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Omelie del Papa da Santa Marta Anno del Giubileo (5)

Ultimo Aggiornamento: 21/10/2016 15:44
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28/01/2016 12:08
 
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Papa: il cristiano ha un cuore grande che accoglie tutti

Il Papa nella Cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM

Il Papa nella Cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM

28/01/2016 

Il cuore del cristiano è magnanimo perché è figlio di un Padre dall’animo grande e apre le braccia per accogliere tutti con generosità: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta, nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di San Tommaso d’Aquino. Presenti alcuni sacerdoti che hanno festeggiato col Papa i 50 anni della loro ordinazione. Il servizio di Sergio Centofanti:

Il cristiano è un testimone della luce di Dio
“Il mistero di Dio è luce” – afferma Papa Francesco – che commenta il l Vangelo del giorno in cui Gesù dice che la luce non viene “per essere messa sotto il moggio o sotto il letto, ma per essere messa sul candelabro, per illuminare”:

“E questo è uno dei tratti del cristiano, che ha ricevuto la luce nel Battesimo e deve darla. Cioè, il cristiano è un testimone. Testimonianza. Una delle peculiarità degli atteggiamenti cristiani. Un cristiano che porta questa luce, deve farla vedere perché lui è un testimone. Quando un cristiano preferisce non far vedere la luce di Dio ma preferisce le proprie tenebre, esse gli entrano nel suo cuore perché ha paura della luce e gli idoli, che sono tenebre, gli piacciono di più, allora gli manca: gli manca qualcosa e non è un vero cristiano. La testimonianza: un cristiano è un testimone. Di Gesù Cristo, Luce di Dio. E deve mettere quella luce sul candelabro della sua vita”.

Il cristiano è magnanimo: perde per guadagnare Cristo
Nel Vangelo Gesù dice: “Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più”. “Un altro tratto del cristiano – commenta il Papa - è la magnanimità, perché è figlio di un padre magnanimo, dall’animo grande”:

“Il cuore cristiano è magnanimo. E’ aperto, sempre. Non è un cuore che si chiude nel proprio egoismo. O almeno conta: fino a qui, fino a qua. Quando tu entri in questa luce di Gesù, quando tu entri nell’amicizia di Gesù, quando ti lasci guidare dallo Spirito Santo, il cuore diventa aperto, magnanimo … Il cristiano, a quel punto, non guadagna: perde. Ma perde per guadagnare un’altra cosa, e con questa – tra virgolette – ‘sconfitta’ di interessi, guadagna Gesù, guadagna diventando testimone di Gesù”.

Il grazie ai sacerdoti che hanno dato luce 
Papa Francesco si rivolge quindi a quanti, tra i presenti, hanno compiuto i 50 anni di sacerdozio:

“Per me è una gioia celebrare oggi fra voi, che fate il 50.mo del vostro sacerdozio: 50 anni sulla strada della luce e della testimonianza, 50 anni cercando di essere migliori, cercando di portare la luce sul candelabro: delle volte cade, ma andiamo un’altra volta, sempre con quella volontà di dare luce, generosamente, cioè con il cuore magnanimo. Soltanto Dio e la vostra memoria sanno quanta gente avete ricevuto con magnanimità, con  bontà di padri, di fratelli … A quanta gente che aveva il cuore un po’ oscuro avete dato luce, la luce di Gesù. Grazie. Grazie per quello che avete fatto nella Chiesa, per la Chiesa e per Gesù”.

“Che il Signore vi dia la gioia, questa gioia grande – ha concluso il Papa - di avere seminato bene, di avere illuminato bene e di avere aperto le braccia per ricevere tutti con magnanimità”.








