A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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Tempo di Natale e Anno Nuovo 2016 fino all'Epifania di NS Gesù Cristo

Ultimo Aggiornamento: 06/01/2016 12:57
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23/11/2015 16:16
 
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[SM=g1740717] Cari Amici, Tempo di Avvento e del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo ma.... quanto conosciamo di questo Tempo propizio?

Le quattro domeniche di Avvento ci accompagnano per mano verso Betlemme, e noi ci lasciamo davvero guidare dalla Madre Chiesa in questo percorso?

Vi proponiamo un piccolo percorso, davvero breve perchè lungo di duemila anni, attraverso il quale comprendere bene questo Tempo e farlo nostro. Riappropriamoci della nostra identità di Cristiani, pronti ad accogliere Dio che viene.

gloria.tv/media/Gr12i5JZpJm

www.youtube.com/watch?v=nox6MY-IKco


Movimento Domenicano del Rosario
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[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]


Cari Amici, dopo avervi offerto un video sul Tempo di Avvento, eccoci qui per condividerci alcune nozioni sulla Corona di Avvento, la sua tradizione e come si sviluppa in chiave cristocentrica all'interno dei suoi simboli.

Riscopriamo questo oggetto che non è soltanto una decorazione natalizia, ma molto di più e può davvero allietare ed accompagnare la nostra lettura della Scrittura in questo tempo di attesa.

gloria.tv/media/vtAKPsqGDqy

www.youtube.com/watch?v=Cl7ABllzgUs

Movimento Domenicano del Rosario






[SM=g1740733]

Cari Amici, c'è un'oggetto che è molto caro alla devozione popolare e per completare il presepe, è la Stella di Betlemme che non può essere raccontata senza i Magi. [SM=g1740757]

Al fenomeno astronomico che spetta alla scienza, noi vogliamo approfondire quello cristologico, così come lo ha voluto raccontare san Matteo, ed anche con una bellissima indicazione offerta a noi da Benedetto XVI.
Con questi sentimenti auspichiamo per tutti un Santo Natale.

gloria.tv/media/x2PGdsp6dDf

www.youtube.com/watch?v=q-OYwBZDyNE

Movimento Domenicano del Rosario





[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]



Cari Amici, il 10 dicembre veneriamo la Madonna di Loreto e ricordiamo la prodigiosa traslazione della Santa Casa di Nazareth. Per quanto le discussioni siano sempre accese sul fronte di quanti vorrebbero che la traslazione non sia stata prodigiosa, a noi piace invece pensarla come molti Santi ai quali è stato rivelato il prodigio.

Non dobbiamo dimenticare che ciò che ha fatto grande questa devozione è Maria stessa che in quel luogo santo continua a fare prodigi di conversione ed è sempre fonte di inesauribili grazie. Affidiamoci a Maria Santissima e siamo grati per il dono nel suolo italiano della Sua Santa Casa che, al di là del come sia avvenuta la traslazione, è comunque l'autentica abitazione di Nazareth, così come è confermato anche dai recenti studi archeologici.

E allora..... cominciamo bene questo Tempo di Avvento, in questa Santa Casa la Vergine Santa ricevette l'Annuncio, ma qui crebbe anche il Divino Bambino..... [SM=g1740738]

gloria.tv/media/fxAQNvjaDSk

www.youtube.com/watch?v=n9jTAtgCzpQ

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[SM=g1740738]

[Modificato da Caterina63 28/11/2015 20:45]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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29/11/2015 01:22
 
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 Stiamo assistendo da troppo tempo, ed inermi, a campagne spietate contro il Presepe.
Si da la colpa all'Islam, ma è un falso, è l'ateismo europeo che vuole eliminare ogni forma di religione e vogliono usare questi espedienti per accusare anche il Cristianesimo di intolleranza.

E allora..... per Natale... regalati un presepe, non temere di fare il Presepe.
San Francesco di Assisi ebbe l'intuizione di evangelizzare nel suo tempo proprio ricorrendo alla ri-costruzione dei fatti della nascita di Gesù Cristo narrata dai Vangeli, ed è nata la tradizione del Presepe.
Ma San Francesco fece il Presepe sopratutto perchè amava Gesù...
e amava Maria e Giuseppe, amava la storia che lo aveva salvato....

P.S. naturalmente ricordiamoci di mettere Gesù Bambino nel Presepe, dopo esserci preparati a riceverLo nel cuore   






NOVENA ALL'IMMACOLATA composta da San Pio X (dal 29 novembre al 7 dicembre)

Tota Pulchra es Maria

Vergine santissima che piaceste al Signore e diveniste sua Madre, immacolata nel corpo e nello spirito, nella fede e nell'amore, concepita senza peccato, guardate benigna ai miseri che implorano il vostro potente patrocinio!
Il maligno serpente contro cui fu scagliata la prima maledizione continua, purtroppo, a combattere e ad insidiare i miseri figli di Eva. Voi, o benedetta Madre nostra, nostra Regina e Avvocata, che fin dal primo istante del vostro concepimento schiacciaste il capo del nemico, accogliete le preghiere -- che uniti con Voi in un cuor solo -- Vi scongiuriamo di presentare al trono di Dio, perché non cediamo giammai alle insidie che ci vengono tese, così che tutti arriviamo al porto della salute, e fra tanti pericoli, la Chiesa e la società cristiana cantino ancora una volta l'inno della liberazione, della vittoria e della pace.
Così sia

"O Maria, concepita senza peccato pregate per noi che ricorriamo a Voi " ( per tre volte)

Pater
3 Ave
Gloria

Tota pulchra es, Maria.
Et macula originalis non est in Te.
Tu gloria Ierusalem.
Tu laetitia Israel.
Tu honorificentia populi nostri.
Tu advocata peccatorum.
O Maria, O Maria.
Virgo prudentissima.
Mater clementissima.
Ora pro nobis.
Intercede pro nobis.

Ad Dominum Iesum Christum.

_____________________

È una devozione più che millenaria quella in onore di Maria Immacolata, la cui solennità si celebra l'8 dicembre. Una festa che da molti anni viene associata anche al tradizionale omaggio di fiori alla statua della Madonna in piazza di Spagna a Roma.

In effetti, il dogma di Maria concepita senza la macchia del «peccato originale» è stato proclamato soltanto nel 1854. Ma sin dal Quattrocento la relativa festa era inserita nel Calendario liturgico e i devoti la preparavano con la recita quotidiana di una Novena, tuttora praticata utilizzando una notevole varietà di schemi.

Ancor più antico è il testo della preghiera che sarebbe stata insegnata dalla Vergine stessa a santa Geltrude la Grande: per nove giorni di seguito si pregano quotidianamente 30 Ave Maria, in memoria dei 270 giorni che ella trascorse nel grembo di sua madre sant'Anna. Seguono poi un'orazione e alcune specifiche invocazioni.

La solennità dell'Immacolata Concezione si lega anche alla consacrazione al Cuore immacolato di Maria che molti fedeli attuano in questo giorno. È una pia pratica che affonda le sue radici nel Medioevo, quando si venerava la Madonna con il titolo di «sovrana». Ma il vero araldo della consacrazione mariana fu san Luigi Maria Grignion de Montfort, che nel Settecento pubblicò ilTrattato della vera devozione a Maria.

Si tratta di un testo spirituale tuttora molto apprezzato, nel quale il santo ha tracciato un itinerario di trentatré giorni per prepararsi alla consacrazione. I primi dodici giorni rappresentano un periodo di preghiera e di raccoglimento per imparare a vincere l'attaccamento alle cose del mondo. Le successive tre settimane sono dedicate, ciascuna, all'offerta a Dio Padre, a Cristo e allo Spirito Santo di ogni momento della giornata. Infine viene recitato l'atto di consacrazione a Maria, con una formula nella quale il devoto rinnova gli impegni del battesimo e dichiara solennemente: «Offro a Maria la mia persona, la mia vita e il valore delle mie buone opere, passate, presenti e future».

Durante la Novena si consiglia di:

1) Pregare ogni giorno almeno una decina del Rosario, o meglio una parte intera (cinque decine) meglio ancora tutto il Rosario (15 Misteri),

2) Fare dei canti in onore della B.V. Maria,

3) Fare dei fioretti per la gloria di Maria,

4) Vivere la Novena come momento di conversione personale o di gruppo,

5) Curare il silenzio per la riflessione personale.


 



Babbo Natale si chiamava San Nicola

di Guido Villa

15-12-2013


Mese di dicembre, gli spot pubblicitari ci propongono fino alla noia uno strano personaggio vestito di rosso, con barba e baffi bianchi chiaramente posticci, che distribuisce regali. È il cosiddetto “Babbo Natale”, una fra le tante americanate che hanno invaso la nostra vita, certo più innocua di Halloween, ma sempre frutto di una mentalità mondano-protestante che cerca di svuotare e sbiadire i contenuti della nostra fede e
che nulla ha a che fare con la nostra cultura cattolica.

San Nicola

Forse pochi lo sanno, ma Babbo Natale, che gli americani chiamano Santa Claus, o più semplicemente Santa, rappresenta l’impoverimento di un personaggio della cultura cristiana dell’Europa centrale germanica e slava. Se esaminiamo con più attenzione questo nome americano, comprendiamo subito che esso deriva da Sankt Nikolaus, San Nicola di Mira, che noi italiani chiamiamo anche San Nicola di Bari, dalla città dove riposano e vengono venerati i suoi resti mortali, e che festeggiamo ogni anno il 6 dicembre.

Cosa c’entra San Nicola con i doni? La tradizione racconta che quando era vescovo di Mira in Licia (nell’odierna Turchia) tra la fine del Terzo e l’inizio del Quarto secolo dopo Cristo, egli era solito aiutare i poveri, e dopo avere saputo di un uomo povero che aveva tre figlie da maritare, di nascosto gettò nella casa per tre notti consecutive un sacchetto pieno di denaro, ciascuno dei quali destinato ad acquistare la dote per una delle figlie di quell’uomo.

Ricordando questo e altri episodi di bontà verso i poveri, la moderna tradizione mitteleuropea fa di San Nicola un distributore di doni, che nella notte tra il 5 e il 6 dicembre entra nelle case, e negli stivaletti lasciati sotto una finestra, lascia ai bambini buoni un regalo, mentre ai bambini cattivi lascia, a titolo di avvertimento, una frusta.

Nelle rappresentazioni di San Nicola, prima del suo arrivo giungono sulla scena i cosiddetti Krampus, diavoletti che cercano di disturbare i bambini buoni e li tentano a diventare discoli. Subito tuttavia giunge il nostro santo, e la sua presenza è sufficiente per spingere i diavoli a una fuga disperata. Il contenuto edificante è piuttosto chiaro: solamente i bambini buoni ricevono da San Nicola un premio, mentre quelli cattivi sono ammoniti a cambiare strada per non subire una punizione. La sola presenza di San Nicola allontana i diavoli, poiché l’inferno non può resistere a Dio e ai Suoi eletti, a chi vive nella santità.

Il Sankt Nikolaus che porta i doni ai bambini è sempre rappresentato come vescovo (cattolico, naturalmente) in vesti liturgiche. Toglietegli l’anello vescovile, la mitria, il pastorale, la stola e la casula e avrete… Babbo Natale, il quale quindi è San Nicola cui è stata tolta la dimensione spirituale. Il messaggero del Signore che allontana il male e premia la bontà si è trasformato in apostolo del consumismo e dello sfrenato acquisto di beni, spesso non necessari alla nostra vita.

Purtroppo neppure la figura del vero San Nicola ha resistito all’ondata di buonismo che ha preso il posto della fede, divenuta sempre più fredda e come sale senza sapore. Egli è quindi diventato un portatore di buoni sentimenti, che si presenta dinanzi ai bambini raccomandando loro di essere buoni, di amare la mamma e il papà, di fare i compiti, di non dire parolacce … tutte cose senz’altro positive, tuttavia insufficienti quando si trascura di insegnare ai bambini di curare la dimensione spirituale della vita: amare Gesù e la Madonna, dire le preghiere la mattina e la sera, andare a Messa la domenica e seguirla con attenzione senza chiacchierare … tutte che cose che, se fatte, porteranno di per sé i bambini a essere buoni.

La figura di Babbo Natale ha ormai quasi soppiantato anche Gesù Bambino quale datore dei doni della Notte Santa. Anche in moltissime parrocchie, quando svolgono opere di carità nel tempo di Natale, si utilizza questa gelida figura senza comprendere che in questo modo si contribuisce allo svuotamento dei contenuti spirituali presso i fedeli.

A questo proposito bisogna quindi essere chiari e netti, anche con i bambini: Gesù Bambino porta i regali (dopo tutto, è il Suo Natale) e non Babbo Natale, poiché semplicemente questo buffo personaggio non esiste. È inoltre necessario essere coerenti e testimoniare anche nelle piccole cose la nostra fede cristiana: ad esempio, non augurando Buone Feste, bensì Buon Natale e Felice Anno Nuovo; inviando cartoline o e-mail di auguri raffiguranti temi religiosi, preferibilmente la Sacra Famiglia con Gesù appena nato, anziché pini, paesaggi innevati, palline colorate e animaletti di vario genere che non hanno nulla a che fare con la nascita del Signore Gesù.

Dopo tutto, è proprio quello di Gesù il Natale che noi cristiani festeggiamo.


ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 6 dicembre 2015

[Multimedia]



 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In questa seconda domenica di Avvento, la liturgia ci pone alla scuola di Giovanni il Battista, che predicava «un battesimo di conversione per il perdono dei peccati» (Lc 3,3). E noi forse ci domandiamo: “Perché dovremmo convertirci? La conversione riguarda chi da ateo diventa credente, da peccatore si fa giusto, ma noi non abbiamo bisogno, noi siamo già cristiani! Quindi siamo a posto”. E questo non è vero. Così pensando, non ci rendiamo conto che è proprio da questa presunzione – che siamo cristiani, tutti buoni, che siamo a posto – che dobbiamo convertirci: dalla supposizione che, tutto sommato, va bene così e non abbiamo bisogno di alcuna conversione. Ma proviamo a domandarci: è proprio vero che nelle varie situazioni e circostanze della vita abbiamo in noi gli stessi sentimenti di Gesù? E’ vero che sentiamo come sente Gesù? Per esempio, quando subiamo qualche torto o qualche affronto, riusciamo a reagire senza animosità e a perdonare di cuore chi ci chiede scusa? Quanto difficile è perdonare! Quanto difficile! “Me la pagherai!”: questa parola viene da dentro! Quando siamo chiamati a condividere gioie o dolori, sappiamo sinceramente piangere con chi piange e gioire con chi gioisce? Quando dobbiamo esprimere la nostra fede, sappiamo farlo con coraggio e semplicità, senza vergognarci del Vangelo? E così possiamo farci tante domande. Non siamo a posto, sempre dobbiamo convertirci, avere i sentimenti che aveva Gesù.

La voce del Battista grida ancora negli odierni deserti dell’umanità, che sono – quali sono i deserti di oggi? - le menti chiuse e i cuori duri, e ci provoca a domandarci se effettivamente stiamo percorrendo la strada giusta, vivendo una vita secondo il Vangelo. Oggi come allora, egli ci ammonisce con le parole del profeta Isaia: «Preparate la via del Signore!» (v. 4). È un invito pressante ad aprire il cuore e accogliere la salvezza che Dio ci offre incessantemente, quasi con testardaggine, perché ci vuole tutti liberi dalla schiavitù del peccato. Ma il testo del profeta dilata quella voce, preannunciando che «ogni uomo vedrà la salvezza di Dio» (v. 6). E la salvezza è offerta ad ogni uomo e ad ogni popolo, nessuno escluso, a ognuno di noi. Nessuno di noi può dire: “Io sono santo, io sono perfetto, io già sono salvato”. No. Sempre dobbiamo accogliere questa offerta della salvezza. E per questo l’Anno della Misericordia: per andare più avanti in questa strada della salvezza, quella strada che ci ha insegnato Gesù. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati per mezzo di Gesù Cristo, l’unico mediatore (cfr 1 Tm 2,4-6).

Pertanto ognuno di noi è chiamato a far conoscere Gesù a quanti ancora non lo conoscono. Ma questo non è fare proselitismo. No, è aprire una porta. «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16), dichiarava san Paolo. Se a noi il Signore Gesù ha cambiato la vita, e ce la cambia ogni volta che andiamo da Lui, come non sentire la passione di farlo conoscere a quanti incontriamo al lavoro, a scuola, nel condominio, in ospedale, nei luoghi di ritrovo? Se ci guardiamo intorno, troviamo persone che sarebbero disponibili a cominciare o a ricominciare un cammino di fede, se incontrassero dei cristiani innamorati di Gesù. Non dovremmo e non potremmo essere noi quei cristiani? Vi lascio la domanda: “Ma io davvero sono innamorato di Gesù? Sono convinto che Gesù mi offre e mi dà la salvezza?”. E, se sono innamorato, devo farlo conoscere. Ma dobbiamo essere coraggiosi: abbassare le montagne dell’orgoglio e della rivalità, riempire i burroni scavati dall’indifferenza e dall’apatia, raddrizzare i sentieri delle nostre pigrizie e dei nostri compromessi.

Ci aiuti la Vergine Maria, che è Madre e sa come farlo, ad abbattere le barriere e gli ostacoli che impediscono la nostra conversione, cioè il nostro cammino incontro al Signore. Lui solo, Gesù solo può dare compimento a tutte le speranze dell’uomo!


Dopo l'Angelus:

 

Ieri a Chimbote (Perù), sono stati proclamati beati Michele Tomaszek e Zbigniew Strzałkowski, francescani conventuali, e Alessandro Dordi, sacerdote fidei donum, uccisi in odio alla fede nel 1991. La fedeltà di questi martiri nel seguire Gesù dia la forza a tutti noi, ma specialmente ai cristiani perseguitati in diverse parti del mondo, di testimoniare con coraggio il Vangelo.

A tutti auguro una buona domenica e una buona preparazione per l’inizio dell’Anno della Misericordia. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. 







[Modificato da Caterina63 06/12/2015 13:02]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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05/12/2015 22:58
 
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[SM=g1740758] 1°gennaio Solennità Santa Madre di Dio

Cari Amici, la nostra Santa Madre Chiesa che è anche Maestra, attraverso i suoi Pontefici ha sempre cercato di venire incontro alle necessità dei Figli operanti nel mondo. Il primo giorno dell'Anno nuovo è stato così dedicato alla supplichevole intercessione della Madre di Dio, della quale ricordiamo, appunto, la proclamazione dogmatica della Thetokos nell'anno 431 al Concilio di Efeso. Ma c'è un'altra ragione oltre alla Giornata mondiale per la Pace, ed è una ragione sofferta e diremo profetica con la quale Pio XI nell'istituirne la solennità, mise in guardia le donne dalla distruzione del vincolo matrimoniale e dall'insofferenza verso la propria prole. Con questo video di carità nella verità, auguriamo a tutti Buon Anno.

gloria.tv/media/DZjHjscp17y

www.youtube.com/watch?v=lyCxFBj1x-4

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[SM=g1740733]


[SM=g1740735] MERAVIGLIOSO, MERAVIGLIOSO, MERAVIGLIOSO!!! MERAVIGLIOSO, MERAVIGLIOSO, MERAVIGLIOSO!!! MERAVIGLIOSO, MERAVIGLIOSO, MERAVIGLIOSO!!! MERAVIGLIOSO, MERAVIGLIOSO, MERAVIGLIOSO!!!
ASCOLTATE COME CANTA QUESTO FRATE E DAVVERO DA CONDIVIDERE PER UN BUON NATALE....

gloria.tv/media/PBsjB3zbZfJ

e poi

Friar Alessandro - Adeste Fideles

gloria.tv/media/gVEQJVvCMmN









[SM=g1740738]


3 gennaio Nome Santissimo di Gesù

Il significato del nome Gesù è quello di Salvatore; nel corso della vita pubblica di Gesù, i suoi discepoli, appellandosi al suo nome, guariscono i malati, cacciano i demoni e compiono ogni sorta di prodigi: “…Non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale possiamo avere la salvezza”.

Il suo culto venne esteso a tutta la Chiesa nel 1700, Paolo VI spostò la festa al 1° di gennaio e Giovanni Paolo II la riportò al 3 gennaio. E' una festa facoltativa, ma sarebbe bene ricordarci che questo Santissimo Nome, per salvarci, non è facoltativo, è un obbligo morale e spirituale.

In questo video riportiamo anche il famoso trigramma IHS di san Bernardino da Siena.
Sia benedetto il Nome di Gesù.

gloria.tv/media/6RGUe2m8JWB
www.youtube.com/watch?v=FaEo2CFmipQ

e poi [SM=g1740733]

Nel 1997 lo Zecchino d'Oro promosse una canzone davvero carina e che è davvero ancora attuale e, oseremo dire, persino utile per questo Anno del Giubileo della Misericordia. Cantare bene aiuta.

gloria.tv/media/daWeKLZrHs1
www.youtube.com/watch?v=sH8UjUroYF0

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[SM=g1740733]

Suore Francescane Immacolata rinnovo dei Voti
In questo video le Suore Francescane dell'Immacolata rinnovano i loro Voti all'Immacolata l'8 dicembre, cantando il Magnificat. Qui ci troviamo nella Chiesa dell'Annunziata a Trento, dove queste Suore sono amate da tutti e loro si prodigano per tutti.

www.youtube.com/watch?v=3TzHIBRhZ2E

gloria.tv/media/BoRrMSdo5eR






[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]



[Modificato da Caterina63 10/12/2015 00:45]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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07/12/2015 19:15
 
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Non c'era posto per loro neppure sulla facciata della Basilica di San Pietro

"Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo...." (Lc.2,7)

"non c'era posto per loro nell'albergo" queste parole che ripetiamo ogni anno, quasi meccanicamente, ci ricordano anche della vera posizione sociale della Sacra Famiglia di Nazareth. Gesù non nasce nella miseria, come spesso la nuova pastorale lascia intendere; non nasce povero di mezzi o senza soldi e non nasce affatto come immigrante perchè, il migrante - lo dice il termine stesso - è colui che decide di cambiare posto, migrare appunto, vuoi perchè costretto (qui subentra l'episodio dopo la nascita per fuggire dalla strage, ma è un altro articolo che faremo), vuoi perchè ha dei sogni che vuole realizzare, Gesù non nasce in queste condizioni. Lo dice il Vangelo:

" In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.  Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio.  Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.  Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme,  per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta..." (Lc.2,1-5).

La motivazione, perciò, non è quella che la moderna pastorale vuole a tutti i costi imporre. Gesù nasce altrove perchè Giuseppe dovette andare a regolarizzare la sua Famiglia, per il censimento. Qui, in questa situazione avviene il parto. E Giuseppe si prodiga non a chiedere la carità, ma a cercare un albergo e di consegua, chi cerca un posto in albergo, lo fa perchè ha dei soldi che può spendere.

Questo è l'aspetto storico ed oggettivo, materiale e reale della situazione, poi è naturale che per noi subentra anche l'aspetto teologico, il simbolismo, quel "vedere" oltre i fatti reali ed oggettivi per trovarvi IL MISTERO di un Dio che pur essendo Re nasce in una condizione di povertà assoluta perchè "non c'era posto per loro nell' albergo".

Un mistero che non è l'arcano quale vedrebbe certo gnosticismo o club di esclusivisti dentro il quale possono accedere solo persone "illuminate", no! Il mistero, nel concetto cristiano e biblico è aperto a tutti ma non per essere svelato quanto piuttosto per essere accolto così come è ben sapendo che il suo pieno di-svelamento lo avremo solo quando saremo morti in grazia di Dio e avremo raggiunto quel "luogo" di cui Gesù ci dice chiaramente: " «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.  Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto;  quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io.  E del luogo dove io vado, voi conoscete la via» (Gv. 14,1-4).

Il Vangelo ci svela dunque la via di questo posto, la cui preparazione, inizio, sta in questa nascita misteriosa: "non c'era posto per loro nell' albergo"....

