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Non esiste il diritto ad avere un figlio ma si ha il dovere di tutelarlo nei suoi diritti

Ultimo Aggiornamento: 22/11/2017 19:35
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28/01/2016 19:53
 
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  Portogallo: veto del presidente della Repubblica alle adozioni omosessuali



Il capo dello Stato Cavaco Silva ha posto il veto alla legge approvata in Parlamento a novembre perchè “l’interesse dei minori deve prevalere rispetto a quello degli adulti”




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President of Portugal Aníbal Cavaco Silva

Wikimedia Commons - President Of Portugal Aníbal Cavaco Silva




Terzo Paese cattolico europeo nel 2010 ad approvare il matrimonio omosessuale dopo Spagna e Belgio, nel novembre scorso il Portogallo si diede un’altra pennellata a tinte arcobaleno con l’approvazione di una legge che garantiva agli omosessuali il diritto di adottare dei bambini.


A soli due mesi da quell’evento, le immagini delle associazioni lgbt festanti tra le tribune del Parlamento portoghese appaiono già sbiadite. A pitturare di nuovo con dei colori più sobri la legislazione del Paese lusitano ci ha pensato il presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva.


Proprio il giorno successivo delle elezioni che hanno decretato il nome del suo successore, sarà Marcelo Rebelo de Sousa, il capo dello Stato ha posto il veto alla legge approvata nel novembre scorso. “Quella delle adozioni è una questione complessa che va approfondita maggiormente – ha spiegato Cavaco in un messaggio alla Camera – è un tema che può produrre un’alterazione nel sistema legislativo. L’interesse dei minori deve prevalere rispetto a quello degli adulti”.


Cavaco Silva è un politico conservatore, che non è nuovo a scontri con il Parlamento sui temi inerenti la vita e la famiglia. Non nascose la sua preoccupazione quando, nel 2010, venne approvato il matrimonio omosessuale DOPO CHE BEN DUE REFERENDUM POPOLARI AVEVANO DETTO "NO". Così come, nell’estate 2014, non fece mancare il suo appoggio alla legge d’iniziativa popolare che chiese al Parlamento di riformare la legge sull’aborto in senso più favorevole alla vita.


La modifica ha abolito il registro degli obiettori di coscienza (considerato dai suoi detrattori alla stregua di una lista di proscrizione), concedendo così a questi medici di svolgere le loro consulenze liberamente all’interno dei consultori nei confronti delle gestanti in difficoltà.


Gestanti che, afferma ancora la legge in questione, devono essere ascoltate insieme ai loro compagni o mariti nel momento in cui avanzano la richiesta di interrompere la gravidanza. La consulenza di psicologi e assistenti sociali sul valore della vita nascente è diventato un passaggio obbligato.


Cavaco Silva firmò e promulgò con una certa solerzia la legge in questione. Solerzia che dimostrò anche nel mettere il veto a una serie di emendamenti del Partito Socialista (il cui leader Antonio Costa è anche presidente del Consiglio) finalizzati a depotenziare le restrizioni alla legge sull’aborto.


E con la decisione di ieri del capo dello Stato, il Partito Socialista si trova di nuovo ad occupare la barricata opposta alla sua. I suoi deputati, infatti, hanno già annunciato di poter confermare la legge con la maggioranza assoluta dei parlamentari, superando così, come stabilisce la Costituzione, il veto del presidente.


I fautori dei desideri delle coppie omosessuali, tuttavia, possono tirare un sospiro di sollievo anche per un altro motivo. Come detto, il presidente portoghese è agli ultimi giorni di mandato. La questione passerà a marzo sul tavolo del suo successore Rebelo de Sousa. E quest’ultimo, benché di centro-destra come Cavaco Silva, ha già annunciato di collocarsi nelle più comode posizioni del pensiero dominante. Tanto che in campagna elettorale aveva dichiarato: “L’importante è garantire l’interesse del minore, il sesso dei genitori è indifferente, non vedo ragioni per non firmare questa legge”.


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Certo, non c'è da cantar vittoria, questo presidente sta andando via e quello che verrà potrebbe rimettere in discussione questo veto.... tuttavia è importante capire e far comprendere che ogni singola persona, politico, legislatore può agire in autonomia e può dimostrare che andare contro corrente si può....
perchè alla fine ciò che conta è quando, trovandoci davanti a Dio e ci chiederà: "TU CHE COSA HAI FATTO, per questo o quest'altro problema?" e a rispondere non sarà il partito o una lobby..... e questo presidente può camminare a testa alta....  



 


INTERVENTO
Mons. Luigi Negri
 

Nel dibattito ecclesiale acceso dal disegno di legge sulle unioni civili, ricompare il dualismo, cioè la divisione tra una esperienza personale di fede  e l'impegno culturale, sociale e politico.

di Luigi Negri*


Family Day 20 giugno

Nel dibattito che caratterizza questo momento della vita ecclesiale e sociale italiana attorno al disegno di legge sul riconoscimento delle unioni civili, e sulla possibilità di adottare figli da parte delle coppie omosessuali, si stanno profilando soprattutto in campo cattolico alcuni elementi che ripropongono in modo artificioso una situazione culturale che si pensava fosse stata definitivamente superata. 

Ricompare il dualismo. Dualismo fra l’esperienza della fede ridotta a impegno della coscienza personale privata, caratterizzata da espressioni di autentica spiritualità; e l’impegno culturale, sociale e politico che non si collega strutturalmente alla fede, ma risponde ad una logica mondana che ha una sua consistenza, una sua dignità.

