A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
Nuova Discussione
Rispondi
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Per ascoltare e rileggere Benedetto

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2018 14:53
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 39.987
Sesso: Femminile
08/11/2017 11:08
 
Email
 
Scheda Utente
 
Quota





UNA SINTESI DEL PONTIFICATO DI BENEDETTO XVI, DA DISCUTERE E APPROFONDIRE

In questi giorni si leggono molti bilanci del pontificato di Benedetto XVI. Alcuni parlano di un Papa debole che non ha saputo risolvere molti problemi della Chiesa. Qui proviamo a ricordare alcune delle azioni del Papa dimissionario, senza pretendere di essere esaustivi

Lo scandalo della pedofilia

  • Già nella Pasqua del 2005, durante la via Crucis, il Card. Ratzinger aveva denunciato “la sporcizia che c’è nella Chiesa”.
  • Il 17 aprile 2008, durante il viaggio negli Stati Uniti, volle incontrare le vittime dei preti pedofili. Incontri simili ebbe con le vittime in Australia (2008), a Malta (2010), in Inghilterra (2010).
  • Nella Lettera agli irlandesi (l’Irlanda è il paese in cui si è verificato il più alto numero di casi) ha scritto: «Non posso che condividere lo sgomento e il senso di tradimento che molti di voi hanno sperimentato al venire a conoscenza di questi atti peccaminosi e criminali e del modo in cui le autorità della Chiesa in Irlanda li hanno affrontati... Da parte mia, considerando la gravità di queste colpe e la risposta spesso inadeguata ad esse riservata da parte delle autorità ecclesiastiche nel vostro Paese, ho deciso di scrivere questa Lettera Pastorale per esprimere la mia vicinanza a voi, e per proporvi un cammino di guarigione, di rinnovamento e di riparazione».
  • Il 15 luglio 2010 Benedetto XVI approvava alcune modifiche alle norme del documento De delictis gravioribus contro la pedofilia, con le quali rendeva più efficaci le procedure giudiziarie per i casi di abuso e sottolineava l’importanza di “dare sempre seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte".
  • Il 16 maggio 2011 è stata pubblicata una Lettera Circolare che dava Linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti di minori da parte di chierici, evidenziando che il Vescovo diocesano ha il dovere di dare una risposta adeguata ai casi eventuali di abuso sessuale su minori.
    Per ulteriori dati su tutta la questione vedi qui.

A proposito di governo
Un dato interessante è il numero di vescovi dimissionari durante il pontificato di Benedetto XVI, nonostante non se ne sia parlato molto, Vatican Insider ha segnalato che dall’aprile del 2005 a oggi sono stati allontanati dal Papa, attraverso le modalità previste, 77 vescovi considerati poco adeguati.

Trasparenza finanziaria

  • Quando esplose la polemica sulla mancata trasparenza finanziaria dello Stato Vaticano, il 30 dicembre 2010 Benedetto XVI ha promulgato la legge 127 che ha sottoposto tutti al "rispetto degli obblighi di prevenzione in materia di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo", ha costituito l’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF), incaricata di effettuare controlli sul rispetto degli obblighi previsti e stabilire, in caso di violazione, sanzioni amministrative pecuniarie e altre misure volte a garantire trasparenza. Dopo solo un anno, il 25 gennaio 2012, su richiesta dei Commissari Moneyval la Santa Sede ha rimesso mano alla legge 127 apportando modifiche. Nel luglio 2012 il Moneyval ha valutato positivamente 9 delle 16 raccomandazioni europee contro il riciclaggio, realizzate dal Vaticano, una promozione anche se con riserva.

  • Il 25 gennaio 2012 la Santa Sede ha ratificato tre trattati internazionali: ha aderito alla Convenzione Internazionale per la repressione del finanziamento al terrorismo (ONU, New York 1999) e alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale (Palermo 2000), e ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito dei narcotici e delle sostanze psicotrope (Vienna 1988), che aveva già firmato nello stesso anno in cui venne adottata (come si legge nel comunicato distribuito dalla Sala Stampa della Santa Sede).
    Di questo tema abbiamo già parlato qui.

