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Omelie del Papa da Santa Marta Anno del Giubileo (5)

Ultimo Aggiornamento: 21/10/2016 15:44
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09/01/2016 11:20
 
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Francesco: opere di misericordia, cuore della nostra fede

Papa Francesco a Santa Marta - OSS_ROM

Papa Francesco a Santa Marta - OSS_ROM

07/01/2016 

Le opere di misericordia sono al cuore della nostra fede in Dio. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, la prima dopo la pausa natalizia. Soffermandosi sulla prima lettura, tratta dalla Prima Lettera di San Giovanni Apostolo, il Pontefice ha inoltre avvertito che bisogna guardarsi dalla mondanità e da quegli spiriti che ci allontanano da Dio che si è fatto carne per noi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

“Rimanere in Dio”. Papa Francesco ha sviluppato la sua omelia muovendo da questa affermazione di San Giovanni Apostolo nella Prima Lettura. “Rimanere in Dio – ha ripreso – è un po’ il respiro della vita cristiana, e lo stile”. Un cristiano, ha detto ancora, “è quello che rimane in Dio” che “ha lo Spirito Santo e si lascia guidare da Lui”. Al tempo stesso, ha rammentato Francesco, l’Apostolo mette in guardia dal prestare “fede a ogni spirito”. Bisogna dunque mettere “alla prova gli spiriti, per saggiare se provengono veramente da Dio. E questa è la regola quotidiana di vita che ci insegna Giovanni”.

Ma cosa vuol dire allora “mettere alla prova gli spiriti”? Non si tratta di “fantasmi”, ha tenuto a precisare il Papa: si tratta di “saggiare”, vedere “cosa succede nel mio cuore”, qual è la radice “di ciò che sto sentendo adesso, da dove viene? Questo è mettere alla prova per saggiare”: se quello che “sento viene da Dio” o viene dall’altro, “dall’anticristo”.

Discernere bene cosa accade nella nostra anima
La mondanità, ha così ripreso, è proprio “lo spirito che ci allontana dallo Spirito di Dio che ci fa rimanere nel Signore”. Qual è dunque il criterio per “fare un bel discernimento di quello che accade nella mia anima?”, si chiede il Papa. L’Apostolo Giovanni ne dà uno solo: “Ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio, e ogni spirito che non riconosce Gesù non è da Dio”:

“Il criterio è l’Incarnazione. Io posso sentire tante cose dentro, anche cose buone, idee buone. Ma se queste idee buone, questi sentimenti, non mi portano a Dio che si è fatto carne, non mi portano al prossimo, al fratello, non sono di Dio. Per questo, Giovanni incomincia questo passo della sua lettera dicendo: ‘Questo è il comandamento di Dio: che crediamo nel nome del Figlio Suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri’”.

Le opere di misericordia sono al centro della nostra fede
Possiamo fare “tanti piani pastorali”, ha soggiunto, immaginare nuovi “metodi per avvicinarci alla gente”, ma “se non facciamo la strada di Dio venuto nella carne, del Figlio di Dio che si è fatto Uomo per camminare con noi, non siamo sulla strada del buon spirito: è l’anticristo, è la mondanità, è lo spirito del mondo”:

“Quanta gente troviamo, nella vita, che sembra spirituale: ‘Ma che persona spirituale, questa!’; ma non parlare di fare opere di misericordia. Perché? Perché le opere di misericordia sono proprio il concreto della nostra confessione che il Figlio di Dio si è fatto carne: visitare gli ammalati, dare da mangiare a chi non ha cibo, aver cura degli scartati … Opere di misericordia: perché? Perché ogni fratello nostro, che dobbiamo amare, è carne di Cristo. Dio si è fatto carne per identificarsi con noi. E quello che soffre è il Cristo che lo soffre”.

Se lo spirito viene da Dio mi porta al servizio degli altri
“Non prestate fede a ogni spirito, state attenti – ha ribadito il Papa – mettete alla prova gli spiriti per saggiare se provengono veramente da Dio”. E ha sottolineato che “il servizio al prossimo, al fratello, alla sorella che ha bisogno” che “ha bisogno, anche, di un consiglio, che ha bisogno del mio orecchio per essere ascoltato”, “questi sono i segni che andiamo sulla strada del buono spirito, cioè sulla strada del Verbo di Dio che si è fatto carne”:

“Chiediamo al Signore, oggi, la grazia di conoscere bene cosa succede nel nostro cuore, cosa ci piace fare, cioè quello che a me tocca di più: se lo spirito di Dio, che mi porta al servizio degli altri, o lo spirito del mondo che gira intorno a me stesso, alle mie chiusure, ai miei egoismi, a tante altre cose… Chiediamo la grazia di conoscere cosa succede nel nostro cuore”.








