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Omelie del Papa da Santa Marta Anno del Giubileo (5)

Ultimo Aggiornamento: 21/10/2016 15:44
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23/05/2016 14:16
 
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Francesco: è Gesù e non la ricchezza che dà la vera gioia


Papa Francesco - OSS_ROM

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23/05/2016 




Non può esistere un cristiano senza gioia. E’ quanto affermato da Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Papa ha sottolineato che, anche nelle sofferenze della vita, il cristiano sa affidarsi a Gesù e vivere con speranza. Dal Pontefice, poi, un nuovo richiamo a non lasciarsi dominare dalla ricchezza che alla fine porta solo tristezza. Il servizio di Alessandro Gisotti





Il cristiano vive nella gioia e nello stupore grazie alla Risurrezione di Gesù Cristo. Commentando la Prima Lettera di San Pietro Apostolo, Francesco ha sottolineato che, anche se siamo afflitti dalle prove, non ci sarà mai tolta la gioia “di quello che Dio ha fatto in noi”, “ci ha rigenerati in Cristo e ci ha dato una speranza”.

La carta d’identità del cristiano è la gioia del Vangelo
Noi, ha osservato, “possiamo andare” verso “quella speranza”, che “i primi cristiani dipingevano come un’ancora in cielo”. Noi, ha detto ancora, “prendiamo la corda e andiamo lì”, verso “quella speranza” che ci dona gioia:

“Un cristiano è un uomo e una donna di gioia, un uomo e una donna con gioia nel cuore. Non esiste un cristiano senza gioia! ‘Ma, Padre, io ne ho visti tanti!’ – ‘Non sono cristiani! Dicono di esserlo, ma non lo sono! Gli manca qualcosa’. La carta di identità del cristiano è la gioia, la gioia del Vangelo, la gioia di essere stati eletti da Gesù, salvati da Gesù, rigenerati da Gesù; la gioia di quella speranza che Gesù ci aspetta, la gioia che – anche nelle croci e nelle sofferenze di questa vita – si esprime in un altro modo, che è la pace nella sicurezza che Gesù ci accompagna, è con noi”.

“Il cristiano – ha soggiunto – fa crescere questa gioia con la fiducia in Dio. Dio si ricorda sempre della sua alleanza”. E a sua volta, “il cristiano sa che Dio lo ricorda, che Dio lo ama, che Dio lo accompagna, che Dio lo aspetta. E questa è la gioia”.

E’ un male servire la ricchezza, alla fine ci rende tristi
Francesco ha così rivolto l’attenzione al passo del Vangelo odierno che narra l’incontro tra Gesù e il giovane ricco. Un uomo, ha detto, che “non è stato capace di aprire il cuore alla gioia e ha scelto la tristezza”, “perché possedeva molti beni”:

“Era attaccato ai beni! Gesù ci aveva detto che non si può servire due padroni: o servi il Signore o servi le ricchezze. Le ricchezze non sono cattive in se stesse: ma servire la ricchezza è quella la cattiveria. Il poveretto se ne è andato triste… ‘Egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato’. Quando nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità, nelle nostre istituzioni troviamo gente che si dice cristiana e vuole essere cristiana ma è triste, qualcosa succede lì che non va. E dobbiamo aiutarli a trovare Gesù, a togliere quella tristezza, perché possa gioire del Vangelo, possa avere questa gioia che è propria del Vangelo”.

Si è così soffermato sulla “gioia e lo stupore”. “Lo stupore buono – ha detto il Papa – davanti alla rivelazione, davanti all’amore di Dio, davanti alle emozioni dello Spirito Santo”. Il cristiano “è un uomo, una donna di stupore”. Una parola, ha rilevato, che torna oggi alla fine, “quando Gesù spiega agli Apostoli che quel ragazzo tanto bravo non è riuscito a seguirlo, perché era attaccato alle ricchezze”. Chi può essere salvato, si chiedono dunque gli Apostoli? A loro il Signore risponde: “Impossibile agli uomini”, “ma non a Dio!”.