E' interessante il discorso che san Giovanni Paolo II fece nel 1981, disse:

".... e il Verbo era Dio . . . tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 1.3.14). “. . . Non c’era posto per loro nell’albergo” (Lc 1, 7). “Venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto. Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe” (Gv 1, 11.10).

Vi prego, fratelli e sorelle, abitanti dell’Urbe e dell’Orbe, di meditare oggi sulla nascita, nella stalla di Betlemme, del Figlio eternamente nato. (..) Dio da Dio, Luce da Luce? Perché nella notte, quando è nato da Maria Vergine, non c’era posto per loro nell’albergo? Perché i suoi non l’hanno accolto? Perché il mondo non l’ha riconosciuto? Il Mistero della notte di Betlemme dura senza intervallo. Esso riempie la storia del mondo e si ferma alla soglia di ogni cuore umano..." (Messaggio Urbi et Orbe - Natale 1981)

Il Mistero di tutto ciò si ferma dunque alla soglia di ogni cuore umano: come ci comporteremo noi? Ci sarà posto per Lui nel nostro "albergo" che è il cuore? Ma qui non c'entrano nulla gli immigranti, qui c'entra LA CONVERSIONE: anche loro, anche i poveri devono accogliere Gesù, devono aprire questa porta. O accogliamo Gesù o lo rifiutiamo, tutto il resto e tutte le altre discussioni sull'accoglienza dell'altro bisognoso, dipenderanno dal come avremo prima accolto Gesù, o se lo avremo rifiutato.

 

Ciò a cui stiamo assistendo è un vero RIBALTAMENTO delle priorità. La Gerarchia che sta ribaltando queste priorità sta mettendo a rischio la salvezza degli uomini. E' Gesù che dice: "Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (Apoc.3,20). La conseguenza di questa apertura sarà poi determinante per la nostra vita nel mondo: o con Gesù o senza Gesù.

Non a caso sempre Gesù ammonisce: «Perché mi interroghi su ciò che è buono?Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti» (Mt.19,7), e ancora più esplicitamente: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti (..) Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui» (Gv.14,15 -21), e insiste nel capitolo successivo: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore... » (Gv.15,10).

La conseguenza di queste affermazioni, la sua pastorale autentica la ritroviamo infatti nella predicazione degli Apostoli:

«Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti...Chi dice: «Lo conosco» e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui» (1Gv.2,3-4), e cosa succede se ribaltiamo le questioni se non obbediamo a questi comandamenti? Lo spiega sempre l'apostolo «..e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a lui... Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato» (1Gv.3,22-24)

La pastorale è questa: se non c'era posto per Lui, per la Sacra Famiglia nell'albergo, non dobbiamo fermarci alle motivazioni ma prendere il fatto per riversarlo alle possibilità del nostro cuore, alle scelte che noi possiamo fare, ossia, aprire questa porta del nostro cuore e far entrare Gesù con la Sacra Famiglia perchè senza di Lui non potremo fare nulla, e ciò che faremo senza di Lui, è tutto inutile, è privo della Grazia, è privo della Divina Presenza, è filantropia, è opportunismo, è politica, è ideologia....

Dice ancora l'Apostolo: «Da questo conosciamo di amare i figli di Dio: se amiamo Dio e ne osserviamo i comandamenti... perché in questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.» (1Gv.5,2-3), e insiste l'Apostolo pure nella seconda Lettera: «..E in questo sta l'amore: nel camminare secondo i suoi comandamenti. Questo è il comandamento che avete appreso fin dal principio; camminate in esso...» (2Gv.6).

Sette volte, e soltanto leggendo Giovanni troviamo ben sette volte il termine comandamenti, perchè tanta insistenza? La risposta, anche questa, la troviamo nelle sue parole: conosciamo di amare i figli di Dio SE AMIAMO DIO OSSERVANDO I SUOI COMANDAMENTI. Non si scappa. La moderna pastorale oggi in nome di un altro dio ha messo via da parte questa priorità, o peggio, l'ha proprio ribaltata: si ama il prossimo anche senza amare Dio e senza osservare i suoi comandamenti non comprendendo, però, che questo amore poggia sulla sabbia, è falso, è illusorio e addirittura, dice l'Apostolo " E' UN BUGIARDO" e la verità non abita in lui.

 

In ogni Natale che riviviamo noi credenti, non attendiamo semplicemente di rivivere il "compleanno" di Gesù, l'attesa che auspichiamo è la seconda venuta definitiva, quella gloriosa. L'Avvento che viviamo in questo tempo di grazia ci sollecita ad aprire in fretta questa porta del nostro cuore per far entrare solo Colui che è degno di abitare nel nostro cuore! Perchè senza di Lui non possiamo fare nulla, e ciò che faremo senza di Lui è menzogna.

Ma cosa c'entra il titolo: Non c'era posto per loro neppure sulla facciata della Basilica di San Pietro?

E' di questi giorni la notizia inquietante di una iniziativa blasfema nei confronti dell'utilizzo della facciata della Basilica di San Pietro. Un uso profano consentito e concesso dall'alta Gerarchia cattolica. Per tutta la notizia vi invitiamo a leggere qui perchè è ricca anche di dettagli, mentre noi abbiamo voluto prepararvi ai fatti premettendo quanto c'era ( e c'è) di più importante da riflettere sul senso di questo "posto" e di quale porta dobbiamo aprire, al di la poi di ogni considerazione sui fatti riguardanti i giochi di luci e immagini proiettate sulla facciata della Basilica nel giorno dell'Immacolata e nel giorno dell'apertura della Porta Santa.

Questa iniziativa è blasfema perchè la Porta Santa e la porta stessa simboleggiata dalla grande ed imponente Basilica petrina, non sono fine a se stesse o porte accessibili a tutti senza nulla dare in cambio... lo abbiamo letto sopra, la condizione di accesso, la chiave di accesso è la CONVERSIONE AI COMANDAMENTI DI DIO, altrimenti è solo menzogna e quindi è blasfemia. Infatti, il termine blasfemia significa oltraggio, ingiuria, MENZOGNA, mentire oltraggiando aspetti divini....

Per la Sacra Famiglia, per l'Immacolata, per Gesù Bambino non c'è posto per le immagini proiettate sulla facciata della Basilica, non c'è posto perchè altrimenti si rischia di offendere coloro che non credono in Dio e che NON vogliono credere e dunque è diventato obbligatorio rispettare IL RIFIUTO A DIO o chi lo rifiuta.... per questo parliamo di iniziativa blasfema alla quale si sono prestate le alte Gerarchie della Chiesa Cattolica.

Iniziativa costata MILIARDI DI EURO sovvenzionati dalla Banca Mondiale che è nemica della Chiesa, nemica di Cristo, magari anche proprietaria - metaforicamente parlando - di quegli alberghi che duemila anni fa rifiutarono di proposito di ospitare la Sacra Famiglia.... e il gioco al massacro continua, anche oggi "non c'è posto per loro nelle immagini della propaganda climatica"

Tutto in linea con il proclama del nuovo vescovo di Padova: rinunciamo alle nostre tradizioni in nome della pace.... vedi qui.... Eccellenza, cominci lei a rinunciare alla tradizione che lo ha portato su quella cattedra padovana, si ritiri e vada a coltivare cipolle!

Tutto in linea con la nuova pastorale che non parla più di COMANDAMENTI divini quale chiave d'accesso alla volontà di Dio e dalla quale deriva poi ogni successo - se usata veramente - nei confronti del soccorso ai poveri ed agli indigenti, agli immigranti e ai diseredati.... 

 

L'autentico cattolico sa perfettamente che la vera condizione per comportarci da veri amanti e rispettosi della natura è quella di partire da Cristo e non il contrario. Fare gli ambientalisti senza Cristo non apre la nostra porta a Lui, ma ci allontanerà sempre di più. Lo show è intitolato Fiat Lux: Illuminating Our Common Home [Fiat Lux. Illuminiamo la nostra casa comune]. “Fiat Lux” è il primo comando di Dio all’inizio della creazione: “Sia la luce”.Mentre la Chiesa presenta Gesù Cristo come la luce del mondo, le organizzazioni secolari recanti nomi pagani stanno letteralmente “oscurando” la Chiesa attraverso il loro stupefacente spettacolo di luce. San Paolo ammonisce i Corinzi a guardarsi da satana che “si maschera da angelo di luce” (2 Cor 11,14).

È come se gli organizzatori si sostituissero simbolicamente a Dio e creassero ex novo il mondo secondo la propria immagine e somiglianzaVogliamo far osservare che mentre una stella (leggi Matteo) illuminando la notte si fermò sulla stalla per far riconoscere che EGLI era la Luce, qui hanno bisogno dell'oscurità, delle tenebre, per mettere in luce i loro progetti senza Dio. PERCHE' AVETE PAURA? chiese Gesù, perchè non avevano fede... e perchè confidavano solo nell'uomo.

Concedeteci due parole in conclusione, a riguardo del grande bluff sulla questione climatica. Il nostro ragionamento non sarà scientifico perchè non ne abbiamo le competenze, ma non siamo così stolti da non riuscire a comprendere quanto ci stanno prendendo in giro - suggeriamo gli interventi de La Bussola vedi qui -  e il Papa che ha ceduto ai compromessi perchè si è lasciato catturare dalla frangia catastrofista, anch'essa priva di prove scientifiche semplicemente perchè nessuno ha, oggettivamente parlando, delle prove scientifiche. E qui non c'entra nulla l'infallibilità o l'oltraggio al Papa, qui la scelta del Papa è discutibile perchè non fondata sul Magistero della Chiesa nè sulla Scrittura (e lo riconosce anche il Papa Francesco nella sua Laudato sì).

Il Papa Francesco nella sua enc. Laudato sì ha omesso di citare TUTTI i riferimenti del Vangelo nel quale si parla del rapporto di Dio con la natura. Il Papa pur parlando di catastrofismi non cita la "tempesta sedata", leggiamo il passo: Nel frattempo si sollevò una gran tempesta di vento e gettava  le onde nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: “Maestro, non t’importa che moriamo?”. Destatosi, sgridò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”. Il vento cessò e vi fu grande bonaccia. Poi disse loro: “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?” (Mc.4,35-41).

L'aspetto interessante è che il fatto termina con una domanda molto interessante:  “Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?”, perchè Papa Francesco ha omesso questo episodio in una enciclica che parla degli eventi climatici e naturali? Eppure in questo episodio c'era proprio quel condimento necessario A NON AVERE PAURA degli eventi naturali che viviamo....

Non vogliamo forzare alcuna risposta all'omissione del Papa, ma aggiungiamo un altra domanda simile che Gesù rivolge ai suoi: «Quando il Figlio dell’uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?» (Lc 18, 8)

Domanda da un milione di euro!! Abbiamo bisogno della fede istante per istante, momento per momento, giorno dopo giorno, per questo Gesù dice anche: "Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena" (Mt.6,34), il che non vuol dire che dobbiamo campare alla giornata, sprecare cibo, acqua, risorse naturali, disboscare, inquinare ecc.... Siamo sempre lì, LE PRIORITA' attraverso le quali poi avremo le conseguenze come abbiamo spiegato sopra, ma di questo il Papa ha taciuto nell'enciclica ecologista.

E invece, dice Gesù, com’è bello, com’è reale, che, avendo così bisogno della fede, la fede sia grazia di Dio, sia dono di Dio e che va richiesta, è la priorità per fare poi il resto. Gratia facit fidem, dice san Tommaso: la grazia crea la fede, e non soltanto quando la fede inizia, ma la grazia crea la fede istante per istante, momento per momento, giorno dopo giorno, terremoto dopo terremoto, cataclisma dopo cataclisma. Per questo nella Tradizione popolare e devozionale della Chiesa si benedicevano i campi da coltivare, le case, i cibi, l'acqua, i fiumi perchè non straripassero e quando il cataclisma irrompeva, non si perdeva la grazia della fede, al contrario, la fede si rafforzava e si ricostruiva benedicendo Iddio....

E del resto è sempre Gesù che insegna: « Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?  E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi» (Mc.8,36-38)

Come è potuto accadere che ci siamo allontanati da tutto ciò? Come può accadere che un Papa oggi scriva una enciclica sui cataclismi ed ometta però l'episodio in cui Gesù ci insegna LE PRIORITA' che dobbiamo coltivare per far fronte alle calamità naturali?

Non abbiamo risposte e non le vogliamo dare perchè vogliamo ancora fidarci di Dio, vogliamo fidarci dello Spirito Santo, vogliamo fidarci dell'Immacolata la cui profezia del trionfo del Suo Cuore Immacolato sappiamo essere alle porte... vogliamo fidarci del fatto che i Vangeli ci insegnano come da certi mali derivino dei beni più grandi, ma questa fede appunto non ci priva di dire dove si annida il male, di scovarlo ed evitarlo, combatterlo quando addirittura ci viene imposto sotto forma di nuova pastorale, una pastorale che sta ribaltando le priorità della fede e che scende a patti, a compromessi con il "nuovo ordine mondiale" - vedi qui - nel quale, ovviamente, non c'è posto per la Sacra Famiglia, non c'è posto per il Divino Bambino, le cui porte del cuore sono chiuse.

Per dirla con San Giovanni Paolo II: "Noi uomini, chinati ancora una volta, sul mistero di Betlemme, possiamo soltanto pensare con dolore quanto abbiano perso gli abitanti della “Città di Davide”, perché non hanno aperto la porta"...Noi gridiamo perché Cristo abbia posto nell’intera vasta Betlemme del mondo contemporaneo; perché sia concesso il diritto di cittadinanza a Colui che è venuto nel mondo... Il mondo, che non accetta Dio, cessa di essere ospitale nei confronti dell’uomo! (Messaggio Urbi et Orbe - Natale 1981)

Sia lodato Gesù Cristo +

 (cliccare sulle immagini per ingrandirle)


  





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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09/12/2015 16:08
 
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Omelie e canto gregoriano per l'Avvento

Una guida al tempo di preparazione al Natale. Con il meglio della predicazione di Benedetto XVI e con i link a tutti i canti liturgici delle prossime domeniche e feste 

di Sandro Magister




ROMA, 28 novembre 2015 – Con i vespri della vigilia della prima Domenica di Avvento ha oggi inizio il nuovo anno liturgico. Vi fa eccezione il rito ambrosiano, in uso da secoli nell'arcidiocesi di Milano, dove l'Avvento è cominciato due domeniche fa.

La presente pagina web offre due modalità di accompagnamento di questo tempo di Avvento: l'omiletica e la musicale.

La prima modalità qui non è nuova. Come è già stato fatto nei periodi forti del trascorso anno liturgico, anche per questo tempo di Avvento www.chiesa propone una selezione di omelie tratte dall'archivio di Benedetto XVI e attinenti al ciclo C del lezionario, quello del nuovo anno liturgico che sta per iniziare.

E anche la seconda modalità, quella musicale, ha in questo sito dei precedenti. Due anni fa www.chiesa ha offerto per le feste maggiori dell'anno liturgico l'ascolto di un brano di canto gregoriano della messa del giorno, eseguito e commentato dai "Cantori Gregoriani" e dal loro Maestro, Fulvio Rampi.

Da oggi in avanti, però, l'offerta musicale sarà molto più ricca. Proprio grazie a una nuovissima, straordinaria iniziativa del Maestro Rampi e del suo coro.

A partire da questa prima Domenica di Avvento, infatti, in un sito inaugurato da pochi giorni, Rampi e i "Cantori Gregoriani" offrono al libero ascolto di tutti non solo qualche brano esemplificativo, ma l'intero repertorio gregoriano di ogni domenica e festa dell'anno liturgico, vale a dire l'introito, il graduale, l'alleluia, l'offertorio, il communio, oltre naturalmente al Kyrie, al Gloria, al Credo, al Sanctus, all'Agnus Dei.

Al momento attuale, nel nuovo sito è presente solo il repertorio gregoriano della prima Domenica di Avvento, che si celebra domani. Ma questo è appena l'inizio, perché ogni lunedì entrerà in rete il materiale musicale della domenica successiva, arricchendo così ogni volta la raccolta dei canti, fino a costruire un'imponente biblioteca musicale di canto gregoriano, alla quale ciascuno potrà attingere in ogni momento.

L'indirizzo del nuovo sito è il seguente:

> www.scuoladicantogregoriano.it

Una volta aperta la home page del sito, per accedere all'ascolto dei canti gregoriani della prima Domenica di Avvento e poi man mano delle domeniche e feste successive, basta aprire la finestra "La domenica liturgica" e fare click sulla domenica desiderata.

Dopo di che si avrà davanti l'indice completo dei canti di quella messa. Con la possibilità di ascoltare l'esecuzione di ciascuno e seguirne lo spartito musicale.

Il tutto con grande facilità di ricerca, anche per chi non conosce la lingua italiana.

Ecco dunque, per questo tempo di Avvento dell'anno C, una sequenza di brani omiletici tratti dall'archivio di Benedetto XVI, con i link ai canti gregoriani di ciascuna messa domenicale e festiva.

Tra le omelie, da non perdere quella del martedì della prima settimana di Avvento: una straordinaria riflessione del papa teologo su come "far bene teologia" alla luce delle parole di Gesù sul mistero nascosto ai sapienti e rivelato ai piccoli.

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> OMELIA DEI VESPRI DELLA VIGILIA DELLA I DOMENICA DI AVVENTO

1 dicembre 2007

1 Tessalonicesi 5, 23-24

… L’uomo è l’unica creatura libera di dire di sì o di no all’eternità, cioè a Dio. L’essere umano può spegnere in se stesso la speranza eliminando Dio dalla propria vita. Come può avvenire questo? Come può succedere che la creatura "fatta per Dio", intimamente orientata a Lui, la più vicina all’Eterno, possa privarsi di questa ricchezza? Dio conosce il cuore dell’uomo. Sa che chi lo rifiuta non ha conosciuto il suo vero volto, e per questo non cessa di bussare alla nostra porta, come umile pellegrino in cerca di accoglienza. Ecco perché il Signore concede nuovo tempo all’umanità: affinché tutti possano arrivare a conoscerlo! E’ questo anche il senso di un nuovo anno liturgico che inizia: è un dono di Dio, il quale vuole nuovamente rivelarsi nel mistero di Cristo, mediante la Parola e i Sacramenti. Mediante la Chiesa vuole parlare all’umanità e salvare gli uomini di oggi. E lo fa andando loro incontro, per "cercare e salvare ciò che era perduto" (Lc 19,10). In questa prospettiva, la celebrazione dell’Avvento è la risposta della Chiesa Sposa all’iniziativa sempre nuova di Dio Sposo, "che è, che era e che viene" (Ap 1,8). All’umanità che non ha più tempo per Lui, Dio offre altro tempo, un nuovo spazio per rientrare in se stessa, per rimettersi in cammino, per ritrovare il senso della speranza...

*

Ma vedi anche tutte le altre omelie pronunciate da Benedetto XVI nei vespri d'inizio Avvento:

> 26 novembre 2005

> 2 dicembre 2006

> 29 novembre 2008

> 28 novembre 2009


> 27 novembre 2010

> 1 dicembre 2012


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> "ANGELUS" DELLA I DOMENICA DI AVVENTO

29 novembre 2009

Geremia 33, 14-16
1 Tessalonicesi 3, 12-4, 2
Luca 21, 25-28.34-36

… Ci rendiamo conto, vedendo crollare tante false sicurezze, che abbiamo bisogno di una speranza affidabile, e questa si trova solo in Cristo, il quale, come dice la Lettera agli Ebrei, “è lo stesso ieri e oggi e per sempre” (13,8). Il Signore Gesù è venuto in passato, viene nel presente, e verrà nel futuro. Egli abbraccia tutte le dimensioni del tempo, perché è morto e risorto, è “il Vivente” e, mentre condivide la nostra precarietà umana, rimane per sempre e ci offre la stabilità stessa di Dio. E’ “carne” come noi ed è “roccia” come Dio. Chiunque anela alla libertà, alla giustizia, alla pace può risollevarsi e alzare il capo, perché in Cristo la liberazione è vicina (cfr Lc 21,28) – come leggiamo nel Vangelo di oggi. Possiamo pertanto affermare che Gesù Cristo non riguarda solo i cristiani, o solo i credenti, ma tutti gli uomini, perché Egli, che è il centro della fede, è anche il fondamento della speranza. E della speranza ogni essere umano ha costantemente bisogno…

> CANTI GREGORIANI DELLA I DOMENICA DI AVVENTO


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> OMELIA DEL MARTEDÌ DELLA I SETTIMANA DI AVVENTO


1 dicembre 2009
Messa celebrata con i membri della commissione teologica internazionale

Isaia 11. 1-10
Luca 10, 21-24

… C’è un duplice uso della ragione e un duplice modo di essere sapienti o piccoli. C’è un modo di usare la ragione che è autonomo, che si pone sopra Dio, in tutta la gamma delle scienze, cominciando da quelle naturali, dove un metodo adatto per la ricerca della materia viene universalizzato: in questo metodo Dio non entra, quindi Dio non c’è. E così, infine, anche in teologia: si pesca nelle acque della Sacra Scrittura con una rete che permette di prendere solo pesci di una certa misura e quanto va oltre questa misura non entra nella rete e quindi non può esistere. Così il grande mistero di Gesù, del Figlio fattosi uomo, si riduce a un Gesù storico: una figura tragica, un fantasma senza carne e ossa, un uomo che è rimasto nel sepolcro, si è corrotto ed è realmente un morto. Il metodo sa “captare” certi pesci, ma esclude il grande mistero, perché l’uomo si fa egli stesso la misura: ha questa superbia, che nello stesso tempo è una grande stoltezza perché assolutizza certi metodi non adatti alle realtà grandi; entra in questo spirito accademico che abbiamo visto negli scribi, i quali rispondono ai Re magi: non mi tocca; rimango chiuso nella mia esistenza, che non viene toccata. È la specializzazione che vede tutti i dettagli, ma non vede più la totalità.

E c’è l’altro modo di usare la ragione, di essere sapienti, quello dell’uomo che riconosce chi è; riconosce la propria misura e la grandezza di Dio, aprendosi nell’umiltà alla novità dell’agire di Dio. Così, proprio accettando la propria piccolezza, facendosi piccolo come realmente è, arriva alla verità. In questo modo, anche la ragione può esprimere tutte le sue possibilità, non viene spenta, ma si allarga, diviene più grande. Si tratta di un’altra "sofìa" e "sìnesis", che non esclude dal mistero, ma è proprio comunione con il Signore nel quale riposano sapienza e saggezza, e la loro verità…

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> "ANGELUS" DELLA II DOMENICA DI AVVENTO

6 dicembre 2009

Baruc 5, 1-9
Flippesi 1, 4-6.8-11
Luca 5, 1-6

… L’evangelista punta il riflettore su Giovanni Battista, che del Messia fu il precursore, e traccia con grande precisione le coordinate spazio-temporali della sua predicazione. Scrive Luca: “Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto” (Lc 3,1-2). Due cose attirano la nostra attenzione. La prima è l’abbondanza di riferimenti a tutte le autorità politiche e religiose della Palestina nel 27/28 d.C. Evidentemente l’Evangelista vuole avvertire chi legge o ascolta che il Vangelo non è una leggenda, ma il racconto di una storia vera, che Gesù di Nazaret è un personaggio storico inserito in quel preciso contesto. Il secondo elemento degno di nota è che, dopo questa ampia introduzione storica, il soggetto diventa “la parola di Dio”, presentata come una forza che scende dall’alto e si posa su Giovanni il Battista.

