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Meditazioni quotidiane per il 2016 mese per mese (1)

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2016 18:45
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04/01/2016 00:06
 
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  ripartiamo con le riflessioni e meditazioni con l'Anno Nuovo, ricordando che in questo link troverete le meditazioni passate:

Meditazioni quotidiane per il 2015 mese per mese (2)



Il Santo Rosario e la salvezza in una miniera

Il 20 giugno del 1884 si sprofondava per l'altezza di 100 metri l'ingresso di una miniera a Schwientochlowitz nell'Alta Slesia, mentre trovavansi nell'interno di essa, si trovavano quarantatré minatori. Era un immenso acervo di macerie che ostruiva l'ingresso della galleria. Ciascuno li credette perduti, poiché sembrava impossibile, poter rimuovere tanta mole di pietre e di terra prima che i sepolti fossero morti. Quindi attoniti gli altri operai stavano osservando quella rovina, e dichiarando cosa impossibile salvare i compagni, erano sul punto di abbandonarli alla loro sorte.
Ma un impiegato della miniera, il signor Reifland, fervoroso rosariante cattolico insistette perché si desse mano ai lavori di dissotterramento. Immantinente i direttori e i proprietari delle miniere, le autorità, compreso il presidente della provincia di Slesia, fecero a gara nello spiegare il più lodevole zelo. Migliaia di persone erano accorse sul luogo. Dopo un lavoro penosissimo di sei ore, si giunse a scoprire l'entrata della galleria. Nessun può descrivere l'ansia solenne di quell'istante e il silenzio generale che seguì il grido: - “È scoperta!!!” - I primi operai penetrarono nel cunicolo.
I quarantatré sepolti stavano distesi immobili. 
Erano ancor vivi, ma in essi si notava appena un soffio di vita. Trasportati immediatamente fuori, vennero loro prodigati i necessari soccorsi; dopo di che i più non tardarono a ristabilirsi. Essi raccontarono che, durante il loro soggiorno sotto terra, non avevan quasi mai cessato di recitare il Santissimo Rosario e d'invocare Santa Barbara, patrona delle miniere.
La loro fede fu degnamente ricompensata. Allorquando l'ultimo di essi venne tratto fuori della miniera, il direttore signor de Auenson invitò le 3000 persone presenti a render pubblicamente grazie alla Madre di Dio, e con gioia la folla pregò il Rosario, poi, intonò il Te Deum in tedesco con un fervore e con una espressione che commossero fino alle lacrime.




 


OTTOBRE 1884  BOLLETTINO SALESIANO

quando i Bollettini e le riviste Cattoliche erano serie.....

Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32; TORINO

SOMMARIO. - Il Santo Rosario e la parola del Sommo Pontefice - Enciclica Pontificia --Le quindici promesse di Maria - Il Rosario e la salvezza in una miniera - Grazia di Maria SS. Ausiliatrice - Lettera dal Brasile - Collegi Salesiani -- Educatorii per fanciulle - Festa del Sacro Cuore di Gesù nel collegio di Alassio - Una passeggiata al Santuario di Crea. - Festa di S. Luigi nel collegio di S. Basilio di Randazzo - L' Amazzonia - La Patagonia e le Terre Australi del Continente Americano - Triduo a S. Giovanni Evang. in Torino -Bibliografia: La mente ed il cuore di Silvio Pellico - Il vero Anticolerico ed il Rosario - La causa delle Anime purganti.

IL S. ROSARIO e la parola del Sommo Pontefice.

É la terza volta in pochi mesi che il Sommo Pontefice Leone XIII leva la voce dal fondo del suo palazzo Vaticano , dal fianco della tomba di S. Pietro, invitando i fedeli ed imponendo loro di unirsi tutti insieme per invocare l'aiuto della Santissìma Madre di Dio e Madre nostra, nelle presenti e nelle future imminenti calamità. La prima volta comandava che sul finire di ogni Messa si recitassero tre Ave ed una Salve Regina con apposito Oremus ; la seconda che con triduo solenne si onorasse in modo speciale e in tutto il mondo la festa della Natività di Maria Vergine; ed ora per la terza volta vuole che si consacri a Maria tutto il mese di ottobre colla recita quotidiana del Santo Rosario in ogni chiesa e cappella dell'orbe cattolico.

Mesta , affettuosa, energica è la voce del Santo Padre. Interprete della volontà di Dio e della sua bontà , che si riversa sulla terra dal Cuor dì Maria, messo a sentinella e duce della casa del nuovo Israello, Esso compie l' obbligo suo. Gesù Cristo , nella sala del cenacolo, dopo avere istituito il SS. Sacramento dell'Eucarestia , impose a lui nella persona di Pietro di confortare nella fede i suoi fratelli : Et tu aliquando conversus con firma fratres tuos. E tu all'occorrenza rivolto conferma i tuoi fratelli (Luca XXII, 32). Ed il Papa si volge ai fratelli e figli suoi e parla e conferma. Esso indica la cagione per cui la fede si illanguidisce , gli errori si impossessano delle menti, l'empietà sembra trionfare. La divozione a Maria SS. va scemando nelle masse del popolo e specialmente in molti luoghi è andata quasi in disuso la pia pratica quotidiana del Santo Rosario. Ed è la preghiera che ravviva la nostra fede ; la preghiera che Maria prende dal nostro labbro, presenta al suo Divin Figlio; con questa intercede da Gesù ogni specie di grazie, specialmente le spirituali , che tengono il primo luogo, anzi, direi , sono il tutto.

Questa preghiera però conviene che abbia la forza e l'efficacia di quelle parole che a Gesù rivolgeva quell'infelice padre a' piedi del Tabor : Credo, Domine, adiuva incredulitatem meam. Io credo, Signore, aiuta la mia incredulità (Marco IX, 23).

Ed il suo fanciullo che era ossesso dal demonio e steso in terra quasi morto, dopo lo più spaventose convulsioni , fu preso per mano da Gesù, risvegliato, ed alzato. II giovanetto potè allora contemplare il viso amabilissimo del suo Salvatore. In questo giovanetto mi raffiguro l'attuale società e specialmente la crescente generazione , la quale, quasi salutando Satana a suo principe, si dibatte tra le convulsioni delle massime più spaventose , dell'incredulità più stupida, dell' odio al suo Creatore e Redentore. Sopra di essa si addensano i neri nuvoloni dei castighi che non tarderanno a piombare. Chi la salverà? Le lagrime e la preghiera della Chiesa, il crescere della fede in coloro che rimasero fedeli a Dio, l'invocazione di Colei che fu vergine fedele e tutte le eresie vinse e sterminò nell'universo mondo. Alle preghiere dei giusti presentate da Maria, Gesù benedetto prenderà per mano il miserabile fanciullo, il quale, risanato e rialzato , riconoscerà l'amore di quel Dio che ora rigetta.

Origine e scopo del SS. Rosario.

Ed ecco il fine pel quale il Sovrano Pontefice indice la recita del Rosario in tutto il mondo. Il Rosario è la preghiera della fede e del risanamento delle nazioni. Leggete la storia. Il Santo Rosario fu instituito da Maria SS. per recare la pace alla terra e riconciliarla con Dio. Nel secolo dodicesìmo e decimoterzo l'eresia Albigese, mescolanza dei pìù mostruosi errori e dei costumi più scellerati, infestava orribilmente la Chiesa di Gesù Cristo. La contea di Tolosa, moltissime città della Francia e specialmente la Linguadoca si erano ribellate all'autorità dei Romano Pontefice. Ogni cosa andava a sangue e a tumulto. Coi mezzi umani era impossibile ricondurre la carità fra quei forsennati che avean fatto getto della fede. S. Domenico allora, risoluto di vincere l'eresia, implorò il soccorso della Vergine, di Colei che S. Cirillo avea proclamata nel Concilio di Efeso lo scettro dell'Ortodossia. Venne esaudito. Mentre un giorno stava vegliando in orazione, fu tratto in estasi vide Iddio nell'atto che impugnati colla destra onnipotente tre acutissìmi strali, già stava per iscagliarli sulla terra, per disfarsi di una genia di uomini così superbi, viziosi, corrompitori. Domenico era atterrito a quello spettacolo, quand'ecco comparisce .Maria SS. che rivolgendosi al Divin Salvatore, così gli dice: « Figlio mio! Non dimenticate, ve ne supplico, la vostra misericordiosa bontà. Voi non volete la morte dei peccatori , ma che si convertano a penitenza e siano salvi. Ebbene ! Ecco io stessa mi piglio l'impresa di ricondurvi i traviati sul sentiero della virtù, e gli eretici e gli infedeli alla fede. Calmate il vostro sdegno, buttate lungi da voi quelle folgori, placatevi. Io farò sì che gli uomini a voi si consacrino coll'ossequio della mente, del cuore , della lingua e di tutta insieme la loro persona. » Quindi si rivolgeva a S. Domenico e gli diceva « Domenico ! Comprenda la tua mente il mio pensiero ; va, predica per ogni dove ìl mio Rosario; a te lo raccomando ed ai tuoi figli ; sarà questo pronto ed efficace rimedio a tanti mali. Rosarium institue; hoc tot malis erit remedium.

Domenico al lampo di quella luce divina vide il disegno , la forma , l' ordine della novella preghiera. La contemplazione dei principali misteri della vita di Gesù Cristo Signor Nostro e della sua Santa Madre forma l'ossequio della mente. La preghiera vocale del Pater, dell' Ave e del Gloria Patri forma l'ossequio della lingua ; l'affetto che si svolge naturalmente da questo meditazioni e preghiere, ripetute le tante volte e coronate da giaculatorie e Litanie, forma l'ossequio del cuore.

Domenico e i suoi religiosi incominciarono tosto a predicare il Santo Rosario come Maria SS. avealo insegnato, e i popoli presero a recitarlo. In breve tempo le intere popolazioni ritornarono in seno alla Chiesa e quell'eresia dileguossi talmente, che più non ne rimase traccia sopra la terra.

Splendide vittorie ottenute col S. Rosario.

Da quel tempo il Santo Rosario divenne la preghiera non solo dei singoli fedeli , ma della Chiesa universale, tutte le volte che doveasi ricorrere a Maria SS. per aver soccorso contro i nemici della nostra Fede santissima.

Nel 1573 Pio V ne istituiva la festa , in memoria della famosa battaglia di Lepanto , vinta dai Cristiani sui Turchi , il giorno stesso in cui le confraternite del Rosario facevano pubbliche processioni in Roma e in tutto il mondo cristiano.

Nel 1682 i Turchi in numero di duecentomila comparivano sotto Vienna decisi di atterrare quel baluardo dell'Europa cristiana. La Chiesa però non avea dimenticata la sua prima vittoria e neppure avea obliato il patrocinio cui essa la doveva. Di nuovo venne invocata Marìa colla recita del S. Rosario in tutte le chiese ; ed il Turco fu respinto per sempre dalla spada di Giovanni Sobieschi.

Clemente VI stimò egualmente grazia segnalatissima della Madonna la splendida vittoria di Petervaradino riportata nell'Ungheria sulle innumerevoli schiere di Turchi dal principe Eugenio di Savoia, generalissimo delle truppe di Carlo VI imperatore. La battaglia accadde in quello stesso giorno nel quale si celebrava la festa della dedicazione di Santa Maria ad Nives e quasi nello stesso tempo nel quale i Confratelli del Santissimo Rosario nell'alma città di Roma, con pubblica e solenne supplicazione , con ingente concorso di popolo e con gran pompa religiosa imploravano umilmente la potente intercessione della Vergine Madre di Dio aiuto dei Cristiani. Era l'anno 1716.

Sul principiare di questo secolo essendo Pio VII prigioniero di Napoleone prima a Savona poi a Fontainebleau, ai Cristiani , altro più non rimaneva che imitare i fedeli della Chiesa primitiva , quando San Pietro era in prigione ; pregare. Pregava il venerando Pontefice e con lui pregavano tutti i cattolici , implorando l'aiuto di Colei che è detta : Magnum in Ecclesia praesidium: Grande presidio della Chiesa. E Maria, mossa a pietà dei gemiti del Vicario di Gesù Cristo e delle preghiere dei suoi figliuoli, cangiò in un momento le sorti d'Europa e di tutto il mondo.

Indulgenze che si acquistano colla recita del Rosario.

Per questi splendidi segni della protezione di Maria ottenuti per mezzo della recita del S. Rosario , i Papi concessero numerose indulgenze a coloro che praticassero questa divozione. - 1. Cento giorni d'indulgenza per ogni Pater ed Ave a tutti coloro i quali reciteranno il Rosario intiero, o che ne reciteranno la terza parte. 2. Cinque anni ed altrettante quarantene a tutti i fedeli che reciteranno la terza parte del Santo Rosario. 3. dieci anni ed altrettante quarantene, a chi almeno contrito reciti

una terza parte del Rosario in unione di altri fedeli, in chiesa o in casa che sia. 4. A coloro i quali ne avranno recitata la terza parte tutti i giorni per un anno indulgenza plenaria in un giorno a loro scelta , purchè, confessati e comunicati, preghino secondo l'intenzione del Sovrano Pontefice. 5. Indulgenza plenaria nell'ultima domenica di ogni mese a chi avrà il pio costume di recitare insieme con altri la detta terza parte di Rosario almeno tre volte la settimana, purchè pentito, confessato e comunicato, visiti qualche chiesa o pubblico oratorio ed ivi per qualche spazio di tempo preghi secondo la mente del Pontefice. Per guadagnare queste indulgenze , bisogna che la corona sia benedetta da un sacerdote che ne abbia il potere speciale e che si aggiunga la meditazione dei misteri alla recita delle decine. Moltissime altre indulgenze furono concesse ai confratelli e alle consorelle della Compagnia del Rosario.

Il S. Rosario nei tempi passati. 

Tante grazie della Madonna, tante indulgenze concesse , resero popolare in tutto il mondo la recita del Santo Rosario e fu tra le cause precipue che la fede si conservasse cosi viva nei cuori , specialmente degl'Italiani. Nei tempi passati il Rosario era la preghiera quotidiana delle famiglie, la preghiera che salutava il sole morente come sospiro a quei giorni eterni nei quali la luce increata più non tramonterà ; era come il sacerdozio del capo di famiglia a cui spettava sempre l'alto onore, mai rinunziato di intuonarlo, era un cantico che consacrava quasi tempio il tetto paterno. Si nasceva, si viveva , si moriva al suono misterioso e di ineffabile dolcezza dell'Ave Maria.

Il Rosario era la prima voce materna che risuonava attorno alla culla del neonato bambino ; era l'ultimo sospiro dei parenti intorno al feretro che veniva deposto nel cimitero all'ombra della croce. Nei giorni dell'afflizione era il gemito che chiamava in soccorso Maria , nei giorni della pace era il cantico dell'allegrezza.

Pochi o nessuno osavano sottrarsi alle santa abitudine di recitarlo tutti i giorni, In sul far della sera, se ti recavi a diporto sulle spiagge del mare, tu udivi dai nobili palagi e dai tuguri dei pescatori uscire il sommesso mormorio del Rosario cui facea eco l'onda , che melanconica rompevasi sulle arene della spiaggia. Se ti inoltravi nei paesi al di là dei monti, dai vigneti, dalle colline, dalle valli, dalle aie delle abitazioni campestri , il venticello ti recava sulle sue ali indistinto e gradito il suono del Santo Rosario. Se ascendevi sulle più alte montagne ascoltavi i pastori raccolti intorno ai loro fuochi ripetere il Santo Rosario; in quella calma sublime rotta solo dalla voce dei torrenti, che dai profondi valloni fanno salire la fioca loro voce , ti parea che come nella visione di S. Giovanni Evangelista gli esseri inanimati si unissero aglì esseri intelligenti per cantare con un cantico immenso le glorie di Dio e di Maria SS. I marinai in mezzo alle sterminate solitudini dell'oceano è col Santo Rosario che incominciavano le loro vigilie e pregavano la stella del mare a guidarli in porto sicuro: ed è con questo Rosario in mano che i Colombo, i Vasco de Gama, i Cavrial e gli altri famosi navigatori scoprivano le isole e i continenti delle Americhe, delle Indie e dell'Affrica.

I re, i capitani, gli intieri eserciti è colla recita del Santo Rosario che si animavano agli eroici combattimenti e pregavano Dio a segnar loro la via della. vittoria. In tempo del celebre assedio di Torino, nel 1707, si vedevano i battaglioni piemontesi anneriti dal fumo e dalla polvere ritornare dalle mura in piazza S. Carlo e posto un crocifisso sovra i tamburi accatastati a modo di altare, recitare il Santo Rosario; e poscia il Santo Rosario precedere il rullo dei tamburi e lo squillo delle trombe che li richiamavano sugli spaldi per rilevare i compagni stanchi dalle pugne continue. Ed allora fu visto un pugno di eroi sostenere , rintuzzare l'impeto di sessantamila nemici e salvare gloriosamente la patria. Oh tempi antichi di fede, ove siete andati? Dovremo dunque disperare il rinnovellarsi di questo glorioso passato ? Dovremo sempre assistere a questo desolante declinar della fede nei cuori ? Non lo credo! Torneranno quei giorni antichi ? Lo spero ! Dio ha fatte sanabili le nazioni. Il cuore degli uomini è nelle mani di Dio, il quale veglia sempre sulla sua Chiesa. La Vergine Benedetta è sempre l'Ausilio dei Cristiani , e eziandio per lei fu detto : Prospera , procede et regna. La preghiera è onnipotente : Petite et accipietis. Adveniat regnum tuum !

Ed ecco perchè il Santo Padre grida a tutto il mondo che si reciti il Santo Rosario. Perchè si accresca la fede nei figliuoli che alla Chiesa rimasero obbedienti e per questa preghiera resa efficace dalla fede più vivida, Iddio per mezzo di Maria riconduca all'ovile le pecorelle smarrite ; e tutti insieme i giusti ed i ravveduti facciano risuonare di bel nuovo la terra coi cantici del S. Rosario.

ENCICLICA PONTIFICIA   

« A tutti i Venerabili Fratelli Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Vescovi del mondo cattolico aventi Grazia e Comunione con la Santa Sede Apostolica.

» Leone PP. XIII,

» VENERABILI FRATELLI ,

» SALUTE ED APOSTOLICA BENEDIZIONE,

» Noi nell'anno passato abbiamo , come tutti sapete , con nostre lettere encicliche decretato che in tutte le parti del mondo cattolico, per ottenere il soccorso celeste a favore della Chiesa messa a così dure prove , la possente Madre di Dio sarebbe onorata secondo il santissimo rito del Rosario durante il mese di ottobre. Ciò facendo, abbiamo seguito il Nostro proprio giudizio e l'esempio dei nostri predecessori che nei tempi più difficili della Chiesa con uno zelo sempre più grande di pietà, hanno usato di cercare un rifugio presso l'Augusta Vergine e implorare il suo aiuto con supreme preghiere.

» La Nostra volontà è stata dovunque ubbidita con un tal fervore ed una tale concordia degli animi che ne è uscito fuori una prova luminosa dell'ardore per la religione e la pietà che esiste nel popolo cristiano, della speranza universale che si fonda nella protezione celeste della Vergine Maria. Questo fervore di una pietà e di una fede dichiarata Ci ha recato un sollievo ed una grande consolazione; e Noi lo confessiamo in mezzo a queste noie e a questi mali il cui fardello pesa sopra di Noi, Ci ha dato coraggio a sopportarne di più gravi ancora, se egli è nel volere di Dio che gli abbiamo a sopportare. Perchè chè mentre che lo spirito di preghiera si spande sopra la casa di David e sopra gli abitanti di Gerosolima, Noi siamo condotti a sperare certamente che un giorno Iddio Ci esaudirà ; e che sentendo pietà per le vicissitudini della sua Chiesa, Egli ascolterà in fine le preghiere di coloro che l'implorano per mezzo di Colei chi ha voluto che fosse la dispensatrice delle grazie celesti.

» Per la qual cosa, innanzi alla permanenza delle cause che Ci hanno portato ad eccitare la pietà pubblica nell'anno caduto, Noi, come l'abbiamo detto, abbiamo creduto debito Nostro, o venerabili Fratelli , di esortare ancora in quest'anno i popoli cristiani a perseverare in questo modo di preghiere e in queste formole dette del Rosario di Maria, e a meritare così l'efficace protezione della possente Madre di Dio. Poichè i nemici del nome cristiano mettono una tale ostinazione nei loro propositi, i difensori non debbono avere una volontà meno costante , quando specialmente il soccorso celeste e i benefizi che Dio ci dà, sono il più delle volte frutti della nostra perseveranza.

» E giova il richiamare alla memoria l'esempio di quella grande Giuditta , vero tipo della Vergine benefattrice , che represse la stolta impazienza dei Giudei che voleano stabilire a lor grado il giorno in cui Dio doveva soccorrere la città oppressa.

» E buono ancora di osservare l'esempio degli Apostoli che hanno aspettato il dono immenso del Paracleto a loro promesso, perseverando unanimemente nella preghiera con Maria, Madre di Gesù.

» E veramente trattasi ora di un'intrapresa ardua e di grande importanza, quella di umiliare nell'orgogliosa cima della sua potenza un inimico antico e astutissimo , di restituire la libertà alla Chiesa ed al suo Capo, di salvare, di proteggere i baluardi sui quali riposano la sicurezza e la salvezza della umana società. Pertanto conviene vigilare perchè in questi giorni di lutto per la Chiesa, il santo uso del Rosario di Maria sia osservato con zelo e pietà, tanto più che questa preghiera essendo composta in guisa da considerare per ordìne tutti i misteri della nostra salute, è attissimo a rinfervorare lo spirito di pietà.

Cosi all'avvicinarsi dèl mese di ottobre, mese in cui si celebra la solennità consacrata a Maria Vergine del Rosario , Noi abbiamo deciso di rinnovare, ancora per quest'anno tutte le prescrizioni stabilite nell'ultimo anno. Decretiamo quindi e ordiniamo che dal primo giorno di ottobre al secondo di novembre in tutte le chiese parrocchiali , ìn tutti i santuari pubblici dedicati alla Madre di Dio e in altri a scelta dell'Ordinario, si reciti ogni giorno almeno le cinque decadi del Rosario aggiungendovi le Litanie : se è nel mattino si dirà la S. Messa durante le preghiere, se dopo il mezzogiorno sarà esposto all'adorazione il SS. Sacramento e in seguito si darà la benedizione.

» Noi desideriamo che le Confraternite del Rosario, dovunque, ove le leggi lo permettono, facciano una solenne processione per le vie ad eccitamento della pubblica pietà.

» Per ciò poi che riguarda l'Italia è oggi sopratutto necessario di implorare con la preghiera del Rosario l'aiuto della Vergine mentre che una calamità impensata è venuta tra noi prima che minacciata. La peste asiatica passando i limiti che la natura seguendo la volontà di Dio pareva assegnarle, ha invaso le spiaggie popolatissime di un porto francese e di là le regioni limitrofe dell'Italia. Si vuole dunque cercare un rifugio appresso di Maria, appresso di Colei che la Chiesa chiama a giusto titolo e a buon diritto la salutare , l'ausiliatrice , la protettrice, affinchè propizia alle preghiere che le sono gradite, Ella si degni apportarci il soccorso implorato e di cacciare lungi da noi l'impuro morbo.

» Noi per aprire alla pietà cristiana i tesori celesti della Chiesa rinnoviamo tutte le indulgenze concesse nel passato anno.

A tutti coloro che ai giorni prescritti avranno assistito alla recita pubblica del Rosario e che avranno pregato secondo la Nostra intenzione, ed eziandio a coloro che, impediti da una causa legittima , avranno fatto questo in privato, concediamo per ciascuna volta una indulgenza presso Dio di sette anni e di sette quarantene. A coloro poi che nel tempo detto avranno compiuti questi esercizi dieci volte almeno sia pubblicamente nelle chiese, sia per de' giusti motivi nell'interno della loro casa, e che si saranno confessati e comunicati, concediamo sopra il tesoro della Chiesa la grazia plenaria dei loro peccati. Concediamo pure questa grazia plenaria dei peccati e la remissione delle pene a tutti coloro che, sia nel giorno della festa della Beata Vergine del Rosario , sia in un giorno qualunque dell'ottava seguente, si saranno confessati e comunicati, e avranno supplicato Dio e la sua Madre Santissima secondo la Nostra intenzione in un edifizio sacro al Signore.

» Volendo ugualmente provvedere a coloro che vivono alla campagna e che sono specialmente nel mese di ottobre impediti dalla coltura dei campi , concediamo che tutto ciò che abbiamo qui sopra decretato come pure le sacre indulgenze da guadagnarsi nel mese di ottobre , possa essere differito ai mesi seguenti di novembre e di dicembre secondo la decisione prudente degli Ordinari.

» Non dubitiamo punto , o venerabili Fratelli, che frutti ricchi ed abbondanti non rispondano a tali sforzi, soprattutto se le Nostre piantagioni che la vostra sollecitudine avrà inaffiate ricevano dal cielo l'abbondanza della grazia di Dio per il loro sviluppo. Noi teniamo per certo che il popolo cristiano si mostrerà obbediente alla Nostra parola ed alla Nostra autorità apostolica con quella fede e quel fervore di pietà di cui dette l' anno passato amplissima prova.

» Voglia la Patrona celeste, invocata con la preghiera del Rosario, assisterci propizia, e far sì che, tolta ogni dissidenza di opinioni, e restaurata la causa cristiana in tutte le parti del mondo, Noi ottenghiamo da Dio la tranquillità desiderata della Chiesa.

» In pegno di questo benefizio, a Voi, al vostro Clero e ai popoli confidati alle vostre cure mandiamo con amore la benedizione Apostolica.

» Dato in Roma presso S. Pietro il 30 agosto 1884, settimo anno del Nostro Pontificato.

» LEONE PP. XIII. »


 

COPIAPÓ, domenica, 5 settembre 2010 (ZENIT.org).- Il Cardinale Francisco Javier Errázuriz ha celebrato questo giovedì un'Eucaristia accanto alla miniera di San José, ad Atacama (Cile), e ha consegnato ai familiari dei 33 minatori intrappolati un rosario benedetto da Papa Benedetto XVI.

Il Cardinale ha sottolineato il gesto del Santo Padre, che domenica scorsa durante la recita dell'Angelus ha espresso la propria vicinanza ai minatori cileni e ai loro familiari, impegnandosi a pregare per la loro liberazione (cfr. ZENIT, 29 agosto 2010).

Il Papa ha poi voluto manifestare in un altro modo il suo affetto e la sua preoccupazione, attraverso la consegna di un rosario a ogni minatore attraverso i familiari.

“E' impressionante come questo fatto ci abbia unito come famiglia, e non c'è nessuno in Cile che non dipenda giorno dopo giorno da ciò che accade ai minatori”, ha segnalato l'Arcivescovo di Santiago in una conferenza stampa svoltasi questo giovedì nelle strutture del Vescovado di Copiapó, insieme al pastore diocesano, monsignor Gaspar Quintana.

Il porporato ha sottolineato il valore dei lavoratori e la forza, la solidarietà e la disciplina con cui hanno affrontato questa situazione. Ha anche apprezzato l'immensa fede che hanno dimostrato in tutto questo tempo, il loro amore per il Signore, la devozione alla Madonna della Candelaria e a San Lorenzo.

Ha inoltre espresso l'importanza della collaborazione di tutti per procedere al loro salvataggio. “Quanti lavori importanti potremmo affrontare in Cile con questo spirito di solidarietà!”, ha esclamato.

“Questo sforzo proclama il valore di ogni vita umana, che non ha prezzo”, ha concluso il Cardinale Errázuriz.

Il porporato è riuscito a comunicare con i lavoratori, ai quali ha detto di essere orgoglioso di loro e ha comunicato che il Papa ha pregato per loro nell'Angelus domenicale.

“Ho potuto dire per telefono ai minatori che ero venuto per portare loro quei 33 rosari che il Papa aveva inviato loro, che egli stesso ha benedetto, per unire quel gesto alle parole pronunciate in Piazza San Pietro domenica, parole rivolte al mondo intero, perché tutti ci accompagnino e tutti preghiamo affinché le operazioni di soccorso siano coronate dal successo”, ha confessato.

I minatori “hanno un animo pieno di speranza, solidale, con molta fede, che ci fa sperare che possano resistere fino al momento della liberazione”, ha affermato il Cardinale.

“Tutti i giorni c'è un momento di preghiera per i minatori”, ha aggiunto.

Gli uomini sono intrappolati a 688 metri di profondità dopo uno smottamento nella miniera di San José, nel deserto di Atacama.

I rosari sono stati poi consegnati all'intendente di Atacama, Ximena Matas, perché vengano inviati ai minatori con il sistema della sonda “paloma”.


 

e così riportava la notizia anche l'Osservatore Romano

Rosari benedetti dal Papa sono stati consegnati ieri dall'arcivescovo di Santiago del Cile, cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa, ai trentatré minatori intrappolati ormai da un mese, a settecento metri di profondità, nel giacimento di San José, nella regione di Atacama. Il porporato, che ha celebrato una messa vicino all'entrata della miniera alla quale hanno partecipato parenti e amici dei lavoratori, ha ricordato il gesto di Benedetto XVI, che domenica scorsa ha avuto parole speciali, durante la recita dell'Angelus, per esprimere vicinanza ai minatori cileni e alle loro famiglie, assicurando la sua preghiera per una rapida liberazione. Affetto e preoccupazione che il Santo Padre ha voluto ulteriormente manifestare inviando appunto un rosario benedetto a ciascuno dei lavoratori coinvolti.

«È impressionante come questo fatto ci abbia unito tutti come una famiglia e che non ci sia nessuno in Cile che non segua giorno dopo giorno ciò che accade» ai minatori di San José, ha detto il cardinale Errázuriz Ossa nel corso di una conferenza stampa nella sede della diocesi di Copiapó (capoluogo dell'Atacama), alla quale ha partecipato anche il vescovo Gaspar Francisco Quintana Jorquera. Il porporato ha sottolineato il valore di questi lavoratori, la forza, l'allegria, la solidarietà e la disciplina con le quali hanno affrontato questa situazione, apprezzando la grande fede mostrata in tutto il tempo finora trascorso nel giacimento, «l'amore per il Signore e la loro devozione alla Madonna della Candelora e a san Lorenzo, patrono dei minatori».

L'arcivescovo di Santiago del Cile non ha mancato di ricordare l'importanza avuta dalla collaborazione di tutti per cercare di arrivare a una rapida liberazione: «Quante opere importanti in Cile potremmo affrontare — ha detto il cardinale — con questo spirito di solidarietà. Tale sforzo proclama il valore di ogni vita umana, che non ha prezzo». Dopo la messa, il cardinale Errázuriz Ossa ha detto di aver parlato per telefono con i minatori annunciandogli l'invio dei rosari del Papa.

I trentatré minatori — che ricevono alimenti, medicinali e altro attraverso grossi tubi di plastica lunghi settecento metri — sono stati invitati dai soccorritori a dividersi in due gruppi, per dormire in due turni e simulare in questo modo il giorno e la notte. A ognuno è stato assegnato un compito specifico con la creazione di squadre di quattro minatori più un capo che a turno gestiscono i tubi da cui arrivano viveri e rifornimenti. Presto i minatori, che nonostante gli stenti sono in buone condizioni di salute, potranno vedere e parlare ai loro cari da un cavo in fibra ottica che permetterà le videochiamate. Si prevede che ci vorranno fra i tre e i quattro mesi per riportarli in superfice.

 

14/10/2010
CILE
Conclusa l’Operazione san Lorenzo: salvi tutti i 33 minatori cileni
L’ultimo minatore è risalito alle 21.55; l’ultimo membro della squadra di soccorso alle 0.30 di stanotte. La preghiera del papa e i suoi rosari per i minatori.

San José (AsiaNews/Agenzie) – Dopo 69 giorni sottoterra, i 33 minatori cileni della miniera di S.José sono ritornati tutti in superficie.  L’ultima persona ad essere issata con la speciale capsula attraverso un tunnel di 622 metri è stato Manuel Gonzalez, un membro della squadra di soccorso che era disceso nella galleria per aiutare i minatori nelle procedure per l’ascensione. La fine dell’operazione di salvataggio – battezzata “Operazione san Lorenzo” (il santo che è patrono dei minatori) – è avvenuta alle 0.30 di notte (ora locale).
L’ultimo minatore ad essere riportato in superficie è stato Luis Urzua alle 21.55, circa 22 ore dopo l’inizio del salvataggio.

