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Questo Papa Francesco piace ma.... non converte e si genera il culto alla persona

Ultimo Aggiornamento: 19/12/2015 22:08
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10/12/2015 01:45
 
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   la notizia sui giornali di oggi era la seguente che vi facciamo leggere, subito dopo potrete leggere, di un anno fa, quando scrivevamo già queste cose, e non lo diciamo per vanto, ma con dolore....:



Pochi in piazza per il Giubileo, ancora meno la domenica a messa

Breve indagine tra i dati Istat sulla pratica religiosa in Italia: negli ultimi anni sempre meno persone entrano in chiesa almeno una volta alla settimana. Eppure Papa Francesco gode di una popolarità mai vista

di Roberto Volpi | 09 Dicembre 2015 

I dati dell'Istat dicono che sempre meno persone entrano in chiesa almeno una volta alla settimana

L’indagine sugli aspetti della vita quotidiana dell'Istat è eseguita su un campione di circa 24 mila famiglie, per un totale di circa 54 mila individui, distribuite in 850 comuni italiani di diversa ampiezza demografica. Questo per dire che i dati che si ricavano da questa indagine sono incomparabilmente più precisi e attendibili, per esempio, di quelli che si ricavano dai tanti sondaggi politico-elettorali dei quali pure non si fa che discutere e sui quali si basano, e basano le loro mosse, i soggetti politici del nostro come degli altri paesi. Tra i tanti risultati, si prestano a una considerazione tutta particolare quelli relativi alla “partecipazione sociale”.

Prima confessione: volevo verificare se il pontificato di Papa Francesco, un Papa così popolare, universalmente apprezzato, amato, aveva ottenuto un qualche effetto positivo relativamente alla “pratica religiosa” della popolazione italiana, sintetizzata dall’indicatore più importante, quello della “percentuale di persone di oltre 6 anni che si recano in un luogo di culto almeno una volta alla settimana”. Premetto che se c’è un ambito in cui le statistiche non possono scendere nelle motivazioni profonde e nelle manifestazioni così intime dell’agire umano, bene questo è senz’altro quello religioso, della fede religiosa. Dunque, nessuna pretesa di spiegare o dare giudizi, soltanto quella di mettere sul tappeto, per dire così, qualche dato che pur nella sua limitatezza esplicativa qualcosa possa consentirci comunque di capire e apprezzare con maggiore cognizione di causa. Ed è con maggiore cognizione di causa che possiamo infatti dire che la pratica religiosa in Italia non sta bene, nonostante Francesco. Anzi, con Francesco sembra stare perfino un poco peggio.

Ed ecco allora la seconda confessione: non me lo aspettavo. Non mi aspettavo che la frequenza della presenza nei luoghi di culto (ovvero le chiese, perché tra le famiglie campionate quelle di altre religioni non arrivano presumibilmente al 5 per cento del campione e non pesano che in modo impercettibile sui risultati), anziché risalire, con Francesco fosse ulteriormente scesa, fino a toccare un minimo nel 2014 (per questo 2015 agli sgoccioli occorrerà aspettare la fine del prossimo anno) del 28,8 per cento. Entra in chiesa almeno una volta alla settimana, insomma, poco più di una persona su quattro. Sia chiaro, qualcuno  – o molti, non saprei – può ritenere che questo dato non sia poi così malvagio, ma non è questo il punto.

Il punto, come si dice un milione di volte a sproposito, è un altro. Ma qui è davvero un altro, perché negli anni del pontificato di Benedetto XVI la partecipazione si è tenuta costantemente oltre il 30 per cento, e mediamente attorno al 32-33 per cento, dunque è arretrata con Francesco. Insomma, ancora una volta qualcosa non quadra e quel che si legge sui giornali, si ascolta in TV e radio, non trova poi un riscontro nei dati. E i dati in questione sono attendibilissimi, dicevo, cosicché s’impone una domanda assai delicata, ma ineludibile: com’è che la straripante popolarità di questo Papa, il suo essere universalmente apprezzato, condiviso negli atteggiamenti non meno che per le azioni e le decisioni che prende, non ha portato in Italia a un aumento della partecipazione alle “pratiche religiose”? Com’è che non si va di più, bensì di meno in chiesa con Francesco?

L’interrogativo non è tale da potersi affrontare così su due piedi, liquidare con qualche frase di circostanza. Merita un approfondimento, una discussione. Merita che il fenomeno Francesco – perché tale è –  venga visto, letto e interpretato laicamente, coi mezzi dell’analisi razionale e dell’indagine empirica. Perché, ed è questa una risposta che mi sento di poter azzardare, la lettura che di Francesco hanno  e stanno offrendo i mezzi di comunicazione di massa, col diluvio di parole e servizi e libri dedicati alla sua figura e al suo apostolato, si sta rivelando ben poco laica, nient’affatto acuminata e sottile, bensì conformista, finanche fuorviante. E tuttavia capace, proprio per questa sua scoperta debolezza, di mostrare l’evidenza di una dissociazione: la popolarità, la stima, il gradimento, la condivisione delle parole e delle azioni di Francesco non si riverberano sulla chiesa, né portano i fedeli a una maggiore partecipazione alla sua vita. E’ una dissociazione che, manifestatasi con papa Giovanni Paolo II, riassorbita con Benedetto XVI, sta addirittura esplodendo con Francesco. E’ una dissociazione che certo non può passare inosservata dalle parti del vaticano, neppure in tempi di Giubileo. E che, anzi, proprio il Giubileo minaccia di aggravare ancora di più.




Paolo VI : bisogna rimpicciolire il papa! Antidoto contro il papismo dilagante



Nel pronunciare queste parole, davanti ai nostri occhi attoniti e trepidanti sembra stagliarsi Gesù stesso, imponente di quella grandiosa maestà di cui rifulge il Pantocrator nelle vostre Basiliche, Venerabili Fratelli delle Chiese Orientali, ed anche in quelle occidentali. 
Noi sembriamo quasi rappresentare la parte del nostro Predecessore Onorio III che adora Cristo, come è raffigurato con splendido mosaico nell’abside della Basilica di San Paolo fuori le Mura. Quel Pontefice, di proporzioni minuscole e con il corpo quasi annichilito prostrato a terra, bacia i piedi di Cristo, che, dominando con la mole gigantesca, ammantato di maestà come un regale maestro, presiede e benedice la moltitudine radunata nella Basilica, che è la Chiesa. ( Paolo VI 29 settembre 1963)







[Modificato da Caterina63 16/12/2015 01:40]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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   ed ecco un anno fa cosa scrivevamo:

 

Era il 9 ottobre dell’anno scorso, quando il quotidiano Il Foglio pubblicò un lungo articolo, scritto da Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro, intitolato Questo Papa non ci piace. Si scatenò un vespaio di violentissime critiche ai due autori, ancor prima di leggere il testo, perché si attaccò prima di tutto il titolo, certamente provocatorio. È accaduto lo stesso anche lo scorso marzo, quando in concomitanza del primo anniversario dell’elezione di papa Francesco, uscì il libro Questo Papa piace troppo. Un’appassionata lettura critica, che raccoglie gli articoli pubblicati su Il Foglio, scritti dal duo Gnocchi e Palmaro e dal direttore Giuliano Ferrara, dedicati al pontefice regnante.

Sulla scia delle “appassionate letture critiche”, vogliamo analizzare alcuni fatti attraverso la dimensione più importante del messaggio cristiano-cattolico, che supera e rende quasi inutile la popolarità mediatica: l’annuncio evangelico e la conversione.

È evidente che il Pontefice regnante piace moltissimo a credenti e atei, tuttavia non si riesce a riscontrare, nel “mare” dei simpatizzanti di papa Francesco, un aumento – come dovrebbe accadere – di conversioni, benché vi sia qualcuno che abbia affermato il contrario.

Riteniamo che non sia colpa del Papa, ma dei mass-media – che propagano una caricatura dall’attuale vescovo di Roma – e della stessa gente, poiché si rifiuta di accettare che il fine di ogni pontefice è convertire a Cristo ai suoi sacramenti, non adattare la Chiesa ai capricci mondani.

Se Papa Francesco, vedendo le folle che lo invocano e l’applaudono, notasse che non c’è quel salto di qualità – il ritorno alla Chiesa – che egli sicuramente auspica e desidera, soffrirebbe enormemente. Una sofferenza che alla gente – quella stessa gente che lo rincorre e lo cita a sproposito secondo i dettami mediatici – non importerebbe affatto.

«Penso che Bergoglio – scrive il giornalista Marcello Veneziani su Il Giornale di pochi mesi fa – abbia triplicato il target: ha conquistato la simpatia pop di quanti amano il personaggio Francesco a prescindere dal messaggio cristiano; poi è benvoluto da laici e atei-chic perché bastona il clero, per usare una sua espressione, e apre al profano. Infine, Francesco piace a quei credenti che lo vedono parlare al cuore delle genti, con semplicità.

La speranza è che qualcuno delle prime due categorie, strada facendo, scopra la fede e non si fermi alla simpatia verso Bergoglio. Il pericolo, invece, è la delusione dei credenti verso un Papa che umanizza il divino e insegue il presente.

Francesco non è un eresiarca, finora non ha mai deviato dalla Dottrina e non ha violato la Tradizione; si è tenuto più modestamente al di qua, nella precettistica parrocchiale. Familiarizza con Dio, Gesù e i santi, vede il diavolo in agguato, si presenta come un travet della fede, desacralizza la religione e la rende vicina, comune, a volte banale.

Tutto sommato è un bene per la Chiesa la svolta di Papa “Simplicio” ma è presto per dire se il Papa abbia riacceso la fede oltre il tifo pop o ateo-chic. La cristianità può accontentarsi di dire, come in un famoso film di Woody Allen, “basta che funzioni”?» (1).

Facciamo un esempio partendo da un fatto concreto.

Ha spopolato sui social-networks la foto che ritraeva il Pontefice mentre mangiava alla mensa interna del Vaticano dopo essersi servito da solo.
Alcuni commenti, su certe pagine di Facebook, non erano solo ridicoli e assurdi, ma addirittura imbarazzati:
“finalmente un papa come noi (2), sei dolcissimo Bergoglio!
Grazie, mettetene ancora di queste foto che ritraggono il papa in una sfera quotidiana normale…
Francesco sei come noi! sei tutti noi!….
Finalmente è finita l’era dei papi che si fanno servire…”, et similia.

Il problema non sta nelle esibizioni di giubilo, legittime quanto si vuole, ma nelle affermazioni che sono davvero imbarazzanti.

 

Non possiamo non chiederci infatti cosa e come, e in quale posizione dovrà farsi fotografare il futuro Pontefice per ricevere le medesime attenzioni. Sarà fotografato in bagno per sottolineare che egli è davvero “uno di noi”, ossia, ne abbiamo finalmente la prova filmata e documentata? Si dovrà fotografare mentre lava le scale o la macchina, o persino mentre si rifà il letto, per poter dire “e sì, è davvero uno di noi, è come noi”? In effetti ci manca proprio l'immagine di un papa mentre si cucina due spaghetti.

Abbiamo l’età giusta per ricordare cosa fu il ciclone neo eletto Giovanni Paolo II, e a chi non piaceva nei suoi modi, nel suo rompere i protocolli e le routine, nel suo improvvisare? Parlano le foto ed anche molti ricordi personali e televisivi, ma a quanto pare non è bastato, era necessario che un suo Successore facesse dell’altro, in una parola: nulla!

Perché di nulla stiamo parlando!

Lo ha detto Papa Francesco nell’intervista sull’aereo che lo riportava dalla Corea:

«Ma, io cerco di essere libero, no? Ci sono appuntamenti di ufficio, di lavoro, no? Ma poi la vita, per me, è la più normale che possa fare. Davvero, mi piacerebbe potere uscire, ma non si può, non si può … Ma no, no, non è per la precauzione: non si può perché se tu esci, la gente ti viene intorno … e non si può: è una realtà. Ma dentro, io, a Santa Marta faccio una vita normale di lavoro, di riposo, di chiacchiere…».

È fondamentale spiegarlo: il Papa sta cercando di rimanere se stesso il più possibile, ciò che era stato per quindici anni come arcivescovo di Buenos Aires, quando i giornali ovviamente non si interessavano di lui, quando la gente non lo rincorreva e, come si dice a Roma, nessuno se lo filava.

Ora che è il romano pontefice sta cercando di fare circa le stesse cose che faceva da cardinale-arcivescovo. Il risultato di tale atteggiamento? Il “normale” diventa l’eccezionale.

Eppure tutti i Papi – a cominciare dallo stesso S. Pio X – hanno cercato di mantenere le personali caratteristiche, una volta eletti al soglio petrino, ed è colpa dei mass-media se i fatti vengono presentati come un’eccezione solo per l’attuale pontefice.

Questo Papa, dicevamo, piace, ma non converte.

A questo punto, alcuni nostri lettori potrebbero porci questa domanda: “Ma chi siete voi per giudicare?”. La domanda sembra incalzare oramai sull’onda emotiva delle frasi estrapolate ed usate come slogan, in certi casi pure come mannaie per censurare la critica. La nostra, invece, non è un giudicare, ma una constatazione di fatto.

In questo anno e mezzo di grandi e piccole discussioni sui fatti papali, sulla crescente simpatia da parte di laicisti, spesso anticattolici, nulla è cambiato sul piano della conversione; anzi, usano il Pontefice per rimanere tranquillamente nella loro postazione di a-cattolici e persino tranquilli nei propri errori e peccati.

A tre mesi dall’elezione di Papa Francesco, molti rimasero allibiti e meravigliati che si fosse fatto il primo sondaggio di gradimento. Tre mesi sono pochi, un’assurdità, per fare una diagnosi, eppure fu fatta sbandierando numeri ipotetici (o patetici come è stato) e per nulla veritieri su una sorta di flusso di fedeli verso i confessionali grazie “all’effetto Bergoglio”.

È proprio il tempo, ulteriormente trascorso, a dare ragione a quanto stiamo sottolineando: la gente non si sta convertendo alla Chiesa, ma sta sperando che la Chiesa cambi, si adegui al mondo moderno, secolarizzato e anticattolico.

La conversione, è bene ribadirlo, non è più una questione di grandi numeri – come accadde al tempo degli Apostoli, oppure quando grandi santi missionari (per esempio San Patrizio e altri) evangelizzavano interi popoli – e sicuramente Papa Francesco è riuscito a far breccia in molti cuori aridi.

Purtroppo, molta della sua popolarità, al momento, è fondata non sull’affetto filiale che si deve al successore di Pietro, ma sull’entusiasmo mediatico, dunque facciamo nostra l’osservazione, citata poc’anzi, da Veneziani: «La speranza è che qualcuno delle prime due categorie, strada facendo, scopra la fede e non si fermi alla simpatia verso Bergoglio. Il pericolo, invece, è la delusione dei credenti verso un Papa che umanizza il divino e insegue il presente».

Il Signore Gesù, in fondo, piaceva; piaceva soprattutto a coloro che da Lui venivano avvicinati in qualche modo, cioè piaceva a chi si sentiva coinvolto; piaceva quando moltiplicava pani e pesci, quando guariva e sollevava la dignità dell’uomo, ma ciò che non piaceva era quello che diceva.

Non piaceva, però, quando affermava la verità su se stesso; non piaceva a tal punto che fu questo il principale atto di accusa per condannarlo a morte; e non piaceva quando parlava della legge da osservare, dei comandamenti da applicare; sulla indissolubilità del matrimonio; non piaceva quando parlava di inferno e di demoni, quando parlava di sacrificare la propria vita. E ciò che non piace, si sa, è meglio aggiornarlo, cambiarlo, modificarlo (vedi: Quello che Gesù avrebbe dovuto dire).

 

Ciò che si riflette di bene o di male, di positivo o negativo sul Pontefice, è sempre quella cartina tornasole che ci fa capire cosa la gente pensa del Cristo: e voi chi dite chi io sia? (3)

Anche oggi, nella Chiesa, non è che si “odia” il Cristo, al contrario, Egli è conosciuto, ricercato, amato, tuttavia il problema è il seguente: quale immagine del Cristo adoriamo, veneriamo, ricerchiamo ed infine seguiamo? E così si riflette sul Suo Vicario, il Pontefice: quale immagine del Papa preferiamo, veneriamo, ricerchiamo?

Sembra di udire San Paolo: “Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole (2Tim. 4,3-4)”. I falsi maestri sono, in questo caso, i mass-media.

La gente rifiuta di ascoltare la verità e preferisce volgersi alle favole che, in questo caso, sono le interpretazioni mediatiche sul Pontefice. È per questo che la gente non si converte. Semplicemente perché non vuole ed usa così i mass-media come maestri, che spesso raccontano “favole” su ciò che il Papa dice e fa, e alla gente in fondo piace, perché non si va a toccare la loro coscienza e tutto può rimanere come è, aggiungendo quelle emozioni che nella vita ci vogliono: incontrare un papa che piace, il papa piacione!

Ancora una volta, come accadeva in passato, sotto Pio IX, Pio XII ed oggi: riflettiamo sul Papa i nostri sentimenti e perciò cambiamo l’immagine del Papa asservendola alle nostre priorità, al soggettivismo, come è accaduto e avviene oggi con il Cristo. Per questo, Cristo, finì però sulla Croce…. per questo da allora si tende non a farsi discepoli del Cristo “vivo e vero” nei Sacramenti della Chiesa, ma di seguire tante immagini del Cristo a seconda delle nostre necessità mentali, emozionali, sentimentali.

Sempre dall’intervista sull’aereo fu fatta questa domanda al Papa:

A Rio, quando la folla gridava “Francesco, Francesco”, lei rispondeva “Cristo, Cristo”. Oggi lei come gestisce questa immensa popolarità? Come la vive?

(risponde il Santo Padre Francesco)
“Ma, non so come dire … Io la vivo ringraziando il Signore che il suo popolo sia felice: quello lo faccio davvero, no?, e augurando al popolo di Dio il meglio. La vivo come generosità del popolo, quello è vero. Interiormente, cerco di pensare ai miei peccati e ai miei sbagli per non credermela, eh?, perché io so che questo durerà poco tempo, due o tre anni, e poi … alla Casa del Padre … E poi – non è saggio che ho detto questo – ma la vivo come la presenza del Signore nel suo popolo che usa il vescovo che è il pastore del popolo, per manifestare tante cose. La vivo più naturalmente di prima: prima mi spaventava un po’, ma faccio queste cose, eh? Anche, mi viene in mente: ma, non sbagliare, perché tu non devi fare torto a questo popolo e tutte queste cose, no? Un po’ così …”.

Quando il Papa risponde a braccio, è davvero una sofferenza ascoltarlo, ed è facile fraintendere, ad ogni modo le parole chiave di questa risposta sono le seguenti:

ringraziando il Signore che il suo popolo sia felice;
la vivo come generosità del popolo;
cerco di pensare ai miei peccati e ai miei sbagli per non credermela;
la vivo come la presenza del Signore nel suo popolo che usa il vescovo che è il pastore del popolo, per manifestare tante cose…

In sé, è impeccabile quel che dice, ma come vengono recepite queste risposte? Come le interpreta la gente? Cosa vuole davvero dal Papa?

Papa Francesco lo ha spiegato su se stesso: non è teologo, egli si sente più un pastore di anime, non un curatore delle forme, ma un curatore di stili di vita al di la delle forme. Gli interessa solo uno stile, quello del Cristiano. Tale “stile” però comporta, se vogliamo parlare di stile di vita, tutta una serie di dottrine, di Comandamenti, da accogliere e mettere in pratica, altrimenti si resta sull’onda delle emozioni, ci si ferma alla generosità, al fideismo, ci si ferma all’uso di una certa papolatria per manifestare tante cose per poi non cambiare nulla, restare inamovibili nel proprio peccato e nella propria condizione (su una certa papolatria suggeriamo di leggere questo articolo).

Si osanna il Papa come si osanna una celebrità, un cantante, un super-eroe, per poi andarsene – alla fine dello spettacolo – riprendendo a vivere nei propri peccati quotidiani.

Chi ci può confermare che quanto diciamo è vero? I fatti.

Secondo le statistiche mediatiche, le folle che seguono il Papa sono migliaia; dunque dovremmo avere migliaia di conversioni, ma dove sono queste folle di convertiti? Nelle Messe della domenica non si vedono, nei confessionali qualcosa si muove, ma è negli standard; purtroppo assistiamo invece ad un aumento di questi “piacioni del papa piacione” che usano il Papa per continuare a naufragare nei peccati e per pretendere che la Chiesa cambi le sue dottrine.

Lo vediamo fra i politici che, dicendosi cattolici-adulti, nonché vantandosi di essere amici di papa Francesco – per esempio l’attuale sindaco di Roma, Ignazio Marino –continuare tranquillamente, dopo gli abbracci e i baci con il Papa, a remare contro la Legge divina sull’etica e sulla morale. Costoro dovrebbero rammentare che Giuda baciò in una certa drammatica occasione. Si dica lo stesso da parte dei Vescovi e di certi Cardinali i quali pretenderebbero una svolta dottrinale a riguardo della comunione ai divorziati-risposati, e la pretendono dal Pontefice, continuando ad ingannare i fedeli sull’insegnamento vero della Chiesa.

Una volta, il non cattolico che si definiva “amico del Papa”, si convertiva punto e basta.

Due rabbini di Roma, dopo aver conosciuto i papi della loro epoca – rispettivamente San Pio V e il venerabile Pio XII – si fecero battezzare. Due amicizie benedette che portarono a Cristo. Eppure oggi pare non sia così. Si vanta la familiarità con papa Francesco per restare “serenamente” peccatori, per continuare – come nel caso dei pentecostali – ad attaccare la Chiesa cattolica proprio nelle sue dottrine, per diffondere la cultura della morte, per attaccare il culto mariano e quello dell’Eucaristia.

A Gesù non interessavano i numeri, o i dieci giri nella papamobile (uno basta e avanza), bensì le persone, singolarmente; delle folle “aveva compassione”, non si trattava di pietismo, ma di quella consapevolezza che quelle folle “erano pecore senza pastore”; cioè, avevano bisogno di essere pasturate con-passione, pasturate con il cibo della Parola, con i Comandamenti, con Legge divina.

Senza dubbio, il grande successo degli ultimi Papi sulle folle, ci fa capire che la politica non sa più pasturare adeguatamente queste folle, non sa nutrirle, e la gente lo sa, lo comprende, ha bisogno del Buon Pastore, ha fame di verità, ma questo non basta.

 

«Se alcune scelte – scrive la giornalista Costanza Miriano – del Papa danno fastidio a molte persone, tra cui diverse che stimo moltissimo, e se a volte anche io, lo ammetto, non ho condiviso lo slancio entusiastico che sembra avere contagiato tutti, mi sembra fondamentale chiedermi il perché. Quando qualcosa ci dà fastidio, può anche succedere che invece il problema siamo noi.

Quindi: che problema ho io?

È come quando ai miei figli non torna qualcosa in un compito: la loro primissima ipotesi è sempre che sia il libro ad essere sbagliato, anche se si astengono dall’esprimere la loro intima convinzione, perché la filippica che si beccherebbero li allontanerebbe dall’unico vero obiettivo della loro dedizione al sapere: la merenda.

Cosa ci dà fastidio, dunque, e perché? Il problema è il nostro?