Domani ricorrerà la memoria liturgica di sant’Ambrogio, grande Vescovo di Milano. Attingo da lui un commento a questo testo evangelico: “Il Figlio di Dio – egli scrive -, prima di radunare la Chiesa, agisce anzitutto nel suo umile servo. Perciò dice bene san Luca che la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria nel deserto, perché la Chiesa non ha preso inizio dagli uomini, ma dalla Parola” (Expositio in Lucam 2, 67). Ecco dunque il significato: la Parola di Dio è il soggetto che muove la storia, ispira i profeti, prepara la via del Messia, convoca la Chiesa. Gesù stesso è la Parola divina che si è fatta carne nel grembo verginale di Maria: in Lui Dio si è rivelato pienamente, ci ha detto e dato tutto, aprendoci i tesori della sua verità e della sua misericordia. Prosegue ancora sant’Ambrogio nel suo commento: “Discese dunque la Parola, affinché la terra, che prima era un deserto, producesse i suoi frutti per noi”…

> CANTI GREGORIANI DELLA II DOMENICA DI AVVENTO

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> OMELIA DELLA FESTA DELL'IMMACOLATA

8 dicembre 2005
Nel quarantesimo anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II 

Genesi 3, 9-15.20
Efesini 1, 3-6.11-12
Luca 1, 26-38

… Se riflettiamo sinceramente su di noi e sulla nostra storia, dobbiamo dire che con questo racconto è descritta non solo la storia dell'inizio, ma la storia di tutti i tempi, e che tutti portiamo dentro di noi una goccia del veleno di quel modo di pensare illustrato nelle immagini del libro della Genesi. Questa goccia di veleno la chiamiamo peccato originale. Proprio nella festa dell'Immacolata Concezione emerge in noi il sospetto che una persona che non pecchi affatto sia in fondo noiosa; che manchi qualcosa nella sua vita: la dimensione drammatica dell'essere autonomi; che faccia parte del vero essere uomini la libertà del dire di no, lo scendere giù nelle tenebre del peccato e del voler fare da sé; che solo allora si possa sfruttare fino in fondo tutta la vastità e la profondità del nostro essere uomini, dell'essere veramente noi stessi; che dobbiamo mettere a prova questa libertà anche contro Dio per diventare in realtà pienamente noi stessi. Con una parola, noi pensiamo che il male in fondo sia buono, che di esso, almeno un po', noi abbiamo bisogno per sperimentare la pienezza dell'essere. Pensiamo che Mefistofele – il tentatore – abbia ragione quando dice di essere la forza "che sempre vuole il male e sempre opera il bene" (J.W. v. Goethe, Faust I, 3). Pensiamo che patteggiare un po' col male, riservarsi un po' di libertà contro Dio, in fondo, sia bene, forse sia addirittura necessario.

Guardando però il mondo intorno a noi, possiamo vedere che non è così, che cioè il male avvelena sempre, non innalza l'uomo, ma lo abbassa e lo umilia, non lo rende più grande, più puro e più ricco, ma lo danneggia e lo fa diventare più piccolo. Questo dobbiamo piuttosto imparare nel giorno dell'Immacolata: l'uomo che si abbandona totalmente nelle mani di Dio non diventa un burattino di Dio, una noiosa persona consenziente; egli non perde la sua libertà. Solo l'uomo che si affida totalmente a Dio trova la vera libertà, la vastità grande e creativa della libertà del bene. L'uomo che si volge verso Dio non diventa più piccolo, ma più grande, perché grazie a Dio e insieme con Lui diventa grande, diventa divino, diventa veramente se stesso. L'uomo che si mette nelle mani di Dio non si allontana dagli altri, ritirandosi nella sua salvezza privata; al contrario, solo allora il suo cuore si desta veramente ed egli diventa una persona sensibile e perciò benevola ed aperta. Più l'uomo è vicino a Dio, più vicino è agli uomini…

> CANTI GREGORIANI DELLA FESTA DELL'IMMACOLATA

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> "ANGELUS" DELLA III DOMENICA DI AVVENTO "GAUDETE"


13 dicembre 2009

Sofonia 3, 14-17
Filippesi 4, 4-7
Luca 3, 10-18

… La benedizione dei “Bambinelli” – come si dice a Roma – ci ricorda che il presepio è una scuola di vita, dove possiamo imparare il segreto della vera gioia. Questa non consiste nell’avere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene. Guardiamo il presepe: la Madonna e san Giuseppe non sembrano una famiglia molto fortunata; hanno avuto il loro primo figlio in mezzo a grandi disagi; eppure sono pieni di intima gioia, perché si amano, si aiutano, e soprattutto sono certi che nella loro storia è all’opera Dio, il Quale si è fatto presente nel piccolo Gesù. E i pastori? Che motivo avrebbero di rallegrarsi? Quel Neonato non cambierà certo la loro condizione di povertà e di emarginazione. Ma la fede li aiuta a riconoscere nel “bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, il “segno” del compiersi delle promesse di Dio per tutti gli uomini “che egli ama” (Lc 2,12.14), anche per loro! Ecco, cari amici, in che cosa consiste la vera gioia: è il sentire che la nostra esistenza personale e comunitaria viene visitata e riempita da un mistero grande, il mistero dell’amore di Dio. Per gioire abbiamo bisogno non solo di cose, ma di amore e di verità: abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore, e risponde alle nostre attese profonde. Questo Dio si è manifestato in Gesù, nato dalla Vergine Maria. Perciò quel Bambinello, che mettiamo nella capanna o nella grotta, è il centro di tutto, è il cuore del mondo…

> CANTI GREGORIANI DELLA III DOMENICA DI AVVENTO "GAUDETE"

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> OMELIA DEL I GIORNO DELLA NOVENA DI NATALE

17 dicembre 2009
Messa celebrata con la comunità del centro d'arte cristiana "Aletti" di Roma

Genesi 49, 2.8-10
Matteo 1, 1-17

… Nella genealogia di Gesù, oltre a Maria, vengono ricordate quattro donne. Non sono Sara, Rebecca, Lia, Rachele, cioè le grandi figure della storia d’Israele. Paradossalmente, invece, sono quattro donne pagane: Racab, Rut, Betsabea, Tamar, che apparentemente "disturbano" la purezza di una genealogia. Ma in queste donne pagane, che appaiono in punti determinanti della storia della salvezza, traspare il mistero della chiesa dei pagani, l’universalità della salvezza. Sono donne pagane nelle quali appare il futuro, l’universalità della salvezza. Sono anche donne peccatrici e così appare in loro anche il mistero della grazia: non sono le nostre opere che redimono il mondo, ma è il Signore che ci dà la vera vita. Sono donne peccatrici, sì, in cui appare la grandezza della grazia della quale noi tutti abbiamo bisogno. Queste donne rivelano tuttavia una risposta esemplare alla fedeltà di Dio, mostrando la fede nel Dio di Israele. E così vediamo trasparire la chiesa dei pagani, mistero della grazia, la fede come dono e come cammino verso la comunione con Dio. La genealogia di Matteo, pertanto, non è semplicemente l’elenco delle generazioni: è la storia realizzata primariamente da Dio, ma con la risposta dell’umanità. È una genealogia della grazia e della fede: proprio sulla fedeltà assoluta di Dio e sulla fede solida di queste donne poggia la prosecuzione della promessa fatta a Israele.…

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> OMELIA DEI VESPRI DEL I GIORNO DELLA NOVENA DI NATALE


17 dicembre 2009

ANTIFONA AL "MAGNIFICAT"

O Sapientia, quæ ex ore Altissimi prodiisti, 
attingens a fine usque ad finem,
fortiter suaviterque disponens omnia: 
veni ad docendum nos viam prudentiæ.

O Sapienza, che esci dalla bocca dell’Altissimo,
ti estendi ai confini del mondo,
e tutto disponi con soavità e con forza:
vieni, insegnaci la via della saggezza.

Questa stupenda invocazione è rivolta alla "Sapienza", figura centrale nei libri dei Proverbi, della Sapienza e del Siracide che da essa sono detti appunto "sapienziali" e nei quali la tradizione cristiana scorge una prefigurazione del Cristo. Tale invocazione diventa davvero stimolante e, anzi, provocante, quando ci poniamo di fronte al Presepe, cioè al paradosso di una Sapienza che, uscita "dalla bocca dell’altissimo", giace avvolta in fasce dentro una mangiatoia (cfr Lc 2,7.12.16).

Possiamo già anticipare la risposta alla domanda: quella che nasce a Betlemme è la Sapienza di Dio. San Paolo, scrivendo ai Corinzi, usa questa espressione: "la sapienza di Dio, che è nel mistero" (1 Cor 2,7), cioè in un disegno divino, che è rimasto a lungo nascosto e che Dio stesso ha rivelato nella storia della salvezza. Nella pienezza dei tempi, questa Sapienza ha assunto un volto umano, il volto di Gesù, il quale – come recita il Simbolo apostolico – "fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto, discese agli inferi, il terzo giorno risuscitò da morte, salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente, di là verrà a giudicare i vivi e i morti". Il paradosso cristiano consiste proprio nell’identificazione della Sapienza divina, cioè il Logos eterno, con l’uomo Gesù di Nazaret e con la sua storia. Non c’è soluzione a questo paradosso se non nella parola "Amore", che in questo caso va scritta naturalmente con la "A" maiuscola, trattandosi di un Amore che supera infinitamente le dimensioni umane e storiche. Dunque, la Sapienza che questa sera invochiamo è il Figlio di Dio, la seconda persona della Santissima Trinità; è il Verbo, che, come leggiamo nel Prologo di Giovanni, "era in principio presso Dio", anzi, "era Dio", che con il Padre e lo Spirito Santo ha creato tutte le cose e che "si è fatto carne" per rivelarci quel Dio che nessuno può vedere…

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> "ANGELUS" DELLA IV DOMENICA DI AVVENTO

20 dicembre 2009

Michea 5, 1-4
Ebrei 10, 5-10
Luca 1, 39-45

… Il Vangelo di Luca narra che Gesù nacque a Betlemme perché Giuseppe, lo sposo di Maria, essendo della “casa di Davide”, dovette recarsi in quella cittadina per il censimento, e proprio in quei giorni Maria diede alla luce Gesù (cfr Lc 2,1-7). In effetti, la stessa profezia di Michea prosegue accennando proprio ad una misteriosa nascita: “Dio li metterà in potere altrui – dice – / fino a quando partorirà colei che deve partorire; / e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele” (Mi 5,2). C’è dunque un disegno divino che comprende e spiega i tempi e i luoghi della venuta del Figlio di Dio nel mondo. E’ un disegno di pace, come annuncia ancora il profeta parlando del Messia: “Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, / con la maestà del nome del Signore, suo Dio. / Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande / fino agli estremi confini della terra. / Egli stesso sarà la pace!” (Mi 5,3).

Proprio quest’ultimo aspetto della profezia, quello della pace messianica, ci porta naturalmente a sottolineare che Betlemme è anche una città-simbolo della pace, in Terra Santa e nel mondo intero. Purtroppo, ai nostri giorni, essa non rappresenta una pace raggiunta e stabile, ma una pace faticosamente ricercata e attesa. Dio, però, non si rassegna mai a questo stato di cose, perciò anche quest’anno, a Betlemme e nel mondo intero, si rinnoverà nella Chiesa il mistero del Natale, profezia di pace per ogni uomo, che impegna i cristiani a calarsi nelle chiusure, nei drammi, spesso sconosciuti e nascosti, e nei conflitti del contesto in cui si vive, con i sentimenti di Gesù, per diventare ovunque strumenti e messaggeri di pace, per portare amore dove c’è odio, perdono dove c’è offesa, gioia dove c’è tristezza e verità dove c’è errore, secondo le belle espressioni di una nota preghiera francescana…

> CANTI GREGORIANI DELLA IV DOMENICA DI AVVENTO

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Su una grande iniziativa didattica del Maestro Fulvio Rampi e dei "Cantori Gregoriani":

> Un libro di canto gregoriano come non s'è mai visto né udito

 



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28.11.2015 






Humiles ad cunas

Arriva Natale, e con esso i canti di Natale. Una festa dal doppio volto, uno sacro e uno profano, e questa dicotomia si ripresenta anche in musica. Da una parte, la festa del commercio e del capitalismo americano Anni Cinquanta ci presenta classiche filastrocche sulla neve e i pupazzi magici, canzoni slow rock e swing che immortalano i valori della famiglia Cunningham, e tradizioni rinforzate nel periodo tra le due guerre dalla Coca-Cola. Ma dall’altro rimangono gli inni sacri del Cristianesimo, anch’essi declinati in varie forme, dalle tradizionali come il Tu scendi dalle stelle, che il Signore ce l’abbia in gloria, alle più moderne influenze nere del blues e del gospel.

Un aspetto sul quale però si infrange persino lo spirito natalizio del più fervente cantore cattolico è quello linguistico. Dal giorno in cui il Concilio Vaticano II stabilì che le Messe e i Sacramenti tutti potessero (dovessero) essere celebrati nella lingua nazionale anziché in latino, fu una corsa alla traduzione dei testi dei canti sacri. Traduzione che non è ancora fissa neanche oggi: alcuni editori in particolare si divertono a cambiare versi, emiversi o anche singole parole da un’edizione ad un’altra. Ma il problema è un altro, e cioè che queste traduzioni, a volte, fanno veramente pena.

Adeste fideles

L’esempio principe, quello per cui lotto ogni Natale, è quello di Adeste fideles. A tutti quelli della mia generazione (siamo già cresciuti con MTV mica parlo dei nonni dei piccoli balilla) è stata insegnata in latino. Un testo del quale, al tempo, capivamo solo “lieti e trionfanti” e “venite adoremus”, anche perché quei pochi di noi che dopo hanno studiato latino all’epoca non sapevano neanche “rosa rosae”. Qualche anno dopo scopriamo che i “nuovi” bambini la cantano (gliela fanno cantare) in italiano. Rabbrividiamo.

Sia chiaro che il mio orrore non nasce da un retrogrado attaccamento ai ricordi dell’infanzia e un rifiuto conservatore di tutto ciò che è nuovo e diverso: viene dal fatto che il testo italiano è povero e smorto, completamente privo della poesia e dell’affetto dottrinale che era nel testo latino. Un po’ come prendere la Divina Commedia e riscriverla come se fosse una pagina di Wikipedia, con l’indice dei contenuti e deduzioni logiche raccolte in elenchi puntati. Lascerò che siate voi lettori a valutare personalmente.

Adeste fideles (originale)

Adeste, fideles,
laeti triumphantes,
venite, venite in Bethlehem.
Natum videte Regem angelorum.
Venite adoremus, venite adoremus,
venite adoremus Dominum.

En, grege relicto,
humiles ad cunas
vocati pastores adproperant.
Et nos ovantes gradu festinemus.
Venite adoremus…

Aeterni Parentis
splendorem aeternum
velatum sub carne videbimus.
Deum infantem pannis involutum.
Venite adoremus…

Pro nobis egenum
et foeno cubantem
piis foveamus amplexibus.
Sic nos amantem quis non redamaret?
Venite adoremus…

_______________________

Traduzione in italiano

Avvicinatevi, fedeli,
lieti e trionfanti,
venite, venite a Betlemme.
Vedrete il Re degli angeli appena nato.
Venite adoriamo, venite adoriamo,
venite adoriamo il Signore.

Ecco, abbandonato il gregge,
all’umile culla
si avvicinano i pastori, chiamati (dall’angelo).
E noi, pregando, ci affrettiamo volentieri.
Venite adoriamo…

Vedremo l’eterno splendore
dell’Eterno Genitore
nascosto in (un corpo di) carne.
Dio, bambino, avvolto in fasce.
Venite adoriamo…

Scaldiamo con devoti abbracci
(il bambino), che per noi è stato fatto
povero e adagiato nel fieno.
Chi non ricambierà l’amore di chi ci ama così tanto?
Venite adoriamo…

__________________

Ecco invece il testo italiano, come riportato ne La Casa del Padre:

Venite, fedeli, l’angelo ci invita,
venite, venite a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo, venite adoriamo, venite adoriamo
il Signore Gesù.

La luce del mondo brilla in una grotta:
la fede ci guida a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo…

La notte risplende, tutto il mondo attende:
seguiamo i pastori a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo…

Il Figlio di Dio, Re dell’universo,
si è fatto bambino a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo…

Sia gloria nei cieli, pace sulla terra
un angelo annuncia a Betlemme.
Nasce per noi Cristo Salvatore.
Venite adoriamo…

Mentre il testo latino (risalente al Settecento, in parte trascritto da fonti più antiche andate perdute, in parte integrato dal vescovo di Versailles) mette in risalto l’aspetto amorevole della Natività e induce un sentimento di affetto dottrinale verso il Bambino (“piis foveamus amplexibus”, “Deum infantem pannis involutum”), quello italiano pare invece un’accozzaglia di immagini sterotipate, più adatte ad una gita fuori porta, che non ad un canto di adorazione al Divino Bambino.

Vediamo Stille Nacht - erroneamente attribuita alla tradizione Protestante tedesca, tre versioni diverse, ma tutto sommato accettabili e gradevoli entrambe, tranne l'ultima versione modernista.

Anche Stille Nacht ha avuto una traduzione non molto appropriata, cioò non fedele alla tradizione. Composta nel 1818 da due austriaci, il sacerdote Joseph Mohr e l’insegnante di musica Franz Gruber, è poi stata tradotta in italiano negli Anni Trenta dal sacerdote bergamasco Angelo Meli, che non si limitò ad una pura e semplice traduzione dal tedesco all’italiano, ma diede al canto un nuovo tenore poetico dal titolo Astro del Ciel. In tempi più recenti, ancora La Casa del Padre offre una versione decisamente meno aulica, intitolata Nato per noi, probabilmente anche per problemi di copyright (detenuto dalle Edizioni Carrara). Ecco il confronto tra i testi (solo la prima strofa):

Stille Nacht (originale)
Stille Nacht! Heilige Nacht!
Alles schläft; einsam wacht
Nur das traute hochheilige Paar.
Holder Knabe im lockigen Haar,
Schlafe in himmlischer Ruh!
Schlafe in himmlischer Ruh!
_______________

Notte tranquilla, notte santa!
Tutto dorme; solitaria, veglia
soltanto la Coppia Santissima.
Bimbo grazioso, coi capelli pieni di ricciolini,
dormi in pace celeste!
Dormi in pace celeste!
_________________

Astro del Ciel (di Meli)
Astro del Ciel, Pargol divin,
mite Agnello Redentor,
Tu che i vati da lungi sognar,
Tu che angeliche voci annunziar,
luce dona alle menti!
Pace infondi nei cuor!
______________________

Nato per noi (quella più moderna)
Nato per noi, Cristo Gesù,
figlio dell’Altissimo,
sei cantato dagli Angeli,
sei l’atteso dai secoli,
vieni, vieni Signore,
salvaci Cristo Gesù!

Perché versioni così povere?

Sembra impossibile che la scarsa qualità delle versioni più recenti sia imputabile ad uno scarso investimento di tempo o energie. Evidentemente, anche per via delle disposizioni del Concilio Vaticano II, si vuole migliorare la comunicazione con l’assemblea, nella quale, non avendo tutti studiato il latino o i poeti pre-romantici, un canto latino potrebbe destare scarsa attenzione se non addirittura distrazione.

A questo punto però vale la pena porsi la domanda: è meglio comunicare male con tutti, per evitare di dover educare, oppure insegnare a comunicare meglio? Parlare bene è pensare bene; la comunicazione appropriata è più efficace di quella semplificata, anche se quest’ultima è accessibile a tutti. Invece di dire che “tanto i bambini non capiscono il latino”, non sarebbe meglio perdere mezz’ora a spiegare il testo latino (basterebbe tradurlo: è molto più comprensibile di quello italiano)?

La domanda ha implicazioni molto ampie, che vanno ben oltre la questione di un canto di Natale. Per rispondere in maniera sensata, dovremmo forse andare oltre la cocciutaggine di chi addita l’arretratezza e il carattere elitario del “latinorum”, e armarci invece di quella voglia e curiosità di imparare che da sempre è stata alla base della conoscenza e della scoperta. Solo così potremo andare ancora oggi “humiles ad cunas”, nel vero spirito natalizio (sacro e profano).



[Modificato da Caterina63 21/12/2015 21:54]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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   Cari Amici, in questo Anno del Giubileo straordinario della Misericordia, abbiamo raccolto una serie di interventi illuminanti, dell'amato e Dottore della Chiesa Benedetto XVI, dove parla ed insegna sulla vera Misericordia, come interpretarla adeguatamente, come arrivarci, come trarne vantaggi e frutti.

In questo modo offriamo di cuore a tutti voi, attraverso l'utile sistema del Calendario - che vi invitiamo a scaricare qui  in formato pdf  , cliccate sulla freccia rossa -, la grande opportunità di stare anche in compagnia, mese dopo mese, con tanto tenerissimo padre.

Ricordiamo a tutti la pagina - vedi qui - con i collegamenti agli scritti di Ratzinger-Benedetto XVI, una vera miniera d'oro

Buon Anno a tutti.






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ANGELUS

Piazza San Pietro
IV Domenica di Avvento, 20 dicembre 2015

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di questa domenica di Avvento pone in evidenza la figura di Maria. La vediamo quando, subito dopo aver concepito nella fede il Figlio di Dio, affronta il lungo viaggio da Nazaret di Galilea ai monti di Giudea per andare a visitare e aiutare Elisabetta. L’angelo Gabriele le aveva rivelato che la sua anziana parente, che non aveva figli, era al sesto mese di gravidanza (cfr Lc1,26.36). Per questo la Madonna, che porta in sé un dono e un mistero ancora più grande, va a trovare Elisabetta e rimane da lei tre mesi. Nell’incontro tra le due donne – immaginatevi: una anziana e l’altra giovane, è la giovane, Maria, che per prima saluta. Il Vangelo dice così: «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta» (Lc 1,40). E, dopo quel saluto, Elisabetta si sente avvolta da grande stupore – non dimenticatevi questa parola: stupore. Lo stupore. Elisabetta si sente avvolta da grande stupore che risuona nelle sue parole: «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?» (v. 43). E si abbracciano, si baciano, gioiose, queste due donne: l’anziana e la giovane, ambedue incinte.

Per celebrare in modo proficuo il Natale, siamo chiamati a soffermarci sui “luoghi” dello stupore. E quali sono questi luoghi dello stupore nella vita quotidiana? Sono tre. Il primo luogo è l’altro, nel quale riconoscere un fratello, perché da quando è accaduto il Natale di Gesù, ogni volto porta impresse le sembianze del Figlio di Dio. Soprattutto quando è il volto del povero, perché da povero Dio è entrato nel mondo e dai poveri, prima di tutto, si è lasciato avvicinare.

Un altro luogo dello stupore - il secondo - in cui, se guardiamo con fede, proviamo proprio lo stupore è la storia. Tante volte crediamo di vederla per il verso giusto, e invece rischiamo di leggerla alla rovescia. Succede, per esempio, quando essa ci sembra determinata dall’economia di mercato, regolata dalla finanza e dagli affari, dominata dai potenti di turno. Il Dio del Natale è invece un Dio che “scombina le carte”: Gli piace farlo! Come canta Maria nel Magnificat, è il Signore che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili, ricolma di beni gli affamati e rimanda i ricchi a mani vuote (cfr Lc 1,52-53). Questo è il secondo stupore, lo stupore della storia.

Un terzo luogo dello stupore è la Chiesa: guardarla con lo stupore della fede significa non limitarsi a considerarla soltanto come istituzione religiosa, che lo è; ma sentirla come una Madre che, pur tra macchie e rughe – ne abbiamo tante! – lascia trasparire i lineamenti della Sposa amata e purificata da Cristo Signore. Una Chiesa che sa riconoscere i molti segni di amore fedele che Dio continuamente le invia. Una Chiesa per la quale il Signore Gesù non sarà mai un possesso da difendere gelosamente: quelli che fanno questo, sbagliano; ma sempre Colui che le viene incontro e che essa sa attendere con fiducia e gioia, dando voce alla speranza del mondo. La Chiesa che chiama il Signore: “Vieni, Signore Gesù!”. La Chiesa madre che sempre ha le porte spalancate e le braccia aperte per accogliere tutti. Anzi, la Chiesa madre che esce dalle proprie porte per cercare con sorriso di madre tutti i lontani e portarli alla misericordia di Dio. Questo è lo stupore del Natale!

