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24/12/2015 17:09
 
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La Deus caritas est di Benedetto XVI ha 10 anni. Dal Toso: grande messaggio


Benedetto XVI - ANSA

Benedetto XVI - 





24/12/2015




Porta la data del 25 dicembre 2005 la prima Enciclica di Benedetto XVI: “Deus caritas est”. Un testo accolto nel mondo, attraversato da crisi, conflitti e tensioni, come un richiamo alla speranza. Dio è Amore: è l’annuncio che Benedetto XVI rivolgeva all’uomo contemporaneo, è Lui che dà vita al mondo, ma è un Dio che ha un volto e un cuore umano in Gesù. Per celebrare i 10 anni dell’Enciclica, il Pontificio Consiglio Cor Unum sta lavorando ad un Convegno internazionale in programma il prossimo febbraio, in Vaticano.Adriana Masotti ha intervistato il segretario del Dicastero, mons. Giovanni Pietro Dal Toso:


R. – Un punto fondamentale o forse il punto fondamentale dell’Enciclica, che è stata la prima Enciclica di Papa Benedetto, quindi in qualche modo anche la sua Enciclica programmatica, è esattamente questo: far vedere chi è il Dio cristiano e qual è il nome del Dio cristiano. Il nome del Dio cristiano è “carità”, è – appunto – “amore”. Io penso che questo grande messaggio di Papa Benedetto ha voluto centrare quale sia la volontà di Dio sull’uomo e per questo è stato importante ribadirlo. La volontà di Dio sull’uomo è quella di poterlo amare: pensiamo anche in questi giorni di Natale, in cui esattamente si manifesta questo. Dio nasce per noi, diventa uomo, diventa carne come noi, proprio per far conoscere all’uomo l’amore di Dio. Per me, anche questo fatto di aver voluto sottolineare fin dall’inizio che Dio è carità – “Deus caritas est” – per me questo è fondamentale anche perché dà un connotato molto chiaro anche a quello che noi intendiamo per carità, cioè: chi ci dice che cos’è la carità, è esattamente Dio. Per me non è per niente irrilevante che proprio il concetto di “agape”, quindi di carità, è entrato nella storia dell’uomo con il cristianesimo, perché carità intende l’amore come dono di sé, come darsi pienamente all’altro.


D. – Infatti, presentando l’Enciclica, proprio Benedetto XVI ha detto: “La parola ‘amore’ oggi è così sciupata, consumata … Dobbiamo riprenderla, riportarla al suo splendore originario. E’ stata questa consapevolezza che mi ha indotto a scegliere l’amore come tema dell’Enciclica”...


R. – Di nuovo, io posso solo sottolineare quanto dice Papa Benedetto. Di amore oggi si parla – o forse si è parlato sempre – in tutte le salse; per noi cristiani è importante, invece, oggi, proprio dove vediamo che c’è questa difficoltà nei rapporti umani, questa difficoltà anche della fiducia verso l’altro, riappropriarci di questo termine “carità” che dice, invece, qual è il modo in cui il cristiano si rapporta con l’altro e si rapporta con l’altro perché Dio si è rapportato così con noi. In questo modo diciamo a cosa siamo veramente chiamati, come persone, proprio in questa chiave di “dono di sé”: è un amore che si esprime nelle diverse dimensioni. Come noi siamo fatti di corpo e anima, così l’amore si esprime nel corpo e si esprime nell’anima. Mi piace in questo senso ricordare come Papa Francesco abbia voluto molto sottolineare, per il Giubileo, il discorso delle opere di carità corporale e spirituale.


D. – Benedetto XVI sottolinea che l’amore non è solo individuale, ma è comunitario, e parla delle opere di carità della Chiesa …


R. – Questo per noi è stato chiaramente un passaggio molto importante, perché il nostro Pontificio Consiglio è quello che è chiamato a orientare, ad aiutare i grandi organismi cattolici di carità. Per noi, in questo senso, è stato molto importante riappropriarci, riapprofondire il termine di carità, ed è stato importante poi, appunto, che questa Enciclica abbia voluto mettere il servizio della carità, cioè quello che la Chiesa fa concretamente nei diversi ambiti – dalla salute all’educazione, all’assistenza – al centro della vita della Chiesa. E mi sembra che anche poi la Provvidenza abbia voluto Papa Francesco che di nuovo su questi temi – come sappiamo – è molto chiaro e anche molto insistente.


D. – E più volte chiede di distinguere: “La Chiesa - dice - non è una organizzazione umanitaria, una ong”...


R. – Questo lui lo ripete e mi sembra che anche in questo sia in linea con Papa Benedetto, che nella “Deus caritas est” dice che la Chiesa non può fare la carità semplicemente come una organizzazione non governativa ma la Chiesa, essendo il soggetto della carità, vive questa sua missione legata alle altre sue missioni che sono, appunto, la proclamazione della Parola di Dio e la celebrazione dei Sacramenti: cioè, è un tutt’uno. Anche proprio per fedeltà all’uomo stesso che vogliamo servire.







  ed ecco una buona notizia per questo Natale


KENYA
 

Poteva essere una strage. I jihadisti somali al Shabaab hanno fermato in Kenya un pullman di linea, stavolta però i passeggeri musulmani hanno rifiutato di dividersi dai cristiani. «Uccideteci insieme a loro o lasciateci andare tutti», hanno detto sfidando i terroristi che alla fine hanno ceduto, se ne sono andati.

di Anna Bono
Combattente islamista di al Shabaab


Poteva essere una strage. I jihadisti somali al Shabaab il 21 dicembre hanno fermato in Kenya un pullman di linea proveniente dalla capitale Nairobi e diretto a Mandera, una città del nord est, al confine con la Somalia. Dopo aver fatto scendere i passeggeri, hanno incominciato a separare i musulmani dai cristiani: l’intenzione era risparmiare la vita ai musulmani e uccidere tutti gli altri. 

