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Consigli pratici per i diabetici e NON e soprattutto mantenere il buon umore

Ultimo Aggiornamento: 16/01/2020 21:48
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06/03/2016 10:01
 
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Calcolo BMI

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Il calcolo del BMI consiste nella divisione del peso di un soggetto, espresso in kg, per il quadrato della sua statura espressa in metri. In un individuo alto 175 cm e pesante 70 kg, il calcolo del BMI si basa dunque sulla seguente equazione:

BMI* = 70 / (1,75)2 = 22,9 kg/m2


Tratto da www.my-personaltrainer.it/calcolo-bmi.html




  Indice glicemico degli alimenti: i consigli per la spesa e in cucina

     

  Attenzione ai cibi light. Questi alimenti il più delle volte sono leggeri solo per quanto riguarda l’apporto di calorie e grassi. «Spesso, però, nascondono zuccheri aggiunti, o alimenti nocivi per il funzionamento naturale del pancreas, dell'insulina, anche per il fegato e la funzionalità renale», mette in guardia Galvano. 
Bisogna rassegnarsi davanti al fatto che quando l'organismo ha un problema, questo deve essere affrontato e non aggirato e questi alimenti, infatti, sono dei veri palliativi assai più dannosi delle volte perchè agiscono nell'organismo non preoccupandosi del problema che ci troviamo davanti. Questi alimenti ignorano il problema finendo per aggravarlo proprio perchè ignorato.




L'attenzione per la nostra salute inizia quando si fa la spesa e continua in cucina e questo indipendentemente dall'essere diabeteci o meno.
Ma come fare a garantirsi piatti e cibi con un indice glicemico basso?

Ecco i consigli degli esperti di OK

Per tenere sotto controllo la glicemia è importante conoscere l’indice glicemico degli alimenti: questo parametro, infatti, permette di capire quanto velocemente lo zucchero presente nei cibi sarà assorbito dall’organismo e di conseguenza quanto in fretta si alzerà la glicemia, cioè la concentrazione di glucosio nel sangue. Seguire una dieta con alimenti a basso indice glicemico è utile per chi soffre di diabete ma è anche una misura di prevenzione per tutti coloro che sono a rischio di svilupparlo, come chi è sedentario e sovrappeso. Quando si fa la spesa e si cucina è bene adottare alcuni semplici accorgimenti che garantiscono una riduzione dell’indice glicemico dei singoli alimenti o del pasto nel suo complesso. Eccoli.

I CONSIGLI PER LA SPESA

Integrale è meglio. Uno studio condotto dai nutrizionisti dell’Università del Massachusetts (negli Stati Uniti) ha rivelato che il consumo quotidiano di fibre, di cui i cereali integrali sono ricchi, permette di gestire al meglio l’insulino-resistenza, l’anticamera del diabete di tipo 2. «Durante la digestione», chiarisce Andrea Poli, presidente della Nutrition Foundation of Italy, «le fibre si legano transitoriamente al glucosio, rallentandone l’assimilazione e quindi la risposta glicemica».

Via libera ai legumi. «Fagioli, ceci e lenticchie rappresentano la fonte per eccellenza di carboidrati complessi a basso indice glicemico, grazie al loro elevato contenuto di fibre solubili e al loro amido ricco di amilosio», spiega Fabio Galvano, professore associato di scienze dietetiche applicate presso la facoltà di medicina dell’Università di Catania (puoi chiedergli un consulto qui), l'importante è che non vengano consumati lo stesso giorno. Se abbiamo per pranzo un piatto di spaghetti allora  fagioli, lenticchie o ceci teniamoli per la sera; l'abbinamento di minestra con i legumi è un supporto indicatissimo per questa dieta, l'importante è tenere sempre d'occhio le quantità.