A Natale Dio ci dona tutto Sé stesso donando il suo Figlio, l’Unico, che è tutta la sua gioia. E solo con il cuore di Maria, l’umile e povera figlia di Sion, diventata Madre del Figlio dell’Altissimo, è possibile esultare e rallegrarsi per il grande dono di Dio e per la sua imprevedibile sorpresa. Ci aiuti Lei a percepire lo stupore - questi tre stupori l’altro, la storia e la Chiesa - per la nascita di Gesù, il dono dei doni, il regalo immeritato che ci porta la salvezza. L’incontro con Gesù farà sentire anche a noi questo grande stupore. Ma non possiamo avere questo stupore, non possiamo incontrare Gesù se non lo incontriamo negli altri, nella storia e nella Chiesa.


 

 

Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

anche quest’oggi mi è caro rivolgere un pensiero all’amata Siria, esprimendo vivo apprezzamento per l’intesa appena raggiunta dalla Comunità internazionale. Incoraggio tutti a proseguire con generoso slancio il cammino verso la cessazione delle violenze ed una soluzione negoziata che porti alla pace. Parimenti penso alla vicina Libia, dove il recente impegno assunto tra le Parti per un Governo di unità nazionale invita alla speranza per il futuro.

Desidero anche sostenere l’impegno di collaborazione cui sono chiamati il Costa Rica ed il Nicaragua. Auspico che un rinnovato spirito di fraternità rafforzi ulteriormente il dialogo e la cooperazione reciproca, come anche tra tutti i Paesi della Regione.

il mio pensiero va in questo momento alle care popolazioni dell’India, colpite recentemente da una grave alluvione. Preghiamo per questi fratelli e sorelle, che soffrono a causa di tale calamità, e affidiamo le anime dei defunti alla misericordia di Dio. Preghiamo per tutti questi fratelli dell’India un’Ave Maria alla Madonna.

Saluto con affetto tutti voi, cari pellegrini provenienti da vari Paesi per partecipare a questo incontro di preghiera. Oggi il primo saluto è riservato ai bambini di Roma. Ma questi bambini sanno fare rumore! Sono venuti per la tradizionale benedizione dei “Bambinelli”, organizzata dal Centro Oratori Romani. Cari bambini, sentite bene: quando pregherete davanti al vostro presepe, ricordatevi anche di me, come io mi ricordo di voi. Vi ringrazio, e buon Natale!

Saluto le famiglie della comunità “Figli in Cielo” e quelle legate, nella speranza e nel dolore, all’Ospedale Bambino Gesù. Cari genitori, vi assicuro la mia vicinanza spirituale e vi incoraggio a continuare il vostro cammino di fede e di fraternità.

Saluto la corale polifonica di Racconigi, il gruppo di preghiera “I ragazzi del Papa” – grazie per il vostro sostegno! – e i fedeli di Parma.

Auguro a tutti voi una buona domenica e un Natale di speranza e pieno dello stupore, dello stupore che ci dà Gesù, pieno di amore e di pace. Non dimenticate di pregare per me.


   


[Modificato da Caterina63 20/12/2015 13:48]
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  Papa Francesco ha incontrato oggi nella Sala Clementina i membri della Curia Romana per i tradizionali auguri natalizi. Di seguito il testo del discorso, con alcune aggiunte a braccio secondo una nostra trascrizione - Radio Vaticana:





Cari fratelli e sorelle, vi chiedo scusa di non parlare in piedi, ma da alcuni giorni sono sotto l’influsso dell’influenza e non mi sento molto forte. Con il vostro permesso, vi parlo seduto. Sono lieto di rivolgervi gli auguri più cordiali di un santo Natale e felice Anno Nuovo, che si estendono anche a tutti i collaboratori, ai Rappresentanti Pontifici, e particolarmente a coloro che, durante l’anno scorso, hanno terminato il loro servizio per raggiunti limiti di età. Ricordiamo anche le persone che sono state chiamate davanti a Dio. A tutti voi e ai vostri familiari vanno il mio pensiero e la mia gratitudine.

Riforma si andrà avanti con determinazione

Nel mio primo incontro con voi, nel 2013, ho voluto sottolineare due aspetti importanti e inseparabili del lavoro curiale: la professionalità e il servizio, indicando come modello da imitare la figura di san Giuseppe. Invece l’anno scorso, per prepararci al sacramento della Riconciliazione, abbiamo affrontato alcune tentazioni e “malattie” – il “catalogo delle malattie curiali”: oggi dovrei parlare degli antibiotici curiali … – che potrebbero colpire ogni cristiano, ogni curia, comunità, congregazione, parrocchia e movimento ecclesiale: queste tentazioni, queste malattie. Malattie che richiedono prevenzione, vigilanza, cura e, purtroppo, in alcuni casi, interventi dolorosi e prolungati. Alcune di tali malattie si sono manifestate nel corso di questo anno, causando non poco dolore a tutto il corpo e ferendo tante anime. Anche con lo scandalo. Sembra doveroso affermare che ciò è stato – e lo sarà sempre – oggetto di sincera riflessione e decisivi provvedimenti. La riforma andrà avanti con determinazione, lucidità e risolutezza, perché Ecclesia semper reformanda.

Efficienza Curia Romana

Tuttavia, le malattie e perfino gli scandali non potranno nascondere l’efficienza dei servizi, che la Curia Romana con fatica, con responsabilità, con impegno e dedizione rende al Papa e a tutta la Chiesa, e questa è una vera consolazione. Insegnava sant’Ignazio che «è proprio dello spirito cattivo rimordere, rattristare, porre difficoltà e turbare con false ragioni, per ‎impedire di andare avanti; invece è proprio dello spirito buono dare coraggio ed energie, dare consolazioni e ‎lacrime, ispirazioni e serenità, diminuendo e rimuovendo ogni difficoltà, per andare avanti nella via del ‎bene». Sarebbe grande ingiustizia non esprimere una sentita gratitudine e un doveroso incoraggiamento a tutte le persone sane e oneste che lavorano con dedizione, devozione, fedeltà e professionalità, offrendo alla Chiesa e al Successore di Pietro il conforto delle loro solidarietà e obbedienza, nonché delle loro generose preghiere.

Tornare all'essenziale

Per di più, le resistenze, le fatiche e le cadute delle persone e dei ministri rappresentano anche delle lezioni e delle occasioni di crescita, e mai di scoraggiamento. Sono opportunità per tornare all’essenziale, che ‎significa fare i conti con la consapevolezza che abbiamo di noi stessi, di Dio, del prossimo, del sensus Ecclesiae e del sensus fidei. Di questo tornare all’essenziale vorrei parlarvi oggi, mentre siamo all’inizio del pellegrinaggio dell’Anno Santo della Misericordia, aperto dalla Chiesa pochi giorni fa, e che rappresenta per essa e per tutti noi un forte richiamo alla gratitudine, alla conversione, al rinnovamento, alla penitenza e alla riconciliazione.
Natale, festa dell'infinita misericordia di Dio
In realtà, il Natale è la festa dell’infinita Misericordia di Dio. Dice sant’Agostino d’Ippona: «Poteva esserci misericordia verso di noi infelici maggiore di quella che indusse il Creatore del cielo a scendere dal cielo e il Creatore della terra a rivestirsi di un corpo mortale? Quella stessa misericordia indusse il Signore del mondo a rivestirsi della natura di servo, di modo che pur essendo pane avesse fame, pur essendo la sazietà piena avesse sete, pur essendo la potenza divenisse debole, pur essendo la salvezza venisse ferito, pur essendo vita potesse morire. E tutto questo per saziare la nostra fame, alleviare la nostra arsura, rafforzare la nostra debolezza, cancellare la nostra iniquità, accendere la nostra carità» .

“Catalogo delle virtù necessarie” per chi lavora in Curia

Quindi, nel contesto di questo Anno della Misericordia e della preparazione al Santo Natale, ormai alle porte, vorrei presentarvi un sussidio pratico per poter vivere fruttuosamente questo tempo di grazia. Si tratta di un non esaustivo “catalogo delle virtù necessarie” per chi presta servizio in Curia e per tutti coloro che vogliono rendere feconda la loro consacrazione o il loro servizio alla Chiesa. Invito i Capi dei Dicasteri e i Superiori ad approfondirlo, ad arricchirlo e a completarlo. È un elenco che parte proprio da un’analisi acrostica della parola “misericordia”, affinché sia essa la nostra guida e il nostro faro.

1. Missionarietà e pastoralità.
La missionarietà è ciò che rende, e mostra, la curia fertile e feconda; è la prova dell’efficacia, dell’efficienza e dell’autenticità del nostro operare. La fede è un dono, ma la misura della nostra fede si prova anche da quanto siamo capaci di comunicarla . Ogni battezzato è missionario della Buona Novella innanzitutto con la sua vita, con il suo lavoro e con la sua gioiosa e convinta testimonianza. La pastoralità sana è una virtù indispensabile specialmente per ogni sacerdote. È l’impegno quotidiano di seguire il Buon Pastore, che si prende cura delle sue pecorelle e dà la sua vita per salvare la vita degli altri. È la misura della nostra attività curiale e sacerdotale. Senza queste due ali non potremo mai volare e nemmeno raggiungere la beatitudine del “servo fedele” (cfr Mt 25,14-30).

2. Idoneità e sagacia.

L’idoneità richiede lo sforzo personale di acquistare i requisiti necessari e richiesti per esercitare al meglio i propri compiti e attività, con l’intelletto e l’intuizione. Essa è contro le raccomandazioni e le tangenti. La sagacia è la prontezza di mente per comprendere e affrontare le situazioni con saggezza e creatività. Idoneità e sagacia rappresentano anche la risposta umana alla grazia divina, quando ognuno di noi segue quel famoso detto: “fare tutto come se Dio non esistesse e, in seguito, lasciare tutto a Dio come se io non esistessi”. È il comportamento del discepolo che si rivolge al Signore tutti i giorni con queste parole della bellissima Preghiera Universale attribuita a Papa Clemente XI: «Guidami con la tua sapienza, reggimi con la tua giustizia, incoraggiami con la tua bontà, proteggimi con la tua potenza. Ti offro, o Signore: i pensieri, perché siano diretti a te; le parole, perché siano di te; le azioni, perché siano secondo te; le tribolazioni, perché siano per te» .

3. Spiritualità e umanità.

La spiritualità è la colonna portante di qualsiasi servizio nella Chiesa e nella vita cristiana. Essa è ciò che alimenta tutto il nostro operato, lo sorregge e lo protegge dalla fragilità umana e dalle tentazioni quotidiane. L’umanità è ciò che incarna la veridicità della nostra fede. Chi rinuncia alla propria umanità rinuncia a tutto. L’umanità è ciò che ci rende diversi dalle macchine e dai robot che non sentono e non si commuovono. Quando ci risulta difficile piangere seriamente o ridere appassionatamente – sono due segni, eh? – allora è iniziato il nostro declino e il nostro processo di trasformazione da “uomini” a qualcos’altro. L’umanità è il saper mostrare tenerezza e familiarità e cortesia con tutti (cfr Fil 4,5). Spiritualità e umanità, pur essendo qualità innate, tuttavia sono potenzialità da realizzare interamente, da raggiungere continuamente e da dimostrare quotidianamente.

4. Esemplarità e fedeltà.

Il beato Paolo VI ricordò alla Curia «la sua vocazione all’esemplarità» , nel ’63. Esemplarità per evitare gli scandali che feriscono le anime e minacciano la credibilità della nostra testimonianza. Fedeltà alla nostra consacrazione, alla nostra vocazione, ricordando sempre le parole di Cristo: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti» (Lc 16,10) e «Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all'uomo a causa del quale viene lo scandalo!» (Mt 18,6-7).

5. Razionalità e amabilità.

La razionalità serve per evitare gli eccessi emotivi e l’amabilità per evitare gli eccessi della burocrazia e delle programmazioni e pianificazioni. Sono doti necessarie per l’equilibrio della personalità: «Il nemico - e cito Sant’Ignazio un’altra volta, scusatemi … - il nemico osserva bene se un’anima è grossolana oppure delicata; se è delicata, fa in modo di renderla delicata fino all’eccesso, per poi maggiormente angosciarla e confonderla» . Ogni eccesso è indice di qualche squilibrio, sia l’eccesso nella razionalità, sia nell’amabilità.


6. Innocuità e determinazione.

L’innocuità che ci rende cauti nel giudizio, capaci di astenerci da azioni impulsive e affrettate. È la capacità di far emergere il meglio da noi stessi, dagli altri e dalle situazioni agendo con attenzione e comprensione. È il fare agli altri quello che vorresti fosse fatto a te (cfr Mt 7,12 e Lc 6,31). La determinazione è l’agire con volontà risoluta, con visione chiara e con obbedienza a Dio, e solo per la legge suprema della salus animarum (cfr CIC, can. 1725).

7. Carità e verità.

Due virtù indissolubili dell’esistenza cristiana: “fare la verità nella carità e vivere la carità nella verità” (cfr Ef 4,15) . Al punto che la carità senza verità diventa ideologia del buonismo distruttivo e la verità senza carità diventa “giudiziarismo” cieco.

8. Onestà e maturità.

L’onestà è la rettitudine, la coerenza e l’agire con sincerità assoluta con noi stessi e con Dio. Chi è onesto non agisce rettamente soltanto sotto lo sguardo del sorvegliante o del superiore; l’onesto non teme di essere sorpreso, perché non inganna mai colui che si fida di lui. L’onesto non spadroneggia mai sulle persone o sulle cose che gli sono state affidate da amministrare, come fa il «servo malvagio» (Mt 24,48). L’onestà è la base su cui poggiano tutte le altre qualità. Maturità è la ricerca di raggiungere l’armonia tra le nostre capacità fisiche, psichiche e spirituali. Essa è la meta e l’esito di un processo di sviluppo che non finisce mai e che non dipende dall’età che abbiamo.

9. Rispettosità e umiltà.

Il La rispettosità è la dote delle anime nobili e delicate; delle persone che cercano sempre di dimostrare rispetto autentico agli altri, al proprio ruolo, ai superiori e ai subordinati, dalle pratiche, alle carte, al segreto e alla riservatezza; le persone che sanno ascoltare attentamente e parlare educatamente. L’umiltà invece è la virtù dei santi e delle persone piene di Dio, che più crescono nell’importanza più cresce in loro la consapevolezza di essere nulla e di non poter fare nulla senza la grazia di Dio (cfr Gv 15,8).


10.“Doviziosità” – io ho il vizio dei neologismi, eh? – doviziosità e attenzione.

Più abbiamo fiducia in Dio e nella sua provvidenza più siamo doviziosi di anima e più siamo aperti nel dare, sapendo che più si dà più si riceve. In realtà, è inutile aprire tutte le Porte Sante di tutte le basiliche del mondo se la porta del nostro cuore è chiusa all’amore, se le nostre mani sono chiuse al donare, se le nostre case sono chiuse all’ospitare e se le nostre chiese sono chiuse all’accogliere. L’attenzione è il curare i dettagli e l’offrire il meglio di noi e il non abbassare mai la guardia sui nostri vizi e mancanze. San Vincenzo de’ Paoli pregava così: “Signore, aiutami ad accorgermi subito: di quelli che mi stanno accanto, di quelli che sono preoccupati e ‎disorientati, di quelli che soffrono senza mostrarlo, di quelli che si sentono isolati senza volerlo”.

11. Impavidità e prontezza.

Essere impavido significa non lasciarsi impaurire di fronte alle difficoltà, come Daniele nella fossa dei leoni, come Davide di fronte a Golia; significa agire con audacia e determinazione e senza tiepidezza «come un buon soldato» (2 Tm 2,3-4); significa saper fare il primo passo senza indugiare, come Abramo e come Maria. Invece la prontezza è il saper agire con libertà e agilità senza attaccarsi alle cose materiali che passano. Dice il salmo: «Alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore» (Sal 61,11). Essere pronto vuol dire essere sempre in cammino, senza mai farsi appesantire accumulando cose inutili e chiudendosi nei propri progetti, e senza farsi dominare dall’ambizione.

12. Affidabilità e sobrietà.

Affidabile è colui che sa mantenere gli impegni con serietà e attendibilità quando è osservato ma soprattutto quando si trova solo; è colui che irradia intorno a sé un senso di tranquillità perché non tradisce mai la fiducia che gli è stata accordata. La sobrietà – ultima virtù di questo elenco non per importanza – è la capacità di rinunciare al superfluo e di resistere alla logica consumistica dominante. La sobrietà è prudenza, semplicità, essenzialità, equilibrio e temperanza. La sobrietà è guardare il mondo con gli occhi di Dio e con lo sguardo dei poveri e dalla parte dei poveri. La sobrietà è uno stile di vita che indica il primato dell’altro come principio gerarchico ed esprime l’esistenza come premura e servizio verso gli altri. Chi è sobrio è una persona coerente ed essenziale in tutto, perché sa ridurre, recuperare, riciclare, riparare e vivere con il senso della misura.

Sia la misericordia a guidare i nostri passi

Cari fratelli, la misericordia non è un sentimento passeggero, ma è la sintesi della Buona Notizia, è la scelta di chi vuole avere i sentimenti del Cuore di Gesù, di chi vuol seguire seriamente il Signore che ci chiede: «Siate misericordiosi come il Padre vostro» (Lc 6,36; cfr Mt 5,48). Afferma padre Ermes Ronchi: «Misericordia: scandalo per la giustizia, follia per l’intelligenza, consolazione per noi debitori. Il debito di esistere, il debito di essere amati si paga solo con la misericordia». Dunque, sia la misericordia a guidare i nostri passi, a ispirare le nostre riforme, a illuminare le nostre decisioni. Sia essa la colonna portante del nostro operare. Sia essa a insegnarci quando dobbiamo andare avanti e quando dobbiamo compiere un passo indietro. Sia essa a farci leggere la piccolezza delle nostre azioni nel grande progetto di salvezza di Dio e nella maestosità e misteriosità della sua opera.

Preghiera del cardinale Dearden
Per aiutarci a capire questo, lasciamoci incantare dalla preghiera stupenda che viene comunemente attribuita al Beato Oscar Arnulfo Romero, ma che fu pronunciata per la prima volta dal Cardinale John Dearden:
Ogni tanto ci aiuta il fare un passo indietro e vedere da lontano.

Il Regno non è solo oltre i nostri sforzi, è anche oltre le nostre visioni.
Nella nostra vita riusciamo a compiere solo una piccola parte
di quella meravigliosa impresa che è l’opera di Dio.
Niente di ciò che noi facciamo è completo.
Che è come dire che il Regno sta più in là di noi stessi.
Nessuna affermazione dice tutto quello che si può dire.
Nessuna preghiera esprime completamente la fede.
Nessun credo porta la perfezione.
Nessuna visita pastorale porta con sé tutte le soluzioni.
Nessun programma compie in pieno la missione della Chiesa.
Nessuna meta né obbiettivo raggiunge la completezza.
Di questo si tratta:
noi piantiamo semi che un giorno nasceranno.
Noi innaffiamo semi già piantati, sapendo che altri li custodiranno.
Mettiamo le basi di qualcosa che si svilupperà.
Mettiamo il lievito che moltiplicherà le nostre capacità.
Non possiamo fare tutto,
però dà un senso di liberazione l’iniziarlo.
Ci dà la forza di fare qualcosa e di farlo bene.
Può rimanere incompleto, però è un inizio, il passo di un cammino.
Una opportunità perché la grazia di Dio entri
e faccia il resto.
Può darsi che mai vedremo il suo compimento,
ma questa è la differenza tra il capomastro e il manovale.
Siamo manovali, non capomastri,
servitori, non messia.
Noi siamo profeti di un futuro che non ci appartiene.

E con questi pensieri, con questi sentimenti, vi auguro un buon e santo Natale e vi chiedo di pregare per me. Grazie.



IN BREVE, AVETE VISTO COSA EMERGE?   
LA PAROLA  M-I-S-E-R-I-C-O-R-D-I-A  Ecco un riepilogo pro-memoria



Con il metodo del gesuita Matteo Ricci, quest'anno Francesco propone un “catalogo delle virtù necessarie”, non rivolto solo alla Curia, e costruito sulle iniziali della parola “Misericordia”.

 Papa Francesco ha incontrato nella Sala Clementina i membri della Curia Romana per i tradizionali auguri natalizi del 21.12.2015. Di seguito il testo del discorso
ridotto all'essenziale nel "catagolo delle virtù della Misericordia" così come le ha intessute il Papa sottolineando la parola Misericordia....

1. M come «Missionarietà e pastoralità. La fede è un dono, ma la misura della nostra fede si prova anche da quanto siamo capaci di comunicarla . Ogni battezzato è
missionario della Buona Novella innanzitutto con la sua vita, con il suo lavoro e con la sua gioiosa e convinta testimonianza. La pastoralità sana è una virtù
indispensabile specialmente per ogni sacerdote. È l’impegno quotidiano di seguire il Buon Pastore, che si prende cura delle sue pecorelle e dà la sua vita per salvare
la vita degli altri.

2. I come «Idoneità e sagacia.
L’idoneità richiede lo sforzo personale di acquistare i requisiti necessari e richiesti per esercitare al meglio i propri compiti e attività, con l’intelletto e l’intuizione.
Essa è contro le raccomandazioni e le tangenti. La sagacia è la prontezza di mente per comprendere e affrontare le situazioni con saggezza e creatività. È il
comportamento del discepolo che si rivolge al Signore tutti i giorni con queste parole della bellissima Preghiera Universale attribuita a Papa Clemente XI: «Guidami
con la tua sapienza, reggimi con la tua giustizia, incoraggiami con la tua bontà, proteggimi con la tua potenza. Ti offro, o Signore: i pensieri, perché siano diretti a
te; le parole, perché siano di te; le azioni, perché siano secondo te; le tribolazioni, perché siano per te» .

3. S come Spiritualità e umanità. La spiritualità è la colonna portante di qualsiasi servizio nella Chiesa e nella vita cristiana. Essa è ciò che alimenta tutto il nostro
operato, lo sorregge e lo protegge dalla fragilità umana e dalle tentazioni quotidiane. L’umanità è ciò che incarna la veridicità della nostra fede. Chi rinuncia alla
propria umanità rinuncia a tutto. L’umanità è il saper mostrare tenerezza e familiarità e cortesia con tutti (cfr Fil 4,5). Spiritualità e umanità, pur essendo qualità
innate, tuttavia sono potenzialità da realizzare interamente, da raggiungere continuamente e da dimostrare quotidianamente.

4. E come Esemplarità e fedeltà. Esemplarità per evitare gli scandali che feriscono le anime e minacciano la credibilità della nostra testimonianza. Fedeltà alla
nostra consacrazione, alla nostra vocazione, ricordando sempre le parole di Cristo: «Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è
disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti» (Lc 16,10) e «Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene
che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai
all'uomo a causa del quale viene lo scandalo!» (Mt 18,6-7).

5. R come Razionalità e amabilità. La razionalità serve per evitare gli eccessi emotivi e l’amabilità per evitare gli eccessi della burocrazia e delle programmazioni e
pianificazioni. Sono doti necessarie per l’equilibrio della personalità: «Il nemico - e cito Sant’Ignazio - osserva bene se un’anima è grossolana oppure delicata; se è
delicata, fa in modo di renderla delicata fino all’eccesso, per poi maggiormente angosciarla e confonderla» . Ogni eccesso è indice di qualche squilibrio, sia l’eccesso
nella razionalità, sia nell’amabilità.

6. I come Innocuità e determinazione. L’innocuità che ci rende cauti nel giudizio, capaci di astenerci da azioni impulsive e affrettate. È la capacità di far emergere
il meglio da noi stessi, dagli altri e dalle situazioni agendo con attenzione e comprensione. È il fare agli altri quello che vorresti fosse fatto a te (cfr Mt 7,12 e Lc
6,31). La determinazione è l’agire con volontà risoluta, con visione chiara e con obbedienza a Dio, e solo per la legge suprema della salus animarum.