Gli al Shabaab lo fanno da alcuni anni. È successo per la prima volta nel 2013 durante l’attacco a un centro commerciale di Nairobi costato la vita a 67 persone. Asserragliati nell’edificio, i jihadisti individuavano gli “infedeli” ponendo agli ostaggi domande sulla religione islamica e ordinando loro di recitare versetti del Corano. Lo scorso aprile hanno ucciso in questo modo 148 studenti cristiani dell’università di Garissa lasciando liberi quelli di fede islamica e nei mesi precedenti con la stessa modalità avevano attaccato, sempre nel nord est, un pullman che trasportava degli insegnanti, un cantiere, vicino a Mandera, e gli abitanti di un villaggio nell’entroterra dell’arcipelago di Lamu.

Poteva essere una strage, dunque, e invece questa volta è successo qualcosa di inaspettato. I passeggeri musulmani hanno rifiutato di dividersi dai cristiani: «uccideteci insieme a loro o lasciateci andare tutti» , hanno detto sfidando i terroristi che alla fine hanno ceduto, se ne sono andati. Si contano comunque due morti e tre feriti: colpiti nei primi minuti, uno mentre tentava di fuggire. «I passeggeri hanno dimostrato patriottismo e un grande senso di unità», ha dichiarato ai giornalisti il governatore di Mandera, Ali Roba, confermando la notizia e fornendo dettagli. Hanno dimostrato un coraggio straordinario, bisogna aggiungere, ben consapevoli del rischio che stavano correndo. 

Può anche darsi, come sostiene Bashkas Jugsodaay che per la Bbc da 20 anni segue gli avvenimenti al confine tra Kenya e Somalia, che in loro abbia prevalso un altro sentimento, la frustrazione. I territori del nord est in cui vivono sono quasi interamente abitati da popolazioni di fede islamica. I cristiani sono pochi e quei pochi sono quasi tutti emigranti originari di altre regioni del Paese. Forse nella scelta di difendere i compagni di viaggio cristiani ha contato l’esasperazione per i danni che gli atti di terrorismo da tempo producono e di cui pagano le conseguenze. Uno dei problemi maggiori è il fatto che, da quando sono diventati bersaglio degli al Shabaab, migliaia di immigrati cristiani sono tornati a casa, disposti a perdere il lavoro pur di non rischiare più la vita. Tra questi si contano moltissimi dipendenti pubblici. 

Ad esempio, quando nel novembre del 2014 i terroristi hanno ucciso 28 insegnanti cristiani che stavano tornando a Mandera dopo le vacanze scolastiche trascorse in famiglia, altri 700 colleghi hanno rifiutato di riprendere servizio nel nord est al termine delle loro ferie, nonostante le pressioni del governo, e da allora la regione ha perso oltre 2.000 insegnanti. Si sono registrate inoltre centinaia di defezioni da parte di dipendenti del sistema sanitario. Questo ha ulteriormente sguarnito di servizi essenziali popolazioni già trascurate dal governo e che sono tra le più povere del paese: in prevalenza nomadi che praticano la pastorizia e sopravvivono in terre aride, sotto la costante minaccia della carestia. Ma tutte le attività economiche sono penalizzate dall’insicurezza crescente causata dalla presenza degli al Shabaab.   

La reazione straordinaria dei passeggeri islamici forse rispecchia quindi un sentimento di ribellione che si sta diffondendo nella popolazione per i danni economici e sociali patiti. Lo confermerebbe un dettaglio. Dalle testimonianze raccolte sembra che i jihadisti, vista la reazione dei passeggeri islamici, abbiano desistito e si siano allontanati in fretta per timore di rappresaglie da parte dei villaggi vicini. Probabilmente erano pochi e, per quanto armati, temevano di poter essere attaccati, ben sapendo che in Kenya circolano moltissime armi anche tra la popolazione. Nella lotta ai jihadisti l’atteggiamento dei civili può fare la differenza, a seconda che subiscano i terroristi passivamente oppure si convertano alla loro causa e li sostengano o ancora decidano di collaborare con le forze dell’ordine per liberarsene. 

Gli al Shabaab agiscono in Kenya e vi hanno creato delle cellule. Di recente nel nord est hanno intensificato le attività. Nelle ultime tre settimane oltre 200 miliziani sono entrati in Kenya dalla Somalia. Il governatore di Mandera sostiene che, da informazioni fornite dalle comunità di pastori sparse sul territorio, risulta che i jihadisti hanno attraversato il confine a gruppi di 6-15 combattenti che poi si sono insediati in diversi villaggi nei quali hanno incominciato a predicare il loro islam fondamentalista. Il governatore Roba sostiene di aver informato le autorità centrali e di aver sollecitato azioni di contrasto più efficaci. Occorre, dice, dare la caccia ai terroristi a piedi, battendo le campagne palmo a palmo. Invece l’esercito si limita a mettere dei posti di blocco sulle strade principali da cui ovviamente i jihadisti si tengono alla larga. 

Ben altro si rimprovera ai militari: di recente persino di essere complici degli al Shabaab nel contrabbando di zucchero e carbone con cui i jihadisti si finanziano. Sul modo in cui la gente decide di schierarsi incide anche la fiducia nel governo, nelle sue istituzioni e nelle sue iniziative. In Kenya il comportamento delle autorità civili e militari è un punto a favore di al Shabaab.

   




[Modificato da Caterina63 24/12/2015 17:14]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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