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19/11/2015 21:17 | |
http://italiasempre.com/verita/italiabellamos1.htm Italia bella, mostrati gentilee i figli tuoi non li abbandonare,sennò ne vanno tutti ni' Brasilee 'un si rìcordon più di ritornare.Ancor quà ci sarebbe da lavorà,senza stare in America a emigrà.Il secolo presente qui ci lascia, i' millenovecento s'avvicina. La fame c'han dipinto sulla faccia e pe' guarilla 'un c'è la medicina.Ogni po' noi si sente dire: "E vo là dov'è la raccolta del caffè".Ogni po' noi si sente dire: "E vo là dov'è la raccolta del caffè".L'operaio non lavora e la fame lo divora, e quì 'i braccianti 'un san come si fare a andare avanti.
Spererem ni' novecento, finirà questo tormento, ma questo è il guaio, il peggio tocca sempre all'operaio. Ogni po' noi si sente dire: "E vo là dov'è la raccolta del caffè".Ogni po' noi si sente dire: "E vo là dov'è la raccolta del caffè".Nun ci rimane più che preti e frati, monìcche di convento e cappuccini, e certi commercianti disperati di tasse non conoscano confini.Verrà un dì che anche loro dovran partìlà dov'è la raccolta del caffè.Verrà un dì che anche loro dovran partìlà dov'è la raccolta del caffè.Ragazze che cercavano marito vedan partire il loro fidanzato. Vedan partire il loro fidanzato e loro restan qui co'i sor curato.Verrà un dì che anche loro dovran partìlà dov'è la raccolta del caffè.Le case restan tutte spigionate, l'affittuari perdano l'affitto, e i topi fanno lunghe passeggiate, vivan tranquilli con tutti i diritti.Verrà un dì che anche loro dovran partìlà dov'è la raccolta del caffè.Verrà un dì che anche loro dovran partìlà dov'è la raccolta del caffè.
[Modificato da Caterina63 19/11/2015 21:19] Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine) |
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19/11/2015 21:32 | |
L'INNO D'ITALIA COMPLETO per la musica clicca qui
Testo originale con note esplicative |
Fratelli d'Italia, l'Italia s'é desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creó.
Fratelli d'Italia, l'Italia s'é desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creó.
Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamó.
Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamó. Si!
Noi fummo da secoli calpesti, derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica Bandiera, una speme. Di fonderci insieme già l'ora suonò.
Uniamoci, amiamoci, l'unione e l'amore rivelano ai popoli le vie del Signore.
Giuriamo far libero Il suolo natio. Uniti per Dio, chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamó.
Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamó. Si!
Dall'Alpe a Sicilia, dovunque è Legnano. Ogn'uom di Ferruccio ha il core, la mano.
I bimbi d'Italia si chiamano Balilla. Il suon d'ogni squilla i Vespri suonò.
Son giunchi che piegano le spade vendute. Già l'Aquila d'Austria le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia, il sangue Polacco, bevé col Cosacco, ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamó.
Stringiamci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamó. Si!
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01 La cultura di Mameli è classica ed è forte in lui il richiamo alla romanità. L'Italia, ormai pronta alla guerra contro l'Austria, si cinge la testa, in senso figurato, (s'è cinta la testa) con l'elmo dell'eroico generale romano Publio Cornelio Scipione, detto poi l'Africano, (Scipio) che nel 202 a.C. sconfisse il generale cartaginese Annibale nella famosa battaglia di Zama (nella attuale Algeria), riscattando così la precedente sconfitta di Canne e concludendo la seconda guerra punica. Dopo la disfatta, Cartagine sottoscrisse il trattato di pace con Roma per evitare la totale distruzione.
02 Qui l'autore si riferisce al fatto che la Dea Vittoria fu già schiava di Roma per volere divino, ed ora la invita ad inchinarsi alla nuova Italia ed a Roma (le porga la chioma).
03 La coorte era la decima parte della Legione Romana.
04 Mameli sottolinea il fatto che l'Italia non è unita. All'epoca infatti (1848) era ancora divisa in sette Stati.
05 Mameli manifesta la sua speranza (speme) che l'Italia si raccolga attorno ad una unica Bandiera perchè l'ora di fondersi assieme è già suonata.