La questione dei lefebvriani
Il 21 gennaio 2009 Benedetto XVI ha firmato un decreto con cui revocava la scomunica a Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta, i quattro sacerdoti “tradizionalisti” che nel 1988 furono ordinati vescovi, con gesto intrinsecamente scismatico, da mons. Marcel Lefebvre (1905-1991), fondatore e superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Ritirando la scomunica il Papa ha iniziato un tentativo coraggioso di sanare una ferita grave che da tempo affligge la Chiesa Cattolica. Il pontefice ha infatti annullato la più grave condanna che possa colpire un cattolico. Il Papa presentò un preambolo dottrinale con una proposta per il ritorno della Fraternità sacerdotale di San Pio X alla Chiesa cattolica. 

In quel frangente esplose il caso Williamson, uno dei 4 vescovi lefebvriani riabilitati, che in un’intervista aveva negato l’esistenza delle camere a gas e la morte di milioni di ebrei, caso che sollevò un’ondata di critiche sulla Chiesa cattolica dal mondo ebraico e non solo. Allora Benedetto XVI scrisse una coraggiosa lettera per chiarire i fatti e ribadire l’assoluta solidarietà tra il mondo ebraico e la Chiesa.

Dopo ulteriori passaggi non si è ancora arrivati a una soluzione definitiva, perché la Fraternità Sacerdotale di San Pio X non ha ancora risposto all'ultima proposta presentata dalla Santa Sede il 20 gennaio 2013.

Il ritorno degli anglicani
Il 4 novembre 2009 Benedetto XVI ha firmato la storica Costituzione apostolica Anglicanorum coetibus con la quale permetteva di accogliere nella Chiesa cattolica gli anglicani che, trovandosi in posizioni ormai lontane dalla Chiesa di Inghilterra, volessero tornare alla comunione con Roma. I gruppi di anglicani potevano mantenere le loro peculiarità liturgiche e i loro pastori anglicani sposati, che – rimanendo sposati – sarebbero stati ordinati come sacerdoti cattolici, anche se solo i celibi sarebbero potuti diventare vescovi. Dal 2009 a oggi sono stati eretti tre ordinariati personali: l'Ordinariato personale di Nostra Signora di Walsingham per il territorio della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, l'Ordinariato personale della cattedra di San Pietro per il territorio degli Stati Uniti e l'Ordinariato personale di Nostra Signora della Croce del Sud per il territorio dell'Australia.

Dialogo con altre religioni e atei 

  • Papa Ratzinger ha sempre suscitato ammirazione e stima in esponenti di altre religioni e in intellettuali laici di varia estrazione politica. Un caso significativo è quello del manifesto di quelli che si sono chiamati “marxisti ratzingeriani” che indicava ai politici un confronto speciale su due temi cari al Papa: il rifiuto del “relativismo etico” e il concetto di “valori non negoziabili”
  • Con il mondo ebraico ha sempre mantenuto un rapporto di grande fiducia, come dimostrano le dichiarazioni di molti rabbini di tutto il mondo (vedi per esempio qui), il viaggio in Israelenel maggio 2009, o la visita alla sinagoga di Roma nel 2010.
  • I contatti con la comunità islamica sono stati cordiali nel corso degli anni, fin dalla storica visita alla Moschea Blu durante il viaggio a Istanbul nel novembre 2006, o durante il viaggio in Terra Santa del 2009.

Rivitalizzazione della fede
Molti hanno detto che Benedetto XVI non è stato capace di parlare ai giovani come ha fatto Giovanni Paolo II. In realtà l’ultima Giornata mondiale della gioventù, nell’agosto del 2011, ha mostrato il contrario. In quella occasione, come ha notato Magister, l'età media dei persenti era molto bassa, circa 22 anni: questo significa che molti di essi vi partecipavano per la prima volta e che quindi il loro Papa è Benedetto XVI, non Giovanni Paolo II, che hanno conosciuto solo da bambini. A questi giovani pieni di domande un Papa come Benedetto XVI ha offerto risposte semplici eppure potentemente impegnative e attrattive.

Un altro dato interessante è il numero dei fedeli presenti alle udienze del mercoledì che nel corso degli anni è andato aumentando, superando il numero di partecipanti alle udienze di Giovanni Paolo II.