Papa: debolezza fa peccare, ma non trasformiamoci in corrotti

Papa Francesco celebra la Messa a Casa S. Marta - OSS_ROM

Papa Francesco celebra la Messa a Casa S. Marta - OSS_ROM

29/01/2016 

Preghiamo Dio perché la debolezza che ci induce a peccare non si trasformi mai in corruzione. A questo tema tante volte affrontato, Papa Francesco ha dedicato l’omelia della Messa del mattino, celebrata in Casa Santa Marta. Il Papa ha narrato la storia biblica di Davide e Betsabea, sottolineando come il demonio induca i corrotti a non sentire, diversamente da altri peccatori, il bisogno del perdono di Dio. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Si può peccare in tanti modi e per tutto si può chiedere sinceramente a Dio perdono e senza alcun dubbio sapere che quel perdono sarà ottenuto. Il problema nasce con i corrotti. La cosa pessima di un corrotto, torna a ripetere ancora una volta Papa Francesco, è che “un corrotto non ha bisogno di chiedere perdono”, perché gli basta il potere su cui poggia la sua corruzione.

Dio non mi serve
È il comportamento che il re Davide assume quando si innamora di Betsabea, moglie di un suo ufficiale, Uria, che sta combattendo lontano. Il Papa ripercorre, citando anche i passi omessi per brevità, la vicenda narrata dalla Bibbia. Dopo aver sedotto la donna e aver saputo che è incinta, Davide architetta un piano per coprire l’adulterio. Richiama dal fronte Uria e gli offre di andare a casa a riposarsi. Uria, uomo leale, non se la sente di andare a stare da sua moglie mentre i suoi uomini muoiono in battaglia. Allora, Davide ritenta stavolta facendolo ubriacare, ma neanche questa mossa funziona:

“Questo ha messo un po’ in difficoltà Davide, ma lui disse: ‘Ma no, io ce la faccio…’. E ha fatto una lettera, come abbiamo sentito: ‘Ponete Uria a capitano, sul fronte della battaglia più dura, poi ritiratevi da lui, perché resti colpito e muoia'. La condanna a morte. Quest’uomo, fedele - fedele alla legge, fedele al suo popolo, fedele al suo re – porta con sé la condanna a morte”.

La “sicurezza” della corruzione
“Davide è santo ma anche peccatore”. Cade nella lussuria eppure, considera Francesco, Dio gli voleva “tanto bene”. Tuttavia, osserva, “il grande, il nobile Davide” si sente così “sicuro – “perché il regno era forte” – che dopo aver commesso adulterio muove tutte le leve a sua disposizione pur di sistemare la cosa, sia pure in modo menzognero, fino a ordire e ordinare l’assassinio di un uomo leale, facendolo passare per una disgrazia di guerra:

“Questo è un momento nella vita di Davide che ci fa vedere un momento per il quale tutti noi possiamo andare nella nostra vita: è il passaggio dal peccato alla corruzione. Qui Davide incomincia, fa il primo passo verso la corruzione. Ha il potere, ha la forza. E per questo la corruzione è un peccato più facile per tutti noi che abbiamo qualche potere, sia potere ecclesiastico, religioso, economico, politico… Perché il diavolo ci fa sentire sicuri: ‘Ce la faccio io’”.

“Peccatori sì, corrotti mai”
La corruzione – dalla quale poi per grazia di Dio Davide si riscatterà – ha intaccato il cuore di quel “ragazzo coraggioso” che aveva affrontato il filisteo con la fionda e cinque pietre. “Io vorrei oggi sottolineare solo questo”, conclude Francesco: c’è “un momento dove l’abitudine del peccato o un momento dove la nostra situazione è tanto sicura e siamo ben visti e abbiamo tanto potere” che il peccato smette “di essere peccato” e diventa “corruzione”:

"Il Signore sempre perdona. Ma una delle cose più brutte che ha la corruzione è che il corrotto non ha bisogno di chiedere perdono, non se la sente... Facciamo oggi una preghiera per la Chiesa, incominciando da noi, per il Papa, per i vescovi, per i sacerdoti, per i consacrati, per i fedeli laici: ‘Ma, Signore, salvaci, salvaci dalla corruzione. Peccatori sì, Signore, siamo tutti, ma corrotti mai!’. Chiediamo questa grazia”.