Frutta poco zuccherina. Meglio evitare i frutti a maggior contenuto zuccherino (fragole, fichi, cachi, banane, uva, ecc...) e, per tenere basso l’indice glicemico, preferire quelli non troppo maturi. «L’indice glicemico, infatti, è minore nella frutta un po’ acerba», dice Mariangela Rondanelli, responsabile dell’ambulatorio di endocrinologia e dietologia dell’Istituto di riabilitazione e cura Santa Margherita di Pavia


  Niente restrizioni severe, quindi, anche per chi ha il diabete.
Ma solo l’accortezza di 
seguire una dieta sana e variata, con un occhio di riguardo all’indice glicemico dei vari alimenti.
Questo parametro, infatti, permette di capire 
quanto velocemente lo zucchero presente nei cibi sarà assorbito dall’organismo e di conseguenza quanto in fretta si alzerà la glicemia, cioè la concentrazione di glucosio nel sangue.
«Si potrebbe immaginare che la risposta del nostro corpo sia uguale ingerendo 100 grammi di pane o di pizza, perché sono entrambi carboidrati, invece non è così», rivela Agostino Consoli, professore ordinario di endocrinologia all’Università di Chieti.
«Per una serie di cause metaboliche, ancora non completamente chiarite, alcuni alimenti fanno impennare la glicemia più di altri» e non tutti gli organismi reagiscono allo stesso modo.
Non solo. «Nel tempo diversi studi hanno evidenziato come 
le cotture, la maturazione e gli abbinamenti tra i cibi possano variare a loro volta l’assorbimento degli zuccheri», spiega Mariangela Rondanelli, responsabile dell’ambulatorio di endocrinologia e dietologia dell’Istituto di riabilitazione e cura Santa Margherita di Pavia.

Quindi tenere sotto controllo la glicemia tramite una dieta a basso indice glicemico, però, non è una strategia a esclusivo appannaggio dei diabetici, ma si sta rivelando un investimento per la salute di ogni persona. 
«L’aumento rapido dei livelli di zucchero nel sangue fa secernere dal pancreas elevate quantità di insulina, l’ormone che permette alle cellule di utilizzare come fonte energetica il glucosio», spiega Andrea Poli, presidente della Nutrition Foundation of Italy e tra gli estensori del documento di consenso internazionale. «Questa rapida conversione in energia produce una grande quantità di scorie, conosciute come radicali liberi, e crea uno stato di micro-infiammazione, che a sua volta facilita la comparsa di numerose malattie degenerative, come l’arteriosclerosi».

Studi in corso presso Università Cattolica e Policlinico Gemelli di Roma confermerebbero che una dieta ad alto indice glicemico può causare una condizione di parziale inattivazione dell’insulina. «La conseguenza è un incremento del rischio di diabete, insulino-resistenza e obesità», spiega Andrea Giaccari, dirigente medico dell’unità di endocrinologia e malattie del metabolismo al Gemelli (puoi chiedergli un consulto qui). «Da risultati preliminari sembra inoltre che le persone che seguono una dieta ad alto indice glicemico abbiano anche piccoli e iniziali deficit cognitivi».
E ancora, il documento di consenso internazionale segnala come regimi a indice glicemico basso riducano il rischio di malattie coronariche.
Infatti, argomenta Consoli: «L’escursione glicemica può peggiorare la vasodilatazione e creare condizione di rischio per chi soffre di problemi vascolari». Aggiunge Rondanelli: «Un eccesso di insulina è correlata all’incremento dei depositi adiposi e potrebbe addirittura aumentare il rischio dell’insorgenza del cancro».

  Quindi abbiamo una situazione che è la seguente: immaginando un gruppo di persone con lo stesso sviluppo di un alto indice glicemico, non si da affatto per scontato che tutto il gruppo sfoci in diabete.
Alcuni del gruppo, o forse uno solo, avrà il diabete conclamato e dovrà fare ricorso all'insulina, mentre gli altri potrebbero avere un infarto, gravi problemi vascolari, allergie, problemi respiratori (asma, bronchiti frequenti), decadimento delle facoltà cognitive, ecc... ma non fare ricorso necessariamente all'insulina.
Il punto fondamentale per ognuno è che il supporto dell'insulina e il lavoro del pancreas non è un problema che riguarda "solo" il diabete-l'insulina, ma porta con se tutta una serie di problemi di cui oggi, soprattutto, l'uomo soffre di più e.... forse perchè sottovaluta quanto sia importante sapere come ci si debba nutrire.