7. C come Carità e verità. Due virtù indissolubili dell’esistenza cristiana: “fare la verità nella carità e vivere la carità nella verità". Due virtù indissolubili
dell’esistenza cristiana: “fare la verità nella carità e vivere la carità nella verità” (cfr Ef 4,15) . Al punto che, come insegna Benedetto XVI, la carità senza verità
diventa ideologia del buonismo distruttivo e la verità senza carità diventa “giudiziarismo” cieco.

8. O come Onestà e maturità. L’onestà è la rettitudine, la coerenza e l’agire con sincerità assoluta con noi stessi e con Dio. Chi è onesto non agisce rettamente
soltanto sotto lo sguardo del sorvegliante o del superiore; l’onesto non teme di essere sorpreso, perché non inganna mai colui che si fida di lui. L’onesto non
spadroneggia mai sulle persone o sulle cose che gli sono state affidate da amministrare, come fa il «servo malvagio» (Mt 24,48). L’onestà è la base su cui poggiano
tutte le altre qualità. Maturità è la ricerca di raggiungere l’armonia tra le nostre capacità fisiche, psichiche e spirituali.

9. R come Rispettosità e umiltà. La rispettosità è la dote delle anime nobili e delicate; delle persone che cercano sempre di dimostrare rispetto autentico agli altri,
al proprio ruolo, ai superiori e ai subordinati, dalle pratiche, alle carte, al segreto e alla riservatezza; le persone che sanno ascoltare attentamente e parlare
educatamente. L’umiltà invece è la virtù dei santi e delle persone piene di Dio, che più crescono nell’importanza più cresce in loro la consapevolezza di essere nulla e
di non poter fare nulla senza la grazia di Dio (cfr Gv 15,8).

10. D come Doviziosità e attenzione. Più abbiamo fiducia in Dio e nella sua provvidenza più siamo doviziosi di anima e più siamo aperti nel dare, sapendo che più si dà
più si riceve. In realtà, è inutile aprire tutte le Porte Sante di tutte le basiliche del mondo se la porta del nostro cuore è chiusa all’amore, se le nostre mani sono
chiuse al donare, se le nostre case sono chiuse all’ospitare e se le nostre chiese sono chiuse all’accogliere. L’attenzione è il curare i dettagli e l’offrire il meglio di noi
e il non abbassare mai la guardia sui nostri vizi e mancanze.

11. I come Impavidità e prontezza. Essere impavido significa non lasciarsi impaurire di fronte alle difficoltà, come Daniele nella fossa dei leoni, come Davide di
fronte a Golia; significa agire con audacia e determinazione e senza tiepidezza «come un buon soldato» (2 Tm 2,3-4); significa saper fare il primo passo senza
indugiare, come Abramo e come Maria. Invece la prontezza è il saper agire con libertà e agilità senza attaccarsi alle cose materiali che passano. Dice il salmo: «Alla
ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore» (Sal 61,11). Essere pronto vuol dire essere sempre in cammino, senza mai farsi appesantire accumulando cose
inutili e chiudendosi nei propri progetti, e senza farsi dominare dall’ambizione.

12. A come affidabilità e sobrietà. Affidabile è colui che sa mantenere gli impegni con serietà e attendibilità quando è osservato ma soprattutto quando si trova
solo; è colui che irradia intorno a sé un senso di tranquillità perché non tradisce mai la fiducia che gli è stata accordata. La sobrietà – ultima virtù di questo elenco
non per importanza – è la capacità di rinunciare al superfluo e di resistere alla logica consumistica dominante. La sobrietà è prudenza, semplicità, essenzialità,
equilibrio e temperanza. La sobrietà è guardare il mondo con gli occhi di Dio ... La sobrietà è uno stile di vita.

Cari fratelli, la misericordia non è un sentimento passeggero, ma è la sintesi della Buona Notizia, è la scelta di chi vuole avere i sentimenti del Cuore di Gesù, di chi
vuol seguire seriamente il Signore che ci chiede: «Siate misericordiosi come il Padre vostro» (Lc 6,36; cfr Mt 5,48). Misericordia: scandalo per la giustizia, follia
per l’intelligenza, consolazione per noi debitori. Il debito di esistere, il debito di essere amati si paga solo con la misericordia. Dunque, sia la misericordia a guidare
i nostri passi, a ispirare le nostre riforme, a illuminare le nostre decisioni. Sia essa la colonna portante del nostro operare. Sia essa a insegnarci quando dobbiamo
andare avanti e quando dobbiamo compiere un passo indietro. Sia essa a farci leggere la piccolezza delle nostre azioni nel grande progetto di salvezza di Dio e nella
maestosità e misteriosità della sua opera.

_______________________________________________________________

Carissimi Amici, il santo Padre Francesco, nel Discorso alla Curia del 21.12.2015, ha fatto una sorta di "catalogo" usando le iniziali della parola M-I-S-E-R-I-C- O-R-D-I-A e offrendo a TUTTI (lo ha detto, non solo alla Curia) una sorta di elenco delle virtù della Misericordia da sviluppare e mettere in pratica.... Noi ve lo offriamo, condensato, in video e audio. Approfittiamone.


1. M come «Missionarietà e pastoralità.
2. I come «Idoneità e sagacia.
3. S come Spiritualità e umanità.
4. E come Esemplarità e fedeltà.
5. R come Razionalità e amabilità.
6. I come Innocuità e determinazione.
7. C come Carità e verità. Due virtù indissolubili
8. O come Onestà e maturità.
9. R come Rispettosità e umiltà.
10. D come Doviziosità e attenzione.
11. I come Impavidità e prontezza.
12. A come affidabilità e sobrietà.


http://gloria.tv/media/KfPZxLzEdSf 

https://www.youtube.com/watch?v=56xT7EILoRc 

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org 
info@sulrosario.org 



 

[Modificato da Caterina63 22/12/2015 17:53]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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La Deus caritas est di Benedetto XVI ha 10 anni. Dal Toso: grande messaggio


Benedetto XVI - ANSA

Benedetto XVI - 





24/12/2015




Porta la data del 25 dicembre 2005 la prima Enciclica di Benedetto XVI: “Deus caritas est”. Un testo accolto nel mondo, attraversato da crisi, conflitti e tensioni, come un richiamo alla speranza. Dio è Amore: è l’annuncio che Benedetto XVI rivolgeva all’uomo contemporaneo, è Lui che dà vita al mondo, ma è un Dio che ha un volto e un cuore umano in Gesù. Per celebrare i 10 anni dell’Enciclica, il Pontificio Consiglio Cor Unum sta lavorando ad un Convegno internazionale in programma il prossimo febbraio, in Vaticano.Adriana Masotti ha intervistato il segretario del Dicastero, mons. Giovanni Pietro Dal Toso:


R. – Un punto fondamentale o forse il punto fondamentale dell’Enciclica, che è stata la prima Enciclica di Papa Benedetto, quindi in qualche modo anche la sua Enciclica programmatica, è esattamente questo: far vedere chi è il Dio cristiano e qual è il nome del Dio cristiano. Il nome del Dio cristiano è “carità”, è – appunto – “amore”. Io penso che questo grande messaggio di Papa Benedetto ha voluto centrare quale sia la volontà di Dio sull’uomo e per questo è stato importante ribadirlo. La volontà di Dio sull’uomo è quella di poterlo amare: pensiamo anche in questi giorni di Natale, in cui esattamente si manifesta questo. Dio nasce per noi, diventa uomo, diventa carne come noi, proprio per far conoscere all’uomo l’amore di Dio. Per me, anche questo fatto di aver voluto sottolineare fin dall’inizio che Dio è carità – “Deus caritas est” – per me questo è fondamentale anche perché dà un connotato molto chiaro anche a quello che noi intendiamo per carità, cioè: chi ci dice che cos’è la carità, è esattamente Dio. Per me non è per niente irrilevante che proprio il concetto di “agape”, quindi di carità, è entrato nella storia dell’uomo con il cristianesimo, perché carità intende l’amore come dono di sé, come darsi pienamente all’altro.


D. – Infatti, presentando l’Enciclica, proprio Benedetto XVI ha detto: “La parola ‘amore’ oggi è così sciupata, consumata … Dobbiamo riprenderla, riportarla al suo splendore originario. E’ stata questa consapevolezza che mi ha indotto a scegliere l’amore come tema dell’Enciclica”...


R. – Di nuovo, io posso solo sottolineare quanto dice Papa Benedetto. Di amore oggi si parla – o forse si è parlato sempre – in tutte le salse; per noi cristiani è importante, invece, oggi, proprio dove vediamo che c’è questa difficoltà nei rapporti umani, questa difficoltà anche della fiducia verso l’altro, riappropriarci di questo termine “carità” che dice, invece, qual è il modo in cui il cristiano si rapporta con l’altro e si rapporta con l’altro perché Dio si è rapportato così con noi. In questo modo diciamo a cosa siamo veramente chiamati, come persone, proprio in questa chiave di “dono di sé”: è un amore che si esprime nelle diverse dimensioni. Come noi siamo fatti di corpo e anima, così l’amore si esprime nel corpo e si esprime nell’anima. Mi piace in questo senso ricordare come Papa Francesco abbia voluto molto sottolineare, per il Giubileo, il discorso delle opere di carità corporale e spirituale.


D. – Benedetto XVI sottolinea che l’amore non è solo individuale, ma è comunitario, e parla delle opere di carità della Chiesa …


R. – Questo per noi è stato chiaramente un passaggio molto importante, perché il nostro Pontificio Consiglio è quello che è chiamato a orientare, ad aiutare i grandi organismi cattolici di carità. Per noi, in questo senso, è stato molto importante riappropriarci, riapprofondire il termine di carità, ed è stato importante poi, appunto, che questa Enciclica abbia voluto mettere il servizio della carità, cioè quello che la Chiesa fa concretamente nei diversi ambiti – dalla salute all’educazione, all’assistenza – al centro della vita della Chiesa. E mi sembra che anche poi la Provvidenza abbia voluto Papa Francesco che di nuovo su questi temi – come sappiamo – è molto chiaro e anche molto insistente.


D. – E più volte chiede di distinguere: “La Chiesa - dice - non è una organizzazione umanitaria, una ong”...


R. – Questo lui lo ripete e mi sembra che anche in questo sia in linea con Papa Benedetto, che nella “Deus caritas est” dice che la Chiesa non può fare la carità semplicemente come una organizzazione non governativa ma la Chiesa, essendo il soggetto della carità, vive questa sua missione legata alle altre sue missioni che sono, appunto, la proclamazione della Parola di Dio e la celebrazione dei Sacramenti: cioè, è un tutt’uno. Anche proprio per fedeltà all’uomo stesso che vogliamo servire.







  ed ecco una buona notizia per questo Natale


KENYA
 

Poteva essere una strage. I jihadisti somali al Shabaab hanno fermato in Kenya un pullman di linea, stavolta però i passeggeri musulmani hanno rifiutato di dividersi dai cristiani. «Uccideteci insieme a loro o lasciateci andare tutti», hanno detto sfidando i terroristi che alla fine hanno ceduto, se ne sono andati.

di Anna Bono
Combattente islamista di al Shabaab


Poteva essere una strage. I jihadisti somali al Shabaab il 21 dicembre hanno fermato in Kenya un pullman di linea proveniente dalla capitale Nairobi e diretto a Mandera, una città del nord est, al confine con la Somalia. Dopo aver fatto scendere i passeggeri, hanno incominciato a separare i musulmani dai cristiani: l’intenzione era risparmiare la vita ai musulmani e uccidere tutti gli altri. 

Gli al Shabaab lo fanno da alcuni anni. È successo per la prima volta nel 2013 durante l’attacco a un centro commerciale di Nairobi costato la vita a 67 persone. Asserragliati nell’edificio, i jihadisti individuavano gli “infedeli” ponendo agli ostaggi domande sulla religione islamica e ordinando loro di recitare versetti del Corano. Lo scorso aprile hanno ucciso in questo modo 148 studenti cristiani dell’università di Garissa lasciando liberi quelli di fede islamica e nei mesi precedenti con la stessa modalità avevano attaccato, sempre nel nord est, un pullman che trasportava degli insegnanti, un cantiere, vicino a Mandera, e gli abitanti di un villaggio nell’entroterra dell’arcipelago di Lamu.

Poteva essere una strage, dunque, e invece questa volta è successo qualcosa di inaspettato. I passeggeri musulmani hanno rifiutato di dividersi dai cristiani: «uccideteci insieme a loro o lasciateci andare tutti» , hanno detto sfidando i terroristi che alla fine hanno ceduto, se ne sono andati. Si contano comunque due morti e tre feriti: colpiti nei primi minuti, uno mentre tentava di fuggire. «I passeggeri hanno dimostrato patriottismo e un grande senso di unità», ha dichiarato ai giornalisti il governatore di Mandera, Ali Roba, confermando la notizia e fornendo dettagli. Hanno dimostrato un coraggio straordinario, bisogna aggiungere, ben consapevoli del rischio che stavano correndo. 

Può anche darsi, come sostiene Bashkas Jugsodaay che per la Bbc da 20 anni segue gli avvenimenti al confine tra Kenya e Somalia, che in loro abbia prevalso un altro sentimento, la frustrazione. I territori del nord est in cui vivono sono quasi interamente abitati da popolazioni di fede islamica. I cristiani sono pochi e quei pochi sono quasi tutti emigranti originari di altre regioni del Paese. Forse nella scelta di difendere i compagni di viaggio cristiani ha contato l’esasperazione per i danni che gli atti di terrorismo da tempo producono e di cui pagano le conseguenze. Uno dei problemi maggiori è il fatto che, da quando sono diventati bersaglio degli al Shabaab, migliaia di immigrati cristiani sono tornati a casa, disposti a perdere il lavoro pur di non rischiare più la vita. Tra questi si contano moltissimi dipendenti pubblici. 

Ad esempio, quando nel novembre del 2014 i terroristi hanno ucciso 28 insegnanti cristiani che stavano tornando a Mandera dopo le vacanze scolastiche trascorse in famiglia, altri 700 colleghi hanno rifiutato di riprendere servizio nel nord est al termine delle loro ferie, nonostante le pressioni del governo, e da allora la regione ha perso oltre 2.000 insegnanti. Si sono registrate inoltre centinaia di defezioni da parte di dipendenti del sistema sanitario. Questo ha ulteriormente sguarnito di servizi essenziali popolazioni già trascurate dal governo e che sono tra le più povere del paese: in prevalenza nomadi che praticano la pastorizia e sopravvivono in terre aride, sotto la costante minaccia della carestia. Ma tutte le attività economiche sono penalizzate dall’insicurezza crescente causata dalla presenza degli al Shabaab.   

La reazione straordinaria dei passeggeri islamici forse rispecchia quindi un sentimento di ribellione che si sta diffondendo nella popolazione per i danni economici e sociali patiti. Lo confermerebbe un dettaglio. Dalle testimonianze raccolte sembra che i jihadisti, vista la reazione dei passeggeri islamici, abbiano desistito e si siano allontanati in fretta per timore di rappresaglie da parte dei villaggi vicini. Probabilmente erano pochi e, per quanto armati, temevano di poter essere attaccati, ben sapendo che in Kenya circolano moltissime armi anche tra la popolazione. Nella lotta ai jihadisti l’atteggiamento dei civili può fare la differenza, a seconda che subiscano i terroristi passivamente oppure si convertano alla loro causa e li sostengano o ancora decidano di collaborare con le forze dell’ordine per liberarsene. 

Gli al Shabaab agiscono in Kenya e vi hanno creato delle cellule. Di recente nel nord est hanno intensificato le attività. Nelle ultime tre settimane oltre 200 miliziani sono entrati in Kenya dalla Somalia. Il governatore di Mandera sostiene che, da informazioni fornite dalle comunità di pastori sparse sul territorio, risulta che i jihadisti hanno attraversato il confine a gruppi di 6-15 combattenti che poi si sono insediati in diversi villaggi nei quali hanno incominciato a predicare il loro islam fondamentalista. Il governatore Roba sostiene di aver informato le autorità centrali e di aver sollecitato azioni di contrasto più efficaci. Occorre, dice, dare la caccia ai terroristi a piedi, battendo le campagne palmo a palmo. Invece l’esercito si limita a mettere dei posti di blocco sulle strade principali da cui ovviamente i jihadisti si tengono alla larga. 

Ben altro si rimprovera ai militari: di recente persino di essere complici degli al Shabaab nel contrabbando di zucchero e carbone con cui i jihadisti si finanziano. Sul modo in cui la gente decide di schierarsi incide anche la fiducia nel governo, nelle sue istituzioni e nelle sue iniziative. In Kenya il comportamento delle autorità civili e militari è un punto a favore di al Shabaab.

   




[Modificato da Caterina63 24/12/2015 17:14]
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25/12/2015 09:52
 
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SANTA MESSA DELLA NOTTE


NATALE DEL SIGNORE


OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO


Basilica Vaticana
Giovedì, 24 dicembre 2014

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In questa notte risplende una «grande luce» (Is 9,1); su tutti noi rifulge la luce della nascita di Gesù. Quanto sono vere e attuali le parole del profeta Isaia che abbiamo ascoltato: «Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia» (9,2)! Il nostro cuore era già colmo di gioia per l’attesa di questo momento; ora, però, quel sentimento viene moltiplicato e sovrabbonda, perché la promessa si è compiuta, finalmente si è realizzata. Gioia e letizia ci assicurano che il messaggio contenuto nel mistero di questa notte viene veramente da Dio. Non c’è posto per il dubbio; lasciamolo agli scettici che per interrogare solo la ragione non trovano mai la verità. Non c’è spazio per l’indifferenza, che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene, perché ha paura di perdere qualcosa. Viene scacciata ogni tristezza, perché il bambino Gesù è il vero consolatore del cuore.

Oggi il Figlio di Dio è nato: tutto cambia. Il Salvatore del mondo viene a farsi partecipe della nostra natura umana, non siamo più soli e abbandonati. La Vergine ci offre il suo Figlio come principio di vita nuova. La luce vera viene a rischiarare la nostra esistenza, spesso rinchiusa nell’ombra del peccato. Oggi scopriamo nuovamente chi siamo! In questa notte ci viene reso manifesto il cammino da percorrere per raggiungere la meta. Ora, deve cessare ogni paura e spavento, perché la luce ci indica la strada verso Betlemme. Non possiamo rimanere inerti. Non ci è lecito restare fermi. Dobbiamo andare a vedere il nostro Salvatore deposto in una mangiatoia. Ecco il motivo della gioia e della letizia: questo Bambino è «nato per noi», è «dato a noi», come annuncia Isaia (cfr 9,5). A un popolo che da duemila anni percorre tutte le strade del mondo per rendere partecipe ogni uomo di questa gioia, viene affidata la missione di far conoscere il “Principe della pace” e diventare suo efficace strumento in mezzo alle nazioni.

Quando, dunque, sentiamo parlare della nascita di Cristo, restiamo in silenzio e lasciamo che sia quel Bambino a parlare; imprimiamo nel nostro cuore le sue parole senza distogliere lo sguardo dal suo volto. Se lo prendiamo tra le nostre braccia e ci lasciamo abbracciare da Lui, ci porterà la pace del cuore che non avrà mai fine. Questo Bambino ci insegna che cosa è veramente essenziale nella nostra vita. Nasce nella povertà del mondo, perché per Lui e la sua famiglia non c’è posto in albergo. Trova riparo e sostegno in una stalla ed è deposto in una mangiatoia per animali. Eppure, da questo nulla, emerge la luce della gloria di Dio. A partire da qui, per gli uomini dal cuore semplice inizia la via della vera liberazione e del riscatto perenne. Da questo Bambino, che porta impressi nel suo volto i tratti della bontà, della misericordia e dell’amore di Dio Padre, scaturisce per tutti noi suoi discepoli, come insegna l’apostolo Paolo, l’impegno a «rinnegare l’empietà» e la ricchezza del mondo, per vivere «con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2,12).

In una società spesso ebbra di consumo e di piacere, di abbondanza e lusso, di apparenza e narcisismo, Lui ci chiama a un comportamento sobrio, cioè semplice, equilibrato, lineare, capace di cogliere e vivere l’essenziale. In un mondo che troppe volte è duro con il peccatore e molle con il peccato, c’è bisogno di coltivare un forte senso della giustizia, del ricercare e mettere in pratica la volontà di Dio. Dentro una cultura dell’indifferenza, che finisce non di rado per essere spietata, il nostro stile di vita sia invece colmo di pietà, di empatia, di compassione, di misericordia, attinte ogni giorno dal pozzo della preghiera.

Come per i pastori di Betlemme, possano anche i nostri occhi riempirsi di stupore e meraviglia, contemplando nel Bambino Gesù il Figlio di Dio. E, davanti a Lui, sgorghi dai nostri cuori l’invocazione: «Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza» (Sal 85,8).

 
 



MESSAGGIO URBI ET ORBI
DEL SANTO PADRE FRANCESCO

NATALE 2015

Venerdì, 25 dicembre 2015

[Multimedia]






 

Cari fratelli e sorelle, buon Natale!

Cristo è nato per noi, esultiamo nel giorno della nostra salvezza!

Apriamo i nostri cuori a ricevere la grazia di questo giorno, che è Lui stesso: Gesù è il “giorno” luminoso che è sorto all’orizzonte dell’umanità. Giorno di misericordia, nel quale Dio Padre ha rivelato all’umanità la sua immensa tenerezza. Giorno di luce che disperde le tenebre della paura e dell’angoscia. Giorno di pace, in cui diventa possibile incontrarsi, dialogare, e soprattutto riconciliarsi. Giorno di gioia: una «gioia grande» per i piccoli e gli umili, e per tutto il popolo (cfr Lc 2,10).

In questo giorno, dalla Vergine Maria, è nato Gesù, il Salvatore. Il presepe ci fa vedere il «segno» che Dio ci ha dato: «un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Come i pastori di Betlemme, anche noi andiamo a vedere questo segno, questo avvenimento che ogni anno si rinnova nella Chiesa. Il Natale è un avvenimento che si rinnova in ogni famiglia, in ogni parrocchia, in ogni comunità che accoglie l’amore di Dio incarnato in Gesù Cristo. Come Maria, la Chiesa mostra a tutti il «segno» di Dio: il Bambino che Lei ha portato in grembo e ha dato alla luce, ma che è Figlio dell’Altissimo, perché «viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20). Per questo Lui è il Salvatore, perché è l’Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo (cfr Gv 1,29). Insieme ai pastori, prostriamoci davanti all’Agnello, adoriamo la Bontà di Dio fatta carne, e lasciamo che lacrime di pentimento riempiano i nostri occhi e lavino il nostro cuore. Tutti ne abbiamo bisogno!

Solo Lui, solo Lui ci può salvare. Solo la Misericordia di Dio può liberare l’umanità da tante forme di male, a volte mostruose, che l’egoismo genera in essa. La grazia di Dio può convertire i cuori e aprire vie di uscita da situazioni umanamente insolubili.

Dove nasce Dio, nasce la speranza: Lui porta la speranza. Dove nasce Dio, nasce la pace. E dove nasce la pace, non c’è più posto per l’odio e per la guerra. Eppure proprio là dove è venuto al mondo il Figlio di Dio fatto carne, continuano tensioni e violenze e la pace rimane un dono da invocare e da costruire. Possano Israeliani e Palestinesi riprendere un dialogo diretto e giungere ad un’intesa che permetta ai due Popoli di convivere in armonia, superando un conflitto che li ha lungamente contrapposti, con gravi ripercussioni sull’intera Regione.