Perché fatico a capire che quando il Papa dice che il bene è una relazione non sta affatto facendo concessioni al relativismo, ma mettendo l’accento sulla carità? Perché dimentico che quando un Papa dice che bisogna obbedire alla coscienza non parla di assecondare pensieri ed emozioni spontanei ma intende certo tendere una mano ai lontani, sapendo che per la nostra dottrina è la coscienza il luogo nel quale “l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi” (Catechismo della Chiesa Cattolica, niente di meno), e che la coscienza va sempre rettamente formata?» (4).

Per Costanza Miriano, dunque, Papa Francesco è un papa che piace e converte.

 

Noi lo speriamo e lo auspichiamo, ma purtroppo non vediamo – non ci sono – folle convertite. Ciò che vediamo sono oceani di battezzati che vivono da pagani.

In linea di principio, condividiamo il suo ragionamento; siamo d’accordo sul fatto che queste folle, un domani – le vie della Provvidenza sono infinite – potranno convertirsi, ma ci sembra che, in verità, siano le folle ad avere l’intenzione di “convertire” il Papa alle loro necessità. In particolare a quelle necessità per “vivere serenamente” il vizio e il peccato. È ovvio che ciò non avverrà. Passerà del tempo, ma arriverà il momento in cui si dovrà seguire il Vicario di Cristo non più nei salotti mediatici, né nelle triplici gite sulla papamobile in piazza San Pietro, ma sul Getsemani, davanti al Pretorio e sul monte Calvario.

Del resto, il vero discepolo di Cristo, chierico o laico, non può rigettare nessuna delle pagine del Vangelo, nulla vi può aggiungere, ma neppure togliere, figuriamoci un Papa, ed infatti è stato chiaro Papa Francesco nella prima intervista in aereo di ritorno dal Brasile.

 

Alla domanda come mai non avesse affrontato con i giovani le questioni etiche e morali, il Papa rispose:
”non era necessario parlare di questo, bensì delle cose positive che aprono il cammino ai ragazzi. Non è vero? Inoltre, i giovani sanno perfettamente qual è la posizione della Chiesa!”

Ma – rincalza la giornalista Patricia Zorzan:
¿Cuál es la postura de su Santidad, puede hablarnos? [Qual è la posizione di Vostra Santità, ce ne può parlare?]

Il Papa Francesco risponde:
“La de la Iglesia. Soy hijo de la Iglesia. [Quella della Chiesa. Sono figlio della Chiesa!]“

Dunque la posizione del Papa è quella della Chiesa, come mai allora i Media sono convinti del contrario e, con essi, anche molti che si dicono cattolici?

Così come quando un altra giornalista, sempre di ritorno dal Brasile, gli chiese:
Vorrei sapere se Lei, da quando è Papa, si sente ancora gesuita …

e il Papa rispose chiaramente:
“E’ una domanda teologica, perché i gesuiti fanno voto di obbedire al Papa. Ma se il Papa è gesuita, forse deve far voto di obbedire al Generale dei gesuiti… Non so come si risolve questo … Io mi sento gesuita nella mia spiritualità; nella spiritualità degli Esercizi, la spiritualità, quella che io ho nel cuore. (..)
Non ho cambiato di spiritualità, no. Francesco, francescano: no. Mi sento gesuita e la penso come gesuita. Non ipocritamente, ma la penso come gesuita.”

 

La Chiesa cambia, perché, glielo si rimprovera, dicono che non è stata fedele alle sue origini. Le si rimprovera tutto, tanto i suoi cambiamenti quanto la sua immutabilità. Occorrerebbe tuttavia scegliere, o piuttosto comprendere.

I cambiamenti della Chiesa sono le evoluzioni e gli adattamenti della vita, non certo alle forme di peccato, ma al progresso legittimo e utile. Per esempio, una volta i libri si scrivevano a mano e lo facevano i monaci, poi è arrivata la stampa e il lavoro è passato dai monaci alle stamperie e poi alle case editrici, ma nessuno pretenderebbe oggi di far tornare i monaci per trascrivere a mano i testi, sarebbe follia. Un altro esempio è l’uso delle candele prima dell’arrivo della corrente elettrica, chi vorrebbe tornare oggi nelle caverne e all’uso del lume della candela?

Così come molte questioni inerenti al protocollo e all’ufficio papale, questi si sono evoluti nel tempo e continueranno a cambiare. In questo senso ci si evolve e ci si adatta a certi cambiamenti naturali e culturali.

L’immutabilità della Chiesa invece è la fissità del tipo e delle caratteristiche della vita, ossia che riguarda quello stile di vita inaugurato dal Cristo e che per questo ci diciamo “cristiani”.

 

Ricordiamo che:

«L’intransigenza (dottrinale) della Chiesa è una conseguenza della sua certezza e della necessità del suo insegnamento. Fare delle concessioni sarebbe per lei come abbandonare ciò che non le appartiene, il Bene divino, lo strumento di salvezza degli uomini; sarebbe dunque tradire».

«Alla domanda: affermare che il Papa è infallibile non significa fare di un uomo Dio?
Non più di quanto un flauto; quando suona molto bene, non si faccia un virtuoso!
Il pensiero dogmatico del Papa, nella misura in cui è suo proprio, non ci interessa in alcun modo; per quanto certo, non è questo che fonda la nostra fede. Alcuni Papi hanno scritto volumi di teologia che vengono discussi come gli altri, e che hanno molto minor autorità nella Chiesa che quelli del semplice frate Tommaso d’Aquino. Se è vero che il Papa è un uomo come tutti gli altri, il suo ruolo non è come tutti gli altri. Il “nostro Papa” non è un superuomo (si legga Nietzsche); è un debole mortale che deve essere aiutato.
Non beneficia di alcun miracolo psicologico. Avendo la Chiesa delle sue proprie definizioni, non è più sicuro di noi; è tenuto, come noi, ad aderirvi come a una cosa che lo oltrepassa e di cui non è altro che lo strumento. Solamente, il Cristo “ha pregato per lui”: questo è sufficiente. Noi crediamo alle promesse di Gesù Cristo, abbiamo questa fede, poste tutte le condizioni della fragilità umana, nella custodia onnipotente. (…)

L’infallibilità della Chiesa – dunque romano Pontefice – non è altro che la sua vitalità dottrinale custodita, tramandata e manifestata alla sua ora dallo Spirito Santo che risiede in lei, come il vigore del germe è custodito e manifestato dal “genio della specie” in una discendenza vivente. (…)

Questa dell’infallibilità – si riferisce al riconoscimento al Concilio Vaticano I – è per noi un punto di partenza, perché è il Cristo pienamente manifestato e riconosciuto nella sua rappresentazione temporale. Ecco perché rispondo sempre a quelli che affermano che la Chiesa sta morendo: no, ti sbagli! la Chiesa comincia. Ci sarà sempre la Chiesa, per quanto essa dovesse evolversi, perché solo per Lei, e a Lei, il Cristo ha chiuse le porte della morte, degli inferi; e ci sarà sempre un Papa fino a quando esisterà la Terra, fino al ritorno glorioso del Cristo, che viene sulle “nubi del cielo” e allora il papato morirà, ma come muoiono, all’alba, nel grande irradiamento che ha inizio, le stelle che si accendono per ultime».

La Chiesa è molto lontana da una contentezza ottimista; non è forse l’eterna “brontolona” che le nostre debolezze fanno sempre disperare, e per la quale anche le nostre debolezze si esasperano? (…)

Abbiamo dovuto riconoscere che la morale evangelica, messa in opera nella Chiesa e dalla Chiesa nelle società cristiane, è alla base del processo di civilizzazione. (…)

La Chiesa è perseguitata perché rivendica dei diritti e impone dei doveri. Perché si teme la sua potenza e ci si irrita per le sue pretese. Ogni secolo mette alla prova la Chiesa: ed è per questo che essa esiste; e anche, poiché essa esiste, ogni secolo la conferma, aggiungendo un nuovo ornamento alla sua giovane eternità. (…)

La notte che scenderà sulla nostra civiltà, se la Chiesa se ne ritira, sarà più oscura di quella da cui la Chiesa l’ha un tempo tratta… La civiltà e la morale sono un prestito che il cristianesimo fa al mondo moderno…

Se il movimento “laico” avrà il sopravvento, e gli uomini di domani non sapranno riprendersi e fermarsi in tempo, allora sarà la stessa violenza degli eventi a spalancarci il mondo dello Spirito… La Verità può infatti vincere l’errore concedendogli partita vinta, come un fine politico usa il partito avverso consegnando momentaneamente ad esso il potere. Ma la vittoria finale è del Cristo» (5).

Sia lodato Gesù Cristo.
Sempre sia lodato.

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ED IL NUOVO INCENDIO MEDIATICO:
LE OFFERTE AI PRETI

[…] a tutti i non pochi sacerdoti con funzione di parroci che vivono certe situazioni di disagio economico, vorrei lanciare sia un’idea sia un appello: quando vi arriva una bolletta della luce o del gas che non riuscite a pagare, mandatela alla Domus Sanctae Martae, indirizzata direttamente a Sua Santità il Sommo Pontefice Francesco, Città del Vaticano, accompagnata da questo biglietto: «Siamo i preti della Chiesa povera per i poveri e non abbiamo i soldi per pagare la bolletta della luce e del gas della chiesa parrocchiale, quindi rimettiamo il pagamento direttamente alla Sede Apostolica».

di Padre Ariel S. Levi di Gualdo da l'Isola di Patmos - vedi qui -

 

 

NOTE
1) Marcello Veneziani il 13 marzo 2014: Il Papa che funziona ma non basta
2) per l’affermazione “un papa come noi” vi rimandiamo a questi approfondimenti:
– Vogliono una Chiesa il Cristo e il Papa a propria immagine (sarà aggiunto il link a breve)
– “Bergoglio sì, papato no!”
– Il Papa è uno di noi sì ma non equivochiamo (sarà aggiunto il link a breve)
3) si legga anche qui: “Voi chi dite che io sia?” (sarà aggiunto il link a breve
4) di Costanza Miriano: Francesco, un papa che ci converte
5) Fr. Antonin Gilbert Sertillanges O.P. da Catechismo per i non credenti – 1930 – ESD 2007


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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  altro campanello d'allarme fu questo:


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QUANDO LA 100MA UDIENZA DI UN PAPA DIVENTA UNA “VATICANATA”…

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Lo sappiamo, siamo a volte nefandi e sembra che vogliamo sollevare solo quanto di più becero ci sia nel pensiero modernista nelle membra (non nella Chiesa in quanto Sposa di Cristo, una, santa ed apostolica, quale professiamo nel Credo, la differenza è di vitale importanza) della Chiesa, ma “qualcuno il lavoro sporco lo deve pur fare” e non per gloriarci in esso, ma per mettere in guardia da certa mediaticità velenosa.

Radio Vaticana festeggia la centesima Udienza generale di Papa Francesco – vedi qui – e noi ce ne rallegriamo, ma non possiamo tacere lo sporco e il becero marketing attraverso il quale lo fa.

485236948Il trionfo è nei numeri e nelle “transenne che esplodono di fedeli urlanti; negli applausi e multi colori….”, nel mate, nel cambio dello zucchetto, negli oggetti lanciati, per non parlare delle interviste.

Alla domanda sul Papa emerge uno spaccato per nulla confortante, trionfa il “Papa piacione”, allegro, buono, sorridente, simpatico, semplice, umile, persino “coraggioso” (in che cosa sarebbe coraggioso?) e quant’altro ma nessuno, nessuno ha detto: vado dal Papa PER LA SUA FEDE!

Tra tutti gli attributi dati al Papa, nessuno ha parlato di “testimone della fede”, testimone di Cristo… nessuno ha detto “perchè mi sono convertito a Cristo grazie a lui”.

Altra domanda: se lei potesse dire qualcosa al Papa, cosa direbbe?

  1. – Ti voglio bene.
  2. – Di continuare a chiederci di essere nella Chiesa pieni di gioia.
  3. – Di continuare così, che va bene.
  4. – Di ringraziarlo per quello che fa per tutti noi, tutti i giorni.

Non possiamo non chiederci in che senso quel “continuare a chiederci di essere nella Chiesa pieni di gioia – Di continuare così, che va bene….” ??

ma perchè se il Papa non te lo chiedeva tu eri e saresti rimasto un musone?

di continuare “così che va bene” in che senso? ti sei convertito a Cristo? hai abbandonato il peccare? Ti confessi di più? Queste et-similia dovrebbero e sarebbero dovute essere le domande di Radio Vaticana, e non altro…

  1. – E’ una brava persona!
  2. – E’ assolutamente uno di noi. Vorrei dirgli di continuare come sta facendo.
  3. – Il suo amore per il popolo.

C’è stato forse un Papa, almeno fra gli ultimi Dodici, da quando c’è stata la Questione Romana che non sia stato una “brava persona”? Forse che gli altri Papi non hanno avuto “amore per il popolo”?, ebbè, però “è uno di noi eh!”, gli altri erano “extraterrestri, non venivano “dal nostro mondo”, mah! misteri del pensare umano.

Per concludere è fondamentale ritornare a fare una precisazione, saremo antipatici per questo, ma non possiamo tacere.

In questo articolo dell’anno scorso: Ordine mediatico: non svuotate quella piazza – vedi qui – avevamo già dato prova della falsità di informazione della stampa vaticana quando si tratta di riferire i numeri riguardanti le visite al Papa (a questo Papa, perchè poi con Benedetto XVI in effetti giocavano con i numeri al ribasso, facevano il contrario) che sono oramai fisse alle “migliaia” quando le foto stesse chiariscono che da circa un anno la Piazza san Pietro è vuota, ossia, nella normalità, i pellegrini non superano più da un anno l’obelisco della piazza il chè, a conti fatti, non superano l’ordine delle 300-400, 500 via, a voler essere generosi, persone e non espressi in migliaia, ma in centinaia, ed anche quando l’udienza avviene nell’Aula Paolo VI, questa non è più gremita come nei primi mesi di pontificato. Questa Aula contiene, quando è piena, anche seimila persone, il chè non sta avvenendo più.

Il perchè lo avevamo spiegato nell’articolo linkato, ma a quanto pare l’ordine di scuderia dell’ufficio Marketing di Papa Francesco, non demorde ed è perentorio: TRIONFALISMO!

Sia ben chiaro: a noi fa e farebbe piacere continuare a vedere che i Pontefici che si alternano di questi tempi drammatici, raccolgano pieno consenso popolare, affetto, abbracci, ma senza per questo ingannare la gente; senza per questo far trionfare il papa mediatico, un papismo mediatico conducente all’idolatria della persona del Papa (a prescindere da chi regna in quel momento), conducente ad una papalatria becera e velenosa che non conduce alla conversione delle genti, ma al trionfalismo come del resto svela la stessa attenta critica di un pastore valdese – vedi qui – che ha detto quanto non è possibile per noi ignorare:

“Francesco resta pur sempre un papa “che ha scommesso tutto sulla sua forza mediatica”, come già i papi precedenti …. cioè per un “cristianesimo di massa che non chiede altro che di avere un divo che unisca, come potrebbe essere un divo dello spettacolo”, un papa, quindi, che “si ripropone come modello autoritario indiscutibile, com’è nella sua natura e nella sua origine”.

Ma Gesù non ha fondato un “cristianesimo di massa e di consenso”, non è stato un “divo” ad unire, ma UN DIO morto in Croce e risorto, lo spettacolo non è quello disegnato dal marketing vaticano, ma dalla CROCIFISSIONE, lo spettacolo scandaloso, lo scandalo per eccellenza.

Auguriamo al Pontefice altre ed oltre 100 Udienze, ma auspicando una calata di toni folcloristici ed un successo di conversioni vere, magari anche silenziose, ma vere.

E ricordiamo a Radio Vaticana che stanno rendendo al Papa un pessimo servizio, anzi, un servizio piegato su se stessi, all’insegna della vanità umiliando di continuo, per altro, la fatica e la croce dei Pontificati precedenti a questo quando, pur di bastonare Benedetto XVI, i numeri che lanciavano delle sue Udienze, erano al ribasso.

Non dimentichiamo poi che (e questo vale per tutti i pontificati passati, presente e futuri) i pellegrini dell’Udienza del Mercoledì sono per la maggior parte gruppi di persone, comunità e parrocchie, che hanno prenotato la loro presenza mesi e mesi prima e che ci sia, oggi – dopo il trionfo dell’Anno della Fede dove tutto era stato prenotato – un calo vistoso della presenza italiana è un dato oggettivo indiscutibile, l’aumento proviene dall’America latina ed è del tutto normale come quando i polacchi animavano numeri e presenze durante il pontificato di Giovanni Paolo II (oggi scomparsi dalla piazza), i tedeschi-bavaresi quello di Benedetto XVI, e così oggi i connazionali di Francesco. L’udienza è poi in italiano, sfido chiunque dei presenti all’udienza di lingua straniera a ripeterci che cosa hanno capito del Discorso del Papa. Cara Città del Vaticano, non è così che si fa “comunicazione”, non è mentendo o facendo a gara con chi la spara più grossa sul VIP di turno, che si fa comunicazione santa!




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  e ancora, un anno fa si dicevano le stesse cose anche con una certa profezia.... ma non c'è peggior sordo di chi sentendo non vuol sentire....


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ORDINE MEDIATICO: NON SVUOTATE QUELLA PIAZZA!

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I mass-media possono essere molto utili per l’evangelizzazione, ma possono rivelarsi anche molto pericolosi, soprattutto quando vengono usati dal nemico mortale della nostra salvezza. Marshal McLuhan, non a caso, ricordava sempre che «il principe di questo mondo è un grande comunicatore». È bene, dunque, distinguere la popolarità mediatica dalla devozione popolare.

È da circa un anno che la tifoseria di papa Francesco non fa altro che ripetere che le critiche sono immotivate, dal momento che ha riempito le piazze. Ebbene, abbiamo monitorato l’affluenza dei fedeli, alle catechesi del mercoledì, degli ultimi due anni e abbiamo scoperto alcune cose interessanti.

Prima di tutto, dobbiamo ricordare che papa Francesco è stato eletto durante l’Anno della Fede, dunque molte parrocchie e molti movimenti aveva già organizzato, o stavano organizzando, le partecipazioni alle udienza del mercoledì e ad altri avvenimenti già dalla fine del 2012. Anche la nostra diocesi, per esempio, ha coordinato un’organizzazione capillare per le prenotazioni e le varie richieste dei biglietti da molto prima dell’annuncio della rinuncia di Benedetto XVI.

Tutte le diocesi italiane, nessuna esclusa, senza dimenticare le conferenze episcopali regionali, hanno preparato tutto affinché, in ogni occasione, piazza San Pietro fosse sempre gremita di pellegrini. E i pellegrini non sono turisti. Era giusto e doveroso che ogni diocesi potesse recarsi dal Successore di Pietro durante l’Anno della Fede, affinché potessero ricevere la sua benedizione. Perciò erano previste le “piazze piene”, durante il 2013, già dal 2012. Questo non significa, ovviamente, che l’interesse e la simpatia per il nuovo papa non sia stati importanti.

All’udienza del mercoledì di questo settimana (3 dicembre) il telecronista ha affermato che si può notare delle immagini l’afflusso, costantemente in aumento, dei pellegrini. Diciamolo francamente: l’ha sparata grossa.

Non svuotate quella piazza (mediatica)!
Non svuotate quella piazza (mediatica)!

Come si può invece notare delle foto dell’Osservatore Romano (a lato), la piazza si sta “svuotando” da questo settembre. In alcune udienze, addirittura, hanno messo 100/200 persone per quadrato, chiuse dalle transenne, lasciando fuori le altre così da far sembrare la piazza più gremita, agevolando il giro della papamobile, lasciando intendere che vi fosse un più contatto con la folla.

Il “nostro” telecronista, inoltre, ha aggiunto che vi erano altri “gruppi numerosi” nell’aula Paolo VI. Anche questo è falso, scorretto, perché, quando il tempo è freddo e piovoso, i pellegrini malati seguono sempre l’udienza dal maxi-schermo nell’Aula, dopo aver ricevuto il saluto del romano pontefice. Ma, questo saluto agli ammalati, la tifoseria mediatica di papa Francesco la stanno facendo passare come una novità assoluta.

Anche l’immediato predecessore di Francesco, cioè Benedetto XVI (lo citiamo perché è ancora in vita), ha sempre salutato i malati, prima dell’udienza in piazza, ma i fotografi, all’epoca, non erano interessati a ritrarre quei momenti. Inoltre quando l’aula Paolo VI era piena, gremita, alcuni pellegrini sostavano in Basilica, così il papa era costretto, in un certo senso, a fare due udienza, per questo si decise di organizzare le catechesi del mercoledì sempre in piazza San Pietro, sopportando la pioggia, il vento e il freddo.

Qual il fine dei mass-media, perché continuano a “dare i numeri” pompati? Forse temono che la “luna di miele” col papa regnante sia per finire e usano la “piazza piena” per arginare il fenomeno?

Francamente pensiamo che in Vaticano, più che a riempire le piazze, dovrebbe impegnarsi a riempire – soprattutto in procinto del Santo Natale del Signore – i cuori con la luce e il calore del Divino Bambino di Betlemme.





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10/12/2015 20:12
 
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04NOItalia2
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ALLA CEI NON C’ANDREI…

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Francesco, il Primate d’Italia a cui non piace l’Italia.

A pensar male non è un bene, si dice, però a volte ci si azzecca e sarà certo motivo di riflessione, confessione e pure penitenza per noi che però, attenzione, non vogliamo assolutamente seminare zizzania ma, che vogliamo farci, in rete si comunicano le notizie e noi prendiamo solo quelle ufficiali, non tendenziose, e su queste non possiamo che interrogarci.

È allora una interrogazione, un interrogativo che poniamo al centro di questo Comunicato:

Comunicato della Sala Stampa (Vaticana): Rinvio delle visite pastorali del Papa in Italia durante il Giubileo, 10.12.2015 –vedi qui comunicato ufficiale -.

Il card. Scola con Francesco.
Il card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano, con papa Francesco.

“Questa mattina, nel corso di una conferenza stampa a Milano, il Card. Angelo Scola ha informato di aver ricevuto comunicazione dalla Segreteria di Stato secondo cui, a causa dell’intensificarsi degli impegni per il Giubileo, è intenzione del Santo Padre di rinviare le visite pastorali in Italia”.

La cosa curiosa che è balzata e rimbalzata nei circuiti dei nostri poveri neuroni sovraccarichi dalle mille bergoglionate, è che il Comunicato ufficiale non è stato dato alla “Voce ufficiale del Papa” che è la Sala Stampa con Padre Lombardi, no, è stato consegnato dalla Segreteria di Stato all’arcivescovo card. Scola, scavalcando così la “Voce ufficiale” del Papa tramite il canale normale, ordinario che è appunto Radio Vaticana.