Perché siamo ancora nella Chiesa - J. Ratzinger/BenedettoXVI (2008)

 
Una metafora per la natura della Chiesa

 “Una Chiesa che venga considerata solo dal punto di vista politico, cioè contro tutta la sua storia e la sua natura, non ha alcun senso e la decisione di rimanere in essa, se è una decisione esclusivamente politica, non è leale anche se si presenta come tale.
 
Ma di fronte alla situazione attuale, come si può giustificare la permanenza nella Chiesa? In altri termini: se vuole avere senso, la scelta a favore della Chiesa deve essere di carattere spirituale – ma come si può motivare una simile scelta spirituale? Vorrei dare una prima risposta di nuovo con un paragone e con il ricorso a un’affermazione fatta in precedenza per descrivere la situazione attuale.
Avevamo detto che noi, con la nostra analisi approfondita della Chiesa, siamo arrivati talmente vicino a essa che non riusciamo più a percepirla nel suo complesso.

Questo pensiero si può approfondire ricorrendo a un’immagine che i Padri della Chiesa scoprirono nella loro meditazione simbolica sul mondo e sulla Chiesa. Essi spiegarono che nella struttura del cosmo materiale il ruolo della luna è una metafora di ciò che la Chiesa rappresenta per la realizzazione della salvezza nel cosmo spirituale-religioso. Viene ripreso qui un antichissimo simbolismo della storia delle religioni (i Padri non hanno mai parlato di "teologia delle religioni", ma l’hanno attuata), in cui la luna, come simbolo tanto della fertilità e della fragilità, della morte e della caducità, quanto anche della speranza nella rinascita e nella resurrezione, era l’immagine dell’esistenza umana, "patetica e insieme consolatrice".

Il simbolismo lunare e quello terrestre si fondono spesso: la luna, nella sua fugacità e nella sua rinascita, rappresenta il mondo dell’uomo, il mondo terreno, questo mondo che è limitato dal bisogno di ricevere e che ottiene la propria fertilità non da se stesso, ma da qualche altra parte, dal sole.
In questo modo il simbolismo lunare diventa anche il simbolo dell’essere umano, così come esso si manifesta nella donna, che concepisce ed è fertile in forza del seme che riceve. I Padri applicarono il simbolismo lunare alla Chiesa soprattutto per due motivi: per la relazione luna-donna (madre) e per il fatto che la luce della luna non è luce propria, ma luce del sole, senza il quale essa sarebbe solo oscurità; la luna risplende, ma la sua luce non è sua, bensì di qualcun altro. Essa è buio e luce allo stesso tempo. In se stessa è oscurità, ma dona luminosità in virtù di un altro, di cui riflette la luce. Proprio per questo essa rispecchia la Chiesa, che illumina pur essendo essa stessa buio; non è luminosa in virtù della propria luce, ma riceve quella del vero sole, Gesù Cristo, cosicché – sebbene essa stessa sia solo terra (anche la luna non è che un’altra terra) – è tuttavia in grado di illuminare la notte della nostra lontananza da Dio - la luna narra il mistero di Cristo.
 
Non si devono forzare i simboli; ciò che hanno di prezioso consiste proprio in una ricchezza di immagini che si sottrae agli schematismi logici. Tuttavia oggi, nell’epoca del viaggio sulla luna, si impone un ampliamento del paragone, con il quale si metta in evidenza, confrontando il pensiero fisico e quello simbolico, lo specifico della nostra situazione anche rispetto alla realtà della Chiesa.
L’astronauta e la sonda lunare scoprono la luna solo come roccia, deserto, sabbia, montagne, ma non come luce. E in effetti essa è in se stessa soltanto questo: deserto, sabbia, roccia. Tuttavia, per merito di altri e in funzione di altri ancora, essa è anche luce e rimane tale anche nell’epoca dei viaggi nello spazio. E’ quindi ciò che non è in se stessa.
 
L’altro, ciò che non è suo, fa comunque parte anche della sua realtà. Esiste una verità della fisica e una verità poetico-simbolica e l’una non annulla l’altra. Allora chiedo: questa non è forse un’immagine molto precisa della Chiesa?
 
