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Udienze generali del mercoledì e udienze extra nell'Anno del Giubileo

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2016 17:49
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13/04/2016 17:56
 
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UDIENZA GENERALE


Mercoledì, 13 aprile 2016


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14. Misericordia io voglio e non sacrifici (Mt 9,13)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Abbiamo ascoltato il Vangelo della chiamata di Matteo. Matteo era un “pubblicano”, cioè un esattore delle imposte per conto dell’impero romano, e per questo considerato pubblico peccatore. Ma Gesù lo chiama a seguirlo e a diventare suo discepolo. Matteo accetta, e lo invita a cena a casa sua insieme con i discepoli. Allora sorge una discussione tra i farisei e i discepoli di Gesù per il fatto che questi condividono la mensa con i pubblicani e i peccatori. “Ma tu non puoi andare a casa di questa gente!”, dicevano loro. Gesù, infatti, non li allontana, anzi frequenta le loro case e siede accanto a loro; questo significa che anche loro possono diventare suoi discepoli. Ed è altrettanto vero che essere cristiani non ci rende impeccabili. Come il pubblicano Matteo, ognuno di noi si affida alla grazia del Signore nonostante i propri peccati. Tutti siamo peccatori, tutti abbiamo peccati. Chiamando Matteo, Gesù mostra ai peccatori che non guarda al loro passato, alla condizione sociale, alle convenzioni esteriori, ma piuttosto apre loro un futuro nuovo. Una volta ho sentito un detto bello: “Non c’è santo senza passato e non c’è peccatore senza futuro”. Questo è quello che fa Gesù. Non c’è santo senza passato né peccatore senza futuro. Basta rispondere all’invito con il cuore umile e sincero. La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono il Signore perché si riconoscono peccatori e bisognosi del suo perdono. La vita cristiana quindi è scuola di umiltà che ci apre alla grazia.

Un tale comportamento non è compreso da chi ha la presunzione di credersi “giusto” e di credersi migliore degli altri. Superbia e orgoglio non permettono di riconoscersi bisognosi di salvezza, anzi, impediscono di vedere il volto misericordioso di Dio e di agire con misericordia. Esse sono un muro. La superbia e l’orgoglio sono un muro che impediscono il rapporto con Dio. Eppure, la missione di Gesù è proprio questa: venire in cerca di ciascuno di noi, per sanare le nostre ferite e chiamarci a seguirlo con amore. Lo dice chiaramente: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati» (v. 12). Gesù si presenta come un buon medico! Egli annuncia il Regno di Dio, e i segni della sua venuta sono evidenti: Egli risana dalle malattie, libera dalla paura, dalla morte e dal demonio. Innanzi a Gesù nessun peccatore va escluso – nessun peccatore va escluso! - perché il potere risanante di Dio non conosce infermità che non possano essere curate; e questo ci deve dare fiducia e aprire il nostro cuore al Signore perché venga e ci risani. Chiamando i peccatori alla sua mensa, Egli li risana ristabilendoli in quella vocazione che essi credevano perduta e che i farisei hanno dimenticato: quella di invitati al banchetto di Dio. Secondo la profezia di Isaia: «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. E si dirà in quel giorno: Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza» (25,6-9).

Se i farisei vedono negli invitati solo dei peccatori e rifiutano di sedersi con loro, Gesù al contrario ricorda loro che anch’essi sono commensali di Dio. In questo modo, sedere a tavola con Gesù significa essere da Lui trasformati e salvati. Nella comunità cristiana la mensa di Gesù è duplice: c’è la mensa della Parola e c’è la mensa dell’Eucaristia (cfr Dei Verbum, 21). Sono questi i farmaci con cui il Medico Divino ci risana e ci nutre. Con il primo – la Parola – Egli si rivela e ci invita a un dialogo fra amici. Gesù non aveva paura di dialogare con i peccatori, i pubblicani, le prostitute… No, lui non aveva paura: amava tutti! La sua Parola penetra in noi e, come un bisturi, opera in profondità per liberarci dal male che si annida nella nostra vita. A volte questa Parola è dolorosa perché incide sulle ipocrisie, smaschera le false scusanti, mette a nudo le verità nascoste; ma nello stesso tempo illumina e purifica, dà forza e speranza, è un ricostituente prezioso nel nostro cammino di fede. L’Eucaristia, da parte sua, ci nutre della stessa vita di Gesù e, come un potentissimo rimedio, in modo misterioso rinnova continuamente la grazia del nostro Battesimo. Accostandoci all’Eucaristia noi ci nutriamo del Corpo e Sangue di Gesù, eppure, venendo in noi, è Gesù che ci unisce al suo Corpo!