Al Signore domandiamo che l’intesa raggiunta in seno alle Nazioni Unite riesca quanto prima a far tacere il fragore delle armi in Siria e a rimediare alla gravissima situazione umanitaria della popolazione stremata. È altrettanto urgente che l’accordo sulla Libia trovi il sostegno di tutti, affinché si superino le gravi divisioni e violenze che affliggono il Paese. L’attenzione della Comunità internazionale sia unanimemente rivolta a far cessare le atrocità che, sia in quei Paesi come pure in Iraq, Yemen e nell’Africa subsahariana, tuttora mietono numerose vittime, causano immani sofferenze e non risparmiano neppure il patrimonio storico e culturale di interi popoli. Il mio pensiero va pure a quanti sono stati colpiti da efferate azioni terroristiche, particolarmente dalle recenti stragi avvenute sui cieli d’Egitto, a Beirut, Parigi, Bamako e Tunisi.

Ai nostri fratelli, perseguitati in tante parti del mondo a causa della fede, il Bambino Gesù doni consolazione e forza. Sono i nostri martiri di oggi.

Pace e concordia chiediamo per le care popolazioni  della Repubblica Democratica del Congo, del Burundi e del Sud Sudan affinché, mediante il dialogo, si rafforzi l’impegno comune per l’edificazione di società civili animate da un sincero spirito di riconciliazione e di comprensione reciproca.

Il Natale porti vera pace anche all’Ucraina, offra sollievo a chi subisce le conseguenze del conflitto e ispiri la volontà di portare a compimento gli accordi presi, per ristabilire la concordia nell’intero Paese.

La gioia di questo giorno illumini gli sforzi del popolo colombiano perché, animato dalla speranza, continui con impegno a perseguire la desiderata pace.

Dove nasce Dio, nasce la speranza; e dove nasce la speranza, le persone ritrovano la dignità. Eppure, ancor oggi schiere di uomini e donne sono private della loro dignità umana e, come il Bambino Gesù, soffrono il freddo, la povertà e il rifiuto degli uomini. Giunga oggi la nostra vicinanza ai più indifesi, soprattutto ai bambini soldato, alle donne che subiscono violenza, alle vittime della tratta delle persone e del narcotraffico.

Non manchi il nostro conforto a quanti fuggono dalla miseria o dalla guerra, viaggiando in condizioni troppo spesso disumane e non di rado rischiando la vita. Siano ricompensati con abbondanti benedizioni quanti, singoli e Stati, si adoperano con generosità per soccorrere e accogliere i numerosi migranti e rifugiati, aiutandoli a costruire un futuro dignitoso per sé e per i propri cari e ad integrarsi all’interno delle società che li ricevono.

In questo giorno di festa, il Signore ridoni speranza a quanti non hanno lavoro - e sono tanti! - e sostenga l’impegno di quanti hanno responsabilità pubbliche in campo politico ed economico affinché si adoperino per perseguire il bene comune e a tutelare la dignità di ogni vita umana.

Dove nasce Dio, fiorisce la misericordia. Essa è il dono più prezioso che Dio ci fa, particolarmente in questo anno giubilare, in cui siamo chiamati a scoprire la tenerezza che il nostro Padre celeste ha nei confronti di ciascuno di noi. Il Signore doni particolarmente ai carcerati di sperimentare il suo amore misericordioso che sana le ferite e vince il male.

E così oggi insieme esultiamo nel giorno della nostra salvezza. Contemplando il presepe, fissiamo lo sguardo sulle braccia aperte di Gesù che ci mostrano l’abbraccio misericordioso di Dio, mentre ascoltiamo il vagito del Bambino che ci sussurra: «Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: “Su te sia pace!”» (Sal 121 [122],8).


Augurio Natalizio dopo il Messaggio Urbi et Orbi

A voi, cari fratelli e sorelle, giunti da ogni parte del mondo in questa Piazza, e a quanti da diversi Paesi siete collegati attraverso la radio, la televisione e gli altri mezzi di comunicazione, rivolgo il mio augurio più cordiale.

E’ il Natale dell’Anno Santo della Misericordia, perciò auguro a tutti di poter accogliere nella propria vita la misericordia di Dio, che Gesù Cristo ci ha donato, per essere misericordiosi con i nostri fratelli. Così faremo crescere la pace!

Buon Natale!


[Modificato da Caterina63 25/12/2015 14:55]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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27/12/2015 20:00
 
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SANTA MESSA PER LE FAMIGLIE


OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO


Basilica Vaticana
Domenica, 27 dicembre 2015
Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

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Le Letture bibliche che abbiamo ascoltato ci hanno presentato l’immagine di due famiglie che compiono il loro pellegrinaggio verso la casa di Dio. Elkana e Anna portano il figlio Samuele al tempio di Silo e lo consacrano al Signore (cfr 1 Sam 1,20-22.24-28). Alla stessa stregua, Giuseppe e Maria, per la festa di pasqua, si fanno pellegrini a Gerusalemme insieme con Gesù (cfr Lc 2,41-52).

Spesso abbiamo sotto gli occhi i pellegrini che si recano ai santuari e ai luoghi cari della pietà popolare. In questi giorni, tanti si sono messi in cammino per raggiungere la Porta Santa aperta in tutte le cattedrali del mondo e anche in tanti santuari. Ma la cosa più bella posta oggi in risalto dalla Parola di Dio è che tutta la famiglia compie il pellegrinaggio. Papà, mamma e figli, insieme, si recano alla casa del Signore per santificare la festa con la preghiera. E’ un insegnamento importante che viene offerto anche alle nostre famiglie. Anzi, possiamo dire che la vita della famiglia è un insieme di piccoli e grandi pellegrinaggi.

Ad esempio, quanto ci fa bene pensare che Maria e Giuseppe hanno insegnato a Gesù a recitare le preghiere! E questo è un pellegrinaggio, il pellegrinaggio dell’educazione alla preghiera. E anche ci fa bene sapere che durante la giornata pregavano insieme; e che poi il sabato andavano insieme alla sinagoga per ascoltare le Scritture della Legge e dei Profeti e lodare il Signore con tutto il popolo. E certamente durante il pellegrinaggio verso Gerusalemme hanno pregato cantando con le parole del Salmo: «Quale gioia, quando mi dissero: “Andremo alla casa del Signore!”. Già sono fermi i nostri piedi alle tue porte, Gerusalemme!» (122,1-2).

Come è importante per le nostre famiglie camminare insieme e avere una stessa meta da raggiungere! Sappiamo che abbiamo un percorso comune da compiere; una strada dove incontriamo difficoltà ma anche momenti di gioia e di consolazione. In questo pellegrinaggio della vita condividiamo anche il momento della preghiera. Cosa può esserci di più bello per un papà e una mamma dibenedire i propri figli all’inizio della giornata e alla sua conclusione. Tracciare sulla loro fronte il segno della croce come nel giorno del Battesimo. Non è forse questa la preghiera più semplice dei genitori nei confronti dei loro figli? Benedirli, cioè affidarli al Signore, come hanno fatto Elkana e Anna, Giuseppe e Maria, perché sia Lui la loro protezione e il sostegno nei vari momenti della giornata. Come è importante per la famiglia ritrovarsi anche in un breve momento di preghiera prima di prendere insieme i pasti, per ringraziare il Signore di questi doni, e per imparare a condividere quanto si è ricevuto con chi è maggiormente nel bisogno. Sono tutti piccoli gesti, che tuttavia esprimono il grande ruolo formativo che la famiglia possiede nel pellegrinaggio di tutti i giorni.

Al termine di quel pellegrinaggio, Gesù tornò a Nazareth ed era sottomesso ai suoi genitori (cfr Lc 2,51). Anche questa immagine contiene un bell’insegnamento per le nostre famiglie. Il pellegrinaggio, infatti, non finisce quando si è raggiunta la meta del santuario, ma quando si torna a casa e si riprende la vita di tutti i giorni, mettendo in atto i frutti spirituali dell’esperienza vissuta. Conosciamo che cosa Gesù aveva fatto quella volta. Invece di tornare a casa con i suoi, si era fermato a Gerusalemme nel Tempio, provocando una grande pena a Maria e Giuseppe che non lo trovavano più. Per questa sua “scappatella”, probabilmente anche Gesù dovette chiedere scusa ai suoi genitori. Il Vangelo non lo dice, ma credo che possiamo supporlo. La domanda di Maria, d’altronde, manifesta un certo rimprovero, rendendo evidente la preoccupazione e l’angoscia sua e di Giuseppe. Tornando a casa, Gesù si è stretto certamente a loro, per dimostrare tutto il suo affetto e la sua obbedienza. Fanno parte del pellegrinaggio della famiglia anche questi momenti che con il Signore si trasformano in opportunità di crescita, in occasione di chiedere perdono e di riceverlo, di dimostrare l’amore e l’obbedienza.

Nell’Anno della Misericordia, ogni famiglia cristiana possa diventare luogo privilegiato di questo pellegrinaggio in cui si sperimenta la gioia del perdono. Il perdono è l’essenza dell’amore che sa comprendere lo sbaglio e porvi rimedio. Poveri noi se Dio non ci perdonasse! E’ all’interno della famiglia che ci si educa al perdono, perché si ha la certezza di essere capiti e sostenuti nonostante gli sbagli che si possono compiere.

Non perdiamo la fiducia nella famiglia! E’ bello aprire sempre il cuore gli uni agli altri, senza nascondere nulla. Dove c’è amore, lì c’è anche comprensione e perdono. Affido a tutte voi, care famiglie, questo pellegrinaggio domestico di tutti i giorni, questa missione così importante, di cui il mondo e la Chiesa hanno più che mai bisogno.

 



ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 27 dicembre 2015

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel clima di gioia che è proprio del Natale, celebriamo in questa domenica la festa della Santa Famiglia. Ripenso al grande incontro di Filadelfia, nel settembre scorso; alle tante famiglie incontrate nei viaggi apostolici; e a quelle di tutto il mondo. Vorrei salutarle tutte con affetto e riconoscenza, specialmente in questo nostro tempo, nel quale la famiglia è soggetta a incomprensioni e difficoltà di vario genere che la indeboliscono.

Il Vangelo di oggi invita le famiglie a cogliere la luce di speranza proveniente dalla casa di Nazaret, nella quale si è sviluppata nella gioia l’infanzia di Gesù, il quale – dice san Luca – «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (2,52). Il nucleo familiare di Gesù, Maria e Giuseppe è per ogni credente, e specialmente per le famiglie, un’autentica scuola del Vangelo. Qui ammiriamo il compimento del disegno divino di fare della famiglia una speciale comunità di vita e d’amore. Qui apprendiamo che ogni nucleo familiare cristiano è chiamato ad essere “chiesa domestica”, per far risplendere le virtù evangeliche e diventare fermento di bene nella società. I tratti tipici della Santa Famiglia sono: raccoglimento e preghiera, mutua comprensione e rispetto, spirito di sacrificio, lavoro e solidarietà.

Dall’esempio e dalla testimonianza della Santa Famiglia, ogni famiglia può trarre indicazioni preziose per lo stile e le scelte di vita, e può attingere forza e saggezza per il cammino di ogni giorno. La Madonna e san Giuseppe insegnano ad accogliere i figli come dono di Dio, a generarli e educarli cooperando in modo meraviglioso all’opera del Creatore e donando al mondo, in ogni bambino, un nuovo sorriso. È nella famiglia unita che i figli portano a maturazione la loro esistenza, vivendo l’esperienza significativa ed efficace dell’amore gratuito, della tenerezza, del rispetto reciproco, della mutua comprensione, del perdono e della gioia.

Vorrei soffermarmi soprattutto sulla gioia. La vera gioia che si sperimenta nella famiglia non è qualcosa di casuale e fortuito. E’ una gioia frutto dell’armonia profonda tra le persone, che fa gustare la bellezza di essere insieme, di sostenerci a vicenda nel cammino della vita. Ma alla base della gioia sempre c’è la presenza di Dio, il suo amore accogliente, misericordioso e paziente verso tutti. Se non si apre la porta della famiglia alla presenza di Dio e al suo amore, la famiglia perde l’armonia, prevalgono gli individualismi, e si spegne la gioia. Invece la famiglia che vive la gioia, la gioia della vita, la gioia della fede, la comunica spontaneamente, è sale della terra e luce del mondo, è lievito per tutta la società.

Gesù, Maria e Giuseppe benedicano e proteggano tutte le famiglie del mondo, perché in esse regnino la serenità e la gioia, la giustizia e la pace, che Cristo nascendo ha portato come dono all’umanità.

 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Natale, il giorno di nascita della luce invitta
di Joseph Ratzinger*

da lanuovabussolaquotidiana - 25-12-2015


Raffaello Sanzio, Madonna Sistina

Il mondo in cui sorse la festa di Natale era dominato da un sentimento diffuso molto simile al nostro. Si trattava di un mondo in cui il «crepuscolo degli dei» non era un modo di dire, ma un fatto reale. Tutt’a un tratto, gli antichi dèi erano divenuti irreali: non esistevano più e gli uomini non potevano più credere in quello che, per generazioni, aveva dato senso alla loro vita. Ma l’uomo non può vivere senza un senso, ne ha bisogno come del pane quotidiano. E così, tramontati gli antichi astri, egli dovette cercare nuove luci. Ma dov’erano?

Una corrente abbastanza diffusa gli offriva come alternativa il culto della «luce invitta», del sole, che giorno dopo giorno fa il suo corso sulla terra, sicuro di vincere e forte quasi come un dio visibile di questo mondo. Il 25 dicembre, al centro com’è dei giorni del solstizio invernale, soleva essere commemorato annualmente come il giorno natalizio della luce che si rigenera in tutti i tramonti, garanzia radiosa che, in tutti i tramonti delle luci caduche, la luce e la speranza del mondo non vengono meno e che da tutti i tramonti si diparte una strada che conduce a un nuovo inizio. Le liturgie della religione del sole molto abilmente si erano così appropriate di una paura e insieme di una speranza originarie dell’uomo. L’uomo primitivo, che un tempo avvertiva l’arrivo dell’inverno nel progressivo allungarsi delle notti d’autunno e nel progressivo indebolirsi della forza del sole, ogni volta si era chiesto pieno di paura: «Il sole dorato ora morirà? Ritornerà? O non sarà vinto quest’anno (o in uno degli anni a venire) dalle forze malvagie delle tenebre, tanto da non ritornare mai più?». Sapere che ogni anno tornava un nuovo solstizio d’inverno dava in fondo la certezza della sempre nuova vittoria del sole, del suo certo, perpetuo ritorno. È la festa in cui si compendia la speranza, anzi, la certezza dell’indistruttibilità delle luci di questo mondo.
Quest’epoca, nella quale alcuni imperatori romani, con il culto del sole invitto, cercarono di dare ai loro sudditi una nuova fede, una nuova speranza, un nuovo senso in mezzo all’inarrestabile crollo delle antiche divinità, coincise col tempo in cui la fede cristiana tentò di guadagnare il cuore dell’uomo greco-romano. Ed essa trovò proprio nel culto del sole uno dei suoi antagonisti più insidiosi.
Si trattava di un segno fin troppo visibile agli occhi degli uomini, molto più visibile e attraente del segno della croce nel quale giungevano gli annunciatori della fede in Cristo. Eppure, la loro fede e la loro luce invisibile ebbero il sopravvento sul quel messaggio visibile col quale l’antico paganesimo cercò di affermarsi. 

Molto presto i cristiani rivendicarono a sé il 25 dicembre, il giorno natalizio della luce invitta, e lo celebrarono come il giorno della nascita di Cristo, in cui essi avevano trovato la vera luce del mondo. Dicevano ai pagani: «Il sole è buono e noi ci rallegriamo quanto voi per la sua continua vittoria. Ma il sole non possiede alcuna forza da se stesso. Può esistere e avere forza solo perché Dio lo ha creato. Esso quindi ci parla della vera luce, di Dio. Ed è il vero Dio che si deve celebrare, la sorgente originaria di ogni luce, non la sua opera, che non avrebbe alcuna forza senza di lui. Ma questo non è ancora tutto e nemmeno la cosa più importante. Non vi siete accorti infatti che esistono un’oscurità e un freddo rispetto ai quali il sole è impotente? Sono quell’oscurità e quel freddo che provengono dal cuore ottenebrato dell’uomo: odio, ingiustizia, cinico abuso della verità, crudeltà e degradazione dell’uomo...». E a questo punto ci accorgiamo d’improvviso quanto tutto questo sia per noi stimolante e attuale, sentiamo che il dialogo del cristiano con gli adoratori romani del sole è come il dialogo del credente di oggi col suo fratello non credente, è il dialogo incessante tra fede e mondo. Certo, la paura primitiva che il sole un giorno potrebbe scomparire ormai non ci agita più: la fisica, col fresco soffio delle sue formule chiare, l’ha scacciata da tempo.

È vero, la paura primitiva è passata, ma è anche scomparsa la paura in assoluto? O l’uomo non continua forse a essere definito dalla paura, a tal punto che la filosofia di oggi indica la paura proprio come «esistenziale fondamentale» dell’uomo? Quale epoca della storia dell’umanità ha, più della nostra, sperimentato una paura maggiore di fronte al proprio futuro? Forse l’uomo di oggi si accanisce così tanto nel presente solo perché non sopporta di guardare negli occhi il futuro: il solo pensarvi gli procura degli incubi. Non temiamo più che il sole possa essere sopraffatto dalle tenebre e non tornare; ma abbiamo paura del buio che proviene dagli uomini; scoprendo solo così quella vera oscurità che, in questo secolo di disumanità, abbiamo sperimentato più spaventosamente di quanto le generazioni che ci hanno preceduto avrebbero mai potuto immaginare.
Abbiamo paura che il bene nel mondo divenga impotente, che non abbia più senso scegliere la verità, la purezza, la giustizia, l’amore, perché ormai nel mondo vale la legge di chi meglio sa farsi strada a gomitate, visto che il corso della storia sembra dare ragione a chi è senza scrupoli e brutale, non ai santi. E, d’altronde, non vediamo forse di fronte ai nostri occhi dominare il denaro, la bomba atomica, il cinismo di coloro per i quali non esiste più nulla di sacro? Spesso ci sorprendiamo in preda al timore che, alla fine, non vi sia alcun senso nel caotico corso di questo mondo; che, in fondo, la storia del mondo distingua solo fra gli sciocchi e i forti... Domina la sensazione che le forze oscure aumentino, che il bene sia impotente: ci assale più o meno quella stessa sensazione che, un tempo, prendeva gli uomini quando, in autunno e in inverno, il sole sembrava combattere la sua battaglia decisiva: «La vincerà? Il bene conserverà il suo senso e la sua forza nel mondo?». 

Nella stalla di Betlemme ci è dato il segno che ci fa rispondere lieti: «Sì». Perché quel bambino, il Figlio unigenito di Dio, è posto come segno e garanzia che, nella storia del mondo, l’ultima parola spetta a Dio, proprio a quel bambino lì, che è la verità e l’amore. È questo il senso vero del Natale: è il «giorno di nascita della luce invitta», il solstizio d’inverno della storia del mondo che, nell’andamento altalenante di questa nostra storia, ci dà la certezza che anche qui la luce non morirà, ma ha già in pugno la vittoria finale.


*«La paura e la speranza», è l’ultima di tre meditazioni sul Natale scritte tra il 1959 e il 1960 da Joseph Ratzinger, futuro Benedetto XVI





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30/12/2015 16:08
 
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[SM=g1740717] [SM=g1740720] Il Concilio di Efeso.

Nestorio non cambiò pensiero e l'Imperatore convocò un Concilio, che si aprì ad Efeso il 24 Giugno 431 sotto la Presidenza di San Cirillo, Legato del Papa Celestino. Erano presenti 200 Vescovi i quali Proclamarono che "la Persona di Cristo è Una e Divina e che la Santissima Vergine deve essere Riconosciuta e Venerata da tutti quale Vera Madre di Dio".
I Cristiani di Efeso Intonarono Canti di Trionfo, Illuminarono la Città e ricondussero alle loro dimore con fiaccole accese i Vescovi "venuti - gridavano essi - per Restituirci la Madre di Dio e Ratificare con la loro Santa Autorità ciò che era Scritto in tutti i cuori". Gli sforzi di Satana avevano raggiunto, come sempre, un risultato solo, cioè quello di preparare un Magnifico Trionfo alla Madonna e, se vogliamo Credere alla Tradizione, i Padri del Concilio, per Perpetuare il Ricordo dell'Avvenimento, aggiunsero all'Ave Maria le Parole: "Santa Maria, Madre di Dio, Pregate per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte". Milioni di persone recitano ogni giorno questa Preghiera e Riconoscono a Maria la Gloria di Madre di Dio, che un Eretico aveva preteso negare.

Maria Vera Madre di Dio.

Riconoscere che Maria è Vera Madre di Dio è cosa facile. "Se il Figlio della Santa Vergine è Dio, scrive Papa Pio XI nell'Enciclica Lux Veritatis, Colei che l'ha Generato merita di essere chiamata Madre di Dio; se la Persona di Gesù Cristo è Una e Divina, tutti, senza dubbio, devono chiamare Maria Madre di Dio e non solamente di Cristo Uomo. Come le altre donne sono chiamate e sono realmente madri, perché hanno formato nel loro seno la nostra sostanza mortale, e non perché abbiano creata l'Anima umana, così Maria ha acquistato la Maternità Divina per aver Generato l'Unica Persona del Figlio Suo".

BUON ANNO A TUTTI [SM=g1740738]

[SM=g1740750] [SM=g1740752]

www.youtube.com/watch?v=lyCxFBj1x-4







PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO
E TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO PER L'ANNO TRASCORSO

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO


Basilica Vaticana
Giovedì, 31 dicembre 2015



www.youtube.com/watch?v=wz7NxIcHQns

Quanto è colmo di significato il nostro essere radunati insieme per dare lode al Signore al termine di questo anno!

La Chiesa in tante occasioni sente la gioia e il dovere di innalzare il suo canto a Dio con queste parole di lode, che fin dal quarto secolo accompagnano la preghiera nei momenti importanti del suo pellegrinaggio terreno. E’ la gioia del ringraziamento che quasi spontaneamente promana dalla nostra preghiera, per riconoscere la presenza amorevole di Dio negli avvenimenti della nostra storia. Come spesso succede, però, sentiamo che nella preghiera non basta solo la nostra voce. Essa ha bisogno di rinforzarsi con la compagnia di tutto il popolo di Dio, che all’unisono fa sentire il suo canto di ringraziamento. Per questo, nel Te Deum chiediamo l’aiuto agli Angeli, ai Profeti e a tutta la creazione per dare lode al Signore. Con questo inno ripercorriamo la storia della salvezza dove, per un misterioso disegno di Dio, trovano posto e sintesi anche le varie vicende della nostra vita di quest’anno trascorso.

In questo Anno giubilare assumono una speciale risonanza le parole finali dell’inno della Chiesa: «Sia sempre con noi, o Signore, la tua misericordia: in te abbiamo sperato». La compagnia della misericordia è luce per comprendere meglio quanto abbiamo vissuto, e speranza che ci accompagna all’inizio di un nuovo anno.

Ripercorrere i giorni dell’anno trascorso può avvenire o come un ricordo di fatti e avvenimenti che riportano a momenti di gioia e di dolore, oppure cercando di comprendere se abbiamo percepito la presenza di Dio che tutto rinnova e sostiene con il suo aiuto. Siamo interpellati a verificare se le vicende del mondo si sono realizzate secondo la volontà di Dio, oppure se abbiamo dato ascolto prevalentemente ai progetti degli uomini, spesso carichi di interessi privati, di insaziabile sete di potere e di violenza gratuita.

E, tuttavia, oggi i nostri occhi hanno bisogno di focalizzare in modo particolare i segni che Dio ci ha concesso, per toccare con mano la forza del suo amore misericordioso. Non possiamo dimenticare che tante giornate sono state segnate da violenza, da morte, da sofferenze indicibili di tanti innocenti, di profughi costretti a lasciare la loro patria, di uomini, donne e bambini senza dimora stabile, cibo e sostentamento. Eppure, quanti grandi gesti di bontà, di amore e di solidarietà hanno riempito le giornate di quest’anno, anche se non sono diventate notizie dei telegiornali. Le cose buone non fanno notizia. Questi segni di amore non possono e non devono essere oscurati dalla prepotenza del male. Il bene vince sempre, anche se in qualche momento può apparire più debole e nascosto.