Non cercare la felicità in cose che alla fine rattristano
La gioia cristiana, dunque, “lo stupore della gioia, l’essere salvati dal vivere attaccati ad altre cose, alle mondanità – le tante mondanità che ci staccano da Gesù – soltanto si può con la forza di Dio, con la forza dello Spirito Santo”:

“Chiediamo oggi al Signore che ci dia lo stupore davanti a Lui, davanti a tante ricchezze spirituali che ci ha dato; e con questo stupore ci dia la gioia, la gioia della nostra vita e di vivere in pace nel cuore le tante difficoltà; e ci protegga dal cercare la felicità in tante cose che alla fine ci rattristano: promettono tanto, ma non ci daranno niente! Ricordatevi bene: un cristiano è un uomo e una donna di gioia, di gioia nel Signore; un uomo e una donna di stupore”.






Francesco: santità è sperare con coraggio un passo avanti al giorno

La cappella di Casa S. Marta durante la Messa di Papa Francesco - OSS_ROM

La cappella di Casa S. Marta durante la Messa di Papa Francesco - OSS_ROM

24/05/2016 

“Camminare alla presenza di Dio in modo irreprensibile”. Questo, ha affermato Papa Francesco all’omelia della Messa a Casa S. Marta, vuol dire muoversi verso la santità. Un impegno che però ha bisogno di un cuore che sappia sperare con coraggio, mettersi in discussione, aprirsi “con semplicità” alla grazia di Dio. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Non si compra, la santità. Né la guadagnano la migliori forze umane. No, “la santità semplice di tutti i cristiani”, “la nostra, quella che dobbiamo fare tutti i giorni”, afferma il Papa, è una strada che si può percorrere solo se a sostenerla sono quattro elementi imprescindibili: coraggio, speranza, grazia, conversione.

Il cammino del coraggio
Francesco commenta il brano liturgico tratto dalla prima Lettera di Pietro, che definisce un “piccolo trattato sulla santità”. Quest’ultima, dice, è anzitutto un “camminare alla presenza di Dio in modo irreprensibile”:

“Questo camminare: la santità è un cammino, la santità non si può comprare, non si vende. Neppure si regala. La santità è un cammino alla presenza di Dio, che devo fare io: non può farlo un altro nel mio nome. Io posso pregare perché quell’altro sia santo, ma il cammino deve farlo lui, non io. Camminare alla presenza di Dio, in modo irreprensibile. E io userò oggi alcune parole che ci insegnino come è la santità di ogni giorno, quella santità – diciamo – anche anonima. Primo: coraggio. Il cammino verso la santità vuole coraggio”.

Speranza e grazia
“Il Regno dei Cieli di Gesù”, ripete il Papa, è per “quelli che hanno il coraggio di andare avanti” e il coraggio, osserva subito dopo, è mosso dalla “speranza”, la seconda parola del viaggio che porta alla santità. Il coraggio che spera “in un incontro con Gesù”. Poi c’è il terzo elemento, quando Pietro scrive: “Ponete tutta la vostra speranza in quella grazia”:

La santità non possiamo farla noi da soli. No, è una grazia. Essere buono, essere santo, andare tutti i giorni un po’ un passo avanti nella vita cristiana è una grazia di Dio e dobbiamo chiederla. Coraggio, un cammino. Un cammino, che si deve fare con coraggio, con la speranza e con la disponibilità di ricevere questa grazia. E la speranza: la speranza del cammino. E’ tanto bello quel capitolo XI della Lettera agli Ebrei, leggetelo. Racconta il cammino dei nostri padri, dei primi chiamati da Dio. E come loro sono andati avanti. E del nostro padre Abramo dice: ‘Ma, lui uscì senza sapere dove andasse’. Ma con speranza”.

Convertirsi tutti i giorni
Nella sua lettera, Pietro – prosegue Francesco – mette in rilievo l’importanza di un quarto elemento. Quando invita i suoi interlocutori a non conformarsi “ai desideri di un tempo”, li sprona essenzialmente a cambiare dal di dentro il proprio cuore, in un continuo, quotidiano lavorio interiore:

La conversione, tutti i giorni: ‘Ah, Padre, per convertirmi io devo fare penitenze, darmi delle bastonate…’. ‘No, no, no: conversioni piccole. Ma se tu sei capace di riuscire a non sparlare di un altro, sei sul buon cammino per diventare santo’. E’ così semplice! Io so che voi mai sparlate degli altri, no? Piccole cose… Ho voglia di fare una critica al vicino, al compagno di lavoro: mordere la lingua un po’. Si gonfierà un po’ la lingua, ma il vostro spirito sarà più santo, in questo cammino. Niente di grande, mortificazioni: no, è semplice. Il cammino della santità è semplice. Non tornare indietro, ma sempre andare avanti, no? E con fortezza”.

