere il pronunciamento del Papa, ma, così come per il Concilio, abbiamo avuto il Sinodo mediatico e i suoi danni ora avremo anche il post-Sinodo mediatico. E non importa quali saranno le decisioni del Papa: per quanto dottrinalmente ineccepibile, sono scettico circa la possibilità che venga recepito onestamente da chi è riuscito a pervertire e sterilizzare persino la feconda ortodossia di cinquant'anni d'insegnamento di Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI devastando il cattolicesimo nei loro Paesi, ma stando bene attenti a mantenere intatto il gonfiore del proprio portafoglio.






[Modificato da Caterina63 01/11/2015 12:28]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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