Cosa questo voglia dire non lo sappiamo e non vogliamo neppure romperci la testa nel tentare di capire perché cose talmente semplici e a volte naturali debbano poi diventare focolai di “novità”, incomprensioni, mormorio…. perché, a ben leggere il breve comunicato, il Papa non dice al card. Scola che non potrà andare a Milano nel 2016, ma ANNULLA TUTTI i viaggi possibili e in cantiere previsti nel territorio italiano, e questo sì che innesca qualcosa di incomprensibile e sospetto. E lo fa non attraverso la Sala Stampa o la CEI organo ufficiale dei Vescovi italiani, o attraverso il loro organo ufficiale che è Avvenire, ma lo fa in un Comunicato PRIVATO, reso pubblico dopo, solo ad una Diocesi italiana e solo ad un cardinale…

Il Papa è malato? Assolutamente NO! toglietevelo dalla testa, è solo un uomo di 79 anni iperattivo…. Nell’Anno del Giubileo  non sono previsti grandi impegni del Papa se non i soliti legati ai tempi forti liturgici, a qualche incontro raddoppiato nelle Udienze in Vaticano e…. a due viaggi (ma ce ne è un terzo in programmazione) previsti all’estero: in Messico e in Polonia per il consueto incontro della Giornata Mondiale della Gioventù organizzato, appunto a Cracovia. Dunque il Papa non è ammalato, grazie a Dio.


Francesco con il presidente della CEI, il card. Bagnasco.
Francesco con il presidente della CEI, il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova.

Voci di corridoio dicono che il Papa non va proprio d’accordo con i Vescovi italiani e forse, chissà, non sono voci del tutto inventate. Basti pensare, ad esempio, alle recenti nomine dei nuovi vescovi italiani, tutti candidati scelti da Bergoglio FUORI della consultazione con la CEI, e questo la dice lunga sulla tanta strombazzata “collegialità”, o almeno qui in Italia dove il Papa sembra preferire delle nomine letteralmente in contrasto con le scelte proposte dai Vescovi italiani…

Bergoglio disse chiaramente a Spadaro nella sua prima intervista ufficiale dell’agosto 2013: “IO SONO FURBO….” e disse anche che a lui piace incontrare la gente “CHE VOGLIO IO” e che non gli piace che gli si organizzino gli incontri, ed è certo che egli intendesse dire tutto ciò proprio nell’ambito della gestione delle cose in casa ecclesiale.

Cosa intendiamo dire? Semplice: il Papa elogia il concetto di collegialità, ma alla fine della fiera ci tiene eccome ad agire da padre-padrone nella gestione degli affari interni. Le sue recenti nomine sono assai discutibili. Tanto per fare due esempi recenti vediamo la scelta di mons. Cipolla, Allium cepa – vedi qui – il quale, ma che strano, era diventato frequentatore di santa Marta avviato dalla sant’Egidio, c’è bisogno di aggiungere altro?

Corrado Lorefice, il dossettiano neo-vescovo di Palermo. Il giorno del suo insediamento in diocesi ha citato l'articolo 3 della costituzione italiana, fiore all'occhiello dell'allora on. Dossetti.
(Corrado Lorefice, il dossettiano neo-vescovo di Palermo. Il giorno del suo insediamento in diocesi ha citato l’articolo 3 della costituzione italiana, fiore all’occhiello dell’allora on. Dossetti. La sua pastorale familiare di baserà sull’articolo 29 della costituzione?)

L’altro, il nuovo vescovo di Palermo ha una storia più subdola. Egli fa pervenire al Papa un suo libro diventato “famoso” su Dossetti, in sostanza mons. Lorefice in questo libro CANONIZZA Dossetti facendolo diventare un “padre della Chiesa” in campo sociale. Il Papa chiama Lorefice, si compiace del libro e gli annuncia la nomina a vescovo raccomandandolo di: “e ti prego, non cambiare MAI, resta come sei, è per questo che ti faccio vescovo…”. Il tutto detto dallo stesso Lorefice in una intervista.

Non possiamo non restare basiti sulla raccomandazione del Papa: non cambiare MAI! La frase è di una perversione diabolica unica perchè un vescovo DEVE cambiare quando diventa tale perchè questa nomina prevede dei cambiamenti. Sant’Agostino insegna questo quando dice: per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano…. intendendo, appunto, UN CAMBIAMENTO necessario da parte di chi assume il ruolo di VIGILANTE E MAESTRO del gregge.

Ma nessuna meraviglia, anche Bergoglio diventato Papa ha deciso di restare Bergoglio e, sì, sentendosi senza dubbio “successore” dell’Apostolo Pietro, ma non sentendosi affatto “Pietro” quanto piuttosto “un peccatore come tutti”. Non che “Pietro” fosse un santo senza peccati quando Gesù gli affidò il ruolo petrino, o fosse un apostolo diverso dagli altri, ma senza dubbio Pietro fu un privilegiato, il cui privilegio come sappiamo riscattò con il martirio, un privilegiato che non lo pone più allo stesso piano del clero, dei vescovi o dei laici, chi la pensa così, che Pietro sia sullo stesso piano degli altri, è un protestante nella mente.

Insomma Bergoglio volendo una Chiesa a “sua immagine e somiglianza” sta eleggendo ai vertici gente che la pensa come lui e di conseguenza è inutile andare a girare per l’Italia oggi, egli aspetta che la Chiesa in Italia assuma sempre di più il suo volto, la sua immagine di chiesa.

In una intervista al solito giornale argentino – vedi qui – il Papa diceva: “La gente mi fa bene“, e lo diceva per spiegare il suo stato di beatitudine quando si trova in mezzo alla gente… ma non possiamo non domandarci se il Papa ha preferenze, certo che le ha, i poveri, al di la di questa categoria ci viene il sospetto che il Papa, Bergoglio, non ami molto “la gente italiana, europea in generale” e forse un pò ce lo meritiamo, siamo quella gente che ha tradito il Vangelo dell’etica e della morale, non facciamo più figli mentre, quell’altra gente, ancora fa figli e crede nel valore del matrimonio…. Senza dubbio però, Bergoglio è molto meno espansivo con gli italiani.

Siamo tendenziosi o maliziosi? Forse sì (lo abbiamo detto, è motivo di penitenza per noi), ma noi crediamo di no, ci riteniamo oggettivi e non soggettivi, portiamo fatti che sono, per chi si toglie il prosciutto dagli occhi, delle risposte concrete al fatto che un Papa annulli TUTTE le visite previste o in cantiere sul suolo che lo vede e lo ha, quale privilegio unico, Vicario di Cristo in terra, in terra propria, in casa propria.

Bergoglio affida e lascia le diocesi italiane (e del mondo) ai propri vescovi, ma cambiando i vescovi, eleggendoli a sua immagine e somiglianza e, vogliamo profetizzare che la prossima visita in Italia prevista nel 2017 sarà la Sicilia, dal suo figlioccio a Palermo. Chi vivrà vedrà, intanto sappiamo così che il Papa nell’Anno del Giubileo non visiterà nessuna diocesi italiana, senza alcuna spiegazione ufficiale.


Suggeriamo anche questi link:





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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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10/12/2015 20:51
 
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   il problema del perchè la gente NON si converte, ma questo Papa piace, è per la confusione che certe sue espressioni generano.... la gente le interpreta male pensando che si possa convivere pacificamente col proprio peccato e con i propri vizi, ma questo è diabolico!
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NON È POSSIBILE “LA CHIESA CHE VORREI…”. NEPPURE PER UN PAPA.

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Nessun cattolico, papa compreso, può imporre la propria immagine di “Chiesa”.

La Chiesa che Jorge Mario Bergoglio pretende non è possibile.

A spiegarlo sono Gesù, tutti i Papi della Chiesa e specialmente Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

Nell’intervista ad Elisabetta Piquè pubblicata dall’Osservatore Romano (perciò è ufficiale) il 9 dicembre 2014 – vedi qui – intitolata “il coraggio di parlare – umiltà di ascoltare“,  Papa Francesco ha detto:

“Nel caso dei divorziati risposati, ci siamo chiesti: Cosa facciamo con loro, quale porta si può aprire loro? Ed è stata una preoccupazione pastorale: allora si darà loro la comunione? Non è una soluzione dare loro la comunione. Solo questo non è una soluzione: la soluzione è l’integrazione. Non sono scomunicati, è vero. Ma non possono essere padrini di battesimo, non possono leggere le letture nella messa, non possono dare la comunione, non possono insegnare catechismo, non possono fare sette cose, ho l’elenco lì. Basta! Così sembrerebbero scomunicati de facto!

Allora bisogna aprire un po’ di più le porte. Perché non possono essere padrini? «No, immaginati, che testimonianza daranno al figlioccio». Testimonianza di un uomo e una donna che gli dicono: «Guarda caro, mi sono sbagliato, sono scivolato su questo punto, ma credo che il Signore mi ami, voglio seguire Dio, il peccato non mi ha vinto, anzi io vado avanti». Più testimonianza cristiana di questa? O se viene uno di quei truffatori politici che abbiamo, corrotti, a fare da padrino ed è sposato in chiesa, lei lo accetta? E che testimonianza darà al figlioccio? Una testimonianza di corruzione? Vale a dire che dobbiamo ricambiare un po’ le cose, nei modelli valutativi.”

Il discorso in sé è corretto e non fa una piega, desideri belli e sogni, sì, sogni perché purtroppo le conclusioni a cui arriva il Papa sono sbagliate.

Apriamo queste porte, e sta bene, ci sta, ma non si può curare un male con un altro male, è questo che Papa Francesco non ascolta.

Dice il Papa: “Perché non possono essere padrini? «No, immaginati, che testimonianza daranno al figlioccio». Testimonianza di un uomo e una donna che gli dicono: «Guarda caro, mi sono sbagliato, sono scivolato su questo punto, ma credo che il Signore mi ami, voglio seguire Dio, il peccato non mi ha vinto, anzi io vado avanti». Più testimonianza cristiana di questa?”

ma questa non è la vera testimonianza cristiana! Ci fa specie che un Papa non lo comprenda!

La vera testimonianza cristiana sarebbe se questa persona dicesse: «Guarda caro, mi sono sbagliato, sono scivolato su questo punto, ma credo che il Signore mi ami, voglio seguire Dio, il peccato non mi ha vinto, anzi io vado avanti, infatti ho lasciato la compagna con la quale convivevo dopo aver divorziato con la vera moglie, e Gesù e la Vergine Santa mi stanno aiutando molto, mi sento forte e coraggioso, so di aver fatto la scelta giusta, ora posso nutrirmi dell’Eucaristia perché non vivo più in adulterio – ricordi? – è il sesto comandamento che io purtroppo avevo calpestato senza rendermene conto, ma ora ho capito ed ho posto rimedio....»

Se del resto codesta persona dice al figlioccio: ” mi sono sbagliato, sono scivolato su questo punto..” se riconosce lo sbaglio dovrebbe riconoscere anche il rimedio, il Papa stesso dovrebbe dirlo che per rimediare ad un peccato non si porta come esempio il peccato di altri, ma cerca di risolvere il peccato RINUNCIANDO al peccato, allo stato di peccato in cui vive.

Ma non che il Papa per giustificare il padrinato a chi non ha le carte in regola dice: “O se viene uno di quei truffatori politici che abbiamo, corrotti, a fare da padrino ed è sposato in chiesa, lei lo accetta? E che testimonianza darà al figlioccio? Una testimonianza di corruzione? Vale a dire che dobbiamo ricambiare un po’ le cose, nei modelli valutativi.”

Ma che risposta è mai questa? Neppure questa è la soluzione.Non si cura un male con un altro male, sono entrambi peccati gravi, nessuno dei due può fare il padrino, questa è la risposta che deve dare un sacerdote, e per di più un Papa.

Non si prende per padrino un politico corrotto, un mafioso  o altro di cui si conoscono le malefatte o la nomina, ma non si prende neppure un divorziato risposato dal momento che il matrimonio è civile – fatto per altro dopo un divorzio con il Matrimonio Cristiano-Sacramento -, tanto è vero che la Chiesa specifica che il divorziato che subisce il divorzio e non si risposa e vive in continenza, può fare da padrino, da madrina se è una donna, e può ricevere anche l’Eucaristia.

Quindi stiamo attenti a dire con facilità “le porte sono chiuse”, perché non è propriamente così.

Il Papa si domanda: “Cosa facciamo con loro, quale porta si può aprire loro? Ed è stata una preoccupazione pastorale: allora si darà loro la comunione? Non è una soluzione dare loro la comunione. Solo questo non è una soluzione: la soluzione è l’integrazione. Non sono scomunicati, è vero. Ma non possono essere….”

e propone persino  che: “Non sono scomunicati, è vero. Ma non possono essere padrini di battesimo, non possono leggere le letture nella messa, non possono dare la comunione, non possono insegnare catechismo, non possono fare sette cose, ho l’elenco lì. Basta! Così sembrerebbero scomunicati de facto!”

ma se – rispondendo bene – riconoscendo che “dare loro la Comunione non è la soluzione”, allora non è soluzione neppure che essi “diano la comunione” ad altri, è un controsenso: se non la possono ricevere perché si riconosce loro uno stato di adulterio (che significa falsificare, e in questo caso essi stanno vivendo falsificando il matrimonio cristiano), come si può pensare che possano PRENDERLA pure con le mani per darla ad altri?

0024 chiesa di Bergoglio4Santità, non è corretto dire che queste persone “non possono fare….” quasi che sia la Chiesa una matrigna che vieta qualcosa ai suoi figli, dovrebbe sapere che sono “loro” ad essersi IMPOSTI delle chiusure scegliendo una via sbagliata.

Oppure che ogni Papa che arriva si mette a modificare la disciplina della Chiesa a seconda della moda del momento perché, siamo chiari, il divorzio è la moda del nostro tempo, è la “non-cultura” contro la Famiglia, è una scelta sbagliata!

E’ come sta avvenendo per la droga: siccome sono tanti che usano le droghe, allora legalizziamole! Ma non è questa la soluzione.

Lei, Santo Padre, in un’altra intervista sul senso del peccato o di ciò che è peccato oggi, saggiamente ha risposto che “ma guardi, ciò che era peccato ieri è peccato anche oggi, la Parola di Dio, i Dieci Comandamenti non è che cambiano, non si possono cambiare...”,

ma ad una risposta così saggia, c’è davvero una contraddizione in termini in ciò che poi ha detto alla Piquè.

La Chiesa ha tolto, con il nuovo Diritto Canonico del 1983 la scomunica ai divorziati e lo ha fatto proprio per venire incontro a loro e soprattutto a chi dei due subisce il divorzio, ma le Norme che disciplinano la ricezione dei Sacramenti valgono per TUTTI, divorziati compresi perché vengono dal Vangelo.

La Chiesa non li scomunica, ma sono loro a mettersi fuori da certi servizi con il loro rifiuto ad applicare le parole di Gesù: “avvicinatisi dei farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: “È lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?”. Ma egli rispose loro: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla”. Gesù disse loro: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma all’inizio della creazione Dio li creò maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e i due saranno una carne sola. Sicché non sono più due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto”. Rientrati a casa, i discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio”…” (Mc.10,2-12)

Gesù è chiaro a tal punto che, quando i discepoli – rientrati a casa – lo interrogano di nuovo sull’argomento, rincara la dose proprio per non creare equivoci: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio”.

0024 chiesa di Bergoglio1Se il sesto Comandamento ha ancora lo stesso valore di “ieri” e si vive in adulterio, nessuno può ricevere i Sacramenti e non per cattiveria la Chiesa scelse questa severità, ma perché amando le persone vuole evitare loro, come dirà San Paolo, di “mangiare e bere la propria condanna”(1Cor.11,29) e non ce lo stiamo inventando noi, spiegava infatti san Giovanni Paolo II:

“In questa linea giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica stabilisce: « Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla comunione ». Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell’apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione dell’Eucaristia, « si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale » (Ecclesia de Eucharistia n.36)

Se un divorziato si sposa civilmente è ovvio che convive in uno stato di adulterio e di conseguenza se persiste in quello stato, non può accedere alla Confessione perché il suo stato di cose e il suo RIFIUTO a lasciare quella situazione precludono ogni possibilità a ricevere l’assoluzione, di qui il problema da loro creato di non poter ricevere la comunione;

se dunque ciò che era peccato ieri è peccato anche oggi, il senso dello stato di peccato di un divorziato risposato che convive con la compagna – o la divorziata che risposata convive così con il nuovo compagno, resta invariato, sono in uno stato di peccato e pure mortale.

E questo vale per tutti, anche per chi sposato regolarmente in Chiesa tradisse il proprio coniuge, non può accedere alla comunione se non è pentito, se non ha lasciato l’amante e, se coscienzioso, non deve pretendere neppure di fare da catechista, da padrino o madrina, dare la comunione, ecc…sono regole scritte nei Vangeli che valgono per tutti e non solo per i divorziati-risposati!

Al contrario si sta rischiando di creare delle categorie di PRIVILEGIATI e dove i privilegiati non sono persone che danno una testimonianza impeccabile allo stile di vita che Gesù ci chiede, ma categorie di privilegiati che vivendo in stato di peccato  e di peccato mortale vengono coccolati, vezzeggiati e pure premiati.

Ancora diceva Giovanni Paolo II alla Sacra Rota nel dicembre 1995:

“A tale riguardo scrivevo nella Lettera Enciclica Dominum et vivificantem [LE 5192]: «La coscienza non è una fonte autonoma ed esclusiva per decidere ciò che è buono e ciò che è cattivo; invece, in essa è inscritto profondamente un principio di obbedienza nei riguardi della norma oggettiva, che fonda e condiziona la corrispondenza delle sue decisioni con i comandi e i divieti che sono alla base del comportamento umano».

Neppure un Papa può modificare questa verità e deve attenersi a quella obbedienza del Vangelo senza ingenerare false illusioni nelle coscienze dei fedeli erranti.

Ammettere pertanto alla Comunione persone che non hanno alcuna intenzione di recidere lo stato vizioso in cui convivono, richiederebbe inevitabilmente che la Chiesa cattolica riconoscesse e benedicesse i secondi matrimoni dopo il divorzio, il che è evidentemente contrario alla dottrina cattolica già stabilita e a quanto espressamente insegnato da Cristo.

Gesù, in dialogo coi farisei a proposito del divorzio, allude al binomio “divorzio” e “misericordia” (cfr Mt 19, 3-12). Accusa i farisei di non essere misericordiosi, dato che secondo la loro subdola interpretazione della Legge avevano concluso che Mosè avrebbe concesso un presunto permesso di ripudiare le loro mogli. Gesù ricorda loro che la misericordia di Dio esiste contro la nostra debolezza umana. Dio ci dona la sua grazia perché possiamo essere fedeli alla Sua legge e non usa affatto misericordia perché noi restiamo tranquillamente nel peccato.

Abbiamo già ricordato che “adulterio-adulterare” viene dall’etimologia “falsificare”, per questo l’adulterio è inserito nei Comandamenti ed è un peccato mortale, perché si falsifica un sacramento, si falsifica uno status, si falsifica la legge naturale, perché falsificando si finisce per diventare ipocriti come lo erano, appunto i farisei ammoniti da Gesù anche sul divorzio.

L’ipocrisia può diventare un vizio, ci si abitua a vivere nella falsificazione, nella falsità.

E così l’ipocrita è uno che sovverte i valori; mette in primo piano ciò che deve stare sotto, ossia i valori esterni e il proprio io empirico, e pone in secondo piano, funzionale ai primi, i massimi valori, quelli interiori, dello spirito e divini. Da qui la sua doppiezza, slealtà ed incoerenza, che sfocia nel tentativo di servire due padroni; quello vero, ossia Dio, al quale non può sfuggire e quello che si è imposto o alla seduzione del quale ha ceduto, il proprio io, sorgente della sua ambizione e del suo egoismo.

Rimedio di fondo è dunque l’umiltà, con la quale riconosciamo la nostra dipendenza da Dio nelle piccole come nelle grandi cose, in modo che l’utile sia ordinato all’onesto, il mezzo al fine; all’apparire corrisponda l’essere, alla parola corrispondano i fatti, l’esterno manifesti l’interno e su di esso si fondi, il materiale sia ordinato allo spirituale e l’uomo a Dio.

Pretendere così la Comunione in uno stato di falsità-adulterio è spingersi a quella auto-condanna di cui parla san Paolo, per questo la Chiesa da sempre ha compreso dalla Scrittura stessa che è meglio non dare la comunione a chi vive in stato di peccato e che non abbia compiti nella Chiesa che sono destinati a chi da testimonianza di una vita coerente alle leggi del Vangelo.

Per concludere…  la chiesa che sogna Papa Francesco, dalle sue parole sopra riportate, non è realizzabile, non sarebbe cattolica, non è volontà divina la quale si è già espressa e quindi non può contraddirsi.

Ricordiamo che durante il pontificato di San Giovanni Paolo II ci fu già un Sinodo sulla famiglia (1980), seguito dall’esortazione apostolica Familiaris consortio che offriva le soluzioni migliori al problema:

“Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l’intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza.

La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.

La riconciliazione nel sacramento della penitenza – che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico – può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]).

Similmente il rispetto dovuto sia al sacramento del matrimonio sia agli stessi coniugi e ai loro familiari, sia ancora alla comunità dei fedeli proibisce ad ogni pastore, per qualsiasi motivo o pretesto anche pastorale, di porre in atto, a favore dei divorziati che si risposano, cerimonie di qualsiasi genere. Queste, infatti, darebbero l’impressione della celebrazione di nuove nozze sacramentali valide e indurrebbero conseguentemente in errore circa l’indissolubilità del matrimonio validamente contratto.

Agendo in tal modo, la Chiesa professa la propria fedeltà a Cristo e alla sua verità; nello stesso tempo si comporta con animo materno verso questi suoi figli, specialmente verso coloro che, senza loro colpa, sono stati abbandonati dal loro coniuge legittimo. Con ferma fiducia essa crede che, anche quanti si sono allontanati dal comandamento del Signore ed in tale stato tuttora vivono, potranno ottenere da Dio la grazia della conversione e della salvezza, se avranno perseverato nella preghiera, nella penitenza e nella carità.”

0024 chiesa di Bergoglio5A queste parole di Giovanni Paolo fece una eco meravigliosa Benedetto XVI nel Discorso tenuto a Milano per l’incontro con le Famiglie, disse il Papa per queste persone divorziate-risposate:

“E poi, quanto a queste persone, dobbiamo dire – come lei ha detto – che la Chiesa le ama, ma esse devono vedere e sentire questo amore. Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica, di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono «fuori» anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia: devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa. Forse, se non è possibile l’assoluzione nella Confessione, tuttavia un contatto permanente con un sacerdote, con una guida dell’anima, è molto importante perché possano vedere che sono accompagnati, guidati. Poi è anche molto importante che sentano che l’Eucaristia è vera e partecipata se realmente entrano in comunione con il Corpo di Cristo. Anche senza la ricezione «corporale» del Sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo Corpo. E far capire questo è importante. Che realmente trovino la possibilità di vivere una vita di fede, con la Parola di Dio, con la comunione della Chiesa e possano vedere che la loro sofferenza è un dono per la Chiesa, perché servono così a tutti anche per difendere la stabilità dell’amore, del Matrimonio; e che questa sofferenza non è solo un tormento fisico e psichico, ma è anche un soffrire nella comunità della Chiesa per i grandi valori della nostra fede. Penso che la loro sofferenza, se realmente interiormente accettata, sia un dono per la Chiesa. Devono saperlo, che proprio così servono la Chiesa, sono nel cuore della Chiesa. Grazie per il vostro impegno…” (2 giugno 2012)

Ricapitolando:

alle domande di Papa Francesco avevano già risposto Giovanni Paolo II che lui stesso ha canonizzato e Benedetto XVI ancora vivente. E allora dubbi e perplessità ottenebrano la nostra mente: o Papa Francesco non ha mai letto questi Testi – e noi non lo vogliamo credere possibile -, o Papa Francesco li conosce ma non gli interessano, li ritiene superate o peggio, sogna di realizzare una sua visione di Chiesa…. e francamente anche questo non vogliamo crederlo.