 

Ieri, mentre già i primi minatori giungevano in superficie, durante l’udienza generale, Benedetto XVI ha pregato raccomandando “con speranza i minatori della regione di Acatama in Cile”.
Durante la loro lunga permanenza sottoterra i minatori avevano ricevuto un rosario del papa e costruito un piccolo altarino per la preghiera.  
Giorni prima dell’operazione san Lorenzo, mons. Alejandro Goic Karmelic, presidente della conferenza episcopale cilena ha invitato tutta la nazione alla preghiera, In un messaggio egli ha sottolineato di aver visto “lo spirito di fede e di fiducia in Dio dei minatori e delle loro famiglie”.









[Modificato da Caterina63 04/01/2016 00:13]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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05/01/2016 12:23
 
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I frutti di un "dialogo" malinteso. Solidarietà a Mons. Luigi Negri


 



Ricevo da parte dei nostri amici del Gruppo Summorum Pontificum di Ferrara e volentieri pubblico. Colgo l'occasione per esprimere le nostra vicinanza al loro Arcivescovo,  Mons. Luigi Negri, che è stato nuovamente fatto oggetto di attacchi che coinvolgono tutti coloro che amano e riaffermano la Tradizione. Qui una sua dichiarazione significativa. [vedi]




Ave Maria!
Carissimi,
al termine della celebrazione della S. Messa (n. o.) di oggi (Santi Basilio e Gregorio Nazianzieno), S. E. Rev.ma Mons. Negri, Nostro Arcivescovo, ha svolto alcune brevissime ma incisive considerazioni.
La stampa odierna riporta numerosi episodi di blasfemia e di profanazione dei Presepi in varie parti del nostro paese, ad iniziare - Dio ci perdoni - dal Gesù Bambino rapito dalla mangiatoia ed impiccato in Liguria.
Il Nostro Pastore ha invitato con molta decisione  - soprattutto gli ecclesiastici - a meditare se questi fatti non siano i degni e naturali frutti del cosiddetto "dialogo" ad ogni costo, malamente inteso come rinuncia alla propria Identità e Tradizione.
Ringraziamo vivamente l'Arcivescovo per la sua consueta testimonianza alla  Verità nella Carità.
Sia questo il nostro augurio anche per l'anno che si apre: essere fedeli e degni testimoni della Verità nella Carità, senza mai dimenticare che la nostra Identità e la nostra Tradizione non sono concetti astratti, ma sono, in definitiva, Una Persona, Gesù Cristo Nostro Signore, il Dio che si è fatto Uomo ed è morto in croce per la nostra salvezza. Per risorgere con Lui, occorre innanzitutto non  rinnegare mai  la nostra identità religiosa e culturale.
Restando sempre in attesa della ripresa della celebrazione festiva regolare della S. Messa nella Forma Extra-Ordinaria del Rito Romano a norma del Motu ProprioSummorum Pontificum, che, a parte qualche sporadica eccezione "una tantum", manca ormai dall'ultima domenica di Maggio u.s., a tutti porgiamo carissimi saluti di  felice e santo anno nuovo.
Laudentur Jesus et Maria!






L'odio del mondo si scatena contro chi segue la semplicità della Tradizione
di Luigi Negri*

01-01-2016


Monsignor Negri

ti ringrazio per l’ospitalità che mi concedi su “La Nuova Bussola Quotidiana”, strumento sempre più efficace per l’approfondimento e la difesa dell’identità cristiana e per la sua azione missionaria nella vita di questo mondo di cui tutti sembrano così contenti, ma nei confronti dei quali io ho gravissime preoccupazioni.



Raccolgo qualche osservazione che si è formulata nel mio cuore
nelle ben tristi vicende in cui sono stato coinvolto soprattutto ripercorrendo quegli oltre duemila messaggi che ho ricevuto in questi giorni da tante generazioni con cui ho vissuto, compresi quelli di tanti fratelli nell’episcopato e di tanta realtà ecclesiale delle due Diocesi che ho guidato.

Raccolgo alcune di queste testimonianze:

Da una coppia di ex studenti

“Reverendissimo Monsignore,

Mi rivolgo a te così per la stima e il rispetto che ho verso la carica che ricopri nella santa Chiesa di Dio, ma l’antica e bella amicizia mi spinge a darti ancora del tu.

Non voglio spendere troppe parole di sdegno per quello che è accaduto, mi associo alle tue. Mi preme di più condividere con te il dolore per il subdolo odio alla Chiesa. Ma contemporaneamente desidero raggiungerti con l’espressione di un sentimento di gratitudine e di certezza: ciò che il Signore ha costruito nella nostra storia è grande.

La bellezza che ci ha manifestato, l’unità a cui ci ha chiamato, la libertà che ci ha insegnato, la carnalità della Sua presenza che ci ha donato attraverso don Giussani e la vita del movimento, l’amore a Lui e alla sua Chiesa con cui continuamente ci alimenta, sono una roccia: non crollano con la tempesta né con le meschinità altrui.  “La gloria di Dio è l’uomo vivente”.

È a questa grazia che ho pensato subito dopo lo sgomento, e non volevo perdere l’occasione per ringraziarti, per la traccia di bene che hai lasciato nella mia vita e per la continua testimonianza. Il Signore ci sta chiamando ad una dura fedeltà: che ci sostenga e ci perdoni”.

Da un confratello nell’episcopato

Eccellenza Carissima

non riuscendo a contattarti direttamente mi permetto di inviarti questo messaggio:

ti confermo nella stima e nell’affetto che certamente sono cresciuti con le vicende che toccano da vicino chi ama la Chiesa. Credo che abbiano sbagliato persona. Ti sento così unito al Santo Padre che credo nella totale tua estraneità a mentalità che demoliscano e vorrebbero guerre all’interno della Chiesa che amiamo.

Un abbraccio pieno di affetto e di stima”.

Servire la persona di Cristo nella Chiesa e tentare di diffonderne la presenza nel mondo, facendo nascere nel cuore di tanti uomini e donne il desiderio dell’incontro con Lui e, dopo questo incontro, il desiderio di camminare sui Suoi passi per il conseguimento in noi della vita nuova che il Signore offre a quanti credono: questa è stata l’unica preoccupazione di tutta la mia vita, nel movimento e nella Chiesa. 

Era già un onore servire e non ho mai cercato altro che questo, come mi insegnò, con la sua grande testimonianza di pastore, l’Arcivescovo che mi ha ordinato, il Cardinale Giovanni Colombo, per cui l’unico onore consisteva nel vivere fino in fondo la responsabilità che la Chiesa e la nostra coscienza ci affida. 

Queste due testimonianze, di due giovanissimi studenti di allora e di un mio confratello vescovo, così diverso da me come storia e come temperamento, mi sembrano essere due punti che chiariscono che i miei intendimenti erano veri e restano veri, e si pongono nel mondo in modo inequivoco.

Ciò che ho compreso in queste settimane è che davvero si può essere chiamati a partecipare in modo particolarissimo alle sofferenze del Signore, come tanta spiritualità cristiana - cominciando da San Paolo - ha sottolineato e di cui ha dato grande testimonianza. 

Si può soffrire con Cristo e si può patire per Cristo e così, nonostante l’evidente reattività che accompagna l’uomo, nonostante la sofferenza che si subisce, prevale quest’ultima letizia di chi, soffrendo per Cristo, partecipa in modo singolare - e per fortuna momentaneo - alla sua passione.

Questo è ben espresso in un brano di un intervento di don Giussani del 1992, fattomi pervenire da un amico sacerdote, che dice: «L'ira del mondo oggi non si alza dinanzi alla parola della Chiesa, sta quieta anche di fronte all’idea che uno si definisca cattolico, o dinanzi alla figura del Papa dipinto come autorità morale, anzi vi è un ossequio formale, addirittura sincero. L’odio si scatena, a mala pena contenuto ma presto tracimerà, dinanzi a cattolici che si pongano per tali, cattolici che si muovono nella semplicità della Tradizione».

La grande capacità profetica che è propria dei grandi uomini spirituali mi ha definitivamente riconciliato con il Signore e anche con coloro che sono entrati in questa storia, bene moltissimi, male pochissimi. È inutile attardarsi a descrivere reazioni o ad esprimere sconcerto per atteggiamenti che non ho potuto e non posso condividere, meglio riconsegnare tutto al Signore con la certezza che, comunque, attraverso queste vicende, mi ha chiamato a fare un passo ancora più vero dietro di Lui, e di fronte al mondo. 

* Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa







Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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05/01/2016 19:09
 
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 Amici, vi offriamo una... PALESTRA per l'Anima 
da un Breviario del 1857 ma attualissimo..... perchè il Vangelo è sempre lo stesso: ieri, oggi e sempre 

Proviamo a domandarci:

Anima santa, vuoi tu forse crederti più umile del Tuo Dio?

Sempre della carità è poi occuparsi dei bisognosi e dei poveri ma... sotto quale nome lo aiuterai? Forse nel tuo nome?

Anima cara, sei forse tu più mansueta e più paziente di Gesù Cristo?

Ti ritieni tu forse più vittima dell'Amatissimo Nostro Signore Gesù Cristo?

Anima santa, pensi forse di essere più amorevole di Gesù Cristo?

e nell'obbedienza a Dio.... siamo forse noi superiori a Gesù Cristo?

....ricordati, Anima cara, delle 7 opere di misericordia spirituale e delle 7 opere di misericordia corporale, le une non possono applicarsi senza le altre

Anima cara, un'anima che non prega è come un sacco vuoto.... Un modo facile per riempire il sacco è l'uso delle giaculatorie...


Da un Breviario tascabile del 1857, vogliamo condividervi una meditazione-preghiera che, l'autentica pastorale e catechesi della Santa Madre Chiesa, insegnava. Il testo manterrà integralmente e fedelmente il contenuto aggiornato solo un pò nello stile del linguaggio.

Quale buon proposito per l'inizio del Nuovo Anno abbi a cuore, Anima cara, di far proposito di dedicarti di più a meditare la Passione di Gesù Cristo. Se tale compassione ti viene difficile, affidati allora al Cuore dolcissimo della Santissima Madre, la Vergine Maria, anzi a Lei fai ricorso recitando devotamente, ogni giorno, la Corona del Santo Rosario con la quale facciamo esercitare il cuore e la mente sulla vita del Signore Nostro.

Puoi inserire nelle tue vicende quotidiane quattro propositi, uno alla settimana, e ricominciare per ogni mese sì da divenirti indispensabile ogni giorno, essi sono:

1. l'umiltà; 2. la carità; 3. pazienza e mansuetudine, l'una non può fare a meno dell'altra; e 4. la santa obbedienza alla Legge di Dio, ai Suoi divini Comandamenti e alla legge della Santa Chiesa che li ha uniformati nella santa disciplina.

1. l'umiltà

Mia cara Anima tribolata nel santo timor di Dio, sappi che l'umiltà la dobbiamo praticare col riconoscerci ultimi fra tutti. Maggior peccatori verso Dio, il soffrire ci conviene volentieri, d'ogni umiliazione per Amor di Dio. Le ingiustizie che subiamo dobbiamo offrirle a Gesù che più di tutti noi soffrì e subì ogni ingiustizia, e che per Amor nostro quale Agnello condotto al macello, non perse tempo a rivendicare i suoi diritti, ma si donò al Padre in tutta umiltà fino alla morte di Croce.

Anima santa, vuoi tu forse crederti più umile del Tuo Dio? Pensi davvero di avere più diritti di quanti ne aveva il Figlio di Dio quando visse su questa terra? Come puoi dirti cristiano se non diventi prima umile come Gesù Cristo? Essere umili non vuol dire tacere sulle ingiustizie, Gesù non ha mai taciuto su queste, ma cosa Egli difendeva se non la giustizia del Padre Nostro? L'umiltà del santo Vangelo ci dice che dobbiamo essere più prodighi verso le cose di Dio e più umili a riguardo delle nostre presunte rivendicazioni.

Colui che pensa di essere umile ma poi finisce con il praticar tutto ciò che più gli pare e piace, non è umile, ma superbo e presuntuoso, ed usa del diritto e della giustizia un piacimento che non proviene da Dio, ma dalle sue passioni e sentimenti. Tu, Anima cara a Dio, pagata a caro prezzo, costata Sangue e Carne del Figlio Divino, lascia a Dio ogni diritto, appoggia e sostieni la Sua giustizia, piegati a Lui con tutto l'amore di cui sei stato reso capace e presto vedrai i santi frutti.

 

2. la carità

La carità autentica si pratica innanzi tutto con l'amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente, poi amando il nostro prossimo bisognoso. Anima cara, se invertiamo questi valori inganniamo noi stessi e il prossimo. Sempre della carità fa parte quell'amare il prossimo affinchè questi non maledica mai Dio e non bestemmi il Suo Santissimo Nome per causa nostra. Per questo la vera forma della carità parte con l'amare Dio sopra ogni cosa e poi amare il prossimo nel Suo Nome, se invertiamo le priorità si finisce per mettere Dio in secondo piano e, di conseguenza, si finisce per bestemmiare la Sua sacratissima Persona. Cosa comanda infatti la legge di Dio nella sua integrezza? Che dobbiamo far del bene alle persone moleste, amare i nostri nemici, sopportare coloro che ci umiliano, ma tutto questo è possibile solo se si ama Dio sopra ogni cosa, solo se mettiamo Dio al primo posto e solo quando tutto vien fatto nel Suo Santissimo Nome.

Ma è proprio della carità che chi la vuole praticare deve prima essere caritatevole nei confronti del Buon Dio, caritatevole verso i Suoi Comandamenti, caritatevole verso la Sua Legge, se mancasse questa priorità nella carità da esercitarsi, si finirebbe col portare il prossimo a non essere caritatevole verso Dio. Sempre della carità è poi occuparsi dei bisognosi e dei poveri ma... sotto quale nome lo aiuterai? Forse nel tuo nome? Quando fai la carità, Anima pia, abbi sempre l'attenzione di portare il tuo obolo e di offrirlo nel Nome Santissimo di Gesù Cristo. Se tu hai di che donare, infatti, non ti appartiene come possesso, ma per essere donato nel Nome di chi te ne ha fatto a sua volta dono. La carità è fonte inesauribile della Divina Provvidenza per questo della Santa Chiesa si dice che è "provvida" e che sempre nei suoi Santi ha potuto soccorrere poveri, indigenti e sofferenti. Infine ricordati, Anima cara, delle 7 opere di misericordia spirituale e delle 7 opere di misericordia corporale, le une non possono applicarsi senza le altre, studiatele bene a facciamo in modo di metterle in pratica. (1)

3. pazienza e mansuetudine

La pazienza e la mansuetudine sono inscindibili perchè l'una non è possibile senza l'altra. La santa pazienza, Anima cara, si deve praticare in ogni cosa e la mansuetudine si esercita nel praticare la pazienza. La pazienza si deve praticare specialmente nel rapporto coi superiori, coi genitori, coi figli, coi rapporti con il prossimo, specialmente quello che più ci da problemi, dal canto suo la mansuetudine è necessaria per praticare tutto questo nella serenità, nella tranquillità di cuore, quando al gesto di pazienza vediamo reazioni sgarbate, ingratitudine alle dimostrazioni di affetto, o ripagati con parolacce davanti alle nostre buone parole. Vediamo a Nostro Signore Gesù Cristo quando, alla santa pazienza praticata davanti ai suoi insulsi accusatori, veniva ripagato con insulti e sputi. Egli davvero mansueto e paziente davanti al falso tribunale che lo voleva morto, veniva ripagato con la violenza, la menzogna, l'ingratitudine.

Anima cara, sei forse tu più mansueta e più paziente di Gesù Cristo? Ti ritieni tu forse più vittima dell'Amatissimo Nostro Signore Gesù Cristo?

 

4. la santa obbedienza alla Legge di Dio, ai Suoi divini Comandamenti e alla legge della Santa Chiesa che li ha uniformati nella santa disciplina

L'obbedienza e l'uniformità alla Legge di Dio, che comprende i santi Comandamenti e quanto la Chiesa insegna, consiste nel gradire tutto ciò che la Sacra Scrittura ci dice perchè proviene da Dio e non già dalle creature. Gradire con amore tutto ciò, è dare prova a Dio di questo amore. Che cosa ha fatto Nostro Signore Gesù Cristo per noi? Non ha forse, per amor nostro, obbedito alla volontà del Padre fino alla morte della croce?

Anima santa, pensi forse di essere più amorevole di Gesù Cristo? Non sia mai questo atto di superbia! Non è forse morto Gesù sulla Croce per amor nostro e per amore al progetto del Padre? Tu forse tremi, Anima cara, davanti alla parola obbedienza che dimostri allora di non conoscere.

L'obbedienza è una virtù che è frutto e corona dell'umiltà perché, come suggerisce Santa Caterina da Siena, obbedisce solo chi è umile e non si potrebbe esser umili senza obbedire. L'umiltà ha per compagna inseparabile l'obbedienza; questa da lei procede, e morrebbe senza la nutrice che le dà vita; non può durare in un'anima senza l'umiltà (S. Caterina da Siena, Dialogo, t. 2). E così insegna anche San Francesco di Sales: " Soltanto la carità ci eleva alla perfezione; ma l’obbedienza, la povertà e la castità sono i tre grandi mezzi per acquistarla. L’obbedienza consacra il nostro cuore, la castità il nostro corpo, e la povertà i nostri beni all’amore e al servizio di Dio: sono i tre bracci della croce spirituale, che poggiano sul quarto che è l’umiltà" (Filotea cap. XI l'obbedienza).

Anima cara, obbedire significa ascoltare, significa mettersi dinnanzi a Dio e ascoltarlo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente. Nostro Signore Gesù Cristo ha saputo ascoltare sempre il Padre perchè Egli pregava sempre e ci ha insegnato come fare, siamo forse noi superiori a Gesù Cristo?

 

 

Siamo così giunti al termine di questi consigli che prevedono la sollecitudine per la Preghiera.

Anima cara, un'anima che non prega è come un sacco vuoto, un sacco che non può reggersi, un sacco inutile. Per restare in piedi e resistere agli attacchi del demonio che va in cerca delle Anime da rubare a Nostro Signore Gesù Cristo, bisogna che il sacco si riempia e diventi così pesante di preghiere e di opere buone che il demonio non possa trascinarlo via. Un modo facile per riempire il sacco è l'uso delle giaculatorie, ce ne sono molte e tutti i Santi ne hanno testimoniato l'efficacia. Te ne offriamo alcune da ripetersi durante ogni giornata:

- O Gesù, ornate l'anima mia di sante virtù;
- Signore non permettete all'anima mia di offenderVi in questo giorno;
- Oh Signore! altro non voglio sapere né amare che Voi solo;
- Vergine Santissima, vogliate istruire l'anima mia alle sante virtù;
- San Giuseppe vi raccomando gli uomini della mia famiglia;
- Angelo Custode proteggete il mio passo ché non inciampi nelle tentazioni;
- Anime Sante del Purgatorio, preservatemi dall'offender Dio (si reciti un Requiem per i Defunti);
- Santi tutti del Paradiso, educatemi quest'oggi al santo timor di Dio;
- O Gesù, benedetto sia il Vostro Nome, abbiate pietà delle bestemmie degli uomini;
- Vergine Santa abbiate compassione dei miseri peccatori;
- O Santo Spirito, custoditemi da ogni mal pensiero;
- Divino Spirito Santo custodite il Sommo Pontefice e la Santa Chiesa;
- Divino Spirito Santo curateVi dei Sacerdoti, specialmente di quei Ministri che maggiormente hanno bisogno di Voi;

Anima cara sappi che la Preghiera gradita a Dio è il Santo Rosario che reca in sè il Pater Noster che Gesù stesso ci ha insegnato, e ricorda il Mistero della Divina Incarnazione di Nostro Signore Gesù Cristo, lodando il dolce "fiat" della Sua Santissima Madre. Tutto questo ci predispone poi alla Santissima Confessione e a ricevere la Santa Eucaristia in modo degno e come si addice al buon cristiano.

Sia lodato Gesù Cristo +

___________________

1) Le sette opere di misericordia corporale
Dar da mangiare agli affamati.
Dar da bere agli assetati.
Vestire gli ignudi.
Alloggiare i pellegrini.
Visitare gli infermi.
Visitare i carcerati.
Seppellire i morti.

Le sette opere di misericordia spirituale
Consigliare i dubbiosi.
Insegnare agli ignoranti.
Ammonire i peccatori.
Consolare gli afflitti.
Perdonare le offese.
Sopportare pazientemente le persone moleste.
Pregare Dio per i vivi e per i morti.


(cliccare sulle immagini per ingrandirle)





domenica 28 febbraio 2016

Chiesa e post concilio: Così scrivevamo in quei giorni

 
L'ultima benedizione

28 febbraio 2013 Il congedo di Benedetto XVI
Oggi mi è parso di assistere all'agonia del Papato. Una vicenda inedita si dipanava davanti ai nostri occhi e nel nostro cuore. Nel pomeriggio il congedo definitivo e la partenza dal Vaticano di Benedetto XVI, centellinati minuto per minuto, metro dopo metro dalle reti televisive. Allo scoccare dell'hora vigesima la drammatica struggente chiusura del portone della residenza di Castel Gandolfo, dopo la deposizione della 'guardia' da parte degli Svizzeri.

Con una mano invisibile... La Tiara o Triregno 
Appena Benedetto XVI ha lasciato il balcone, si è alzata una folata di vento. Ha sollevato e spostato l'arazzo con lo stemma papale, scoprendo ciò che esso copriva : la tiara, la corona dei papi con le chiavi incrociate di San Pietro, lo stemma di Alessandro VII (1665-1667) che appartiene al portale del Palazzo Apostolico. Finito un pontificato, rimane inciso nella pietra per tutta l'eternità il ministero petrino, il papato, di cui Gesù ha detto: le porte dell'inferno non prevarranno (Matteo 16:18).



[Modificato da Caterina63 08/03/2016 09:21]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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08/01/2016 13:40
 
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  GLI ESERCIZI
 

Sant’Ignazio di Loyola ha pensato gli Esercizi spirituali proprio per persone che si ponevano grosse domande: «Che cosa devo fare della mia vita? Che cosa vuole il Signore da me?». Ignazio negli Esercizi “accompagna” l’esercitante alle risposte che deve chiederle direttamente a Colui che potrà dargliele. 

di Enrico Cattaneo

Per amore di tranquillità, sembra che tutti, o quasi, nei discorsi ufficiali si siano messi d’accordo per non toccare quelli che sono chiamati il “temi divisivi”, quali ad esempio: aborto, eutanasia, matrimoni gay, teoria gender, procreazione assistita, utero in affitto, adozione per coppie omosessuali... In realtà questi temi sono toccati - e come! - dalle lobby che li sbandierano come diritti, e lavorano attivamente perché siano introdotti nella nostra legislazione, come lo sono già in molte legislazioni europee e americane. Chi tace (purtroppo) sono i cattolici (ma non tutti), perché non vogliono turbare la quiete, ma mantenere un clima di serenità, lasciando da parte appunto le questioni che potrebbe dividere (i “temi divisivi”).

C’è però un effetto collaterale, perché in questo modo si addormentano le coscienze, le si“anestetizzano”. Questo è il grande problema della nostra cultura post-moderna. Ci hanno detto e inculcato che non bisogna perdere tempo con le domande fondamentali della vita: chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Qual è il senso della vita? C’è la verità? Perché cerco la felicità? Esiste la felicità? Che cos’è il bene? E il male? Perché il bene finisce? Perché la morte?... Ci hanno inculcato che porre queste domande è da stupidi, perché (dicono) tanto non ci sono risposte. E noi, invece di piangere come il veggente dell’Apocalisse, che piangeva a dirotto perché nessuno poteva aprire il libro e leggerlo (Ap 5, 4), cioè trovare le risposte, abbiamo detto: «Va bene, accontentiamoci di quello che riusciamo ad avere. Mangiamo e beviamo, tanto domani moriremo. Cerchiamo di portare avanti il più a lungo possibile queste quattro ossa, prima che finiscano nella tomba, cioè nel nulla».

Avendo così rinunciato a porci le domande ultime, anche le risposte, che pure ci sono, scivolano sullanostra mente come frasi fatte, convenzionali, che non ci dicono più niente. In questo tempo di Natale, ad esempio, la Chiesa ci fa chiede spesso nelle sue orazioni: «Concedi o Signore che, dopo aver... ecc. ecc. ... possiamo partecipare alla gioia senza fine», oppure: «...alla felicità eterna». Ma pare che ora a nessuno interessi più quella “gioia senza fine” o quella “felicità eterna”. Siamo troppo presi dai problemi quotidiani, che quelle richieste ci fanno solo ridere. Così il cristianesimo è diventato per molti, moltissimi, irrilevante, non perché abbia perso qualcosa della sua carica dirompente, ma perché gli uomini, soprattutto quelli che stanno bene, hanno smesso di porsi le domande ultime. (Solo chi si è trovato in situazioni estreme, chi ha visto in faccia la morte, allora sì, si pone quelle domande...).

Sant’Ignazio di Loyola ha pensato gli Esercizi spirituali proprio per persone che si ponevano grossedomande: «Che cosa devo fare della mia vita? Che cosa vuole il Signore da me?». Ignazio negli Esercizi “accompagna” l’esercitante in questo cammino dove “lui” deve trovare le risposte, e deve chiederle direttamente a Colui che potrà dargliele. Ignazio per primo ha fatto questo cammino, e perciò è in grado di “accompagnare” altri. Ma bisogna partire dalle domande. Se non ci sono grosse domande, è inutile fare gli esercizi. Il percorso degli Esercizi si articola in una premessa e in quattro tappe. La premessa (detta “Principio e fondamento”) ti dice già tutto l’essenziale, e cioè che la risposta è Dio e le risposte alle tue domande è lui che te le può dare. Devi solo accettare di entrare in dialogo con lui, disposto però ad andare sino in fondo.

La prima tappa è la discesa nell’inferno. Nell’inferno del peccato, di tutto il peccato del mondo, dalsuo inizio fino a oggi, compreso anche il tuo peccato. Devi scendere nell’inferno del tuo peccato. Ignazio ti pone anche con l’immaginazione proprio nell’inferno (come Dante), fino a sentire le urla, le bestemmie, il fetore... Perché scendere nell’inferno del peccato e del mio peccato? Perché riaprire storie passate, che sarebbe meglio dimenticare? Perché è solo così che puoi fare l’esperienza della salvezza: sentire che qualcuno è venuto a tirarti su per i capelli dall’abisso in cui eri caduto e dal quale non saresti mai uscito da solo (e qui Ignazio ti dice di andare a parlare con la Madonna, perché ti aiuti Lei, la senza macchia). Così, davanti a Gesù crocifisso puoi allora piangere lacrime di pentimento e di consolazione. Ricevuto il perdono, rinato a vita nuova, capisci che da questo Gesù non ti puoi più staccare. E qui inizia la seconda tappa.

Nella seconda tappa, Ignazio ti fa vedere Gesù che annuncia il regno di Dio e chiama i discepoli, cioèchiama anche te. Ma come? Come san Paolo, anche l’esercitante deve chiedere: «Signore, che cosa vuoi che io faccia? Come devo seguirti?». Ignazio dice: non ti devo dare io la risposta, la devi trovare tu, mettendoti in ascolto del Signore che ti parla. Io ti potrò aiutare a come metterti in ascolto del Signore. Intanto prendi i Vangeli e leggili, leggili e rileggili... Dove senti che arde il tuo cuore, lì fermati... Così questa seconda tappa è come un po’ salire sul monte della Trasfigurazione. È una tappa che è insieme di trasformazione e di purificazione (un po’ come il Purgatorio di Dante). 

Infatti, in ogni pagina del Vangelo che leggi, il tuo animo acquista delle virtù nuove, e nello stessotempo si purifica dalla mentalità del mondo. Perché se hai lasciato il peccato (Ia tappa), non hai ancora “rivestito Cristo”, non hai ancora “il pensiero di Cristo”, i suoi stessi sentimenti, sei ancora intriso di mondanità. Per questo c’è bisogno di “frequentare” il Vangelo, la persona di Gesù, perché stando vicino a Lui impari a pensare come lui, sentire come lui. Ignazio pone alla fine anche una domanda impegnativa: «Ma sei pronto a soffrire con lui?». Portato dall’entusiasmo, l’esercitante non esita a rispondere: «Certo, Signore, sono pronto!».

Qui però inizia la terza tappa, che è una nuova “discesa nell’inferno”, non più però portato dalpeccato, ma portato dall’Amore, «che ha preso su di sé il peccato del mondo». È la settimana della Passione. Ignazio invita l’esercitante a fermarsi su ogni dettaglio della Passione di Gesù, come per dire: «Ecco dove porta l’amore vero, fino a prendere su di sé il peccato degli altri, fino a dare la propria vita per gli altri... Sei disposto?». Ultima cena, eucaristia, agonia nel Getsemani, tradimento di Giuda, arresto, condanna, schiaffi, sputi, flagellazione, coronazione di spine, chiodi della croce, grido sulla croce, morte, colpo di lancia, sepoltura... Non è la descrizione di un condannato a morte qualsiasi (ce ne sono stati tanti nella storia), ma è l’inferno umano visitato dall’Amore. E sai che l’Amore non può morire. 

Così passi con lui alla quarta tappa, quella della risurrezione (che corrisponde al Paradiso di Dante).Ignazio è più sobrio, non si stacca dai Vangeli, ma sente la gioia della risurrezione come quella gioia vera, che nessuno potrà più togliere e ti porta già davanti alla “corte celeste”. Così l’esercitante può tornare “sulla terra” della sua vita, della sua giornata, dove sa che ormai non c’è più nulla di insignificante, ma tutto ha un senso, dove tutto ti parla di Lui: la vita, la morte, la gioia, il dolore, la salute, la malattia, la luna, il sole, le stelle, i fiori, gli uccelli... dove «tutto è amore» (Dante, Vita Nova).  Come dice la canzone “La mente va dove và”, cantata da Mina nel 1972: «Arrivi Tu, il mondo è acceso / quello che era mio / tu l’hai già preso / non ci sono per me / esitazioni / ti chiedo solo / se mi perdoni». Quelli che immaginano un sant’Ignazio un po’ arcigno, severo, cosa direbbero se scoprissero che gli Esercizi terminano con una contemplazione «per ottenere l’amore»?






Padre Giacobbe Elia, esorcista incaricato per la Diocesi di Roma dal 1987 e autore di numerosi libri e pubblicazioni, intervistato da IntelligoNews parla dell'anno trascorso e di quello che verrà. Mette in guardia dalle tentazioni moderne e chiarisce come procedere evitando di cadere nel nichilismo e non cancellando l’idea del peccato che può trarre in inganno...

Finisce il 2015, per molti un anno buio. Si può parlare di anni di “prova” particolarmente duri o si lotta oggi come ieri?

"Più che una domanda la sua è una provocazione, di fronte a un’evidenza:

“Il 2015 è stato un anno di buio”. E io credo che quasi tutto il 2016 non sarà meno duro.
L’uomo moderno si è ingannato pensando di “poter essere” emancipandosi da Dio. Senza di Lui ogni creatura è restituita al proprio nulla, perché l’essere stesso, la vita, invoca il Creatore che lo dona. La generazione umana è metafora eloquente di questo mistero. E come il bambino che volesse emanciparsi dal seno materno si condannerebbe a morte certa, così noi allontanandoci dal Salvatore ci consegniamo al peccato e, infine, all’inferno. Perché il peccato è il rifiuto di Dio e del suo Cristo, l’unico Salvatore. Gli antichi avevano compreso bene questo dramma dell’uomo e lo hanno detto con un’espressione bruciante: «aut Deus aut diabolus, tertius non dabitur».
Fino alla consumazione dei secoli questa lotta vitale riguarderà ogni uomo, come insegna sant’Agostino spiegando il senso della prova: «La nostra vita in questo pellegrinaggio non può essere esente da prove e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può conoscere se stesso, se non è tentato, né può essere coronato senza aver vinto, né può vincere senza combattere; ma il combattimento suppone un nemico, una prova»

Oggi rispetto a ieri, quali peccati e tentazioni ci sono e come è cambiato l'Uomo?