Francesco: l'abbraccio dell'amore di Dio fa tacere l'accusa del peccato

Papa Francesco celebra Messa a Casa S. Marta - OSS_ROM

Papa Francesco celebra Messa a Casa S. Marta - OSS_ROM

08/01/2016 

Non tutto l’amore viene da Dio, ma è Dio il “vero amore”. È il pensiero, ispirato dalla liturgia del giorno, sul quale Papa Francesco ha imperniato l’omelia della Messa del mattino celebrata nella cappella di Casa Santa Marta. Dio, ha ripetuto il Papa, ama sempre e ama per primo, non importa quanto siamo peccatori. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Amore, compassione. Quanto diversamente possono intenderli Dio e l’uomo. Nella sua prima Lettera, l’Apostolo Giovanni – osserva Papa Francesco – intesse una lunga riflessione sui due comandamenti principali della vita di fede: l’amore di Dio e l’amore del prossimo. L’amore di per sé “è bello, amare è bello”, assicura il Papa, e tuttavia un amore sincero “si fa forte e cresce nel dono della propria vita”:

“Questa parola ‘amore’ è una parola che si usa tante volte e non si sa, quando si usa, cosa significhi esattamente. Cosa è l’amore? Delle volte pensiamo all’amore delle telenovele, no, quello non sembra amore. O l’amore può sembrare un entusiasmo per una persona e poi… si spegne. Da dove viene il vero amore? Chiunque ama è stato generato da Dio, perché Dio è amore. Non dice: 'Ogni amore è Dio', no: Dio è amore”.

L'anno del perdono
Giovanni sottolinea una caratteristica dell’amore di Dio: ama “per primo”. Ne è una prova la scena del Vangelo della moltiplicazione dei pani, proposta dalla liturgia: Gesù guarda la folla e ne “ha compassione”, il  che – puntualizza Francesco – “non è la stessa cosa che avere pena”. Perché l’amore che Gesù nutre per le persone che lo circondano “lo porta a ‘patire con' loro, a coinvolgersi – spiega il Papa – nella vita della gente”. E questo amore di Dio, mai preceduto dall’amore dell’uomo, conta mille esempi, che Francesco cita, da Zaccheo, a Natanaele, al figliol prodigo:

“Quando noi abbiamo qualcosa nel cuore e vogliamo chiedere perdono al Signore, è Lui che ci aspetta per dare il perdono. Quest’Anno della Misericordia un po’ è anche questo: che noi sappiamo che il Signore ci sta aspettando, ognuno di noi. Perché? Per abbracciarci. Niente di più. Per dire: 'Figlio, figlia, ti amo. Ho lasciato che crocifiggessero mio Figlio per te; questo è il prezzo del mio amore'. Questo è il regalo di amore”.

"Con un abbraccio ti farà tacere"
“Il Signore mi aspetta, il Signore vuole che io apra la porta del mio cuore”: questa certezza, insiste Francesco, si deve averla “sempre”. E se sorgesse lo scrupolo di non sentirsi degni dell’amore di Dio, “è meglio - esclama il Papa - perché Lui ti aspetta, così come tu sei, non come ti dicono ‘che si deve fare’”:

“Andare dal Signore e dire: ‘Ma tu sai Signore che io ti amo’. O se non me la sento di dirla così: 'Tu sai Signore che io vorrei amarti, ma sono tanto peccatore, tanto peccatrice'. E lui farà lo stesso che ha fatto col figliol prodigo che ha speso tutti i soldi nei vizi: non ti lascerà finire il tuo discorso, con un abbraccio ti farà tacere. L’abbraccio dell’amore di Dio”.







Francesco: non i Papi ma la preghiera cambia la Chiesa e i cuori

Papa Francesco celebra la Messa a S. Marta - OSS_ROM

Papa Francesco celebra la Messa a S. Marta - OSS_ROM

12/01/2016

La preghiera fa miracoli e impedisce al cuore di indurirsi, dimenticando la pietà. Lo ha ripetuto Papa Francesco all’omelia della Messa del mattino celebrata in Casa Santa Marta. “La preghiera dei fedeli – ha affermato Francesco – cambia la Chiesa: non siamo noi, i Papi, i vescovi, i sacerdoti” a “portare avanti la Chiesa”, ma “sono i Santi”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Possiamo essere persone di fede e aver smarrito il senso della pietà sotto la cenere del giudizio, delle critiche a oltranza. La storia che racconta la pagina della Bibbia commentata dal Papa ne è un esempio lampante. I protagonisti sono Anna – una donna angosciata per la propria sterilità che supplica in lacrime Dio di donarle un figlio – e un sacerdote, Eli, che la osserva distrattamente da lontano, seduto su un seggio del tempio.

