A tutti voi che passate da qui: BENVENUTI
Se avete desiderio di capire che cosa insegna la Bibbia che il Magistero della Santa Chiesa, con il Sommo Pontefice ci insegna, questo Gruppo fa per voi. Non siamo "esperti" del settore, ma siamo Laici impegnati nella Chiesa che qui si sono incontrati da diverse parti d'Italia per essere testimoni anche nella rete della Verità che tentiamo di vivere nel quotidiano, come lo stesso amato Giovanni Paolo II suggeriva.
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GMG a Cracovia 2016

Ultimo Aggiornamento: 04/08/2016 12:16
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23/03/2016 09:47
 
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“Dio, Padre misericordioso, 
che hai rivelato il Tuo amore nel Figlio tuo Gesù Cristo,
e l’hai riversato su di noi nello Spirito Santo, Consolatore, 
Ti affidiamo oggi i destini del mondo e di ogni uomo”.
Ti affidiamo in modo particolare 
i giovani di ogni lingua, popolo e nazione:
guidali e proteggili lungo gli intricati sentieri del mondo di oggi 
e dona loro la grazia di raccogliere frutti abbondanti 
dall’esperienza della Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia.

Padre Celeste, 
rendici testimoni della Tua misericordia. 
Insegnaci a portare la fede ai dubbiosi, 
la speranza agli scoraggiati, 
l’amore agli indifferenti, 
il perdono a chi ha fatto del male e la gioia agli infelici. 
Fa’ che la scintilla dell’amore misericordioso
che hai acceso dentro di noi 
diventi un fuoco che trasforma i cuori 
e rinnova la faccia della terra.

Maria, Madre di Misericordia, prega per noi
San Giovanni Paolo II, prega per noi
Santa Faustina, prega per noi




  Logo della GMG

L'ispirazione attraverso la preghiera


L’idea del logo è nata in circostanze non convenzionali. Monika Rybczyńska era in Vaticano il giorno della canonizzazione di Giovanni Paolo II e di Giovanni XXIII. Nel momento in cui si trovò di fronte alla tomba del Papa polacco, pregò con queste parole: “Santo Padre, ti chiedo un’ispirazione; Se Dio vuole, intercedi per me, per favore!”. 
Ricorda l’autrice: “La mia preghiera fu decisamente concreta e la risposta arrivò presto; la notte seguente inviai la bozza del logo a Varsavia”. 

Grazie alla collaborazione con Emilia Pyza, laureata all’accademia di Belle Arti, Monica è riuscita a migliorare la grafica del logo. In particolare, l’aiuto di Emilia è stato prezioso per rendere il tratto del disegno finale più leggero. Per Emilia, infatti, il logo della GMG di Cracovia 2016 rappresenta la Redenzione che scaturisce dalla Croce, abbraccia tutti e con Misericordia infinita libera da tutto ciò che d’impuro c’è in noi.

Che cosa consiglia Monika – l’autrice del logo - ai futuri partecipanti della GMG?

Venite! Alla GMG si può dare nuovo slancio alla propria fede, la mia continua a crescere ancora adesso. Sull’altare di Copacabana ho offerto la mia vita a Gesù Cristo e lo dico per la prima volta in pubblico; continua ad ardere dentro di me il desiderio di servire e ringraziare il Signore per avermi permesso di partecipare a quell’esperienza”











Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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23/03/2016 09:49
 
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[SM=g1740717] [SM=g1740720] INNO DELLA GMG Cracovia 2016 in italiano

gloria.tv/video/JgTqR2gnWhw










[SM=g1740733]
[Modificato da Caterina63 23/03/2016 09:49]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
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06/06/2016 14:28
 
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Dziwisz: Francesco nella terra di Wojtyla, sarà la Gmg della misericordia

Giovanni Paolo II e il cardinale Bergoglio

Giovanni Paolo II e il cardinale Bergoglio

06/06/2016 

Mancano meno di due mesi alla Gmg di Cracovia, a cui prenderà parte Papa Francesco. Grande attesa in tutto il mondo, dunque, per la Giornata Mondiale della Gioventù nella terra di San Giovanni Paolo II che è stato proprio l'ideatore delle Gmg. Alessandro Gisotti ne ha parlato con il cardinale arcivescovo di Cracovia, Stanislao Dziwisz, segretario particolare di Karol Wojtyla. Il porporato inizia la sua riflessione soffermandosi sulla figura del nuovo Santo polacco Stanislao di Gesù Maria, canonizzato ieri da Papa Francesco:

R. – Il nuovo Santo Stanislao ha dovuto aspettare tanti secoli per diventare Santo! Ma è interessante come sia rimasta la sua memoria, così come il messaggio che ha lasciato anche attraverso la Congregazione che ha fondato dei Padri Mariani. Un uomo della preghiera, della penitenza. E ora torna questo nuovo Santo con il suo messaggio, in particolare, di pregare per i morti in Purgatorio: si è dimenticata questa usanza… Lui ha curato molto la preghiera per i morti e qui era la sua misericordia.

D. – Sabato l’udienza con Papa Francesco. Ovviamente siamo ormai vicini – mancano meno di due mesi - alla Giornata Mondiale della Gioventù. C’è tanta attesa da parte del Papa di venire in Polonia a incontrare i giovani di tutto il mondo, nella terra di Karol Wojtyla…

R. – Ho avuto questa gioia e questo dono di essere ricevuto dal Santo Padre. Volevo ancora una volta ribadire l’invito a Cracovia, in Polonia, e anche dargli le ultime notizie relative allo svolgimento della preparazione. Gli ho detto che c’è grande entusiasmo e questo non solamente in Polonia – e questo certo si capisce – ma in tutto il mondo: ci sono gruppi provenienti da 194 Paesi; e anche tanti vescovi, sono già 930! Certamente desiderano venire a Cracovia per incontrare il Santo Padre, ma penso anche che vogliono venire qui proprio in questo Anno della Misericordia, perché Cracovia è la capitale della Divina Misericordia. Lì Gesù Cristo ha dato messaggi per tutto il mondo: li ha dati a Suor Faustina, ma cosa poteva fare lei da sola? E allora è venuto anche un altro apostolo, Giovanni Paolo II, che ha portato questo messaggio, questo fuoco sulla devozione della Divina Misericordia a tutto il mondo; e adesso anche il Santo Padre Francesco, con lo stesso tema, quello della misericordia. Penso che i giovani riceveranno questo messaggio che porteranno poi in tutto il mondo e questi saranno i frutti di questa giornata, il messaggio della misericordia. Suor Faustina dice: “Se volete pace, dovete rivolgervi alla Divina Misericordia”.

D. – Giovanni Paolo II è il "Santo dei giovani", è l’ideatore, il fondatore della Giornata Mondiale della Gioventù e Papa Francesco è amatissimo dai giovani: queste due figure straordinarie si ritroveranno insieme in questa Giornata Mondiale della Gioventù…

R. – Certamente si vede una continuità: Giovanni Paolo II ha cominciato, ha seguito poi Benedetto XVI e adesso Papa Francesco. Giovanni Paolo II ha visto che i giovani cercano, domandano: bisogna dare loro risposte, bisogna guidarli. I giovani hanno bisogno di un buon pastore, di buoni pastori. E qui si realizza questo.