"Il peccato dell’uomo moderno consiste nel voler cancellare l’idea stessa del peccato. La sua stessa possibilità è diluita in un’infinita e mortificante analisi sociologica, che priva la nostra libertà di qualsiasi responsabilità. La colpa è sempre dell’altro, della società, delle istituzioni… Ma una libertà senza responsabilità non è vera libertà e una vita senza impegno e senza passione si consegna all’insignificanza, che segna il trionfo del Male sull’uomo. Strumentalizzando il pensiero della Chiesa, oggi si preferisce parlare soltanto della misericordia di Dio e si tace della sua tremenda giustizia, ignorando (colpevolmente) che questa dolorosa menzogna non solleva l’uomo, ma lo rende più vulnerabile di fonte alle prove...

http://www.intelligonews.it/articoli/29-dicembre-2015/35103/capodanno-l-esorcista-padre-giacobbe-elia-il-2015-e-stato-un-anno-di-buio-dove-cade-l-uomo-moderno 



Chiesa in via di protestantizzazione
di Claudio Crescimanno 11-01-2016

Chiesa in declino

Per oltre due anni siamo bombardati a più riprese dall’uscita dei risultati delle consultazioni di numerose diocesi nel mondo e di intere conferenze episcopali in vista del Sinodo sulla famiglia, risultati nei quali, senza tanti giri di parole, si smantella quel poco che in quei paesi è rimasto della fede e della morale; c’è stata l’intervista del presidente della Conferenza episcopale tedesca, che parla a nome suo, ma anche di buona parte dei suoi colleghi, che proclama l’autodeterminazione della Chiesa tedesca; ci sono due pezzi da novanta del collegio cardinalizio (Muller e Kasper) che da fronti opposti del nuovo campo di battaglia ecclesiale (la morale sessuale e familiare), senza scomporsi tanto, parlano di uno scisma incombente o addirittura già in atto; c’è una conferenza episcopale, di nuovo quella tedesca, che ha derubricato ‘la pillola del giorno dopo’, dichiarando d’autorità che non si tratta di aborto; ci sono nazioni ex cattoliche, come l’Irlanda, che apostatano pubblicamente dalla fede votando in massa un referendum, sostenuti dal silenzio dei loro Pastori; ci sono gli apparati centrali di molte diocesi europee che si mostrano omertosi circa la rapida diffusione dell’ideologia gender e riducono al silenzio con metodi spicci i preti e i laici che la combattono… e l’elenco potrebbe continuare. 

Ciascuno di questi fatti è stato già singolarmente commentato, e con grande competenza. Non pare superfluo, però, anche una valutazione dell’insieme, per la luce che questi fatti gettano sulla vita della Chiesa in questo momento cruciale. 

Partiamo dalle due domande che queste vicende non possono non suscitare in chi ha ancora un po’ di fede e un po’ di buon senso: come siamo arrivati a questo punto? E come è possibile che questo non susciti alcuna reazione in chi di dovere? Per rispondere a queste domande e, partendo da esse, fare un’adeguata riflessione sul tempo che stiamo vivendo, ritengo sia indispensabile partire da lontano.

Si sta realizzando in modo macroscopico ciò che aveva previsto l’imperscrutabile Paolo VI, in quella che già allora fu una facile profezia e che oggi è pura evidenza: «Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte» (J. Guitton, ‘Paolo VI segreto’). 

Sì, un pensiero non cattolico si è fatto strada ed è diventato predominante in molti ambienti della Chiesa cattolica, in molte facoltà teologiche, seminari, ordini religiosi, e, attraverso una capillare divulgazione, in molte comunità di fedeli; poi i rappresentanti di queste componenti ecclesiali si ritrovano nelle migliaia di convegni, assemblee, consigli pastorali dell’orbe cattolico, e così questo pensiero diviene predominante e maggioritario nella Chiesa intera. E a poco è servito il proliferare degli interventi magisteriali in contrario, visto che ormai da decenni essi, nella gran parte dei casi, rimbalzano sul corpo ecclesiale come su un muro di gomma.

Nessuna delle innovazioni proposte è originale: sono tesi che riguardano l’interpretazione della Scrittura, il valore dei dogmi, le conseguenze morali della fede, il valore dei sacramenti, la struttura della Chiesa, il rapporto con le altre religioni e con il mondo; su questi temi c’è un’unica paradossale proposta: sposare al più presto ciò che il Magistero ha condannato e combattuto negl’ultimi cinquecento anni.

Come è possibile un tale capovolgimento? 
Ecco il pensiero non cattolico, anzi anti-cattolico, di cui si diceva: è il pensiero secondo il quale nella contrapposizione del XVI secolo tra Lutero e il concilio di Trento, in realtà aveva ragione Lutero, solo che purtroppo la Gerarchia di allora non lo ha capito e la Chiesa si è chiusa alla meravigliosa opportunità della Riforma; nella contrapposizione del XVIII secolo tra l’illuminismo e la Chiesa, aveva ragione l’illuminismo, solo che il Magistero di allora non lo ha capito e di nuovo la Chiesa si è arroccata nelle sue posizioni integraliste e intransigenti e così ha perso l’opportunità di lasciarsi beneficamente influenzare dai principi e dai valori dei lumi … e così via di contrasto in contrasto. Così per circa cinquecento anni la Chiesa cattolica non ha fatto altro che chiudersi al mondo, alle novità, al progresso, e a moltiplicare le condanne: dalla Bolla Exurge Domine di Leone X, al Sillabo di Pio IX, alla Mirari Vos di Gregorio XVI, alla Pascendi di Pio X, alla Humani Generis di Pio XII.

E la cosa più drammatica – sempre secondo questo pensiero – è che in questo modo la Chiesa non ha fatto altro che allargare sempre più il suo divario con il Vangelo; eh sì, perché da Lutero fino all’abate Franzoni, i protestanti, gli illuministi, i liberali, i modernisti, i socialisti, insomma tutti i riformatori, ingiustamente e ottusamente condannati, in realtà avevano visto giusto, avevano capito il Vangelo ben più del Magistero cattolico! 

Ma finalmente c’è stata la svolta, finalmente con il Concilio Vaticano II la Chiesa, seppure con mezzo millennio di ritardo, prende consapevolezza di tutto ciò: ecco la portata rivoluzionaria del Concilio così appassionatamente celebrata dai sostenitori di questo pensiero. Naturalmente questa rivoluzione copernicana non si manifesta tanto nei documenti, che sono frutto di un compromesso tra le varie posizioni presenti in Concilio e quindi per ciò stesso rappresentano una fase ancora immatura del cambiamento, e dunque provvisoria; ma piuttosto si manifesta nel famoso ‘spirito’ del Concilio. Lo spirito del Concilio è da cinquant’anni il criterio di interpretazione della realtà che ha scalzato tutti i criteri precedenti (vero o falso, bene o male …), la nuova ‘ortodossia’ violando la quale si incorre nella nuova ‘scomunica’ per la quale non c’è remissione.

L’effetto di questo pensiero è la rottura della Chiesa post-conciliare con la Chiesa pre-conciliare; da questa rottura è nata una Chiesa ‘nuova’ che ha archiviato quella vecchia; è nata una Chiesa purificata dai paludamenti costantiniani, da una teologia e una morale integraliste, da una liturgia clericale, da un’assoluta incapacità di dialogare con il mondo contemporaneo. Al contrario la ‘nuova’ Chiesa è aperta al mondo, fa autocritica per tutto ciò che di identitario c’era in lei, e con umiltà impara da coloro che aveva condannato. E per recuperare il tempo perduto, tanto per cominciare, sposa con entusiasmo i cavalli di battaglia del suo nemico storico: il protestantesimo. Il cosiddetto spirito del Concilio non è altro che il motore di una Chiesa in avanzata fase di protestantizzazione: nell’esegesi biblica, negli studi filosofici e teologici, nella riforma liturgica, nella visione della Chiesa e dei suoi rapporti con le religioni e col mondo, in ogni settore della vita ecclesiale il rinnovamento post-conciliare ha sposato sempre più esplicitamente le posizioni protestanti.

Naturalmente il fatto che il protestantesimo liberale a cui ci si è entusiasticamente ispirati per rendere più evangelico, più cristiano, un cattolicesimo ormai obsoleto, sia in realtà da decenni in profonda crisi e che perda ministri e fedeli con rapidità vertiginosa non importa a nessuno. Lo spirito del Concilio infatti è un teorema ideologico e i suoi paladini non si imbarazzano a chiamare ‘primavera’ della Chiesa questa imitazione a scoppio ritardato dei fallimenti dei nipoti di Lutero, una sicura ricetta svuota-chiese, svuota-seminari, svuota-conventi che si è puntualmente e drammaticamente realizzata in questi ultimi decenni. Le poche eccezioni a questo tracollo sono le realtà ecclesiali che meno si sono fatte rinfrescare da questo soffio dello ‘spirito’ del Concilio, e che per ciò sono state impunemente ostacolate, e oggi apertamente perseguitate…

Ma il punto di arrivo di questo processo non è nemmeno la protestantizzazione del cattolicesimo: questa infatti è la tappa intermedia, necessaria ma transitoria, per il raggiungimento del vero obiettivo che è la secolarizzazione; il protestantesimo infatti è l’anticamera della secolarizzazione della società: lo è di diritto e di fatto. Lo è di diritto, poiché il ripiegamento soggettivo e intimistico della fede luterana non può non sfociare nella pratica di una religiosità individuale, che esclude ogni dimensione sociale della fede; lo è di fatto, poiché è questo ciò che si è storicamente realizzato: i paesi protestanti si sono secolarizzati prima e di più di quelli cattolici, e non solo perché hanno opposto meno resistenza al processo mondano, ma al contrario perché vi si sono consapevolmente e volontariamente consegnati senza opporre resistenza. Anzi, nel protestantesimo liberale – e ora, per imitazione, anche in ampi settori del cattolicesimo – la secolarizzazione non è vista come antitetica, ma come fase più matura, compiuta, della fede. 

In quest’ottica strabica, la secolarizzazione non è la scomparsa esplicita della fede, ma il suo evaporare in una religiosità vaga ed emotiva, che tutti accomuna, eliminando la dimensione identitaria; è dunque il miglior collante per costruire una società pacificata, tollerante, pluralista, accogliente e rispettosa di tutte le posizioni, cioè quel paradiso in terra che nella visione relativistica e immanentistica del mondo contemporaneo deve essere il vero obiettivo a cui tendono tutte le religioni, dunque anche quella cristiana. 

E anche verso questa tappa ultima si cammina a grandi passi: il dialogo ecumenico dell’immediato post-Concilio si è progressivamente trasformato nella inter-confessionalità, cioè nello scambio senza più distinzioni tra le diverse denominazioni cristiane; e ora la inter-confessionalità si sta evolvendo rapidamente nella inter-religiosità, cioè una parificazione sincretista di tutti i credo religiosi, forse in vista della costruzione di quella ONU delle religioni, la super religione universale, umanitaria e antropocentrica, che sempre più e da più parti viene auspicata…





[Modificato da Caterina63 11/01/2016 00:35]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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09/01/2016 00:47
 
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[SM=g1740758] Cari Amici, Santa Agnese è una di quei santi di cui crediamo di sapere tutto o abbastanza. Oppure si dice che sono santi antichi e a chi vuoi che interessino le loro storie oggi, magari sono storie anche variopinte, ridisegnate. Noi vi offriamo un breve video, solo cinque minuti per offrirvi più che una biografia, una meditazione su questa adolescente di appena dodici anni, lasciando a voi il gusto di fare ulteriori ricerche, e riflettendo anche della tradizione degli agnelli - dalle cui lane - la Chiesa ricava i palli per il Papa e gli Arcivescovi metropoliti.

gloria.tv/media/CvyeLhzEp7i

www.youtube.com/watch?v=xaM1UZFq0Eo

Movimento Domenicano del Rosario
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[SM=g1740738]



Cari Amici, ricordando che siamo dentro l'Anno di grazia con ben due Giubilei: quello degli 800 anni per i Domenicani e quello straordinario della Misericordia indetto dal santo Padre Francesco, veniamo qui ad offrirvi un breve video con la sintesi della vita e delle opere, di uno tra i più grandi teologi della Chiesa, San Tommaso d'Aquino, stella lucente dell'Ordine dei Predicatori, Dottore della Chiesa, l'insuperato Dottore angelico.

gloria.tv/media/avxmA5JZ34u
www.youtube.com/watch?v=pe9MbAXHKUo

Movimento Domenicano del Rosario
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[SM=g1740771]


[Modificato da Caterina63 10/01/2016 16:59]
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11/01/2016 12:06
 
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  Una mamma al capezzale del figlio di 29 anni nello stato terminale dell'AIDS. Si legge in questa testimonianza l'agire e la missione della Santa Madre Chiesa.....

Raccontato dalla mamma dopo la sepoltura del figlio, settembre 2014.

Mio figlio ad un certo punto mi ha rimproverata perchè dice che io lo avevo abbandonato, spiega la madre dallo sguardo sereno, di chi sa di aver fatto quanto doveva fare e aggiunge: spiegai a mio figlio che io le avevo provate tutte, ho provato con lui tutte le strade, dalla misericordia alla severità, dal bastone alla carota date insieme, un pò di una e un pò dell'altra, ma lui voleva fare come voleva e allora gli raccontai la parabola del figliol prodigo e gli dissi "da questo momento ti lascio libero di fare quello che vuoi, hai 20 anni, io ho fatto tutto quanto potevo fare, non è colpa di nessuno se tuo padre ci ha lasciati per scappare con una ragazzina e ti ha lasciato che avevi solo 12 anni.... come vedi io non ti ho mai abbandonato perciò non hai nessuna scusa, Vai, sei libero, io starò qui ad aspettarti..."

Da allora questa mamma ha atteso il ritorno del figlio, giorno dopo giorno con il rosario in mano. E quel giorno è arrivato, ma per raccogliere i cocci di una vita rovinata e frantumata.
Ma a questa mamma non interessa, ciò che interessava a lei era vedere ritornare il figlio in qualunque condizione. Ne ha raccolto i cocci, quei cocci che nessuno voleva più. Lei li ha raccolti uno ad uno, ascoltando in silenzio lo sfogo del figlio moribondo. Lo ha ascoltato in silenzio per tre giorni, ed in silenzio è rimasta a curargli le ferite perchè attendeva ora dal figlio una sola cosa, l'ultimo atto: LA CONVERSIONE..... E così è stato: "Mamma - dice il figlio - la tua insistenza e testimonianza mi hanno convinto, ho sbagliato tutto, perdonami...."

Poi ha chiesto la visita di un sacerdote, poi sono arrivati i Sacramenti, poi è arrivata Sorella Morte, ma il figlio Alessandro se ne è andato sorridendo e ringraziando la mamma, e lasciando il suo perdono al padre.... e ha detto alla mamma: "Lo so che non è giusto e non è normale che io vada via prima di te, ma il Signore non sbaglia mai, se è così che vuole, facciamo la sua volontà...."

La mamma di Alessandro racconta poi che a Natale 2014, durante la Messa della Notte di Natale, le è sembrato di scorgere il figlio accanto al Bambinello nel Presepe allestito nella chiesa parrocchiale.... il suo cuore non si è turbato, ma gli ha chiesto spontaneamente se avesse bisogno ancora di suffragi e si è sentita rispondere: altre 4 Messe Mamma e il prossimo Natale lo farò in Paradiso "il Signore ha soddisfatto le preghiere di una mamma afflitta e addolorata", così ha concluso il racconto Mamma Alice di 56 anni, abbandonata dal marito con un figlio adolescente......


 












ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 17 gennaio 2016

[Multimedia]


 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo di questa domenica presenta l’evento prodigioso avvenuto a Cana, un villaggio della Galilea, durante una festa di nozze alla quale partecipano anche Maria e Gesù, con i suoi primi discepoli (cfr Gv 2,1-11). La Madre fa notare al Figlio che è venuto a mancare il vino, e Gesù, dopo averle risposto che non è ancora giunta la sua ora, tuttavia accoglie la sua sollecitazione e dona agli sposi il vino più buono di tutta la festa. L’evangelista sottolinea che «questo fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (v. 11).

I miracoli, dunque, sono segni straordinari che accompagnano la predicazione della Buona Notizia e hanno lo scopo di suscitare o rafforzare la fede in Gesù. Nel miracolo compiuto a Cana, possiamo scorgere un atto di benevolenza da parte di Gesù verso gli sposi, un segno della benedizione di Dio sul matrimonio. L’amore tra l’uomo e la donna è quindi una buona strada per vivere il Vangelo, cioè per incamminarsi con gioia sul percorso della santità.

Ma il miracolo di Cana non riguarda solo gli sposi. Ogni persona umana è chiamata ad incontrare il Signore nella sua vita. La fede cristiana è un dono che riceviamo col Battesimo e che ci permette di incontrare Dio. La fede attraversa tempi di gioia e di dolore, di luce e di oscurità, come in ogni autentica esperienza d’amore. Il racconto delle nozze di Cana ci invita a riscoprire che Gesù non si presenta a noi come un giudice pronto a condannare le nostre colpe, né come un comandante che ci impone di seguire ciecamente i suoi ordini; si manifesta come Salvatore dell’umanità, come fratello, come il nostro fratello maggiore, Figlio del Padre: si presenta come Colui che risponde alle attese e alle promesse di gioia che abitano nel cuore di ognuno di noi.

Allora possiamo chiederci: davvero conosco il Signore così? Lo sento vicino a me, alla mia vita? Gli sto rispondendo sulla lunghezza d’onda di quell’amore sponsale che Egli manifesta ogni giorno a tutti, a ogni essere umano? Si tratta di rendersi conto che Gesù ci cerca e ci invita a fargli spazio nell’intimo del nostro cuore. E in questo cammino di fede con Lui non siamo lasciati soli: abbiamo ricevuto il dono del Sangue di Cristo. Le grandi anfore di pietra che Gesù fa riempire di acqua per tramutarla in vino (v. 7) sono segno del passaggio dall’antica alla nuova alleanza: al posto dell’acqua usata per la purificazione rituale, abbiamo ricevuto il Sangue di Gesù, versato in modo sacramentale nell’Eucaristia e in modo cruento nella Passione e sulla Croce. I Sacramenti, che scaturiscono dal Mistero pasquale, infondono in noi la forza soprannaturale e ci permettono di assaporare la misericordia infinita di Dio.

La Vergine Maria, modello di meditazione delle parole e dei gesti del Signore, ci aiuti a riscoprire con fede la bellezza e la ricchezza dell’Eucaristia e degli altri Sacramenti, che rendono presente l’amore fedele di Dio per noi. Potremo così innamorarci sempre di più del Signore Gesù, nostro Sposo, e andargli incontro con le lampade accese della nostra fede gioiosa, diventando così suoi testimoni nel mondo.


Dopo l'Angelus:

 

Adesso vi invito tutti insieme a rivolgere a Dio una preghiera per le vittime degli attentati avvenuti nei giorni scorsi in Indonesia e Burkina Faso. Il Signore le accolga nella sua casa, e sostenga l’impegno della comunità internazionale per costruire la pace. Preghiamo la Madonna: Ave o Maria, …

A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me.


   







[Modificato da Caterina63 17/01/2016 12:56]
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17/01/2016 22:39
 
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  Padre Pio e Padre Leopoldo Mandic. Le reliquie dal 3 febbraio a Roma. Il programma


 

 


In occasione del Mercoledì delle Ceneri il Santo Padre investirà ufficialmente i Missionari della Misericordia (cfr. Misericordiae Vultus n. 18) del loro mandato. Per tale occasione saranno traslate a Roma, le spoglie mortali di San Pio da Pietralcina e San Leopoldo Mandic, due grandi Santi riconosciuti da tutti come grandi esempi di Misericordia vissuta.


Padre PIo e San Leopèoldo


Le urne contenenti le reliquie dei santi saranno a Roma dal 3 all’11 febbraio, di seguito pubblichiamo il programma di massima delle principali iniziative:


3 febbraio
Basilica di San Lorenzo fuori le Mura
Ore 13,00: Liturgia di accoglienza delle reliquie di san Pio e di san Leopoldo
presiede fr. Gianfranco Palmisani, Ministro Provinciale dei Frati Minori Cappuccini della Provincia Romana
Ore 18,00: Celebrazione eucaristica
presiede S. Em. Card. Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità
Ore 21,00: Veglia di preghiera
presiede fr. Mauro Jöhri, Ministro Generale dei Frati Minori Cappuccini

4 febbraio
Basilica di San Lorenzo fuori le Mura
Ore 7,30: Celebrazione eucaristica
Ore 11,30: Celebrazione eucaristica
Ore 18,00: Celebrazione eucaristica
Ore 20,30: Liturgia penitenziale interobbedienziale
presiede S.E.R. Mons. Rino Fisichella, Presidente Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione

Chiesa Giubilare San Salvatore in Lauro
Ore 22,00: Celebrazione eucaristica
presiede S.E.R. Mons. Rino Fisichella, Presidente Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione
Segue: Veglia notturna

San-Leopoldo-Mandic-




5 febbraio
Chiesa Giubilare San Salvatore in Lauro
Ore 14,00: Celebrazione eucaristica
presiede S.E. Mons. Michele Castoro, Arcivescovo di Manfredonia, Vieste, San Giovanni Rotondo
Ore 16,00: Processione con le reliquie dei due Santi verso la Basilica di San Pietro
Accoglienza da parte di S. Em. Card. Angelo Comastri Arciprete della Basilica di San Pietro

6 febbraio
Piazza San Pietro
Ore 12,00: Udienza Giubilare del Santo Padre per i gruppi di preghiera di Padre Pio
Ore 14,00: Esposizione delle reliquie per la venerazione dei fedeli nella Basilica di San Pietro

7 – 8 – 9 febbraio
Basilica di San Pietro
Esposizione delle reliquie per la venerazione dei fedeli

10 febbraio
Basilica di San Pietro
Ore 17,00: Solenne Celebrazione eucaristica del Mercoledì delle Ceneri presieduta dal Santo Padre Francesco e invio dei Missionari della Misericordia

11 febbraio
Basilica di San Pietro
Ore 7,30: Celebrazione eucaristica
presiede S.E.R. Rino Fisichella

Partenza delle reliquie dei due santi verso le sedi di provenienza




 (Fonte www.iubilaeummisericordiae.va)


Preghiera per conservare la vera Fede scritta da s. Pietro Canisio S. J. (1521-1597), olandese e primo gesuita della provincia germanica, nonché proclamato Dottore della Chiesa da Pio XI nel 1925, e compilatore del primo Catechismo, detto Romano, del Concilio di Trento.

Professo davanti a Voi la mia fede. Padre e Signore del Cielo e della terra, mio Creatore e Redentore, mia forza e mia salvezza, che fin dai miei più teneri anni non avete cessato di nutrirmi col sacro pane della vostra Parola e di confortare il mio cuore. Affinché non vagassi errando con le pecore traviate che sono senza Pastore. Voi mi raccoglieste nel seno della vostra Chiesa; raccolto, mi educaste; educato, mi conservaste insegnandomi con la voce di quei Pastori nei quali volete essere ascoltato e ubbidito, come di persona, dai vostri fedeli.

Confesso ad alta voce per la mia salvezza tutto quello che i cattolici hanno sempre a buon diritto creduto nel loro cuore. Ho in abominio Lutero, detesto Calvino, maledico tutti gli eretici; non voglio avere nulla in comune con loro, perché non parlano né sentono rettamente, e non posseggono la sola regola della vera Fede propostaci dall’unica, santa, cattolica, apostolica e romana Chiesa. Mi unisco invece nella comunione, abbraccio la fede, seguo la religione e approvo la dottrina di quelli che ascoltano e seguono Cristo, non soltanto quando insegna nelle Scritture ma anche quando giudica per bocca dei Concilii ecumenici e definisce per bocca della Cattedra di Pietro, testificandola con l’autorità dei Padri. Mi professo inoltre figlio di quella Chiesa romana che gli empii bestemmiatori disprezzano, perseguitano e abominano come se fosse anticristiana; non mi allontano in nessun punto dalla sua autorità, né rifiuto di dare la vita e versare il sangue in sua difesa, e credo che i meriti di Cristo possano procurare la mia o l’altrui salvezza solo nell’unità di questa stessa Chiesa.

Professo con franchezza, con san Girolamo, di essere unito con chi è unito alla Cattedra di Pietro e protesto, con sant’Ambrogio, di seguire in ogni cosa quella Chiesa romana che riconosco rispettosamente, con san Cipriano, come radice e madre della Chiesa universale. Mi affido a questa Fede e dottrina che da fanciullo ho imparato, da giovane ho confermato, da adulto ho insegnato e che finora, col mio debole potere, ho difeso. A far questa professione non mi spinge altro motivo che la gloria e l’onore di Dio, la coscienza della verità, l’autorità delle Sacre Scritture canoniche, il sentimento e il consenso dei Padri della Chiesa, la testimonianza della Fede che debbo dare ai miei fratelli e infine l’eterna salvezza che aspetto in Cielo e la beatitudine promessa ai veri fedeli.

Se accadrà che a causa di questa mia professione io venga disprezzato, maltrattato e perseguitato, lo considererò come una straordinaria grazia e favore, perché ciò significherà che Voi, mio Dio, mi date occasione di soffrire per la giustizia e perché non volete che mi siano benevoli quelle persone che, come aperti nemici della Chiesa e della verità cattolica, non possono essere vostri amici. Tuttavia perdonate loro, Signore, poiché, o perché istigati dal demonio e accecati dal luccichio di una falsa dottrina, non sanno quello che fanno, o non vogliono saperlo.

Concedetemi comunque questa grazia, che in vita e in morte io renda sempre un’autorevole testimonianza della sincerità e fedeltà che debbo a Voi, alla Chiesa e alla verità, che non mi allontani mai dal vostro santo amore e che io sia in comunione con quelli che vi temono e che custodiscono i vostri precetti nella santa romana Chiesa, al cui giudizio con animo pronto e rispettoso sottometto me stesso e tutte le mie opere. Tutti i santi che, o trionfanti nel Cielo o militanti in terra, sono indissolubilmente uniti col vincolo della pace nella Chiesa cattolica, esaltino la vostra immensa bontà e preghino per me. Voi siete il principio e il fine di tutti i miei beni; a Voi sia in tutto e per tutto lode, onore e gloria sempiterna.


     




[Modificato da Caterina63 18/01/2016 00:10]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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   Meglio agitarsi nel dubbio che riposare nell’errore (Manzoni).


"Mi meraviglio che così in fretta da colui che vi ha chiamati con la grazia di Cristo passiate ad un altro vangelo. In realtà, però, non ce n'è un altro; solo che vi sono alcuni che vi turbano e vogliono sovvertire il vangelo di Cristo.
Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema! L'abbiamo già detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anàtema! Infatti, è forse il favore degli uomini che intendo guadagnarmi, o non piuttosto quello di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo!" (Gal.1,6-10)


Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani dal 18 al 25 gennaio 

La pratica della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani fu introdotta nel 1908 da Padre Paul Wattson, fondatore di una comunità religiosa anglicana che entrò in seguito nella Chiesa cattolica. 
L’iniziativa ricevette la benedizione del Papa san Pio X e fu poi promossa dal Papa Benedetto XV, che ne incoraggiò la celebrazione in tutta la Chiesa cattolica con il Breve Romanorum Pontificum, del 25 febbraio 1916
.

orbene.... <img border='0' class='smile' alt= e cosa ha detto di preciso Benedetto XV ricordato da Benedetto XVI come per esortarci ad un sano ecumenismo? altrimenti non avrebbe senso citare il suo predecessore se poi non lo si legge e non lo si mette in pratica... ergo...
leggiamolo:

BREVE  
CUM CATHOLICAE ECCLESIAE  
IL VESCOVO BENEDETTO,  
SERVO DEI SERVI DI DIO.  
A PERPETUA MEMORIA
   
 
Poiché la verità della Chiesa cattolica risplende principalmente per la sua unità, nulla è più auspicabile che gli uomini strappati infelicemente dalle braccia di questa Madre ritornino finalmente a Lei, con pensieri e propositi corretti. I Romani Pontefici Nostri Predecessori, particolarmente per quanto riguarda lo scisma d’Oriente non hanno mai cessato, in ogni tempo, sia con l’autorità dei Concilii, sia con paterne esortazioni, sia anche indicendo preghiere, di adoperarsi con tutte le forze affinché quelle popolazioni Cristiane, così numerose e nobili, potessero professare con un cuore solo e un’anima sola l’antica fede dalla quale si sono miseramente separati.  
Pertanto abbiamo approvato con tanto fervore la preghiera che qui presentiamo e che si propone lo scopo che i popoli Cristiani d’Oriente costituiscano nuovamente un unico ovile con la Chiesa Romana e siano diretti da un unico Pastore. Dopo aver udito anche i Venerabili Nostri Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa Inquisitori Generali, con la massima volontà abbiamo arricchito tale preghiera di quei celesti tesori della Chiesa dei quali l’Altissimo ci ha costituto dispensatori.  
 
Per questo a tutti i fedeli di ambo i sessi che ovunque, sulla terra, reciteranno la seguente preghiera quotidianamente per un mese in qualsiasi lingua, purché fedele al testo originale, nel giorno del mese scelto da ognuno a proprio piacimento, veramente pentiti, dopo essersi confessati e dopo aver ricevuto la Santa Comunione visitino devotamente una Chiesa o un Oratorio pubblico, e qui preghino secondo la Nostra intenzione, concediamo ed elargiamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria e la remissione di tutti i loro peccati.  
 
 
A quei fedeli, poi, che con cuore contrito abbiano recitato in qualsiasi giorno la stessa preghiera, concediamo secondo la forma ordinaria della Chiesa trecento giorni da bonificare sulle penitenze comminate o in qualunque modo dovute. Consentiamo misericordiosamente che tutte queste indulgenze, remissioni dei peccati e riduzioni di penitenze possano essere applicate a modo di suffragio anche alle anime dei fedeli trattenute in Purgatorio. Ciò, nonostante il parere contrario di chicchessia. Le presenti norme avranno valore perpetuo.  
 
Infine, affinché in futuro nessuna variazione od errore possano intervenire nella preghiera sotto pubblicata, ordiniamo che un esemplare della stessa venga conservato nell’archivio dei Brevi Apostolici.  
 
Preghiera per l’unione dei Cristiani d’Oriente alla Chiesa Romana

«O Signore, che avete unito le diverse nazioni nella confessione del Vostro Nome, Vi preghiamo per i popoli Cristiani dell’Oriente. Memori del posto eminente che hanno tenuto nella Vostra Chiesa, Vi supplichiamo d’ispirar loro il desiderio di riprenderlo, per formare con noi un solo ovile sotto la guida di un medesimo Pastore. Fate che essi insieme con noi si compenetrino degl’insegnamenti dei loro santi Dottori, che sono anche nostri Padri nella Fede. Preservateci da ogni fallo che potrebbe allontanarli da noi. Che lo spirito di concordia e di carità, che è indizio della Vostra presenza tra i fedeli, affretti il giorno in cui le nostre si uniscano alle loro preghiere, affinché ogni popolo ed ogni lingua riconosca e glorifichi il nostro Signore Gesù Cristo, Vostro Figlio. Così sia ».  

Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 15 aprile 1916, nel secondo anno del Nostro Pontificato.  
BENEDICTUS PP. XV



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BREVE  
ROMANORUM PONTIFICUM  
IL VESCOVO BENEDETTO,  
SERVO DEI SERVI DI DIO.  
A PERPETUA MEMORIA  
 
 
 
In ogni tempo i Romani Pontefici Nostri Predecessori ebbero a cuore — e anche a Noi preme moltissimo — che i Cristiani che si sono dolorosamente allontanati dalla Chiesa Cattolica siano invitati a tornare ad essa, come ad una madre da loro abbandonata. Splende infatti nella fondamentale unità della fede il principio della verità della Chiesa, e non diversamente l’Apostolo Paolo esorta gli Efesini all’unità dello spirito, da conservarsi nel vincolo della pace, la quale prevede un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo (Ef. IV, 5).  
 