Papa: essere umili, ferite corruzione guariscono difficilmente

Papa Francesco a Casa Santa Marta - OSS_ROM

Papa Francesco a Casa Santa Marta - OSS_ROM

01/02/2016

L’umiltà è la strada della santità. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice si è soffermato sulla vicenda del Re Davide che, consapevole del proprio peccato, accetta le umiliazioni con spirito di fiducia nel Signore. Ancora, il Papa ha ammonito che Dio perdona il peccato, “ma  le ferite di una corruzione difficilmente guariscono”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

Re Davide “è a un passo dall’entrare nella corruzione”, ma il profeta Nathan, inviato da Dio, gli fa capire il male che aveva compiuto. Papa Francesco si è soffermato nell’omelia sulla figura di Davide, “peccatore ma santo”.

Le ferite di una corruzione difficilmente guariscono
Davide è dunque peccatore ma non corrotto, perché - annota il Papa - “un corrotto non se ne rende conto”:

“Ci vuole una grazia speciale per cambiare il cuore di un corrotto. E Davide, che aveva il cuore nobile, ancora: ‘Ah, è vero: ho peccato!’, riconosce la sua colpa. E cosa dice Nathan? ‘Il Signore perdona il tuo peccato, ma la corruzione che tu hai seminato crescerà. Tu hai ucciso un innocente per coprire un adulterio. La spada non si allontanerà mai dalla tua Casa’. Dio perdona il peccato, Davide si converte ma le ferite di una corruzione difficilmente guariscono. Lo vediamo in tante parti del mondo”.

Davide si trova a dover affrontare il figlio Assalonne, ormai corrotto, che gli fa guerra. Ma il re riunisce i suoi e decide di lasciare la città e lascia tornare indietro l’Arca, non usa Dio per difendersi. Se ne va “per salvare il suo popolo”. “E questa – rileva Francesco – è la strada di santità che Davide, dopo quel momento in cui era entrato nella corruzione, incomincia a fare”.

Re Davide si affida a Dio e così passa dal peccato alla santità
Davide dunque piangendo e con il capo coperto lascia la città e c’è chi lo insegue per insultarlo. Fra questi, Simei che gli dice “sanguinario”, lo maledice. Davide accetta questo perché, afferma il Papa, “se maledice, è perché il Signore” glielo ha detto:

“Poi Davide disse ai suoi servi: ‘Ecco, il figlio uscito dalle mie viscere cerca di togliermi la vita’. Assalonne. ‘E allora, questo beniaminita lasciatelo maledire, poiché glielo ha ordinato il Signore’. Davide sa vedere i segni: è il momento della sua umiliazione, è il momento nel quale lui sta pagando la sua colpa. ‘Forse il Signore guarderà alla mia afflizione e mi renderà il bene in cambio della maledizione di oggi’, e si affida nelle mani del Signore. Questo è il percorso di Davide, dal momento della corruzione a questo affidamento nelle mani del Signore. E questa è santità. Questa è umiltà”.

“Io – riprende Francesco – penso ognuno di noi, se qualcuno ci dice qualcosa, una cosa brutta“, “subito cerchiamo di dire che non è vero”. Oppure facciamo come Simei: “Diamo una risposta più brutta ancora”.

I cristiani abbiano la grazia dell’umiltà
“L’umiltà – sottolinea – soltanto può arrivare a un cuore tramite le umiliazioni. Non c’è umiltà senza umiliazioni, e se tu non sei capace di portare alcune umiliazioni nella tua vita, non sei umile”. E’ semplice, è “matematico”, rafforza il Papa:

“L’unica strada per l’umiltà è l’umiliazione. Il fine di Davide, che è la santità, viene tramite l’umiliazione. Il fine della santità che Dio regala ai suoi figli, regala alla Chiesa, viene tramite l’umiliazione del suo Figlio, che si lascia insultare, che si lascia portare sulla Croce – ingiustamente … E questo Figlio di Dio che si umilia, è la strada della santità. E Davide, con il suo atteggiamento, profetizza questa umiliazione di Gesù. Chiediamo al Signore la grazia, per ognuno di noi, per tutta la Chiesa, la grazia dell’umiltà, ma anche la grazia di capire che non è possibile essere umili senza umiliazione”.