0024 chiesa di Bergoglio3Non sono poche le persone che, confuse da molte interviste del Papa, ci chiedono come regolarsi. Semplice: con il Magistero della Chiesa e con la Scrittura che abbiamo sopra esposto.

Si tratta di non usare questa verità come una spada, percuotendo ora i divorziati-risposati con accanimento o con disprezzo, al contrario, CARITA’ NELLA VERITA’, dare la verità con carità, invitando queste persone ad abbandonare le loro pretese e a dedicarsi, per noi, per la Chiesa, per loro stessi e con noi: “ a frequentare il sacrificio della Messa (imparando magari a fare la Comunione spirituale che non sostituisce l’Eucaristia, ma più è fatta con sacrificio e più se ne ricevono benefici e grazie), a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio….”

e possono anche essere veri testimoni CON LA LORO RINUNCIA se vissuta con vera sofferenza e non quale pretesa: “che la loro sofferenza è un dono per la Chiesa, perché servono così a tutti anche per difendere la stabilità dell’amore, del Matrimonio”

e questo discorso VALE PER TUTTI, per chiunque sa – dopo un retto esame della coscienza – di non essere idoneo a ricevere l’Eucaristia, vale cioè anche per quei cristiani che pur vivendo i Sacramenti oggettivamente in modo legale, soggettivamente però vivono sostenendo l’eresia del nostro tempo favorendo per esempio l’aborto, favorendo i divorzi altrui, sostenendo l’agenda gender e l’omosessualità, sostenendo l’eutanasia, sostenendo ciò che è contrario alla legge naturale, chiunque sostiene questa cultura della morte non può ricevere la Comunione Eucaristica, ma non può neppure fare da Catechista, ne può PRETENDERE ciò che per altro nega alla verità e invece promuove la menzogna quando sostiene l’eresia culturale del nostro tempo.







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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10/12/2015 23:53
 
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   e adesso siamo alle minacce????  caro mons. Fisichella, legga qui:

Diceva Benedetto XVI quando era cardinale: se dovessimo scomunicare tutti quelli che non la pensano come il papa, non rimarrebbe più nessuno nella Chiesa…. – e aggiungeva – l’importante è riconoscere al Papa il suo status, il suo ruolo e quando insegna magistralmente, ma se poi non si condividono le scelte che fa, pazienza, anche questo tipo di tolleranza deve essere un esercizio continuativo del papa stesso.
Quanti santi abbiamo avuto che scrivevano lettere durissime ai papi regnanti del loro tempo? Se parliamo tanto di dialogo, oggi, il papa stesso deve dare prova e testimonianza che dialogare è possibile, specialmente internamente alla Chiesa per evitare confusioni e malintesi dai quali poi si sviluppa, se non chiariti subito, drammi e scismi. 



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UN CANONISTA A MONS. FISICHELLA: NO, LA LEGGE DELLA CHIESA NON SCOMUNICA CHI CRITICA IL PAPA

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Interessanti ripercussioni della conferenza-stampa sul Giubileo del vescovo Fisichella.

È il nostro solito sguardo all’orizzonte allargato oltre confine.

Il testo che segue è stralciato dalla edizione inglese di Aleteia(“Missionari di misericordia: cosa intende Papa Francesco?”, con sottotitolo: l’Arcivescovo [Fisichella] afferma che le parole che sono “come rocce e pietre” possono costituire “violenza” nei confronti del papa). Nessuna traccia (almeno finora non ne ho trovate) da fonti italiane, mentre diversi siti e blog anglofoni ne parlano ampiamente.

Di seguito ancora riportiamo le osservazioni (by LifeSiteNews) di Un Canonista all’Arcivescovo vaticano: No, la legge della Chiesa non scomunica chi critica il papa [qui]. C’è da dire che le voci di critica – che non è necessariamente malevola, ma che spesso è volta a ripristinare la verità cattolica – evidentemente raggiungono i Sacri Palazzi e la più modesta Domus Sanctae Martae. Tuttavia, anziché coglierne le accorate richieste, anche le critiche costruttive non ad personam ma a detti e fatti, vengono misurate con lo stesso metro delle taglienti invettive che spesso sono lanciate dai mattutini della Domus non meno che da diverse esternazioni in occasioni pubbliche.

[…] Mercoledì delle Ceneri 2016, [i missionari della misericordia] riceveranno dal Santo Padre il mandato di predicatori di misericordia e confessori pieni di misericordia. Essi riceveranno altresì dal Papa l’autorità di perdonare “anche quei peccati che sono riservati alla Santa Sede” (Bolla di indizione, n. 18) [Il Codice di Diritto Canonico li elenca precisamente nei canoni tra il 1367 e il 1388 -ndT]. Essi sono: sacrilegi contro la Santa Eucaristia (CIC 1367) che, afferma l’arcivescovo, avvengono “molto più frequentemente di quanto si possa pensare”; L’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento (CIC 1378); L’ordinazione non autorizzata di un vescovo, che penalizza sia il vescovo ordinante che il vescovo ordinato (CIC 1382); Violazione del segreto confessionale (CIC 1388), che Fisichella ha definito “uno degli elementi più preziosi che la Chiesa possiede”; e la violenza fisica contro la persona del Romano Pontefice (CIC 1370). Per quanto riguarda ciò che costituisce “violenza fisica” contro il Papa, monsignor Fisichella ha detto ai giornalisti durante l’incontro con la stampa di venerdì: “Direi che occorre capire bene ‘la violenza fisica,’ perché a volte le parole sono fin troppo come rocce e pietre, e quindi credo che un po’ di questi peccati, sono di gran lunga, fin troppo, più diffusi di quanto si possa pensare”. […] (fine citazione Aleteia)

La maggior parte delle parole non costituiscono reato

Non sono sicuro di cosa intendesse l’arcivescovo Rino Fisichella quando ha detto che “occorre capire bene ‘la violenza fisica’ [contro il papa] perché a volte le parole sono fin troppo rocce e pietre, e quindi credo che alcuni di questi peccati sono di gran lunga, fin troppo, più diffusi di quanto si possa pensare”,

Mons. Fisichella saluta papa Francesco.
Mons. Fisichella saluta papa Francesco.

Certamente, abbiamo bisogno di capire bene i termini di legge, ma, poiché il presule parlava nel contesto delle facoltà di assolvere dalla scomunica automatica, e in quanto vi è una scomunica automatica contro chi usi la violenza fisica contro il papa (1983 CIC 1370 § 1), intuisco che Fisichella potrebbe pensare che ‘il linguaggio duro’ contro il papa sia un reato canonico che rende passibili di scomunica. Se è così, si sbaglia. 
Oltre al Canone 17 che richiede che i canoni siano da intendersi secondo il corretto significato delle loro parole [considerato nel testo e nel contesto -ndT], al Canone 18 che richiede che le leggi ecclesiastiche che stabiliscono una pena vengano lette rigorosamente (vale a dire, per quanto ragionevolmente possibile), e al Canone 221 § 3 che protegge i fedeli contro pene canoniche non autorizzate dalla legge, l’intero sesto libro del codice 1983 è intriso di particolare enfasi (qualcuno potrebbe dire, in misura esagerata) sulla benignità nell’applicazione di sanzioni nella Chiesa.

Ora, il Canone 1370 condanna “vim Physicam” contro il Papa, non “verba aspera” o varianti di esse, e non conosco alcun commento canonico che nel contesto di specie includa le “parole”, in una qualche sorta di “violenza fisica”. In effetti, il CLSA Bew Commentary, l’Exegetical Commentary, l’Ancora Commentary, e l’Urbaniana Commentary – fine delle consultazioni – escludono espressamente la ‘violenza verbale’ dalla gamma di azioni sanzionate ai sensi del Canone 1370.

Certamente, il discorso di odio indirizzato contro qualcuno è oggettivamente peccaminoso e, se diretto contro un uomo di Dio, per non parlare di un Papa, è particolarmente riprovevole. A volte, il discorso potrebbe salire ad un livello di criminalità (si veda ad esempio, il Canone 1369 sugli insulti contro la Chiesa o il Canone 1373 sull’incitamento all’animosità contro la Sede Apostolica), ma le sanzioni in questi casi sono non automatiche e non si estendono alla scomunica. Di solito, l’odio verbale è solo un peccato (se posso metterla in questo modo), non è un reato.

I sacerdoti possono essere tranquilli, quindi, che se i penitenti confessano di aver pronunciato parole di odio contro il Santo Padre, essi possono assolvere tali peccatori nella normale amministrazione del sacramento e non hanno bisogno di invocare alcuna facoltà o poteri speciali per assolvere dal peccato o da un (inesistente) aspetto criminale.

Et poenae latae sententiae delendae sunt.

[Fonte] – [Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

 MA PASSIAMO A COSE PIU' SERIE....

ecco una bella riflessione di Blondet:

Non vi sembra strano?

la specie in via di estinzione siete voi
la specie in via di estinzione siete voi

Lo spettacolo osceno della basilica di San Pietro investita da pesci colorati, scimmie, giaguari e cannibali con l’osso al naso, finanziata dalla Banca Mondiale, doveva svegliarvi come un simbolo orrendo della vittoria dei poteri forti mondialisti. Ma sapete ancora agghiacciarvi, leggere i “segni” dietro lo spettacolo?

Là sulla facciata di San Pietro, è stata la messa in scena la vittoria della “natura” sulla “cultura” e sulla storia anzi, specificamente della civiltà italiana e cristiana, che si esprime nelle architetture più belle, lasciateci dai secoli di una civiltà cresciuta su se stessa – greca, romana, cristiana – come un tutto unico e armonioso.

La Banca Mondiale ci dice – attraverso El Papa – che questa, la cultura e la storia umana, e specificamente quella romana e cristiana, non conta nulla. Che deve sparire, come l’uomo stesso, per riportare la “natura” là dove regnava l’architettura. Molto presto – vi dice – faremo di San Pietro una rovina, e vi pascoleranno di nuovo gazzelle e giaguari – tutt’al più con qualche primitivo con l’osso al naso..Ma forse che questo suscita la necessaria rivolta nei nostri figli? Si riempiono già di tatuaggi e di piercing, si chiudono già in branchi tribali, la loro musica è fatta di percussioni ossessive e selvagge, si adunano in feste rave che sono ammucchiate selvagge con selvaggi accoppiamenti – insomma, sono già fuori dalla cultura, di cui peraltro non sanno più nulla; quanto alla storia non ha senso per loro che vivono appiattiti sull’istante presente. Insomma sono già selvaggi ed aspirano ad esserlo anche di più, quindi non si può far più capire cosa i poteri globali gli vogliono togliere; men che meno chiamarli a difesa di una bellezza-verità che non hanno i mezzi intellettuali per amare.

 

Mica esagero. La Scala c’è stata la prima con la rappresentazione della Giovanna d’Arco di Verdi. La regia è stata affidata ad un ebreo, Moshe Leiser. Ora, ecco come questo Moshe ha “letto” la storia della Pulzella: …«E’ la storia di una ragazza che vuole uscire dall’anonimato, che vuole una vita di gloria donandosi a Dio, e che di conseguenza non può avere una relazione normale con un uomo – in questo caso, Re Carlo: ciononostante, va a letto con lui e diviene peccatrice. Deve pentirsi, e perciò va sul rogo, morendo alla fine di consunzione. [..]”.

L'artista Lesher a sinistra
L’artista Lesher a sinistra

Ed ecco la finissima visione Lesher: “Penso che Giovanna è come tutte le jihadi, sacrificiale tutto, uccidere l’enemico, poi trovare il paradiso dopo la morte. Io penso che Giovanna, i jihadisti, o di tutti gli altri che non possono avere l’amore qui sulla terra, è una cosa molto mortifera”: insomma, l’alto senso è: chi è religioso, integralista, è perché non scopa. Fatelo scopare e guarirà:

Ma non è proprio ciò che pensa e dice la enorme massa dei nostri simili?  “Questa generazione”? 

Leggete qui se non credete:

http://video.corriere.it/moshe-leiser-giovanna-d-arco-donna-sacrificale-yihadista/303068b8-9903-11e5-85fc-901829b3a7ed

Ora, vi prego di credere, trent’anni fa nemmeno un ebreo ateo, per di più con velleità nel mondo dell’arte e quindi della cultura, avrebbe mai detto cose del genere. Si sarebbe vergognato di ridurre, con la sua psicanalisi da cesso pubblico, la storia della fanciulla medievale che salvò la Francia dall’invasione inglese, che finì sul rogo, che fu beatificata, simbolo ed eroina della Francia stessa, e farne una che “va’ a letto con re Carlo”. Ad un ebreo di trent’anni fa, la cosa sarebbe parsa idiota. Non era questione di religione, era quesione di avere o no un po’ di cultura generale.

Ma questo non ha più la cultura – intendo la cultura generale – per capire la storia e la sua serietà, e come i personaggi storici vadano giudicati e capiti all’interno della temperie della loro epoca. “Sente i diavoli che non le permettono di avere una vita felice, ma le ricordano l’educazione dal padre, educazione sbagliata, cattolica. L’oppressione della religione, è ciò che ha distrutto questa ragazza. Tutto è successo nella sua testa, tutto è una sua illusione”.

Beh, è proprio quello che pensa la massa: anzi persino Bergoglio, che detesta e stronca quei cattolici, come i Francescani dell’Immacolata, che credono al soprannaturale. Son tutte cose che succedono nelle loro teste… piuttosto difendete l’ambiente. No, non è possibile fare obiezioni, quando la gente è scesa a questo livello.

Sono ammutolito. Fortuna che un lettore mi rimbalza le previsioni che la Vergine di Civitavecchia (la statuetta che lacrimò sangue nel ’95) ha affidato alla famiglia Gregori, la proprietaria della statuetta: perché sì, l’intera famiglia ha ricevuto delle visioni di Maria, che non ha pubblicizzato fino ad oggi.

Il manto sta per chiudersi
Il manto sta per chiudersi

30.7.1995 : “Satana si sta impadronendo di tutta l’umanità, e ora sta cercando di distruggere la Chiesa di Dio tramite molti sacerdoti. Non permettetelo! Aiutate il Santo Padre”. (parlava di Giovanni Paolo II)

19.9.1995: “Vescovi, il vostro compito è di continuare la crescita della Chiesa di Dio… Tornate ad essere un solo cuore pieno di vera fede e di umiltà con il mio figlio Giovanni Paolo II, il dono più grande che il Mio Cuore Immacolato abbia ottenuto dal Cuore di Gesù”.

Nella stessa comunicazione: “Le tenebre di satana stanno oscurando ormai tutto il mondo e stanno oscurando anche la Chiesa di Dio. Preparatevi a vivere quanto io avevo svelato alle mie piccole figlie di Fatima” – Quel terzo segreto che la Chiesa d’oggi ha sottratto alla conoscenza, dandone una versione edulcorata.

Ancora: “La vostra nazione è in pericolo… Consacratevi tutti a me, al mio Cuore Immacolato, e io proteggerò la vostra nazione»

Ore 9.00 del 19.5.1995: “L’umanità sta per incombere in una tragedia molto brutta che si sta avvicinando. Non si sta accorgendo che sta per entrare in una guerra mondiale che può essere fermata”.

Terza guerra mondiale: nel 1995 chi l’avrebbe potuto immaginare? Ma ora vediamo sotto i nostri occhi quel che le generazioni delle guerre mondiali precedenti hanno visto: una volta che la mobilitazione bellica comincia, essa acquista una forza propria, fino a diventare incontrollabile dall’uomo. Figurarsi dagli uomini di “questa generazione”.

Messaggio del 4.9.1995: “Questo è il tempo della grande prova. Pregate, pregate, pregate! Verrà il tempo della vera pace, della gioia, dell’Amore, della fratellanza, della santità e della vittoria dell’Amore divino”. 19.9.1995 : “Dopo i dolorosi anni di tenebra di satana, ora sono imminenti gli anni del trionfo del mio Cuore Immacolato”.

Dunque è una vittoria che viene annunciata. E i mezzi   per ottenerla sono detti nel messaggio del 25.8.1995, alle ore 18.00: “Il mio volere è che vi consacriate al mio Cuore Immacolato per potervi condurre tutti a Gesù… Convertitevi, siate umili di cuore, caritatevoli, tornate ad essere il vero popolo di Dio…”. Anche nel messaggio del 26.8.1995, alle ore 18.30 si ripete: “Consacratevi al mio Cuore Immacolato”; e ancora: “Pregate e non stancatevi mai di pregare. Amatevi, perché l’amore in Cristo mio Figlio è la vostra chiave per entrare in quella porta piccola che conduce al Regno di Dio”».

Interessante è il messaggio del 30.7.1995: “Il mio mantello ora è aperto a tutti voi, tutto pieno di grazie, per mettevi tutti vicino al mio Cuore Immacolato. (Esso) si sta per chiudere, poi il mio Figlio Gesù sferrerà la sua giustizia divina”.

 

Cosa vuol dire? Non so, non ho le parole, specie non ho parole per convincere le masse impietrite nell’apostasia e nella stupidità pù ottusa. Citerò l’amico Marletta, che mi manda un messaggio a proposito del Giubileo: anche lui cita Faustina Kovalska, la suora che parlava con Gesù: Prima della fine spanderò la Mia misericordia. Chi non vorrà passare dalla Mia misericordia dovrà passare dalla Mia giustizia”. E conclude, Marletta: “”Approfittiamone. Buon anno della Misericordia”.

Sono colpito dalla coincidenza: il mantello di Maria che sta per chiudersi e l’invito a “profittare” del Giubileo. Di questo Giubileo? Indetto da questo Papa? Vale anche questo?

“Vale per chi lo fa con cuore sincero”: SMS di Marletta.

Vedo che anche un insospettabile di simpatie moderniste, Monsignor Bernard Fellay, superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X (i lefevriani) citato da Cristina Siccardi ha dichiarato che “le grazie dell’anno giubilare saranno preziose come sempre per coloro che profitteranno del Giubileo in spirito di penitenza e di riparazione per tutti i sacrilegi che vengono commessi quotidianamente e per la corruzione all’interno della Chiesa, non solo morale, ma dottrinale e, quindi, dei principi sui quali si fonda la Fede Rivelata e Universale, che ha per essenza ragione di esistere e di essere praticata”. (http://www.dici.org/actualites/lettre-aux-amis-et-bienfaiteurs-n85/ ).

Dunque sono quasi contento che questa generazione sia arrivata a questo punto, e la Chiesa si autodemolisca fino a consegnarsi al globalismo, il Papa avvolto nella mondanità spirituale di cui accusa i credenti, l’osceno spettacolo della “natura” che vince sulla cultura e il panteismo di Gaya che rimpiazza la Croce del Salvatore: è segno che l’alba è vicina. Il Papa ha in serbo altre sorprese: ha appena vietato la conversione degli ebrei, dunque la loro salvazione;

http://rorate-caeli.blogspot.it/2015/12/for-record-new-vatican-document-on.html?m=1

si appresta a dare le nozze ai preti, il controllo delle nascite,  la comunione ai divorziati, e cose del genere. Non importa, non si può nemmeno immaginare che questa Chiesa duri oltre il prossimo ventennio. Ma il prossimo ventennio non ci sarà, per noi. Il “dopo”, inimmaginabile, ed è inutile immaginarlo.

Se questo è Papa, e Dio scrive su righe storte, approfittiamo dell’anno della Misericordia col cuore pentito, mettiamoci sotto il manto di Maria; il resto, scimmie e il regista Moshe Lesher, i potenti di questo mondo e le masse che non sono più all’altezza della civiltà e vogliono scopare, tatuarsi e mettersi l’anello al naso…tutto questo sta per passare. Non perdiamo l’ultima occasione per appellarci alla Misericordia, perché poi comincia la Giustizia.









[Modificato da Caterina63 11/12/2015 16:41]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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11/12/2015 22:00
 
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La curia avrà quindici malattie, ma anche lui sta poco bene

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Focus

Si avvicina il giorno in cui papa Francesco porgerà gli auguri natalizi ai dirigenti della curia romana, con tanto di discorso.

E molti si chiedono che cosa dirà questa volta, dopo lo sfracello dell'anno passato, quando rovesciò addosso ai curiali la lista delle quindici vergognose "malattie" di cui li giudicava affetti:

> "Carissimi dipendenti della curia…"

Da allora, in Vaticano, il mormorio delle critiche a Jorge Mario Bergoglio è andato crescendo, sempre però al riparo dell'anonimato, essendo nota la reattività del papa contro chiunque lo critichi o lo irriti.

Ls più istruttiva antologia di questi brontolii di vescovi e cardinali di curia è stato, a fine aprile del 2015, il servizio del vaticanista svizzero Giuseppe Rusconi apparso in tedesco sul mensile di Berlino "Cicero" e in italiano sul suo blog "Rossoporpora":

> Così parlò la curia profonda al tempo di Francesco

Ma ora, di nuovo in Germania e questa volta sul settimanale "Focus", è uscita una ulteriore bordata, in forma di lettera aperta al papa, ad opera di un ex curiale di lungo corso, di nazionalità presumibilmente tedesca:

> "Sie distanzieren sich von der Weisheit"

L'autore è noto alla direzione di "Focus", ma nemmeno lui firma con il nome e il cognome, non solo per "il clima di paura" che dice regni oggi in Vaticano, ma anche per "proteggere dall'ira del papa" i suoi precedenti superiori in curia.

Quella che segue è la traduzione integrale della lettera apparsa su "Focus" del 29 novembre.

Mentre una traduzione inglese dello stesso testo è reperibile qui:

> Open Letter to Pope Francis From a Former Member of the Roman Curia

----------

Padre Santo,

nel suo discorso per il Natale del 2014 lei chiamò i suoi collaboratori di curia a fare anzitutto un esame di coscienza. Infatti l'Avvento è un’occasione per riflettere su ciò che Dio ci promette e aspetta da noi. Lei asserì che i suoi collaboratori nel Vaticano devono essere un esempio per tutta la Chiesa, e poi elencò una serie di "malattie" delle quali la curia soffrirebbe.

In quel momento avvertii questo giudizio come piuttosto duro e anche ingiusto, contro molti in Vaticano che io conosco personalmente, mentre lei sembrava parlare come uno che conosce il Vaticano solo da fuori o solo dall’alto. Tuttavia proprio quel suo discorso ha ispirato questa lettera che le scrivo. Seguendo il suo stesso esempio, tralascerò tutte le cose buone che lei fa e dice, ed elencherò soltanto quegli aspetti del suo esercizio del ministero papale che mi sembrano problematici.