 
Con grande gioia abbiamo appreso che la Società chiamata « della Espiazione », fondata a New York, ha proposto preghiere da recitarsi dal giorno della festa della Cattedra Romana di San Pietro fino alla festa della Conversione di San Paolo affinché si ottenga questo grande obiettivo dell’unità, e Ci siamo pure rallegrati per il fatto che queste preghiere, benedette dal Santo Padre Pio X di recente memoria e approvate dai Sacri Vescovi dell’America, si sono diffuse in lungo e in largo negli Stati Uniti.  
 
 
Pertanto, affinché più facilmente si consegua l’obiettivo desiderato, e le suddette preghiere si recitino ovunque con grande vantaggio delle anime, Noi, udito anche il parere dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa Inquisitori Generali, a tutti i fedeli dell’uno e dell’altro sesso che in qualunque parte della terra — dal giorno 18 del mese di gennaio, festa della Cattedra Romana di San Pietro, fino al giorno 25 dello stesso mese, nel quale si onora la Conversione di San Paolo — reciteranno ogni anno tali preghiere una volta al giorno, e poi nell’ottavo giorno, veramente pentiti, confessati e nutriti della Santa Comunione, dopo aver visitato qualsiasi Chiesa o pubblico Oratorio abbiano innalzato a Dio pie preghiere per la concordia dei Governanti Cristiani, per l’estirpazione delle eresie, per la conversione dei peccatori e per l’esaltazione di Santa Madre Chiesa, Noi concediamo ed elargiamo misericordiosamente nel Signore l’indulgenza plenaria di tutti i loro peccati.  
 
Concediamo inoltre la possibilità di lucrare la predetta indulgenza plenaria a coloro che, confessati debitamente i peccati e ricevuta la Santa Comunione, compiuta pure la visita nel giorno della festa della Cattedra di San Pietro in Roma, chiedano perdóno. Inoltre, agli stessi fedeli che con il cuore contrito, in qualunque degli otto giorni menzionati, abbiano recitato le stesse preghiere, concediamo duecento giorni di indulgenza nella forma consueta della Chiesa. Concediamo che tutte e singole queste indulgenze, remissioni dei peccati e attenuazioni delle penitenze possano essere applicate, a modo di suffragio, anche alle anime dei fedeli trattenute in Purgatorio.  
 
 
Le presenti concessioni saranno valide anche in futuro, nonostante il parere contrario di chicchessia. Le preghiere che dovranno essere recitate, negli otto giorni sopra stabiliti per l’unità della Chiesa, sono le seguenti, e affinché su di esse non venga operata alcuna variazione, abbiamo ordinato che una copia delle stesse alla custodita nell’Archivio dei Brevi Apostolici.  
 
 
« Antifona (Giovanni, XVII, 21): Perché tutti siano una cosa sola, come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.  
— Io dico a te che tu sei Pietro.  
— E su questa pietra io edificherò la mia Chiesa ».  
 
 
Preghiera: « Signore Gesù Cristo che hai detto ai tuoi Apostoli: Vi lascio la pace, vi dò la mia pace, non guardare ai miei peccati, ma alla fede della tua Chiesa; dégnati di pacificarla e riunirla secondo la tua volontà, tu che vivi e Regni, Dio, per tutti i secoli dei secoli. Amen ».  
 
 
Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l’anello del Pescatore, il 25 febbraio 1916, nell’anno secondo del Nostro Pontificato.  
 
 
BENEDICTUS PP. XV 

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Le intenzioni, cosi' come erano concepite nello spirito originario sono ancora le seguenti:

PRIMO GIORNO 18 gennaio, Cattedra di San Pietro. Pregare per il Papa e i Vescovi e tutto il Clero 

SECONDO GIORNO 19 gennaio, Pregare per la conversione di tutti gli scismatici e per la conversione di tutti i "poveri peccatori", come ha chiesto la Madonna a Fatima.. 

TERZO GIORNO 20 gennaio, Apparizione all'ebreo Ratisbonne. Pregare per la conversione dei Luterani e dei protestanti d'Europa in genere 

QUARTO GIORNO 21 gennaio, Sant'Agnese, Pregare per la conversione degli Anglicani 

QUINTO GIORNO 22 gennaio, Pregare per la conversione dei protestanti d'America. 

SESTO GIORNO 23 gennaio. Pregare per la conversione dei cattolici non piu' praticanti e per tutti i politici che, battezzati, non rispettano più la Legge di Dio.

SETTIMO GIORNO 24 gennaio. Pregare per la conversione degli Ebrei. 

OTTAVO ed Ultimo giorno 25 gennaio Conversione di San Paolo. Pregare per la conversione degli islamici e di tutti i pagani.

Tra le preghiere tradizionalmente approvate per tale pratica, figura la seguente CORONCINA per l'Unita' 

Ci si serva di una comune corona del Rosario

Deus, in auditorium intende, Domine ad adiuvandum me festina Gloria Patri

Sui grani del Padre Nostro recitare : "Sacro Cuore di Gesu'. abbiate pieta' di noi e dei nostri fratelli avvolti nelle tenebre dell'errore". 

Sui grani dell'Ave Maria recitare;"Venga, o Signore Gesu', il tuo Regno, nell'unita' della Chiesa, per mezzo della tua Santa Madre". 

Si concluda con : Vergine Immacolata, Voi che per singolare privilegio di grazia foste preservata dalla colpa originale, guardate pietosa ai nostri fratelli dissidenti, che sono pure figli vostri. Non pochi di loro, benche' separati, conservano un qualche culto per Voi. E Voi, generosa qual siete, ricompensateli, impetrando a loro la grazia della conversione. Vittoriosa qual siete, dell'infernale serpe, fin dal principio della vostra esistenza, rinnovate, ora che piu' stringe la necessita', gli antichi trionfi, glorificate il Figlio vostro, riconducendo le pecorelle smarrite all'unico ovile, sotto la guida del Pastore universale, e sia vostra gloria, o Vergine sterminatrice di tutti gli errori, aver riportato cosi' la pace in tutto il mondo cristiano. Amen. 

- Salve Regina Ut omnes errantes ad unitatem Ecclesiae revocare et infideles universos ad Evangelii lumen perducere digneris: 
- te rogamus, Domine, audi nos Regina Sacratissimi Rosarii, ora pro nobis
    



[Modificato da Caterina63 19/01/2016 12:48]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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  L’acqua benedetta. Un sacramentale in disuso
dal Numero 35 del 8 settembre 2013
di Clara Rossetti

Un elemento tanto “umile, prezioso e casto” è l’acqua. Ancor più impreziosita dalla benedizione del sacerdote, che ne fa un sacramentale, una piccola sorgente di grazia per sé, per le anime purganti e un potente aiuto contro il maligno. Perché non attingervi fervorosamente?

«Laudato, sii, mi Signore, per Sora Aqua, la quale è molto utile et umile et preziosa et casta» (FF 263). 
San Francesco d’Assisi attribuisce all’acqua molta importanza e molte virtù; innanzitutto ringraziando il Signore per averla creata, la definisce molto utile. Noi ci accorgiamo della sua vitale importanza e preziosità, solo quando abbiamo molta sete, o nei periodi di siccità, o quando ci viene a mancare; invece, ne dovremmo sempre tener gran conto e non sprecarla. Ma forse è proprio perché è umile, nascosta e pronta subito a donarsi, che ne sottovalutiamo l’importanza. Ci dice che è preziosa: senza di essa l’uomo non può sopravvivere, e la terra perde la sua fertilità, divenendo una landa desolata. Sorella Acqua è casta: avete mai visto una sorgente di alta montagna? La sua acqua è purissima, di una casta freschezza.

Il Serafico san Francesco ha ringraziato l’Altissimo e Onnipotente Bon Signore di questo grande dono, un dono prezioso per la vita materiale, ma ancor più per quella spirituale: benedetta, infatti, dal sacerdote diventa l’acqua benedetta, un sacramentale oggi in disuso, ma non nel Medioevo...
È possibile immaginare con quale fervore egli avrà pensato all’acqua uscita dal Costato di Cristo, quell’acqua fonte della nostra Salvezza: «E subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19,34). Lo stesso fervore che lo accomuna alla sua parva plantula, santa Chiara d’Assisi, e che ci viene ben descritto da Sora Angeluccia, nel Processo di Canonizzazione: «Avendo una volta la preditta Madre madonna Chiara udito cantare dopo Pasqua vidi aquam egredientem de templo ex latere dextro, tanto se ne rallegrò e lo tenne a mente, che sempre, dopo mangiare e dopo Compieta se faceva dare a sé et alle Sore sue l’aqua benedetta, e diceva ad esse Sore: “Sorelle e figliole mie, sempre dovete recordare e tenere nella memoria vostra quella benedetta aqua, la quale uscì dal lato destro del nostro Signore Iesu Cristo pendente in croce”» (FF 3111).

L’uso di questo sacramentale è andato in disuso, tanto che nelle chiese le acquasantiere sono vuote e, purtroppo, trasandate. Invece, proprio oggi, in cui il mondo è posto ancor più sotto il maligno, ci dovrebbero essere nei luoghi sacri, non acquasantiere, ma vere e proprie botti, con file interminabili di fedeli, pronti ad attingere quest’acqua di vita soprannaturale. 
Purtroppo i sacerdoti contemporanei, sottovalutando l’efficacia della sua potenza, che proviene da Dio e non dall’uomo, benedicono frettolosamente Sorella Acqua Benedetta, quando acconsentono alla richiesta di qualche devoto.

L’acqua, benedetta con il sale esorcizzato e la sua formula speciale, invece, è un potentissimo aiuto contro il maligno, per neutralizzarlo e tenerlo lontano. Si dice che prevenire è meglio che curare una malattia, quanto più nelle malattie dell’anima.

Una volta in tutte le case cristiane, erano appese delle acquasantiere, quasi immancabili nelle stanze da letto; la sera e la mattina, ogni buon cristiano si faceva il Segno della croce con l’acqua benedetta. E le mamme benedivano i loro figli prima che uscissero per andare a scuola, o se partivano per qualche viaggio.
In occasione dei Battesimi, delle Prime Comunioni, delle Cresime o dei Matrimoni, invece di regalare cianfrusaglie o chincaglieria, sarebbe una santa cosa regalare una bella acquasantiera! 
Santa Teresa d’Avila aveva una grande venerazione per l’acqua benedetta; così scrive: «Ho sperimentato molte volte che non c’è mezzo più efficace dell’acqua benedetta per scacciare gli spiriti cattivi, e per impedire che ritornino. Essi fuggono davanti alla croce, ma poi ritornano. Vuol dire che l’acqua benedetta ha una forza speciale e straordinaria. Per me in particolare essa è sempre portatrice di una grande consolazione e la sento in me ogni volta che la uso. Questa non è immaginazione. L’ho provato molte volte e ho esaminato il fatto con attenzione. È come quando uno è bruciato da un’ardente sete e beve un bicchiere di acqua freschissima».

I santi hanno sempre fatto grande uso dell’acqua benedetta, per sé, per benedire le persone, gli oggetti, gli alimenti e per dare un po’ di refrigerio alle anime sante del Purgatorio. In alcuni monasteri, vige ancora oggi l’uso di benedire con l’acqua tutto ciò che la Provvidenza fa arrivare dentro le loro sacre mura, di aggiungerla agli impasti dei dolci che verranno offerti ai benefattori. Sono “santi usi” che sarebbe bene riprendere in ogni famiglia, soprattutto quando qualche membro bestemmia o si è incamminato su strade sbagliate. 
 

Un altro “santo uso” di questo sacramentale, consiste nel versarne qualche goccia, con l’intenzione di dare un po’ di refrigerio alle anime del Purgatorio. In alcuni cimiteri del Nord, vengono poste all’entrata due acquasantiere, con dei rametti di cipresso o di pino; le persone che si recano per far visita ai loro defunti, fanno un Segno di croce con il rametto, con l’intenzione di spargere l’acqua benedetta su tutte le anime dei defunti presenti in quel camposanto. Durante i funerali, poi, o nella camera ardente, vi è sempre un’acquasantiera e tutti quelli che vanno a salutare la salma la benedicono aspergendola con l’acqua santa.
Purtroppo, noi post-moderni sottovalutiamo l’importanza delle benedizioni, e di tutto il bene ad esse legato, e così non siamo capaci di apprezzare le benedizioni dei sacerdoti.

La mistica Caterina Emmerich così scrive: «La benedizione del sacerdote penetra nel Purgatorio e porta refrigerio alle anime come rugiada celeste. Se qualcuno potesse vedere questo, come è capitato a me, certamente farebbe di tutto per procurare loro questo beneficio».

Benedizioni quindi per le anime sante del Purgatorio, ma anche benedizioni per le anime nostre, di noi pellegrini su questa terra; quando incontriamo un sacerdote, chiediamogli sempre una benedizione, personale o per i nostri cari. E possiamo farlo anche quando ci capita di sentirlo al telefono, o attraverso i mezzi di comunicazione, lettere, internet, ecc. La benedizione del sacerdote è efficacissima, le sue mani sono state consacrate per questo; infatti, durante l’Ordinazione sacerdotale il Vescovo le consacra con la seguente formula: «Benedici e santifica, Signore, con la tua unzione queste mani. Tutto ciò che queste mani benediranno sia benedetto, e quello che consacrano sia consacrato e santificato nel nome del Signore Gesù Cristo».

Ad una mistica tedesca che parlava con le anime del Purgatorio, apparve un giorno l’anima di un sacerdote defunto; aveva le mani completamente nere e si trovava in quello stato, perché si era rifiutato di dare benedizioni. Veniva dalla mistica a chiedere preghiere, invitandola a esortare i sacerdoti a non fare il suo stesso errore. Oggi, quante “mani nere” ci saranno in Purgatorio?

Ritornando a Sora Aqua Benedetta, è da notare che in molte apparizioni mariane, la Madonna ha fatto scaturire delle fonti di acqua dalle proprietà miracolose e curative. Il Signore ha voluto riporre nelle sue mani torrenti di grazie materiali e spirituali: «Ecco, io farò scorrere verso di essa [la Madonna], come un fiume di prosperità [le grazie]; come un torrente in piena la ricchezza [la Salvezza] dei popoli» (Is 66,10-14). L’acqua di Lourdes, ad esempio, questo fiume di acqua sgorgato dalla grotta di Massabielle; e tutti i fiumi di grazie scaturiti da quel santuario dei Pirenei, sono gli stessi fiumi di grazie sgorgati alle nozze di Cana, quando l’acqua si è miracolosamente trasformata in ottimo vino, grazie all’intervento, all’intercessione della Madre di Gesù.
A Cana, a Lourdes, a Fatima, in ogni luogo, e soprattutto vicino ad ogni Tabernacolo c’è la Madre di Gesù; noi dobbiamo solo ascoltare ciò che Lei dice: «Fate tutto quello che vi dirà» (Gv 2,5). Allora fiumi di acqua viva inonderanno la nostra anima, e lo Spirito Santo c’insegnerà ogni cosa, cambiando l’acqua in vino buono.





22 gennaio inizia la Novena a san Giovanni Bosco

IL MERAVIGLIOSO SCHERZO DI SAN GIOVANNI BOSCO AI PRETI CHE VOLEVANO CHIUDERLO IN MANICOMIO

Il meraviglioso scherzo di san Giovanni Bosco ai preti che volevano chiuderlo in manicomio

Non solo le autorità civili molestavano il povero don Bosco e tentavano d’impedire lo sviluppo della sua Opera, ma anche i suoi colleghi sacerdoti. Anzi, costoro si erano messi in testa che don Bosco stesse dando i numeri, e che tutto questo affaccendarsi appresso ai ragazzi fosse una vera mania.

Alcuni, infatti, andarono a trovarlo e, con tutta carità, presero a dirgli:

– Caro don Bosco, tu, capiscilo, comprometti il carattere sacerdotale! Con le tue stravaganze, con l’abbassarti a prendere parte ai giochi di quei monelli, con l’accompagnarti con loro per le vie e per le piazze, perdi il tuo decoro, desti ammirazione, ti fai ridere appresso!

E siccome don Bosco, sicuro dell’Opera sua, dava segno di non essere persuaso della logica di quegli avvisi, essi andavano continuando:

– Ma tu hai perso la testa! Non ragioni più! Povero e caro don Bosco, non bisogna ostinarsi…Tu non puoi fare l’impossibile! Non vedi che anche la Provvidenza è contraria alla tua opera e che non trovi nessuno che ti voglia affittare un locale?

– Oh la Provvidenza! – esclamò a questo punto don Bosco alzando le mani al cielo -, la Provvidenza mi aiuterà! Lei mi ha inviato questi ragazzi e io non ne respingerò neppure uno, ritenetelo bene! Voi siete in errore, la Provvidenza farà tutto ciò che è necessario. E poiché non mi si vuole affittare un locale, ne fabbricherò uno io con l’aiuto di Maria Santissima. Vi saranno vasti edifizi, con scuole, laboratori, officine, di ogni specie, spaziosi cortili e porticati…una magnifica chiesa. E poi, anche chierici, catechisti, assistenti, professori, capi d’arte, e numerosi sacerdoti. Vedrete, vedrete…

All’udire tali parole, quei suoi amici si sentirono profondamente commossi. Essi vi vedevano una prova certa della pazzia del loro amato collega, e se ne andarono crollando il capo e ripetendo fra loro:

– Poveretto! Davvero gli ha dato di volta il cervello! Occorre subito provvedere.

Don Bosco attendeva gli eventi, pronto a ogni più dura lotta.

Quei tali, presi gli accordi con la Curia Vescovile, andarono a parlare col direttore del manicomio. Ottenuto un posto al creduto pazzo, due di loro, i più svelti e coraggiosi, accettarono di eseguire il pietoso disegno.

Presero a nolo una vettura chiusa, si recarono all’abitazione di don Bosco e, fatti i primi convenevoli, lo invitarono a una passeggiata dicendogli:

– Un po’ d’aria ti farà bene, caro don Bosco; vieni, abbiamo qui una carrozza che ci aspetta.

Il Santo si avvide subito del gioco che gli volevano fare, ma accolse l’invito esclamando:

– Corbezzoli!…una carrozza!…Evviva la carrozza!….Veramente non ci sono assuefatto, ma via!…andiamo.

Giunti alla vettura, lo invitarono a entrare per primo; ma egli si scusò dicendo:

– No! Sarebbe una mancanza di rispetto per parte mia. Favoriscano loro per primi.

Quelli salirono senza alcun sospetto, persuasi che don Bosco li avrebbe seguiti; ma egli, appena li vide dentro, chiuse con fragore lo sportello, gridando al cocchiere:

– Presto!…al manicomio!!!Il vetturino sferza il cavallo, e più veloce che non si dica, giunge alla mèta ove, trovato il portone spalancato e gli infermieri pronti in attesa, entra di corsa.

Il custode chiude prontamente il portone; gli infermieri circondano la carrozza, aprono gli sportelli e invece di un pazzo ne vedono due.

Quantunque entrambi protestassero energicamente, furono condotti al piano superiore, ed essendo assenti medici e direttore, perché era l’ora del mezzogiorno, dovettero adattarsi a pranzare coi ricoverati. Solo verso sera, chiarito l’equivoco, poterono essere messi in libertà.

La cosa fece in un baleno il giro della città, e da quel giorno si corressero le idee nei riguardi del Santo, e l’ammirazione verso di lui s’accrebbe assai.





[Modificato da Caterina63 22/01/2016 12:44]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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28/01/2016 23:01
 
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  Padre Pio osservato più da vicino
dal Numero 4 del 24 gennaio 2016
 

Trovandomi con Padre Pio ad un dato momento della conversazione domando: «Padre Pio, che classe sei?». «Indovinalo!». «Va bene; fammi vedere gli occhi». E accostai il suo viso alla lampadina per poterlo meglio scrutare. Vedevo bene, ma facevo vista di non vedere per poter più a lungo osservare negli occhi.
«Accendi anche l’altra lampadina». Suggerisce lui. «No, questa basta».

I suoi occhi sono belli quando guarda di fronte, ma quando li alza al cielo non hanno più la stessa bellezza. Il bulbo allora si scopre troppo e lascia vedere un occhio come emerso da un profluvio di lacrime. I contorni stessi dell’occhio specie nella parte inferiore portano i segni di chi ha l’abitudine di piangere: un po’ gonfi, arrossati, con sfumature celesti.

«Tu hai 50 anni o giù di lì», dissi finalmente io.
«Hai sbagliato di due: ne ho 48».
«Voglio rivedere: sì, hai ragione; questa ruga non è completa» conclusi.
«Ma come fai a conoscere gli anni dagli occhi?», domandò lui.
«Ecco qui: ogni solco nella parte laterale dell’occhio indica gli anni. 
«E allora fammi vedere: voglio vedere quanti anni hai tu?». Ed io mi sentii felice nel sentirmi palpare la testa dalle mani trafitte del Padre Pio. Naturalmente ridevo e ridendo formavo una massa di grinze ai bordi laterali dell’occhio. 

E Padre Pio dice: «Ma tu hai più di 60 anni: c’è qui un ammasso di linee. Smetti di ridere». E smetto. «Una, due, tre, quattro: tu hai dai 40 ai 45 anni». «Ne ho 43». «Giusto! – riprende lui – Questa linea non è compiuta». E aggiunse: «Fin qui avevo sentito dire che gli anni si contano dalle rughe della fronte, ora anche da quelle degli occhi. Se ne impara sempre di nuove». 

Suona il campanello del silenzio: Padre Pio si alza di scatto e ci dà la buonanotte. 
Nella stanza pulita ha pochi libri, che tiene in uno scaffaletto a muro. Sul banchino ha un bel crocifisso molto espressivo e un Gesù Bambino dormiente col braccino appoggiato ad una roccia e davanti, per terra, una corona di spine. I prototipi di Padre Pio, che è pure un bambino e un crocifisso. 
Vicino al letto un comodino col cassetto ripieno di fazzoletti insanguinati, che io vidi nel momento che egli cercava un ricordino da dare ad un fanciullo.

Al muro, a metà del letto, attaccata una sveglietta o un orologio. 
«Che ci fa quella sveglia: non hai paura di romperla?», dico io.
«Non c’è pericolo: quando sono a letto non mi muovo mai». Il suo letto è di ferro, ma con tavole e sopra un pagliericcio, lenzuola e coperta. Vicino vedo un bastone a forca. «E di questo che ne fai?». «Rimuovo la paglia del letto. E tu non ce l’hai la paglia?». «Un tempo sì, ma ora si usa il vegetale».
La mattina sveglia per tempo: alle 7 deve arrivare il Padre Generale per celebrare la Santa Messa. Io mi metto in Confessionale, mentre tutti i Confratelli col Padre Provinciale e Padre Pio vanno incontro al Padre Generale fuori del piazzale.

Dopo il Padre Generale, celebra Padre Pio e io esco per assistere alla sua Messa. Avevo da dirmi tutto l’Ufficio e pensavo di dirlo in quell’ora e mezza che dura la Messa di Padre Pio. Ma non fui capace di aprire il Breviario. Alla vista del Celebrante incominciai a commuovermi e piansi per tutto il tempo della Messa. 
Perché? Non so. Ma è tanta la devozione e tale il fascino che emana da Padre Pio, che tutti ne siamo investiti e soggiogati. Pare che egli mediti ogni parola e che ogni cerimonia lo trasporti come fuori di sé. La Lettura la fa con commozione, con voce bassa, quasi stanca, senza precipitazione e spiccando bene ogni parola.
Certe contrazioni nervose del viso, certi sguardi smorti verso il cielo, certe mosse di capo, come se scacciasse una cosa molesta, fanno pensare a forti sofferenze e a forti reazioni per non lasciarsi sorprendere dall’estasi. 

Il suo volto in quei momenti è quasi paonazzo, gli occhi lacrimosi, che hanno bisogno di un fazzoletto a portata di mano, la voce si fa sempre più stanca tanto che appena si sente alla Comunione e dà l’impressione che il Padre debba cadere svenuto per terra.

Cosa strana! Appena tornato in sacrestia riacquista le energie e la festevolezza abituali. In sacrestia rimette i guanti che io ho osservato al di dentro e portano tracce di strofinamento di piaghe sanguinanti. Come tutti, anch’io mi fo avanti per baciare la mano a Padre Pio. Me la porge inguantata, ma io tiro indietro il guanto e voglio vedere la mano davanti e di dietro e ivi depongo il mio bacio. La mano interna è ricoperta di granuli di sangue.

«Perché non ti lavi un po’ le mani – gli disse in mia presenza Padre Bernardo, suo compaesano –, non vedi come sono brutte con quel sangue rappreso?». E Padre Pio confessò che togliendo i grumoli di sangue rappreso si lacerava il tessuto cutaneo e ne veniva fuori maggior copia di sangue.
Con questo non si pensi che la mano sia brutta a vedersi: fa pietà a vederla così piagata. E la mano non dà cattivo odore, e le dita, al di fuori della maculazione sanguigna, sono belle, affusolate, con colore roseo liliale, con riflessi di cristallo rosa.
Dopo la Messa tutti hanno qualche cosa da dirgli ed egli ascolta festevole, scherzoso, ridendo, chiacchierando, come non fosse più Padre Pio, che poco prima celebrava la Santa Messa. Ma è questione di pochi minuti e poi si ritira per fare il Ringraziamento alla Messa. [...].

A mensa, in quel giorno un po’ più abbondante, Padre Pio mangiò poche forchettate di patate lesse all’olio, e infine un po’ di insalata. [...] Terminata la mensa si va in Chiesa per l’Adorazione. Padre Pio va in fondo di chiesa e resta lì a pregare, mentre noi col Padre Generale facciamo una visita agli altari della chiesa.
La sera, dopo le funzioni, si va tutti ad una accademia, preparata dai giovani Terziari, in onore del Padre Generale. Vi partecipa anche Padre Pio, umile, composto, sorridente ad ogni debutto dei bimbi e dei giovani. I quali, appena terminata l’accademia e il Padre Generale già si allontana, assediano Padre Pio, lo interrogano e gli baciano a gara le mani. Egli, sorridendo, si schernisce e risponde, celiando. 

Padre Giovanni da Baggio, 
Padre Pio visto dall’interno
pp. 15-23





 

Fraternamente CaterinaLD

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Cari Amici.....

il 3 febbraio celebriamo San Biagio, protettore della gola.... e in tutti i sensi, non solo per le malattie della gola [SM=g1740733] ma anche e soprattutto contro i vizi della gola....

e tuttavia ci troviamo anche nel Giubileo domenicano:
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/d/11207528/800-anni-dei-Domenicani-Il-Papa-dice-loro-grazie-per-ci%C3%B2-che-siete-e-fate/discussi...


perciò vogliamo ricordare ben 3 martiri domenicani, uccisi dai valdesi.....
la loro Memoria non è certo per odi e vendette, al contrario, è proprio il sano ecumenismo fatto di autentico perdono.... DONARE SE STESSI per amore alla Verità. [SM=g1740733]

www.youtube.com/watch?v=gkM3F1nua74

______________________________________

Opera di misericordia spirituale Pregare Dio

Non è un optional, non è una decisione arbitraria: la preghiera, il pregare è un dovere indiscutibile del cristiano, ed è una delle sette opere di misericordia spirituale. Il santo Padre Francesco, all'Udienza di sabato 6 febbraio, ha fatto una profonda Catechesi ai Gruppi di Preghiera di Padre Pio. Tracciando un profilo del grande Santo di Pietrelcina, ha spiegato che cosa è la preghiera e cosa non è. Non è per esempio una aspirina o un negozio....
Buona meditazione

gloria.tv/media/og8jT9nbrqq
www.youtube.com/watch?v=YgGAbEYXaR4









[SM=g1740738]


[Modificato da Caterina63 07/02/2016 12:14]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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04/02/2016 16:13
 
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IL CASO

il geniale frate domenicano, Giorgio Carbone, ci offre DELLE PERLE per comprendere quando è possibile un dialogo e quando non lo è....
e non diamo per scontato di saper rispondere il CRITERIO - che a molti manca quando si esprimono per ideologia - non è altro che la fase del discernimento, della logica, della giusta critica, del buon senso... ossia separo, tra-scelgo, giudico, decido.....
questi sono i sommi principi attraverso i quali l'uomo esercita la più vera ed autentica libertà all'interno, appunto, della vera CONOSCENZA di quegli atti attraverso i quali si fondano poi le decisioni arbitrarie corrette. Senza il criterio sano, ci troveremo a vivere in un mondo schizofrenico e pure maniacale nel quale la stessa libertà autentica dell'uomo verrebbe atrofizzata.... uno dei validi criteri che ci dicono che stiamo vivendo nella DITTATURA DEL PENSIERO UNICO E DEL RELATIVISMO   

Il dialogo è possibile ma a due condizioni
 

Il dialogo oggi sembra essere un’arte difficile e rara. Le stesse persone, autorevoli e altolocate, che da qualsiasi area invocano di non contrapporsi, di non creare muro contro muro, ma di dialogare e di testimoniare, sembra che abbiano dimenticato i presupposti del dialogare. Dialogare deriva dal greco dia-lego: parlare tra.

di padre Giorgio Carbone O.P.




l dialogo oggi sembra essere un’arte difficile e rara. Le stesse persone, autorevoli e altolocate, che da qualsiasi area invocano di non contrapporsi, di non creare muro contro muro, ma di dialogare e di testimoniare, sembra che abbiano dimenticato i presupposti del dialogare. Dialogare deriva dal greco dia-lego, dove la preposizione dia significa tra, e quindi indica la relazione, e il verbo lego significa parlo. Quindi il dialogare è un’attività tipica dell’uomo, come animale razionale e sociale. Suppone la relazione tra persone e l’intelligenza come facoltà che conosce la realtà delle cose, cioè tende al vero. 

Perciò il dialogare è una vocazione dell’uomo in quanto tale. I presupposti del dialogo sono almeno due.
Il primo è essere ancorati alla realtà, ai fatti, alle evidenze. Questo ancoraggio è indispensabile, altrimenti cado nella negazione della realtà o nella censura di qualche suo aspetto.
Il secondo presupposto è parlare la stessa lingua, cioè usare le parole secondo la stessa accezione, perché se in una frase usassi una parola secondo un suo significato e in una seconda frase usassi la stessa parola secondo un significato diverso dal primo produrrei nel mio interlocutore un grande equivoco, giocherei con le parole, e il nostro dialogare sarebbe fuorviato e non approderebbe a nulla se non all’inganno. 

I due presupposti, cioè essere ancorati alla realtà e usare le parole secondo significati costanti, possono essere ricondotti al principio primo del nostro conoscere, cioè al principio di identità e di non contraddizione. Questo fonda la nostra attività raziocinativa, e quindi anche la nostra vita associata.

Quando il mio interlocutore spara dei numeri non fondati sulla realtà, esempio: in Italia i bambini adottati dalle coppie dello stesso sesso sono 100.000, quando invece secondo l’Istat 2012 le coppie conviventi dello stesso sesso sono 5.713 e i bambini presenti in queste coppie non arrivano ai 100. Se il mio interlocutore nega che il tasso di incidenza di suicidio nelle coppie conviventi dello stesso sesso aumenti del 300% rispetto alle coppie conviventi di sesso opposto, quando invece si tratta di una semplice evidenza statistica. Se il mio interlocutore nega di poter godere dei diritti civili, quando invece l’ordinamento giuridico vigente glieli riconosce già. Il dialogo manca del primo presupposto: non è ancorato alla realtà e alle evidenze.

Quando poi il mio interlocutore invoca l’uguaglianza e la non-discriminazione, ma con queste parole non vuole dire «a situazioni uguali trattamento uguale; e a fattispecie diverse trattamenti diversi», ma vuole dire omologazione e standardizzazione, allora sta giocando con le parole, mi sta ingannando. Manca quindi il secondo presupposto del dialogo.
Se poi il mio analizzare criticamente un disegno di legge è visto come una forma di contrapposizione, allora non ci siamo proprio.
Nella cultura relativista pare che si possa interpretare tutto, ma non alcuni disegni di legge. Le persone umane vanno non rispettate, ma amate come noi stessi per il semplice fatto che sono persone, e non per le loro qualità, opinioni o idee.
Ma la mia intelligenza se vuole compiere la sua missione di conoscere, di dialogare, allora è chiamata a valutare con criterio, cioè criticamente, le proposte, gli enunciati e gli scritti del mio amico.