Il Papa: la fede è la più grande eredità che possiamo lasciare

Il Papa pronuncia l'omelia nella Cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM

Il Papa pronuncia l'omelia nella Cappella di Casa Santa Marta - OSS_ROM

04/02/2016 

La più bella eredità che possiamo lasciare agli altri è la fede: è quanto ha detto il Papa nella Messa del mattino a Casa Santa Marta. Nell’omelia, ha invitato a non avere paura della morte, perché il percorso della vita continua. Il servizio di Sergio Centofanti:

Il pensiero della morte illumina la vita
La prima lettura del giorno parla della morte del Re Davide. “In ogni vita c’è una fine” – sottolinea il Papa – questo “è un pensiero che non ci piace tanto”, “si copre sempre” ma “è la realtà di tutti i giorni”. Pensare “all’ultimo passo” è “una luce che illumina la vita”, “è una realtà che dobbiamo avere sempre davanti a noi”:

“In una delle udienze del mercoledì c’era tra gli ammalati una suorina anziana, ma con una faccia di pace, uno sguardo luminoso: ‘Ma quanti anni ha lei, suora?’. E con un sorriso: ‘83, ma sto finendo il mio percorso in questa vita, per cominciare l’altro percorso col Signore, perché ho un cancro al pancreas’. E così, in pace, quella donna aveva vissuto con intensità la sua vita consacrata. Non aveva paura della morte: ‘Sto finendo il mio percorso di vita, per incominciare l’altro’. E’ un passaggio. Queste cose ci fanno bene”.

La fede, la più bella eredità
Davide regnò su Israele per 40 anni: “Ma anche 40 anni passano”, osserva Papa Francesco. Prima di morire, Davide esorta il figlio Salomone a osservare la Legge del Signore. Lui in vita aveva peccato molto, ma aveva imparato a chiedere perdono e la Chiesa lo chiama “il Santo re Davide. Peccatore, ma Santo!”. Ora, in punto di morte, lascia al figlio “l’eredità più bella e più grande che un uomo o una donna possa lasciare ai figli: lascia la fede”:

“Quando si fa testamento la gente dice: ‘Ma a questo lascio questo,  a questo lascio quello, a questo lascio questo…’. Sì, sta bene, ma la più bella eredità, la più grande eredità che un uomo, una donna, può lasciare ai suoi figli è la fede. E Davide fa memoria delle promesse di Dio, fa memoria della propria fede in queste promesse e le ricorda al figlio.  Lasciare la fede in eredità. Quando nella cerimonia del Battesimo diamo - i genitori - la candela accesa, la luce della fede, gli stiamo dicendo: ‘Conservala, falla crescere in tuo figlio e in tua figlia e lasciala come eredità'. Lasciare la fede come eredità, questo ci insegna Davide, e muore così, semplicemente come ogni uomo. Ma sa bene cosa consigliare al figlio e quale sia la migliore eredità che gli lascia: non il regno, ma la fede!”.

Dio è fedele, è Padre e non delude mai
Ci farà bene porci una domanda – conclude il Papa – “Qual è l’eredità che io lascio con la mia vita?”:

“Lascio l’eredità di un uomo, una donna di fede? Ai miei lascio questa eredità? Chiediamo al Signore due cose: di non avere paura di quest’ultimo passo, come la sorella dell’udienza di mercoledì - ‘Sto finendo il mio percorso e incomincio l’altro’ - di non avere paura; e la seconda, che tutti noi possiamo lasciare con la nostra vita, come migliore eredità, la fede, la fede in questo Dio fedele, questo Dio che è accanto a noi sempre, questo Dio che è Padre e non delude mai”.








 

[Modificato da Caterina63 04/02/2016 15:53]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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