La "scommessa" della preghiera
La scena descritta dal libro di Samuele fa prima udire le parole accorate di Anna e poi i pensieri del sacerdote, il quale non riuscendo a udire niente bolla con malevola superficialità il muto bisbiglìo della donna: per lui è solo “un’ubriaca”. E invece, come poi accadrà, quel pianto a dirotto sta per strappare a Dio il miracolo richiesto:

“Anna pregava in cuor suo e si muovevano soltanto le labbra, ma la voce non si udiva. Questo è il coraggio di una donna di fede che con il suo dolore, con le sue lacrime, chiede al Signore la grazia. Tante donne brave sono così nella Chiesa, tante!, che vanno a pregare come se fosse una scommessa… Ma pensiamo soltanto a una grande, Santa Monica, che con le sue lacrime è riuscita ad avere la grazia della conversione di suo figlio, Sant’Agostino. Tante ce ne sono così”.

Lottare in ginocchio
Eli, il sacerdote, è “un povero uomo” verso il quale, ammette Francesco, “sento una “certa simpatia” perché “anche in me trovo difetti che mi fanno avvicinare a lui e capirlo bene”. “Con quanta facilità – afferma il Papa – noi giudichiamo le persone, con quanta facilità non abbiamo il rispetto di dire: ‘Ma cosa avrà nel suo cuore? Non lo so, ma io non dico nulla…’”. Quando “manca la pietà nel cuore, sempre si pensa male” e non si comprende chi invece prega “col dolore e con l’angoscia” e “affida quel dolore e angoscia al Signore”:

“Questa preghiera l’ha conosciuta Gesù nell’Orto degli Ulivi, quando era tanta l’angoscia e tanto il dolore che gli è venuto quel sudore di sangue. E non ha rimproverato il Padre: ‘Padre, se tu vuoi toglimi questo, ma sia fatta la tua volontà’. E Gesù ha risposto sulla stessa strada di questa donna: la mitezza. Delle volte, noi preghiamo, chiediamo al Signore, ma tante volte non sappiamo arrivare proprio a quella lotta col Signore, alle lacrime, a chiedere, chiedere la grazia”.

I fedeli santi, non i Papi
Il Papa ricorda ancora la storia di quell'uomo di Buenos Aires che, con la figlia di 9 anni ricoverata in fin di vita, va di notte dalla Vergine di Lujàn e passa la notte aggrappato alla cancellata del Santuario a chiedere la grazia della guarigione. E la mattina dopo, ritornando in ospedale, trova la figlia guarita:

“La preghiera fa miracoli. Anche fa miracoli a quelli che sono cristiani, siano fedeli laici, siano sacerdoti, vescovi che hanno perso la devozione pietà. La preghiera dei fedeli cambia la Chiesa: non siamo noi, i Papi, i vescovi, i sacerdoti, le suore a portare avanti la Chiesa, sono i santi! E i santi sono questi, come questa donna. I santi sono quelli che hanno il coraggio di credere che Dio è il Signore e che può fare tutto”.





Papa Francesco: la fede non s'impara sui libri, è dono di Dio da chiedere

Il Papa nella Cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM

Il Papa nella Cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM

14/01/2016 

La fede vince sempre, perché trasforma in vittoria anche la sconfitta, ma non è una cosa "magica", è un rapporto personale con Dio che non s'impara sui libri, è infatti un dono di Dio, un dono da chiedere: è questo, in sintesi, quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Ce ne parla Sergio Centofanti:

La prima lettura tratta dal Libro di Samuele racconta la sconfitta del Popolo di Dio ad opera dei filistei: “la strage fu molto grande”, il popolo perde tutto, “anche la dignità”. “Cosa ha portato a questa sconfitta?” si chiede il Papa: il popolo “lentamente si era allontanato dal Signore, viveva mondanamente, anche con gli idoli che aveva”. Si recavano al Santuario di Silo, ma “come se fosse una abitudine culturale: avevano perso il rapporto filiale con Dio. Non adoravano Dio! E il Signore li lasciò da soli”. Il popolo usa perfino l’Arca di Dio per vincere la battaglia, ma come se fosse una cosa “un po’ magica”. “Nell’Arca – ricorda il Papa - c’era la Legge, la Legge che loro non osservavano e dalla quale si erano allontanati”. Non c’era più “un rapporto personale con il Signore! Avevano dimenticato il Dio che li aveva salvati”. E vengono sconfitti, 30mila israeliti uccisi, l’Arca di Dio è presa dai Filistei, i due figli di Eli, “quei sacerdoti delinquenti che sfruttavano la gente nel Santuario di Silo” muoiono. “Una sconfitta totale” afferma il Papa: “Un popolo che si allontana da Dio finisce così”. Ha un santuario, ma il cuore non è con Dio, non sa adorare Dio: “Credi in Dio, ma un Dio un po’ nebbioso, lontano, che non entra nel tuo cuore e tu non obbedisci ai suoi Comandamenti. Questa è la sconfitta!”. Il Vangelo del giorno, invece, ci parla di una vittoria:

“In quel tempo venne da Gesù un lebbroso che lo supplicava in ginocchio – proprio in un gesto di adorazione – e gli diceva: ‘Se vuoi, puoi purificarmi’. Sfida il Signore dicendo: ‘Io sono uno sconfitto nella vita – il lebbroso era uno sconfitto, perché non poteva fare vita comune, era sempre ‘scartato’, messo da parte – ma tu puoi trasformare questa sconfitta in vittoria!’. Cioè: ‘Se vuoi, puoi purificarmi’. Davanti a questo Gesù ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: ‘Io lo voglio! Sii purificato!’. Così, semplicemente: questa battaglia è finita in due minuti con la vittoria; quell’altra, tutta la giornata, con la sconfitta. Quell’uomo aveva qualcosa che lo spingeva ad andare da Gesù e lanciargli quella sfida. Aveva fede!”.

L’Apostolo Giovanni dice che la vittoria sul mondo è la nostra fede. “La nostra fede vince, sempre!”:

“La fede è vittoria. La fede. Come quest’uomo: ‘Se vuoi, puoi farlo’. Gli sconfitti della Prima Lettura pregavano Dio, portavano l’Arca, ma non avevano fede, l’avevano dimenticato. Questo aveva fede e quando si chiede con fede, Gesù stesso ci ha detto che si muovono le montagne. Siamo capaci di spostare una montagna da una parte all’altra: la fede è capace di questo. Gesù stesso ci ha detto: ‘Qualunque cosa che chiedete al Padre nel mio nome, vi sarà data. Chiedete e vi sarà dato; bussate e vi sarà aperto’. Ma con la fede. E questa è la nostra vittoria”.

Papa Francesco conclude l’omelia con questa preghiera:

Chiediamo al Signore che la nostra preghiera sempre abbia quella radice di fede, nasca dalla fede in Lui. La grazia della fede: è un dono la fede. Non si impara sui libri. E’ un dono che ti dà il Signore, ma chiedilo: ‘Dammi la fede!’. ‘Credo, Signore!’ ha detto quell’uomo che chiedeva a Gesù di guarire suo figlio: ‘Chiedo Signore, aiuta la mia poca fede’. La preghiera con la fede … e viene guarito. Chiediamo al Signore la grazia di pregare con fede, di essere sicuri che ogni cosa che chiediamo a Lui ci sarà data, con quella sicurezza che ci dà la fede. E questa è la nostra vittoria: la nostra fede!”.



Francesco: fede è dono che cambia la vita, non si può comprare

Papa Francesco a Santa Marta - OSS_ROM

Papa Francesco a Santa Marta - OSS_ROM

15/01/2016 

"Com’è la mia fede in Gesù Cristo?”. E’ l’interrogativo che Papa Francesco ha rivolto nell’omelia alla Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha preso spunto dal Vangelo per ribadire che, per comprendere davvero Gesù, non dobbiamo avere il “cuore chiuso”, ma seguirlo sulla strada del perdono e dell’umiliazione. “La fede – ha ammonito – nessuno la può comprare”, è “un dono” che ci cambia la vita. Il servizio di Alessandro Gisotti:

La gente fa di tutto per avvicinarsi a Gesù e non pensa ai rischi in cui può incorrere pur di poterlo ascoltare o semplicemente sfiorare. E’ quanto sottolineato da Francesco che ha preso spunto dal Vangelo di Marco che narra della guarigione del paralitico a Cafarnao. Tanta era la gente davanti la casa dove si trovava Gesù che dovettero scoperchiare il tetto e calare di lì il lettuccio su cui si trovava l’infermo. “Avevano fede – commenta il Papa – la stessa fede di quella signora che anche, in mezzo alla folla, quando Gesù andava a casa di Giairo, si è arrangiata per toccare il lembo della veste di Gesù, del manto di Gesù, per essere guarita”. La stessa fede del centurione per la guarigione del suo servo. “La fede forte, coraggiosa, che va avanti – ha detto Francesco – il cuore aperto alla fede”.