Gli inviti a non contrapporsi e a non contrapporsi a tutti i costi non fanno certo onore alla nostra intelligenza. Se il mio amico non è ancorato alla realtà, il mio amore per lui mi inclinerà a dirgli: «Guarda, ti sbagli di grosso». Se il mio amico sta giocando con le parole, sarà il mio amore per lui a dirgli: «Non ti fai onore. Ci inganniamo a vicenda». Sembra perciò che l’enfasi sul non contrapporsi sia il risultato del buonismo e del rispetto a oltranza, forme adulterate di amore.

L’amore per l’intelligenza mia e tua e la ricerca di un dialogo serio e che costruisca il bene comune tra gli amici ci chiamano non solo a testimoniare, ma a valutare criticamente, a dire dove sono gli errori e gli inganni, a denunciare le censure mediatiche, le intimidazioni sociali e i fatti criminali (penso al danno prodotto dagli hacker al sito difendiamoinostrifigli). Solo l’amore per l’intelligenza mia e tua, solo l’ancoraggio alla realtà dei fatti ci consente di dialogare.


 


[Modificato da Caterina63 04/02/2016 16:27]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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07/02/2016 13:13
 
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[SM=g1740717]Triduo alla Vergine di Lourdes
(Dal 9 all'11 febbraio)



1° giorno:
Nostra Signora di Lourdes, sa­lute dei malati, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes, intercedi per la guarigione dei malati che ti raccomandiamo. Ottieni loro un au­mento di forza se non la salute.
Sia benedetta la Santa ed Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria, Madre di Dio.


2° giorno.
Nostra Signora di Lourdes che preghi incessantemente per i peccatori, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes che hai guidato Bernardette fino alla santità, donaci quell’entusiasmo cristiano che non indietreggia davanti ad alcun sforzo perché regni maggiormente la pace e l’amore tra gli uomini.

Sia benedetta la Santa ed Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria, Madre di Dio.


3° giorno.
Nostra Signora di Lourdes, sostegno materno di tutta la Chiesa, prega per noi. Nostra Signora di Lourdes, proteggi il nostro Papa e i nostri vescovi. Benedici tutto il clero e in modo par­ticolare i sacerdoti che ti fanno conoscere e amare. Ricordati di tutti i sacerdo­ti defunti che ci hanno tra­smesso la vita dell'anima.

Sia benedetta la Santa ed Immacolata Concezione della Beatissima Vergine Maria, Madre di Dio

gloria.tv/media/9BPEu6dMBQw








[SM=g1740750] [SM=g1740752]


18 febbraio Beato Angelico

A suo onore, e per la promozione dell’arte sacra, Papa Giovanni Paolo II ha parlato a lungo e spesso del Beato Angelico definendo la sua arte "celestiale e divina", un vero Paradiso per grazia e bellezza, un'arte che si può definire un’autentica preghiera espressa con i colori... Un uomo, un frate, un sacerdote in tutto caratterizzato da modestia e condotta religiosa; in lui «mite di indole e probo nella professione di frate, fiorirono pure molte virtù». Fu insomma «uomo di santità evidente». E' fuori dubbio - conclude il Santo pontefice - il solo motivo per cui ricevette il soprannome di «Angelico», uomo certamente quasi unico nell’arte e fuori confronto con gli altri.

gloria.tv/media/3SDzz2bUbm6
www.youtube.com/watch?v=6eEhxzOladk

Movimento Domenicano del Rosario





[SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

[Modificato da Caterina63 09/02/2016 13:49]
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15/02/2016 12:14
 
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  Un anno fa il martirio dei 21 egiziani copti in Libia


Egitto: la preghiera di una cristiana copta - AFP

Egitto: la preghiera di una cristiana copta - AFP

12/02/2016 

Oggi il primo anniversario del martirio dei 21 egiziani copti, rapiti e poi trucidati in Libia dai miliziani del sedicente Stato Islamico (Is). Sono diverse le iniziative di preghiera e commemorazione in programma in Egitto, in vista della ricorrenza. Per sapere in che modo la comunità copta viva questo momento, Eugenio Bonanata ha intervistato il vescovo di Giza, mons.Antonius Aziz Mina:

R. – È un dolore per tutto l’Egitto, non soltanto per i cristiani. È bene che si pensi alla situazione dei copti in Egitto, perché ci fa sentire la solidarietà di tutto il mondo. Ma non bisogna sempre prendere la vita in Egitto “a fette”: cioè i cristiani e gli altri. Credo che questo vada a nuocere alla vita sociale del Paese: dobbiamo evitare tali distinzioni. In Egitto la situazione è difficile per quanto riguarda la tutela dei diritti dell’uomo, che lascia tanto a desiderare. Dopo gli eventi di questi ultimi anni, noi credevamo veramente che le cose dovessero cambiare. Siamo una società libera e laica. Ma vedo che ci sono tanti problemi. Si sa di processi ai danni di pensatori accusati di offendere la religione. Ora, per esempio, ci sono giovani in carcere con l’accusa di aver effettuato attentati contro il vecchio regime, quando hanno fatto la rivoluzione. E quindi c’è tanto da dire, tanto da difendere in questi giorni, per arrivare ad uno Stato libero, uno Stato di diritto.

D. – Voi copti avete avanzato richieste specifiche alle autorità?

R. – Veramente no, perché la lotta c’è stata quando abbiamo redatto la Costituzione. Si è cercato di dare ad ognuno il suo diritto, consapevoli che - se tutti gli egiziani hanno i loro diritti - di conseguenza devono averli anche i copti, perché sono anche loro egiziani. C’era soltanto qualcosa di particolare per i cristiani sulla costruzione delle case di culto. E il Parlamento dovrà esaminare questa legge e dovrà approvarla al primo turno. Quindi, la nostra speranza è quella di poter vedere applicata questa Costituzione, approvata dalla popolazione a grande maggioranza, come mai era stato fatto fino ad ora per nessun’altra Costituzione. Tutto ciò per vedere uno Stato libero di diritto, che rispetta ogni persona e rispetta i diritti dell’uomo.

D. – Avete subito minacce terroristiche?

R. – Qui personalmente no. Ma talvolta succede. Si vede che gli attentati non si verificano con lo stesso vigore di prima. Succedono comunque e sono all’ordine del giorno: ci sono sempre attentati contro poliziotti, posti di blocco, edifici che bruciano. Sono episodi tragici che ci fanno male e ci procurano dolore, ma non accadono con la stessa intensità di prima.

D. – Quindi possiamo dire che la situazione sta migliorando per i copti in Egitto?

R. – Certamente c’è tanta positività. E soprattutto per il fatto che ora abbiamo un presidente che incoraggia il rinnovamento del linguaggio religioso e fa sempre dei passi positivi verso la comunità copta. Per la seconda volta a Natale è andato nella cattedrale per augurare “Buon Natale” ai cristiani; quando si costruisce una nuova città, si chiede sempre se è stata costruita la chiesa, così come la moschea. Quindi questi sono dei segni positivi. Dobbiamo soltanto vedere come si realizzerà questo volere e quanto potrà diffondersi questo spirito di apertura, per vedere tutti gli egiziani come cittadini, senza divisioni legate al colore, alla fede, alla confessione.























Santi 21 Martiri Copti in Libia

15 febbraio (Chiese Orientali)

 

 

Papa Tawadro, Patriarca della Chiesa Copta, ha annunciato di voler iscrivere i nomi di questi martiri nel Sinassario, l'equivalente del Martirologio Romano per i cattolici, canonizzandoli così e proponendoli alla venerazione quali santi. Il giorno della loro festa sarà l'8 Amshir (15 febbraio secondo il calendario gregoriano).



 

Un occidentale non esperto non avrebbe potuto accorgersene. Ma Antonios Aziz Mina, vescovo copto di Giza, cittadina egiziana, nel guardare il video della esecuzione dei ventuno lavoratori cristiani copti uccisi dall’Is ha osservato le labbra dei condannati negli ultimi istanti, e dal labiale ha letto che invocavano il nome di Gesù Cristo. Il vescovo lo ha dichiarato ieri alla Agenzia Fides, ma forse, nell’incendio che si va allargando sulla Libia, e nell’angoscia che da quel Paese riverbera sul Mediterraneo e l’Europa, a qualcuno potrà apparire una notizia minore.

Le “vere” notizie non sono forse i bombardamenti, le città conquistate e perdute, le cupe minacce lanciate dall’Is? E quel labiale invece, solo poche parole afone, subito travolte nel torrente di sangue che sale dal povero corpo di un uomo trucidato.

Eppure a volte proprio nelle parole dette piano sta qualcosa di molto grande. Non sarebbe stato umanamente più comprensibile, in quell’ultimo istante, supplicare pietà, o maledire gli assassini? Per noi europei, nati in una Chiesa non fisicamente minacciata, è ragione quasi di uno sbalordimento quell’estremo invocare Cristo, nell’ultimo istante. Noi, che, quanto alla morte, ci preoccupiamo che sia “dignitosa” e “dolce”, e magari convocata quando noi riteniamo che sia l’ora.

Questa morte dei ventuno giovani copti, non “dignitosa” e atroce, ci colpisce per la statura che assumono le vittime, morendo nell’atto di domandare Cristo.

Statura, anche questo particolare era stato previsto dall’attento regista dell’Is, nel girare quel video sulla riva del mare. Mentre carnefici e vittime camminano verso il luogo dell’esecuzione infatti è evidente come i boia siano stati scelti fra uomini molto alti, e come bassi, accanto a loro, appaiano i prigionieri.
Quasi a evocare tacitamente l’idea che i terroristi siano “grandi”, e le vittime solo “piccoli” uomini; dentro a un mondo sconvolto, giacché non è il nostro Mediterraneo solare, quella spiaggia livida su cui si frangono onde arrossate dal sangue. Ogni dettaglio, quindi, era stato previsto dagli assassini per evocare un mondo “altro”, in cui dominano i boia intabarrati di nero, a cancellarne perfino le umane sembianze.

Ma quell’ultimo labiale non lo avevano previsto, e non sono riusciti a censurarlo. Ostinato come il «no» di Asia Bibi all’abiura, fermo come il «no» di Meriam Ibrahim, in Sudan, quando era in prigione, in catene, con un figlio in grembo, e la prospettiva della impiccagione davanti a sé.

Noi cristiani del mondo finora in pace fatichiamo a capire. Ci paiono giganti quelli che muoiono, come ha detto il Papa dei ventuno copti, da martiri. Eppure se guardiamo le facce di quegli stessi prigionieri nel giorno della cattura, in fila, i tratti mediterranei che li fanno non così diversi da molti ragazzi nel nostro Sud, ci paiono uomini come noi, con gli occhi sbarrati di paura. E allora che cosa determina, nell’ultima ora, quella irriducibile fedeltà a Cristo?

Una grazia, forse, e insieme il riconoscere, con assoluta evidenza, nell’ultimo istante, il nome in cui, perfino nella morte, nulla è perduto: famiglia, figli, madri e padri e amori, non annientati ma ritrovati e salvati. Pronunciano davanti alla morte quel nome come un irriducibile «no» al nulla, in cui i boia credono di averli cancellati.


Autore: 
Marina Corradi



     






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  Lettera di Padre Pio al Suo Padre spirituale P. Agostino



in "Padre Pio da Pietralcina-Epistolario I”Lettera N°123Pietrelcina 7 aprile 1913, pp.350-352, ed "Padre Pio da Pietrelcina", 2002.


“Mio carissimo Padre,


venerdì mattina ero ancora a letto, quando mi apparve Gesù. Era tutto malconcio e sfigurato. Egli mi mostrò una grande moltitudine di sacerdoti regolari e secolari, fra i quali diversi dignitari ecclesiastici; di questi, chi stava celebrando, chi stava parlando e chi si stava svestendo dalle sacre vesti. La visita di Gesù in angustie mia dava molta pena, perciò volli domandargli perché soffrisse tanto. Nessuna risposta n’ebbi. Però il suo sguardo si riportò verso quei sacerdoti; ma poco dopo, quasi inorridito e come se fosse stanco di guardare, ritirò lo sguardo ed allorché lo rialzò verso di me, con grande orrore, osservai due lacrime che gli solcavano le gote. Si allontanò da quella turba di sacerdoti con una grande espressione di disgusto sul volto, gridando: “Macellai!”.


E, rivolto a me, disse: “Figlio mio, non credere che la mia agonia sia stata di tre ore, no; io sarò, per cagione delle anime da me più beneficate, in agonia sino alla fine del mondo. Durante il tempo della mia agonia, figlio mio, non bisogna dormire. L’anima mia va in cerca di qualche goccia di pietà umana, ma ahimè mi lasciano solo sotto il peso della indifferenza.L’ingratitudine ed il sonno dei mie ministri mi rendono più gravosa l’agonia.


Ahimè, come corrispondono male al mio amore! Ciò che più mi affligge è che costoro, al loro indefferentismo aggiungono il disprezzo, l’incredulità. Quante volte ero lì per lì per fulminarli, se non ne fossi stato trattenuto dagli Angioli e dalle anime di me innamorate….Scrivi al padre tuo e narragli ciò che hai visto ed hai udito da me questa mattina. Digli che mostri la tua lettera al Padre provinciale…”.


Gesù continuò ancora, ma quello che disse non potrò giammai rivelarlo a creatura alcuna di questo mondo. Questa apparizione mi cagionò tale dolore nel corpo, ma più ancora nell’anima, che per tutta la giornata fui prostrato ed avrei creduto di morirne se il dolcissimo Gesù non mi avesse già rivelato….


Gesù, purtroppo, ha ragione di lamentarsi della nostra ingratitudine! Quanti disgraziati nostri fratelli corrispondono all’amore di Gesù col buttarsi a braccia aperte nell’infame setta della Massoneria! Preghiamo per costoro acciocché il Signore illumini le loro menti e tocchi il loro cuore (…)”


 








Se batti alla porta del Cielo
con la tua preghiera,
subito t’apre la Madonna
con mano leggera.

E dice: ” Ti son mamma anch’io;
che cosa vuoi, piccino?
T’ascolto, sai; ti voglio bene
come al mio Bambino”.



 




Un sacerdote risponde

Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo

Quesito

Caro Padre Angelo,
le scrivo per commentare una sua risposta che mi ha lasciato parecchio perplesso. Mi riferisco alla domanda sulla pratica penitenziale del venerdì datata 23.02.2008 nella parte in cui dice:
“Ma al di là del precetto, c’è il significato particolare del venerdì, giorno in cui i credenti ricordano la passione e la morte del Signore e ravvivano la consapevolezza di dover completare nella propria carne ciò che manca alla passione di Cristo a favore della Chiesa.”
Con questa frase sembrerebbe che alla passione di Cristo possa mancare qualcosa, e ciò non renderebbe Cristo solo ed unico Redentore dell’umanità...
Da quel poco che so, noi, con le pratiche penitenziali e le nostre sofferenze partecipiamo a questa Sua passione come Chiesa e quindi come suo Corpo Mistico, guadagnandoci dei meriti per la nostra vita dopo la morte ed elevandoci spiritualmente durante la vita nel mondo terreno....
La pregherei di risolvere questo dubbio perchè l’argomento è assai rilevante e potrebbe creare confusione in chi legge.
La ringrazio ancora per la sua opera di evangelizzazione sempre costante e intensa.
Christian


Risposta del sacerdote

Caro Christian,
1. l’espressione da me usata è tratta direttamente da San Paolo il quale dice: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).

2. Ci si può domandare se manchi qualcosa alla passione di Cristo.
Da un punto di vista oggettivo non manca senz’altro niente. La passione di Cristo è stata più che sufficiente per la redenzione dell’uomo.
Cristo infatti ha compiuto l’opera affidatagli dal Padre (Gv 17,4) e ha attestato dalla croce che ha compiuto tutto (Gv 19,30).

3. Quando San Paolo fa questa affermazione non vuole dire che la passione di Cristo sia stata imperfetta o incompleta o che ad essa si debba aggiungere qualcosa.
Egli considera la Chiesa come un solo corpo (un corpo mistico) con il Signore. Di questo corpo Gesù è il capo e noi le sue membra.
Che cosa manca dunque?
Manca questo: che la passione, che per ora si è compiuta nel corpo fisico di Gesù, si prolunghi anche nelle sue membra.
E questa partecipazione alla passione di Cristo è meritoria non solo per il soggetto che soffre o fa penitenza, ma anche per le altre membra del corpo mistico.
San Paolo dice infatti che soffre a favore del suo corpo che è la Chiesa.

4. Occorre ricordare che Dio salva gli uomini non come un “deus ex machina”, ma attraverso la loro cooperazione personale e vicendevole.
Come nessuno viene al mondo senza la mediazione dei genitori, così analogamente nessuno entra in Paradiso senza la mediazione della Chiesa.
Il Signore ci chiama ad essere suoi collaboratori di Dio. San Paolo usa quest’espressione: “Siamo infatti collaboratori di Dio” (1Cor 3,9), “abbiamo inviato Timòteo, nostro fratello e collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo” (1 Ts 3,2).
Dice Pio XII nella Mystici Corporis: “Mistero certamente tremendo né mai sufficientemente meditato, come cioè la salvezza di molti dipenda dalle preghiere e dalle volontarie mortificazioni a questo scopo intraprese dalle membra del mistico corpo di Gesù Cristo” (MC 42).

5. È vero che Cristo è l’unico Redentore.
Ma Cristo ci rende partecipi della redenzione: e non solo nel senso che la riceviamo, ma anche perché con le nostre penitenze ci facciamo ministri o canali dei meriti infiniti della sua passione.
Si tratta di un discorso analogo a quello della regalità di Gesù. Gesù è l’unico Re dell’universo. Ma vuole che tutti noi regniamo insieme con lui: “preparo per voi un regno” (Lc 22,29), “e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 22,5).

6. Come tu stesso osservi alla fine della tua e-mail “l’argomento è assai rilevante”. Lo è senz’altro per noi e per quelli che si salvano per la nostra cooperazione ai patimenti di Cristo.

Ti ringrazio di aver attirato l’attenzione di tutti su questo punto, ti ricordo nelle mie preghiere e ti benedico.
Padre Angelo.








[Modificato da Caterina63 06/03/2016 23:31]
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21/02/2016 22:09
 
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[SM=g1740717] [SM=g1740720]
Il Papa ai giovani abbracciate Cristo

Commovente ma anche potente, il Discorso fatto dal santo Padre Francesco ai giovani in Mexico.
difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/d/11228077/12-17-febbraio-Visita-Apostolica-del-Papa-in-Mexico/discussione.aspx?...

Il Papa ha pronunciato il Santissimo Nome di Gesù per ben 23 volte e non solo come lode o un Nome, ma proprio per offrire a tutti noi la chiave di lettura e di apertura della nostra stessa esistenza che è solo Gesù Cristo, Nostro Signore e Dio. In video abbiamo raccolto i passaggi più forti che invitiamo tutti a meditare e a fare propri.

gloria.tv/media/6EWgRf6RQZs
www.youtube.com/watch?v=w2-QGh_mjmU

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www.sulrosario.org
info@sulrosario.org





[SM=g1740738]


Papa Francesco: messaggio forte alle Famiglie.... [SM=g1740733]

L'errore che molti naviganti della rete - e nella vita reale - fanno è quello di fermarsi ai titoli dei giornali, si fermano alle interpretazioni giornalistiche perdendo così l'originale delle parole del Papa. Anche in occasione del viaggio apostolico in Mexico, di ciò che il Papa ha detto, è stato riportato solo quello che fa comodo ad un certo pubblico. Noi abbiamo già riportato in video quello che i giornali hanno taciuto di quanto il Papa ha detto ai giovani, vedi qui www.youtube.com/watch?v=w2-QGh_mjmU
... così come hanno taciuto quanto il Papa ha detto alle Famiglie condannando come ideologia ogni altro tentativo di sostituire la Famiglia e il matrimonio fra un uomo e una donna, con altre unioni ...
Buona meditazione a tutti.

gloria.tv/media/Fg4w9TwPSnE
www.youtube.com/watch?v=EMIzCQhwf9Y

Movimento Domenicano del Rosario
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[SM=g1740738]


[SM=g1740717] Trattato della Vera devozione a Maria (1) in audio

Di nome lo conosciamo in molti, ma fino a che punto sappiamo davvero il contenuto di questo testo prezioso? Diremo poco perché, se davvero ne conoscessimo le potenzialità che ci vengono offerte oggi saremmo tutti convertiti al Cristo! In questa serie di video dedicati al Trattato della vera devozione a Maria, in occasione dei 300 anni dalla morte di san Montfort (1716*2016 - 28 aprile), vogliamo offrirvi l'opportunità di entrare nel cuore di questo testo e catturarne l'essenza, farla nostra, approfittare di quanto ci viene regalato e convertirci davvero al Cristo per mezzo di Maria.
Buona meditazione a tutti

gloria.tv/media/c7iMMy3LEqE
www.youtube.com/watch?v=cPrWCZYhWS8

Movimento Domenicano del Rosario
____________________________

Seconda meditazione dal Trattato a Maria del Montfort (2)

Cari Amici, dopo avervi offerto una panoramica sul Trattato, vedi qui www.youtube.com/watch?v=cPrWCZYhWS8 cercando di coglierne l'essenza, proseguiamo in questo nuovo video con l'addentrarci nella spiegazione che il Montfort ci offre alla comprensione del perchè sia necessaria questa nostra adesione a Maria. Perché è conveniente collaborare con Lei, perché i grandi Santi hanno così insistito in questa devozione.
Buona meditazione.

gloria.tv/media/8gyZFZkYcM2
www.youtube.com/watch?v=r7hb9U-6t4w

Movimento Domenicano del Rosario
www.sulrosario.org


[SM=g1740750] Terza meditazione dal Trattato di Montfort (3)

Cari Amici, in questa terza meditazione cercheremo di capire, con le parole del Montfort l'importanza del nostro Battesimo, i nostri limiti nel mantenere le promesse che abbiamo fatto e quindi la necessità che abbiamo di avere Maria come Madre. L'importanza di questo Cuore Immacolato sia attraverso le Scritture quanto nel Magistero della Chiesa.
Vi ricordiamo così anche i primi due video sull'argomento:
- Che cosa è il Trattato della vera Devozione a Maria: www.youtube.com/watch?v=cPrWCZYhWS8
- Perchè è necessaria questa Consacrazione: www.youtube.com/watch?v=r7hb9U-6t4w

[SM=g1740717] gloria.tv/media/QSA51YuAUMT

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Buona meditazione
Movimento Domenicano del Rosario



primo video:


secondo video


terzo video



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[Modificato da Caterina63 27/02/2016 11:28]
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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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07/03/2016 12:41
 
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  Come il comandante di Auschwitz ha trovato la misericordia di Dio


Neanche un “animale” come Rudolf Höss è esente dal perdono di Cristo, afferma una suora polacca



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I sopravvissuti ad Auschwitz chiamavano il comandante del campo “animale”. Rudolf Höss ha presieduto allo sterminio di circa 2,5 milioni di prigionieri nei tre anni in cui è stato alla guida del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Altre 500.000 persone sono morte per malattia e fame. Un anno dopo la fine del suo incarico, tornò per supervisionare l’esecuzione di 400.000 ebrei ungheresi.

E tuttavia neanche un “animale” come lui è stato esente dalla misericordia di Dio.

Mia moglie ed io siamo venuti a conoscenza della vicenda di Höss quando una giovane suora della Polonia è venuta a parlare nella nostra parrocchia questa settimana. Sono stato colto alla sprovvista quando ho sentito il suo racconto, in parte perché pensavo che suor Gaudia stesse parlando di Rudolf Hess, il vice di Adolf Hilter. I nomi sono simili. Quello che è accaduto a Höss, che aveva una posizione meno prominente nel Terzo Reich, è forse più sorprendente.

L’intervento della suora faceva parte delle iniziative della parrocchia per l’Anno Giubilare della Misericordia indetto da papa Francesco. Suor Gaudia e suor Emmanuela, della Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Misericordia – quella a cui apparteneva suor Faustina Kowalska –, sono in visita negli Stati Uniti per parlare delle rivelazioni di Cristo a Santa Faustina e dell’immagine e della devozione alla Divina Misericordia. Suor Gaudia, tra l’altro, fa anche parte del comitato di programmazione della Giornata Mondiale della Gioventù 2016, che si svolgerà in estate a Cracovia.

Più o meno settant’anni fa, Cracovia e tutta la Polonia erano luoghi ben diversi da quelli che sono oggi. Suor Gaudia ha parlato di Auschwitz, uno dei campi nazisti più letali a causa dell’uso delle camere a gas e delle sperimentazioni mediche. Un ebreo su sei morto nell’Olocausto è stato ucciso qui.

Il campo non era solo per gli ebrei. Vi vennero rinchiusi anche dei cattolici, come San Massimiliano Kolbe e suor Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein).

“Un giorno portarono lì tutta la comunità gesuita”, ha ricordato suor Gaudia. “Solo il superiore non era in casa”, e quindi sfuggì alla cattura. “Quando tornò a casa fu così addolorato che disse: ‘Devo stare con i miei fratelli’”.

Entrò furtivamente nel campo e cercò i suoi confratelli gesuiti. Le guardie lo trovarono e lo portarono da Höss. “Erano certi che sarebbe stato ucciso”, ha detto suor Gaudia, ma Höss lo lasciò andare, per lo stupore delle guardie.

Dopo la fine della guerra, Höss venne catturato, processato e ritenuto colpevole di crimini contro l’umanità. Venne condannato a morte, e l’esecuzione avrebbe avuto luogo ad Auschwitz, doveva aveva lavorato diligentemente per implementare la “soluzione finale” di Hitler. Fino ad allora, sarebbe rimasto in una prigione di Wadowice (luogo di nascita di Karol Wojtyła, il futuro papa Giovanni Paolo II).

 

Höss aveva molta paura – non della morte, ma della prigione, ha detto suor Gaudia. “Era certo che le guardie polacche si sarebbero vendicate e che sarebbe stato torturato durante tutta la sua reclusione, il che gli avrebbe provocato un dolore inimmaginabile. Fu quindi estremamente sorpreso quando le guardie – uomini le cui mogli e i cui figli e le cui figlie erano stati uccisi ad Auschwitz – lo trattarono bene. Non riusciva a capire”.

 

Quello, ha riferito la religiosa, fu il momento della sua conversione. “Lo trattarono con misericordia. La misericordia è l’amore che sappiamo di non meritare. Non meritava il loro perdono, la loro bontà, la loro gentilezza. Ma ricevette tutto questo”.

 

Höss era nato in una famiglia cattolica, ma aveva abbandonato la fede quando era giovane. In quel momento, di fronte alla morte ad appena 47 anni e forse incoraggiato dal trattamento delle guardie, chiese un sacerdote. “Voleva confessare i suoi peccati prima di morire”, ha detto suor Gaudia.

 

Ansiosa di non scandalizzare chi la ascoltava, la religiosa ci ha spiegato che tutto questo è avvenuto subito dopo la fine di una guerra brutale, quando “le ferite erano ancora fresche”.

 

Le guardie acconsentirono a cercare un sacerdote, “ma non fu facile trovare un presbitero che volesse ascoltare la confessione di Rudolf Höss. Non lo riuscirono a trovare”.

 

E allora Höss ricordò il nome del gesuita che aveva lasciato andare qualche anno prima: padre Władysław Lohn. Diede alle guardie il suo nome e le pregò di trovarlo.

 

E loro lo trovarono – nel santuario della Divina Misericordia di Cracovia, dov’era cappellano delle Suore di Nostra Signora della Misericordia. Il sacerdote acconsentì ad ascoltare la confessione di Höss.

 

“Fu una cosa molto lunga”, ha detto suor Gaudia, “e alla fine gli diede l’assoluzione. ‘I tuoi peccati sono perdonati. Rudolf Höss, animale, i tuoi peccati sono perdonati. Vai in pace’”.

 

“Animale” è stata un’aggiunta di suor Gaudia, ma il concetto era chiaro: nessuno è esente dalla misericordia di Dio.

 

Il giorno dopo, padre Lohn tornò in prigione per dare a Höss l’Eucaristia prima che morisse.

 

“La guardia che era presente disse che era stato uno dei momenti più belli della sua vita vedere quell”animale’ inginocchiato, con le lacrime agli occhi, mentre sembrava un ragazzino e riceveva la Santa Comunione, mentre riceveva Gesù nel suo cuore”, ha concluso la suora. “Misericordia inimmaginabile”.

 

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]




Tutti i file audio qui pubblicati appartengono all'autore del sito, il quale incoraggia chiunque lo desideri ad utilizzarli, copiarli, masterizzarli e diffonderli liberamente purché non vengano utilizzati per scopi contrari alla morale cattolica. Citazione della fonte facoltativa. Per ascoltare i file con Android, è necessario prima "estrarre" gli mp3 dal file zip con qualche app gratuita tipo "Zarchiver". 

Clicca sui titoli sottostanti per scaricare i file zippati.







[Modificato da Caterina63 28/03/2016 15:27]
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29/03/2016 00:54
 
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Nella liturgia cattolica l'antifona Regina Caeli o Regina Coeli (in latino: Regina del Cielo o Regina del Paradiso), è una delle quattro antifone mariane.
Questa gioiosa preghiera viene rivolta a Maria madre del Risorto e, dal 1742, viene tradizionalmente cantata o recitata nel tempo pasquale, cioè dalla domenica di Pasqua fino al giorno di Pentecoste in sostituzione dell'Angelus.
Le altre tre antifone mariane sono: la Salve Regina, l'Alma Redemptoris Mater e l'Ave Regina Coelorum. Esse vengono tradizionalmente cantate al termine della compieta, la preghiera della Liturgia delle Ore recitata al termine della giornata.

Regina coeli, laetare, alleluia.
Quia quem meruisti portare, alleluia.
Resurrexit, sicut dixit, alleluia.
Ora pro nobis Deum, alleluia.

Al testo originale si aggiungono il Versetto e l'Oremus finale:
V. Gaude et laetare, Virgo Maria, alleluia.
R. Quia surrexit Dominus vere, alleluia.
Oremus: Deus, qui per resurrectionem Filii tui Domini nostri Iesu Christi mundum laetificare dignatus es, praesta, quaesumus, ut per eius Genetricem Virginem Mariam perpetuae capiamus gaudia vitae. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen.

Regina del cielo, rallegrati, alleluia.
Gesù, che tu hai portato nel seno, alleluia,
è risorto, come ha detto, alleluia.
prega per noi Dio, alleluia.

Al testo originale si aggiunge:
V. Rallegrati, Vergine Maria, alleluia.
R. Il Signore è veramente risorto, alleluia.
Preghiamo: O Dio, che nella gloriosa risurrezione del tuo Figlio hai ridato la gioia al mondo intero, per intercessione di Maria Vergine, concedi a noi di godere la gioia della vita senza fine. Per Cristo nostro Signore. Amen.

www.youtube.com/watch?v=ABuXKg7kEcY







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30/03/2016 10:13
 
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MORTA NEGLI USA

 




Undici reti, 258 milioni di spettatori in 145 paesi del mondo, un quotidiano e un’agenzia stampa e un fatturato che supera i 46 milioni di dollari. Questi i numeri principali di Eternal World Television Network. il più potente canale satellitare cattolico al mondo fondato da una suora: madre Angelica. 



di Lorenzo Bertocchi








Madre Angelica, al secolo Rita Rizzo, si è spenta a 92 anni il giorno di Pasqua, a Hanceville, in Alabama. Figlia di emigranti italiani, nasce nell'Ohio nel 1923 e a 18 anni affronta una forte esperienza di conversione, fino al momento in cui entrerà nel convento delle Clarisse dell’adorazione perpetua di Cleveland. Ma la svolta, o meglio la sua missione particolare, arriva molto più tardi nel 1981.

Con soltanto 200 dollari di budget, in un garage del monastero di Birmingham dove viveva, Madre Angelica comincia a trasmettere un talk-show religioso via etere. È il primo passo di quello che diventerà il più potente canale satellitare cattolico al mondo, Ewtn, Eternal World Television Network. 11 reti televisive, 258 milioni di spettatori in 145 paesi del mondo connessi tramite tv, radio, internet, un quotidiano e un’agenzia stampa; nel 2013 ha fatturato qualcosa come 46 milioni di dollari. Questi i numeri principali di EWTN oggi. Non a caso il Times ha definito Madre Angelica “la donna cattolica più influente d’America.”