La nostra città di Roma non è estranea a questa condizione del mondo intero. Vorrei che giungesse a tutti i suoi abitanti l’invito sincero per andare oltre le difficoltà del momento presente. L’impegno per recuperare i valori fondamentali di servizio, onestà e solidarietà permetta di superare le gravi incertezze che hanno dominato la scena di quest’anno, e che sono sintomi di scarso senso di dedizione al bene comune. Non manchi mai l’apporto positivo della testimonianza cristiana per consentire a Roma, secondo la sua storia, e con la materna intercessione di Maria Salus Populi Romani, di essere interprete privilegiata di fede, di accoglienza, di fraternità e di pace.

«Noi ti lodiamo, o Dio. […] Tu sei la nostra speranza. Non saremo confusi in eterno».





[SM=g1740750]
[Modificato da Caterina63 31/12/2015 18:40]
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01/01/2016 11:40
 
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SOLENNITÀ DI MARIA SS.MA MADRE DI DIO


XLIX GIORNATA MONDIALE DELLA PACE
SANTA MESSA CON LA PRESENZA DEI PUERI CANTORES, PER LA CHIUSURA DEL XL CONGRESSO INTERNAZIONALE

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana
Venerdì
, 1° gennaio 2016

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Abbiamo ascoltato le parole dell’apostolo Paolo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4).

Che cosa significa che Gesù nacque nella “pienezza del tempo”? Se il nostro sguardo si rivolge al momento storico, possiamo restare subito delusi. Roma dominava su gran parte del mondo conosciuto con la sua potenza militare. L’imperatore Augusto era giunto al potere dopo cinque guerre civili. Anche Israele era stato conquistato dall’impero romano e il popolo eletto era privo della libertà. Per i contemporanei di Gesù, quindi, quello non era certamente il tempo migliore. Non è dunque alla sfera geopolitica che si deve guardare per definire il culmine del tempo.

E’ necessaria, allora, un’altra interpretazione, che comprenda la pienezza a partire da Dio. Nel momento in cui Dio stabilisce che è giunto il momento di adempiere la promessa fatta, allora per l’umanità si realizza la pienezza del tempo. Pertanto, non è la storia che decide della nascita di Cristo; è, piuttosto, la sua venuta nel mondo che permette alla storia di giungere alla sua pienezza. E’ per questo che dalla nascita del Figlio di Dio inizia il computo di una nuova era, quella che vede il compimento della promessa antica. Come scrive l’autore della Lettera agli Ebrei: «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene con la sua parola potente» (1,1-3). La pienezza del tempo, dunque, è la presenza di Dio in prima persona nella nostra storia. Ora possiamo vedere la sua gloria che risplende nella povertà di una stalla, ed essere incoraggiati e sostenuti dal suo Verbo fattosi “piccolo” in un bambino. Grazie a Lui, il nostro tempo può trovare la sua pienezza. Anche il nostro tempo personale troverà la sua pienezza nell’incontro con Gesù Cristo, Dio fatto uomo.

Tuttavia, questo mistero sempre contrasta con la drammatica esperienza storica. Ogni giorno, mentre vorremmo essere sostenuti dai segni della presenza di Dio, dobbiamo riscontrare segni opposti, negativi, che lo fanno piuttosto sentire come assente. La pienezza del tempo sembra sgretolarsi di fronte alle molteplici forme di ingiustizia e di violenza che feriscono quotidianamente l’umanità. A volte ci domandiamo: come è possibile che perduri la sopraffazione dell’uomo sull’uomo?, che l’arroganza del più forte continui a umiliare il più debole, relegandolo nei margini più squallidi del nostro mondo? Fino a quando la malvagità umana seminerà sulla terra violenza e odio, provocando vittime innocenti? Come può essere il tempo della pienezza quello che pone sotto i nostri occhi moltitudini di uomini, donne e bambini che fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla persecuzione, disposti a rischiare la vita pur di vedere rispettati i loro diritti fondamentali? Un fiume di miseria, alimentato dal peccato, sembra contraddire la pienezza del tempo realizzata da Cristo. Ricordatevi, cari pueri cantores, questa era stata la terza domanda che mi avete fatto ieri: come si spiega questo... Anche i bambini si accorgono di questo.

Eppure, questo fiume in piena non può nulla contro l’oceano di misericordia che inonda il nostro mondo. Siamo chiamati tutti ad immergerci in questo oceano, a lasciarci rigenerare, per vincere l’indifferenza che impedisce la solidarietà, e uscire dalla falsa neutralità che ostacola la condivisione. La grazia di Cristo, che porta a compimento l’attesa di salvezza, ci spinge a diventare suoi cooperatori nella costruzione di un mondo più giusto e fraterno, dove ogni persona e ogni creatura possa vivere in pace, nell’armonia della creazione originaria di Dio.

All’inizio di un nuovo anno, la Chiesa ci fa contemplare la divina Maternità di Maria quale icona di pace. La promessa antica si compie nella sua persona. Ella ha creduto alle parole dell’Angelo, ha concepito il Figlio, è diventata Madre del Signore. Attraverso di lei, attraverso il suo “sì”, è giunta la pienezza del tempo. Il Vangelo che abbiamo ascoltato dice che la Vergine «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Ella si presenta a noi come vaso sempre colmo della memoria di Gesù, Sede della Sapienza, da cui attingere per avere la coerente interpretazione del suo insegnamento. Oggi ci offre la possibilità di cogliere il senso degli avvenimenti che toccano noi personalmente, le nostre famiglie, i nostri Paesi e il mondo intero. Dove non può arrivare la ragione dei filosofi né la trattativa della politica, là può giungere la forza della fede che porta la grazia del Vangelo di Cristo, e che può aprire sempre nuove vie alla ragione e alle trattative.

Beata sei tu, Maria, perché hai dato al mondo il Figlio di Dio; ma ancora più beata tu sei per avere creduto in Lui. Piena di fede hai concepito Gesù prima nel cuore e poi nel grembo, per diventare Madre di tutti i credenti (cfr Agostino, Sermo 215, 4). Estendi, Madre, su di noi la tua benedizione in questo giorno a te consacrato; mostraci il volto del tuo Figlio Gesù, che dona al mondo intero misericordia e pace. Amen.

 
   

 

ANGELUS

Piazza San Pietro
Venerdì, 1° gennaio 2016

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno e buon anno!

All’inizio dell’anno è bello scambiarsi gli auguri. Rinnoviamo così, gli uni per gli altri, il desiderio che quello che ci attende sia un po’ migliore. È, in fondo, un segno della speranza che ci anima e ci invita a credere nella vita. Sappiamo però che con l’anno nuovo non cambierà tutto, e che tanti problemi di ieri rimarranno anche domani. Allora vorrei rivolgervi un augurio sostenuto da una speranza reale, che traggo dalla Liturgia di oggi.

Sono le parole con cui il Signore stesso chiese di benedire il suo popolo: «Il Signore faccia risplendere per te il suo volto […]. Il Signore rivolga a te il suo volto» (Nm 6,25-26). Anch’io vi auguro questo: che il Signore posi lo sguardo sopra di voi e che possiate gioire, sapendo che ogni giorno il suo volto misericordioso, più radioso del sole, risplende su di voi e non tramonta mai! Scoprire il volto di Dio rende nuova la vita. Perché è un Padre innamorato dell’uomo, che non si stanca mai di ricominciare da capo con noi per rinnovarci. Ma il Signore ha una pazienza con noi! Non si stanca di ricominciare da capo ogni volta che noi cadiamo. Però il Signore non promette cambiamenti magici, Lui non usa la bacchetta magica. Ama cambiare la realtà dal di dentro, con pazienza e amore; chiede di entrare nella nostra vita con delicatezza, come la pioggia nella terra, per poi portare frutto. E sempre ci aspetta e ci guarda con tenerezza. Ogni mattina, al risveglio, possiamo dire: “Oggi il Signore fa risplendere il suo volto su di me”. Bella preghiera, che è una realtà.

La benedizione biblica continua così: «[Il Signore] ti conceda pace» (v. 26). Oggi celebriamo la Giornata Mondiale della Pace, il cui tema è: “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”. La pace, che Dio Padre desidera seminare nel mondo, deve essere coltivata da noi. Non solo, deve essere anche “conquistata”. Ciò comporta una vera e propria lotta, un combattimento spirituale che ha luogo nel nostro cuore. Perché nemica della pace non è solo la guerra, ma anche l’indifferenza, che fa pensare solo a sé stessi e crea barriere, sospetti, paure e chiusure. E queste cose sono nemiche della pace. Abbiamo, grazie a Dio, tante informazioni; ma a volte siamo così sommersi di notizie che veniamo distratti dalla realtà, dal fratello e dalla sorella che hanno bisogno di noi. Cominciamo in quest’anno ad aprire il cuore, risvegliando l’attenzione al prossimo, a chi è più vicino. Questa è la via per la conquista della pace.

Ci aiuti in questo la Regina della Pace, la Madre di Dio, di cui oggi celebriamo la solennità. Ella «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Le speranze e le preoccupazioni, la gratitudine e i problemi: tutto quello che accadeva nella vita diventava, nel cuore di Maria, preghiera, dialogo con Dio. E Lei fa così anche per noi: custodisce le gioie e scioglie i nodi della nostra vita, portandoli al Signore.

Affidiamo alla Madre il nuovo anno, perché crescano la pace e la misericordia.


Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

desidero ringraziare il Presidente della Repubblica Italiana per gli auguri che mi rivolto ieri sera nel suo Messaggio di fine anno, e che ricambio di cuore.

.... saluto le famiglie del Movimento dell’Amore Familiare, che hanno vegliato questa notte in Piazza San Pietro, pregando per la pace e l’unità nelle famiglie del mondo intero. Grazie a tutti per queste belle iniziative e per le vostre preghiere.

Rivolgo un saluto cordiale a tutti voi, cari pellegrini qui presenti. Un pensiero speciale va ai “Cantori della Stella” – Sternsinger –, bambini e ragazzi che in Germania e Austria portano nelle case la benedizione di Gesù e raccolgono offerte per i loro coetanei poveri. Saluto gli amici e i volontari della Fraterna Domus, l’Oratorio di Stezzano e i fedeli di Taranto.

A tutti auguro un anno di pace nella grazia del Signore, ricco di misericordia, e con la protezione materna di Maria, la Santa Madre di Dio. E non dimenticatevi al mattino, quando vi svegliate, ricordare quel pezzo della benedizione di Dio: “Oggi il Signore fa risplendere il suo volto su di me”. Tutti! “Oggi il Signore fa risplendere il suo volto su di me”. Un’altra volta! “Oggi il Signore fa risplendere il suo volto su di me”.





[Modificato da Caterina63 01/01/2016 12:47]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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03/01/2016 00:54
 
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Vogliamo cominciare facendo memoria di una delle più grandi (insieme a Lourdes e a La Salette, perché non è possibile fare paragoni o graduatorie) Apparizioni del secolo scorso a partire non dal solo 1917, ma ben prima, tra il 1915 e il 1916 quando l’Angelo della Pace a Fatima scese dal cielo per preparare i tre Pastorelli all’incontro con Maria.


È Suor Lucia Dos Santos a raccontare nelle sue memorie che nel 1915, mentre si trovava con alcune compagne (Maria Rosa, Maria Justino e Teresa Matias) a pascolare le greggi presso i possedimenti paterni, aveva visto una misteriosa figura “simile ad una statua di neve”. Fuggita, non volle raccontare nulla ai familiari, cosa che invece fecero le compagne. Fu per questo che Lucia preferì recarsi al pascolo di “Cabeço” con i due cugini, Francisco e Giacinta. Mentre essi si riparavano dalla pioggia e giocavano, era apparsa nuovamente quella figura, “un giovane fra i quattordici e i quindici anni, che il sole rendeva trasparente come se fosse di cristallo”, interpretato come un angelo e precisamente, rivelatosi poi, l’Angelo della pace.


Questi aveva invitato i bambini a pregare prostrati (in ginocchio e con la fronte chinata per terra) insieme a lui in riparazione delle offese subite da Dio da parte dei peccatori, e in particolare con le parole: “Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima, divinità di Gesù Cristo presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, dei sacrilegi e delle indifferenze con cui Egli stesso è offeso, e per i meriti infiniti del Suo Santissimo Cuore e del Cuore Immacolato di Maria vi chiedo la conversione dei poveri peccatori”. Lucia narra che sia lei che Giacinta potevano udire le parole dell’angelo, solo a Francisco risultava impossibile: egli ascoltava le parole ripetute dalle due compagne.


Riapparso nuovamente nell’estate del 1916, si sarebbe rivelato quale Angelo protettore del Portogallo, ordinando ai pastorelli di fare sacrifici per la salvezza della loro patria, devastata dalle guerre civili.


Nell’ultima manifestazione, l’angelo sarebbe apparso ai tre pastorelli con un Calice e un’Ostia sanguinante tra le mani: porgendo il calice a Francisco e Giacinta, aveva ordinato a Lucia di consumare l’Ostia, invitando a fare sacrifici in riparazione degli oltraggi al sacramento dell’Eucaristia. Scomparso l’angelo, i pastorelli non avrebbero avuto più visioni fino a quelle del 1917 a Cova d’Iria.


Ora, tutti noi conosciamo la storia di Fatima e delle Apparizioni a grandi linee, conosciamo i travagli del famoso Terzo Segreto di Fatima che, a torto o a ragione - integrale o alterato o dimezzato, è stato comunque disvelato. Ciò che invece farebbe bene a noi meditare è il contenuto di Fatima che deve ancora compiersi con il trionfo del Cuore Immacolato di Maria.


Se c'è un punto sul quale Maria Santissima è severa, è quello contro certa curiosità... sì, a Maria non piace affatto che si seguano delle Apparizioni per la curiosità dei contenuti o per la strumentalizzazione dei famosi “segreti”, per il “prurito di sentire qualcosa di nuovo”, come ammonisce san Paolo in 2Tim 4,1-5. La Vergine Santissima è così attenta e severa a questi particolari da impedire che il piccolo Francisco possa ascoltare quanto Ella dirà a Giacinta e a Lucia e questo per il semplice fatto che trova Francisco ancora incompleto e perfino “impreparato”, dirà la Madonna: “deve dire ancora molti rosari...”.


Questa severità del Cielo nei confronti del piccolo Francisco - che è stato poi beatificato - ci deve rammentare sempre quale deve essere il nostro comportamento nei confronti di questi eventi particolari e soprannaturali, deve insegnarci la vera umiltà e discernimento, deve infonderci l’autentico atteggiamento che dobbiamo assumere: silenzio, preghiera, ascolto, sacrificio, fede. Diversamente la Madonna non ci farà ascoltare, né vedere nulla.


 





Che cosa sono, dunque, queste Apparizioni? Che cosa comporta questo Centenario? Cosa dobbiamo attenderci? Perché dobbiamo consacrarci al Cuore Immacolato di Maria?


È fondamentale partire da San Luigi Maria Grignon de Montfort (Montfort-la-Cane, 31 gennaio 1673 – Saint-Laurent-sur-Sèvre, 28 aprile 1716 - presbitero francese, fondatore della Compagnia di Maria e delle Figlie della Sapienza), consacrato anche come terziario domenicano scrisse il famoso “Trattato della Vera Devozione a Maria” e il “Segreto ammirabile del Santo Rosario” con l’annessa Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria anticipando, in questo senso, la richiesta di Maria stessa nelle Apparizioni di La Salette, Lourdes e Fatima.


28 aprile 1716 ... sì, in questo Anno del Giubileo e a ridosso del Centenario di Fatima, ricordiamo anche 300 anni dalla morte di San Grignon de Montfort e non la riteniamo una casualità.


Questo “Trattato” è di fondamentale importanza per comprendere tutte le recenti Apparizioni approvate dalla Chiesa, semplicemente perché anticiparono questi eventi. San Grignon de Montfort scrisse questo Trattato intorno al 1712, ma non si sa molto della sua composizione dal momento che rimase sepolto e nascosto per circa 130 anni anzi, fu lui stesso a scrivere dentro al Trattato, come i nemici della Vergine Maria avrebbero occultato e perseguitato i suoi Figli e Figlie, leggiamo questo passo:


“114. Prevedo molte belve arrabbiate, che arriveranno con furia per strappare con i loro denti diabolici questo piccolo scritto e colui del quale lo Spirito Santo si è servito per scriverlo, o almeno per avvolgerlo nelle tenebre e nel silenzio di un baule, affinché non venga Lui conosciuto; costoro anzi attaccheranno e perseguiteranno quelli e quelle che lo leggeranno e cercheranno di metterlo in pratica. Ma non importa! Anzi, tanto meglio! Questa previsione mi incoraggia e mi fa sperare un grande successo, cioè una grande schiera di valorosi e coraggiosi soldati di Gesù e di Maria, dell'uno e dell'altro sesso, per combattere il mondo, il demonio e la natura corrotta, nei tempi difficili che sempre più si avvicinano! «Chi legge comprenda». «Chi può capire, capisca» (Trattato della Vera Devozione a Maria)”.


La profezia del Montfort è chiarissima e, soprattutto, la stiamo vivendo noi oggi contro la schiera dei nemici della Vergine Santa che sono tutti coloro che si oppongono alle sue Apparizioni (almeno quelle approvate), si oppongono ai Suoi Appelli e Messaggi, ai Suoi moniti e richiami. Ecco allora il “Totus tuus ego sum”, tutto Tuo io sono


La Salette, Fatima, Lourdes ed altre moderne Apparizioni, che seppur talune non confermate dalla Chiesa sono però approvate dai vescovi del luogo come Anguera in Brasile, o quelle dal 2009 a Brindisi (la Vergine della Riconciliazione) dove sembra che il vescovo del luogo le stia accettando avendo affiancato al veggente alcuni sacerdoti, insomma da tutte queste Apparizioni appare evidente come la profezia del Montfort si stia realizzando pienamente: la Vergine Santa aveva promesso e annunciato che Lei personalmente avrebbe dato origine a gruppi di Preghiera del Rosario e a Veggenti che istruiti da Lei avrebbero così messo riparo al fatto che troppi sacerdoti non insegnano più il vero Vangelo, non più la sana dottrina e la Madonna è in ansia e preoccupata di questo abbandono dell'ortodossia, dunque, guidando Lei in persona questi gruppi sparsi nel mondo, fare in modo che in qualche modo il vero Messaggio del Vangelo possa raggiungere tutte le anime di buona volontà, anime davvero umili e povere in spirito.


Il perché sia necessario e proficuo consacrarsi al Cuore di Maria è presto detto, lo spiega bene il Monfort sempre nel “Trattato”:


“119. Poiché la sostanza di questa devozione consiste nell’interiorità che deve formare, essa non sarà compresa da tutti nella stessa misura: alcuni si fermeranno a quanto essa propone di esteriore e non andranno oltre, e saranno i più; altri, un piccolo numero, arriveranno alla sua interiorità, ma non vi saliranno che un gradino. Chi salirà al secondo? Chi arriverà fino al terzo? E infine chi vi dimorerà in modo stabile? Solo colui al quale lo Spirito di Gesù Cristo rivelerà questo segreto. Sarà lui a guidare l’anima fedele, per farla avanzare di virtù in virtù, di grazia in grazia e di luce in luce, per arrivare fino alla trasformazione di se stessi in Gesù Cristo e alla pienezza della sua età sulla terra e della sua gloria in cielo...”.


 





Queste “guide” di cui parla il Montfort sono state, fino ad oggi, tutte anime consacrate al Cuore di Maria. Basti pensare alla Veggente di La Salette, Melania Calvat consacrata a Maria e terziaria domenicana, la stessa Bernadette di Lourdes consacrata a Maria mediante la Medaglia miracolosa, i Pastorelli di Fatima che dopo le istruzioni della Madonna del Rosario si consacrarono al Suo Cuore Immacolato; basti pensare a san Padre Pio fondatore dei primi Gruppi di Preghiera così come li voleva la Madonna ed egli stesso consacrato al Suo Cuore Immacolato; la stessa Madre Teresa di Calcutta – a breve sarà canonizzata – era consacrata a Maria tanto che ha stabilito nello Statuto della Congregazione da lei fondata che tutte le Suore devono uscire dalla casa nel prestare l’opera di carità recitando il santo Rosario... e così questi giovani Veggenti del nostro tempo sono tutti consacrati al Cuore di Maria.


Le Apparizioni mariane di questi Tempi e del passato nulla hanno aggiunto ai Vangeli e nulla vi hanno tolto anzi, riportano proprio ciò che una certa teologia modernista nella Chiesa sta oggi cercando di cancellare. La Vergine Santa, insigne Dottore della Chiesa, Regina dei Santi e degli Apostoli, Regina dei Confessori e degli stessi Dottori della Chiesa, sta facendo e sta svolgendo il ruolo di quei tanti sacerdoti che oggi non operano più come dovrebbero, non insegnano più la dottrina, non insegnano più i Sacramenti, non insegnano più la vera devozione... Ella, quale Madre premurosa, sta intervenendo per prepararci non ad una catastrofe, al contrario, ad un evento che per chi crede non può che essere gioioso e di vittoria: il Suo trionfo, il trionfo e la vittoria di Cristo Re.


Ma quale è questa necessità per la quale sembra impossibile accedere a Dio senza Maria? Non è un eccesso questo? NO! non è un eccesso se lo leggiamo come spiegato bene dal Monfort quando dice, sempre nel “Trattato”:


Ogni volta che tu pensi a Maria, è Maria che pensa a Dio al tuo posto; quando tu lodi e onori Maria, Maria con te loda e onora Dio. Maria è tutta relativa a Dio e potrei dire: ella è la relazione a Dio, che esiste solo in rapporto a Dio; è l’eco di Dio, che non fa che ripetere Dio. Se tu dici Maria, ella risponde Dio. Santa Elisabetta lodò Maria e le disse beata per aver creduto; Maria, eco fedele di Dio, intonò: «L’anima mia magnifica il Signore». Ciò che Maria ha fatto quella volta, lo fa tutti i giorni; quando la si loda, la si ama, la si onora, o ci si dona a lei, è Dio che viene lodato, Dio che è amato, Dio che è onorato ed è a Dio che ci si dona per mezzo di Maria e in Maria...”.


Cosa sta cercando di dirci la Vergine Santa? Intanto ci sta mettendo in guardia dal baratro che non vediamo e dove ci stiamo per cadere inesorabilmente... così dice da Anguera (apparizioni ancora attive e accettate dal Vescovo del luogo che le sta seguendo):


“Cari figli, date al Signore la vostra esistenza. Non vivete fermi nel peccato. Pentitevi con sincerità e tornate a colui che è il vostro unico e vero Salvatore. Assumete il vostro vero ruolo di cristiani. Con i vostri esempi e parole, testimoniate che state nel mondo, ma non siete del mondo. L’umanità percorre le strade dell’auto-distruzione che gli uomini hanno preparato con le proprie mani. Sono vostra Madre. Quelli che resteranno fedeli fino alla fine, nella grande tribolazione saranno protetti. Verranno giorni difficili per gli uomini e le donne di fede. Momenti di gioia diventeranno di lacrime per molti. Inginocchiatevi in preghiera. Qualunque cosa accada, restate con Gesù...” (messaggio del 01-12-2015).


 





Interessante, tra i tanti, è un passo del Messaggio del 2011 da Brindisi:


“Il Mio Cuore sanguina per i figli ministri corrotti e corruttori. Invece di portare anime al Mio Divin Figlio Gesù, loro le allontanano e con preferenza di persone e durezza di cuore, escludono e criticano tutti i Miei veri figli che amano la preghiera, la penitenza, la riparazione eucaristia e che Mi imitano nell’esercizio delle sante virtù cristiane con una vita santa, quale antidoto al veleno dell’Antico Serpente. Insultano e allontanano dal Mio Cuore Immacolato tutti i figli che amano le Mie Apparizioni e corrispondono ai Miei Ultimi Appelli, non avendo compreso che Io sono l’Arca della Salvezza Eterna e chi si rifugerà nel Mio Cuore Materno sarà preservato da ogni male e pericolo dell'anima e del corpo”.