D. – Giovanni  Paolo II sarà presente in questa Gmg, dal cielo, forse in un modo davvero nuovo rispetto alle Gmg che lui stesso ha voluto e che sono nate dal suo cuore…

R. – Tanta gente si rivolge a Dio tramite Giovanni Paolo II e vediamo tante grazie e anche miracoli. Quando qualcuno gli chiedeva di pregare, mai lo dimenticava! Spesso diceva: “Scrivetemelo e mettete in Cappella”. Qualche volta si dice “Pregherò” e poi magari si dimentica… Lui mai! Mai! Penso che anche adesso se qualcuno tramite lui chiede a Dio, lui è fedele.

D. – Cracovia, la diocesi, i fedeli, i giovani tutti, sono in grande fermento per questo grande evento?

R. – Certamente! In Polonia c’è grande interesse. Ma io vedo che c’è in tutto il mondo. Penso agli italiani in modo speciale: ce ne sono tanti, tanti previsti… E poi la novità dei francesi: si sono molto "svegliati"; ma anche i tedeschi. La preparazione è a buon punto. L’unica cosa: dobbiamo pregare affinché il tempo sia buono!




Papa ai giovani: Gesù è l'unico che dà risposta a vostra inquietudine

Videomessaggio del Papa ai giovani riuniti a Washington - OSS_ROM

Videomessaggio del Papa ai giovani riuniti a Washington - OSS_ROM

18/07/2016 

Papa Francesco, a pochi giorni dalla sua partenza per Cracovia in occasione della Giornata mondiale della gioventù, ha inviato un videomessaggio ai giovani partecipanti all’evento intitolato “Insieme 2016”, svoltosi sabato a Washington, negli Stati Uniti. L’iniziativa, a carattere ecumenico, è stata organizzata dal movimento di preghiera ed evangelizzazione “Pulse” fondato da Nick Hall. Ce ne parla Isabella Piro

“Cari giovani, so che c’è qualcosa, nei vostri cuori, che vi agita e che vi rende inquieti, perché un giovane che non è inquieto è un vecchio”, dice Francesco nel suo videomessaggio in spagnolo, perché “la gioventù crea inquietudine”. “Ma qual è la tua inquietudine?” domanda il Papa, rivolgendosi ad ogni singolo giovane. Di qui, l’invito a partecipare all’incontro di Washington “per incontrare una Persona”, Gesù, che è l’unico che “può dare una risposta a tale inquietudine”. “E stai sicuro, te lo garantisco: non ti sentirai frustrato – aggiunge Francesco – Dio non delude nessuno”. Quindi, il Pontefice sottolinea: “Gesù ti aspetta, è Lui che ha piantato nel tuo cuore i semi dell’inquietudine”. “Forza! Non hai nulla da perdere. Prova! E poi chiamami”, conclude il Papa.





Giornata mondiale della Gioventu
 

Per la Giornata Mondiale della Gioventù che inizia mercoledì è prevista una grande presenza di giovani, ma non saranno i numeri né i grandi momenti emotivi che misureranno il successo di questo appuntamento. Quella di Cracovia sarà una festa se introdurrà alla missione, se i giovani ripartiranno con la certezza di avere incontrato il senso ultimo della vita e con il desiderio di comunicarlo a tutti.

di mons. Luigi Negri*

Molti gruppi italiani sono già partiti o stanno partendo alla volta di Cracovia, in Polonia, dove dal 27 al 31 luglio si svolgerà la Giornata Mondiale della Gioventù, alla presenza di papa Francesco. In questi giorni preparatori, incontri si svolgono in diverse diocesi polacche che si “gemellano” con altrettante diocesi italiane. Abbiamo chiesto a uno dei vescovi italiani che saranno presenti a Cracovia di introdurci a queste giornate.

In partenza per la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) di Cracovia ho una serie di sentimenti che vorrei ordinare per poter essere un attore attivo per i giovani, almeno per quelli con cui verrò a contatto attraverso le catechesi.

Per l’esperienza che ho fatto io – oltre che a Roma, sono stato negli Stati Uniti, nelle Filippine, a Parigi, e l’ultima a cui ho partecipato è stata quella di Colonia – la GMG è sempre stata una grande occasione di dialogo: tra un’autorevolezza indiscussa, come è quella del Santo Padre, e i giovani. E posso dire che fra alti e bassi – negli ultimi anni si avvertiva un certo logoramento dell’immagine – è sempre stato e possa ancora essere un fatto estremamente positivo. A una condizione: che sia un dialogo reale in cui ciascuno di coloro che sono lì presenti si gioca per la integralità della propria posizione e cercando di arrivare al cuore del proprio interlocutore.

Da questo punto di vista la parola più importante è cultura. Che sia un incontro al livello della cultura, cioè del senso della vita, del desiderio della vita, del desiderio di un significato permanente, stabile, di un orizzonte di prospettiva significativo.

I giovani vivono quella età straordinaria in cui è possibile desiderare la totalità della vita. La vecchiaia comincia quando invece della totalità della vita si accettano dei particolari che poi di norma sono esaltati indebitamente. Io credo ci sia una grande attesa. C’è attesa di comunicare cultura, e qui penso alla imponente presenza dei vescovi italiani, più di un centinaio; e poi c’è un desiderio molto reale che attraversa i giovani, e questo l’ho visto incontrando quelli con cui vivrò questa esperienza.

Proprio per questo bisogna essere molto chiari. C’è un modo quasi inconsapevole di abbassare il tono, di “abbassare la guardia” si potrebbe dire in termine sportivo. Noi non dobbiamo pensare che l’evento riesca perché ci saranno tanti momenti di grande emozione. Non è difficile provocare l’emozione nei giovani, ma non ha consistenza, non ha durata. Perché l’emozione è l’esaltazione di un particolare, soggettivo o oggettivo non importa, della propria condizione di vita, della situazione in cui ci si trova. Ma l’emozione non guida a un cammino di giudizio sulla vita; l’emozione dà una percezione di pienezza, di novità a cui però non corrisponde poi una esperienza reale.

Dovremo essere tutti attenti - soprattutto gli adulti e innanzitutto i vescovi - a tenere il bandolo del dialogo in alto, in modo positivo, propositivo, senza riduzioni della proposta a ciò che è già confezionato o precostituito dalla mentalità comune. Sarà dunque una grande sfida, una bella sfida aperta in cui ciascuno dovrà fare la sua parte.

I giovani sono intrisi della mentalità dominante: permissiva, edonista, soggettivistica, minacciati dal nichilismo o dallo scetticismo, come spesso ricordava papa Benedetto XVI. Una cultura di questo tipo, o una in-cultura di questo tipo, o – come spesso giustamente afferma papa Francesco – questo pensiero unico dominante, non si vince cambiando i particolari. Non sono particolari impegni di carattere moralistico, di carattere pietistico, particolari impegni a modificare i propri sentimenti immediati, che possono trovare la strada del cuore del giovane. La strada del cuore del giovane può essere percorsa soltanto dalla certezza di avere incontrato il senso ultimo della vita o dal desiderio di incontrarlo.

Per questo io non faccio fatica a dire che mi aspetto un grande momento di evangelizzazione. Mi sembra che dobbiamo uscire dal circuito di tanti facili trionfalismi. Saranno tanti i giovani ma rendiamoci conto di cosa sta dietro i numeri. La mia diocesi, con 350mila persone, manda a Cracovia 120 giovani e dopo un lavoro intenso con i giovani. Vuol dire che raggiungiamo normalmente una piccola minoranza. La GMG sarà una raccolta – per quanto impressionante – di tante piccole minoranze, che tornate nei loro ambienti dovranno svolgere la loro missione. Quella di Cracovia sarà una festa se introdurrà alla missione, sarà soltanto un’emozione se poi scomparirà con l’inesorabile passare del tempo.

*Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e abate di Pomposa










[Modificato da Caterina63 25/07/2016 12:06]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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27/07/2016 19:30
 
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN POLONIA

IN OCCASIONE DELLA XXXI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 
(27-31 LUGLIO 2016)

SALUTO DEL SANTO PADRE AI GIORNALISTI
DURANTE IL VOLO ROMA-
CRACOVIA

Volo Papale
Mercoledì, 27 luglio 2016

[Multimedia]


 

Padre Lombardi:

Allora, Santo Padre, benvenuto tra noi. Grazie di prendere anche in questo viaggio un po’ di tempo per salutarci e stare con noi. Noi siamo, come al solito, più di 70 da 15 Paesi diversi e speriamo di fare un buon servizio per diffondere le Sue parole e il Suo messaggio in queste giornate così importanti.

Siamo in giornate che ci emozionano tutti, come sappiamo, per quello che sta succedendo nel mondo, per quello che è successo ieri; e allora saremmo anche grati se, prima di salutarci personalmente, ci dicesse una parola su come Lei vive questo momento e come si appresta a incontrare i giovani del mondo in questa situazione. Grazie, Santo Padre.

Papa Francesco:

Buongiorno, e grazie per il vostro lavoro.

Una parola che – su questo che diceva padre Lombardi – si ripete tanto è “insicurezza”. Ma la vera parola è “guerra”. Da tempo diciamo: “il mondo è in guerra a pezzi”. Questa è guerra. C’era quella del ’14, con i suoi metodi; poi quella del ’39 – ’45, un’altra grande guerra nel mondo; e adesso è questa. Non è tanto organica, forse; organizzata, sì, ma organica… dico… Ma è guerra. Questo santo sacerdote, che è morto proprio nel momento in cui offriva la preghiera per tutta la Chiesa, è uno; ma quanti cristiani, quanti innocenti, quanti bambini… Pensiamo alla Nigeria, per esempio. “Ma quella è l’Africa…”. E’ guerra. Non abbiamo paura di dire questa verità: il mondo è in guerra, perché ha perso la pace.

Grazie tante del vostro lavoro in questa Giornata della Gioventù. La gioventù sempre ci dice speranza. Speriamo che i giovani ci dicano qualcosa che ci dia un po’ più di speranza, in questo momento.

Per il fatto di ieri io vorrei anche ringraziare tutti quelli che si sono fatti vivi con le condoglianze, in modo speciale il Presidente della Francia, che ha voluto collegarsi con me telefonicamente, come un fratello. Lo ringrazio.

Grazie.

Padre Lombardi:

Grazie, Santo Padre. Stia sicuro che anche noi cercheremo di lavorare con Lei per la pace, in questi giorni.

Papa Francesco:

Una sola parola vorrei dire per chiarire. Quando io parlo di guerra, parlo di guerra sul serio, non di guerra di religione, no. C’è guerra di interessi, c’è guerra per i soldi, c’è guerra per le risorse della natura, c’è guerra per il dominio dei popoli: questa è la guerra. Qualcuno può pensare: “Sta parlando di guerra di religione”. No. Tutte le religioni vogliamo la pace. La guerra, la vogliono gli altri. Capito?




INCONTRO CON LE AUTORITÀ, CON LA SOCIETÀ CIVILE E CON IL CORPO DIPLOMATICO

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cracovia, Cortile d'Onore del Wawel
Mercoledì, 27 luglio 2016

[Multimedia]


 

Signor Presidente,
Distinte Autorità,
Distinti Membri del Corpo Diplomatico,
Magnifici Rettori,
Signore e Signori,

Saluto con deferenza il Signor Presidente e lo ringrazio per la generosa accoglienza e per le cortesi parole. Sono lieto di salutare i distinti membri del Governo e del Parlamento, i Rettori universitari, le Autorità regionali e cittadine, come pure i membri del Corpo Diplomatico e le altre Autorità presenti. È la prima volta che visito l’Europa centro-orientale e sono lieto di iniziare dalla Polonia, che ha avuto fra i suoi figli l’indimenticabile san Giovanni Paolo II, ideatore e promotore delle Giornate Mondiali della Gioventù. Egli amava parlare dell’Europa che respira con i suoi due polmoni: il sogno di un nuovo umanesimo europeo è animato dal respiro creativo e armonico di questi due polmoni e dalla comune civiltà che trova nel cristianesimo le sue radici più solide.

La memoria contraddistingue il popolo polacco. Mi ha sempre impressionato il vivo senso della storia di Papa Giovanni Paolo II. Quando parlava dei popoli, egli partiva dalla loro storia per farne risaltare i tesori di umanità e spiritualità. La coscienza dell’identità, libera da complessi di superiorità, è indispensabile per organizzare una comunità nazionale sulla base del suo patrimonio umano, sociale, politico, economico e religioso, per ispirare la società e la cultura, mantenendole fedeli alla tradizione e al tempo stesso aperte al rinnovamento e al futuro. In questa prospettiva avete da poco celebrato il 1050° anniversario del Battesimo della Polonia. E’ stato certamente un forte momento di unità nazionale, che ha confermato come la concordia, pur nella diversità delle opinioni, sia la strada sicura per raggiungere il bene comune dell’intero popolo polacco.

Anche la proficua cooperazione nell’ambito internazionale e la reciproca considerazione maturano mediante la coscienza e il rispetto dell’identità propria e altrui. Non può esistere dialogo se ciascuno non parte dalla propria identità. Nella vita quotidiana di ogni individuo, come di ogni società, vi sono però due tipi di memoria: buona e cattiva, positiva e negativa. La memoria buona è quella che la Bibbia ci mostra nel Magnificat, il cantico di Maria, che loda il Signore e la sua opera di salvezza. La memoria negativa è invece quella che tiene lo sguardo della mente e del cuore ossessivamente fissato sul male, anzitutto su quello commesso dagli altri. Guardando alla vostra storia recente, ringrazio Dio perché avete saputo far prevalere la memoria buona: ad esempio, celebrando i 50 anni del perdono reciprocamente offerto e ricevuto tra gli episcopati polacco e tedesco, dopo la seconda guerra mondiale. L’iniziativa, che ha coinvolto inizialmente le comunità ecclesiali, ha innescato anche un processo sociale, politico, culturale e religioso irreversibile, cambiando la storia dei rapporti tra i due popoli. A questo proposito, ricordiamo anche la Dichiarazione congiunta tra la Chiesa cattolica di Polonia e quella ortodossa di Mosca: un atto che ha avviato un processo di avvicinamento e fraternità non solo tra le due Chiese, ma anche tra i due popoli.