 



Papa: Chiesa è libera nella profezia, ingabbiata nella legge fa schiavi

Papa Francesco nella cappella di Casa S. Marta - OSS_ROM

Papa Francesco nella cappella di Casa S. Marta - OSS_ROM

30/05/2016

Nel suo cammino di fede, la Chiesa e ogni cristiano devono badare a non chiudersi in un sistema di norme, ma a lasciare spazio alla “memoria” dei doni ricevuti da Dio, al dinamismo della “profezia” e all’orizzonte della “speranza”. Papa Francesco ha condensato in queste tre parole l’omelia della Messa del mattino, celebrata nella cappella di Casa Santa Marta. Il servizio diAlessandro De Carolis:


L’impalcatura della legge che tutto delimita e il soffio liberante della profezia che spinge oltre i confini. Nella vita di fede l’eccesso di fiducia nella norma, avverte Papa Francesco, può soffocare il valore della memoria e il dinamismo dello Spirito. Gesù, nel brano evangelico del giorno, dimostra questo assunto a scribi e farisei – che vorrebbero metterlo a tacere – con la parabola dei vignaioli omicidi. Contro il padrone che per loro ha piantato, affidandogliela, una vigna ben organizzata, i contadini affittuari decidono di rivoltarsi, malmenando e ammazzando via via i servi che quel padrone invia a reclamare il raccolto che gli spetta. Culmine del dramma, l’assassinio dell’unico figlio del padrone, atto che potrebbe, ritengono a torto i contadini, far guadagnare loro l’intera eredità.

Casistica e libertà
Uccidere i servi e il figlio – immagine dei profeti della Bibbia e di Cristo – mostra, afferma Francesco, l’immagine di “un popolo chiuso in se stesso, che non si apre alle promesse di Dio, che non aspetta le promesse di Dio. Un popolo senza memoria, senza profezia e senza speranza”. Ai capi del popolo, in particolare, interessa alzare un muro di leggi, “un sistema giuridico chiuso”, e nient’altro:

“La memoria non interessa. La profezia: meglio che non vengano i profeti. E la speranza? Ma ognuno la vedrà. Questo è il sistema attraverso il quale loro legittimano: dottori della legge, teologi che sempre vanno sulla via della casistica e non permettono la libertà dello Spirito Santo; non riconoscono il dono di Dio, il dono dello Spirito e ingabbiano lo Spirito, perché non permettono la profezia nella speranza".

La memoria rende liberi
In fondo, riconosce il Papa, “Gesù stesso è stato tentato di perdere la memoria della sua missione, di non dare posto alla profezia e di preferire la sicurezza al posto della speranza”, ovvero l’essenza delle tre tentazioni subite nel deserto. Dunque, osserva Francesco:

“A questa gente Gesù, perché conosceva in se stesso la tentazione, rimprovera: ‘Voi girate mezzo mondo per avere un proselito e quando lo trovate, lo fate schiavo’. Questo popolo così organizzato, questa Chiesa così organizzata fa schiavi! E così si capisce come reagisce Paolo quando parla della schiavitù della legge e della libertà che ti dà la grazia. Un popolo è libero, una Chiesa è libera quando ha memoria, quando lascia posto ai profeti, quando non perde la speranza”.

Cuore aperto o ingabbiato?
La vigna ben organizzata, sottolinea il Papa, è “l’immagine del popolo di Dio, l’immagine della Chiesa e anche l’immagine della nostra anima”, che il Padre cura sempre con “tanto amore e tanta tenerezza”. Ribellarsi a Lui è, come per i vignaioli omicidi, “perdere la memoria del dono” ricevuto da Dio, mentre “per ricordare e non sbagliare nel cammino” è importante “tornare sempre alle radici”:

“Io ho memoria delle meraviglie che il Signore ha fatto nella mia vita? Ho memoria dei doni del Signore? Io sono capace di aprire il cuore ai profeti, cioè a quello che mi dice ‘questo non va, devi andare di là; vai avanti, rischia’? Questo fanno i profeti… Io sono aperto a quello o sono timoroso e preferisco chiudermi nella gabbia della legge? E alla fine: io ho speranza nelle promesse di Dio, come ha avuto nostro padre Abramo, che uscì dalla sua terra senza sapere dove andasse, soltanto perché sperava in Dio? Ci farà bene farci queste tre domande”.