1. Un atteggiamento emotivo e anti-intellettuale

L'alternativa a una Chiesa della dottrina è una Chiesa dell'arbitrio, non una Chiesa dell’amore. Tra molti dei suoi collaboratori e consiglieri c'è una reale mancanza di competenza in termini di dottrina e teologia; sono uomini che spesso hanno alle spalle una carriera nel governo ecclesiale o nell’amministrazione di una università, e troppo spesso preferiscono ragionare in termini pragmatici e politici. Lei, come sommo maestro della Chiesa, dovrebbe mostrare con più chiarezza il primato della fede, per lei stesso e per tutti i cattolici.  La fede senza la dottrina non è niente.

2. Autoritarismo

Lei sta prendendo le distanze dalla saggezza che è custodita nella disciplina ecclesiale, nel diritto canonico e anche nella prassi storica della curia. Assieme alla sua avversione per un insegnamento presunto teorico, questa inclinazione porta a un autoritarismo che neanche sant'Ignazio, il fondatore del suo ordine dei gesuiti, avrebbe approvato. Lei ascolta davvero gli avvertimenti di chi le fa notare ciò che lei, da solo, non ha immediatamente visto né capito? Che cosa accadrebbe se lei venisse a conoscere il mio nome? Agire in modo meno autoritario aiuterebbe a cambiare l'attuale clima di paura.

3. Populismo del cambiamento

Invocare il cambiamento è oggi di moda. Ma specialmente il successore di Pietro ha il dovere di ricordare a se stesso a agli altri delle cose che cambiano solo lentamente, e ancor più delle cose che non cambiano per niente. Lei crede veramente che il consenso che lei ottiene dai guru della politica e dei media sia un buon segno? Cristo non ha promesso a Pietro la popolarità nei media e il culto che va a una celebrità (Gv 21, 18). Molte delle sue affermazioni sollevano false aspettative e danno l'impressione dannosa che la dottrina e la disciplina della Chiesa potrebbero e dovrebbero essere adattate alle mutevoli opinioni della maggioranza. L'apostolo Paolo su questo la pensa diversamente (Rm 12, 2; Ef 4, 14).

4. Nessuna "umiltà" davanti all'eredità dei suoi predecessori

Il suo comportamento è percepito come una critica del modo in cui i suoi predecessori (spesso canonizzati) hanno vissuto, parlato e agito. Non riesco a vedere come questo si concilia con l'umiltà che lei ha così tante volte invocato e richiesto. Questa umiltà è sicuramente necessaria, soprattutto quando si tratta di continuare la tradizione che risale a Pietro. Il suo comportamento suggerisce implicitamente l'idea che lei voglia in qualche modo reinventare il ministero petrino. Invece di preservare fedelmente l'eredità dei suoi predecessori, lei vuole appropriarsene in un modo molto creativo. Ma non ha detto san Giovanni: "Lui, il Cristo, deve crescere e io invece diminuire" (Gv 3, 30)?

5. Pastoralismo

Di recente lei ha detto che ciò che più le piace dell'essere papa è quando può agire come un pastore. Naturalmente, né un papa né un qualsiasi altro pastore deve mettere minimamente in dubbio che la Chiesa segue la dottrina di Cristo in tutto quello che fa (pastorale, sacramenti, liturgia, catechesi, teologia, carità), perché in definitiva tutto dipende dalla fede rivelata così come ci arriva nelle Sante Scritture e nella sacra tradizione, ed è quindi vincolante per la coscienza dei fedeli. Non possiamo neanche vivere la fede e trasmetterla agli altri se non la conosciamo. Senza una buona teoria non possiamo agire bene nel lungo termine. Senza un insegnamento dottrinale, nel campo della cura pastorale ci imbatteremo soltanto in qualche successo emozionale e per lo più effimero.

6. Esibizione esagerata della semplicità del suo stile di vita

Certo, lei vuole dare l'esempio; ma le conviene occuparsi lei stesso di ogni minima attività quotidiana? Nel campo ascetico la mano sinistra non deve sapere che cosa fa la mano destra (Mt 6, 3); altrimenti l’insieme ​​sembra in qualche modo artefatto. Se lei vuole davvero guidare vetture ecologiche, bisogna pagare molto di più oppure far pagare da qualcun altro il prezzo delle tecnologie più costose: l’ecologia ha il suo prezzo.

7. Particolarismo

C'è un particolarismo che spesso subordina gli obiettivi della Chiesa universale ai punti di vista di soltanto una parte della Chiesa. Questo atteggiamento in un papa è quasi comico, se si pensa quanto il nostro mondo sia molto più interconnesso, più mobile e più ravvicinato che mai. Specialmente oggi, è un tesoro che la Chiesa cattolica sia sempre la stessa in tutto il mondo. Che i cattolici in tutti i paesi vivano, preghino e pensino in un modo simile e insieme l’uno con l’altro, corrisponde alla realtà globale della vita.

8. Una continua voglia di spontaneità

Una mancanza di professionalità non è un segno dell’opera dello Spirito Santo. Espressioni come "proliferare come conigli" o "chi sono io per giudicare?" possono fare impatto su tanta gente, ma portano a gravi fraintendimenti. Ogni volta, altri devono correre a spiegare che cosa lei voleva realmente dire. Agire fuori programma e fuori protocollo ha i suoi tempi e luoghi; ma non può diventare la norma. Si tratta anche di doveroso rispetto per i suoi collaboratori a Roma e in tutto il mondo. Per un papa la misura della spontaneità dev'essere di gran lunga inferiore a quella per i pastori.

9. Mancanza di chiarezza circa i rapporti tra libertà religiosa, politica ed economica

Molte delle sue dichiarazioni indicano che lo Stato dovrebbe sempre governare di più, controllare di più e farsi responsabile di più, in particolare in campo economico e sociale. In Europa siamo abituati a Stati molto forti. Ma che lo Stato possa occuparsi di tutto è confutato dalla storia. La Chiesa deve difendere organismi non governativi che possono provvedere dei beni che lo Stato non può fornire nello stesso modo. Contro la tendenza ad aspettarsi tutto da parte dello Stato, la Chiesa deve aiutare la gente a prendersi cura della propria vita. Anche lo Stato sociale può diventare troppo potente, e con ciò paternalistico, autoritario e illiberale.

10. Meta-clericalismo

Lei da un lato mostra poco interesse per il clero, ma dall’altro critica un clericalismo che è più immaginario che reale. Questa mancanza di interesse non può essere compensata da buone intenzioni o da dichiarazioni davanti a piccoli gruppi.

I vescovi e i sacerdoti hanno bisogno di sapere che c'è il papa alle loro spalle quando difendono il Vangelo, "a tempo e fuori di tempo”, anche se ciò lo fanno in un modo che personalmente non piace al papa. Non è bene che alcune persone pensino che il papa veda molte cose in un modo diverso da quello del Catechismo, e che altri lo imitino al fine di far carriera sotto questo pontificato.

Come papa, lei compie un servizio necessario per la continuità e la tradizione della Chiesa e anche dei cristiani non cattolici sono della stessa opinione. Sarebbe meglio che lei riducesse le sue innovazioni e provocazioni; abbiamo già molte persone che lo fanno. Il suo magistero, in quanto tale, è già di per sé parola definitiva di provocazione e innovazione, e dopo tutto lei è il rappresentante di Cristo e il maestro supremo della nostra fede soprannaturale.

"Grazia, misericordia e pace" vengono "da Dio Padre e da Gesù Cristo, il Figlio del Padre, nella verità e nell'amore" (2 Gv 1, 3); e vengono solo in blocco. Mentre in questo anno di misericordia anche lei si prepara al Natale, per favore accolga questa occasione come un incoraggiamento a scoprire che cosa lei ha trascurato negli ultimi tempi.

Si faccia aiutare dai suoi collaboratori, che impareranno da lei soltanto se lei è disposto a imparare qualcosa da loro. Come me, tanti altri si trovano in difficoltà con il modo in cui lei a volte parla e agisce. Ma questo si può aggiustare, se diventa chiaro che lei ascolta ciò che altri hanno da dirle.

Purtroppo, io so che lei non tollera bene questo tipo di critica e per questo motivo non scrivo il mio nome in fondo a questa lettera. Voglio proteggere i miei superiori dalla sua ira, sopratutto i sacerdoti e vescovi con i quali ho lavorato per molti anni a Roma a dai quali ho tanto imparato. Ma lei può agire in modo da spazzare via da me a da altri i nostri timori, o meglio ancora, può rendere superflue lettere come questa, semplicemente con l'imparare qualcosa dagli altri.

In questo spirito, le auguro un benedetto e meditativo tempo di Avvento!





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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  ATTENZIONE: NON CONDIVIDIAMO, DELL'ARTICOLO CHE SEGUE, LA RICHIESTA DELLE DIMISSIONI.....
TUTTO IL RESTO POSSIAMO DISCUTERLO, MA AL PAPA NON SI CHIEDONO LE DIMISSIONI....

05 posta a me 1


PETITION IN ITALIAN: The Remnant implora Papa Francesco di cambiare rotta oppure di rinunciare all'ufficio Petrino

 
 
PETITION IN ITALIAN: The Remnant implora Papa Francesco di cambiare rotta oppure di rinunciare all&#039;ufficio Petrino
 
8 dicembre 2015
Festa dell'Immacolata Concezione


Santo Padre,

Papa Celestino V (r. 1294), riconoscendo la sua incapacità di ricoprire l'ufficio al quale era stato così inaspettatamente chiamato quand'era ancora l'eremita Pietro di Morrone, e comprendendo i gravi danni che le sue scarse capacità di governo avevano causato alla chiesa, decise di dimettersi dal suo incarico dopo soli cinque mesi di pontificato. Egli venne canonizzato da Papa Clemente V nel 1313. Successivamente, Bonifacio VIII tolse qualsiasi dubbio in merito alla validità di un atto pontificio così straordinario,confermando per sempre (ad perpetuam rei memoriam) che “il Pontefice Romano può liberamente rinunciare al pontificato”.

Un numero crescente di Cattolici, tra i quali anche diversi cardinali e vescovi, cominciano a riconoscere che il suo pontificato, anch'esso il risultato di un'elezione inaspettata, è parimenti causa di grave danno per la Chiesa Cattolica. È diventato ormai impossibile negare il fatto che Lei, Santità, non è in possesso delle capacità o della volontà di compiere ciò che è invece dovere di ogni Papa - secondo le parole del suo stesso predecessore: “Egli deve… vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo.”

Purtroppo, come dimostra il libello allegato a questa nostra Petizione, Lei ha dimostrato più di una volta un'aperta ed allarmante ostilità nei confronti degli insegnamenti, della disciplina e delle consuetudini tradizionali della Chiesa Cattolica, così come dei fedeli che cercano di difenderli, preoccupandosi invece di questioni sociali e politiche che esulano e trascendono dalle competenze di un Pontefice di Santa Romana Chiesa. Di conseguenza, i nemici della Chiesa si deliziano del suo pontificato, esaltandolo più di quanto abbiano fatto con tutti i suoi predecessori. Si tratta di una situazione insostenibile che non ha eguali nella storia della Chiesa.

L'anno scorso, parlando delle dimissioni di Papa Benedetto, Lei ha dichiarato “farei lo stesso”, qualora un giorno non si sentisse più in grado di esercitare il suo ministero. Nel primo anniversario delle dimissioni di Benedetto, lei ha invitato i fedeli“a pregare insieme con me per Sua Santità Benedetto XVI, un uomo di grande coraggio e umiltà.”

È con non poca trepidazione e con rispetto filiale, consci di agire sotto lo sguardo di Dio Onnipotente che ci giudicherà tutti nel Giorno del Giudizio, che imploriamo rispettosamente Sua Santità di cambiare rotta per il bene della Chiesa e la salvezza delle anime. Altrimenti, non sarebbe forse meglio per Lei rinunciare all'ufficio Petrino, piuttosto che presiedere su quello che minaccia di diventare un compromesso catastrofico per l'integrità stessa della Chiesa Cattolica?

A questo riguardo non possiamo non far nostre le parole di Santa Caterina da Siena, Dottore della Chiesa, nella sua famosa lettera a Papa Gregorio XI, nella quale lo implorò di far uscire la Chiesa da una delle sue crisi più grandi: “Poichè esso v'ha data l'autorità, e voi l'avete presa; dovete usare la virtù e potenzia vostra: e non volendola usare, meglio sarebbe a refutare quello che è preso: più onore di Dio, e salute dell'anima vostra sarebbe…”

Maria, Aiuto dei Cristiani, prega per noi!

I vostri sudditi in Cristo,
Christopher A. Ferrara
Michael J. Matt
Dr. John Rao
Professor Brian McCall
Judge Andrew P. Napolitano
Elizabeth Yore

Timothy Cullen
Chris Jackson
Michael Lofton
Father Celatus
Connie Bagnoli
Susan Claire Potts
Robert Siscoe

Libellus

Nel giorno del suo insediamento sulla Cattedra di Pietro, il suo predecessore Benedetto XVI aveva ricordato a tutti i fedeli Cattolici che “Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola.” Per questo motivo, proseguiva Benedetto, un Papa “non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo.

Fino ad oggi, Santo Padre, i suoi comportamenti e le sue parole ci costringono a dichiarare pubblicamente il suo fallimento nel rispettare la natura dell'ufficio Petrino, che lei ha abusato in modo del tutto senza precedenti nella storia della Chiesa. Ci troviamo pertanto costretti ad esporre a Sua Santità le più serie preoccupazioni che allarmano così tanti fedeli, appartenenti ad ogni rango e posizione nella Chiesa, e che costituiscono le motivazioni di questa nostra supplica:

Primo, invece del costante insegnamento della Chiesa sulla parola di Dio, Lei ha continuamente proclamato le proprie idee durante molteplici omelie, conferenze stampa, dichiarazioni improvvisate, interviste a giornalisti, discorsi di varia specie e letture idiosincratiche della Scrittura. Queste idee, che spaziano dall'essere inquietanti fino alla palese eterodossia, sono perfettamente rappresentate da quel che è un po' il suo manifesto personale, l'Evangelii Gaudium, un documento contenente una serie di pronunciamenti incredibili e che mai prima d'ora un Pontefice Romano aveva osato affermare. Tra questi, annoveriamo il suo “sogno… di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l'evangelizzazione del mondo attuale,più che per l'autopreservazione. È inconcepibile che un Pontefice Romano possa anche solo ipotizzare un'inesistente contrapposizione tra l'autopreservazione della Santa Chiesa Cattolica e la sua missione nel mondo!

Secondo, invece di vincolare se stesso e la Chiesa all'obbedienza verso la parola di Dio, Lei ha ripetutamente deprecato tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche, assieme ai fedeli che le difendono. Anche qui, la Evangelii Gaudium riassume perfettamente il suo pensiero: “Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc6,37).”

Una mente Cattolica fatica a non rimanere esterrefatta dinanzi ad un Pontefice di Santa Romana Chiesa che irride la costituzione, le dottrine e le consuetudini stesse della Chiesa Cattolica, definendole mere “strutture”, “regole” e “abitudini” che priverebbero i fedeli del proprio cibo spirituale, lasciandoli morire al di fuori delle porte della Chiesa. Lei ha osato affermare tutto ciò in merito a quella stessa Chiesa che ha costruito e trasformato intere civiltà, che ha allevato e nutrito innumerevoli santi, ordini religiosi, vocazioni sacerdotali e religiose, istituti di carità per la salvezza delle anime, oltre ad un numero incomparabile di opere di misericordia corporale.

Allo stesso tempo, Lei ha spesso deriso quei fedeli che difendono le tradizioni della Chiesa, tanto da spingere un osservatore a stilare un “Piccolo Libro degli insulti“ da Lei rivolti ad alcuni suoi sottoposti - un comportamento del tutto senza precedenti per un Papa. Tra gli epiteti da lei lanciati con un abbandono quasi sconsiderato contro diversi cattolici osservanti, vi sono termini come: “fondamentalisti”, “Farisei”, “Pelagiani”, “trionfalisti”, “Gnostici”, “nostalgici”, “Cristiani superficiali”, “banda degli scelti”, “pavoni”, “moralisti pedanti”, “uniformisti”, “orgogliosi, autosufficienti”, “intellettuali aristocratici”, “cristiani pipistrelli che preferiscono le ombre alla luce della presenza del Signore,” e così via.

Eppure, dalle sue labbra, Santo Padre, non è uscita nemmeno una parola di biasimo o di attacco contro tutti i nemici delle dottrine della Fede, né per i deviati sessuali che infestano la gerarchia ecclesiastica di oggi. Al contrario, lei ha dichiarato “chi sono io per giudicare?” in merito agli “omosessuali” nel clero, in particolare quel famigerato prelato da lei stesso nominato direttore della Domus Sanctae Marthae e che dimostra di avere una disgustosa familiarità con la sua persona. Lei ha concesso udienze, largamente pubblicizzate, a deviati sessuali, inclusi transessuali ed omosessuali, organizzando tali incontri personalmente, via telefono. Lei ha riabilitato, e persino ricompensato con nomine prestigiose, alcuni teologi della liberazione,precedentemente sospesi e scomunicati da due dei suoi immediati predecessori, diversipromotori dell'omosessualità oltre che prelati che hanno insabbiatocrimini sessuali compiuti da sacerdoti omosessuali.

L'Evangelii Gaudium riassume perfettamente tutto il disprezzo - che non ha precedenti negli annali del papato - da lei dimostrato nei confronti dei difensori della rettitudine dottrinale e liturgica. Di costoro Lei ridicolizza “una cura ostentata della liturgia, della dottrina e del prestigio della Chiesa”, affrettandosi poi ad accusare i cattolici tradizionalisti del fatto che “non li preoccupi il reale inserimento del Vangelo nel Popolo di Dio e nei bisogni concreti della storia, “fornendo di loro un'ingiusta e crudele caricatura di persone che vorrebbero ridurre la Chiesa “ad un museo o un possesso di pochi.”

Uno degli episodi che più rivelano il suo sprezzante modo di pensare riguardo a questo argomento, è stata l'umiliazione di un chierichetto, andata in onda in tutto il mondo e resa ormai disponibile per sempre da internet. A quel ragazzo che si trovava in atteggiamento deferente, con le mani giunte in atteggiamento orante, davanti all'entrata delle Grotte Vaticane, Lei gliele ha aperte, prendendolo in giro e chiedendogli “ti si sono incollate le mani? Ah, pensavo che fossero incollate!”. Quel bambino ha avuto il merito di giungere nuovamente le mani, subito dopo, tornando ad una condotta appropriata per l'occasione in cui si trovava, ed in linea con una sana formazione spirituale cattolica. Tuttavia, ci chiediamo quali effetti potrà avere quell'umiliazione pubblica, ormai disponibile per sempre su internet, sulla vita spirituale di un giovane impressionabile.

In quello che è forse il suo insulto più grave nei confronti dei fedeli, la Evangelii Gaudium denuncia i cattolici tradizionalisti in quanto afflitti da quello che secondo lei sarebbe un “neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico.” Presumendo di conoscere la loro disposizione interiore, Lei afferma che questi cattolici “si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato.”— come se la nostra santa religione fosse fatta di “stili” che possono passare di moda come un vestito o un cappello. Lei è arrivato persino ad irridere “una presunta sicurezza dottrinale o disciplinare che dà luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri…”

Per amore della verità e della giustizia, Santo Padre, non possiamo non farLe notare che Lei stesso sembra aver passato molto del suo tempo ad analizzare, classificare ed in effetti giudicare gli altri - con crescente smarrimento ed imbarazzo da parte dei suoi sottoposti, che mai prima d'ora avevano veduto un simile comportamento da parte di un Pontefice Romano. Purtroppo, questo suo comportamento non sembra attenuarsi. Di recente, durante un convegno sulla formazione sacerdotale, lei ha affermato - scatenando le risate del pubblico - di avere “paura dei preti rigidi… meglio tenerli lontano, ti mordono!”. Che scopo può avere una simile retorica se non quello di umiliare e marginalizzare tutti quei sacerdoti che ancora hanno il coraggio di difendere gli insegnamenti impopolari della Chiesa, senza scendere a compromessi con un mondo che ha dichiarato guerra a Dio e alla Sua legge? Non è certo un caso se i mass media stanno celebrando il Suo pontificato!

Ma più che a parole, Santo Padre, Lei ha orchestrato una persecuzione ben precisa contro tutti quegli ordini religiosi che stanno cercando di difendere e restaurare l'ortodossia, la sobria pietà, la vita interiore e la tradizione liturgica, in mezzo a quelle che il suo predecessore aveva descritto come “calamità” e “miserie” che la Chiesa ha dovuto subire in nome del Vaticano II, compresi “seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata…”. Su suo ordine specifico, il prospero ordine dei Frati Francescani dell'Immacolata è stato letteralmente distrutto sulla base di ciò che il suo commissario apostolico (in seguito morto d'infarto) aveva definito “una deriva decisamente tradizionalista“. Anche l'ordine affiliato delle Sorelle dell'Immacolata è stato posto sotto un commissario apostolico a causa di certe “deviazioni“ consistenti in una presunta formazione “pre-conciliare” - ovvero l'adesione alla liturgia e alla vita conventuale tradizionale - come se tutto ciò fosse 'contagioso' e andasse rimosso dalla Chiesa come una sorta di virus! Questi sono i comportamenti di un dittatore spinto da un'ideologia ben precisa, e non quelle di un Padre che deve proteggere il sacro patrimonio della Chiesa.

Vogliamo ricordare inoltre che, dopo lunghi anni di indagini e un processo disciplinare iniziato sotto il pontificato di Benedetto XVI, sotto la sua supervisione la Conferenza delle Superiore Religiose degli Stati uniti è stata blandamente ripresa e non le è stato inflitta alcuna sanzione disciplinare, malgrado il suo costante sostegno all'aborto, all'eutanasia e al matrimonio “omosessuale”, per non parlare della promozione di ciò che il Cardinale Müller, Prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede, ha descritto come “errori fondamentali sull’onnipotenza di Dio, l’incarnazione di Cristo, la realtà del Peccato originale, la necessità della salvezza e la natura definitiva dell’azione salvifica di Cristo nel Mistero Pasquale.”

Terzo, continuando nella sua sistematica denigrazione della dottrina e della disciplina tradizionali della Chiesa, oltre che di coloro che la difendono, Lei ha presieduto e controllato un “Sinodo sulla Famiglia” che si è ben presto rivelato essere un chiaro tentativo di annacquare e adattare l'infallibile insegnamento della Chiesa in tema di matrimonio, procreazione e sessualità, al fine di accomodare lo spirito ribelle della nostra epoca e l'immoralità che quest'ultimo ha ingenerato in tutta la nostra civiltà post-Cristiana.

In nome della “misericordia”, i vari prelati progressisti che dominano il suo circolo di consiglieri - tra i quali annoveriamo il famigerato Cardinale Kasper, le cui opinioni e tesi Lei è andato promuovendo sin dall'inizio del Suo pontificato - proclamano adesso una falsa distinzione tra dottrina e pratica pastorale, in realtà intrinsecamente collegata alla prima, come se la Chiesa potesse a tutti gli effetti proibire un comportamento immorale in linea di principio, accettandolo però nella pratica. Come ha dichiarato un importante cardinale, “è una forma di eresia, una pericolosa patologia schizofrenica.” Malgrado ciò, esso è diventato uno dei temi principali del Suo pontificato, mentre Lei continua ad invocare la “misericordia” contro ogni legge morale della Chiesa, da Lei stesso sminuita avendola definita di volta in volta “regolette“, “barriere“, “porte chiuse“ e “cavilli“.