Ma come si calcola l’indice glicemico? «In laboratorio l’indice glicemico viene calcolato somministrando 50 grammi di carboidrati contenuti nell’alimento da testare (come pasta o patate) e valutando la risposta glicemica in rapporto ad alimenti di riferimento quale il glucosio o il pane bianco», spiega Fabio Galvano, professore associato di scienze dietetiche applicate presso la facoltà di medicina dell’Università di Catania (puoi chiedergli un consulto qui). «Più i carboidrati rilasciano lentamente gli zuccheri, più basso sarà il loro indice glicemico».
Nella realtà, però, non è così semplice calcolare con precisione quando vengono assimilati 50 grammi di carboidrati di quel dato cibo, poiché tutti gli alimenti hanno una composizione chimica complessa. Per questo, al momento di applicare alla dieta l’indice glicemico, i nutrizionisti hanno introdotto anche il concetto di carico glicemico. «È un parametro che prende in considerazione la qualità del carboidrato (cioè l’indice glicemico), in rapporto alla quantità di carboidrati effettivamente presente nell’alimento consumato», chiarisce Poli. Se le misurazioni scientifiche non sono certo alla portata di tutti, ben più semplice è, quando si fa la spesa e si cucina, adottare alcuni semplici accorgimenti che garantiscono una riduzione dell’indice glicemico dei singoli alimenti o del pasto nel suo complesso.


I CONSIGLI AI FORNELLI

  Pasta sempre al dente. «È stato dimostrato come l’indice glicemico tenda a crescere di pari passo con il tempo di cottura della pasta», spiega Rondanelli. Meglio quindi scolare bucatini e rigatoni al dente, non solo per il gusto.

Meglio gli spaghetti delle penne. I formati corti, come fusilli e penne, hanno un indice glicemico maggiore degli spaghetti. Il motivo? «Non è ancora del tutto chiaro», risponde Poli. «Probabilmente la particolare lavorazione della pasta lunga favorisce la cristallizzazione dell’amido, che si traduce in tempi di digestione e di conseguenza di assimilazione più lunghi».

Olio extravergine a crudo. Per condire è preferibile l’olio extravergine d’oliva a crudo. È il più sano tra i condimenti e riesce ad abbassare l’indice glicemico complessivo del pasto, come tutti i grassi. «Nonostante abbia un apporto calorico notevole l’olio di oliva extravergine non è mai da eliminare da nessun regime dietetico», spiega Consoli.

Le virtù dell’aceto. Un’équipe di studiosi dell’Università di Atene è riuscita a misurare la capacità dell’aceto di ridurre i livelli di zucchero nel sangue, soprattutto se consumato in associazione ai cibi a più alto indice glicemico, come patate, zucca oppure pane. Parliamo naturalmente dell'aceto naturale bianco, non di quelli elaborati che solitamente sono zuccherini.

Dolci solo a fine pasto. Una porzione di dolce ogni tanto è concessa, ma sempre a fine pasto. «In questo modo l’assorbimento è rallentato dalla presenza degli altri nutrienti nel pasto», spiega Rondanelli.
  Come addolcire thè o caffè? Meglio lo zucchero raffinato o grezzo?
La risposta è: non c’è differenza.
Anche se in molti ritengono che lo zucchero di canna sia più sano, in realtà la struttura chimica e le calorie sono identiche a quello bianco. Entrambi sono ottenuti dalle barbabietole o dalla canna da zucchero, ma in quello grezzo rimangono piccole quantità di residui (melassa). Per il resto, sono identici. 
È vero, invece, che il grezzo contiene minerali come calcio, potassio, ferro che non ci sono nello zucchero bianco, ma le quantità presenti in uno o due cucchiaini, rispettando i suggerimenti degli specialisti, sono così ridotte da non apportare nessun beneficio reale.

Thè e caffè meglio amari. Lo zucchero e il miele, dunque, hanno un indice glicemico molto alto. Meglio non esagerare. Per lo stesso motivo sono da ridurre i soft drink zuccherini e assolutamente da evitare sono i succhi di frutta e le merendine, ricchi di carboidrati rapidamente assorbibili.