Così la nobile nazione polacca mostra come si può far crescere la memoria buona e lasciar cadere quella cattiva. Per questo si richiede una salda speranza e fiducia in Colui che guida i destini dei popoli, apre porte chiuse, trasforma le difficoltà in opportunità e crea nuovi scenari laddove sembrava impossibile. Lo testimonia proprio la vicenda storica della Polonia: dopo le tempeste e le oscurità, il vostro popolo, ristabilito nella sua dignità, ha potuto cantare, come gli ebrei al ritorno da Babilonia: «Ci sembrava di sognare. […] la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia» (Sal 126,1-2). La consapevolezza del cammino compiuto e la gioia per i traguardi raggiunti danno forza e serenità per affrontare le sfide del momento, che richiedono il coraggio della verità e un costante impegno etico, affinché i processi decisionali e operativi come pure le relazioni umane siano sempre rispettosi della dignità della persona. Ogni attività ne è coinvolta: anche l’economia, il rapporto con l’ambiente e il modo stesso di gestire il complesso fenomeno migratorio.

Quest’ultimo richiede un supplemento di saggezza e di misericordia, per superare le paure e realizzare il maggior bene. Occorre individuare le cause dell’emigrazione dalla Polonia, facilitando quanti vogliono ritornare. Al tempo stesso, occorre la disponibilità ad accogliere quanti fuggono dalle guerre e dalla fame; la solidarietà verso coloro che sono privati dei loro fondamentali diritti, tra i quali quello di professare in libertà e sicurezza la propria fede. Nello stesso tempo vanno sollecitate collaborazioni e sinergie a livello internazionale al fine di trovare soluzioni ai conflitti e alle guerre, che costringono tante persone a lasciare le loro case e la loro patria. Si tratta così di fare il possibile per alleviare le loro sofferenze, senza stancarsi di operare con intelligenza e continuità per la giustizia e la pace, testimoniando nei fatti i valori umani e cristiani.

Alla luce della sua millenaria storia, invito la Nazione polacca a guardare con speranza al futuro e alle questioni che deve affrontare. Tale atteggiamento favorisce un clima di rispetto tra tutte le componenti della società e un confronto costruttivo tra le diverse posizioni; inoltre, crea le condizioni migliori per una crescita civile, economica e persino demografica, alimentando la fiducia di offrire una vita buona ai propri figli. Essi infatti non dovranno soltanto affrontare problemi, ma godranno le bellezze del creato, il bene che sapremo compiere e diffondere, la speranza che sapremo donare loro. Le stesse politiche sociali a favore della famiglia, primo e fondamentale nucleo della società, per sovvenire quelle più deboli e povere e sostenerle nell’accoglienza responsabile della vita, saranno in questo modo ancora più efficaci. La vita va sempre accolta e tutelata – entrambe le cose insieme: accolta e tutelata – dal concepimento alla morte naturale, e tutti siamo chiamati a rispettarla e ad averne cura. D’altra parte, allo Stato, alla Chiesa e alla società compete di accompagnare e aiutare concretamente chiunque si trovi in situazioni di grave difficoltà, affinché un figlio non venga mai sentito come un peso ma come un dono, e le persone più fragili e povere non siano abbandonate.

Signor Presidente,

la Nazione polacca può contare, come è stato in tutto il suo lungo percorso storico, sulla collaborazione della Chiesa Cattolica, perché, alla luce dei principi cristiani che la ispirano e che hanno forgiato la storia e l’identità della Polonia, sappia, nelle mutate condizioni storiche, progredire nel suo cammino, fedele alle sue migliori tradizioni e ricolma di fiducia e di speranza, anche nei momenti difficili.

Nel rinnovare l’espressione della mia gratitudine, auguro a Lei e a ciascuno dei presenti un sereno e proficuo servizio al bene comune.

La Madonna di Częstochowa benedica e protegga la Polonia!





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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28/07/2016 00:58
 
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN POLONIA

IN OCCASIONE DELLA XXXI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 
(27-31 LUGLIO 2016)

DIALOGO DEL SANTO PADRE CON I GIOVANI ITALIANI

Mercoledì, 27 luglio 2016

[Multimedia]



  

D. – Buonasera, Santità. Innanzitutto grazie, perché ha trovato il tempo – pur essendo appena arrivato a Cracovia – per collegarsi con noi. Non ha voluto rinunciare a essere qui con noi, questa sera. Grazie, Santo Padre. Ci sono dei ragazzi qui che, a nome dei 90 mila italiani presenti a Cracovia, vorrebbero rivolgerLe alcune domande, e sono qua, i giovani. Prego.

Ragazza:

Dopo l’incidente ferroviario del 12 luglio noi abbiamo paura a prendere il treno. Io, ogni giorno, prendo il treno per andare all’università, e quel giorno non ero sul treno per un puro caso. Ogni giorno mi siedo nelle prime carrozze, e lì incontravo e salutavo Luciano, uno dei macchinisti che purtroppo ha perso la vita nell’incidente. Noi, in quei treni, ci sentiamo a casa, ma adesso abbiamo paura. Voglio chiedere: come possiamo tornare alla normalità? Come possiamo abbattere questa paura e continuare, riprendere a essere felici anche su quei treni che sono i nostri treni, la nostra seconda casa?

Papa Francesco:

Quello che è successo a te è una ferita; alcuni, nell’incidente, sono stati feriti nel corpo, e tu sei stata ferita nel tuo animo, nel tuo cuore, e la ferita si chiama paura. E quando tu senti questo, senti la ferita di uno shock. Tu hai subito uno shock, uno shock che non ti fa stare bene, ti fa male. Ma questo shock ti dà anche l’opportunità di superare te stessa, di andare oltre. E come sempre nella vita succede, quando noi siamo stati feriti, rimangono i lividi o le cicatrici. La vita è piena di cicatrici, la vita è piena di cicatrici, piena. E con questo, sempre verrà il ricordo di Luciano, di quell’altro, di quell’altro… che adesso non c’è più perché è mancato nell’incidente. E tu dovrai, ogni giorno che prendi il treno, sentire la traccia – diciamo così – di quella ferita, di quella cicatrice, di quello che ti fa soffrire. E tu sei giovane, ma la vita è piena di questo… E la saggezza, imparare a essere un uomo saggio, una donna saggia, è proprio questo: portare avanti le cose belle e le cose brutte della vita. Ci sono delle cose che non possono andare avanti, e ci sono cose che sono bellissime. Ma anche succede il contrario: quanti giovani come voi non sono capaci di portare avanti la propria vita con la gioia delle cose belle, e preferiscono lasciarsi andare, cadere sotto il dominio della droga, o lasciarsi vincere dalla vita? Alla fine, la partita è così: o tu vinci o ti vince, la vita! Vinci tu la vita, è meglio! E questo, fallo con coraggio, anche con dolore. E quando c’è la gioia, fallo con gioia, perché la gioia ti porta avanti e ti salva da una malattia brutta: dal diventare nevrotica. Per favore no, questo no!

Ragazza:

Caro Papa Francesco, mi chiamo Andrea, ho 15 anni e vengo da Bergamo. Sono arrivata in Italia quando avevo 9 anni, quindi circa sei anni fa. Hanno incominciato, i ragazzini della mia classe, a prendermi in giro, dato che ero appena arrivata, con parole abbastanza offensive. All’inizio, non comprendendo bene l’italiano, non capivo le parole, quindi lasciavo anche stare. Poi, una volta che ho iniziato a comprenderle, ci rimasi davvero male, però non risposi: non volevo abbassarmi ai loro livelli. Così ho passato tanti anni, fino alla fine della terza media, quando hanno superato il limite con tutti i messaggi offensivi sui social, per cui praticamente mi sentivo inutile e avevo deciso di farla finita, perché secondo me in quel momento non contavo più niente e io mi sentivo emarginata da tutti, dal mio paesino. … E quindi avevo deciso di farla finita, ho provato a suicidarmi. Non ci riuscii, così andai in ospedale. E lì avevo capito che non ero io, quella malata, che non ero io quella che aveva bisogno di cure, che non meritavo io di stare lì in ospedale, chiusa. Erano loro che avevano sbagliato, loro che avevano bisogno di essere curati, non io. Così io mi tirai su e decisi di non farla finita perché non ne valeva la pena, perché io potevo essere forte. E infatti ora sto bene e sono forte davvero. E posso, da una parte, anche ringraziarmi di avere trattato così male me stessa, perché comunque ora io sono forte, un po’ anche grazie a loro, perché mi hanno messa in quella situazione. Io sono diventata forte perché ho creduto in me stessa, nei miei genitori, e comunque ho creduto di potercela fare, e infatti ce l’ho fatta. E sono qua, e sono fiera di essere qua.