Papa: cristiano serve subito e con gioia, non fa la faccia storta

Papa Francesco celebra la Messa a S. Marta - OSS_ROM

Papa Francesco celebra la Messa a S. Marta - OSS_ROM

31/05/2016

Se “imparassimo il servizio e ad andare incontro agli altri”, come “cambierebbe il mondo”. È la considerazione con cui Papa Francesco ha concluso l’omelia della Messa del mattino celebrata in Casa S. Marta. Il Papa ha dedicato la sua riflessione alla Madonna, nel giorno conclusivo del Mese mariano. Servizio e incontro, ha detto, fanno sperimentare una “gioia” che “riempie la vita”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Coraggio femminile, capacità di andare incontro agli altri, mano tesa in segno di aiuto, sollecitudine. E soprattutto gioia, di quelle che riempiono il cuore e danno alla vita senso e direzione nuovi.

La gioia e la faccia storta
Sono tutti spunti che il Papa rintraccia nel brano del Vangelo che narra della visita di Maria a Santa Elisabetta. Brano che assieme alle parole del Profeta Sofonia nella Prima lettura e di San Paolo nella Seconda disegna, dice Francesco, una liturgia “piena di gioia”, che arriva come una ventata di “aria fresca” a riempire “la nostra vita”:

“Cosa brutta i cristiani con la faccia storta, i cristiani tristi. Cosa brutta, brutta, brutta. Ma non sono pienamente cristiani. Credono di esserlo, ma non lo sono pienamente. Questo è il messaggio cristiano. E in questa atmosfera di gioia, che la liturgia oggi ci dà come un regalo, io vorrei sottolineare soltanto due cose: primo, un atteggiamento; secondo, un fatto. L’atteggiamento è il servizio”.

Le donne coraggio della Chiesa
Un servizio, quello di Maria, che viene svolto senza tentennamenti, osserva il Papa. Maria, dice il Vangelo, “andò in fretta” e questo, rileva Francesco, nonostante fosse incinta e rischiasse lungo la strada di incappare nei briganti. “Questa ragazza di sedici anni, diciassette, non di più”, soggiunge, “era coraggiosa. Si alza e va”, senza scuse:

“Coraggio di donna. Le donne coraggiose che ci sono nella Chiesa: sono come la Madonna. Queste donne che portano avanti la famiglia, queste donne che portano avanti l’educazione dei figli, che affrontano tante avversità, tanto dolore, che curano gli ammalati… Coraggiose: si alzano e servono, servono. Il servizio è segno cristiano. Chi non vive per servire, non serve per vivere. Servizio nella gioia, questo è l’atteggiamento che io vorrei oggi sottolineare. C’è gioia e anche servizio. Sempre per servire”.

L’incontro è un segno cristiano
Il secondo punto sul quale si sofferma il Papa è l’incontro tra Maria e sua cugina. “Queste due donne – evidenzia – si incontrano e si incontrano con gioia”, quel momento è “tutta festa”. Se “noi imparassimo questo, servizio e andare incontro agli altri”, conclude Francesco, “come cambierebbe il mondo":

“L’incontro è un altro segno cristiano. Una persona che dice di essere cristiana e non è capace di andare incontro agli altri, di incontrare gli altri, non è totalmente cristiana. Sia il servizio che l’incontro richiedono di uscire da se stessi: uscire per servire e uscire per incontrare, per abbracciare un’altra persona. È con questo servizio di Maria, con questo incontro, si rinnova la promessa del Signore, si attua nel presente, in quel presente. E proprio il Signore – come abbiamo sentito nella prima Lettura: ‘Il Signore tuo Dio, in mezzo a te” – il Signore è nel servizio, il Signore è nell’incontro”.






[Modificato da Caterina63 01/06/2016 09:59]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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