Concludendo quel dialogo coi farisei, Gesù ricorda loro una parola del profeta Osea (6,6): «Andate e imparate che cosa vuol dire:misericordia io voglio e non sacrificio» (Mt 9,13). Rivolgendosi al popolo di Israele il profeta lo rimproverava perché le preghiere che innalzava erano parole vuote e incoerenti. Nonostante l’alleanza di Dio e la misericordia, il popolo viveva spesso con una religiosità “di facciata”, senza vivere in profondità il comando del Signore. Ecco perché il profeta insiste: “Misericordia io voglio”, cioè la lealtà di un cuore che riconosce i propri peccati, che si ravvede e torna ad essere fedele all’alleanza con Dio. “E non sacrificio”: senza un cuore pentito ogni azione religiosa è inefficace! Gesù applica questa frase profetica anche alle relazioni umane: quei farisei erano molto religiosi nella forma, ma non erano disposti a condividere la tavola con i pubblicani e i peccatori; non riconoscevano la possibilità di un ravvedimento e perciò di una guarigione; non mettevano al primo posto la misericordia: pur essendo fedeli custodi della Legge, dimostravano di non conoscere il cuore di Dio! È come se a te regalassero un pacchetto con dentro un dono e tu, invece di andare a cercare il dono, guardi soltanto la carta nel quale è incartato: soltanto le apparenze, la forma, e non il nocciolo della grazia, del dono che viene dato!

Cari fratelli e sorelle, tutti noi siamo invitati alla mensa del Signore. Facciamo nostro l’invito a sederci accanto a Lui insieme ai suoi discepoli. Impariamo a guardare con misericordia e a riconoscere in ognuno di loro un nostro commensale. Siamo tutti discepoli che hanno bisogno di sperimentare e vivere la parola consolatrice di Gesù. Abbiamo tutti bisogno di nutrirci della misericordia di Dio, perché è da questa fonte che scaturisce la nostra salvezza. Grazie!


Saluti:

INVITO ALLA PREGHIERA PER LA VISITA A LESBO

Sabato prossimo mi recherò nell’isola di Lesbo, dove nei mesi scorsi sono transitati moltissimi profughi. Andrò, insieme con i miei fratelli il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e l’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymos, per esprimere vicinanza e solidarietà sia ai profughi sia ai cittadini di Lesbo e a tutto il popolo greco tanto generoso nell’accoglienza. Chiedo per favore di accompagnarmi con la preghiera, invocando la luce e la forza dello Spirito Santo e la materna intercessione della Vergine Maria.

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. ... esorto a vivere con fede il Giubileo della Misericordia per ottenere l’indulgenza giubilare per voi stessi, per i vostri cari e per i vostri defunti.

Un saluto particolare porgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. L’annuncio pasquale continui a farci vivere lo stupore  dei discepoli di Emmaus: cari giovani, solo il Signore Gesù sa rispondere completamente alle aspirazioni di felicità e di bene nella vostra vita; cari ammalati, non c’è consolazione più bella alla vostra sofferenza della certezza della Risurrezione di Cristo; e voi, cari sposi novelli, vivete il vostro matrimonio in concreta adesione a Cristo e agli insegnamenti del Vangelo.





UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 20 aprile 2016

[Multimedia]



 

15. Le lacrime della peccatrice ottengono il perdono
(Lc 7,36-50)

Cari fratelli e sorelle.

Oggi vogliamo soffermarci su un aspetto della misericordia ben rappresentato dal brano del Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato. Si tratta di un fatto accaduto a Gesù mentre era ospite di un fariseo di nome Simone. Questi aveva voluto invitare Gesù a casa sua perché aveva sentito parlare bene di Lui come di un grande profeta. E mentre si trovano seduti a pranzo, entra una donna conosciuta da tutti in città come una peccatrice. Questa, senza dire una parola, si mette ai piedi di Gesù e scoppia in pianto; le sue lacrime bagnano i piedi di Gesù e lei li asciuga con i suoi capelli, poi li bacia e li unge con un olio profumato che ha portato con sé.

Risalta il confronto tra le due figure: quella di Simone, lo zelante servitore della legge, e quella dell’anonima donna peccatrice. Mentre il primo giudica gli altri in base alle apparenze, la seconda con i suoi gesti esprime con sincerità il suo cuore. Simone, pur avendo invitato Gesù, non vuole compromettersi né coinvolgere la sua vita con il Maestro; la donna, al contrario, si affida pienamente a Lui con amore e con venerazione.