Io volevo chiederLe: dato che comunque un po’ io li ho perdonati, perché non voglio odiare nessuno, un po’ li ho perdonati, però comunque un po’ ci sto ancora male… volevo chiederLe: come faccio io a perdonare queste persone? Come faccio a perdonarle per tutto quello che loro mi hanno fatto?

Papa Francesco:

Grazie della tua testimonianza. Tu parli di un problema molto comune tra i bambini e anche tra le persone che non sono bambini: la crudeltà. Ma guarda che anche i bambini sono crudeli, alle volte, e hanno quella capacità di ferirti dove più ti faranno male: di ferirti il cuore, di ferirti la dignità, di ferirti anche la nazionalità, come è il tuo caso, no? Non capivi bene l’italiano e ti prendevano in giro con la lingua, con le parole… La crudeltà è un atteggiamento umano che è proprio alla base di tutte le guerre, di tutte. La crudeltà che non lascia crescere l’altro, la crudeltà che uccide l’altro, la crudeltà che uccide anche il buon nome di un’altra persona. Quando una persona chiacchiera contro un’altra, questo è crudele: è crudele perché distrugge la fama della persona. Ma, tu sai, a me piace dire un’espressione quando parlo di questa crudeltà della lingua: le chiacchiere sono un terrorismo; è il terrorismo delle chiacchiere. La crudeltà della lingua, o quella che tu hai sentito, è come buttare una bomba che distrugge te o distrugge chiunque, e quello che la butta non si distrugge. Questo è un terrorismo, è una cosa che noi dobbiamo vincere. Come si vince questo? Tu hai scelto la strada giusta: il silenzio, la pazienza e hai finito con quella parola tanto bella: il perdono. Ma perdonare non è facile, perché uno può dire: “Sì, io perdono ma non mi dimentico”. E tu sempre porterai con te questa crudeltà, questo terrorismo delle parole brutte, delle parole che feriscono e che cercano di buttarti fuori dalla comunità. C’è una parola in italiano che io non conoscevo. Quando sono venuto le prime volte, qui in Italia, l’ho imparato: “extracomunitari”, che si dice delle persone di altri Paesi che vengono a vivere da noi. Ma proprio questa crudeltà è quello che fa sì che tu, che sei di un altro Paese, diventi un “extra-comunitario”: ti portano via dalla comunità, non ti accolgono. Che è una cosa contro la quale dobbiamo lottare tanto. Tu sei stata coraggiosa! Sei stata molto coraggiosa in questo. Ma bisogna lottare contro questo terrorismo della lingua, contro questo terrorismo delle chiacchiere, degli insulti, del cacciare via la gente, sì, con insulti o dicendo loro cose che fanno loro male al cuore. Si può perdonare totalmente? E’ una grazia che dobbiamo chiedere al Signore. Noi, da noi stessi, noi non possiamo: facciamo lo sforzo, tu lo hai fatto; ma è una grazia che ti dà il Signore, il perdono, di perdonare il nemico, perdonare quello che ti ha ferito, quello che ti ha fatto del male. Quando Gesù nel Vangelo ci dice: “Chi ti dà uno schiaffo su una guancia, dagli l’altra”, significa questo: lasciare nelle mani del Signore questa saggezza del perdono, che è una grazia. Ma a noi spetta fare tutta la nostra parte per perdonare. Ti ringrazio della tua testimonianza. E c’è anche un altro atteggiamento che va proprio contro questo terrorismo della lingua, siano le chiacchiere, gli insulti e tutto questo: è l’atteggiamento della mitezza. Stare zitto, trattare bene gli altri, non rispondere con un’altra cosa brutta. Come Gesù: Gesù era mite di cuore. La mitezza. E noi viviamo in un mondo dove a un insulto tu rispondi con un altro, è abituale questo. Ci insultiamo l’uno con l’altro, e ci manca la mitezza. Chiedere la grazia della mitezza, la mitezza di cuore. E lì è anche una grazia che apre la strada al perdono. Ti ringrazio della tua testimonianza.

Ragazzo:

Caro Papa Francesco, noi siamo tre ragazzi e un sacerdote dei 350 veronesi che sono partiti per venire qua alla GMG ma hanno dovuto interrompere il loro viaggio a Monaco, venerdì scorso, dopo l’attentato che abbiamo vissuto tutti in prima persona, in quanto ci trovavamo lì proprio in quelle ore. Ci è stato detto di tornare a casa, siamo stati obbligati a tornare a casa, perché noi volevamo continuare il nostro viaggio ma non ci è stato permesso. Fortunatamente, una volta tornati, ci è stata data questa possibilità di tornare qua e noi l’abbiamo presa con molta gioia, con molta speranza. Dopo tutto quello che ci è successo, dopo la paura, ci siamo chiesti – e vogliamo chiederLe: come facciamo noi giovani a vivere e a diffondere la pace in questo mondo che è così pieno di odio?

Papa Francesco:

Tu hai detto due parole che sono chiave per capire tutto: pace e odio. La pace costruisce ponti, l’odio è il costruttore dei muri. Tu devi scegliere, nella vita: o faccio ponti, o faccio muri. I muri dividono e l’odio cresce: quando c’è divisione, cresce l’odio. I ponti uniscono, e quando c’è il ponte l’odio può andarsene via, perché io posso sentire l’altro, parlare con l’altro. A me piace pensare e dire che noi abbiamo, nelle nostre possibilità di tutti i giorni, la capacità di fare un ponte umano. Quando tu stringi la mano a un amico, a una persona, tu fai un ponte umano. Tu fai un ponte. Invece, quando tu colpisci un altro, insulti un altro, tu costruisci un muro. L’odio cresce sempre con i muri. Alle volte, succede che tu voglia fare il ponte e ti lasciano con la mano tesa e dall’altra parte non te la prendono: sono le umiliazioni che nella vita noi dobbiamo subire per fare qualcosa di buono. Ma sempre fare i ponti. E tu sei venuto qui: sei stato fermato e rimandato a casa; poi hai fatto una scommessa per il ponte e per tornare un’altra volta: questo è l’atteggiamento, sempre. C’è una difficoltà che mi impedisce qualcosa? Torno indietro e vado avanti, torno e vado avanti. Questo è quello che noi dobbiamo fare: fare dei ponti. Non lasciarsi cadere a terra, non andare così: “mah, non posso…”, no, sempre cercare il modo di fare ponti. Voi siete lì: con le mani, fate ponti, voi tutti! Prendete le mani… ecco. Voglio vedere tanti ponti umani… Ecco, così: alzate bene le mani. E’ così. Questo è il programma di vita: fare ponti, ponti umani. Grazie.