Questo dualismo tra fede e cultura, tra fede e impegno culturale, sociale e politico, ha rappresentato il più grosso handicap per la vita della Chiesa - almeno quella italiana, che conosco più direttamente – grosso modo dal Concilio Ecumenico Vaticano II fino all’inizio del pontificato di san Giovanni Paolo II. Questa tendenziale separazione fra la vita di fede personale e l’impegno culturale sociale e politico ha fatto sì che la Chiesa sostanzialmente rischiasse di autoemarginarsi dalla vita della società. 

Ritorna dunque questo dualismo per cui il problema di fronte alla vicenda politica attuale non sembra essere quello di contestare nei modi possibili l’approvazione di questa legge, che è evidentemente negativa nei confronti della struttura stessa della vita sociale, ma quello di comprendere personalmente le ragioni che stanno alla base di questo disegno di legge, immedesimandosi per quanto è possibile con i desideri umani che sostengono poi il cammino socio-politico.

Ora è qui che secondo me avviene un ritorno a una situazione che è già stata portata a maturazione e superata da Giovanni Paolo e Benedetto. L’esperienza della fede è un’esperienza che unifica la persona e tale unificazione diviene matura nella misura in cui la persona partecipa alla vita e all’esperienza ecclesiale. Non sono due logiche diverse e contrapposte. La fede è un fatto eminentemente personale che tende per sua forza a investire la vita personale, i rapporti fondamentali che la persona ha, fino all’impegno nelle vicende e nelle situazioni socio-politiche. 

Ricordo ancora a tantissimi anni di distanza con infinita gratitudine, che mons. Luigi Giussani mi consigliò di leggere un libretto aureo del cardinale Danielou: «La preghiera problema politico». Questa unità della persona si esprime poi a livello dei rapporti personali, delle capacità di coinvolgersi nella vita delle persone, di comprendere i problemi e le difficoltà, ma si esprime anche nel tentativo di investire la vita sociale offrendo a questa punti di riferimento, criteri di giudizio, valutazioni e prospettive in cui i cristiani credono di poter dare un contributo originale e di caratteristico alla vita della società.

È indubbio che i mezzi di comunicazione sociale, le forze anticattoliche che sono alle spalle di questo movimento che sostiene il ddl Cirinnà, considerano già acquisito il risultato, falsificando alcuni elementi; per esempio quelli – come dimostrato – che riguardano il numero dei paesi in cui queste nuove strutture giuridiche sono in atto. Ritenendo che l’Italia sia obbligata dalle decisioni o, meglio ancora, dagli inviti dell’Unione Europea ad attuare questo.

In questo momento lo stesso impeto che apre la nostra vita personale ai nostri fratelli uomini, ci deve costringere ad essere presenti nell’ambito specifico della vita politica e addirittura nel tentativo di entrare in maniera positiva nel dibattito parlamentare. Ed è la stessa logica di fede e di missione che caratterizza la vita di carità personale, che impone a una minoranza come quella cattolica, priva ormai di effettive rappresentanze parlamentari, se non in numero ridotto, di farsi presente attraverso uno strumento - la manifestazione pubblica - che la vita sociale e politica attuale considera una autentica e correttissima forma di pressione.

Dire che l’uomo di fede deve ridursi agli impegni della coscienza personale, della cosiddetta testimonianza privata, tralasciando tutto quel che riguarda l’impegno a giudicare dal punto di vista della fede e a intervenire dal punto di vista della cultura che nasce dalla fede nelle questioni significative della vita culturale e sociale, è una posizione che è di certa parte della Chiesa cattolica nei decenni scorsi, ma che oggi può essere assunta tanto in quanto si pretende di eliminare l’insegnamento del magistero della Chiesa lungo tutto i grandi momenti della Dottrina sociale nel XIX e XX secolo e soprattutto nel magistero morale, sociale e politico di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

La vicenda che si svolge nel cosiddetto mondo della cristianità italiana è una vicenda di grande importanza che deve essere affrontata con grande chiarezza teologica senza quegli emotivismi e sentimentalismi che non fanno procedere il discorso ma lo confondono sempre di più.

Siccome in questa vicenda, dalla stampa più di una volta è stato fatto riferimento alla testimonianza, all’insegnamento, alla presenza di mons. Luigi Giussani, con cui ho potuto sostanzialmente convivere per oltre 50 anni, posso affermare che è impensabile identificare la sua posizione con il riformularsi di quei dualismi che egli aveva combattuto appassionatamente lungo tutto la sua storia. 

Il rifiuto del dualismo delle scelte religiose, della riduzione privatistica della fede, del silenzio di fronte alle questioni della vita politica, cultura, sociale, sono stati di grande intendimento ecclesiale e pastorale di mons. Giussani. Voleva creare un movimento, cioè un popolo cristiano, che forte della sua identità, animato dalla carità e dalla missione, sapesse intervenire in maniera originale e creativa in tutti gli spazi della vita culturale, sociale e politica. E non attento agli esiti, che dipendono sempre da molti fattori, ma attenti al fatto che attraverso questa testimonianza pubblica si incrementasse la fede. Dopo averla sentita, don Giussani aveva fatto sua la grande espressione di san Giovanni Paolo II: la fede si incrementa donandola, si irrobustisce donandola. E quell’altra grande intuizione: che è cioè la missione, l’identità e il movimento di ogni realtà ecclesiale. 

* Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa


- Lgbt: Un milione in piazza? Non fateci ridere, di A. Lavelli







[Modificato da Caterina63 29/01/2016 00:28]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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