Chi la esplora e la percorre con la sonda spaziale, può scoprire solo deserto, sabbia, roccia, le debolezze dell’uomo, i deserti, la polvere e le altezze della sua storia. Tutto ciò le appartiene, ma non rappresenta la sua effettiva realtà.

L’elemento decisivo è che essa, benché sia solo sabbia e sassi, è di certo anche luce in virtù di un altro, del Signore: ciò che non è suo, è veramente suo, la sua effettiva natura, anzi, la sua natura consiste nel fatto che essa non vale per ciò che è, bensì solo per ciò che non è suo. Essa esiste in qualcosa che è al di fuori di essa e ha una luce che, pur non essendo sua, costituisce tutta la sua essenza. Essa è "luna" -mysterium lunae – e così riguarda i credenti, perché proprio così essa è il luogo di una costante scelta spirituale.
 
Poiché il significato espresso in quest’immagine mi sembra di importanza decisiva, prima di tradurlo dal linguaggio metaforico in affermazioni oggettive, vorrei chiarirlo meglio con un’altra osservazione.
 
Dopo la traduzione in tedesco della liturgia, secondo l’ultima riforma, mi si presentava continuamente una difficoltà linguistica nel recitare un testo, che appartiene proprio a questo stesso contesto e che è sintomatico per ciò di cui si tratta qui.
 
Nella traduzione tedesca del Suscipiat si dice: il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio "per il bene nostro e di tutta la Sua santa Chiesa".
A me veniva sempre spontaneo dire: "E di tutta la nostra santa Chiesa".
 
In questa difficoltà linguistica viene alla luce tutta la problematica che stiamo trattando e diventa chiaro il fatto che siamo incorsi in una deviazione di prospettiva.
 
Al posto della Sua Chiesa è subentrata la nostra e con essa le molte chiese: ognuno ha la propria.
Le chiese sono diventate nostre imprese, di cui siamo orgogliosi o ci vergogniamo, tante piccole proprietà private che stanno una accanto all’altra, chiese soltanto "nostre" che noi stessi costruiamo, che sono opera e proprietà nostra, e che noi vogliamo trasformare o conservare come tali.
Dietro alla "nostra Chiesa" o anche alla "vostra Chiesa" è scomparsa la "Sua Chiesa".
 
Ma solo quest’ultima interessa e se non esiste più anche la "nostra" Chiesa deve abdicare.
Se fosse soltanto nostra, la Chiesa sarebbe solo un inutile gioco da bambini.
(Joseph Ratzinger, “Perché siamo ancora nella Chiesa", Rizzoli 2008)




Senza la rinuncia di Benedetto XVI non si capirebbe Francesco (e la relazione di
Kasper)

 

Quando si maneggia la storia della Chiesa, un'avvertenza simile fu espressa dal grande storico del papato Ludwig von Pastor, occorre essere consapevoli di farlo come se si trattasse di materiale dinamitardo.

Come la dinamite, può scoppiarti fra le mani quando meno te l'aspetti. Soprattutto se si mettono in atto operazioni eversive.

Il dibattito aperto e sviluppato dal Foglio sull'importante, anche perché contestata, relazione del cardinale Walter Kasper, che costituisce la base per la preparazione del Concistoro sulla famiglia e il matrimonio previsto per il prossimo anno, potrebbe schiudere un confronto scevro da pregiudizi pur rigoroso nell'analisi, avvalendosi in primo luogo di paradigmi epistemologici propri delle scienze cosiddette profane e che tuttavia possono tornare utili al pensiero della tradizione teologica, in particolare cattolica.

Cosa intendo dire con questo sermoncino? E' presto detto. Non ci sarebbe stato il pontificato francescano del gesuita Jorge Mario Bergoglio senza l'epocale rinuncia di Benedetto XVI. Bella scoperta, obietterà qualcuno. Soffermiamoci allora sulla storica (e coraggiosa) rinuncia al soglio di Pietro di Benedetto XVI. Si è scritto e detto che essa è differente da quella, a tutti nota, operata da Celestino V sette secoli prima. E' proprio così? La risposta può essere affermativa e al contempo negativa. Di diverso c'è il contesto storico: allora la teocrazia, anzi la ierocrazia spadroneggiava, nonostante la riforma gregoriana proprio in quegli anni avrebbe costituito, secondo la nota tesi dello studioso statunitense Harold Berman, il prodromo per la nascita degli stati moderni;sul piano culturale a farla da padrona era la teologia, che soprattutto nelle università di Parigi e di Bologna avrebbe delineato il solco da far percorrere alle scienze applicate e al diritto.