Se abbiamo il cuore chiuso, non possiamo capire Gesù
Nella vicenda del paralitico, ha annotato, “Gesù fa un passo avanti”. A Nazareth, all’inizio del suo ministero, “era andato in Sinagoga e aveva detto che era stato inviato per liberare gli oppressi, i carcerati, dare la vista ai ciechi … inaugurare un anno di grazia”, cioè un anno “di perdono, di avvicinamento al Signore. Inaugurare una strada verso Dio”. Qui però fa un passo in più: non solo guarisce i malati ma perdona i loro peccati:

“C’erano lì quelli che avevano il cuore chiuso, ma accettavano – fino a un certo punto – che Gesù fosse un guaritore. Ma perdonare i peccati è forte! Quest’uomo va oltre! Non ha diritto a dire questo, perché soltanto Dio può perdonare i peccati e Gesù conosceva cosa pensavano loro e dice: ‘Io sono Dio’? No, non lo dice. ‘Perché pensate queste cose? Perché sapete che il Figlio dell’Uomo ha il potere – è il passo avanti! – di perdonare i peccati. Alzati, prendi e guarisci’. Incomincia a parlare quel linguaggio che a un certo punto scoraggerà la gente, alcuni discepoli che lo seguivano … Duro è questo linguaggio, quando parla di mangiare il suo Corpo come strada di salvezza”.

Chiediamoci se la fede in Gesù cambia davvero la nostra vita
Capiamo, ha affermato Papa Francesco, che Dio viene a “salvarci dalle malattie”, ma innanzitutto a “salvarci dai nostri peccati, salvarci e portarci dal Padre. E’ stato inviato per quello, per dare la vita per la nostra salvezza. E questo è il punto più difficile da capire”, non solo dagli scribi. Quando Gesù si fa vedere con un potere più grande di quello di un uomo “per dare quel perdono, per dare la vita, per ricreare l’umanità, anche i suoi discepoli dubitano. E se ne vanno”. E Gesù, ha rammentato, “deve chiedere al suo piccolo gruppetto: ‘Anche voi volete andarvene?’”:

“La fede in Gesù Cristo. Come è la mia fede in Gesù Cristo? Credo che Gesù Cristo è Dio, è il Figlio di Dio? E questa fede mi cambia la vita? Fa che nel mio cuore si inauguri quest’anno di grazia, quest’anno di perdono, quest’anno di avvicinamento al Signore? La fede è un dono. Nessuno ‘merita’ la fede. Nessuno la può comprare. E’ un dono. La ‘mia’ fede in Gesù Cristo, mi porta all’umiliazione? Non dico all’umiltà: all’umiliazione, al pentimento, alla preghiera che chiede: ‘Perdonami, Signore. Tu sei Dio. Tu ‘puoi’ perdonare i miei peccati”.

La prova della nostra fede è la capacità di lodare Dio
Il Signore, è l’invocazione del Papa, “ci faccia crescere nella fede”. La gente, ha constatato, “cercava Gesù per sentirlo” perché parlava “con autorità, non come parlano gli scribi”. Anche, ha soggiunto, lo seguiva perché guariva, “fa dei miracoli!”. Ma alla fine, “questa gente, dopo aver visto questo, se ne andò e tutti si meravigliarono e lodavano Dio”:

"La lode. La prova che io credo che Gesù Cristo è Dio nella mia vita, che è stato inviato a me per ‘perdonarmi’, è la lode: se io ho capacità di lodare Dio. Lodare il Signore. E’ gratuito, questo. La lode è gratuita. E’ un sentimento che dà lo Spirito Santo e ti porta a dire: ‘Tu sei l’unico Dio’. Che il Signore ci faccia crescere in questa fede in Gesù Cristo Dio, che ci perdona, ci offre l’anno di grazia e questa fede ci porta alla lode”.










[Modificato da Caterina63 15/01/2016 14:34]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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