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Testo ufficiale Riscoprire il Rito della Penitenza

Ultimo Aggiornamento: 28/01/2016 18:39
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28/01/2016 18:35
 
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Accoglienza del penitente

La rubrica n. 41 del Rito indica come il penitente debba essere accolto: «Quando il penitente si presenta per fare la sua confessione, il sacerdote lo accoglie con bontà e lo saluta con parole affabili e cordiali». Questa è la soglia che introduce nell’azione rituale. Il Rito della Penitenza si preoccupa che il ministro del sacramento, rappresentante di Cristo, faccia in modo che questo momento iniziale sia vissuto dal penitente nel modo più facile e fiducioso possibile. Tutti sappiamo quanto può essere difficile accostarsi alla confessione. Quando però si riesce a compiere il primo passo, la grazia è già all’opera. Per questo il sacerdote è chiamato a ricevere chi si presenta con lo stesso atteggiamento del padre del figliol prodigo, che corre incontro al figlio pentito appena lo vede da lontano. I sacerdoti devono prepararsi a svolgere questo ministero consapevoli di rappresentare Cristo che, in questa parabola, svela a noi il volto del Padre celeste che fa festa e si rallegra per chi ritorna a lui (cf. Lc 15,11-32). L’esordio del Rito della Penitenza ci aiuta a capire che Dio Padre celebra un “Giubileo” ogni volta che un peccatore si presenta per questo sacramento: «Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione» (Lc 15, 7).

Dopo essere stato accolto, il penitente si fa il segno della croce, dicendo: «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (RP 42). E’ un atto di fede distintivo del cristiano[11]. Questa apertura è importante per una ragione sia pratica che teologica. Tale familiare segno rituale, unito alle parole, sottolinea il momento in cui la liturgia ha davvero inizio. Anche nel suo coronamento mediante l’assoluzione sacramentale, sarà presente il segno della croce. La formula trinitaria mentre fa memoria del Battesimo, in cui siamo rinati alla vita divina, ci orienta alla celebrazione dell’Eucaristia, che conserva, accresce e rinnova in noi la vita di grazia. 

Questo momento rituale apre progressivamente a ciò che segue. Il sacerdote non deve semplicemente dire al penitente: “Ora dimmi i tuoi peccati”. Le sue parole di accoglienza dovrebbero invece stabilire subito un’atmosfera di profonda serietà, e al tempo stesso suscitare la fiducia in Dio. Il sacerdote dice: «Il Signore, che illumina con la fede i nostri cuori, ti dia una vera conoscenza dei tuoi peccati e della sua misericordia» (RP 42). Quanto forti e dolci risuoneranno tali parole nel cuore del penitente se il sacerdote le pronuncia con convinzione e dal profondo del cuore, cosciente del ministero che l’ordinazione lo ha abilitato a compiere!

Il paragrafo 42 contiene anche formule alternative per l’inizio rituale, tutte molto ricche di risonanze bibliche e teologicamente pregnanti. A tali formule, che in modo diverso ravvivano la fiducia nella misericordia di Dio offerta nel sacramento, ci si potrebbe ispirare nella predicazione e nella catechesi per invitare a celebrarlo con gioia, serietà e serenità. Pensiamo, ad esempio, all’impatto che ha sul penitente il sentirsi rivolgere dal sacerdote le parole del profeta Ezechiele: «Accostati con fiducia a Dio Padre: egli non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva» (cf. 33,11). Qui il sacerdote parla con l’autorità della parola di Dio e non semplicemente con sue parole di circostanza.

Lettura della Parola di Dio

Anche se la sacra Scrittura risuona già nelle differenti formule di invito alla confessione dei peccati, il rito continua con l’ascolto della parola di Dio. Benché nel Rituale ciò sia “ad libitum”, l’ometterlo dovrebbe avvenire solo in caso di vero impedimento. Nell’economia del Rito della Penitenza, la proclamazione della parola di Dio appare come un momento importante della celebrazione (cf. RP 17). I passi scritturistici offerti sono infatti caratterizzati da espressioni che annunciano la misericordia di Dio ed invitano alla conversione (cf. RP 43). Il Rituale suggerisce dodici passi biblici (cf.RP 43) e ancora letture alternative (cf. RP 67-167), ma si può ricorrere anche ad altri testi della sacra Scrittura che il sacerdote o il penitente ritengono adatti.

Nella forma rituale, la precedenza data all’ascolto della parola di Dio richiama il fatto che quanto viene proclamato si compie, qui e ora, nella celebrazione. Quanto viene annunciato è sperimentato dal penitente con assoluta novità e freschezza, perché la Parola risuona arricchita di nuovo significato, grazie al momento sacramentale che egli vive con fede. Il Giubileo della Misericordia è occasione propizia affinché sacerdoti e fedeli valorizzino davvero il ricorso alla parola di Dio. Nei singoli brani biblici proposti dal Rituale i sacerdoti potranno riscoprire la grandezza del ministero loro affidato e i penitenti  scorgere con stupore la luce che li guida all’incontro con Cristo nel sacramento.