E ancora dice:


“Figli Miei, i tempi dell'apostasia e dell'Anticristo giungono e vedrete marcire i fiori più belli della Santa Casa e udrete eresie mai udite prima, talmente il Malefico avrà conquistato i loro cuori. Tutto ciò attirerà grandi flagelli, poiché l'abominio si vedrà proprio nei luoghi santi. I flagelli si susseguiranno velocemente. Molti paesi spariranno, poiché terribili terremoti li inghiottiranno. Diverse città saranno sommerse dall'acqua e il fango trascinerà con sé migliaia di persone. Terribili uragani distruggeranno case e palazzi e cadranno anche le opere più ammirate dagli uomini, poiché il fuoco incendierà alcune città, e tali opere costruite dall'orgoglio dell'uomo saranno distrutte.


Giungeranno i Tre Giorni di Buio su tutta l'umanità e sarà allora che si compirà il Grande Castigo Divino, annunciato già da tempo per bocca di tutti i Miei confidenti per purificare la Terra. In quei Tre Giorni di Buio, in cui la Terra conoscerà l'oscurità, ogni luce terrestre e ogni fonte di luce sarà rapidamente estinta e si sentiranno le urla, poiché gli avversari dell'Agnello Divino saranno annientati per la loro empietà. L'oscurità avvolgerà le Nazioni e il sole non darà luce per Tre Giorni e tali giorni vi ricorderanno i tre giorni di morte di Cristo; poi verrà la Luce e la Pace.


Anche il Vaticano sarà messo a dura prova, a motivo dei ministri corrotti giunti sino alla Santa Sede di Pietro. Il Santo Padre soffrirà e verserà lacrime, poiché conoscerà fino in fondo cosa avviene tra le Sacre Mura di Roma, ma manterrà il segreto di ciò che vedrà, non comunicandolo a nessuno, ma invocherà la Misericordia del Padre e resterà attorniato da lupi rapaci; che ambiscono unicamente al potere e alla distruzione del Vangelo. Ciò che il Vicario di Cristo vedrà lo terrà per sé, altrimenti sareste uccisi dentro e la fede vi sarebbe spenta. Le Mura di Roma gronderanno sangue.


La Bestia prenderà potere grande e perseguiterà il Vicario di Cristo e cercherà di distruggere tutto e portare disordine e fratture all’interno della Santa Casa e vorrà mettere a morte tutti coloro che adoreranno l’Agnello e invocheranno il Suo Santo Nome...” (Messaggio del 28 aprile 2011).


 





In tutte queste Apparizioni nell’arco di due secoli e terzo con il Nuovo Millennio che stiamo vivendo oggi, ci sono alcuni punti intrecciati tra loro, fusi, anzi, un unico messaggio che continua a ripetersi instancabilmente da una Apparizione all’altra:


1. la conversione dei cuori, la vera conversione e dunque la Confessione dei peccati;


2. la preghiera, la preghiera del Rosario, i Sacramenti, adorazione Eucaristica, la Santa Messa liberata da ogni abuso e da ogni personalismo;


3. la denuncia dei peccati (non dei peccatori), discernimento di ciò che è peccato e chiamarlo per nome per abbatterlo e distruggerlo, per vincerlo;


4. Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria;


5. la fedeltà alla vera Chiesa di Cristo che ha quale guida il Sommo Pontefice, non esiste altra chiesa, spiega spesso la Vergine Santa. Un conto sono i ministri traditori ai quali penserà Dio la giusta punizione se non si convertiranno, altra cosa è che nonostante l'infedeltà di tanti ministri noi dobbiamo rimanere fedeli alla Chiesa e al Papa, pregando per lui e per tutti i sacerdoti;


6. nessun catastrofismo per l’Anima retta e timorata di Dio, ciò che Maria annuncia è dove l’uomo, abbandonando Dio, sta trascinando il mondo: in quella catastrofe che l’uomo stesso si sta creando con le sue mani, con l’immoralità, con l’abbandonare le Leggi di Dio, con le bestemmie e l’idolatria del danaro e dei nuovi idoli mondani, con gli aborti (che gridano vendetta davanti al trono di Dio) ai divorzi con la distruzione della famiglia, ecc.


7. la famosa profezia dei tre giorni di buio, per la quale non pochi teologi e marianisti dileggiano e denunciano come falsa, è stranamente però annunciata da molti beati e santi sia del passato quanto del presente, annunciata da Anime timorate di Dio e consacrate al Cuore di Maria. Una profezia che viene ripetuta da tutte le Apparizioni che si rispettano, raccontata magari in modi e toni diversi, ma sempre con la stessa sostanza, non può essere una insulsa coincidenza o una semplice scopiazzatura da un veggente all’altro;


8. la confusione e l'apostasia dentro la Chiesa è una delle caratteristiche che più unisce l’essenza di tutte queste Apparizioni. Tutte parlano e disegnano una Chiesa divisa al suo interno, apostata, traditrice del Vangelo e dei Comandamenti, in sostanza tutte parlano di una “falsa chiesa” dentro la Santa Chiesa di Cristo, la cui falsità e tradimento è dato dalle false dottrine che da tempo sentiamo e vediamo essere imposte attraverso la pastorale. In tutte queste Apparizioni la Madonna UNISCE i veggenti e i gruppi di fedeli nell'unica ortodossia vera e praticabile dentro la Chiesa, difende la Tradizione catechetica e magisteriale bimillenaria della Chiesa, difende i dogmi e la dottrina. Queste Apparizioni stanno diventando un punto di raccolta fondamentale per quanti vogliono essere e rimanere cattolici sia dentro il cuore quanto nella vita quotidiana. La Madonna insegna e guida questi gruppi nel mondo indirizzando queste Anime laddove sacerdoti e vescovi non fanno più quanto dovrebbero fare;


9. la richiesta di sacrifici personali, digiuni, silenzi, atti di riparazione costanti, sollecitudine a diventare propagatori dei Messaggi del Cielo;


10. infine ma non per ultimo, tutte queste Apparizioni sono unite dall'annuncio del trionfo del Cuore Immacolato di Maria, dalla vittoria del Cristo, dalla vittoria della vera Chiesa sulla falsa chiesa.


“Ti prego di notare – dice il Montfort nel Trattato – ciò che ho detto: i santi sono modellati in Maria. C’è una grande differenza tra lo scolpire un'immagine in rilievo, a colpi di martello e scalpello, e il produrla gettandola in un modello. Gli scultori e gli statuari lavorano molto per realizzare le immagini nel primo modo e impiegano molto tempo; ma nel secondo modo, ci mettono poco tempo e faticano meno. Sant’Agostino chiama la Santa Vergine stampo di Dio, uno stampo adatto a dare forma e a modellare degli esseri divini. Chi viene gettato in questo divino stampo, viene presto formato e modellato in Gesù Cristo e Gesù Cristo in lui: con poca spesa e in poco tempo, diventerà dio, poiché è stato gettato nel medesimo stampo che ha dato forma a un Dio...”.


 





Vogliamo concludere questo primo articolo in preparazione al Centenario del 2017 di Fatima, con le parole pronunciate dal Santo Padre Francesco in occasione della Solennità della Madre di Dio di questo primo gennaio 2016, Anno del Giubileo straordinario della Misericordia e apertura dell'ultima Porta Santa, quella della Basilica di Santa Maria Maggiore.


“La grazia di Cristo, che porta a compimento l’attesa di salvezza, ci spinge a diventare suoi cooperatori nella costruzione di un mondo più giusto e fraterno, dove ogni persona e ogni creatura possa vivere in pace, nell’armonia della creazione originaria di Dio.


All’inizio di un nuovo anno, la Chiesa ci fa contemplare la divina Maternità di Maria quale icona di pace. La promessa antica si compie nella sua persona. Ella ha creduto alle parole dell’Angelo, ha concepito il Figlio, è diventata Madre del Signore. Attraverso di lei, attraverso il suo «sì», è giunta la pienezza del tempo. Il Vangelo che abbiamo ascoltato dice che la Vergine «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). Ella si presenta a noi come vaso sempre colmo della memoria di Gesù, Sede della Sapienza, da cui attingere per avere la coerente interpretazione del suo insegnamento. Oggi ci offre la possibilità di cogliere il senso degli avvenimenti che toccano noi personalmente, le nostre famiglie, i nostri Paesi e il mondo intero. Dove non può arrivare la ragione dei filosofi né la trattativa della politica, là può giungere la forza della fede che porta la grazia del Vangelo di Cristo, e che può aprire sempre nuove vie alla ragione e alle trattative.


Beata sei tu, Maria, perché hai dato al mondo il Figlio di Dio; ma ancora più beata tu sei per avere creduto in Lui. Piena di fede hai concepito Gesù prima nel cuore e poi nel grembo, per diventare Madre di tutti i credenti (cfr Agostino, Sermo 215, 4). Estendi, Madre, su di noi la tua benedizione in questo giorno a te consacrato; mostraci il volto del tuo Figlio Gesù, che dona al mondo intero misericordia e pace. Amen.


Attraversiamo, dunque, la Porta Santa della Misericordia con la certezza della compagnia della Vergine Madre, la Santa Madre di Dio, che intercede per noi. Lasciamoci accompagnare da lei per riscoprire la bellezza dell’incontro con il suo Figlio Gesù. Spalanchiamo il nostro cuore alla gioia del perdono, consapevoli della fiduciosa speranza che ci viene restituita, per fare della nostra esistenza quotidiana un’umile strumento dell’amore di Dio.


E con amore di figli acclamiamola con le stesse parole del popolo di Efeso, al tempo dello storico Concilio: «Santa Madre di Dio!». E vi invito, tutti insieme, a fare questa acclamazione tre volte, forte, con tutto il cuore e l’amore. Tutti insieme: «Santa Madre di Dio! Santa Madre di Dio! Santa Madre di Dio!»”.


Saluto del Santo Padre all’uscita dalla Basilica:


“Questa è una bella e buona serata, davanti alla casa di Maria, nostra Madre, la Madre di Dio. Lei ci ha portato la misericordia di Dio, che è Gesù. Ringraziamo la Madre nostra; ringraziamo la Madre di Dio. E tutti insieme, un’altra volta, diciamo come gli antichi fedeli della città di Efeso: «Santa Madre di Dio!». Tre volte, tutti insieme: «Santa Madre di Dio! Santa Madre di Dio! Santa Madre di Dio!». Vi auguro un buon anno, pieno della misericordia di Dio, che perdona tutto, tutto. Aprite il vostro cuore a questa misericordia, spalancate il vostro cuore, perché ci sia la gioia, la letizia del perdono di Dio”.


 


Ave Maria! Sia lodato Gesù Cristo +



   



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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03/01/2016 19:14
 
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ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 3 gennaio 2016

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Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

La liturgia di oggi, seconda domenica dopo Natale, ci presenta il Prologo del Vangelo di san Giovanni, nel quale viene proclamato che «il Verbo – ovvero la Parola creatrice di Dio – si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Quella Parola, che dimora nel cielo, cioè nella dimensione di Dio, è venuta sulla terra affinché noi la ascoltassimo e potessimo conoscere e toccare con mano l’amore del Padre. Il Verbo di Dio è lo stesso suo Figlio Unigenito, fatto uomo, pieno di amore e di fedeltà (cfr Gv 1,14), è lo stesso Gesù.

L’Evangelista non nasconde la drammaticità della Incarnazione del Figlio di Dio, sottolineando che al dono d’amore di Dio fa riscontro la non accoglienza da parte degli uomini. La Parola è la luce, eppure gli uomini hanno preferito le tenebre; la Parola venne tra i suoi, ma essi non l’hanno accolta (cfr vv. 9-10). Hanno chiuso la porta in faccia al Figlio di Dio. È il mistero del male che insidia anche la nostra vita e che richiede da parte nostra vigilanza e attenzione perché non prevalga. Il Libro della Genesi dice una bella frase che ci fa capire questo: dice che il male è “accovacciato davanti alla nostra porta” (cfr 4,7). Guai a noi se lo lasciamo entrare; sarebbe lui allora a chiudere la nostra porta a chiunque altro. Siamo invece chiamati a spalancare la porta del nostro cuore alla Parola di Dio, a Gesù, per diventare così suoi figli.

Nel giorno di Natale è stato già proclamato questo solenne inizio del Vangelo di Giovanni; oggi ci viene proposto ancora una volta. È l’invito della santa Madre Chiesa ad accogliere questa Parola di salvezza, questo mistero di luce. Se lo accogliamo, se accogliamo Gesù, cresceremo nella conoscenza e nell’amore del Signore, impareremo ad essere misericordiosi come Lui. Specialmente in questo Anno Santo della Misericordia, facciamo sì che il Vangelo diventi sempre più carne anche nella nostra vita. Accostarsi al Vangelo, meditarlo, incarnarlo nella vita quotidiana è il modo migliore per conoscere Gesù e portarlo agli altri. Questa è la vocazione e la gioia di ogni battezzato: indicare e donare agli altri Gesù; ma per fare questo dobbiamo conoscerlo e averlo dentro di noi, come Signore della nostra vita. E Lui ci difende dal male, dal diavolo, che sempre è accovacciato davanti alla nostra porta, davanti al nostro cuore, e vuole entrare.

Con un rinnovato slancio di abbandono filiale, noi ci affidiamo ancora una volta a Maria: la sua dolce immagine di madre di Gesù e madre nostra la contempliamo in questi giorni nel presepio.


Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

rivolgo un saluto cordiale a voi, fedeli di Roma e pellegrini venuti dall’Italia e da altri Paesi. Saluto le famiglie, le associazioni, i diversi gruppi parrocchiali, in particolare quello di Monzambano, i cresimandi di Bonate Sotto e i giovani di Maleo.

In questa prima domenica dell’anno rinnovo a tutti gli auguri di pace e di bene nel Signore. Nei momenti lieti e in quelli tristi, affidiamoci a Lui, che è nostra misericordia e nostra speranza! Ricordo anche l’impegno che ci siamo presi a capodanno, Giornata della Pace: “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”; con la grazia di Dio, potremo metterlo in pratica. E ricordo anche quel consiglio che tante volte vi ho dato: tutti i giorni leggere un brano del Vangelo, un passo del Vangelo, per conoscere meglio Gesù, per spalancare il nostro cuore a Gesù, e così possiamo farlo conoscere meglio agli altri. Portare un piccolo Vangelo in tasca, nella borsa: ci farà bene. Non dimenticate: ogni giorno leggiamo un passo del Vangelo.


 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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06/01/2016 12:23
 
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SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DELL'EPIFANIA DEL SIGNORE

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Basilica Vaticana 
Mercoledì, 6 gennaio 2016

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Le parole del profeta Isaia – rivolte alla città santa Gerusalemme – ci chiamano ad alzarci, ad uscire, uscire dalle nostre chiusure, uscire da noi stessi, e a riconoscere lo splendore della luce che illumina la nostra esistenza: «Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te» (60,1). La “tua luce” è la gloria del Signore. La Chiesa non può illudersi di brillare di luce propria, non può. Lo ricorda con una bella espressione sant’Ambrogio, utilizzando la luna come metafora della Chiesa: «Veramente come la luna è la Chiesa: […] rifulge non della propria luce, ma di quella di Cristo. Trae il proprio splendore dal Sole di giustizia, così che può dire: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”» (Exameron, IV, 8, 32). Cristo è la vera luce che rischiara; e nella misura in cui la Chiesa rimane ancorata a Lui, nella misura in cui si lascia illuminare da Lui, riesce a illuminare la vita delle persone e dei popoli. Per questo i santi Padri riconoscevano nella Chiesa il “mysterium lunae”.

Abbiamo bisogno di questa luce che viene dall’alto per corrispondere in maniera coerente alla vocazione che abbiamo ricevuto. Annunciare il Vangelo di Cristo non è una scelta tra le tante che possiamo fare, e non è neppure una professione. Per la Chiesa, essere missionaria non significa fare proselitismo; per la Chiesa, essere missionaria equivale ad esprimere la sua stessa natura: essere illuminata da Dio e riflettere la sua luce. Questo è il suo servizio. Non c’è un’altra strada. La missione è la sua vocazione: far risplendere la luce di Cristo è il suo servizio. Quante persone attendono da noi questo impegno missionario, perché hanno bisogno di Cristo, hanno bisogno di conoscere il volto del Padre.

I Magi, di cui ci parla il Vangelo di Matteo, sono testimonianza vivente del fatto che i semi di verità sono presenti ovunque, perché sono dono del Creatore che chiama tutti a riconoscerlo come Padre buono e fedele. I Magi rappresentano gli uomini di ogni parte della terra che vengono accolti nella casa di Dio. Davanti a Gesù non esiste più divisione alcuna di razza, di lingua e di cultura: in quel Bambino, tutta l’umanità trova la sua unità. E la Chiesa ha il compito di riconoscere e far emergere in modo più chiaro il desiderio di Dio che ognuno porta in sé. Questo è il servizio della Chiesa, con la luce che essa riflette: far emergere il desiderio di Dio che ognuno porta in sé. Come i Magi tante persone, anche ai nostri giorni, vivono con il “cuore inquieto” che continua a domandare senza trovare risposte certe - è l’inquietudine dello Spirito Santo che si muove nei cuori. Sono anche loro alla ricerca della stella che indica la strada verso Betlemme.

Quante stelle ci sono nel cielo! Eppure, i Magi ne hanno seguita una diversa, nuova, che per loro brillava molto di più. Avevano scrutato a lungo il grande libro del cielo per trovare una risposta ai loro interrogativi - avevano il cuore inquieto -, e finalmente la luce era apparsa. Quella stella li cambiò. Fece loro dimenticare gli interessi quotidiani, e si misero subito in cammino. Diedero ascolto ad una voce che nell’intimo li spingeva a seguire quella luce - è la voce dello Spirito Santo, che opera in tutte le persone -; ed essa li guidò finché trovarono il re dei Giudei in una povera casa di Betlemme.

Tutto questo è un insegnamento per noi. Oggi ci farà bene ripetere la domanda dei Magi: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti per adorarlo» (Mt 2,2). Siamo sollecitati, soprattutto in un periodo come il nostro, a porci in ricerca dei segni che Dio offre, sapendo che richiedono il nostro impegno per decifrarli e comprendere così la sua volontà. Siamo interpellati ad andare a Betlemme per trovare il Bambino e sua Madre. Seguiamo la luce che Dio ci offre – piccolina…; l’inno del breviario poeticamente ci dice che i Magi “lumen requirunt lumine”: quella piccola luce –, la luce che promana dal volto di Cristo, pieno di misericordia e di fedeltà. E, una volta giunti davanti a Lui, adoriamolo con tutto il cuore, e presentiamogli i nostri doni: la nostra libertà, la nostra intelligenza, il nostro amore. La vera sapienza si nasconde nel volto di questo Bambino. E’ qui, nella semplicità di Betlemme, che trova sintesi la vita della Chiesa. E’ qui la sorgente di quella luce, che attrae a sé ogni persona nel mondo e orienta il cammino dei popoli sulla via della pace.




 

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Mercoledì, 6 gennaio 2016

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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel Vangelo di oggi, il racconto dei Magi, venuti dall’oriente a Betlemme per adorare il Messia, conferisce alla festa dell’Epifania un respiro di universalità. E questo è il respiro della Chiesa, la quale desidera che tutti i popoli della terra possano incontrare Gesù, fare esperienza del suo amore misericordioso. E’ questo il desiderio della Chiesa: che trovino la misericordia di Gesù, il suo amore.

Il Cristo è appena nato, non sa ancora parlare, e tutte le genti – rappresentate dai Magi – possono già incontrarlo, riconoscerlo, adorarlo. Dicono i Magi: «Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2). Erode ha sentito questo appena i Magi sono giunti a Gerusalemme. Questi Magi erano uomini prestigiosi, di regioni lontane e culture diverse, e si erano incamminati verso la terra di Israele per adorare il re che era nato. La Chiesa da sempre ha visto in essi l’immagine dell’intera umanità, e con la celebrazione di oggi, della festa dell’Epifania vuole quasi indicare rispettosamente ad ogni uomo e ogni donna di questo mondo il Bambino che è nato per la salvezza di tutti.

Nella notte di Natale Gesù si è manifestato ai pastori, uomini umili e disprezzati - alcuni dicono dei briganti -; furono loro i primi a portare un po’ di calore in quella fredda grotta di Betlemme. Ora giungono i Magi da terre lontane, anch’essi attratti misteriosamente da quel Bambino. I pastori e i Magi sono molto diversi tra loro; una cosa però li accomuna: il cielo. I pastori di Betlemme accorsero subito a vedere Gesù non perché fossero particolarmente buoni, ma perché vegliavano di notte e, alzando gli occhi al cielo, videro un segno, ascoltarono il suo messaggio e lo seguirono. Così pure i Magi: scrutavano i cieli, videro una nuova stella, interpretarono il segno e si misero in cammino, da lontano. I pastori e i Magi ci insegnano che per incontrare Gesù è necessario saper alzare lo sguardo al cielo, non essere ripiegati su sé stessi, sul proprio egoismo, ma avere il cuore e la mente aperti all’orizzonte di Dio, che sempre ci sorprende, saper accogliere i suoi messaggi, e rispondere con prontezza e generosità.

I Magi, dice il Vangelo, «al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). Anche per noi c’è una grande consolazione nel vedere la stella, ossia nel sentirci guidati e non abbandonati al nostro destino. E la stella è il Vangelo, la Parola del Signore, come dice il salmo: «Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (119,105). Questa luce ci guida verso Cristo. Senza l’ascolto del Vangelo, non è possibile incontrarlo! I Magi, infatti, seguendo la stella giunsero fino al luogo dove si trovava Gesù. E qui «videro il Bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono» (Mt 2,11). L’esperienza dei Magi ci esorta a non accontentarci della mediocrità, a non “vivacchiare”, ma a cercare il senso delle cose, a scrutare con passione il grande mistero della vita. E ci insegna a non scandalizzarci della piccolezza e della povertà, ma a riconoscere la maestà nell’umiltà, e saperci inginocchiare di fronte ad essa.

La Vergine Maria, che accolse i Magi a Betlemme, ci aiuti ad alzare lo sguardo da noi stessi, a lasciarci guidare dalla stella del Vangelo per incontrare Gesù, e a saperci abbassare per adorarlo. Così potremo portare agli altri un raggio della sua luce, e condividere con loro la gioia del cammino.


Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

oggi esprimiamo la nostra vicinanza spirituale ai fratelli e alle sorelle dell’Oriente cristiano, cattolici e ortodossi, molti dei quali celebrano domani il Natale del Signore. Ad essi giunga il nostro augurio di pace e di bene. E anche un bell’applauso come saluto!

Ricordiamo anche che l’Epifania è la Giornata Mondiale dell’Infanzia Missionaria. È la festa dei bambini che, con le loro preghiere e i loro sacrifici, aiutano i coetanei più bisognosi facendosi missionari e testimoni di fraternità e di condivisione.

Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti voi, singoli pellegrini, famiglie, gruppi parrocchiali e associazioni, provenienti dall’Italia e da diversi Paesi. In particolare saluto i fedeli di Acerra, Modena e Terlizzi; la Scuola di arte sacra di Firenze; i giovani del Campo internazionale del Lions Club.

Un saluto speciale a quanti danno vita al corteo storico-folcloristico, dedicato quest’anno al territorio della Valle dell’Amaseno. Desidero ricordare anche il corteo dei Magi che si svolge in numerose città della Polonia con larga partecipazione di famiglie e associazioni; come pure il presepe vivente realizzato al Campidoglio dall’UNITALSI e dai Frati Minori coinvolgendo le persone con disabilità.

A tutti auguro una buona festa. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me.


 



[Modificato da Caterina63 06/01/2016 12:57]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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