Pane abbrustolito. Il pane è da limitare, ma non da eliminare del tutto, specie quello integrale. Un trucco per contenere l’indice glicemico è abbrustolire le fette o mangiare le pagnotte rafferme. Il solito esempio ma sempre utile: se mangiamo pasta a pranzo o a cena evitiamo, in quel pasto, il pane e le patate e accontentiamoci dei grissini.

I vantaggi dei piatti freddi. Meglio un’insalata di riso che un risotto fumante. Pasta, riso o patate, se mangiati freddi, hanno un indice glicemico ridotto grazie alla cosiddetta retrogradazione degli amidi cotti. «Quando si raffreddano, le catene molecolari che formano gli amidi tendono a riavvolgersi su se stesse ritornando, in parte, allo stadio che precede la cottura», spiega Poli. «Per questo gli enzimi digestivi faticano maggiormente ad attaccarli e digerirli».

  Occhio agli abbinamenti. «Qualunque ricetta che aggiunga alimenti ricchi di fibre ai carboidrati riduce l’indice glicemico complessivo del pasto», sottolinea Galvano. «E aggiungere proteine o grassi ai carboidrati lo tiene sotto controllo, anche se può aumentare la risposta insulinica complessiva e/o le calorie del pasto».
Sono da privilegiare quindi le ricette che associano le verdure, i legumi o il pesce a pasta, patate e riso. Qualche idea? L’insalata dopo la pizza (ottima la rucola), la pasta con i legumi o con il ragù.

E gli insaccati? Ci dispiace ma tutti gli insaccati (salami e affettati) vanno assolutamente cancellati dalla dieta. Senza dubbio non ci riferiamo all'eccezione del classico "assaggino" occasionale, ma deve rimanere, appunto, un "assaggino occasionale" e non un pasto giornaliero o settimanale a base di affettati-insaccati! 
  Il würstel è un insaccato sul quale i nutrizionalisti si dividono. Ci sono quelli che sembrano essere più clementi e quelli più intransigenti. Resta chiaro che il würstel è di fatto l'alterego centro-europeo delle salsicce italiane, tant'è che la traduzione letteraria del termine "würstel" significa proprio "salsicciotto".
In America il successo del würstel (l'hot-dog) di pollo e tacchino, nasce proprio come "sostituto" del suino, illudendosi forse, così, di vincere il problema dell'obesità, dei grassi saturi, del colesterolo, delle placche aterosclerotiche, delle coronaropatie, ictus e quant'altro...
Diciamo più chiaramente che il problema del  wurstel e di altri insaccati, come anche per alcune carni in scatola, non è un problema solo di diabete, ma di salute in generale e ti consigliamo di leggere qui alcuni riferimenti alla Santità mondiale.
Va da se, allora, che una volta ogni tanto, ma proprio raramente, anche questi insaccati si possono mangiare ma evitate sempre le fritture.

Esattamente: per i fritti e il burro?
Ecco, assolutamente abolito il burro che non va sostituito con la margarina, è un palliativo ugualmente dannoso. Va detto che il danno sta nel burro fuso, scaldato a certe temperature, o anche sciolto a temparatura ambiente, anche lo strutto è vietato. L'unico condimento salutare è l'olio extra vergine d'oliva ma mai cotto-soffritto
Il problema del fritto sta nel.... fritto durante il quale si scatena una vera battaglia o tempesta, trasformazioni chimico-fisiche che avvengono nel mezzo di cottura, alle complesse interazioni tra olio e alimento da friggere...
Dobbiamo tenere presente che dal punto di vista salutistico gli acidi grassi saturi sono dannosi per l’insorgenza di malattie cardiovascolari; è consigliabile quindi scegliere per friggere oli ricchi in monoinsaturi come l’extra vergine, l’oliva, il girasole, fritture veloci e mai prolungate e sempre con olio nuovo. Cliccando qui troverete altri consigli




Di Lucia Panagini tratto da OK Salute e benessere luglio 2015





[Modificato da Caterina63 17/03/2016 14:39]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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