D. – Santo Padre, grazie, perché Lei questa sera ci ha fatto un regalo straordinario! Grazie, Santo Padre. Grazie veramente.

Papa Francesco:

Grazie a voi e che il Signore vi benedica. Pregate per me!




SALUTO DEL SANTO PADRE  
DALLA FINESTRA DELL'ARCIVESCOVADO DI CRACOVIA

Arcivescovado di Kraków
Mercoledì, 27 luglio 2016

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Vi saluto, vi saluto cordialmente!

Vi vedo con tanto entusiasmo e tanta gioia. Ma adesso dovrei dire una cosa che ci rattristerà il cuore. Facciamo silenzio. E’ una cosa che riguarda uno di voi. Maciej […] aveva poco più di 22 anni. Aveva studiato disegno grafico e aveva lasciato il suo lavoro per essere volontario della GMG. Infatti, sono suoi tutti i disegni delle bandiere, le immagini dei Santi Patroni, del kit del pellegrino, e così via, che adornano la città. Proprio in questo lavoro ha ritrovato la sua fede.

A novembre gli fu diagnosticato un cancro. I medici non hanno potuto fare niente, neppure con l’amputazione della gamba. Lui voleva arrivare vivo alla visita del Papa! Aveva un posto prenotato nel tram in cui viaggerà il Papa. Ma è morto il 2 luglio. La gente è molto toccata: ha fatto un grande bene a tutti, lui.

Adesso, tutti in silenzio, pensiamo a questo compagno di strada, che ha lavorato tanto per questa Giornata; e tutti noi, in silenzio, dal cuore preghiamo. Ognuno preghi dal proprio cuore. Lui è presente tra noi.

[preghiera silenziosa]

Qualcuno di voi può pensare: “Questo Papa ci rovina la serata”. Ma è la verità, e noi dobbiamo abituarci alle cose buone e alle cose brutte. La vita è così, cari giovani. Ma c’è una cosa della quale noi non possiamo dubitare: la fede di questo ragazzo, di questo nostro amico, che ha lavorato tanto per questa GMG, l’ha portato in Cielo, e lui è con Gesù in questo momento, che guarda tutti noi! E questa è una grazia. Un applauso al nostro compagno!

Anche noi lo troveremo un giorno: “Ah, eri tu! Piacere di conoscerti!”. E’ così. Perché la vita è così: oggi stiamo qui, domani saremo là. Il problema è scegliere la giusta strada, come lui l’ha scelta.

Ringraziamo il Signore perché ci dà questi esempi di coraggio, di giovani coraggiosi che ci aiutano ad andare avanti nella vita! E non abbiate paura, non abbiate paura! Dio è grande, Dio è buono e tutti noi abbiamo qualcosa di buono dentro.

Adesso mi congedo. Domani ci vedremo, ci rivedremo. Voi fate il vostro dovere, che è fare chiasso tutta la notte… E far vedere la vostra gioia cristiana, la gioia che il Signore vi dà di essere una comunità che segue Gesù.

E adesso vi do la benedizione. E come da bambini abbiamo imparato prima di andarcene, salutiamo la mamma. Tutti preghiamo la Madonna, ognuno nella propria lingua. Ave, o Maria…

[Benedizione]

Buona notte! Buona notte! E pregate per me.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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28/07/2016 12:26
 
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN POLONIA

IN OCCASIONE DELLA XXXI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 
(27-31 LUGLIO 2016)

SANTA MESSA IN OCCASIONE DEL 1050° ANNIVERSARIO DEL BATTESIMO DELLA POLONIA

OMELIA DEL SANTO PADRE

Area del Santuario - Częstochowa
Giovedì, 28 luglio 2016

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Dalle Letture di questa Liturgia emerge un filo divino, che passa per la storia umana e tesse la storia della salvezza.

L’Apostolo Paolo ci parla del grande disegno di Dio: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4). Tuttavia, la storia ci dice che quando giunse questa «pienezza del tempo», quando cioè Dio si fece uomo, l’umanità non era particolarmente ben disposta e nemmeno vi era un periodo di stabilità e di pace: non c’era una “età dell’oro”. La scena di questo mondo non si è dunque meritata la venuta di Dio, anzi, «i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,11). La pienezza del tempo è stata allora un dono di grazia: Dio ha riempito il nostro tempo con l’abbondanza della sua misericordia, per puro amore - per puro amore! - ha inaugurato la pienezza del tempo.

Colpisce, soprattutto, come si realizza la venuta di Dio nella storia: «nato da donna». Nessun ingresso trionfale, nessuna manifestazione imponente dell’Onnipotente: Egli non si mostra come un sole abbagliante, ma entra nel mondo nel modo più semplice, come un bimbo dalla mamma, con quello stile di cui ci parla la Scrittura: come la pioggia sulla terra (cfr Is 55,10), come il più piccolo dei semi che germoglia e cresce (cfr Mc 4,31-32). Così, contrariamente a quanto ci aspetteremmo e magari vorremmo, il Regno di Dio, ora come allora, «non viene in modo da attirare l’attenzione» (Lc 17,20), ma viene nella piccolezza, nell’umiltà.

Il Vangelo odierno riprende questo filo divino che attraversa delicatamente la storia: dalla pienezza del tempo passiamo al «terzo giorno» del ministero di Gesù (cfr Gv 2,1) e all’annuncio dell’«ora» della salvezza (cfr v. 4). Il tempo si restringe, e la manifestazione di Dio avviene sempre nella piccolezza. Così avviene «l’inizio dei segni compiuti da Gesù» (v. 11) a Cana di Galilea. Non c’è un gesto eclatante compiuto davanti alla folla, nemmeno un intervento che risolve una questione politica scottante, come la sottomissione del popolo al dominio romano. Avviene invece, in un piccolo villaggio, un miracolo semplice, che rallegra lo sposalizio di una giovane famiglia, del tutto anonima. Eppure, l’acqua cambiata in vino alla festa di nozze è un grande segno, perché ci rivela il volto sponsale di Dio, di un Dio che si mette a tavola con noi, che sogna e compie la comunione con noi. Ci dice che il Signore non mantiene le distanze, ma è vicino e concreto, sta in mezzo a noi e si prende cura di noi, senza decidere al posto nostro e senza occuparsi di questioni di potere. Predilige infatti farsi contenere in ciò che è piccolo, al contrario dell’uomo, che tende a voler possedere qualcosa di sempre più grande. Essere attratti dalla potenza, dalla grandezza e dalla visibilità è tragicamente umano, ed è una grande tentazione che cerca di insinuarsi ovunque; donarsi agli altri, azzerando le distanze, dimorando nella piccolezza e abitando concretamente la quotidianità, questo è squisitamente divino.