Cosa c'è invece di simile fra la rinuncia di Pietro da Morrone e di Joseph Ratzinger? Molto.Le similitudini inoltre fra l'una e l'altra rinuncia non possono non riflettersi anche sul dibattito in corso riguardo alle problematiche sollevate dalla relazione del cardinale Kasper, che toccano sia la sfera teologica ( e filosofica) sia la sfera giuridica: da questa endiadi occorrerebbe che gli  esperti (o presunti tali) non si allontanassero, cosa che fanno quando evidenziano solo ora l'una oral'altra.

Torniamo alle due rinunce. Allorché Celestino V decide di abdicare al trono papale, il gesto provoca due situazioni nella vita della Chiesa importantissime. La prima: la rinuncia di Celestino rivaluta la dimensione conciliare (e sinodale) della Chiesa. Sul piano giuridico le tesi del domenicano Jean Quidort e di Giovanni d'Andrea, entrambi canonisti, che intendono introdurre il principio consensualistico nelle decisioni della Chiesa, a cominciare dalla rinuncia papale che deve essere sottoposta al consensus del collegio cardinalizio ovvero se non addirittura del popolo, aprono la strada alla flessione dell'ideale ierocratico sottesa alla plenitudo potestatis papale a vantaggio di istanze cosiddette conciliariste (e sinodali). La seconda: gli effetti della rinuncia di Celestino si fanno sentire sul piano ecclesiologico e spirituale. Lo spiega molto bene lo storico del diritto Valerio Gigliotti nell'importante libro La tiara deposta (Olschki editore): “Con il suo gesto e il supporto teorico che ne derivò, l'ecclesiologia subirà una profonda evoluzione, già peraltro avviata dalla disputa di metà Duecento tra Mendicanti e Secolari che aveva indotto a valorizzare la vita monastica e spirituale, su modello soprattutto francescano, accanto a quella esclusivamente giuridica. Celestino V, nel pieno sviluppo del papato teocratico, diviene icona stessa della rinuncia al potere, di un abbandono della secularis potestas in favore della vita contemplativa”.

L'irruzione, dopo sette secoli dalla morroniana, della renuntiatio ratzingeriana ci fa comprendere oltre alla subordinazione della potestas al servitium anche la derivazione patristica del gesto epocale compiuto dal Pontefice tedesco: sulla scia di Bernardo da Chiaravalle, Benedetto XVI sostanzia l'ufficio papale in ministerium piuttosto che in dominium. Rileva ancora Gigliotti che si tratta di “un gesto totale, oblativo, quasi uno scuotimento (una kenosis) interiore che ha precedenti illustri nella tradizione ascetica e mistica occidentale, da Meister Echart al Sandaeus e nella stessa renuntiatio alla guida dell'Ordine di san Francesco d'Assisi”.

Con la rinuncia di Benedetto XVI si viene a creare una similitudine con la Chiesa di Celestino: lo sviluppo sinodale nella sua (ri)organizzazione. L'ottagono cardinalizio voluto da papa Francesco per riformare la struttura della Chiesa ne è la conferma. Questo sul piano giuridico. E sul piano teologico-dottrinale?

Sebbene Ratzinger sia stato in un certo senso il braccio teologico del pontificato di Wojtyla (così come Agostino Casaroli è stato il braccio politico-diplomatico, ineguagliato per capacità di visione geopolitica), a mio avviso sarebbe errato mettere nello stesso calderone gli approcci alle questioni teologiche del Papa polacco con quelle del Papa tedesco, in base al convincimento che i due grandi Pontefici condividessero la medesima idea sul ruolo del cristianesimo nel mondo secolarizzato.