I progressisti da lei personalmente nominati alla Segreteria e alla Commissione del Sinodo sulla Famiglia, insieme agli altri 45 progressisti da lei aggiunti ai membri votanti di quel consesso (tra i quali anche il Cardinale Kasper), hanno unito le loro forze per attaccare l'indissolubilità del matrimonio, invocando l'ammissione “caso per caso” dei divorziati e risposati all'Eucaristia. Questo significherebbe il rovesciamento di una disciplina sacramentale lunga 2000 anni e radicata nelle parole di Nostro Signore: “Chiunque ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio …” (Luca 16,18). Questa disciplina era stata ribadita da Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, malgrado la forte opposizione di chi voleva modificare tale insegnamento della Chiesa (primo tra tutti proprio il Cardinale Kasper). Tuttavia, è apparso subito evidente che il suo desiderio, Santità, è quello di abbandonare tale disciplina, così come ha fatto quand'era ancora Arcivescovo di Buenos Aires oppure quando, una volta diventato Papa, ha telefonato personalmente ad una donna argentina, sposata civilmente con un uomo divorziato, per dirle che poteva ricevere l'Eucaristia a prescindere da ciò che il “suo rigido parroco” poteva aver detto in contrario.

Durante la prima sessione del Sinodo, nel 2014, prima ancora che venisse letta dai Padri Sinodali Lei ha personalmente approvato - per poi farla pubblicare - la cosiddetta “relatio post disceptationem“ che non era stata approvata da nessuno dei Padri del Sinodo e che a tutti gli effetti era stata scritta in anticipo, e quindi nonrappresentava nemmeno lontanamente il loro consenso. Questo scandaloso documento chiedeva l'abbandono della disciplina tradizionale della Chiesa in merito ai divorziati e risposati a favore di un approccio “caso per caso”, ed una “valutazione” dell'“orientamento” omosessuale. Un coraggioso prelato ha definito quel documento “una macchia nera che ha macchiato l'onore della Sede Apostolica.” Tuttavia, malgrado la maggioranza del Sinodo avesse giustamente bocciato tale provvedimento, Lei ha denunciato “i cosiddetti… tradizionalisti” per il loro “voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese…” Infine, Lei ha ordinato che quello stesso documento venisse distribuito a tutti i vescovi del mondo, assieme ai tre paragrafi della relatio finale che non avevano ricevuto la maggioranza dei voti ma che Lei ha fatto includere lo stesso, dopo aver “strappato il libro delle regole“ di un Sinodo che è stato “manipolato“ sin dall'inizio per raggiungere un obiettivo predeterminato ma che - grazie a Dio - non ha avuto il risultato sperato.

Durante la seconda sessione del Sinodo, nel 2015, Lei ha imposto che tutte le delibere si basassero sull'Instrumentum Laboris, un documento così eterodosso da essere stato denunciato da una coalizione internazionale di sacerdoti e laici in quanto “vera e propria minaccia nei confronti dell'intera struttura dell'insegnamento Cattolico sul matrimonio, la famiglia e la sessualità umana…”. Quando anche quel documento è stato giustamente respinto dalla maggioranza del Sinodo e rimpiazzato all'ultimo minuto da un documento di compromesso - che creacomunque un'apertura per il rovesciamento della disciplina sacramentale della chiesa— Lei si è affrettato adenunciare “i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare... i casi difficili.” In altre parole, Lei stesso ha condannato quei Padri Sinodali che hanno difeso la costante disciplina sacramentale della Chiesa!

Nella sua evidente determinazione nel far sì che la Chiesa accolga i fedeli divorziati che si risposano civilmente (persone che lei definisce inesplicabilmente “i poveri“), poco prima del Sinodo 2015 Lei ha concepito in gran segreto, e senza consultarsi con nessun dicastero competente in Vaticano, un improvviso e drastico “snellimento” del processi canonici di annullamento. Un canonista di fama internazionale, analizzando l'allarme che una tale, improvvida “riforma” stava causando in tutto il mondo, l'ha descritta come “un modo per introdurre una specie di divorzio cattolico senza colpa …” Anche Lei, Santo Padre, ha riconosciuto spontaneamenteche: “Non mi è sfuggito quanto un giudizio abbreviato possa mettere a rischio il principio dell’indissolubilità del matrimonio …”.

Quarto, in linea con la sua sbalorditiva tesi - prontamente ripresa e celebrata dai mass media - secondo cui la Chiesa sarebbe “ossessionata“ da questioni legate ad “aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi,” persua stessa ammissione Lei non ha “parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato”. Eppure, queste gravi malvagità minacciano la sopravvivenza stessa della nostra civiltà, in mezzo a quella che Giovanni Paolo II aveva definito “una cultura della morte” e “un'apostasia silenziosa”. Mentre si è occupato fin troppo di questioni politiche, Lei è rimasto del tutto inerme e silente quando l'Irlanda, un tempo Cattolica, ha legalizzato “il matrimonio omosessuale” con un referendum, o quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha imposto un tale abominio su tutti i cinquanta stati dell'unione.

D'altra parte, mentre il mondo occidentale continua la sua discesa in un abisso di depravazione e mentre i fanatici islamici continuano a massacrare cristiani in Medio Oriente, in Africa e nel cuore stesso dell'Europa, Lei si è preoccupato dei “cambiamenti climatici”. La sua enciclica Laudato Si', l'unica da Lei prodotta fino ad oggi, teorizza l'esistenza di una “crisi ecologica” e adotta in modo acritico le tesi della cosiddetta “scienza dei cambiamenti climatici” (in realtà motivata ideologicamente e fortemente contestata) sulla quale tuttavia un Papa non ha alcuna competenza, tanto meno nel momento in cui egli ne presenta le teorie come se fossero “fatti incontestabili”.

Quell'enciclica parla di “riscaldamento globale”, di uso eccessivo dell'aria condizionata, della perdita delle paludi di mangrovia, della presunta minaccia nei confronti dei plankton e dei vermi, dell'estinzione di varie piante e animali - come se fossero un offesa a Dio - e tutto ciò prima ancora di arrivare a parlare di aborto (evitando comunque di parlare della pratica della contraccezione, questa sì del tutto contraria alla natura!). Ma anche in merito all'aborto, la Laudato Si ne parla solo per quanto riguarda il non riconoscere l'importanza “di un embrione umano”, quando in realtà si tratta di un vero e proprio omicidio di esseri umani innocenti, ormai praticato in massa e con metodi terribili, dal momento che la morte del feto avviene risucchiando il corpicino dal ventre della propria madre, arto dopo arto, oppure per mezzo di forbici chirurgiche al momento stesso del parto.

Non desta sorprese, quindi, il fatto che i potenti del mondo abbiano universalmente acclamato la Laudato si’ in quanto parte della “Rivoluzione di Francesco“ che i media, compresa la stampa “cattolico-progressista”, ha elogiato durante tutto il Suo pontificato.

Quinto, Lei ha costantemente sminuito qualsiasi differenza dottrinale coi Protestanti in quanto insignificante e ha ripetutamente dichiarato, in modo alquanto surrettizio, che “ tutti i battezzati sono membri del medesimo Corpo di Cristo, la Sua Chiesa.” Anche in questo caso, Lei ignora o fa finta d'ignorare gli insegnamenti di Giovanni Paolo II,Benedetto XVI, e di ogni Papa prima di loro, incluso Pio XI, il quale insegnò esattamente l'opposto in merito alla condizione dei Protestanti: “Essendo il corpo mistico di Cristo, cioè la Chiesa uno, ben connesso; e solidamente collegato, come il suo corpo fisico, sarebbe grande stoltezza dire che il corpo mistico possa essere il risultato di componenti disgiunti e separati. Chiunque perciò non è con esso unito, non è suo membro né comunica con il capo che è Cristo.”

A questo riguardo, Lei sembra ignaro dell'immoralità e delle eresie sempre più gravi all'interno di quelle stesse sette Protestanti che si impegnano da decenni in un inutile ed infinito “dialogo ecumenico” col Vaticano. Dopo 50 anni di “dialogo” queste sette sono arrivate ad ammettere il divorzio, la contraccezione, l'aborto, l'omosessualità e “i matrimoni omosessuali”, rivendicando cose come il sacerdozio femminile e la nomina di “sacerdoti” e “vescovi” omosessuali. Infine, esse continuano ostinatamente a rifiutare gran parte dei dogmi fondamentali dell'unica vera religione rivelata da Cristo per la salvezza dell'umanità.

Che ne è stato della “verità che ci renderà liberi” (Gv 8,32)? Che fine hanno fatto le testimonianze degli innumerevoli santi e martiri che hanno passato tutta la loro vita, spesso sacrificandola in nome di Cristo, per tramandare la Fede Cattolica e difenderla dai tanti errori e dalla crisi sociale causati dalla rivolta Protestante, le cui conseguenze finali si stanno avverando oggi stesso sotto i suoi occhi?

Sesto, negli ultimi giorni, le sue dichiarazioni in pubblico sembrano essere diventate ancor più superficiali e caotiche, il che desta ancor più scandalo e preoccupazione tra i fedeli:

Il 15 novembre, durante la sua partecipazione ad una funzione domenicale Luterana, Lei ha affermato che gli insegnamenti Cattolici e Luterani in merito a Cristo sono “gli stessi”, e che qualsiasi differenza sarebbe meramente dovuta all'uso di un “linguaggio Cattolico” contrapposto ad un “linguaggio Luterano”. Lei ha descritto il dogma della transustanziazione e la sua realtà ontologica come mere “spiegazioni e interpretazioni”, dichiarando che “la vita è più grande delle spiegazioni e delle interpretazioni” - come se “la vita” fosse “più grande” della Presenza Reale di Dio Incarnato nella Santa Eucaristia, che viene negata dai Protestanti.

In quella stessa occasione, Lei ha suggerito che spetterebbe ai teologi determinare se i Protestanti possano o meno ricevere l'Eucaristia, quando invece la Chiesa ha già infallibilmente insegnato che ciò è impossibile, se non avviene prima la conversione e la professione della stessa fede dei Cattolici. Affermare che la questione va “oltre la mia competenza” - ma non è proprio una delle competenza del Papa quella di difendere e tramandare l'insegnamento della Chiesa a questo riguardo? - Lei ha suggerito che un Luterano che si sposi con Cattolico potrebbe ricevere l'Eucaristia “dopo aver parlato al Signore”, ma che su questo punto “non oso dire di più”. Purtroppo però ha già detto abbastanza quando ha collegato una questione così importante per la salvezza dell'anima alla coscienza privata dell'individuo, che è propensa all'errore: “Perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna (1 Cor 11,29)”.

Il 21 novembre, durante un udienza ai partecipanti al Congresso mondiale sull'educazione cattolica, Lei ha detto: “Mai fate proselitismo nelle scuole. Educare cristianamente è portare avanti i giovani nei valori umani in tutta la realtà e una di queste è la trascendenza”. Ma non è così, perché l'educazione Cattolica è soprattutto l'inculcazione dei valori divininelle giovani menti, ovvero il Vangelo e tutto ciò che esso richiede ai fedeli Cattolici e a tutto il mondo, non certo meri valori umani o una vaga “trascendenza” priva del suo contenuto oggettivo, cioè Dio che si è rivelato nella persona di Nostro Signore Gesù Cristo, il Verbo Incarnato.

Durante il suo viaggio in Africa, tra il 25 ed il 30 novembre, Lei ha affermato che il mondo “è al limite del suicidio“ a causa dei “cambiamenti climatici.” Tuttavia, come accaduto durante tutto il suo pontificato, non ha menzionato minimamente la vera minaccia suicida della nostra civiltà, così egregiamente delineata dal suo grande predecessore, il Venerabile Papa Pio XII: “oggi quasi tutta l'umanità va rapidamente dividendosi in due schiere opposte, con Cristo o contro Cristo. Il genere umano al presente attraversa una formidabile crisi che si risolverà in salvezza con Cristo o in funestissime rovine”. Rivolgendo costantemente le attenzioni della Chiesa ad una “crisi ecologica” secolare, Lei sta facendo perdere di vista ai fedeli la crisi Cristologica della nostra epoca, che mette a rischio la salvezza eterna di innumerevoli anime.

Durante la sua conferenza stampa organizzata nel volo che la riportava a Roma, dopo il suo viaggio in Africa, Lei ha denunciato ancora una volta i Cattolici “fondamentalisti”, prendendosi gioco delle convinzioni religiose assolute dei membri ortodossi del suo gregge, che si basano sulla parola rivelata di Dio e sugli infallibili insegnamenti del Magistero in materia di fede e morale:

Fondamentalismo è una malattia che c'è in tutte le religioni… noi Cattolici ne abbiamo alcuni - e non alcuni, tanti eh? - Che si credono con la verità assoluta e vanno avanti sporcando gli altri, con la calunnia, con la diffamazione, che fanno male, fanno male… il fondamentalismo religioso non è religioso, perché manca Dio… è idolatrico, come idolatrico il denaro.

Dopo aver quindi denunciato “tanti” membri del suo stesso gregge come “idolatri”, Lei suggerisce un'equivalenza morale tra i Cristiani ed i fanatici islamici che stanno massacrando, torturando, stuprando, esiliando e schiavizzando così tanti Cristiani in tutto il mondo: “Non si può cancellare una religione perché ci sono alcuni gruppi – o molti gruppi – in un certo momento della storia, di fondamentalisti… a quante guerre, non solo di religione, abbiamo fatto noi cristiani? Il sacco di Roma non l’hanno fatto i musulmani!”

Ancora una volta, le sue sconsiderate parole non sono degne di un Pontefice Romano e mettono in serio imbarazzo la Chiesa e Lei stesso. Anche solo da un punto di vista storico, le sue dichiarazioni sono infatti errate e vanno corrette:

Innanzitutto, i Musulmani saccheggiarono davvero Roma nell'846, razziando San Pietro e spingendo Papa Leone IV a costruire le “Mura Leonine” proprio per “difendere la Sede di Pietro dal jihad musulmano.”

In secondo luogo, Santità, se le sue parole si riferivano al sacco di Roma del 1527 da parte dell'esercito dell'Imperatore Carlo V, quell'episodio non ebbe nulla a che vedere con il “fondamentalismo” religioso ma semmai con questioni politiche che portarono l'imperatore a punire Clemente VII, un papa debole e vacillante che si era improvvidamente alleato con Francesco I, re di Francia, all'epoca in guerra proprio contro Carlo V. Anzi, a dirla tutta, l'esercito dell'Imperatore era composto prevalentemente da Lanzichenecchi, cioè da mercenari tedeschi quasi tutti Luterani, e furono loro i responsabili delle profanazioni e delle razzie nella Città Eterna, oltre che di episodi di inaudita violenza contro i cattolici che vi risiedevano.

In terzo luogo, in quello stesso periodo, molti pirati musulmani - che possiamo tranquillamente definire “fondamentalisti” violenti - stavano contribuendo all'espansione dell'Impero Ottomano per mezzo della conquista di molti territori Cristiani, fino a quando la decisiva e miracolosa sconfitta della flotta Mussulmana, durante la Battaglia di Lepanto del 1571, impedì la conquista islamica di tutta Europa e probabilmente un altro sacco di Roma.

Dando ancora più scandalo, in risposta ad una domanda sul fatto che la Chiesa debba o meno “cambiare la sua posizione” in merito all'immoralità della contraccezione e permettere quindi l'uso dei preservativi per limitare nuove epidemie di virus HIV, Lei ha parlato di questa pratica immorale come di “uno dei metodi”, dando quindi l'impressione di legittimarlo e suggerendo al tempo stesso che esso rappresenta un dilemma morale per la Chiesa, paragonandolo persino alla guarigione di Nostro Signore nel giorno del Sabbath:

La domanda mi sembra troppo piccola e mi sembra anche una domanda parziale. Sì, è uno dei metodi; la morale della Chiesa si trova – penso – su questo punto davanti a una perplessità: è il quinto o è il sesto comandamento? Difendere la vita [con i preservativi!], o che il rapporto sessuale sia aperto alla vita? Ma questo non è il problema. Il problema è più grande.

Questa domanda mi fa pensare a quella che hanno fatto a Gesù, una volta: “Dimmi, Maestro, è lecito guarire di sabato?”. E’ obbligatorio guarire!…. Ma la malnutrizione, lo sfruttamento delle persone, il lavoro schiavo, la mancanza di acqua potabile: questi sono i problemi. Non chiediamoci se si può usare tale cerotto o tale altro per una piccola ferita. La grande ferita è l’ingiustizia sociale, l’ingiustizia dell’ambiente….

Quindi, Lei sembra accettare il fatto che vi sia spazio per considerare questo “metodo”, anche se lo vede come un rimedio alquanto triviale (un cerotto!), malgrado esso faciliti la fornicazione ed il diffondersi di una cultura di totale depravazione sessuale. Infine, Lei subordina la legge morale all'ingiustizia sociale o ambientale! Ancora una volta, la Chiesa si ritrova ferita per lo scandalo e la confusione causata dalle sue dichiarazioni alla stampa, del tutto improvvide ed improvvisate, su questioni morali e teologiche fondamentali in merito alle quali un Papa dovrebbe parlare o scrivere con la massima prudenza e cautela, invocando l'assistenza divina.

Infine, è appena comparsa sul sito del Vaticano un'intervista di Sua Santità al settimanale Credere, nella quale Leiallude favorevolmente (ancora una volta) alla falsa nozione di “misericordia” espressa dal Cardinale Kasper, rivelando di voler condurre “una rivoluzione della tenerezza” - una chiara allusione al titolo del libro del Cardinale Kasper, pieno di elogi nei confronti della sua persona, intitolato Papa Francesco. La rivoluzione della tenerezza e dell'amore. Lei ha dichiarato che questa “rivoluzione della tenerezza” comincerà durante il prossimo Giubileo della Misericordia, e che essa comprenderà “tanti gesti”, “uno diverso” durante “il venerdì di ogni mese”.

I motivi da lei addotti per questa “rivoluzione della tenerezza” sono dovuti al fatto che, secondo Lei: “la Chiesa stessa a volte segue una linea dura, cade nella tentazione di seguire una linea dura, nella tentazione di sottolineare solo le norme morali, ma quanta gente resta fuori.” Confermando il suggerimento del suo intervistatore sul fatto che la Chiesa deve “scoprire un Dio che si commuove e si intenerisce per l'uomo”, lei ha risposto così: “Scoprirlo ci porterà ad avere un atteggiamento più tollerante, più paziente, più tenero” - come se la Chiesa avesse sempre mancato di tolleranza, pazienza e compassione per i peccatori, prima del suo pontificato!

Che cosa sono queste incredibili affermazioni se non un'assoluta minaccia, da parte di un Pontefice Romano, di ignorare le “regole morali” - cioè, il costante insegnamento del Magistero infallibile della Chiesa Cattolica - in nome di una falsa misericordia, specialmente in merito ai divorziati e risposati e ad altri che lei ritiene in qualche maniera “esclusi”? Che cosa dobbiamo pensare di un Papa che afferma che la Chiesa fondata da Cristo per insegnare infallibilmente su questioni di fede e morale sia “caduta nella tentazione di seguire una linea dura” proprio sulle questioni morali più importanti? Che cos'altro, se non la disperazione e l'indignazione, possono sperimentare i fedeli di oggi davanti ad un Papa che afferma cose mai sentite prima nei 2000 anni di storia della Sede di Pietro?

I Cattolici sanno bene che una vera rivoluzione della tenerezza avviene in ogni anima che venga battezzata o che, rispondendo alla grazia del pentimento, dopo essere entrata in confessionale col cuore contrito ed il fermo proposito di pentirsi, si liberi alfine dei propri peccati, riceva l'assoluzione da parte del sacerdote che agiste in persona Christi e ne emerga “bianca come la neve”, per usare l'espressione del suo predecessore quando parlò del Sacramento della Confessione. La Chiesa Cattolica è sempre stata fonte inesauribile di misericordia divina, per mezzo dei suoi Sacramenti. Che cosa può mai aggiungere questa sua presunta “rivoluzione” a ciò che Cristo ha già dato alla Sua Chiesa? Lei è forse in grado di dichiarare un'amnistia nei confronti dei peccati mortali? Può forse perdonare ciò che non è perdonabile senza pentimento e contrizione? Può forse essere più misericordioso di Dio stesso?

Ogni giorno di più, purtroppo, cresce la sensazione che, malgrado sia il Vicario di Cristo in terra, Lei non abbia in realtà alcun interesse a difendere la fede e la morale che vengono attaccate oggi più che mai, né che abbia alcuna intenzione di richiamare le pecore smarrite all'ovile che Nostro Signore ha istituito per la loro salvezza. Al contrario, Lei sembra aver dedicato il suo pontificato ad un programma di lassismo dottrinale e disciplinare, il cui tema principale è quello di denunciare i cattolici ortodossi e una presunta mancanza di misericordia nella Chiesa. Allo stesso tempo, Lei si avventura su questioni politiche e sociali, come quella dei cambiamenti climatici, l'ambientalismo od il ripristino delle relazioni diplomatiche tra Cuba e gli Stati Uniti, in merito alle quali il Papa non ha alcuna competenza o autorità.

Dopo essere stati colpiti da una tempesta di controversie dopo l'altra, causata dalle sue parole e dai suoi gesti senza precedenti, sempre più fedeli si sentono come se “la Chiesa abbia perso la bussola.”

In sostanza, Santo Padre, negli ultimi due anni e mezzo Lei ha ottenuto l'unanime consenso da parte del mondo secolare, ma al prezzo di gettare il bene comune della chiesa in uno stato di confusione e divisione. Lei ha ridicolizzato, rimproverato e condannato i cattolici ortodossi, dimostrando al contempo un'illimitata tolleranza verso tutto ciò che è eterodosso o sessualmente deviato, mirando a sovvertire la disciplina sacramentale che era stata difesa da un Papa che lei stesso canonizzato. Accompagnato ovunque dall'adulazione dei mass media e dalle folle adoranti, Lei sembra essersi dimenticato dell'avvertimento di Nostro Signore: “Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.”.

La situazione ha raggiunto il punto in cui un anziano funzionario del Vaticano, riflettendo sulle preoccupazioni di tanti Cattolici di ogni grado e posizione, si è sentito in dovere di dichiarare ad un famoso giornalista Cattolicoche “questo pontificato pone seri rischi per l'integrità degli insegnamenti Cattolici in tema di fede e morale.”

Concordando con le conclusioni di quel prelato, siamo costretti dinanzi a Dio a dichiarare pubblicamente e in coscienza che il suo pontificato, Santità, non può non essere considerato un grave pericolo per la Chiesa - un pericolo che sembra aumentare di giorno in giorno. I perniciosi effetti del suo pontificato, infatti, sono diventati ormai evidenti tanto che sempre più Cattolici di tutto il mondo stanno abbandonando quasi con noncuranza gli insegnamenti teologici e morali della Chiesa, prendendo come punto di riferimento le sue parole ed i suoi gesti - così felicemente strombazzati dai mass media di mezzo mondo - piuttosto che l'insegnamento infallibile del Magistero degli ultimi 2 mila anni.