Il fariseo non concepisce che Gesù si lasci “contaminare” dai peccatori. Egli pensa che se fosse realmente un profeta dovrebbe riconoscerli e tenerli lontani per non esserne macchiato, come se fossero lebbrosi. Questo atteggiamento è tipico di un certo modo di intendere la religione, ed è motivato dal fatto che Dio e il peccato si oppongono radicalmente.

Ma la Parola di Dio ci insegna a distinguere tra il peccato e il peccatore: con il peccato non bisogna scendere a compromessi, mentre i peccatori – cioè tutti noi! – siamo come dei malati, che vanno curati, e per curarli bisogna che il medico li avvicini, li visiti, li tocchi. E naturalmente il malato, per essere guarito, deve riconoscere di avere bisogno del medico!

Tra il fariseo e la donna peccatrice, Gesù si schiera con quest’ultima. Gesù, libero da pregiudizi che impediscono alla misericordia di esprimersi, la lascia fare. Lui, il Santo di Dio, si lascia toccare da lei senza temere di esserne contaminato. Gesù è libero, perché vicino a Dio che è Padre misericordioso. E questa vicinanza a Dio, Padre misericordioso, dà a Gesù la libertà. Anzi, entrando in relazione con la peccatrice, Gesù pone fine a quella condizione di isolamento a cui il giudizio impietoso del fariseo e dei suoi concittadini - i quali la sfruttavano - la condannava: «I tuoi peccati sono perdonati» (v. 48). La donna ora può dunque andare “in pace”. Il Signore ha visto la sincerità della sua fede e della sua conversione; perciò davanti a tutti proclama: «La tua fede ti ha salvata» (v. 50). Da una parte quell’ipocrisia del dottore della legge, dall’altra parte la sincerità, l’umiltà e la fede della donna. Tutti noi siamo peccatori, ma tante volte cadiamo nella tentazione dell’ipocrisia, di crederci migliori degli altri e diciamo: “Guarda il tuo peccato…”. Tutti noi dobbiamo invece guardare il nostro peccato, le nostre cadute, i nostri sbagli e guardare al Signore. Questa è la linea di salvezza: il rapporto tra “io” peccatore e il Signore. Se io mi sento giusto, questo rapporto di salvezza non si dà.

A questo punto, uno stupore ancora più grande assale tutti i commensali: «Chi è costui che perdona anche i peccati?» (v. 49). Gesù non dà una esplicita risposta, ma la conversione della peccatrice è davanti agli occhi di tutti e dimostra che in Lui risplende la potenza della misericordia di Dio, capace di trasformare i cuori.

La donna peccatrice ci insegna il legame tra fede, amore e riconoscenza. Le sono stati perdonati «molti peccati» e per questo ama molto; «invece colui al quale si perdona poco, ama poco» (v. 47). Anche lo stesso Simone deve ammettere che ama di più colui al quale è stato condonato di più. Dio ha racchiuso tutti nello stesso mistero di misericordia; e da questo amore, che sempre ci precede, tutti noi impariamo ad amare. Come ricorda san Paolo: «In Cristo, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi» (Ef 1,7-8). In questo testo, il termine “grazia” è praticamente sinonimo di misericordia, e viene detta “abbondante”, cioè oltre ogni nostra attesa, perché attua il progetto salvifico di Dio per ognuno di noi.

Cari fratelli, siamo riconoscenti del dono della fede, ringraziamo il Signore per il suo amore così grande e immeritato! Lasciamo che l’amore di Cristo si riversi in noi: a questo amore il discepolo attinge e su di esso si fonda; di questo amore ognuno si può nutrire e alimentare. Così, nell’amore riconoscente che riversiamo a nostra volta sui nostri fratelli, nelle nostre case, in famiglia, nella società si comunica a tutti la misericordia del Signore.


Saluti:

 


APPELLO

La popolazione dell’Ucraina soffre da tempo per le conseguenze di un conflitto armato, dimenticato da tanti. Come sapete, ho invitato la Chiesa in Europa a sostenere l’iniziativa da me indetta per venire incontro a tale emergenza umanitaria. Ringrazio in anticipo quanti contribuiranno generosamente all’iniziativa, che avrà luogo domenica prossima, 24 aprile.

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. 

Un saluto particolare porgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Domani ricordiamo Sant’Anselmo di Aosta, vescovo e dottore della Chiesa. Il suo esempio di vita spinga voi, cari giovani, specialmente voi ragazzi di Aversa e di Ascoli Piceno, a vedere in Gesù misericordioso il vero maestro di vita; la sua intercessione ottenga per voi, cari ammalati, la serenità e la pace presenti nel mistero della croce; e la sua dottrina sia un incoraggiamento per voi, cari sposi novelli, a diventare educatori dei vostri figli con la sapienza del cuore.

 




[Modificato da Caterina63 20/04/2016 13:38]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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