La prova ci è fornita proprio dalla delicatissima questione della rinuncia papale. E il direttore del Foglio, che fu il primo (insieme con Antonio Socci) a ipotizzare ben un anno prima la rinuncia papale di Benedetto XVI, può intuirne la ricaduta generale riguardo anche al dibattito sollevato dalla relazione di Kasper.

Giovanni Paolo II incaricò il canonista cardinale Vincenzo Fagiolo per trovare la ratio giuridicoteologica al convincimento di Wojtyla:“Non c'è posto nella Chiesa per un papa emerito”. Fagiolo assolse il compito, ed è importante leggerne l'impianto argomentativo per scorgervi un curioso uso (diciamo politico?) del messaggio evangelico. Per avvalorare quindi il convincimento wojtyliano

Fagiolo sostenne quanto segue nella sua relazione presentata al Papa per iscritto, da leggere con attenzione parola per parola: “Le dimissioni nel 294 di Celestino V non possono da sole costituire un argomento che spiega con il fatto l'intero problema, che prima ancora d'essere d'ordine morale, è teologico e di diritto costituzionale. La societas fidelium, da Cristo fondata per un fine specifico, che coinvolge per il tempo e l'eternità l'intero popolo di Dio con la sua vocazione soprannaturale, ha una qualificazione giuridica che affonda le sue radici nella teologia e che pertanto considera l'uomo divenuto cristiano con il battesimo non nella sola sfera dei diritti puramente umani ma anche nell'ambito della vita e della missione della stessa Chiesa, al vertice della quale c'è il papa, quale vicario di Cristo con poteri che Cristo stesso gli ha conferito e che sono di natura soprannaturale. Il papa quindi non riceve la potestas dal basso ed i suoi poteri sono strettamente legati alla missione che proviene da Cristo. Il rapporto quindi, prima di essere tra lui Superiore e i sudditi membri della Chiesa, è tra lui e Cristo, dal quale discende e viene conferito sia il potere di confermare i fratelli nella fede (potestas docendi) sia quello di pascere il gregge affidato allo stesso Pietro (potestas regendi). Il discorso pertanto sulla rinuncia del papa si fa complesso, assume aspetti costituzionali e coinvolge problematiche che non possono essere risolte solamente guardando alla liceità dell'atto, come se il Vicarius Christi abbia un qualunque ufficio ecclesiastico e come se il suo munus non abbia un'origine e una marcata impronta apostolica che qualifica costituzionalmente la stessa struttura dell'ordinamento canonico”. Chiaro fin qui? Bene. Questa la conclusione apodittica del cardinale Fagiolo: “Di certo in maniera tassativa ed assoluta il papa non potrà mai dimettersi a motivo della sola età”.

Non sono passati neanche vent'anni e il verdetto del canonista di fiducia di Giovanni Paolo II è stato smentito dal gesto di rinuncia papale dell'11 febbraio 2013. Smentito almeno in parte. Sì, perché nel libro-intervista di Peter Seewald Ratzinger aveva paventato come non implausibile la rinuncia papale, oltre che per ragioni d'età, anche qualora si fosse trovato nell'impossibilità “spiritualmente” di guidare la Chiesa. Ciò non è bastato però a far cambiare idea a chi ancora considera la rinuncia un vulnus. Che all'entourage di

Wojtyla, per esempio, la rinuncia di Ratzinger non sia piaciuta lo dimostra la dichiarazione rilasciata a un settimanale diocesano dal principale collaboratore di Giovanni Paolo II, il cardinale di Cracovia Stanislaw Dziswisz: “Papa Wojtyla decise di restare sul soglio pontificio fino alla fine della sua vita perché riteneva che dalla croce non si scende”. La Santa Sede suggerì subito al porporato di rettificare quanto detto da lui stesso, consapevole essa stessa (eppoi dicono che portare sul groppone duemila anni di storia non serva granché) di quanto pericoloso sia maneggiare la materia. Proprio come la dinamite.

Giuseppe Di Leo

(da Il Foglio del 3 aprile 2014)

IL PROFESSORE CHE DIVENNE PAPA 

In un libro pubblicato dalla San Paolo, attingendo ai ricordi di colleghi e alunni, Gianni Valente ricostruisce le tappe della carriera accademica di Benedetto XVI.