Il successo è arrivato non cedendo di un millimetro alle scelte di policy del network fatte dalla clarissa fin dalle origini, in quel garage in cui cominciò le trasmissioni: taglio strettamente religioso (appuntamenti fissi la Messa, documentari sui santi, preghiera e catechesi) e rifiuto della pubblicità commerciale, in una parola: completo affidamento alla Divina Provvidenza. D'altra parte l'avventura era iniziata dopo che Madre Angelica aveva lasciato una prima emittente in cui registrava i suoi interventi, in quanto aveva saputo che in quegli studi era stata registrata una trasmissione “blasfema”. Al manager di quell'emittente disse che di Tv se ne sarebbe fatta una da sola.

Oggi della morte di Madre Angelica ne parlano il New York Times e la Bbc, tutti i principali media del mondo hanno dato la notizia; nel 2009 Benedetto XVI la insignì dell'onorificenza Pro Ecclesia et Pontifice, uno dei più alti riconoscimenti concessi dalla Chiesa per un religioso o un laico. Monsignor Charles Chaput, vescovo di Philadelphia e membro del consiglio di amministrazione di Ewtn dal 1995, ha detto che Madre Angelica è riuscita in un compito che neanche i vescovi potevano raggiungere.  

La Madre, secondo Mark Brumley, presidente della casa editrice Ignatius press, «è stata paragonata ad una potente badessa medievale. Ma lo strumento mass-mediatico che ha creato ha esteso la sua influenza per il Vangelo ben oltre quella di qualsiasi badessa medievale, e anche al di là di quella di molti vescovi americani».
L'attuale direttore di Ewtn, Raymond Arroyo, ha sottolineato in particolare il supporto che la Madre ha dato al magistero di Giovanni Paolo II e a Bendetto XVI. «Il suo ministero attivo correva parallelo a quello di Giovanni Paolo II e lei lo ha seguito nel momento in cui tante persone stavano minando l'autorità della Chiesa, distorcendo la storia e la natura della liturgia e della pietà popolare, e in un periodo di confusione sull'insegnamento cattolico». Michael P. Warsaw, chairman del network, ha ricordato che la vicenda di Madre Angelica ci insegna che occorre sempre essere «fedeli e perseverare», facendo eco a monsignor Chaput che ha sottolineato come «tutto quello che ha fatto è stato un atto di fede». 

Attiva fino al 2000, Madre Angelica ha svolto il suo lavoro di grande comunicatrice del Vangelo con un’efficacia incredibile. Alcune generazioni hanno trovato un senso alla vita grazie alle sue parole. «Quelli che dicono la verità ti amano. Quelli che ti dicono quello ti vuoi sentir dire amano sé stessi». Una frase delle sue tra le più note, una frase che con poche parole dice di lei molto di più di quanto si potrebbe dire con interi libri. Una frase che è un vero e proprio programma editoriale capace di grande successo.

       




Suor Angelica, che ha fondato il più grande network cattolico contando solo sulla Provvidenza

Marzo 30, 2016 

Storia della caparbia religiosa che diede vita a Ewtn. Le umili origini, le lotte (anche con la Chiesa), il sostegno del Papa. E le conversioni

suor-angelica-ewtn

Per tanti fedeli cattolici degli Stati Uniti non è un caso che madre Angelica, la suora più famosa d’America, sia morta proprio il giorno di Pasqua. Il 27 marzo, infatti, si è spenta a 92 anni per un ictus madre Maria Angelica dell’Annunciazione, un’autorità nel mondo cattolico statunitense avendo fondato l’Eternal World Television Network (Ewtn), un network religioso capace di raggiungere 250 milioni di case in 144 paesi. 

FAMIGLIA E SALUTE. Rita Rizzo, questo il suo nome, era nata il 20 aprile 1923 in Ohio in una famiglia povera e problematica con un padre violento e una madre affetta da depressione. La sua infanzia fu davvero difficile se è vero, come è narrato nella biografia curata da Raymond Arroyo, che fu costretta persino a elemosinare e, a causa di una salute cagionevole, a soffrire di dolori di stomaco e a portare il busto fino ai vent’anni. Ma la ragazza era caparbia, tanto da aiutare la madre a risollevarsi, mentre cresceva in lei la consapevolezza – la biografia riporta anche episodi miracolosi – della sua vocazione religiosa. Fu così che si avvicinò all’ordine contemplativo delle clarisse francescane e, dopo nove anni di postulato, nel 1953, prese i voti perpetui con il nome di madre Angelica.

LA TV. La svolta della sua vita avvenne nel 1978, quando entrò in uno studio televisivo di Chicago. Fu in quel momento che comprese come il mezzo televisivo potesse essere utilizzato per diffondere il Vangelo. Nulla poté più fermarla, nemmeno le titubanze (quando non le aperte ostilità) delle gerarchie ecclesiastiche che poco credevano nei suoi progetti. Ma Angelica era determinata: soprattutto confidava ciecamente nella Provvidenza che le si palesò davanti con il volto del filantropo newyorchese Peter Grace e con quello dell’avvocato d’affari Bill Steltemeier che lasciò tutto per seguirla e fondare con lei la Ewtn (il 15 agosto 1981, solennità dell’Assunzione di Maria, altra data non casuale). Una tv che iniziò a trasmettere da un garage, con pochi mezzi e poco personale. La Chiesa statunitense, nello stesso periodo, puntò invece su un altro network, la Ctna, che non nascondeva le proprie simpatie liberal. Oggi la Ctna non esiste più. La Ewtn trasmette 24 ore su 24 e, dai venti dipendenti degli anni Ottanta, è arrivata a dare lavoro a quasi 400 persone.

IL SOSTEGNO DEI PAPI. Suor Angelica – gran predicatrice, carisma da vendere – non è mai stata tipo da comodi compromessi. Nemmeno con le autorità ecclesiastiche del suo paese che tentarono a più riprese di imporle scaletta e programmi. Ma sulle verità di fede e sul magistero non transigeva: non amava i teologi dissidenti, non ospitava nei suoi studi vescovi “modernisti”.

Le critiche non mancarono, ma ciò che conta è che non mancò mai il sostegno dei Papi a lei personalmente. Fra i più importanti non può essere dimenticato quello pubblico di Giovanni Paolo II.
Quello di Benedetto XVI  che nel 2009 la insignì dell'onorificenza Pro Ecclesia et Pontifice, la più alta onorificenza che il Papa abbia dato ad una suora.... 
E, più di recente, anche quello di papa Francesco, che il 12 febbraio in volo verso Cuba, le ha rivolto dall’aereo un affettuoso saluto: «A Madre Angelica, con la mia benedizione. Le chiedo di pregare per me, ne ho bisogno. Dio ti benedica, Madre Angelica».

LA PROVVIDENZA PAGA I CONTI. La provvidenza, si diceva. La fede di madre Angelica ha davvero i connotati di quella dei “folli di Dio”. Un solo episodio: convinta della necessità di ampliare l’audience della sua emittente le capitò di ordinare un apparecchio satellitare dalle enormi dimensioni e dal prezzo salatissimo. Alla consegna, non avendo i dollari necessari per pagarlo, si ritirò in preghiera rivolgendosi così a Dio: «Signore, ho pensato che tu volessi questo satellitare, ora dammi i soldi di cui ho bisogno!». Poco dopo ricevette una telefonata dalle Bahamas: un miliardario americano aveva deciso di farle una donazione di 600 mila dollari.

DIRANNO DI LEI. Ferrea sui principi – non si contano i suoi interventi contro divorzio, aborto e omosessualità praticata –, madre Angelica sapeva farsi benvolere nei rapporti personali. Nessuno sconto sulla verità, ma apertura totale ai figli di Dio. Per questo sono rimasti celebri i suoi scontri con l’arcivescovo di Los Angeles, Roger Mahony, dubbioso sulla presenza di Cristo nell’Eucarestia, ma anche le persone da lei convertite, come l’attore omosessuale Paul Darrow.
E quando negli anni Novanta le polemiche si fecero così accese da mettere a repentaglio la vita stessa dell’emittente, madre Angelica seppe farsi da parte, presentando le dimissioni e lasciando ad alcuni laici la responsabilità di portare avanti la sua opera. Si ammalò nel 2001. «Così come un tempo parlava ed era molto attiva – ha spiegato l’arcivescovo ausiliare di Los Angeles, Robert Barron -, aveva accettato il silenzio e l’immobilità». «Madre Angelica non era perfetta, e lei sarebbe stata la prima ad ammetterlo», ha proseguito Barron, ma «quando gli storici della Chiesa faranno i loro conti con gli anni immediatamente seguenti al Concilio Vaticano II, Rita Rizzo di Canton dell’Ohio, madre Angelica, troverà un posto d’onore molto importante».

   



La Chiesa Cattolica degli Stati Uniti ha perso la Clarissa che ha cambiato il volto del Cattolicesimo negli USA e nel mondo. Madre Maria Angelica dell’Annunciazione, fondatrice dell’Eternal World Television Network (EWTN), è morta il 27 marzo 2016, alle ore 17 (ora standard centrale), dopo aver lottato per anni con le conseguenze di un ictus. Aveva 92 anni. I funerali si terranno il prossimo venerdì.

“Madre Angelica è stata e sarà per sempre l’immagine di EWTN, il network che Dio le ha chiesto di fondare”, ha affermato Michael Warsaw, attuale amministratore delegato di EWTN. “Ciò che ha realizzato e che ha lasciato in eredità in termini di evangelizzazione in tutto il mondo è praticamente un miracolo, e può essere solamente attribuito alla Divina Provvidenza e alla sua incrollabile fede nel Nostro Signore”.

Madre Angelica lanciò EWTN nel 1981. Oggi, la rete trasmette 24 ore su 24, raggiungendo più di 264 milioni di case in 144 differenti nazioni. La rete aveva all’inizio circa 20 dipendenti: oggi ne ha quasi 400. Il network di ispirazione religiosa è trasmesso via radio e in onda corta in tutto il mondo, ha un catalogo di beni religiosi ed è editrice tra le varie cose del National Catholic Register e di Catholic News Agency, nonché la stessa ACI Stampa. 

L’arcivescovo Charles J. Chaput di Philadelphia, dal 1995 nel board di EWTN, ha sottolineato che “Madre Angelica ha avuto successo là dove i vescovi della nazione non sono riusciti. Ha fondato e fatto crescere un network che si rivolge ai cattolici che vivono la loro fede nel quotidiano, ha compreso i loro bisogni e dato nutrimento ai loro spiriti. Certo, ha avuto molto aiuto, ma questo è stato parte della sua genialità”.

"Nel suo passaggio alla vita eterna, Madre Angelica lascia dietro di sé una eredità di santità e impegno nella Nuova Evangelizzazione che dovrebbe ispirarci tutti", ha commentato Carl Anderson, Cavaliere supremo dei Cavalieri di Colombo. Che ha poi proseguito: "Sono stato onorato di aver conosciuto e aver avuto la possibilità di aiutare Madre Angelica nei primi giorni di EWTN. Nel corso degli anni, quella relazione è cresciuta, e oggi i Cavalieri di Colombo e EWTN sono regolarmente fianco a fianco in progetti importanti." 

 I primi anni di vita

Nata il 20 aprile 1923, si chiamava Rita Rizzo. Pochi avrebbero potuto immaginare che quella ragazza proveniente da una famiglia con difficoltà di Cambon (Ohio) avrebbe fondato non solo due fiorenti ordini religiosi, ma anche il più grande network religioso del mondo. La sua vita è stata segnata da molte prove, ma anche da un profondo “Sì” detto di fronte a qualunque cosa si sentisse chiamata a fare da Dio.

“I miei genitori hanno divorziato quando avevo 6 anni. Fu allora che cominciò l’inferno”, disse madre Angelica in una intervista al National Catholic Register del 2001. Dopo il divorzio – raccontò Madre Angelica – “mia madre ed io eravamo disperate, ci trasferivamo da un posto all’altro, povere, affamate, e sopravvivendo a stento”.

Quando era una adolescente, Madre Angelica visse una guarigione che mise i semi per la sua successiva vocazione. Aveva un forte dolore di stomaco. Lei e sua madre visitarono così Rhonda Wise, una donna di Canton cui la gente attribuiva il potere di compiere guarigioni miracolose. La donna diede a Rita una novena di Santa Teresa di Lisieux. Dopo nove giorni di preghiera, il dolore scomparve: Rita era guarita.

“Fu allora – sono ancora le parole di Madre Angelica – che divenni cosciente dell’amore di Dio per me, e cominciai ad essere assetata di lui. Tutto ciò che volevo dopo la mia guarigione era di dare me stessa a Gesù”. E lo fece.

Il 15 agosto 1944, all’età di 21 anni, Rita entrò nell’ordine delle Clarisse dell’Adorazione Perpetua di Cleveland, e prese il nome con cui poi sarà conosciuta in tutto il mondo: Suor Maria Angelica dell’Annunciazione.

Una promessa a Dio

Un incidente che le cambiò la vita mise poi in moto la sua incessante fede nella provvidenza. Madre Angelica aveva raccontato in una intervista alRegister del 2001: “Nel 1946, fui scelta nel gruppo di suore chiamate a fondare un nuovo monastero (il monastero di Santa Chiara) nella mia città natale di Canton, in Ohio. Un giorno, erano gli anni Cinquanta, il mio incarico era quello di pulire i pavimenti nel monastero. A differenza di Santa Teresa, usavo un’ aspirapolvere. Ma, in un istante, l’aspirapolvere andò fuori controllo, io persi l’equilibrio sul pavimento reso scivoloso dal sapone e mi ritrovai con la schiena sbattuta sul muro”.

Due anni dopo, la ferita era peggiorata al punto che Madre Angelica poteva a malapena portare avanti i suoi compiti. Ricoverata in ospedale in attesa di una operazione chirurgica, le fu detto che aveva il 50 per cento di possibilità di rimanere paralizzata.

Madre Angelica racconta: “Ero bloccata dal panico e feci un patto con Dio: promisi che se mi avesse permesso di camminare di nuovo avrei costruito per lui un monastero nel Sud. Dio mantenne il patto, e così feci anche io, grazie alla Divina Provvidenza”.

Poco dopo, presentò il suo desiderio a Madre Veronica, la madre badessa e sua superiore, la quale si ritrovava così ad avere due richieste da due suore differenti per nuove e differenti fondazioni. Per superare l’impasse, Madre Veronica si affidò a Dio.

Madre Veronica inviò due lettere nello stesso giorno. Una, a nome di Suor Maria della Croce, fu inviata al vescovo di Saint Cloud (Minnesota), mentre l’altra, su richiesta di Madre Angelica, fu inviata all’Arcivescovo Thomas Toolen, di Mobile-Birmingham (Alabama). Fu deciso che la prima delle due suore che avrebbe ricevuto una risposta positiva dal vescovo avrebbe potuto procedere nel suo desiderio di una nuova fondazione. L’arcivescovo Toolen fu il primo a rispondere, e così Madre Angelica fu sposata per sempre con l’Alabama.

Il 3 febbraio 1961, dopo diversi problemi medici e frenate sul percorso, Roma diede a Madre Angelica il permesso di fondare il Monastero di Nostra Signora degli Angeli ad Irondale, Alabama. In quel tempo, la popolazione cattolica nella regione rappresentava solo il 2 per cento del totale degli abitanti.

L'Apostolato nei media

Da sempre una oratrice carismatica, i discorsi persuasivi di Madre Angelica sulla fede arrivarono alle orecchie di quanti gestivano radio ed televisioni. Nel 1969, cominciò a registrare discorsi spirituali per una distribuzione di massa. Nel 1971, registrò il suo primo programma radio, una trasmissione di 10 minuti per WBRC, come racconta la biografia di Raymond Arroyo “Mother Angelica: The Remarkable Story of a Nun, Her Nerve and a Network of Miracles”. Arroyo oggi è il presentatore della trasmissione EWTN “The World Over”.

Incoraggiata dal suo nuovo amico e benefattore Bill Steltmeier, un avvocato di Nashville, Madre Angelica registrò sette anni dopo i suoi primi programmi televisivi. Si trattava di programmi di mezzora chiamati “Il Nostro Eremitaggio”. Da lì all’idea di un apostolato media fedele al Cattolicesimo, il passo fu breve.

Un giorno nel 1978, mentre utilizzava uno studio per produrre programmi per un network televisivo cristiano diffuso via cavo, Madre Angelica venne a sapere che la rete di proprietà dello studio aveva in animo di mandare in onda un programma che lei riteneva fosse blasfemo.

“Quando venni a sapere che la stazione stava per mandare in onda un film blasfemo, affrontai il manager della rete e feci le mie obiezioni – raccontava Madre Angelica – ma lui ignorò le mie lamentele. E così gli dissi che sarei andata da qualche altra parte a fare le mie registrazioni. Lui mi rispose: ‘Se lasci questa rete, sei fuori dalla televisione’. E io risposi: ‘Ne metterò su una mia’.”

Arroyo sottolinea che “quella decisione fu il catalizzatore di EWTN. Portò prima di tutto all’idea di trasformare il garage in uno studio televisivo”. L’Eternal World Television fu lanciata, provvidenzialmente il 15 agosto 1981, solennità dell’Assunzione di Maria. Quel garage divenne il primo studio televisivo, e quindi divenne il centro nevralgico dei programmi televisivi di EWTN in tutto il mondo.

L’eredità spirituale

L’ordine di Madre Angelica, le Clarisse dell’Adorazione Perpetua, aveva cinque suore quando fu fondato ad Irondale. Ora si è espanso, ed ha sede dal 1999 in un monastero al Santuario del Benedettissimo Sacramento, in Alabama. La Clarisse si sono anche espanse stabilendo due nuove case in Texas ed Arizona.

Nel novembre 2015, la comunità di Hanceville aumentò grazie all’arrivo di suore del Monastero dell’Adorazione di San Giuseppe di Charlotte (North Carolina). L’ordine si era unito a quello di Nostra Signora degli Angeli, sotto la leadership di Madre Dolores Maria.

Prima di diventare suora, Madre Dolores ha lavorato per la EWTN. È lei che ha descritto l’eredità spirituale di Madre Angelica come uno sforzo costante per rispondere giorno dopo giorno alla volontà di Dio. "Quando la Madre ha avuto il suo primo ictus (nel 2001, ndr), moltissime persone dissero che era un peccato, perché era una voce per la fede cattolica e la verità - ha detto madre Dolores - Ma la fede ci dice che questi 14 anni non sono passati del tutto invano. Probabilmente, il suo lavoro più profondo è andato perduto durante questo tempo, nel suo silenzio e nella sua sofferenza. Credo che sia vero. Il Nostro Signore le ha dato questo tempo per essere davvero chiusa come in un chiostro nel suo letto e avere tempo di una profondo preghiera, intercessione e sofferenza da offrire per la Chiesa e per il mondo, per il nostro ordine religioso, per il network, per molte cose. In fondo, per le anime. Non sapremo fino all'eternità il valore di questi anni che sono passati". 

Suor Marie Andre, una delle cinque suore che hanno invece fondato la casa di Phoenix e che ora è badessa del Monastero delle Clarisse "Nostra Signora della Solitudine, ha anche riconosciuto il totale impegno di Madre Angelica nell’aderire al piano di Dio. “Non aveva mai paura di fallire – racconta – ma aveva solo paura di non seguire la volontà di Dio. Madre Angelica descriveva questa volontà come un treno con molti vagoni. Il ‘sì’ era il motore, e tutto il resto veniva di conseguenza. Se non avesse detto ‘Sì’, né le nuove case religiose né il network sarebbero stati fondati”.

Il monastero del Benedettissimo Sacramento continua ad attirare migliaia di visitatori ogni anno – un po’ quello che succede ad EWTN. Padre Joseph Mary Wolfe, uno dei primi membri della comunità religiosa maschile fondata da madre Angelica, spiega che la “prima cosa di cui avevi percezione quando incontravi Madre Angelica era il suo amore sponsale per Gesù. Diceva sempre alle persone: ‘Gesù ti ama’”. La comunità maschile dei “Missionari Francescani per il Mondo Eterno”, attualmente conta 15 frati nella comunità, che sono largamente coinvolti nell’apostolato di EWTN.

Secondo Padre Joseph, l’eredità spirituale di madre Angelica è contraddistinta dal suo amore per Gesù, dal mettere al centro l’Eucarestia, da una grande fiducia nella Divina Provvidenza e un forte spirito famigliare.

La straordinaria fiducia di Madre Angelica nella Divina Provvidenza è evidenziata dal fatto che ha fondato il network senza curarsi dei costi, e anche dal modo in cui si preparava per le sue trasmissioni in diretta.

Padre Joseph racconta che “non si preparava mai prima di andare in diretta. Semplicemente, pregava con gli addetti ai lavori e poi andava in televisione e aveva fiducia che Dio le avrebbe dato le parole da dire”.

Durante uno speciale televisivo di EWTN che celebrava i 90 anni di Madre Angelica, padre Mitch Pacwa, gesuita, ha parlato dell’autenticità di Madre Angelica. “Per me – ha detto – una delle cose più importanti riguardo madre Angelica è che quello che tu vedevi in tv era esattamente quello che vedevi fuori dai riflettori. Non c’era differenza".

Durante la stessa trasmissione tv, Il vescovo Robert Baker di Birmingham, Alabama, ha sottolineato che “in modo speciale, credo che il libro di George Weigel, Cattolicesimo Evangelico, sintetizzi ciò che era Madre Angelica. Non ha semplicemente inventato quel termine, molti anni fa, ma lo ha messo in pratica in maniera concreta, lavorando splendidamente sulle Scritture e portando la verità e l’amore e la vita del Vangelo di Gesù a moltissime persone. Non solo a quanti sono parte della nostra ‘casa di fede’ cattolica, ma anche a quanti (migliaia di persone) non sono cattolici. E lo ha fatto in quel bellissimo modo che aveva di toccare le vite di ciascuno, portandoli così verso la fede”.

Proteggere la Chiesa

I commentatori sostengono che, oltre alla fondazione di ordini religiosi maschili e femminili, Madre Angelica ha anche avuto un ruolo più importante, e alcuni arrivano persino ad affermare che ha aiutato a proteggere la Chiesa negli Stati Uniti.

Mark Brumley, presidente della casa editrice statunitense Ignatius Press, ha sottolineato che “Madre Angelica è stata paragonata a una potente badessa medievale. Eppure, lo strumento massmediatico che ha creato ha esteso la sua influenza in favore del Vangelo molto oltre quello di ogni badessa medievale, e anche oltre quella di molti dei più importanti vescovi americani dell’ultimo secolo. Il suo contributo a lungo termine è difficile da definire, e questo è normale. Ma non c’è dubbio che Madre Angelica ha fatto sì che il Cattolicesimo negli Stati Uniti si fondasse in maniera più profonda nella Tradizione Cattolica; e allo stesso tempo, ha aiutato la Chiesa ad essere più innovativa per il modo in cui ha comunicato quella tradizione. Tutti i cattolici in America dovrebbero ringraziare Dio per Madre Angelica”.

Secondo Arroyo, “Madre Angelica lascia due importanti eredità. Per il mondo, lei è la prima donna della storia della televisione che ha fondato e guidato un network per oltre 20 anni. Nessun’altra ci è riuscita. È stata un grande supporto per Giovanni Paolo II e per il suo successore. Il suo ministero attivo andava avanti in parallelo con quello di San Giovanni Paolo II, e lei sostenne il Papa, ora santo, in un tempo in cui così tante persone minavano l’autorità della Chiesa, distorcevano la storia e la natura della liturgia e la devozione popolare e confondevano l’insegnamento cattolico. Mostrò che l’approccio dei cattolici basato sul senso comune era giusto. Normalizzò la verità della fede in un tempo in cui tutti se ne appropriavano”.

Lo scorso 12 febbraio, Papa Francesco ha inviato i suoi saluti a Madre Angelica del volo papale che lo portava verso Cuba. "A Madre Angelica, con la mia benedizione. Le chiedo di pregare per me, ne ho bisogno. Dio ti benedica, Madre Angelica", ha detto il Santo Padre. 

L'abbandono della guida di EWTN

Madre Angelica lasciò la guida di EWTN nel 2000, ed ebbe un ictus alla Vigilia di Natale dell'anno successivo. Per questo ha trascorso gli ultimi anni della sua vita quasi senza possibilità di parlare. Ma questo – spiega Arroyo – non ha diminuito la sua efficacia. Perché “nonostante fosse impossibilitata a parlare a lungo e in maniera precisa sulle controversie e le confusioni dei giorni di oggi, ciò che Madre Angelica ha fatto con la preghiera è certamente di grande importanza. Non è di certo per i nostri sforzi che EWTN è rimasta in onda e ha potuto arrivare alle persone in modi incredibili. Io attribuisco tutto alla sofferenza offerta da una donna in Hanceville”.

Dal canto suo, Michael Warsaw ha sottolineato che Madre Angelica è un modello di vita cristiana cui trarre ispirazione. “La cosa importante – ha detto l’attuale numero 1 di EWTN – è di essere fedeli e perseverare, e questo ci hanno insegnato le vite di tanti santi. Lei una volta ha detto: ‘Siete stati creati da Dio e conoscete Gesù per una ragione: testimoniare la fede, la speranza e l’amore di fronte a un mondo che non crede”. Ha continuato Warsaw: "La vita di Madre Angelica è stata una vita di fede; la sua vita di preghiera e la sua obbedienza a Dio sono motivo di imitazione. Ogni cosa che faceva era un atto di fede".  

Sulla stessa linea d'onda l'arcivescovo Chaput: "Ha ispirato altre persone di talento a unirsi a lei nel suo lavoro senza compromettere la sua leadership e visione. La ammiro moltissimo, non solo come un leader e comunicatore di talento, ma come una amica e una grande religiosa, dotata di generosità, intelletto, e fede cattolica”.

Anche il Papa Emerito Benedetto XVI ha voluto ricordare Madre Angelica, fondatrice di EWTN, affermando che morire il giorno di Pasqua "è un dono". A riferirlo a Catholic News Agency è stato l'Arcivescovo Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare di Benedetto XVI.

Nell'ottobre 2009 Papa Benedetto donò a Madre Angelica la medaglia Pro Ecclesia et Pontifice, il più alto riconoscimento che un Pontefice può assegnare ad una secolare o religiosa nella Chiesa.

Madre Angelica si è spenta il giorno di Pasqua, domenica 27 marzo alle ore 17, dopo aver lottato per 15 anni per le conseguenze di un ictus. Aveva 92 anni. Le esequie saranno celebrate venerdì 1 aprile a Hanceville nello Stato dell'Alabama.


   






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"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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30/03/2016 17:40
 
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L'INEDITO. WOJTYLA AI TEOLOGI: IL VERO AMORE UMANO È UNA PARTECIPAZIONE REALE ALL’AMORE DI DIO

L&#039;inedito. Wojtyla ai teologi: il vero amore umano è una partecipazione reale all’amore di Dio
Alcuni estratti di una conferenza inedita tenuta da Karol Wojtyla, quando era arcivescovo di Cracovia, pubblicata ora dall'Editrice La Scuola (pagine 64, euro 6,50) a cura di Giuseppe Mari. 

 

In Amore e responsabilità ho cercato di dimostrare almeno una cosa. Il pericolo di mescolare due definizioni sullo sfondo del pensiero, delle parole e prima di tutto delle azioni. Il pensiero, la parola e le azioni riguardanti l’amore. Soprattutto che c’è il rischio di mescolare l’amore come disposizione particolare, riferimento interpersonale o sfruttamento di una persona da parte di un’altra. Ho accettato addirittura questa contrapposizione come chiave per l’analisi dell’intero problema e mi è sembrato che spieghi questo problema in modo quanto mai concreto. Lo spiega fino in fondo, fino all’ultimo presupposto. 

Mi sembra che in questo modo sia possibile notare l’adeguatezza delle norme dell’etica cattolica nell’ambito sessuale, matrimoniale e familiare. Tuttavia è chiaro che non si tratta qui soprattutto di definizioni. L’amore è prima di tutto una realtà interiore, interna alla persona. E contemporaneamente è una realtà interpersonale, da persona a persona, comunitaria. E in ogni dimensione, in questa dimensione interiore come in quella interpersonale o comunitaria, ha una propria particolarità evangelica. Ha ricevuto una certa luce. E se parliamo o di errori nel campo del pensiero, o di distorsioni nel campo della realizzazione, ci rifacciamo sempre a questa luce. Penso che così si debba comprendere per esempio l’importantissimo testo del Magistero conciliare che è il primo capitolo della seconda parte della costituzione Gaudium et spes. Il titolo stesso è significativo, parla di incoraggiamento alla dignità del matrimonio e della famiglia. 

È una lettura della realtà dal punto di vista del patrimonio empirico per così dire, dell’osservazione della vita contemporanea nelle varie gamme, lettura che si riferisce a quella luce che giunge a noi dalla Rivelazione. Questo testo, proprio all’inizio, parla di tutte le distorsioni che questa grande realtà interpersonale, l’amore fra marito e moglie, l’amore familiare, ha subito e subisce, soprattutto ai nostri tempi. L’elenco di queste distorsioni probabilmente non è molto diverso da tutte le letture simili, da tutti gli elenchi che troviamo, per esempio in San Paolo nella sua Lettera ai Romani. Quindi direi che è necessario affermare, riguardo a questo tema, tutta la verità e che bisogna illuminare questo problema fino in fondo e sinceramente. E questo significa anche partire da tutte le mancanze, tutti gli errori, e tutte le distorsioni. Penso che di queste cose sia piena la vita nella coscienza umana e nell’azione dell’uomo e che ne sia piena anche questa nostra terra polacca, che ne sia piena l’intera cultura europea. Penso che solo così si spieghi la contestazione insistente dell’Enciclica Humanae vitaesoprattutto in questo ambito. 

Ho esaminato a Roma un’enorme massa di documenti riguardanti questo testo. Ho letto le dichiarazioni dei vescovi e degli episcopati di tutto il mondo. Alcune erano molto brevi, dei telegrammi, delle annotazioni pastorali. C’erano anche delle dichiarazioni molto lunghe, lettere, confessioni, e anche annotazioni per la pastorale. Ho notato che proprio l’ambito della cultura europea, quello a cui siamo legati molto da vicino, a cui noi dell’Oriente aderiamo, a cui in pratica apparteniamo, è l’unico ambito in cui si critica la Humanae vitae. Per quanto riguarda la nostra comunità, seguendo il primo paragrafo della seconda parte di Gaudium et spes siamo testimoni del fatto che siamo arrivati a una distorsione della definizione e pratica dell’amore, e di una paternità e maternità responsabile. 

E coloro che in passato hanno collaborato alle cause di questa situazione sono quelli che oggi suonano l’allarme con forza. Penso che sarebbe una cosa molto interessante e istruttiva se comparassimo le dichiarazioni degli stessi settimanali o quotidiani nelle edizioni di quindici anni fa e di oggi: allora si invocavano i contraccettivi e li si elevava al rango di imperativo sociale. Dopo quindici anni si richiede un aumento delle nascite. A chi venne detto che bisognava evitare di avere figli nel matrimonio oggi si dice invece che bisogna avere figli e averne in abbondanza. Ma è una cosa realizzabile? L’uomo è forse un meccanismo sul quale è così facile imprimere degli ordini a livello così profondo? Alla base di tutto questo non c’è forse un orribile errore nel campo stesso della visione dell’uomo? E con che faccia possiamo poi ancora parlare di umanesimo? Questo è quanto vorrei dire nella caratterizzazione del problema perché non vorrei andare avanti su questa strada. Desidero invece tornare sul tema dell’amore, dell’insegnamento sul tema dell’amore, che dovremmo porre alla base della preparazione al matrimonio, prima di tutto della gioventù universitaria. 

Quando si tratta della verità sul tema dell’amore, che tutti dobbiamo riconoscere perché fa parte della nostra fede e dobbiamo proclamarla (predicarla) nella pastorale universitaria, essa deve essere autentica, cioè evangelica. Salva reverentia (fatta salva l’attenzione) per tutte le implicazioni filosofiche di grande valore, che ci hanno sempre aiutato nella formulazione della nostra teologia dell’amore, tutte le formulazioni capitali di eros e agape che hanno un grande significato per la spiegazione della nostra scienza evangelica sull’amore, ma non arrivano a mettersi al suo posto. Essa è assolutamente specifica, assolutamente originale. Infatti l’insegnamento evangelico sull’amore viene riassunto prima di tutto nella Rivelazione, di cui fa parte. Penso che sia necessario introdurre almeno due pensieri sulla Rivelazione che sono come la premessa a quello che intendo dire. Il primo è l’idea di San Giovanni che afferma: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Il secondo è un pensiero dalla Lettera ai Romani di Paolo che afferma: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). 

