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Non esiste il diritto ad avere un figlio ma si ha il dovere di tutelarlo nei suoi diritti

Ultimo Aggiornamento: 22/11/2017 19:35
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20/02/2016 21:11
 
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  OMOSESSUALI NON SI NASCE Sono medico e curo i gay, la metà vuole cambiare



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gerardvandenaardweg

 

di Andrea Morigi

… Sfidare i pregiudizi sull’omosessualità è possibile,  perfino da una prospettiva insolita e dichiarata inaccettabile da parte dei movimenti gay.
Dal 1967, quando discusse la  sua tesi di laurea ad Amsterdam, lo psicologo olandese Gerard van den Aardweg mette in discussione la teoria che indica un’origine genetica dell’orientamento omosessuale. «Non c’è nulla di  innato, è soltanto disinformazione», spiega a Libero, «Dopo 15 anni di ricerche sui gemelli, monozigoti e no, non è stato dimostrato proprio nulla. Anzi, tutto indica il contrario, cioè che il contributo genetico all’omosessualità è pari a zero».

Van den Aardweg è in Italia per un corso organizzato da una decina di associazioni che propongono un’alternativa al coming out. Invece di seguire la teoria affermativa (“accettati per quello  che sei”), si dà una possibilità di cambiare. A chi vuole, si intende.

Eppure anche gli effetti della terapia  riparativa sono discussi. Perché  alcuni ritengono che sia addirittura  pericolosa?
«Non c’è nessun pericolo. Magari alcuni abbandonano la terapia per un motivo qualsiasi, poi vanno  in crisi per altre ragioni indipendenti e sprofondano di nuovo nel loro peccato».

Lo definisce peccato?
«Certo. È la conseguenza di un  complesso di inferiorità rispetto  alla propria mascolinità nel caso degli uomini o della propria femminilità  nel caso delle donne. Ma  è soprattutto una menzogna verso  se stessi. E il cattivo comportamento  sessuale che ne  deriva è peccato. E si  tratta di un sentire assolutamente  universale,  in tutte le società,  non soltanto  in quelle di tradizione giudeo-cristiana.  Anche nella cultura  cinese e in  quella africana  non è  considerato lecito. Ed è segno che il rifiuto  sociale dell’omosessualità deriva  dal senso comune».

Come mai in Occidente si fanno  tanti sforzi per rendere socialmente accettabile l’omosessualità, allora?
«È dagli anni Settanta che i movimenti gay hanno compreso che,  se si riesce a vendere l’idea dell’omosessualità innata, si può provocare un cambiamento sociale. Perciò cercano sempre nuove indicazioni che, puntualmente, dopo qualche anno sono smentite. Io le chiamo le “teorie della farfalla”, perché catturano l’attenzione dei media ma poco dopo muoiono».

Se i movimenti gay vogliono provocare  un cambiamento sociale, significa che hanno un progetto  politico?
«Sono il retroterra di un progetto più grande, come quello dei movimenti anti-famiglia e anti-natalista, che hanno ottenuto successi politici riuscendo per esempio a convincere gli Stati a sostenere i programmi di sterilizzazione. La normalizzazione dell’omosessualità si innesta in questa tendenza: se si riescono a crescere generazioni convinte che l’omosessualità sia accettabile, si avranno anche nuove risorse per combattere la guerra psicologica e di propaganda che condurrà a una drastica diminuzione del tasso di natalità. Da soli, i movimenti gay non avrebbero avuto la forza di affermarsi, perché non hanno il consenso della popolazione. Perciò cercano, e in parte vi sono riusciti, di deviare l’opinione pubblica con la loro propaganda».

Quali argomenti utilizza per contrastare quella propaganda?
«Semplicemente la diffusione di informazioni veritiere e la promozione di relazioni familiari e matrimoni migliori. Questo mi pare il momento buono. Nei Paesi Bassi si avverte già una saturazione crescente riguardo alla propaganda gay, un’ideologia che ha esagerato. Era molto più influente trent’anni fa, quando se ci si dichiarava omosessuali si era oggetto di una discriminazione positiva e si ottenevano i posti di lavoro migliori. Ora si assiste a una certa, lieve, controtendenza. Il ministro della Sanità olandese, pur essendo di sinistra, ha concesso sussidi triennali a gruppi di ex-gay che aiutano le persone a orientarsi nella direzione giusta. Potrebbe rappresentare un inizio per chi è davvero discriminato».

Chi intende?
«Coloro che soffrono da soli e in silenzio, quel 50 x cento di giovani che scoprono di avere quel tipo di sentimenti, ma non vogliono precipitare nella vita omosessuale. Vorrebbero cambiare, ma intorno a loro tutto sembra renderglielo impossibile, perché i gruppi militanti e i politici li discriminano».

Anche grazie alle leggi anti-discriminatorie? Pensa che restringano gli spazi della libertà di opinione?
«Certo che li restringono. Creano difficoltà concrete in alcune professioni per chi non accetta le parole d’ordine pro-gay. Ormai è come ai tempi del nazismo: chi era contro le leggi razziali veniva isolato».