«Ormai lo dicono tutti: Benedetto XVI è il Papa professore. Lui stesso sembra suggerirlo in tanti modi». Partendo da questa considerazione, e attingendo al ricordo dei colleghi e degli allievi del "professor" Ratzinger, Gianni Valente racconta nel libro Ratzinger professore (San Paolo, pagine 208, euro 17) gli anni (1946-1977) dello studio e dell’insegnamento che hanno preceduto la nomina del cardinale tedesco prima ad arcivescovo di Monaco e Frisinga (1977), quindi a prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (1981) e, infine (il 19 aprile 2005), l’elezione a Papa. Di seguito, pubblichiamo uno stralcio del capitolo del libro di Valente, intitolato "Tubinga. Gli anni difficili".

  
Joseph Ratzinger nel 1966 non ha ancora quarant’anni, ma i capelli sono già incanutiti e la fama di enfant prodige della teologia tedesca è stata ormai consacrata dall’intensa partecipazione all’avventura conciliare. Il Concilio è appena alle spalle, e dai primi indizi si cerca di capire come si mettono le cose, come l’onda d’urto dell’evento conciliare s’incanalerà nelle forme e nei ritmi della vita della Chiesa. Il 25 luglio, a Bamberg, il teologo bavarese è chiamato a parlare di tutto questo al Katholikentag, periodico raduno dei cattolici tedeschi.

Ratzinger parte dalla presa d’atto che, dopo il Concilio, «regna un certo disagio, un’atmosfera di freddezza e anche di delusione quale segue solitamente i momenti di gioia e di festa, quando il mondo sembrò di colpo cambiato, quando la grande speranza del totalmente diverso e nuovo si era affacciata per un attimo sul grigiore quotidiano, infrangendo pesanti consuetudini».

Il teologo bavarese non fa ritrattazioni e non ostenta pentimenti: proprio le aspettative riposte nel rinnovamento conciliare gli forniscono i criteri per giudicarne i primi effetti. Ratzinger si attendeva che il Concilio rendesse più facile confessare davanti al mondo la fede e la speranza cristiane, e, invece, sembra farsi avanti una specie di impulso all’autoliquidazione. «La fede cristiana», spiega, «è per l’uomo di tutti i tempi uno scandalo, lo scandalo che l’Inafferrabile si sia fatto constatabile nell’uomo Gesù». Per questo, «un orientamento della Chiesa al mondo, che dovesse rappresentare un suo allontanamento dalla croce, non porterebbe a un rinnovamento della Chiesa, ma alla sua fine».

La riforma della liturgia

È sul terreno liturgico che si può misurare il primo, più esteso impatto del rinnovamento conciliare nel vissuto di fede del popolo cristiano. Anche su questo aspetto, nel suo intervento di Bamberg, Ratzinger non teorizza alcun dietro front rispetto alla strada indicata dal Concilio. Sostiene, addirittura, che «nessuno dimostra oggi con tanta efficacia, quanto i suoi oppositori, la necessità e il buon diritto della riforma liturgica».

Citando san Paolo, definisce come legge fondamentale della liturgia il fatto che la lingua liturgica sia comprensibile per i fedeli che partecipano ai riti. Ma nel cantiere aperto dell’attuazione della riforma liturgica scorge subito «un affaccendarsi fine a sé stesso», con liturgisti di professione che «danno vita a un nuovo ritualismo di forme ricche di inventiva», con l’effetto di occultare la realtà dei misteri celebrati più di quanto non facessero i vecchi rituali barocchi. Una strategia che gli appare segnata da rigidezze ideologiche, unilateralismi e integralismi di nuova fattura. 

«È proprio necessario», si chiede tra l’altro Ratzinger, «che la Messa sia celebrata versus populumÈ poi tanto importante poter guardare in faccia il sacerdote, o non è anche spesso salutare pensare che anch’egli è un cristiano con gli altri e ha ogni buon motivo di rivolgersi a Dio insieme a loro e per dire con loro "Padre nostro"?».