Perciò, parlando di amore cioè parlandone con la nostra voce, con le nostre labbra, e anche con tutto il nostro corpo, con la coscienza di una certa voce interiore del pensiero e del cuore, noi teologi dobbiamo sempre avere davanti agli occhi l’amore umano come reale partecipazione all’amore di Dio. Tutto il vero amore umano è reale partecipazione all’amore di Dio. Anche l’amore matrimoniale è partecipazione reale all’amore di Dio. L’amore di un uomo e di una donna in tutte le tappe della vita, cominciando dai cosiddetti teenagers, fino agli anniversari che definiamo come “nozze d’oro”, in cui gli sposi a volte vengono nelle nostre parrocchie per ricevere una nuova benedizione. Tutta la ricchezza umana di questo amore non può nascere al di fuori di questa partecipazione all’amore di Dio. Certamente, grazie a Lui, se così si può dire, essa si libera, si sprigiona.







“Con letizia voi oggi dite: noi abbiamo progredito nella nostra via. Noi siamo là, non solo, ma così che nessuno, amico o avversario, ci può ignorare; noi rappresentiamo qualche cosa; tutti devono fare i conti con noi. È vero. La nostra gioia e la nostra soddisfazione non è minore della vostra, specialmente quando pensiamo come questi felici risultati sono stati ottenuti in breve tempo esempre in concorrenza con avversari implacabili, che spesso avevano occupato il terreno prima di voi”.

“Tuttavia sarebbe un modo di giudicare superficiale, esteriore e, per così dire, puramente sportivo, se voi consideraste il cammino percorso soltanto da quell’aspetto. Le associazioni cattoliche dei lavoratori non sono là, unicamente perché là è l’avversario. Chi lo affermasse, falserebbe la verità storica, misconoscerebbe completamente l’impulso proprio della Chiesa e dei cristiani degni di questo nome per l’azione sociale. Questo impulso non viene loro dal di fuori; non la paura della rivoluzione, né del sollevamento delle masse li spinge al lavoro per il popolo. No. L’amore fa battere il loro cuore, quello stesso amore che faceva battere il cuore di Cristo, e ispira loro la sollecitudine per la difesa e il rispetto della dignità del lavoratore moderno e lo zelo attivo per metterlo in condizioni di vita materiali e sociali in armonia con tale dignità”.*

Ecco, non volontà di contrapposizione o compiacimento per l’avere avversari e nemici a cui controbattere con le rime alzando la voce nei talk show. Non l’evocazione di clima da “persecuzione” per i cristiani anche in Occidente (quasi una bestemmia verso i cristiani davvero perseguitati). Ma l’amore che fa battere il cuore di Cristo. Se c’è questo amore la fede non si trasforma in ideologia: quando agisce o quando parla, il cristiano con questo cuore comunica la verità dello sguardo misericordioso di Dio nel mondo.

* Discorso di Pio XII alle Acli, 29 giugno 1948









[Modificato da Caterina63 08/04/2016 00:13]
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OMELIE DEL SANTO CURATO D'ARS - La Misericordia di Dio





“Si avvicinavano a Lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo”

(Mc 7,35)

Il modo in cui Gesù Cristo si comportava, durante la sua vita mortale, ci mostra la grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Vediamo che tutti loro vengono a tenergli compagnia; ed egli, ben lontano dal respingerli o allontanarsi da loro, al contrario, fa di tutto per trovarsi in mezzo ad essi, allo scopo di attirarli verso il Padre suo. Egli li va a cercare servendosi dei rimorsi di coscienza, li riconduce per mezzo della sua grazia e li conquista con i suoi modi amorosi. Li tratta con tanta bontà, che prende perfino le loro difese contro gli scribi e i farisei che vogliono biasimarli, e che sembrano non sopportare di vederli vicino a Gesù Cristo.
Ma egli va ancora più lontano, egli vuole giustificarsi per la condotta che tiene nei loro riguardi, con una parabola che dipinge, come meglio non si potrebbe, la grandezza del suo amore per i peccatori, dicendo loro: “Un buon pastore che aveva cento pecore, avendone persa una, lascia tutte le altre per correre dietro a quella che si è smarrita, e, avendola ritrovata, se la carica sulle spalle per evitarle la fatica del cammino; poi, avendola riportata al suo ovile, invita tutti i suoi amici a rallegrarsi con lui, per aver ritrovato la pecora che credeva perduta”.

Egli aggiunge ancora la parabola di una donna che, avendo dieci dramme e avendone perduta una, accende la sua lampada per cercarla in tutti gli angoli della casa, e, avendola ritrovata, invita tutte le sue amiche per festeggiare. “Così, egli dice loro, tutto il cielo si rallegra per il ritorno di un peccatore che si converte e che fa penitenza. Io non sono venuto per i giusti, ma per i peccatori; coloro che sono sani non hanno bisogno del medico, mentre ne hanno bisogno i malati”.

Vediamo che Gesù Cristo applica a se stesso queste vive immagini della grandezza della sua misericordia verso i peccatori. Ah! fratelli miei, che felicità è per noi, sapere che la misericordia di Dio è infinita! Quale violento desiderio dovremmo sentir nascere in noi, di andare a gettarci ai piedi di un Dio che ci accoglierà con tanta gioia! No, fratelli miei, se ci danneremo, non avremo scuse, quando Gesù Cristo ci mostrerà, lui stesso, che la sua misericordia è sempre stata abbastanza grande per perdonarci, in misura dei nostri bisogni. E per darvene un’idea, oggi voglio mostrarvi:

1° - la grandezza della misericordia di Dio verso i peccatori;
2° - ciò che noi dobbiamo fare, da parte nostra, per meritare la felicità di ottenerla.

Sì, fratelli miei, tutto è consolante, tutto è allettante nella condotta che Dio usa nei nostri riguardi. Sebbene siamo molto colpevoli, la sua pazienza ci attende, il suo amore ci invita a uscire dal peccato per ritornare a lui, la sua misericordia ci accoglie fra le sue braccia. Riguardo alla sua pazienza, il profeta Isaia ci dice che il Signore ci aspetta per usarci misericordia.

Non appena abbiamo peccato, meriteremmo di essere puniti: “Nulla, egli dice, è più confacente al peccato, della punizione; da quando l’uomo si è ribellato contro Dio, tutte le creature domandano vendetta, dicendo: Signore, vuoi che facciamo perire questo peccatore che ti ha oltraggiato? Vuoi, gli dice il mare, che io lo inghiottisca nei miei abissi? La terra gli dice: Signore, vuoi che spalanchi le mie viscere per farlo discendere ancora vivo negli inferi? L’aria gli dice: Signore, permetti che io lo soffochi? Il fuoco gli dice: Ah! per favore, lascia che lo bruci! E così pure tutte le altre creature chiedono vendetta con grandi grida. Il tuono e il fulmine vanno fino al trono di Gesù Cristo per chiedergli il potere di investirli e di divorarli. “Ma no, riprende a dire il buon Gesù, lasciateli sulla terra fino al momento deciso dal Padre mio; forse avrò la felicità di vedere che si convertono”. Se questo peccatore si smarrisce di più, questo tenero Padre versa calde lacrime e non cessa di perseguitarlo con la sua grazia, facendo nascere in lui violenti rimorsi di coscienza. “O Dio di misericordia, grida sant’Agostino, essendo ancora peccatore, mi allontanavo da te ogni giorno di più, i miei passi e tutte le mie vie erano come altrettante nuove cadute nel male, le mie passioni si accendevano sempre più, ma, nonostante ciò, tu avevi pazienza e mi aspettavi. O pazienza del mio Dio! è da tanti anni che ti sto offendendo e tu non mi hai ancora punito: da cosa può derivare questo lungo ritardo? Ahimè! Signore, deriva dal fatto che tu vuoi che io mi converta, e che ritorni a te con la penitenza”.

Ma è mai possibile, fratelli miei, che malgrado il desiderio che il buon Dio ha di salvarci, noi ci perdiamo del tutto volontariamente? Sì, fratelli miei, se vogliamo ripercorrere le differenti epoche del mondo, vediamo dappertutto la terra ricoperta delle misericordie del Signore, e gli uomini avvolti dai suoi benefici. No, fratelli miei, non è il peccatore che ritorna a Dio per chiedergli perdono; ma è Dio stesso che corre dietro al peccatore e lo fa ritornare a Sé. Volete un bell’esempio di ciò? Vedete come si è comportato con Adamo. Dopo il suo peccato, invece di punirlo, come meritava, per essersi ribellato al suo Creatore che gli aveva accordato tanti privilegi, che lo aveva adornato di tante grazie, che lo aveva destinato a un fine tanto felice, come era quello di essere suo amico e di non mai morire… Adamo, dopo il suo peccato, fugge dalla presenza di Dio; ma il Signore, come un padre desolato che ha perso suo figlio, corre a cercarlo e lo chiama, quasi piangendo: “Adamo, Adamo, dove sei? Perché fuggi la presenza del tuo Creatore?”. Ha tanto desiderio di perdonarlo, che a mala pena gli dà il tempo di chiedere perdono; ma gli promette subito il suo perdono e che gli invierà il suo Figlio, che nascerà da una Vergine, e che riparerà alla perdita che il peccato ha fatto subire a lui e a tutti i suoi discendenti, e che questa riparazione si farà in un modo mirabile.

Infatti, fratelli miei, senza il peccato di Adamo, non avremmo mai avuto la felicità di avere Gesù Cristo come Salvatore, né di riceverlo nella santa Comunione, e neppure di averlo a nostra disposizione nelle nostre chiese. Durante tutti i secoli in cui il Padre Eterno aspettò prima di mandare il suo Figlio sulla terra, Egli non cessò di rinnovare queste consolanti promesse, per bocca dei suoi patriarchi e dei suoi profeti. O carità (di Dio) verso i peccatori, quanto sei grande! Vedete, fratelli miei, la bontà di Dio verso i peccatori? Potremmo ancora disperare di essere perdonati?

Dal momento che il Signore ci testimonia così chiaramente il desiderio di perdonarci, se noi persistiamo a rimanere nel peccato, è certo solo colpa nostra.

Vedete come si comporta con Caino, dopo che quello aveva ucciso il suo fratello?Lo va a trovare, per farlo tornare in se stesso, al fine di poterlo perdonare; poiché bisogna necessariamente chiedere perdono, se vogliamo che egli ce lo accordi… Ah! Dio mio, ma non è troppo? “Caino, Caino, che cosa hai fatto? Chiedimi perdono, perché io possa perdonarti”. Caino non vuole, egli dispera della sua salvezza, si indurisce nel suo peccato. Tuttavia vediamo che il buon Dio lo lasciò a lungo sulla terra, per dargli il tempo di convertirsi, se lo avesse voluto.

Guardate ancora la sua misericordia verso il mondo intero: allorché i crimini commessi dagli uomini ebbero coperta la terra e l’ebbero imbevuta del succo delle passioni più infami, il Signore si vide costretto a punirli. Ma, prima di passare all’azione, quante precauzioni, quanti avvertimenti, quanti ritardi! Egli li minacciò molto prima di punirli, allo scopo di sensibilizzarli e di farli rientrare in se stessi. Vedendo che i loro crimini aumentavano sempre di più, inviò loro Noè, al quale comandò di costruire un’arca… e di dire a tutti coloro che gli avessero chiesto il perché di quella costruzione, che il Signore stava per far perire il mondo intero con un diluvio universale, ma che, se avessero voluto convertirsi e fare penitenza, egli avrebbe cambiato il suo decreto. Poi, infine, vedendo che tutti questi avvertimenti non servivano a niente, ma che ci si prendeva gioco delle sue minacce, si vide costretto a punirli. Tuttavia, vediamo che il Signore dice che si pentì di averli creati: e anche ciò ci dimostra la grandezza della sua misericordia. E’ come se avesse detto: avrei preferito non crearvi proprio piuttosto che vedermi costretto a punirvi. Ditemi, fratelli miei, tenendo conto che si tratta di un Dio, poteva spingere più oltre la sua misericordia?

Fratelli miei, vedete dunque che Dio attende i peccatori perché facciano penitenza, e li invita per mezzo dei movimenti interiori della grazia e per mezzo della voce dei suoi ministri. Guardate anche, come si comporta verso Ninive, questa grande città peccatrice. Prima di punire i suoi abitanti, ordina al suo profeta Giona di andare, a suo nome, per annunciare loro che entro quaranta giorni li avrebbe puniti. Ma Giona, invece di recarsi a Ninive, fuggì dalla parte opposta. Egli cerca di attraversare il mare, ma, Dio, ben lungi dal lasciare i Niniviti senza avvertimento, prima di punirli, fa un miracolo per conservare in vita il suo profeta, per tre giorni e tre notti, nel seno di una balena, che, alla fine dei tre giorni, lo vomitò sulla terra ferma. Allora il Signore disse a Giona: “Va’ e annuncia alla grande città, a Ninive, che fra quaranta giorni perirà”. Egli non aggiunge nessuna condizione. Il profeta allora, partito, annunciò a Ninive che tra quaranta giorni sarebbe stata distrutta. A questa notizia, tutti si dedicano alla penitenza e alle lacrime, dall’ultimo cittadino fino allo stesso re.
“Forse, diceva loro il re, il Signore avrà ancora pietà di noi”. Il Signore, vedendoli ricorrere alla penitenza, era come se si rallegrasse per il piacere di poterli perdonare. Giona, vedendo che il tempo per la punizione era scaduto, si ritirò fuori della città, aspettando che il fuoco dal cielo cadesse su di essa. Ma vedendo che non accadeva nulla, gridò: “Ah! Signore, mi farai forse passare per un falso profeta? Piuttosto fammi morire. Lo so bene che tu sei troppo buono, tu non chiedi altro che di perdonare!”. “E che Giona! gli rispose il Signore, tu vorresti forse che io facessi perire tante persone che si sono umiliate davanti a me? Oh! no, no, Giona, non ne avrei il coraggio; al contrario, continuerò ad amarli e a conservarli in vita”.

Ecco qual è precisamente, fratelli miei, la condotta che Gesù Cristo tiene nei nostri riguardi; sembra che qualche volta Egli voglia punirci senza nessuna misericordia, ma al minimo segno di pentimento, ci perdona e ci ridona la sua amicizia. Guardate cosa fece, quando decise di far scendere il fuoco su Sodoma, Gomorra e le città confinanti. Sembrava non volersi decidere, senza prima aver consultato il suo servo Abramo, come se volesse sapere da lui cosa dovesse fare. “Abramo, gli disse il Signore, i crimini di Sodoma e di Gomorra sono giunti fino al mio trono, non posso più sopportarli, sto per farli perire tutti, mandando un fuoco dal cielo”. “Ma Signore, gli rispose Abramo, punirai i giusti insieme ai peccatori?”. “Oh! no, no, gli disse il Signore”. “Ebbene, ribatte Abramo, se ci fossero a Sodoma trenta giusti, la puniresti, Signore?”. “No, gli dice, se ne trovo trenta, perdono a tutta la città, per quei trenta giusti”.
Poi Abramo arrivò fino a dieci giusti. Ahimè! cosa strana! in una città così grande, non si trovarono neppure dieci giusti. Vedete come il Signore sembrava prenderci gusto a consultare il suo servo su ciò che bisognasse fare. Vedendosi costretto a punirli, inviò subito un angelo per avvisare Lot di uscire, lui con tutta la sua famiglia, per non punirli insieme ai colpevoli. Ah! Dio mio, quanta pazienza! quanti ritardi prima di passare all’esecuzione!

Volete sapere qual è il peccato che ha costretto il Signore a far cadere sulla terra tanti castighi? Ahimè! è stato quel maledetto peccato dell’ impurità, di cui la terra era tutta ricoperta. Volete vedere quanto Dio indugia prima di punire?
Osservate ciò che fece riguardo a Gerico. Egli ordinò a Giosuè di far portare l’arca dell’alleanza, che era uno strumento che dimostrava la grandezza della misericordia del Signore. Volle che fosse trasportata dai preti, che sono i depositari delle sue misericordie.
Poi comandò di fare per sette giorni, il giro attorno alle mura della città, facendo suonare le stesse trombe che si usavano per annunciare l’anno del giubileo, che era un anno di riconciliazione e di perdono. Tuttavia, vediamo che queste stesse trombe che annunciavano il suo perdono, fecero crollare le mura della città, per insegnarci che, se noi non vogliamo approfittare delle grazie che il buon Dio vuole accordarci, diventiamo maggiormente colpevoli; ma che, se avremo la felicità di convertirci, Egli prova una gioia così grande che viene ad accordarci il suo perdono, più prontamente di quando una madre tira fuori dal fuoco il suo bambino. Abbiamo visto dunque, fratelli miei, che, dall’inizio del mondo, fino alla venuta del Messia, non c’è stato altro che misericordia, grazia e benefici.

Tuttavia possiamo affermare che, sotto la legge della grazia, i benefici di cui ha colmato il mondo sono ancora molto più abbondanti e molto più preziosi. Quale misericordia ha nutrito mai il Padre Eterno che, non avendo che un unico Figlio, ha acconsentito a fargli perdere la vita per salvare tutti noi! Ahimè! fratelli miei, se ripercorriamo tutta la passione di Gesù Cristo con un cuore riconoscente, quante lacrime non verseremo? Vedendo il tenero Gesù nella mangiatoia, e tutto il resto… Vediamo che la misericordia del Padre non potrebbe spingersi oltre, poiché, avendo un Figlio, lo sacrifica per salvarci, quel Figlio che è tutto ciò che ha di più caro. Ma se poi passiamo a considerare l’amore del Figlio, che diremo? Egli accetta così volentieri di soffrire tanti tormenti, e la stessa morte, per acquistarci la felicità del cielo! Ahimè! fratelli miei, che cosa non ha fatto per noi nei giorni della sua vita mortale?

Il Signore Gesù, non contento di chiamarci a sé con la sua grazia, e di fornirci tutti i mezzi per santificarci, guardate come corre dietro le sue pecorelle smarrite; percorre le città e le campagne per cercarle, e per radunarle nel luogo della sua misericordia. Guardate come lascia i suoi apostoli, per andare ad attendere la samaritana presso il pozzo di Giacobbe, dove sapeva che sarebbe venuta; egli la previene, comincia a parlarle, affinché il suo linguaggio pieno di dolcezza , unito alla sua grazia, la commuova e la consoli; le chiede acqua da bere, affinché ella chieda a lui qualcosa di ben più prezioso, cioè la sua grazia. Fu così contento di aver guadagnato quest’anima che, allorché i suoi apostoli lo pregarono di prendere cibo: “Oh! no, disse loro”. E sembrava voler dire: “Ah! no, no, io non penso affatto al nutrimento del corpo, tanta è la mia gioia per aver guadagnato un’anima a mio Padre!”.

Guardatelo nella casa di Simone il lebbroso; non è per mangiare che ci va; ma perché sapeva che vi avrebbe incontrato una Maddalena peccatrice: ecco, fratelli miei, cos’è che lo condusse a quella festa. Considerate la gioia che dimostra sul suo viso vedendo la Maddalena ai suoi piedi, che li bagna con le sue lacrime e li asciuga con i suoi capelli, per tutto il tempo del pasto. Ma il Salvatore, da parte sua, la ripaga molto bene: egli riversa a piene mani la sua grazia nel suo cuore.
Vedete come prende le sue difese contro coloro che si scandalizzano: va così oltre che, non contento di perdonarle tutti i suoi peccati, cacciando i sette demoni che quella aveva nel suo cuore, vuole perfino sceglierla come una delle sue spose; vuole che ella l’accompagni nel corso della sua passione e che, “in tutto il mondo dove questo vangelo sarà predicato, si racconti ciò che ha fatto verso di lui”; non vuole affatto che si parli dei suoi peccati, perché quelli sono ormai tutti perdonati per l’applicazione del suo sangue adorabile, che avrebbe sparso.
Guardatelo mentre prende la strada per Cafarnao per andare a trovare un altro peccatore nel suo ufficio: si tratta di san Matteo, di cui vuol fare uno zelante apostolo. Chiedetegli perché prende la via di Gerico, ed egli vi risponderà: perché vi abita un uomo di nome Zaccheo, che passa per un pubblico peccatore, e, che vuole andare a vedere se lo potrà salvare. Per fare di lui un perfetto penitente, egli fa come un buon padre che ha perduto il suo figlio, egli lo chiama: “Zaccheo, gli grida, scendi; perché è proprio da te che oggi voglio alloggiare, vengo a portarti la mia grazia”. E’ come se gli avesse detto: “Zaccheo, abbandona questo orgoglio e questo attaccamento ai beni di questo mondo; discendi, cioè scegli l’umiltà e la povertà".

Per farlo ben capire, dice a tutti coloro che erano con lui: “Oggi questa casa riceve la salvezza”. Oh! mio Dio! quanto è grande la tua misericordia verso i peccatori! Chiedetegli ancora, perché ha attraversato quella pubblica piazza: “Ah! vi risponderà, è perché aspetto quella donna adultera che devono portare per farla lapidare; e io vado a prendere la sua difesa contro i suoi nemici, per toccarle il cuore e convertirla”. Guardate questo tenero Salvatore vicino a questa donna, come si comporta, come prende la sua difesa? Vedendola circondata da quella marmaglia di gente che non aspettava che il segnale per accopparla, il Salvatore sembra dire loro: “Un momento, fate agire prima me, dopo agirete voi a vostra volta”. Si china per terra, scrive, ma non la sua sentenza di condanna ma di assoluzione. Alzatosi in piedi, li fissa. Non sembra forse dire loro: “Adesso che questa donna è stata perdonata, ella non è più una peccatrice, ma una santa penitente: chi tra di voi è uguale a lei?
Se siete senza peccato, scagliatele contro la prima pietra". Tutti quei perfetti ipocriti, vedendo che Gesù Cristo leggeva nella loro coscienza, si ritirarono, prima i più vecchi, che senza dubbio erano i più colpevoli, poi tutti gli altri. Gesù Cristo, vedendola sola, le dice con bontà: “Donna, chi sono coloro che ti hanno condannata?”, come se le dicesse: Una volta che io ti ho perdonata, chi è colui che oserebbe condannarti? “Ah! Signore, le rispose quella peccatrice, nessuno”. Ebbene! va e non peccare più.

Guardate ancora cosa egli prova, vedendo quella donna che, da dodici anni, aveva una perdita di sangue. Ella si getta umilmente ai suoi piedi; “poiché, diceva, se potessi solo toccare il lembo del suo mantello, sono sicura che sarei guarita”. Gesù Cristo voltandosi, con un’aria di bontà dice: “Chi è che mi tocca? Vai, figlia mia, abbi fiducia, sei guarita sia nell’anima che nel corpo”. Guardatelo, come prova compassione per la sventura di quel padre che gli presenta suo figlio, posseduto dal demonio fin dall’infanzia…

Guardatelo mentre piange, avvicinandosi alla città di Gerusalemme, che era la figura dei peccatori che non vogliono più lasciarsi toccare il cuore. Vedete come versa le sue lacrime per la perdita eterna di quella città. “Oh! quante volte, ingrata Gerusalemme, ho voluto radunarti nel seno della mia misericordia, come una gallina raduna i suoi piccoli sotto le sue ali; ma tu non hai voluto. O Gerusalemme ingrata! che hai ucciso i profeti e fatto morire i servi di Dio! oh! se almeno oggi volessi ancora ricevere la grazia che vengo a porgerti!". Vedete, fratelli miei, come il buon Dio piange la perdita delle nostre anime quando vede che non vogliamo convertirci? Dopo tutto quello che vediamo che Gesù Cristo ha fatto per salvarci, come potremo disperare della sua misericordia?
Dal momento che il suo più grande piacere è quello di perdonarci, per quanto i nostri peccati si siano moltiplicati, se vorremo lasciarli e pentirci, possiamo essere sicuri di ottenere il perdono. Quand’anche le nostre colpe fossero quanto tutte le foglie delle foreste, saremmo perdonati se il nostro cuore fosse veramente contrito. Per convincervi di ciò, eccovi un bell’esempio.

Leggiamo nella storia, che un giovane, di nome Teofilo, che era sacerdote, fu accusato presso il suo vescovo e deposto da una dignità di cui era stato insignito. Questo affronto lo indusse a nutrire un tale furore, che egli chiamò in suo aiuto il demonio. Questo spirito maligno gli apparve in una forma ordinaria, promettendogli di fargli riacquistare la sua dignità perduta, se avesse voluto rinunciare subito a Gesù e a Maria. Quello, essendo accecato dal furore, accettò e consegnò al demonio una rinuncia scritta di suo pugno. Il giorno seguente, il vescovo, avendo riconosciuto il suo errore, lo fece chiamare in chiesa, gli chiese perdono per aver creduto troppo facilmente a ciò che gli avevano riferito su di lui, e lo ristabilì nella sua dignità. Il prete, si trovò in grande imbarazzo per l’accaduto; restò per molto tempo lacerato dai rimorsi della sua coscienza. G
li venne in mente di fare ricorso alla santa Vergine, vedendosi tanto indegno di chiedere lui stesso perdono al buon Dio. Si recò dunque davanti a un’immagine della santa Vergine, pregandola di ottenergli il perdono presso il suo divin Figlio; e per questo digiunò per quaranta giorni e pregò incessantemente. Al termine dei quaranta giorni, la santa Vergine gli apparve, dicendogli che aveva ottenuto il perdono. Quello rimase molto consolato per tale grazia, ma gli restava ancora una spina molto profonda, difficile da estrarre: era il biglietto che aveva consegnato al demonio. Pensò che il buon Dio non avrebbe rifiutato questa grazia alla sua Madre. Continuò a pregarla per tre giorni, e una mattina, al suo risveglio, trovò il biglietto posato sopra il suo petto. Pieno di riconoscenza, si reca in chiesa e, davanti a tutti rende pubblica la grazia che il buon Dio gli aveva accordata per intercessione della sua santa Madre. Facciamo anche noi lo stesso: se ci riconosciamo troppo colpevoli per chiedere perdono al buon Dio, rivolgiamoci alla santa Vergine e saremo certi del nostro perdono.

Per stimolarvi ulteriormente ad avere una grande fiducia nella misericordia di Dio che è infinita, eccovi un altro esempio che ci offre il vangelo, e che ci dimostra che davvero la misericordia di Dio è infinita: è il racconto del figliol prodigo che, dopo aver domandato a suo padre tutti i beni che gli spettavano, si recò in un paese straniero. Qui dissipò tutti i suoi beni vivendo come un libertino e un dissoluto. La sua cattiva condotta lo ridusse a una tale miseria, che si ritenne felice di recuperare i resti dei porci, ma nessuno gliene dava. Riflettendo un giorno sulla grandezza della sua miseria, disse al padrone presso cui lavorava, guardando i porci: “Dammi almeno ciò che mangiano gli animali più ributtanti”. Quale grado di miseria, fratelli miei, è paragonabile a questa? Eppure nessuno gli dava ciò che chiedeva. Vedendosi costretto a morire di fame, e vivamente colpito per il suo stato infelice, apre gli occhi e si ricorda di avere un padre così buono, che lo amava tanto.
Prende la risoluzione di ritornare nella casa paterna, dove i servi più umili avevano pane in abbondanza, più di quanto gliene occorresse. Diceva fra sé: “Ho fatto molto male ad abbandonare il padre mio, che mi amava tanto; ho dissipato tutti i miei beni conducendo una vita cattiva; sono vestito di logori stracci e sporco, come potrebbe mio padre riconoscermi come figlio? Ma mi getterò ai suoi piedi, li bagnerò con le mie lacrime e gli domanderò solamente di mettermi nel numero dei suoi servi”. Eccolo che si alza e parte, tutto occupato nel pensare allo stato infelice in cui il suo libertinaggio lo aveva ridotto. Suo padre, che da lungo tempo piangeva per la sua perdita, vedendolo venire da lontano, dimenticò la sua tarda età e la cattiva condotta di quel figlio e si gettò al suo collo per abbracciarlo. Questo povero figlio, molto stupito per l’amore che il padre suo nutriva verso di lui: “Ah! padre mio, gridò, ho peccato contro di te e contro il cielo! non merito più di essere chiamato tuo figlio, mettimi solo nel numero dei tuoi servi”. “No, no, figlio mio, gridò il padre, tutto pieno di gioia per aver avuto la felicità di ritrovare suo figlio, che credeva perduto, no, figlio mio, è tutto dimenticato, pensiamo solo a rallegrarci. Ordina che gli si portino i vestiti di prima, per rivestirlo, che gli si metta un anello al dito e i calzari ai piedi, che si ammazzi il vitello grasso e si faccia festa; “perché il mio figlio era morto ed è risuscitato, era perduto ed è stato ritrovato”. Bella immagine è questa, fratelli miei, della misericordia di Dio verso i peccatori più miserabili!

Infatti, allorché abbiamo la disgrazia di peccare, ci allontaniamo da Dio e ci riduciamo, seguendo le nostre passioni, in uno stato più miserabile di quello dei porci, che sono gli animali più sudici! Oh! mio Dio! Davvero il peccato è qualche cosa di raccapricciante! Come si può avere il coraggio di commetterlo? Ma, per quanto miserabili noi possiamo essere, non appena prendiamo la decisione di convertirci, alla prima prova della nostra conversione, le viscere della sua misericordia sono toccate dalla compassione. Questo tenero Salvatore corre, per mezzo della sua grazia, incontro ai peccatori, li abbraccia, favorendoli delle consolazioni più deliziose. Infatti, mai un peccatore prova maggiore piacere, dell’istante in cui abbandona il peccato per donarsi al buon Dio. Allora gli sembra che niente lo possa più fermare: né preghiere, né penitenze; niente gli sembra troppo duro. O momento delizioso! quanto saremmo felici se avessimo la fortuna di comprendere ciò! Ma, ahimè! noi non corrispondiamo affatto alla grazia, e allora questi momenti di felicità scompaiono nel nulla! Gesù Cristo dice ai peccatori, per bocca dei suoi ministri: “Si rivesta questo cristiano che si è convertito, con l’abito che indossava prima, cioè la grazia del battesimo che egli ha perso; lo si rivesta di Gesù Cristo, della sua giustizia, delle sue virtù e dei suoi meriti”.

Ecco, fratelli miei, il modo in cui Gesù Cristo ci tratta, quando abbiamo la fortuna di abbandonare il peccato per donarci a lui. Ah! fratelli miei, quale motivo di fiducia per un peccatore, sebbene tanto colpevole, il sapere che la misericordia di Dio è infinita! No, fratelli miei, non è la grandezza dei nostri peccati, né il loro numero, che deve spaventarci; ma solamente dobbiamo temere di non avere le disposizioni che si richiedono da noi. Sentite, fratelli miei, eccovi un altro esempio che vi mostrerà che, per quanto possiamo essere colpevoli, noi siamo sicuri di venire perdonati, basta solo chiederlo al buon Dio. Leggiamo in una storia che un gran principe, nella sua estrema malattia, fu attaccato da una terribile tentazione di sfiducia nella bontà e nella misericordia di Dio.
Il sacerdote che in quel momento l’assisteva, vedendo questa sua perdita di fiducia, faceva tutto quello che poteva per ispirargliela, dicendogli che mai il buon Dio ha rifiutato il perdono a colui che glielo abbia domandato. “No, no, dice il malato, non v’è più perdono per me, ho fatto troppo male”. Il sacerdote, vedendo che non aveva più risorse per convincerlo, si mise a pregare. Proprio in quell’istante il buon Dio gli pose sulla bocca quelle parole che il santo re profeta pronunciò prima di morire: “Principe, disse quello, ascoltate il profeta penitente; voi siete peccatore come lui, perciò dite sinceramente, come lui: Signore, abbi pietà di me, perché i miei peccati sono molto grandi, ed è precisamente la grandezza dei miei peccati il motivo che ti impegnerà a perdonarmi”. A queste parole il principe, come risvegliandosi da un sonno profondo, si ferma un momento in un trasporto di gioia, ed emettendo un profondo sospiro: “Ah! Signore, è proprio per me che queste parole sono state pronunciate!
Sì, Dio mio, appunto perché ho fatto tanto male, tu avrai pietà di me!”.
Si confessa e riceve i sacramenti versando torrenti di lacrime; offre con gioia il sacrificio della sua vita, e muore avendo tra le mani il suo crocifisso che bagna con le sue lacrime. Infatti, fratelli miei, cosa sono mai i nostri peccati se li confrontiamo con la misericordia di Dio? Sono come un granellino davanti a una montagna.
O mio Dio, come si può acconsentire a dannarsi, dal momento che costa così poco salvarsi e che Gesù Cristo desidera tanto la nostra salvezza?...