 
Fonte: 15 marzo 2009






Adozioni gay: la celebre bocciatura di una ricerca ideologica

Adozioni gay al centro del dibattito politico - AFP

Adozioni gay al centro del dibattito politico - AFP

18/02/2016 

Unioni civili sempre in primo piano in Italia dopo il no dei Cinque Stelle al cosiddetto emendamento Canguro che ha portato ad un rinvio della discussione in Senato al prossimo mercoledì. “L’evidenza è che gli italiani sono contrari alla stepchild adoption” - commenta il Forum delle Famiglie - mentre il Comitato del Family Day rivendica il successo della piazza del 30 gennaio “nonostante gli inesistenti mezzi e la contrarietà di gran parte dei media”. “Inesatta e frettolosa, nei giorni scorsi, la notizia del “sì” unanime della scienza sulle adozioni gay”, spiega al microfono di Paolo Ondarza il neuropsichiatra infantile Giovanni Battista Camerini, docente di master presso le Università di Padova e Sapienza di Roma:

R. – Le prime ricerche sono state fatte dalla prof.ssa Charlotte Patterson in America, una psicologa lesbica, attivista, appartenente all’American Psychological Association, che ha pubblicato alcune ricerche su figli nati da coppie omo-genitoriali, soprattutto donne. Le ricerche sono state fatte attraverso questionari, compilati dai genitori di questi bambini che erano stati adottati da poco tempo. Le conclusioni di queste ricerche davano risultati incoraggianti, nel senso che non davano nessun segnale di disagio nei bambini adottati da coppie omogenitoriali. Queste ricerche poi sono state fortemente criticate; la stessa autrice ha dovuto ammettere alcuni vizi metodologici, perché era una campionatura raccolta non correttamente: nel senso che le famiglie che avevano compilato questi questionari potevano avere dato certe risposte per fornire un’immagine positiva. E inoltre mancava il gruppo di controllo.

D. – Cosa si intende per “gruppo di controllo”?

R. – Il “gruppo di controllo” significa confrontare una popolazione studiata con un’altra popolazione che non ha invece le stesse caratteristiche. Nella fattispecie, confrontare bambini nati in famiglie di coppie omo-genitoriali con bambini nati invece da coppie eterosessuali.

D. – E questa ricerca della prof.ssa Patterson che lei cita è quella che viene portata come esempio oggi da chi sostiene che non ci sono problemi per un bambino a crescere in una coppia omo-genitoriale?

R. – È essenzialmente questa. Devo dire che, successivamente, è stata fatta un’altra ricerca da un ricercatore dell’Università del Texas, Mark Regnerus, il quale ha preso in esame ragazzi già cresciuti in famiglie omo-genitoriali: cioè di età superiore. Una ricerca fatta metodologicamente su basi diverse, quindi con ragazzi più grandi e con il gruppo di controllo. I risultati in questo caso erano radicalmente diversi: c’era un tasso di comportamenti autolesivi molto superiore, un’incidenza di problematiche psichiatriche, anche gravi, nettamente superiori rispetto al gruppo di controllo.

D. – Va detto, per completezza di informazioni, che anche questo studio che lei cita, firmato da Regnerus, è contestato da chi sostiene la bontà dell’adozione per le coppie omosessuali…

R. – È stato contestato duramente dalla lobby gay americana, che ha chiesto addirittura il licenziamento di questo studioso. Al punto che il “New York Times” ha pensato di incaricare un gruppo di esperti metodologi, un gruppo di saggi, per valutare se questa ricerca fosse stata fatta correttamente dal punto di vista metodologico. Il gruppo di saggi ha concluso che questa ricerca è stata fatta in maniera metodologicamente assolutamente appropriata.

D. – I due studi che lei cita rappresentano un po’ quella che è la complessità della ricerca attorno a questi temi: quindi si può concludere che non c’è una parola definitiva al riguardo?

R. – Non c’è assolutamente. Quello che io dico non è per dire che abbia ragione l’uno o l’altro. Dico solo che la comunità scientifica non ha portato alcun dato certo a favore della beneficità di questa pratica; nessun dato certo nemmeno a favore della sua dannosità. Dico solo che non si può assolutamente affermare che la comunità scientifica sia concorde sul fatto che i figli, nati da adozioni omo-genitoriali, abbiano uno sviluppo assolutamente adeguato, e che gli indicatori di benessere siano assolutamente sovrapponibili ad altri tipi di adozione. Occorre dire anche un’altra cosa: ci sono alcuni elementi che non sono facilmente misurabili attraverso questionari. Per esempio, c’è da chiedersi – e questo è il grande punto interrogativo – quali possono essere le conseguenze di una desessualizzazione della funzione paterna: una funzione paterna che viene esercitata indipendentemente dall’appartenenza ad un genere definito e riconoscibile; e quali sono gli effetti che questa desessualizzazione della funzione paterna può avere sui processi di identificazione e sul sentimento di identità. Questi sono aspetti legati alla psicologia del profondo, difficilmente misurabili attraverso questionari, sui quali occorre porsi legittimamente degli interrogativi.

D. – Quando, secondo lei - e se mai sarà possibile - la scienza riuscirà a dare delle risposte?

R. – Ci vorrebbero intanto grandi numeri, lavori su ampia scala con gruppi di controllo, e soggetti seguiti soprattutto per anni, perché gli effetti di determinati percorsi di sviluppo si vedono nella tarda adolescenza, nella prima età adulta. È difficile registrarli in bambini che sono stati adottati soltanto da poco tempo. Sono effetti che si possono vedere a distanza di tempo.





....studi intrecciati interessanti che portano a delle conclusioni ALLARMANTI
facciamo osservare la drammaticità del finale, ossia, EFFETTI CHE SI POTRANNO REGISTRARE A DISTANZA DI TEMPO, oseremo aggiungere, quando per altro potrebbe essere troppo tardi per un RECUPERO identitario di questi bambini.....
Chi ama davvero sacrifica se stesso, ma non va a rovinare gli altri.... rinuncia ai suoi desideri e ai suoi sogni se questi rischiano di rovinare altre vite umane.... 
Un omosessuale che ha un poco di coscienza sana, non va a mettere in pericolo il FUTURO identitario di un innocente.... NON GLI TOGLIE LA MADRE - non gli toglie IL PADRE.... come nessuno glieli ha tolti a lui!






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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