Ad esempio, la scelta del brano di Ezechiele 11,19-20 (cf. RP 43), permette al penitente di sentire che proprio a lui è rivolto l’oracolo divino: «Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne…». Quando il penitente si rende conto che tale promessa è fatta proprio a lui, in questo momento, il suo cuore può aprirsi alla consolazione e alla fiducia e confessare i suoi peccati. Se è invece adottato il passo di Marco 1,14-15 (cf. RP 43), sia il sacerdote che il penitente, sperimentano che Cristo stesso è presente, qui e ora, per annunciare con forza a chi si confessa: «Il regno di Dio è vicino; convertiti e credi al vangelo». La risposta alla presenza di Cristo e alle sue parole sarà la confessione dei peccati. Oppure, con la scelta del passo di Luca 15,1-7 (cf. RP 43), il penitente dovrebbe comprendere che anche per lui Gesù si difende dalle accuse di mangiare con i peccatori. Infatti, nella celebrazione, Gesù sta accanto al penitente — un peccatore — e dichiara di voler ristabilire la comunione con lui, di ricercarlo come fa il pastore con la pecora smarrita. La parola di Dio non sta forse qui annunciando un Giubileo della Misericordia, dandoci il coraggio di confessare i nostri peccati con speranza e fiducia?

Confessione dei peccati e accettazione della soddisfazione

Il momento rituale successivo è una parte essenziale della celebrazione sacramentale: la confessione dei peccati da parte del penitente e l’accettazione di un atto di soddisfazione propostogli dal sacerdote (cf. RP 44). Meritano di essere sottolineati alcuni aspetti circa la valenza rituale della confessione e la forma che assume. Diversamente da altri momenti, qui non vengono indicati testi o parole da proferire, ma il penitente è chiamato a confessare i propri peccati. Ciò che ha ritualmente preceduto, soprattutto la proclamazione della parola di Dio, mostra che la confessione dei peccati non trae origine solo dall’iniziativa del penitente. In verità, si radica nella grazia di aver ascoltato la parola di Dio, col risultato di sentirsi mossi al pentimento e alla contrizione.

Anche se a questo momento non sono prescritti testi specifici, sono tuttavia le rubriche, redatte con cura, ad esprimerne il profondo significato teologico. Non si tratta semplicemente, da parte del penitente, di dire a voce alta un elenco di peccati che cade nel vuoto, come se non fosse presente nessuno. Ci si confessa davanti al sacerdote. Da parte sua, il sacerdote è esortato a entrare in profonda relazione con chi si confessa: «Il sacerdote aiuta, se necessario, il penitente a fare una confessione integra, gli rivolge consigli adatti» (RP 44). Questo passaggio continuo dal penitente al sacerdote, non è altro che la forma rituale che opera l’incontro del penitente con Cristo attraverso il sacerdote. Perciò il confessore viene invitato ad aiutare il penitente a cogliere il senso profondo di questo incontro: «Egli [il sacerdote] lo esorta [il penitente] alla contrizione dei suoi peccati, ricordandogli che per mezzo del sacramento della Penitenza il cristiano muore e risorge con Cristo, e viene così rinnovato nel mistero pasquale» (RP44). è un elemento teologico essenziale per comprendere correttamente il sacramento. Tutto ciò che in esso avviene si radica nel mistero pasquale. Il penitente viene rinnovato secondo l’originale modello del battesimo, dove muore con Cristo al peccato e risorge con lui a vita nuova.

è auspicabile che, aiutati dall’Anno giubilare, sia i sacerdoti che i penitenti possano celebrare questo sacramento con maggiore consapevolezza di quanto sia profondo questo incontro. Ricordiamo le forti parole di san Giovanni Paolo II nella sua prima enciclica Redemptor hominis«La Chiesa, osservando fedelmente la plurisecolare prassi del sacramento della Penitenza - la pratica della confessione individuale, unita all'atto personale di dolore e al proposito di correggersi e di soddisfare - difende il diritto particolare dell’anima umana. È il diritto ad un più personale incontro dell’uomo con Cristo crocifisso che perdona, con Cristo che dice, per mezzo del ministro del sacramento della Riconciliazione: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”; “Va’, e d’ora in poi non peccare più”» (n. 20). è inusuale e molto incisivo che il Papa definisca un “diritto” umano l’incontro tra penitente e sacerdote. Con questo si riferisce a qualcosa che sta nel profondo del cuore ferito dell’umanità peccatrice. Parlando del Redentore dell’uomo afferma che ogni persona desidera un incontro intenso, personale con Cristo, «con Cristo crocifisso che perdona». La struttura liturgica del sacramento intende dare forma a questo desiderio e soddisfarlo.

Dopo che il penitente ha confessato i propri peccati, «il sacerdote gli propone un esercizio penitenziale e il penitente l’accetta in soddisfazione dei suoi peccati e per l’emendamento della sua vita» (RP 44). In questo modo la rubrica sottolinea di nuovo il significato dell’intenso incontro e scambio tra sacerdote e penitente.  In tutto ciò che fa’, il sacerdote è spinto ad «adattarsi in tutto, sia nelle parole che nei consigli, alla condizione del penitente» (RP 44). Qui e ora, il penitente si incontra «con Cristo crocifisso che perdona», e che indica anche la strada per l’emendamento e un nuovo stile di vita.








Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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