Dio ci salva dunque facendosi piccolovicino e concreto. Anzitutto, Dio si fa piccolo. Il Signore, «mite e umile di cuore» (Mt 11,29), preferisce i piccoli, ai quali è rivelato il Regno di Dio (Mt 11,25); essi sono grandi ai suoi occhi e su di loro volge lo sguardo (cfr Is66,2). Li predilige, perché si oppongono alla «superbia della vita», che viene dal mondo (cfr 1 Gv 2,16). I piccoli parlano la sua stessa lingua: l’amore umile che rende liberi. Perciò chiama persone semplici e disponibili a essere suoi portavoce, e a loro affida la rivelazione del suo nome e i segreti del suo Cuore. Pensiamo a tanti figli e figlie del vostro popolo: ai martiri, che hanno fatto risplendere la forza inerme del Vangelo; alle persone semplici eppure straordinarie che hanno saputo testimoniare l’amore del Signore in mezzo a grandi prove; agli annunciatori miti e forti della Misericordia, come san Giovanni Paolo II e santa Faustina. Tramite questi “canali” del suo amore, il Signore ha fatto giungere doni inestimabili a tutta la Chiesa e all’intera umanità. Ed è significativo che questo anniversario del Battesimo del vostro popolo venga a coincidere proprio con il Giubileo della Misericordia.

Inoltre, Dio è vicino, il suo Regno è vicino (cfr Mc 1,15): il Signore non desidera essere temuto come un sovrano potente e distante, non vuole restare su un trono in cielo o nei libri di storia, ma ama calarsi nelle nostre vicende di ogni giorno, per camminare con noi. Pensando al dono di un millennio abbondante di fede, è bello anzitutto ringraziare Dio, che ha camminato con il vostro popolo, prendendolo per mano, come un papà il bambino, e accompagnandolo in tante situazioni. È quello che, anche come Chiesa, siamo chiamati sempre a fare: ascoltare, coinvolgerci e farci prossimi, condividendo le gioie e le fatiche della gente, così che il Vangelo passi nel modo più coerente e che porta maggior frutto: per positiva irradiazione, attraverso la trasparenza della vita.

Infine, Dio è concreto. Dalle Letture di oggi emerge che tutto, nell’agire di Dio, è concreto: la Sapienza divina «opera come artefice» e «gioca» (cfr Prv 8,30), il Verbo si fa carne, nasce da una madre, nasce sotto la legge (cfr Gal 4,4), ha degli amici e partecipa a una festa: l’eterno si comunica trascorrendo il tempo con persone e in situazioni concrete. Anche la vostra storia, impastata di Vangelo, Croce e fedeltà alla Chiesa, ha visto il positivo contagio di una fede genuina, trasmessa di famiglia in famiglia, di padre in figlio, e soprattutto dalle mamme e dalle nonne, che bisogna tanto ringraziare. In particolare, avete potuto toccare con mano la tenerezza concreta e provvidente della Madre di tutti, che sono venuto qui a venerare come pellegrino e che abbiamo salutato nel Salmo come «onore della nostra gente» (Gdt 15,9).

Proprio a lei noi, qui riuniti, guardiamo. In Maria troviamo la piena corrispondenza al Signore: al filo divino si intreccia così nella storia un “filo mariano”. Se c’è qualche gloria umana, qualche nostro merito nella pienezza del tempo, è lei: è lei quello spazio, preservato libero dal male, in cui Dio si è rispecchiato; è lei la scala che Dio ha percorso per scendere fino a noi e farsi vicino e concreto; è lei il segno più chiaro della pienezza dei tempi.

Nella vita di Maria ammiriamo questa piccolezza amata da Dio, che «ha guardato l’umiltà della sua serva» e «ha innalzato gli umili» (Lc 1,48.52). Egli tanto se ne è compiaciuto, che da lei si è lasciato tessere la carne, così che la Vergine è diventata Genitrice di Dio, come proclama un antichissimo inno, che da secoli voi cantate. A voi, che ininterrottamente vi recate da lei, accorrendo in questa capitale spirituale del Paese, ella continui a indicare la via, e vi aiuti a tessere, nella vita, la trama umile e semplice del Vangelo.

A Cana come qui a Jasna Góra, Maria ci offre la sua vicinanza, e ci aiuta a scoprire ciò che manca alla pienezza della vita. Ora come allora, lo fa con premura di Madre, con la presenza e il buon consiglio, insegnandoci a evitare decisionismi e mormorazioni nelle nostre comunità. Quale Madre di famiglia, ci vuole custodire insieme, tutti insieme. Il cammino del vostro popolo ha superato, nell’unità, tanti momenti duri; la Madre, forte ai piedi della croce e perseverante nella preghiera con i discepoli in attesa dello Spirito Santo, infonda il desiderio di andare oltre i torti e le ferite del passato, e di creare comunione con tutti, senza mai cedere alla tentazione di isolarsi e di imporsi.

La Madonna, a Cana, ha mostrato tanta concretezza: è una Madre che si prende a cuore i problemi e interviene, che sa cogliere i momenti difficili e provvedervi con discrezione, efficacia e determinazione. Non è padrona né protagonista, ma Madre e serva. Chiediamo la grazia di fare nostra la sua sensibilità, la sua fantasia nel servire chi è nel bisogno, la bellezza di spendere la vita per gli altri, senza preferenze e distinzioni. Ella, causa della nostra gioia, che porta la pace in mezzo all’abbondanza del peccato e ai subbugli della storia, ci ottenga la sovrabbondanza dello Spirito, per essere servi buoni e fedeli.

Per sua intercessione la pienezza del tempo si rinnovi anche per noi. A poco serve il passaggio tra il prima e il dopo Cristo, se rimane una data negli annali di storia. Che possa compiersi, per tutti e per ciascuno, un passaggio interiore, una Pasqua del cuore verso lo stile divino incarnato da Maria: operare nella piccolezza e accompagnare da vicino, con cuore semplice e aperto.

   
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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28/07/2016 23:14
 
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN POLONIA

IN OCCASIONE DELLA XXXI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 
(27-31 LUGLIO 2016)

CERIMONIA DI ACCOGLIENZA DEI GIOVANI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Parco Jordan a Błonia, Cracovia
Giovedì, 28 luglio 2016

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Cari giovani, buon pomeriggio!

Finalmente ci incontriamo! Grazie per questa calorosa accoglienza! Ringrazio il Cardinale Dziwisz, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i seminaristi e laici e tutti coloro che vi accompagnano. Grazie a loro che hanno reso possibile la nostra presenza qui oggi, che si sono “messi in gioco” perché potessimo celebrare la fede. Oggi noi, tutti insieme, stiamo celebrando la fede!

In questa sua terra natale, vorrei ringraziare specialmente san Giovanni Paolo II [grande applauso]- forte! forte! - che ha sognato e ha dato impulso a questi incontri. Dal cielo egli ci accompagna nel vedere tanti giovani appartenenti a popoli, culture, lingue così diverse con un solo motivo: celebrare Gesù che è vivo in mezzo a noi. Avete capito? Celebrare Gesù che è vivo in mezzo a noi! E dire che è Vivo, è voler rinnovare il nostro desiderio di seguirlo, il nostro desiderio di vivere con passione la sequela di Gesù. Quale occasione migliore per rinnovare l’amicizia con Gesù che rafforzare l’amicizia tra voi! Quale modo migliore per rafforzare la nostra amicizia con Gesù che condividerla con gli altri! Quale modo migliore per sperimentare la gioia del Vangelo che voler “contagiare” la Buona Notizia in tante situazioni dolorose e difficili!

E Gesù è Colui che ci ha convocati a questa trentunesima Giornata Mondiale della Gioventù; è Gesù che ci dice: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). Beati sono coloro che sanno perdonare, che sanno avere un cuore compassionevole, che sanno dare il meglio agli altri; il meglio, non quello che avanza: il meglio!