Tuttavia, fratelli miei, se il buon Dio è così buono da attenderci e da accoglierci, non dobbiamo però stancare la sua pazienza: se egli ci chiama, se ci invita ad andare a lui, bisogna, da parte nostra, andargli incontro; se ci accoglie, bisogna poi restargli fedeli. Ahimè! fratelli miei, forse da più di cinque o sei anni il buon Dio ci sta chiamando; perché persistiamo nei nostri peccati? Egli è sempre disposto ad offrirci la sua grazia, perché non abbandoniamo il peccato? Infatti, fratelli miei, sant’Ambrogio ci dice: “Il buon Dio, per quanto buono e misericordioso sia, mai ci perdonerà, se noi non gli chiediamo perdono, se non uniamo la nostra volontà a quella di Gesù Cristo”.

Ma qual è, fratelli miei, la volontà che Dio richiede da noi? Vi rispondo subito: è una volontà che corrisponda alle sante sollecitudini della sua misericordia, che ci faccia dire, come a san Paolo: “Voi avete sentito dire quale è stata la mia condotta e le mie azioni, prima che Dio mi facesse la grazia di convertirmi. Perseguitavo la Chiesa di Gesù Cristo con tanta crudeltà, che ne provo orrore io stesso, ogni volta che ci penso. Chi avrebbe potuto credere che in un certo momento Gesù Cristo avrebbe deciso di chiamarmi a sé? Fu in quel momento in cui venni circondato da una luce; e intesi una voce che mi disse: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?”. Ahimè! fratelli miei, quante volte il buon Dio ha fatto anche a noi la medesima grazia? Quante volte, ormai immersi nel peccato o accingendoci a peccare, abbiamo sentito una voce interiore che ci gridava: “Ah! figlio mio, perché mi vuoi fare soffrire e vuoi perdere la tua anima?”.
Eccovi un bell’esempio di ciò. Leggiamo nella storia che un figlio, in un impeto di collera, uccise suo padre. Egli ne concepì un tale rimorso che gli sembrava di ascoltare continuamente una voce che gli gridava: “Ah! figlio mio, perché mi hai ucciso?”.

Questo fatto lo turbò così fortemente, che andò lui stesso a denunciarsi alla giustizia. Non soltanto, fratelli miei, dobbiamo abbandonare il peccato perché il buon Dio è tanto buono da perdonarci, ma dobbiamo anche piangere di riconoscenza. Abbiamo un bell’esempio di ciò nella persona del giovane Tobia, guidato e riportato dall’angelo; ciò che dimostra quanto piaccia a Dio che lo si ringrazi. Leggiamo nel vangelo che quella donna che da dodici anni era afflitta da una perdita di sangue, essendo stata guarita da Gesù Cristo, volendo per riconoscenza mostrare a tutto il mondo la bontà di Dio verso di lei, fece piazzare davanti alla sua casa una bella statua rappresentante una donna vicino a Gesù Cristo che l’aveva guarita. Diversi autori ci dicono che nei pressi della statua nasceva un’erba sconosciuta a tutti, che quando raggiungeva l’altezza della frangia del mantello, guariva ogni genere di malattia.

Vedete san Matteo: per ringraziare Gesù Cristo della grazia che gli aveva fatta, lo invitò a casa sua e gli rese tutti gli onori che poteva. Guardate anche il lebbroso samaritano: vedendosi guarito, ritorna sui suoi passi, si getta ai piedi di Gesù Cristo per ringraziarlo del dono che gli aveva appena fatto. Sant’Agostino ci dice che la principale azione di grazie, consiste nel fatto che la vostra anima sia sinceramente riconoscente verso la bontà di Dio, donandosi tutta a lui, con ogni sua capacità di amare. Vedete il Salvatore, quando ebbe guarito i dieci lebbrosi, notando che solo uno tornava a ringraziarlo: “E gli altri nove, disse Gesù Cristo, non sono stati anche essi guariti?”.
Come se avesse detto loro: “Perché mai gli altri non vengono a ringraziarmi?”. San Bernardo ci 
dice che dobbiamo essere molto riconoscenti verso il buon Dio, perché ciò lo impegna ad accordarci molte altre grazie. Ahimè! fratelli miei, quante grazie dovremmo rendere a Dio per averci creati, per averci riscattati con la sua morte e con la sua passione, per averci fatto nascere nel seno della sua Chiesa, mentre tanti altri vivono e muoiono fuori del suo seno. Sì, fratelli miei, poiché la bontà e la misericordia di Dio sono infinite, cerchiamo di trarne profitto, e così gusteremo la felicità di essergli graditi, e di conservare le nostre anime nella sua grazia: questo ci procurerà la felicità di gioire della sua santa Presenza, con tutti i beati, nel cielo. E’ ciò che vi auguro.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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09/04/2016 23:47
 
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12 aprile Anniversario dell'Apparizione della Vergine alle Tre Fontane (Roma) al protestante Bruno Cornacchiola   
Facciamo un Triduo di onore alla Vergine Santa 
 

 

APPARIZIONI MARIANE DELLE TRE FONTANE - DIALOGO TRA LA MADONNA E BRUNO CORNACCHIOLA

COLLOQUIO... MERAVIGLIOSO!

Si è parlato dell'apparizione, descrivendone lo svolgimento; ma ancora non si è esposta la parte principale della visione, cioè, il colloquio tra la Madonna e Cornacchiola, che costituisce il grande Messaggio Mariano delle Tre Fontane. Per entrare nell'argomento occorre allacciarci all'inizio della visione.
Dice il Signor Bruno: Vidi che la Bella Signora muoveva lentamente la mano sinistra ed indicava qualche cosa ai suoi piedi. Guardai e vidi un drappo nero a terra, con una Croce spezzata. -
L'autore pensa che quel drappo nero e la Croce spezzata vogliano alludere all'abito sacerdotale, ormai messo da parte e purtroppo deprezzato. -

Poi la Vergine riprese la sua prima posizione e con il libretto in mano si rivolse a me, cominciando a parlare amorevolmente:
« Sono Colei, che sono nella Trinità Divina ». Sono la « Vergine della Rivelazione ». Tu mi perseguiti; ora basta! Entra nell'Ovile Santo, Corte Celeste in terra. Il giuramento di un Dio è e rimane immutabile: i Nove Venerdi del Sacro Cuore, che la tua fedele sposa ti fece fare prima di entrare nella via della menzogna, ti hanno salvato. -
La Madonna poi mi fece una lunga allocuzione, della quale una parte era destinata a me personalmente ed a tutti i fedeli ed un'altra parte conteneva un messaggio segreto per il Santo Padre, che rimarrà segreto finché Dio vorrà.
La Madonna poi disse: « Per darti una prova certa che questa visione è una realtà divina, cioè, che non viene dal demonio, come molti ti vorranno far credere, io ti dò questi segni:
«Tu dovrai andare nelle Chiese e per le strade. Il primo Prete che tu incontrerai in Chiesa o per la strada, dovrai avvicinarlo e rivolgergli questa parola: Padre, io le devo parlare! - Se ti risponderà: Ave Maria, figliuolo! Che cosa vuoi? - Allora tu gli dirai quello che avrai sulle labbra. Costui allora ti indicherà un altro Sacerdote con queste precise parole: Questo fa per il tuo caso.

« Quando tu narrerai agli altri quello che hai veduto, non ti presteranno fede alcuna, ma tu non lasciarti deprimere né deviare».
«La scienza negherà Dio e ne declinerà gl'inviti ».
«Tu andrai dal Santo Padre, il Supremo Pastore della Cristianità, il Papa, e gli consegnerai personalmente il Messaggio. Questo lo porterai alla Santità del Padre. Ti indicherò io chi ti accompagnerà ».
«Bisogna pregare molto per la conversione dei peccatori, degli increduli e per l'Unione di tutti i Cristiani ».
« Le Ave Maria, che tu dirai con fede ed amore, sono tante frecce d'oro, che arriveranno al Cuore di Gesù ».
« Prometto un favore grande, speciale: Con questa terra di peccato (...terra della Grotta...) io opererò grandi miracoli per la conversione degli increduli e dei peccatori ».
Cornacchiola dice: In questa apparizione la Madonna raccomandò «la divina dottrina vissuta », «il Cristianesimo vissuto» e «la Religione vissuta».

Inoltre si degnò rivelarmi mirabili verità, cioè, la sua vita dal principio della sua esistenza in Dio, sino alla fine del suo compimento sulla terra ed alla sua gloriosa Assunzione in Cielo, soggiungendo: «Il mio corpo non poteva marcire e non marcì... Da mio Figlio e dagli Angeli fui portato in Cielo... ». -
Il colloquio celeste si protrasse per un'ora e venti minuti, dalle ore 15,20 alle ore 16,40.

Un colloquio per più di un'ora!... Com'é possibile dopo ricordare tutto, parola per parola? Come avrebbe potuto il Signor Bruno trascrivere il lungo Messaggio, senza un aiuto particolare di Dio? E l'aiuto venne!
Egli dice: La Madonna parlava con ritmo lento ed uguale, con senso profondo e senza interruzione. Di questo straordinario discorso non ho potuto dimenticare neppure una sillaba e se anche non avessi scritto subito un resoconto, mi sarebbe rimasto ugualmente impresso nello spirito. Era come un disco che ripeteva tutto in me!
 




[Modificato da Caterina63 09/04/2016 23:50]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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13/04/2016 13:36
 
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[SM=g1740717] [SM=g1740720] [SM=g1740750] [SM=g1740752]

ATTENZIONE: il canto che state per ascoltare contiene il testo originale composto da sant'Alfonso M. de Liguori per la Novena allo Spirito Santo.
UN VERO INEDITO
Purtroppo la melodia originale sembra sia andata perduta, tuttavia abbiamo trovato questo formato midi, una melodia attribuita ad un anonimo sacerdote che l'avrebbe composta -accompagnando il testo originale - per i bambini della Prima Comunione negli anni '20. Noi vi offriamo il tutto così, come siamo riusciti a realizzarlo con tutto il cuore. Perdonateci le imperfezioni.

Vi ricordiamo che la Novena allo Spirito Santo, essendo una Solennità mobile, inizia nove giorni prima della Pentecoste. Quest'anno 2016 la Pentecoste cade il 15 maggio, quindi la Novena inizierà il 6 maggio.

Movimento Domenicano del Rosario
visitateci: sulroario.org
gloria.tv/video/p5oD5rXYcPK

______________

collegamento da youtube

www.youtube.com/watch?v=Pw2pnDcFITc&nohtml5=False






[SM=g1740750] [SM=g1740752]
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QUESTA E' LA STORIA DEL GOVERNATORE
CHE COSTRUì IL PONTE CHE NON SI POTEVA FARE

C'era una volta, in mezzo ad un Oceano, uno Stato composto da due isole. 
Erano divise da un braccio di mare ampio qualche decina di miglia. Da secoli gli abitanti di quel paese si spostavano da un'isola all'altra per mezzo di un battello, e la cosa funzionava benissimo, anche se erano necessarie parecchie ore per la traversata. Ma arrivò un tempo in cui ognuno voleva fare quel che voleva, in modo sempre più veloce e l'attesa non era più tollerabile. "Troppo dura per noi!", urlavano in piazza 
davanti al Governo. "Il passato è passato; nel tempo presente questo ci è diventato insopportabile!", incalzavano.

Il Governatore di quello Stato era uno che ascoltava, ascoltava parecchio il suo popolo. "Non preoccupatevi. Costruiremo un ponte, così potrete viaggiare più liberamente.". Gli Esperti del Ministero delle Infrastrutture iniziarono a studiare il problema. Crearono un Comitato e alla fine produssero un responso: "Non si può fare: le correnti marine sono troppo forti e faranno cadere i pilastri.".

Il Governatore lesse la risposta e, siccome era uno che ascoltava, ascoltava in continuazione il suo popolo e voleva compiacerlo, rispose: 
"Non preoccupatevi. Costruiremo un ponte con una sola campata, così i pilastri saranno sulla terraferma.". Gli Esperti del Ministero delle Infrastrutture iniziarono a studiare il problema. Crearono un Comitato e alla fine produssero un responso: "Non si può fare a causa delle Leggi della Natura: la forza di gravità spezzerà i cavi di sospensione.".

Il Governatore lesse la risposta e, siccome era uno che ascoltava, ascoltava paternamente il suo popolo, rispose: "Ma questa è la Teoria. In Pratica si può fare, perché la Natura non è così dura nei confronti delle sue creature.". Gli Esperti del Ministero delle Infrastrutture risposero: 
"La Pratica non può farsi senza Teoria. E la Natura non è dura: senza la forza di gravità non ci sarebbero creature, perché tutto l'Universo sarebbe solo un ammasso di particelle sparse. Che un tal ponte non si possa costruire è semplicemente la conseguenza delle cose.".

Il Governatore lesse la risposta e, siccome amava veramente il suo popolo, decise di procedere lo stesso. Così costruirono le torri, poi tirarono i cavi di sospensione, e in poche settimane il ponte era in piedi. Il giorno dell'inaugurazione fu tenuta una gran cerimonia e tutti parlavano di evento storico. Il popolo era così riconoscente nei confronti del Governatore e così felice del progresso compiuto; e tutti insieme proclamarono entusiasticamente il Primato della Pratica. Il Ministero delle Infrastrutture poi licenziò tutti gli Esperti che si erano opposti a quella mirabile opera.

Qualche tempo dopo il ponte era sempre pieno di gente che viaggiava da un'isola all'altra. Solo una piccola parte del popolo non si fidava e preferiva spostarsi alla vecchia maniera, sul battello. Ma, siccome la Natura non si può ingannare, alla fine i cavi cedettero e il ponte crollò.

Moltissimi furono i morti e tanti i feriti. I passeggeri del battello, 
ovviamente, rimasero illesi. Le conseguenze furono notevoli e quello Stato sperimentò la rovina per decenni; poi, lentamente, si rimise in piedi e la vita ricominciò come quando il ponte non c'era. Ma tutti avevano capito che il ponte era solo una falsa soluzione; e, dopotutto, non c'erano ragioni per avere così tanta fretta.

Da quelle parti raccontano ancora la storia del Governatore che costruì il ponte che non si poteva fare. E del suo amore per il popolo, amore privato della ragione, che li portò alla rovina.




ITINERARI DI FEDE
 


 

La fondazione della chiesa della Madonna dell’Impruneta, (Firenze), è legata a un evento miracoloso. Si narra che,  volendo costruire una cappella alla Madonna sul Monte delle Sante Marie, i buoi che trainavano il carro con le pietre per la costruzione si inginocchiarono nel punto in cui fu rinvenuta la sacra immagine.

di Margherita Del Castillo


La chiesa della Madonna dell’Impruneta, appena fuori di Firenze, è Basilica Giubilare. In origine era una pieve, una chiesa rurale, oggi è uno dei Santuari mariani più importanti di tutta la Toscana. L’affetto e la devozione riservata a questo luogo è legata alla veneratissima icona della Vergine, qui custodita, il cui miracoloso ritrovamento fu motivo della sua fondazione. 

Si narra, infatti, che volendo costruire una cappella alla Madonna sul Monte delle Sante Marie, e cedendo di notte le mura che di giorno venivano erette, si decise di attendere un segnale divino. Quest’ultimo arrivò quando i buoi che trainavano il carro con le pietre per la costruzione si inginocchiarono nel punto in cui fu poi rinvenuta la sacra immagine.  

L’anno di consacrazione, il 1060, è ricordato dalla lapide posta in facciata. Dell’edificio romanicorestano la cripta, sotto l’area del presbiterio, e l’alta torre campanaria merlata, della fine del XIII secolo. Il prospetto principale è caratterizzato da un pronao di cinque arcate sormontate da finestre rettangolari, realizzato nel 1634 come ringraziamento a Maria per avere fatto cessare un’epidemia di peste. Sul fianco sinistro, simmetrica al campanile, si innalza la torre civica, un tempo parte della fortificazione edificata a protezione della ricca pieve. 

Nei secoli la chiesa venne ingrandita e trasformata. L’intervento più significativo fu quellodell’architetto Alessandro Saller che nel 1714 trasformò lo spazio interno, arricchendolo di un prezioso soffitto intagliato e dorato e di finestre di gusto barocco. I bombardamenti dell’ultima guerra hanno cancellato le tracce di queste decorazioni e all’unica navata il restauro del secolo scorso ha restituito un aspetto tardo cinquecentesco. Le capriate a vista e gli altari in pietra serena che si susseguono lungo le pareti circoscrivono l’ambiente, ampio e spazioso perché pensato per accogliere tanti fedeli e pellegrini. 

Il presbiterio, sopraelevato, è delimitato da due tempietti attribuiti, nel loro disegno, a Michelozzo.Essi sono rispettivamente dedicati alla Vergine e al Santissimo Sacramento. In quello di sinistra si conserva l’icona mariana, a lungo ritenuta opera di San Luca. La tavola, del XIII secolo, versando in cattive condizioni venne ridipinta dal pittore Ignazio Hughford nel 1758. Nei riquadri superiori due angeli sono disegnati a testa in giù perché provengono dal cielo e sono diretti verso la terra. Tra le mani reggono ciascuno un libro aperto su cui si legge “Gloria in excelsis Deo”.  

La Madonna, lo sguardo sereno, seduta sul trono, tiene in grembo il Suo Bambino, di cui dolcementestringe la mano benedicente. L’edicola è decorata con splendide ceramiche di Luca della Robbia, che corrono sul frontone e sono incastonate nella copertura. E sempre a Luca della Robbia si deve la Crocefissione, tra San Giovanni Battista e un santo vescovo, del tabernacolo del tempietto di destra. L’altare maggiore, ricostruito con i frammenti di quello del XII secolo, ospita il grande polittico di Pietro Nelli, datato 1375, che rappresenta la Madonna con il Bambino tra Santi. Un’abside pentagonale conclude lo spazio.

Esiste da sempre un legame profondo tra la Vergine dell’Impruneta e Firenze che, nei momenti didifficoltà, a Lei si è sempre affidata, portandola solennemente in processione fino in città. Nel 1529 il Consiglio Maggiore della Repubblica Fiorentina proclamò la Vergine dell’Impruneta “sua unica et particulare Regina”.


 


  LA PROFEZIA DI SAN GIOVANNI BOSCO AI SAVOIA

Il Risorgimento anticlericale condusse alla rovina la famiglia del re nel giro di 4 generazioni... come predetto da don Bosco di Alberto Torresani I Savoia, prima come conti, poi duchi e infine come re di Sardegna, sono stati presenti in Piemonte per quasi mille anni. Reggevano uno Stato cuscinetto per tenere distanti due grandi potenze: Francia e Impero tedesco.
Hanno assolto tale funzione adottando l'alleanza col maggiore offerente, acquistando un territorio sempre più esteso ed armando sempre un esercito superiore alle loro finanze, da impiegare oculatamente, per intimorire l'avversario.
La storia di quella famiglia conosce alcuni casi di santità, a preferenza tra le donne, perché venivano educate con rigore morale, mentre gli uomini dovevano essere rudi soldati, coi relativi usi e costumi. La rivoluzione francese rischiò di travolgere i Savoia. Furono sconfitti da Napoleone e il re trovò rifugio in Sardegna, difeso dalla flotta di Nelson.

Il Piemonte corse il rischio di esser trasformato in un dipartimento francese: solamente la vittoria dell'ultima coalizione antifrancese riportò Vittorio Emanuele I a Torino. Qui giunto, allontanò da corte coloro che si erano compromessi col governo francese, ma le terre confiscate agli enti ecclesiastici rimasero ai nuovi proprietari. Purtroppo, nessun re di casa Savoia risultò una mente superiore e così andò sprecato un tesoro immenso, la fedeltà dei loro sudditi.
Fra tutte le opzioni politiche allora discusse per unificare l'Italia, il modello federativo suggerito da Antonio Rosmini, che era il migliore, fu sciupato da Carlo Alberto. Nel 1847, il papa Pio IX inviò Mons. Corboli Bussi in missione a Firenze, Modena, Parma e Torino, proponendo l'Unione Doganale tra quegli Stati, a somiglianza di quanto era avvenuto per lo Zollverein tedesco, preludio dell'unificazione politica. La missione ricevette risposta positiva ovunque, meno che a Torino. Qui ormai prevalevano venti di guerra.

UN ANTICLERICALISMO MONTANTE

Durante la Prima guerra del Risorgimento i liberali si scoprirono antigesuiti, anticlericali, desiderosi di uscire da ogni tutela ecclesiastica. Fu decisa la cacciata dei Gesuiti (una ventina) e la chiusura delle loro scuole, comprese quelle dei "gesuitanti" come le Dame del Sacro Cuore. A Chambery, in Savoia, esse avevano una scuola superiore femminile, frequentata anche da alunne francesi e svizzere.
I deputati della Savoia che lamentavano, in caso di chiusura, l'assenza completa di istituti analoghi in grado di sostituirla, si sentirono dire dal ministro: "Meglio nessuna scuola piuttosto di una scuola di gesuitanti". Don Bosco, nel 1848, notò tra i suoi ragazzi un crescente bellicismo con fioritura di esercizi militari, marce, odio al nemico e dovette prodigarsi perché quei sentimenti non distruggessero il suo lavoro. Per poco tempo don Bosco ritenne possibile favorire un qualche partito che si ponesse a difesa dei valori cattolici, ma quando percepì la disunione esistente tra i cittadini dichiarò di aderire al "partito del Papa" nel senso di obbedire a principi religiosi non legati a partiti. Avendo bisogno di tutti non poteva schierarsi per alcuno.

LA PROFEZIA DI DON BOSCO

La Prima guerra del Risorgimento terminò col disastro di Novara nel febbraio 1849, l'abdicazione di Carlo Alberto e la successione di Vittorio Emanuele Il.
Ben presto si fece luce il liberalismo del Cavour, dapprima come ministro di Commercio e Agricoltura, poi dal 1852 come primo ministro. Cavour decise di appiattire la politica piemontese su quella d'Oltralpe: perciò riforme liberali, investimenti in infrastrutture come strade, porti, ferrovie, telegrafo.
Nel 1855 il Cavour prese a pretesto la necessità di ridurre la voce del bilancio statale riservata al culto. Perciò, unilateralmente, decise la confisca di metà del patrimonio ecclesiastico presente nel Regno, di venderlo e col ricavato costituire un fondo dal quale attingere per le future necessità del culto.
Il re Vittorio Emanuele II pensava che fosse un buon affare.

Don Bosco ebbe una delle sue premonizioni e fece sapere al re di aver sognato un valletto che annunciava tristemente: «Grandi funerali a corte» e supplicò perciò il Sovrano «che pensasse a regolarsi in modo da schivare i minacciati castighi, e di impedire a qualunque costo quella legge», e gli fece sapere che chi ruba alla Chiesa non arriva alla quarta generazione.
Non fu ascoltato e, durante la discussione della legge, la famiglia del re fu colpita da quattro lutti: in poco tempo morirono la moglie del re col figlio di otto giorni, la madre e l'unico fratello.

LO STATO È TUTTO, LA CHIESA È NIENTE

La Seconda guerra d'indipendenza fu il capolavoro del Cavour che con l'intervento francese trovò l'unico modo per sconfiggere l'Austria.

Furono acquisite la Lombardia, i Ducati padani, le legazioni di Romagna e il Granducato di Toscana. Seguì la conquista del resto d'Italia con Garibaldi in Sicilia e l'esercito piemontese che lo ferma a Napoli, rimandando a più tardi la presa di Roma.
Il governo italiano diceva di praticare la nota politica di Cavour «libera Chiesa in libero Stato», ma nei fatti si riteneva erede degli Stati preunitari che avevano esercitato il diritto di placet e di veto per le nomine episcopali. Molte diocesi erano senza vescovo perché o defunto o scacciato.

Bastava aver detto mezza parola o scritto una riga critica nei confronti della nuova realtà politica per venire esclusi dalla nomina a vescovo.
Don Bosco fu inviato da Pio IX nelle diocesi sprovviste di vescovi per cercare candidati all'episcopato. Dopo aver effettuato l'inchiesta canonica, quei nominativi venivano portati al Ministro degli interni che effettuava la propria indagine e finalmente si poteva nominare il vescovo. Insomma, la Chiesa aveva la libertà del girarrosto che può solo presentare alla fiamma la parte non ancora ben rosolata. Il De Sanctis spiegava che in quel momento il motto di Cavour andava interpretato nel senso che «lo Stato è tutto e la Chiesa niente».

LA PROFEZIA SI COMPIE

Il papa Leone XIII volle edificare un tempio votivo nei pressi della stazione Termini, con la stessa funzione del Sacro Cuore di Parigi. I costruttori fecero il riccio della spesa e fermarono i lavori annunciando che i denari erano finiti.
Il cardinal Nina suggerì al Papa di affidare il completamento dell'edificio a don Bosco, giudicato un imprenditore che non si faceva imbrogliare. Dovette compiere due viaggi a Parigi e uno a Barcellona per trovare il denaro necessario. La chiesa fu portata a termine e don Bosco poté celebrare una Messa di ringraziamento nel corso della quale molte volte si commosse fino al pianto, rievocando le tappe del cammino che la Provvidenza gli aveva riservato. Ancora adesso i Salesiani curano l'avviamento professionale di giovani sottratti alla strada per munirli di solide competenze lavorative e di un orientamento cristiano alla vita.
I Savoia, invece, fecero le guerre coloniali, poi la Prima guerra mondiale a seguito di un colpo di Stato del sovrano; poi, con un secondo colpo di Stato, scelsero Mussolini come primo ministro che procurò loro l'Impero d'Etiopia e il regno di Albania e infine lo scacciarono. Vittorio Emanuele III non imitò il trisnonno Carlo Alberto e non si dimise nel 1943.
Quando lo fece, nel 1946 era troppo tardi e il 2 giugno il referendum scelse la repubblica: Umberto II, il re di maggio, andò in esilio.

Era la quarta generazione dei Savoia in Italia: la profezia di don Bosco così si adempiva del tutto.







[Modificato da Caterina63 23/04/2016 20:23]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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15/05/2016 18:45
 
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PAZZESCO  a farci lezione di INTEGRAZIONE è ora l’imam Pallavicini (un cognome conosciuto a Roma, ma tant'è.... che è diventato pure musulmano) reputa però che il termine INTEGRAZIONE è abusato e mal compreso, e specifica:
LEGGETE
«Per noi musulmani, integrazione è ciò che religiosamente unisce l’interiore con il superiore, l’origine e la terra, il relativo e l’assoluto: un assoluto che è nei cuori di tutti, non credenti e credenti, sebbene siano solo questi ultimi quelli che si assumono la responsabilità della coerenza, santificando quotidianamente la vita».
Altrimenti detto, «se qualcuno – mettendo al primo posto non più Dio ma la propria squadra, ad esempio, o la propria nazione – manipola questa relazione, il mondo degenera». Ritornando al concetto d’integrazione allora, «l’uomo universale – conclude Pallavicini – è colui che sa vivere in questo rapporto tra il terreno e il trascendente e al tempo stesso sa integrare il proprio simile all’interno di questa relazione».

Pallavicini tiene ragione.... assurdo è che sia lui a dover dare una lezione a noi Cristiani su un termine che non abbiamo mai usato, specialmente come ideologia, MA VISSUTO in duemila anni di storia, l'Europa stessa è storia di INTEGRAZIONE bimillenaria, ma molti l'hanno dimenticato.
CARI EUROPEISTI ATEI O LAICISTI, SVEGLIATEVI
o sarete Europa cristiana, o sarete Europa islamica.... non ci sarà la via di mezzo, ci si integra solo con e nel TRASCENDENTE, sta a voi scegliere   

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Cristianesimo e islam, tra integrazione e misericordia

 
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Nella parrocchia di Santa Lucia l’incontro con l’imam Yahya Pallavicini e il cardinale De Paolis. «La via maestra per la comprensione resta la conoscenza»

«È un tentativo di dare a una problematica tanto attuale, qual è l’immigrazione islamica, un orientamento cristiano, suggerendo come risposta non solo l’accoglienza ma l’integrazione, per fare spazio all’altro che è in difficoltà». Monsignor Antonio Nicolai, parroco a Santa Lucia – a due passi da piazzale Clodio, quartiere Prati – spiega perché ha voluto organizzare un incontro pubblico, il 28 gennaio, sul tema della convivenza tra persone di fede islamica e cattolica. «Viviamo in un contesto difficile anche per via del fanatismo islamico-politico che ha deviato da una retta comprensione del fenomeno. Il risultato è che oggi c’è paura e risentimento». A discutere della questione – se cioè una reale integrazione è possibile – monsignor Nicolai e il Circolo delle Vittorie hanno riunito attorno ad un tavolo il cardinale Velasio De Paolis, presidente emerito della Prefettura degli Affari economici della Santa Sede, monsignor Filippo Morlacchi, direttore dell’Ufficio per la Pastorale scolastica e l’insegnamento della religione della diocesi di Roma, Sherazade Shahoushmand, docente di Studi islamici alla Pontificia Università Gregoriana, e l’Imam della moschea di via Meda a Milano Yahya Pallavicini.

Premesso che le «discussioni asettiche sono inutili e vuote – avverte il cardinale De Paolis – è necessario affrontare il tema della convivenza sul piano della realtà». Come mai, si chiede il porporato, «siamo infatti tutti d’accordo sull’importanza dell’amore e tuttavia ci sono così tante guerre?». Ciò che si richiede, allora, «è un’analisi approfondita delle strade che stiamo percorrendo», senza per questo dover necessariamente affermare l’obbligo di cambiare percorso. «È quello che accade a un malato, che si affretta a cambiare medicina perché vede che non gli fa effetto senza però aver scoperto di che cosa si è ammalato. Dico allora – sintetizza De Paolis – che si cambia solo se è necessario, perché a volte il cambiamento non meditato può portare a una situazione anche peggiore della precedente». La via maestra per la comprensione resta dunque la conoscenza. «Il nodo da sciogliere – spiega monsignor Morlacchi – sta nel costruire una relazione dialogica con altri punti di vista, diversi dai nostri. L’incontro non avviene però tra apparati di concetti teologici ma tra persone». Il sacerdote racconta, così, che a Roma ben il 30% degli studenti musulmani sceglie di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica: «Questo non vuol dire – tiene a precisare – rinuncia da parte loro alla fede islamica né imposizione da parte cattolica del nostro credo ma opportunità di conoscenza reciproca, l’unica che può rendere possibile l’integrazione».

Un termine, quest’ultimo, che l’imam Pallavicini reputa però essere abusato o mal compreso. «Per noi musulmani, integrazione è ciò che religiosamente unisce l’interiore con il superiore, l’origine e la terra, il relativo e l’assoluto: un assoluto che è nei cuori di tutti, non credenti e credenti, sebbene siano solo questi ultimi quelli che si assumono la responsabilità della coerenza, santificando quotidianamente la vita». Altrimenti detto, «se qualcuno – mettendo al primo posto non più Dio ma la propria squadra, ad esempio, o la propria nazione – manipola questa relazione, il mondo degenera». Ritornando al concetto d’integrazione allora, «l’uomo universale – conclude Pallavicini – è colui che sa vivere in questo rapporto tra il terreno e il trascendente e al tempo stesso sa integrare il proprio simile all’interno di questa relazione». Un pensiero, quello espresso dall’Imam, che in Shahoushmand richiama quello della misericordia, «presente nel Corano in ben 113 capitoli su 114, là dove si insiste su una formula trina: Allah, Rahman, Rahim», con “rahman” e “rahim” che significano rispettivamente “utero” e “misericordia”; secondo una delle ultime traduzioni la formula migliore suona come “Dio, pienezza d’amore”. Stando così i termini della questione, a mettere i paletti all’integrazione sono solo gli uomini.

29 gennaio 2016





Fraternamente CaterinaLD

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(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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