E adesso, con la sua condanna della “linea dura” della Chiesa sulle “norme morali” e la sua proclamazione di una “rivoluzione della tenerezza”, ci troviamo a dover fronteggiare la minaccia di “gesti” di “misericordia” del tutto senza precedenti, che potrebbero minare alle fondamenta l'intero edificio morale della Chiesa, con grave detrimento di innumerevoli anime, la cui salvezza è ormai a rischio. A quanto pare, uno di questi “gesti” dovrebbe essere un'esortazione apostolica post-sinodale, nella quale verranno ammessi all'Eucaristia i pubblici adulteri, secondo il giudizio dato dai singoli vescovi o dalle singole conferenze episcopali. Questo comporterebbe un vero e proprio sacrilegio di massa, l'effettivo sgretolamento dell'unità ecclesiastica, l'abolizione de facto della dottrina sul peccato mortale ed il requisito dello stato di grazia per poter condurre una vera vita sacramentale, il collasso dell'insegnamento morale della chiesa e, infine, la resa di qualsiasi pretesa di un Magistero infallibile. Purtroppo tutto questo sembra preludere ad una serie di eventi quasi apocalittici per la Chiesa.

Santo Padre, noi non osiamo ovviamente giudicare le intenzioni o le ragioni soggettive delle sue parole e dei suoi gesti, del tutto senza precedenti e che tanto danno hanno arrecato alla Chiesa nel corso del suo breve ma turbolento pontificato. Tuttavia, non possiamo rimanere in silenzio di fronte ai danni oggettivi che la Chiesa ha già dovuto subire, conditi da un'infinita serie di elogi secolari nei confronti del “Papa della gente“, e nel timore dei danni che essa dovrà subire in un futuro ormai prossimo.

Ricordando ancora una volta le parole del suo predecessore, un Papa deve esercitare il proprio potere in modo da “vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo.” Quando un Papa non può o non vuole rincorrere quest'obiettivo, o peggio ancora quando sembra essere determinato ad agire contro di esso, allora non sarebbe meglio per la Chiesa se egli si dimettesse dall'augustissimo ufficio di Vicario di Cristo? Meglio questo che rischiare un compromesso fatale per la dottrina e la disciplina ecclesiastica, che potrebbe sovvertire 2000 anni di tradizione apostolica ed ecclesiastica ed incorrere quindi, per citare la famosa formula usata da Papa San Pio V,”nell'indignazione di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo”.

8 dicembre 2015
Festa dell'Immacolata Concezione



[Modificato da Caterina63 13/12/2015 20:22]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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15/12/2015 14:53
 
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Ma dov'è l'indulgenza in questo giubileo?

 
Se qualcuno dice le cose che noi abbiamo già espresse e le sintetizza tutte con efficacia, lo riprendiamo. Antonio Socci:Ma dov'è l'indulgenza in questo giubileo?[qui]. 

Peraltro queste prime giornate mostrano una inattesa penuria di fedeli. Così titola Repubblica: A piedi nelle basiliche deserte tanta polizia e pochi fedeli. [qui] (vedi immagine a lato). 

La responsabilità viene attribuita alla paura dopo i fatti di Parigi; ma forse non è l'unico fattore. La confusione pastorale prim'ancora che dottrinale è innegabile.

Ma dov'è l'indulgenza in questo giubileo?
 
A proposito del prossimo Giubileo, ieri “Il Fatto quotidiano” ha scritto: “La Chiesa nuova. Ancora una volta Bergoglio tenta di far dimenticare il rigore dei predecessori”.
Il rigore dei predecessori? A dire il vero il Giubileo, con l’indulgenza universale, è stato “inventato” proprio dai suoi predecessori e viene celebrato da secoli nella Chiesa, che da sempre dona al mondo la misericordia divina.
In questa smania della stampa laicista di esaltare Bergoglio come fondatore di una “nuova Chiesa” si dimentica anche l’evidenza dei fatti.

Si dirà che quella frase del “Fatto” allude alla facoltà che il papa ha dato, per l’Anno Santo, a tutti i sacerdoti, di dare il perdono sacramentale per il peccato di aborto (facoltà che già normalmente, nelle diocesi, esercitano alcuni sacerdoti delegati dai vescovi).
È una notizia che ieri ha fatto scalpore. Ma sarebbe questo che fa “dimenticare il rigore dei predecessori”?

I CATTIVI

Consideriamo quei “cattivoni” dei suoi predecessori, scegliamo addirittura colui che la cultura laicista considera il peggiore, ovvero il “famigerato” papa del Sillabo, quel Pio IX su cui si sono versati fiumi di veleni.
Scopriremo che Pio IX, per l’Anno Santo del 1875, andò ben oltre ciò che ha fatto papa Bergoglio.
Infatti conferì a tutti i sacerdoti confessori la facoltà di assolvere non solo dai peccati la cui competenza è dei vescovi (come il peccato di aborto), ma addirittura da quelli che erano di competenza della stessa Sede Apostolica. Comprese censure, pene ecclesiastiche e scomuniche.
 
Egli scrisse:
“i quali Confessori (…) possano assolverli dalla scomunica, sospensione ed altre ecclesiastiche sentenze e censure comminate ed inflitte a ‘jure vel ab nomine’ per qualunque causa, ancorché riservata agli Ordinarii dei luoghi, e a noi o alla Sede Apostolica, compresi i casi in modo speciale riservati a chiunque e al sommo Pontefice e alla Sede Apostolica, e che altrimenti in qualunque concessione quantunque ampia non s’intenderebbero concessi; parimente potranno i detti Confessori assolvere i nominati penitenti da tutti i peccati ed eccessi, per quanto gravi ed enormi, ancora, come si dice, riservati agli stessi Ordinarii, e a noi e alla Sede Apostolica”.
Dunque Pio IX fu ben più largo di manica di papa Bergoglio. Segno evidente che la misericordia non è stata inventata nel 2013, ma è da sempre l’essenza della Chiesa.
 
C’è un altro aspetto da considerare. Infatti le decisioni di Pio IX erano provocate solo dalla preoccupazione per la salvezza delle anime: in quell’anno 1875 egli era ancora “recluso” in Vaticano (da poco lo stato sabaudo aveva conquistato Roma e deposto il legittimo sovrano con grandi confische).

A questo si aggiunga che molti vescovi italiani – per gli stessi motivi – erano stati incarcerati o esiliati e che tanti cristiani non potevano recarsi a Roma. Fu questa situazione che indusse Pio IX a prendere quelle decisioni.
Oggi non c’è nulla del genere e tutti si muovono facilmente. Qual è allora il motivo dell’annuncio di ieri di Bergoglio sull’aborto?

GLORIFICAZIONE DI B.

C’è chi ritiene che sia quello di “intestarsi” personalmente la misericordia. Infatti avrebbe potuto scrivere ai vescovi invitando loro ad assumere quella decisione, a norma di diritto canonico. Ma ha preferito prendere lui il provvedimento.
 
Il prossimo Giubileo fin dall’indizione ha avuto questa connotazione: al centro c’è Bergoglio. Non a caso ieri, sulla prima pagina del “Corriere della sera”, si poteva leggere il titolo: “Il Giubileo di Bergoglio: assoluzione per l’aborto”.
 
Del resto non è un Giubileo che cade alla scadenza stabilita (ogni venticinque anni). È “straordinario”, voluto da papa Bergoglio e – per la prima volta nella storia – è un giubileo che non si richiama, come memoria, alla vita terrena di Gesù, come tutti i precedenti giubilei.
 
Il papa argentino ha scelto di indirlo il 13 marzo, cioè proprio il giorno anniversario della sua elezione, scelta simbolica che ricorda le amnistie degli antichi sovrani.
 
Fin dall’inizio lo ha voluto qualificare con l’impronta del suo pontificato, definendolo “Anno Santo della misericordia”, quando in realtà tutti i giubilei, per definizione, sono “della misericordia”.
 
Da allora in Vaticano sono alla costante ricerca di qualche “novità” per far colpo sui media e mostrare quanto è misericordioso questo papa.
Per esempio, la bolla di indizione istituì i “Missionari della misericordia”, ovvero anomale figure di confessori che dovevano andare in giro ad assolvere dai peccati di competenza della Santa Sede. Per dare l’idea della “grande perdonanza” papale.
La trovata fece clamore. Ma poi qualcuno deve aver fatto notare che i peccati riservati alla Santa Sede in realtà sono rarissimi e dunque tutto si sarebbe risolto in un flop.
 
Così dall’entourage bergogliano è stata escogitata la decisione di questi giorni: delegare tutti i sacerdoti al perdono del peccato di aborto che è di competenza dei vescovi. E questa è di certo una trovata che colpisce molto di più.
 
Qualcuno riterrà che io sia troppo critico, ma dimentica che questa è la funzione della stampa. Inoltre l’adulazione acritica del papa non è affatto una virtù per la Chiesa.
 
Il vescovo spagnolo Melchor Cano (1509-1560), insigne teologo domenicano al Concilio di Trento, così insegnava come ci si deve rapportare al papa: “Pietro non ha bisogno delle nostre bugie o della nostra adulazione. Coloro che difendono ciecamente e indiscriminatamente ogni decisione del Sommo Pontefice sono quelli che più minano l’autorità della Santa Sede: distruggono, invece di rafforzare le sue fondamenta”.

Perciò la critica è preziosa anche per il Vescovo di Roma.

DOV’È L’INDULGENZA?

Sul Giubileo, per esempio, è inevitabile aggiungere che la bolla di indizione dell’Anno Santo e la Lettera dell’altroieri sono all’insegna della confusione e del pressappochismo.
 
Infatti qui, diversamente dai precedenti Giubilei, non si spiega cosa è l’indulgenza e non si indica come concretamente si lucra.
Non si tratta di un cavillo per addetti ai lavori. Perché il contenuto essenziale di un Giubileo non è certo la confessione del peccato di aborto (o di qualsiasi altro peccato), per il quale si può già ottenere il perdono, da sempre.
 
Il contenuto dell’Anno Santo è proprio la remissione delle pene temporali, ovvero quell’indulgenza che permette di evitare o abbreviare il Purgatorio.
Sennonché le espressioni Purgatorio e “remissione della pena temporale” neanche ci sono, nella bolla e nella lettera.
Sarebbe come se in un provvedimento di amnistia del parlamento non si parlasse dell’amnistia.
 
Dunque si lucrerà l’indulgenza nell’Anno Santo? E come? E perché Bergoglio non ne parla?
 
Si è ipotizzato che non ne parli per non urtare i protestanti che, storicamente, sono allergici alle indulgenze e non credono al Purgatorio. Ma pareva assurdo, impensabile (sarebbe come abolire il Natale per far piacere ai musulmani).
 
Eppure, un vaticanista del “Corriere” ieri ha elogiato la lettera di Bergoglio proprio per il suo “effetto liberante rispetto allo spinoso tema delle indulgenze che sono state all’origine della ‘protesta’ di Lutero”. Perché “Francesco usa la parola indulgenza come sinonimo di ‘grazia del Giubileo’ ”.

Ma che sarebbe questa grazia del Giubileo? Nella bolla bergogliana il concetto di “indulgenza” si confonde con quello di perdono sacramentale dei peccati (la confessione). Mentre invece è un’altra cosa, molto diversa.
 
In pratica non viene mai espressa con chiarezza la dottrina dell’indulgenza, né si danno le tassative indicazioni per ottenerla.
Perciò questo Anno Santo sembra più che altro una grande, ma confusa e improvvisata, liturgia penitenziale.
 
In questo senso sarà interessante vedere se i fan laicisti e anticlericali di Bergoglio – come Scalfari, Bertinotti o Pannella – ne approfitteranno.
È curioso infatti che certi laici esaltino questo papa, ma non ascoltino il suo invito al pentimento e alla conversione. Che vorrà dire?
 
Antonio Socci
Da “Libero”, 3 settembre 2015





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LE INDULGENZE E IL PURGATORIO? FRANCESCO LI HA MESSI IN SOFFITTA

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Erano elementi costitutivi di tutti i giubilei. Ma non di questo. Il papa non ne parla più, come se facessero ombra al primato assoluto della misericordia.

¿Las indulgencias y el purgatorio? Francisco los ha guardado en el desván

Les indulgences et le purgatoire? François les a mis au grenier

Indulgences and Purgatory? Francis Has Mothballed Them

di Sandro Magister (19-12-2015)

Il giubileo è per sua natura tempo di “indulgenze”. Eppure papa Francesco ha fin qui accuratamente evitato di pronunciare questa parola.


Apertura della "porta santa" di una mensa della Caritas di Roma.
Apertura della “porta santa” di una mensa della Caritas di Roma, 18-12-2015.

Non l’ha pronunciata né quando ha aperto la prima porta santa in quel di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, né quando ha aperto la porta santa in San Pietro, l’8 dicembre, giorno d’inizio ufficiale del giubileo, né quando l’ha aperta a San Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma. E nemmeno l’ha pronunciata nelle due catechesi del mercoledì che ha finora dedicato a spiegare questo anno santo.

Per ritrovare la parola “indulgenza” bisogna riandare alla bolla di indizione del giubileo, la lettera apostolica Misericordiae vultus dell’11 aprile 2015, e alla successiva lettera esplicativa del 1 settembre.

Nel secondo di questi due documenti si legge che l’indulgenza è data a chi varca una porta santa, si confessa, fa la comunione, compie un’opera di misericordia, recita il Credo e si unisce al papa nella preghiera “per il bene della Chiesa e del mondo intero”.

Si aggiunge che “l’’indulgenza giubilare può essere ottenuta anche per quanti sono defunti”.

Ma nemmeno qui è detto che cosa sia di preciso l’indulgenza. La parola vi ricorre come sinonimo del “perdono di Dio per i nostri peccati”.

È solo nella bolla di indizione del giubileo che l’indulgenza è associata a qualcosa di più specifico. Anche dopo il perdono sacramentale – si legge – “l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane”. E l’indulgenza è appunto l’atto con cui Dio, attraverso la Chiesa, “raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato”.

Ma anche così il concetto risulta molto vago. Per saperne di più non resta che aprire il Catechismo della Chiesa cattolica ai paragrafi 1471 e seguenti, al termine del capitolo sul sacramento della penitenza o riconciliazione.

Lì l’indulgenza è definita come “la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa”.

E per “pena temporale” si intende l’effetto che ogni peccato, anche dopo che è stato perdonato, lascia in chi l’ha commesso: “un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato purgatorio”.

È da questa pena purificatrice “temporale” che l’indulgenza libera. E la Chiesa dispensa tale indulgenza attingendo all’incommensurabile tesoro di grazia accumulato da Gesù, da Maria e dai santi.

I giubilei sono sempre stati, appunto, i tempi di massima elargizione di queste indulgenze, in tutto l’orbe cattolico.

Basta vedere la centralità che le indulgenze hanno avuto in tutti i giubilei della storia, compreso il penultimo, quello del 2000 indetto e celebrato da Giovanni Paolo II.

Nella sua bolla di indizione, emessa il 29 novembre 1998, non solo si trovava spiegato a fondo il significato di questo “elemento costitutivo dell’evento giubilare”, ma vi era anche annesso un decreto della Penitenzieria apostolica, che determinava con precisione “la disciplina da osservare per l’acquisto dell’indulgenza plenaria giubilare”, sia per chi si recasse a Roma, sia per chi si trovasse in ogni altro luogo della terra: > Bolla di indizione del grande giubileo dell’anno 2000

Nel giubileo della misericordia indetto da Francesco, invece, tutto questo è praticamente messo da parte e la Penitenzieria apostolica è come se nemmeno esista. Il messaggio che il papa trasmette incessantemente è quello della misericordia e del perdono universali, della cancellazione totale del peccato, senza più alcun cenno esplicito alla remissione della pena conseguente. La parola “pena” è un’altra delle parole sparite. Nella bolla d’indizione di questo giubileo e nella successiva lettera esplicativa si ritrova in tutto solo tre volte e marginalmente: in una citazione del profeta Osea e in un paio di riferimenti alla giustizia terrena e alla condizione dei carcerati.

Ma non solo il concetto di pena, anche quello di giudizio è messo in ombra nella predicazione giubilare di papa Francesco, come si può notare in questo passaggio chiave della sua omelia dell’8 dicembre:

“Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia! Sì, è proprio così. Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia”.

Francesco non abroga nulla della dottrina tradizionale, ma nel riordinare – come lui ama fare spesso – la gerarchia delle verità non teme di lasciar cadere il silenzio su articoli di fede che ritiene oggi marginali.

La dottrina e la disciplina delle indulgenze è uno di questi. La novità dell’anno santo indetto da papa Bergoglio è che questo è il primo giubileo della storia che fa a meno di tali dottrina e disciplina, pur di non proiettare la minima ombra sulla verità prioritaria della misericordia.

Con qualche danno collaterale non di poco conto, sempre in materia di dottrina. Perché con la messa in ombra delle indulgenze e della pena “temporale” purificatrice, tende oggi a scomparire anche il purgatorio.


 

Sul quale, per ritrovarne il senso e il mistero, non resta che riandare a prima di questo pontificato, a una catechesi di Benedetto XVI del 12 gennaio 2011 e a un ancor più memorabile passaggio della sua lettera enciclica Spe salvi del 30 novembre 2007: > Il purgatorio c’è. E brucia.

La più completa “summa” del magistero della Chiesa in materia di indulgenze è in questa esortazione apostolica di Paolo VI del 1 gennaio 1967: > “Indulgentiarum doctrina”

Mentre questa è la bolla di indizione del giubileo della misericordia: > “Misericordiae vultus” 

Con la successiva lettera esplicativa: > “Al venerato fratello Mons. Rino Fisichella…”

Sull’anno santo, le indulgenze e il purgatorio la parola del cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, in un’intervista a Zenit del 26 ottobre 2015: > Un anno “tra la terra e il cielo”

FONTE: chiesa.espresso.repubblica.it





[Modificato da Caterina63 19/12/2015 20:30]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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Detto a padre Spadaro, perché Francesco intenda

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spadaro

Settimo Cielo e www.chiesa hanno dato una grande pubblicità all'articolo con cui padre Antonio Spadaro ha tirato le conclusioni dal sinodo sulla famiglia, "aprendo" alla comunione ai divorziati risposati. Conclusioni sue ma anche timbrate da papa Francesco, come avviene per ogni articolo strategico de "La Civiltà Cattolica", ormai divenuta "house organ" di Santa Marta:

> Francesco tace, ma un altro gesuita parla per lui

Sta di fatto che da quando quel suo articolo è uscito, Spadaro ha ricevuto parecchie cannonate contro, e autorevoli. Dalle quali nemmeno papa Francesco potrà ritenersi al riparo, se nelle conclusioni che trarrà dal sinodo dirà le stesse cose anticipate dal suo confratello de "La Civiltà Cattolica".

Una prima bordata contro l'esegesi "aperturista" che Spadaro ha fatto del sinodo è apparsa su www.chiesa per la penna del teologo di New York Robert P. Imbelli, autorevole firma de "L'Osservatore Romano":

> Il sinodo ha perso la strada, ma c'è la bussola del gesuita

Poi però sono entrati in campo contro Spadaro anche due cardinali tra i più competenti in materia di matrimonio canonico e di eucaristia: lo statunitense Raymond L. Burke, già presidente del supremo tribunale della segnatura apostolica, e il guineano Robert Sarah, prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.

Il cardinale Burke ha confutato le posizioni di Spadaro in una nota apparsa sulNational Catholic Register e qui tradotta in italiano nei suoi passaggi principali:

> Burke: il sinodo non può aprire porte che non esistono

Mentre il cardinale Sarah ha criticato il direttore de "La Civiltà Cattolica" all'interno di un'ampia intervista raccolta da Armin Schwibach, professore di filosofia al Pontificio Ateneo 'Regina Apostolorum' di Roma, per l'agenzia austriaca Kath.net:

> La verità del matrimonio e la porta della conversione

Più sotto è riportato il passaggio "ad hoc" dell'intervista di Sarah.

Ma prima è utile segnalare che altri due cardinali di primo piano sono intervenuti contro l'esegesi del sinodo fatta da Spadaro, pur senza citarlo espressamente.

Uno è il cardinale sudafricano Wilfrid Napier, anche lui in un'intervista a Kath.net:

> Napier: "I expect a strong reaffirmation of the Church's teaching"

E l'altro è il cardinale australiano George Pell, prefetto della segreteria per l'economia della Santa Sede, in un'omelia nella basilica romana di san Clemente, nel giorno della sua festa liturgica, il 23 novembre.

Ecco la conclusione dell'omelia di Pell:

"Alcuni hanno voluto dire, sul recente sinodo, che la Chiesa è confusa e confusionaria nel suo insegnamento sulla questione del matrimonio. Non è questo il caso. La dottrina della Chiesa su sessualità, matrimonio e famiglia continua ad essere basata sul l'insegnamento proprio di Gesù circa l'adulterio e il divorzio. L'insegnamento di san Paolo sulle disposizioni adeguate per ricevere la comunione resta fondamentale sulla controversa questione dell’impossibilità di dare la comunione anche ai divorziati civilmente sposati.

"Una tale 'possibilità' non è nemmeno citata nel documento sinodale. Ora attendiamo l'esortazione apostolica del Santo Padre, che esprimerà ancora una volta la tradizione essenziale della Chiesa e sottolineerà che l'appello al discernimento e al foro interno può essere utilizzato solo per comprendere meglio la volontà di Dio, come insegnato nelle Scritture e dal magistero, e non può mai essere utilizzato per disprezzare, distorcere o confutare l'insegnamento stabilito dalla Chiesa.

"Preghiamo questa sera per il nostro Santo Padre Francesco, che, come san Clemente, prepari questo insegnamento per chiarire ai fedeli cosa significa seguire il Signore, nella sua Chiesa, nel nostro mondo. Preghiamo in questa festa di San Clemente per papa Francesco, affinché continui ad insegnare e a esortarci nel seguire le verità della fede, che sono sempre più forti di un arido laicismo orizzontale".

Sarah, Napier e Pell sono tre dei firmatari della famosa "lettera dei tredici cardinali" consegnata al papa all'inizio del sinodo. Tutti e tre sono stati eletti a pieni voti nel consiglio di cardinali e vescovi che farà da ponte fino al prossimo sinodo. E tutti e tre sono stati promossi a ruoli importanti dallo stesso papa Francesco: Sarah come prefetto della congregazione per il culto divino, Pell come prefetto della segreteria per l'economia e Napier come copresidente delegato del sinodo sulla famiglia.

Tutti e tre dicono apertamente di aspettare da papa Francesco, riguardo ai temi discussi nel sinodo, una parola chiara e in piena continuità con il precedente magistero della Chiesa.


Ed ecco il botta e risposta del cardinale Sarah, Prefetto per la Congregazione dei riti e Sacramenti, riguardo all'articolo di padre Spadaro.

*

D. – In un articolo de “La Civiltà Cattolica” il suo direttore Antonio Spadaro parla in maniera esplicita di una “porta aperta” per l’eucaristia ai divorziati risposati. Il gesuita scrive: “Sarà sempre dovere del pastore trovare un cammino che corrisponda alla verità e alla vita delle persone che egli accompagna, senza poter forse spiegare a tutti perché essi assumano una decisione piuttosto che un’altra. La Chiesa è sacramento di salvezza. Ci sono molti percorsi e molte dimensioni da esplorare a favore della ‘salus animarum’. Circa l’accesso ai sacramenti, il sinodo ordinario ne ha dunque effettivamente posto le basi, aprendo una porta che invece nel sinodo precedente era rimasta chiusa”.