06 Qui l'autore, mazziniano e repubblicano convinto, traduce il disegno politico di amore ed unione di Giuseppe Mazzini, creatore della "Giovine Italia" e della "Giovine Europa".
07 Il verso "Uniti per Dio" in alcune versioni appare come "Uniti conDio", per non essere confusa con l'espressione popolare e quasi blasfema "per Dio" ancora oggi in uso nel linguaggio popolare italiano. Nel poema però il verso è derivato da un francesismo che significava "da Dio" o "attraverso Dio".
08 In questa strofa, Mameli ripercorre sei secoli di lotta contro il dominio straniero. Anzitutto, la battaglia di Legnano del 1176, in cui la Lega Lombarda sconfisse Barbarossa (ovunque è Legnano). Poi, l'estrema difesa della Repubblica di Firenze, assediata dall'esercito imperiale di Carlo V nel 1530, di cui fu simbolo il capitano Francesco Ferrucci (ogn'uom di Ferruccio ha il cor, la mano). Dieci giorni prima della capitolazione di Firenze (2 agosto) egli aveva sconfitto le truppe nemiche a Gavinana. In Firenze fu ferito, catturato ed ucciso da Fabrizio Maramaldo, un italiano al soldo dello straniero, al quale rivolge le parole d'infamia divenute celebri "Tu uccidi un uomo morto".
09 La figura di Balilla (I bimbi d'Italia si chiaman Balilla), sebbene non accertata storicamente, rappresenta il simbolo della rivolta popolare di Genova contro gli austro-piemontesi. Dopo cinque giorni di lotta, il 10 dicembre 1746 la città è finalmente libera dalle truppe austriache che l'avevano occupata e vessata per diversi mesi . Il verso "Il suon d'ogni squilla i Vespri suonò" invece si riferisce al fatto accaduto la sera del 30 marzo 1282, quando tutte le campane della città di Palermo chiamarono il popolo ad insorgere contro i Francesi di Carlo d'Angiò, e quelle giornate di lotta furono chiamate I Vespri Siciliani.
10 L'Austria era in declino e le truppe mercenarie (le spade vendute) apparivano deboli come giunchi (son giunchi che piegano). Con questa strofa Mameli lo sottolinea fortemente tanto che in origine fu censurata dal governo piemontese.
11 L'Austria, assieme alla Russia (il cosacco), aveva crudelmente smembrato la Polonia (bevè col cosacco), ma il sangue dei due popoli oppressi (il sangue d'Italia, il sangue Polacco) si fa veleno che dilania il cuore della nera aquila d'Asburgo.
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Breve biografia dell'autore
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Goffredo Mameli dei Mannelli Nacque a Genova 15 settembre 1827 e morì a Roma 6 luglio 1849. Studente e poeta precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al mazzinianesimo nel 1847, l'anno in cui partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani. La vita del poeta e valoroso patriota sarà dedicata interamente alla causa italiana. Partecipò ai moti rivoluzionari del 1848-49 diventando al contempo un seguace di Giuseppe Mazzini. Nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari, raggiunge Milano insorta, per poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei bersaglieri. Collabora poi con Garibaldi al cui fianco entra in Roma nel 1849 dove viene proclamata la Repubblica. Combattè a fianco dell' "eroe dei due mondi" al Gianicolo, gettandosi in battaglia con sprezzo del pericolo e per il suo valore conquistò la stima e la fiducia di Garibaldi, divenne suo aiutante ed ottenne incarichi di fiducia che lo portarono ad operare sia a Genova che a Firenze. Il 3 giugno 1849 rimase ferito alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata per la sopraggiunta cancrena, ma si sarebbe salvato se i soccorsi a lui portati fossero stati rapidi ed efficienti. Purtroppo, a causa dell'infezione il giovane combattente lasciò questa vita il 6 luglio 1949 a soli 22 anni. Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo in Roma.
Alcuni cenni sull'Inno di Mameli Scritto nell'autunno del 1847 dal ventenne studente e patriotaGoffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l'Austria. L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell'unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani (e non alla Marcia Reale) il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a noto God Save the Queen e alla Marsigliese. Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli divenisse l'inno nazionale della Repubblica Italiana.
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Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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