Davanti alle divisioni e ai «piccoli sospetti», davanti alle inevitabili difficoltà della fase postconciliare, l’unico atteggiamento consono a chi davvero prova riconoscenza per l’evento conciliare è, secondo Ratzinger, la pazienza, «forma quotidiana dell’amore», mentre occorre guardarsi dal «pericoloso, nuovo trionfalismo nel quale cadono spesso proprio i denunciatori del trionfalismo passato. Fino a quando la Chiesa è pellegrina sulla terra, non ha diritto di gloriarsi di sé stessa. Questo nuovo modo di gloriarsi potrebbe diventare più insidioso di tiare e sedie gestatorie che, comunque, sono ormai motivo più di sorriso, che di orgoglio».

Intanto, proprio nel 1966 il professore bavarese ha ricevuto la vocatio (chiamata) a entrare nel corpo docente della facoltà di Teologia cattolica di Tubinga. Lui insegnava Teologia dogmatica a Münster solo da tre anni, e, dopo il Concilio, tutti lo consideravano la "star" della facoltà westfalica. Ma per ogni teologo Tubinga esercita un richiamo particolare...

La forza dell’attrazione di Tubinga non nasce solo dalle seduzioni del passato. Dal 1960 lì insegna Hans Kung: Ratzinger e il collega svizzero si sono conosciuti nel 1957. Kung era assistente di Teologia dogmatica a Münster. Il gentile e riservato professore bavarese e l’irruento e polemico collega elvetico si sono incontrati di nuovo al Concilio. Nel frenetico succedersi di strategie e iniziative, messe in campo dalla "tribù" dei teologi conciliari, il manovriero Kung ha sempre tenuto presente il suo collega di Münster. Il 22 novembre 1962, anche Ratzinger è invitato da Kung a pranzo alla trattoria romana "Da Ernesto", in piazza Santi Apostoli, dove, insieme con gli altri teologi (Karl Rahner, Edward Schillebeeckx e Jean Danielou) e all’editore olandese Paul Brand, prende forma l’idea di una rivista teologica internazionale, che rilanci tra il grande pubblico i temi e le istanze conciliari.

Sia Kung, sia Ratzinger, a dire il vero, sanno di pensarla in maniera differente su come la stagione conciliare debba rifluire nel grande fiume della vita ordinaria della Chiesa. Ma allora, come spiega Ratzinger nella sua autobiografia, «consideravamo ciò come legittima differenza di posizioni teologiche», che «non avrebbe intaccato il nostro consenso di fondo».

Oltre che per questioni teologiche, Ratzinger e Kung hanno avuto contatti anche riguardo a vicende più pratiche, connesse alla loro attività accademica. Nel corso del 1963, Kung ha rinunciato a un’offerta di ingaggio dell’Università di Münster, ma ha suggerito ai professori della facoltà teologica westfalica di arruolare al suo posto il giovane teologo Walter Kasper (oggi cardinale e, dal 2001, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ndr). Ratzinger appoggia la candidatura: Kasper inizia a insegnare a Münster nel 1964.

A muovere i fili, perché la facoltà tubinghese inviasse la vocatio al professor Ratzinger, è stato proprio Kung, supportato dal collega Max Seckler, che a Tubinga tiene a quei tempi la cattedra di Teologia fondamentale. «In questo periodo, ci fu un turnover generazionale con il pensionamento di diversi professori anziani. Per potenziare la facoltà, alcuni spingevano per chiamare alla cattedra di Teologia dogmatica professori maturi, dal profilo consolidato. Io avevo trent’anni, Kung 35. Fummo noi due a dare battaglia per chiamare un altro giovane. E Ratzinger, allora, era l’uomo del futuro».

Aggiunge il professor Wolfgang Beinert, ex allievo di Ratzinger proprio a Tubinga: «Hans Kung forse chiamò Ratzinger proprio perché voleva che gli studenti potessero confrontarsi con un altro teologo del Concilio diverso da lui, che facesse da contrappeso alla sua teologia unilaterale. Altri professori più chiusi di loro, che nemmeno percepivano le distanze tra i due, e guardavano anche Ratzinger come fosse un pericoloso riformatore, dicevano: "Di Kung ce ne basta uno!"». 

a cura di Maurizio De Paoli


[Modificato da Caterina63 07/01/2018 21:19]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 09:31. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com