In quanto padre sinodale che conosce i controversi paragrafi 84-86 della “Relatio synodi”: come giudica queste affermazioni di un altro membro del sinodo che interpreta in questo modo i risultati? Il discorso di “aprire una porta” non equivale a un sempre negato “cambiamento” della dottrina sull’indissolubilità del matrimonio, che è impossibile? Affermazioni del genere non aumentano incertezze e perplessità tra i fedeli, come si sono verificate in maniera particolarmente sensibile durante questi due anni?

R. – Il Sinodo ha voluto aiutare e accompagnare questi battezzati che si trovano in una situazione di vita contraria alle parole di Gesù. E ha annunciato che la porta per loro è sempre aperta, in quanto Dio continua a chiamare alla conversione e ad agire nel loro cuore per rigenerare il loro desiderio verso la vita piena che Gesù ci ha annunciato.

Certamente, proporre delle strade che non conducano a questa vita piena non è "aprire le porte". La porta che Dio apre ci conduce sempre a lui, alla sua dimora in cui possiamo vivere la sua vita. Il peccato chiude la porta della vita. Ammettere una persona alla comunione eucaristica quando vive in manifesta contraddizione con le parole di Gesù significa aprire una porta che non conduce verso Cristo, ovvero chiudere la vera porta della vita.
Ricordiamo: la porta è Gesù, la Chiesa può solo aprire questa porta; il pastore che non vuole entrare per questa porta, diceva Gesù stesso, non è un vero pastore. Perché “chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro ed un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore... In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore” (Gv 10, 1-2. 7).

Il documento del sinodo (nn. 84-86) non dice altro, e il testo scritto è l’unico sicuro per interpretare rettamente ciò che il ainodo ha voluto dire. Il documento parla del dovere del pastore di accompagnare le persone sotto la guida del vescovo, ma aggiunge anche, e questo è molto importante, che l’accompagnamento deve avvenire “secondo l’insegnamento della Chiesa”. Questo insegnamento include senz’altro la lettura non adulterata, ma completa e fedele della "Familiaris consortio" n. 84 e di "Sacramentum caritatis" n. 29, insieme al Catechismo della Chiesa Cattolica. L’accompagnamento, che terrà conto delle circostanze concrete, ha una meta comune: condurre la persona a una vita in accordo con la vita e la parola di Gesù; e alla fine del cammino la decisione di abbandonare la nuova unione o di vivere in assoluta continenza in essa. Rinunciare a questa meta è rinunciare anche al cammino.

È vero che il testo non ripete esplicitamente questo insegnamento, e in questo senso è stato interpretato in diversi modi dalla stampa. Ma è un interpretazione abusiva, ingannatrice, che ne deforma il significato. Il testo non parla mai di concedere l’eucaristia a chi continua a vivere in modo manifestamente contrario ad essa. Se ci sono dei silenzi, essi devono essere interpretati secondo l’ermeneutica cattolica, vale a dire alla luce del magistero precedente e costante, un magistero che il testo mai nega. In altre parole, ai divorziati risposati civilmente la porta alla comunione eucaristica rimane chiusa da Gesù stesso che ha detto: “Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra, commette adulterio. Perciò l’uomo non separi ciò che Dio ha unito” (Mt 19, 6. 9).

È chiusa da "Familiaris consortio" n. 84, da "Sacramentum caritatis" n. 29 e dal Catechismo della Chiesa cattolica. Sfondare questa porta o arrampicarsi da qualche altra parte significa riscrivere un altro vangelo ed opporsi a Gesù Cristo Nostro Signore.  

Sono sicurissimo che papa Francesco interpreta i numeri 84-86 della “Relatio synodi” in perfetta continuità e fedeltà ai suoi predecessori. Infatti in un intervista al quotidiano argentino “La Nación” ha affermato: “Che facciamo con loro, che porta si può aprire? C’è un’inquietudine pastorale: e allora andiamo a dare loro la comunione? Non è una soluzione dare loro la comunione. Questo soltanto non è la soluzione, la soluzione è l’integrazione”.

È vero che ci sono “molti percorsi e dimensioni da esplorare”, come segnala padre Spadaro. Vorrei solo aggiungere che questi sono percorsi verso una meta, e questa meta per la Chiesa può essere solo una: portare la persona a Gesù, mettere la vita in sintonia con Gesù e con il suo insegnamento sull’amore umano e coniugale. L’accesso all’eucaristia, che è la comunione con il corpo di Gesù, è aperto per tutti coloro che sono pronti a vivere nel loro corpo secondo la parola di Gesù. Se la Chiesa apre la porta verso un'altra meta, verso un altro luogo, allora questa non è la porta della misericordia. Allora si tratterebbe di un vero cambiamento della dottrina, perché ogni dottrina, come quella sull’indissolubilità del matrimonio, è confessata in primo luogo dove l'eucaristia è celebrata. Quando un cristiano dice “Amen” nel ricevere l’eucarestia, egli afferma, non solo che l’eucaristia è il corpo di Gesù, ma anche che vuole conformare a lui la sua vita nel corpo, conformare a Gesù le sue relazioni, perché crede che la parola di Gesù è parola di vera vita.

Questo significa che c’è un cammino, che c’è una speranza anche per chi vive lontano, e questo il sinodo ha voluto ribadirlo. Se queste persone non si sentono pronte a vivere secondo la parola di Gesù, allora è compito della Chiesa ricordare loro, con pazienza, delicatezza, misericordia, che appartengono alla Chiesa, che sono figli di Dio. È compito della Chiesa accompagnarle perché si possano avvicinare a Gesù in tanti modi, partecipando alla celebrazione liturgica, contribuendo alle opere di carità e di misericordia, alla missione della Chiesa... Una volta che sono più vicine a Gesù, potranno capire meglio le sue parole, potranno essere convinte della forza di Dio nella loro vita che rende possibile la conversione, l’abbandono del peccato e la rottura totale con esso.

Certo, l’accompagnamento si fa caso per caso, come anche si fa caso per caso la preparazione al matrimonio. Ma questo non vuol dire che a quelli che si preparano al matrimonio la Chiesa offra diversi tipi di matrimonio, di varia durata secondo i casi individuali. Il matrimonio a cui si preparano è sempre lo stesso, come è sempre la stessa la meta per i divorziati risposati. Ed  è così perché viviamo in comune, non siamo monadi, condividiamo la stessa chiamata alla santità e una stessa vocazione all’amore, quella appunto che è contenuta nel matrimonio monogamico, stabile e indissolubile.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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19/12/2015 10:46
 
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  ci chiediamo, assai umilmente: DOVE STA IL PAPA? perchè permette tutto questo e tace su eventi così gravi?


Lettere dei Lettori dell’Isola di Patmos –

APRITE, ANZI: SPALANCATE LE GAMBE ALLA GINECOLOGIA ESTETICA!

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[…] neppure un soggetto sessualmente incattivito, notoriamente dissacrante e aggressivo verso la Chiesa Cattolica e il Cattolicesimo, tale da sempre notoriamente è il regista spagnolo Pedro Almodovar, sarebbe riuscito a dare vita, attraverso le sue fantasie perverse, ad una immagine grottesca come I dialoghi sulla vagina in Vaticano.

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Autore Padre Ariel
Autore
Ariel S. Levi di Gualdo

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Caro Padre Ariel.

Sono una suora infermiera ormai non più in servizio. Ho svolto i miei ultimi anni di lavoro, o meglio di cristiana missione, in un ospedale, dove per 10 anni ho fatto la caposala. Non le nascondo che in un primo tempo, leggendo il materiale che le invio, ho pensato ad uno scherzo, ma la notizia è risultata autentica. Le giro la locandina e la brochure che pubblicizza questo convegno sulla chirurgia estetica ginecologica che si terrà presto una istituzione accademica della Santa Sede. Più che conoscere il suo pensiero (che leggendola da alcuni anni posso bene immaginare) le domando: ma che cosa sta accadendo?

Lettera firmata  

            

ginecologia 1
I Dialoghi sulla vaginaall’ombra della Tomba del Principe degli Apostoli

Tutti abbiamo ancora nelle orecchie e nel cuore l’amorevole monito di San Giovanni Paolo II che nel 1978 dette inizio al suo pontificato con la celebre frase: «Aprite, anzi: spalancate le porte a Cristo e alla sua salvatrice potestà» Cf. QUIQUI].

Che la decadenza sia brutta ci è noto da un punto di vista antropologico, filosofico, storico e anche teologico; e siamo altresì consapevoli di vivere un momento di crisi di fede e di decadenza intra-ecclesiale che non ha precedenti storici. Nei suoi venti secoli di vita la Santa Chiesa di Cristo ha attraversato momenti di grande crisi, ma quello odierno è di fatto senza antecedenti. Mai infatti era accaduto ― neppure nei tempi più infausti ― che la Chiesa favorisse la crisi di fede al proprio interno.

Sicché sorge spontaneo chiedersi: cosa direbbe al presente San Giovanni Paolo II, vedendo trasformato in modo grottesco, quasi buffonesco-circense, il suo amorevole monito? Perché oggi, il monito di questo Santo Pontefice, per di più in pieno Anno Santo, è stato mutato in … «Spalancate le gambe agli specialisti della ginecologica estetica» !?

Ma veniamo al fatto: il 20 e 21 aprile 2016 presso L’Institutum Patristicum Augustianianum [cf.QUI] — pontificio istituto con sede di fronte a San Pietro, dipendente dalla Santa Sede e aggregato alla Pontificia Università Lateranense ―, si svolgerà il primo convegno mondiale di estetica ginecologica. Gli specialisti presenti sono tutti clinici di fama e gran parte di essi rappresentano quanto di più distante possa esistere dal mondo cattolico, ma anche dal più generico mondo cristiano, fatto di tante aggregazioni nate principalmente dallo scisma prodotto dall’eresia di Lutero; eresia che, oggi come oggi, per come le cose stanno andando rischia di figurare davvero poca cosa a confronto della nostra realtà.

All’ombra della Cupola di San Pietro sulla quale di recente sono state già proiettate scimmie e scimpanzé nella Solennità della Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, tra pochi mesi potremo finalmente essere illuminati su un grande arcano: come stimolare il misterioso cosiddetto “Punto G”, affinché il tutto possa generare una vita sessuale più creativa ed elettrizzante?

ginecologia 2
le tecniche innovative sulla estetica della vagina

Molti orizzonti saranno aperti in questo convegno, ad esempio per quanto riguarda le tecniche di ricostruzione vaginale, od attraverso quale tecnica plastico-chirurgica aumentare le labbra del sesso genitale femminile, oppure come ridurre quelle troppo “slabbrate” a causa di un uso eccessivo che ha prodotto comprensibile usura. Sarà poi chiarito e spiegato come procedere chirurgicamente al ringiovanimento vaginale. Nel programma del convegno ampio spazio è dedicato alla spiegazione scientifica sulle nuove tecniche del lifting alla clitoride, per seguire con le tecniche più all’avanguardia sulla cosmetica vaginoplastica.

Insomma, una vera e propria Chiesa che, ormai resasi consapevole di quanto obsoleto sia il messaggio «aprire le porte a Cristo e alla sua salvatrice potestà», pare invitare ad «aprire le gambe al ginecologo specializzato in ginecologia estetica». CIò di cui ringraziamo Dio è il fatto che, diversamente dalle scimmie proiettate su San Pietro nel giorno della Immacolata Concezione, questo nuova trovata non si svolgerà perlomeno nella solennità dell’Annuncio dell’Angelo alla Beata Vergine Maria.

Una così massiccia presenza di insigni luminari della ginecologia presso la Santa Sede è comunque cosa buona e giusta, ma soprattutto comprensibile. Ci è infatti noto ormai da tempo che all’interno delle mura leonine sono sempre di meno i prelati a rischio di malattie alla prostata, mancando non pochi di essi della materia prima necessaria e imprescindibile per potersi ammalare: gli attributi maschili.

Non è pertanto da escludere che svariati prelati saluteranno con gioia questo convegno,cogliendo in tal modo la felice occasione per apprendere come, ed attraverso quali tecniche prodigiose, è chirurgicamente possibile procedere al “restauro” di non pochi orifizi usurati; quegli orifizi che hanno portato taluni di essi all’episcopato, nelle sedi di varie nunziature apostoliche in giro per il mondo, sulle cattedre di varie diocesi, alla dignità cardinalizia, il tutto stando sempre fedelmente a quanto dimostrano i vergognosi fatti degli ultimi anni, non di rado anche sfociati in atti giudiziari e processi penali … 
… come infatti è noto e risaputo ormai da svariati decenni: una carica ecclesiastica val bene un orifizio usurato, specie poi se la ginecologia estetica ti corre in soccorso direttamente in casa tua per spiegarti in che modo farsi il lifting ed eliminare i segni dell’usura dovuti a ragioni di carriera ecclesiastica da parte di quei prelati che, la bocca, per tutto l’hanno usata fuorché per pregare.

ginecologia 3
tutte le specialità estetico chirurgiche, sino al trattamento estetico della clitoride, riportate in grande a fondo di pagina

Dobbiamo prendere atto, in modo serio e oggettivo, che neppure un soggetto sessualmente incattivito, notoriamente dissacrante e aggressivo verso la Chiesa Cattolica e il Cattolicesimo, tale da sempre notoriamente è il regista spagnolo Pedro Almodovar, sarebbe riuscito a dare vita, attraverso le sue fantasie perverse, ad una immagine grottesca come I dialoghi sulla vagina in Vaticano.

Il prossimo convegno sarà forse promosso dalla società degli urologi per discutere sulle tecniche di allungamento del pene maschile e di aumento della sua circonferenza nei soggetti affetti da micro-pene congenito? In tal caso potrebbe essere organizzato presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo, con ospite d’onore l’Arciabate emerito di Montecassino, già membro della Conferenza Episcopale Italiana, che potrebbe parlare ai presenti della sua ricca esperienza con gli escort ed imarchettari professionisti pagati a botte di soldi centimetro dietro centimetro, serata dietro serata, con i soldi provenienti dal gettito dell’Otto per Mille e destinati alla Caritas della Diocesi da lui governata.

Espressi con sofferenza questi fatti, spero che qualche veste paonazza non si azzardi a prendersela col sottoscritto Reverendo Signore, perché si tratta appunto di dati di fatto; e tra pochi mesi saranno atti di un convegno sulla vagina celebrato all’ombra della Tomba del Principe degli Apostoli, con inviti agli specialisti di tutto il mondo stampati sullo sfondo della Papale Arcibasilica di San Pietro.

Questo è purtroppo lo stato odierno della povera Sposa di Cristo che io intendo concorrere a salvare, non certo a gettare sul marciapiede, come stanno invece facendo molti “prudenti” ed “opportuni” Eminenti ed Eccellenti Signori che, nelle loro ormai patologiche e temo irreversibili dissociazioni dell’umano e cristiano reale, potrebbero avere persino l’ardire di rimproverare me per avere osato dire solo e null’altro che il palese e solare orrido vero: I dialoghi sulla vagina all’ombra della Tomba del Principe degli Apostoli. E chiunque abbia da smentire, Padre Federico Lombardi in testa, portavoce ufficiale della Sala Stampa della Santa Sede, si faccia avanti; ma lo faccia però con solide e chiare argomentazioni, perché ormai, le scalate sugli specchi scivolosi, riescono ad annusarle da lontano persino gli ingenui, non più disposti a credere a tutte le trovate a effetto dei “cattolici adulti”, che mirano a scristianizzare e ridicolizzare la Chiesa dall’interno, rendendola agli occhi del mondo comica, grottesca e caricaturale. E tutta questa è abile e devastante opera del Demonio. Pertanto, si faccia la guerra a Satana, anziché mostrare stizza verso di me, colpevole di dire che «il Re è nudo” e che «la Regina langue». 

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Per esaminare tutto l’intero programma su I dialoghi della vagina stampati sullo sfondo della Papale Basilica di San Pietro, i quali si terranno presso il Pontificio Institutum Patristicum Augustianianum cliccare QUI QUI

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VATICANATE, MEGLIO PARLARE DEL “PUNTO G” CHE DI GESÙ!

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In Vaticano ultimamente stanno aprendo tante “porte”, ma mai quella giusta!

Dall’Isola di Patmos ci giunge una seria riflessione firmata Padre Ariel S. Levi di Gualdo – vedi qui – che non possiamo non condividere e pure far nostra dal momento che ci riguarda tutti, e tutti cattolicamente.

Non è uno “scherzo da prete”, ma una vera e propria porcata.

Di cosa si tratta è presto detto: l’assurda iniziativa studiata in Vaticano per ospitare un, ehm… Congresso di estetica ginecologica…. presso L’Institutum Patristicum Augustianianum — pontificio istituto con sede di fronte a San Pietro, dipendente dalla Santa Sede e aggregato alla Pontificia Università Lateranense ―, si svolgerà il primo convegno mondiale di estetica ginecologica.

Quanto si dovesse esprimere, tanto per sottolineare quel “sì si, no, no”, lo ha fatto per noi egregiamente Padre Ariel, qui dal canto nostro vogliamo aggiungere solo dell’altro.

La prima domanda che ci viene spontanea è: a chi serve questo incontro e a cosa serve realmente?

Vediamo come il termine “servire” viene distorto in questa iniziativa e il dramma è che proviene da una iniziativa interna alla Chiesa. Non entriamo nei particolari già ben espressi da Padre Ariel, ma non possiamo non chiederci: con tutte queste PORTE aperte, non è che dal Vaticano si sono persi la porta giusta e si sono davvero smarriti in un labirinto come quello del re Minosse, a caccia poi del mitico Minotauro?

Che cosa sta accadendo alla Santa Madre Chiesa, al suo interno?

Ci risponderanno, dal Vaticano: “ma no, avete tutti capito male! Qui si parla di estetica per riguardo di quelle donne mutilate da certe tradizioni islamiche, si parla dell’infibulazione, come riparare i danni fatti…”.

Ma è davvero così? NO! Nella presentazione non se ne parla affatto e poi, perdonate il dubbio, questi “estetici della vagina” lavorerebbero gratis per queste Donne? Ma a chi volete prendere in giro?

Il tutto, attenzione, sarà coronato dall’incontro finale con il Papa il quale, dice la presentazione dell’evento, stringerà la mano ad ognuno dei partecipanti. Ci chiediamo fino a che punto il Papa possa essere davvero ignaro di questi fatti. Lui che NON da la Comunione eucaristica per evitare che i peccatori o politici infiltrati si facciano la foto con lui – vedi qui – finisce per dare la mano e di farsi fotografare con i medesimi “senza scrupoli” ai quali non avrebbe dato la Comunione…. Fino a che punto il Papa può essere davvero innocente di fronte a queste iniziative? Non è vero che l’ignoranza è sempre una scusante, delle volte è anche causa di colpevolezza.

Il punto G, in questi incontri di estetica ginecologica, non parla certo di Gesù Cristo!! ma di ben altro che, del tutto naturale in campo naturale, diventa perverso e diabolico quando dal naturale diventa artificiale e soggetto ad un interesse del tutto pianificato e che prevede addirittura la sua amplificazione quasi in stereofonia, non ha nulla da spartire con la pastorale matrimoniale e le catechesi sull’amore coniugale…

Trasformare il punto G in questione – come è previsto dal programma degli incontri – con una sorta di nuova spiritualità, con una NUOVA VISIONE DELL’AMARE E DELL’AMORE, è davvero diabolico e di una perversione senza precedenti nella Chiesa.

Un ultima domanda ci assilla e, maggiormente, in questo Tempo Natalizio: che fine ha fatto il SENSO DEL PUDORE dentro il Vaticano?

È vero che Gesù insegna dicendo: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro (…) Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo» (Mc 7,14-23),

…impurità, inganno, dissolutezza… albergano dentro gli uomini SENZA PUDORE e si trasmettono così sotto l’inganno di nuove dottrine, di nuove culture, di nuove iniziative mascherate dal nuovo benessere. Il senso autentico del pudore è proprio di quella sfera sessuale che insegnava, da dentro la Chiesa stessa, di non profanare il talamo dei coniugi. Di non parlare di sessualità non per oscurantismo, ma proprio per pudore salvaguardando piuttosto L’INTIMITA’ dei coniugi, una intimità oggi sbattuta su tutti i cartelloni pubblicitari senza, appunto, alcun pudore.

Dalla mancanza del pudore sopraggiungono le impurità, gli inganni, ogni dissolutezza, perché il pudore – messo in pratica – segna un confine intelligente oltre il quale non esiste più intimità, viene meno ogni purezza perché, questo pudore, è quel vero ed autentico senso di rispetto verso il prossimo, verso gli altri nella sfera più intima, ed anche verso chi legge, verso il gregge che può essere scandalizzato nel leggere queste cose, nell’apprendere di queste iniziative attraverso le quali viene sballottato qua e la da ogni “vento di dottrina”.

L’abbattimento del senso del pudore ha prodotto anche molti altri danni quali quello del linguaggio…. ma questo è un altro argomento.

Che questo Santo Natale di Nostro Signore Gesù Cristo ci porti il dono del SACRO PUDORE: riscopriamo questo senso indispensabile per riappropriarci delle nostre intimità, per riprenderci le sfere private e proteggerle non soltanto da sguardi indiscreti e pruriginosi, ma anche e proprio per noi stessi e da noi stessi, per preservare e custodire nel pudore, in questo mondo – dove il concetto di scoperta o scoprire è un vanto – quello strumento naturale e indispensabile che il Signore ci ha donato per procreare, per contribuire e collaborare alla vita e che sono i genitali maschile e femminile.

 
SENZA CANCELLARE NULLA, PUBBLICHIAMO LA "SMENTITA" DI PADRE LOMBARDI APPENA ARRIVATA MA CHE NON STA NEL SITO DI RADIO VATICANA.... Mma trasmessa dal Sismografo senza la fonte..... cosa assai anomala....

SABATO 19 DICEMBRE 2015

Vaticano
(a cura Redazione "Il sismografo")

(LB) Il Direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, interpellato da noi su presunti rapporti fra il Vaticano e un Congresso della “European Society of Aesthetic Gynecology” ha risposto:
"In alcuni articoli di stampa si è parlato di un First World Congress organizzato dalla “European Society of Aesthetic Gynecology”, che avrebbe luogo “in Vaticano” nel prossimo mese di aprile.
Il materiale relativo al programma che si trova nel Sito suggerisce intenzionalmente questo accostamento, utilizzando la figura della facciata di San Pietro, specificando che i partecipanti potrebbero partecipare all’Udienza generale e visitare i Giardini vaticani, e affermando pure - in qualche testo – che il Convegno avrà luogo “in Vaticano”.
In un altro testo del Sito si dice che il Convegno avrà luogo all’Istituto Augustinianum. L’Augustinianum smentisce nel modo più assoluto. Inoltre non risulta in alcun modo che la organizzazione di un tale Convegno abbia a che vedere con qualche istituzione vaticana o della Santa Sede.







[Modificato da Caterina63 19/12/2015 22:08]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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