Cari giovani, in questi giorni la Polonia, questa nobile terra, si veste a festa; in questi giorni la Polonia vuole essere il volto sempre giovane della Misericordia. Da questa terra con voi e anche uniti a tanti giovani che oggi non possono essere qui, ma che ci accompagnano attraverso i vari mezzi di comunicazione, tutti insieme faremo di questa giornata una vera festa giubilare, in questo Giubileo della Misericordia.

Nei miei anni vissuti da Vescovo ho imparato una cosa – ne ho imparate tante, ma una voglio dirla adesso -: non c’è niente di più bello che contemplare i desideri, l’impegno, la passione e l’energia con cui tanti giovani vivono la vita. Questo è bello! E da dove viene questa bellezza? Quando Gesù tocca il cuore di un giovane, di una giovane, questi sono capaci di azioni veramente grandiose. È stimolante, sentirli condividere i loro sogni, le loro domande e il loro desiderio di opporsi a tutti coloro che dicono che le cose non possono cambiare. Quelli che io chiamo i “quietisti”: “Nulla si può cambiare”. No, i giovani hanno la forza di opporsi a questi! Ma… alcuni forse non sono sicuri di questo… Io vi domando, voi rispondete: le cose si possono cambiare? [Sì!] Non si sente! [Sì!] Ecco. E’ un dono del cielo poter vedere molti di voi che, con i vostri interrogativi, cercate di fare in modo che le cose siano diverse. E’ bello, e mi conforta il cuore, vedervi così esuberanti. La Chiesa oggi vi guarda – direi di più: il mondo oggi vi guarda – e vuole imparare da voi, per rinnovare la sua fiducia nella Misericordia del Padre che ha il volto sempre giovane e non smette di invitarci a far parte del suo Regno, che è un Regno di gioia, è un Regno sempre di felicità, è un Regno che sempre ci porta avanti, è un Regno capace di darci la forza di cambiare le cose. Io ho dimenticato, e vi faccio la domanda un’altra volta: le cose si possono cambiare? [Sì!] D’accordo.

Conoscendo la passione che voi mettete nella missione, oso ripetere: la misericordia ha sempre il volto giovane. Perché un cuore misericordioso ha il coraggio di lasciare le comodità; un cuore misericordioso sa andare incontro agli altri, riesce ad abbracciare tutti. Un cuore misericordioso sa essere un rifugio per chi non ha mai avuto una casa o l’ha perduta, sa creare un ambiente di casa e di famiglia per chi ha dovuto emigrare, è capace di tenerezza e di compassione. Un cuore misericordioso sa condividere il pane con chi ha fame, un cuore misericordioso si apre per ricevere il profugo e il migrante. Dire misericordia insieme a voi, è dire opportunità, è dire domani, è dire impegno, è dire fiducia, è dire apertura, ospitalità, compassione, è dire sogni. Ma voi siete capaci di sognare? [Sì!] E quando il cuore è aperto e capace di sognare c’è posto per la misericordia, c’è posto per carezzare quelli che soffrono, c’è posto per mettersi accanto a quelli che non hanno pace nel cuore o mancano del necessario per vivere, o mancano della cosa più bella: la fede. Misericordia. Diciamo insieme questa parola: misericordia. Tutti! [Misericordia!] Un’altra volta! [Misericordia!] Un’altra volta, perché il mondo senta! [Misericordia!].

Voglio anche confessarvi un’altra cosa che ho imparato in questi anni. Non voglio offendere nessuno, ma mi addolora incontrare giovani che sembrano “pensionati” prima del tempo. Questo mi addolora. Giovani che sembra che siano andati in pensione a 23, 24, 25 anni. Questo mi addolora. Mi preoccupa vedere giovani che hanno “gettato la spugna” prima di iniziare la partita. Che si sono “arresi” senza aver cominciato a giocare. Mi addolora vedere giovani che camminano con la faccia triste, come se la loro vita non avesse valore. Sono giovani essenzialmente annoiati... e noiosi, che annoiano gli altri, e questo mi addolora. E’ difficile, e nello stesso tempo ci interpella, vedere giovani che lasciano la vita alla ricerca della “vertigine”, o di quella sensazione di sentirsi vivi per vie oscure che poi finiscono per "pagare"... e pagare caro. Pensate a tanti giovani che voi conoscete, che hanno scelto questa strada. Fa pensare quando vedi giovani che perdono gli anni belli della loro vita e le loro energie correndo dietro a venditori di false illusioni – ce ne sono! - (nella mia terra natale diremmo “venditori di fumo”) che vi rubano il meglio di voi stessi. E questo mi addolora. Io sono sicuro che oggi fra voi non c’è nessuno di questi, ma voglio dirvi: ce ne sono di giovani pensionati, giovani che gettano la spugna prima della partita, ci sono giovani che entrano nella vertigine con le false illusioni e finiscono nel niente.

Per questo, cari amici, ci siamo riuniti per aiutarci a vicenda, perché non vogliamo lasciarci rubare il meglio di noi stessi, non vogliamo permettere che ci rubino le energie, che ci rubino la gioia, che ci rubino i sogni con false illusioni.

Cari amici, vi chiedo: volete per la vostra vita quella “vertigine” alienante o volete sentire la forza che vi faccia sentire vivi e pieni? Vertigine alienante o forza della grazia? Cosa volete: vertigine alienante o forza di pienezza? Cosa volete? [Forza di pienezza!] Non si sente bene! [Forza di pienezza!] Per essere pieni, per avere una vita rinnovata, c’è una risposta, c’è una risposta che non si vende, c’è una risposta che non si compra, una risposta che non è una cosa, che non è un oggetto, è una persona, si chiama Gesù Cristo. Vi domando: Gesù Cristo si può comprare? [No!] Gesù Cristo si vende nei negozi? [No!] Gesù Cristo è un dono, è un regalo del Padre, il dono del nostro Padre. Chi è Gesù Cristo? Tutti! Gesù Cristo è un dono! Tutti! [E’ un dono!]. E’ il regalo del Padre.

Gesù Cristo è colui che sa dare vera passione alla vita, Gesù Cristo è colui che ci porta a non accontentarci di poco e ci porta a dare il meglio di noi stessi; è Gesù Cristo che ci interpella, ci invita e ci aiuta ad alzarci ogni volta che ci diamo per vinti. È Gesù Cristo che ci spinge ad alzare lo sguardo e sognare alto. “Ma padre – qualcuno può dirmi – è tanto difficile sognare alto, è tanto difficile salire, essere sempre in salita. Padre, io sono debole, io cado, io mi sforzo ma tante volte vengo giù”. Gli alpini, quando salgono le montagne, cantano una canzone molto bella, che dice così: “Nell’arte di salire, quello che importa non è non cadere, ma non rimanere caduto”. Se tu sei debole, se tu cadi, guarda un po’ in alto e c’è la mano tesa di Gesù che ti dice: “Alzati, vieni con me”. “E se lo faccio un’altra volta?” Anche. “E se lo faccio un’altra volta?” Anche. Ma Pietro una volta ha domandato al Signore: “Signore, quante volte?” – “Settanta volte sette”. La mano di Gesù è sempre tesa per rialzarci, quando noi cadiamo. Avete capito? [Si!]

Nel Vangelo abbiamo ascoltato che Gesù, mentre sta andando a Gerusalemme, si ferma in una casa – quella di Marta, Maria e Lazzaro – che lo accoglie. Di passaggio, entra nella loro casa per stare con loro; le due donne accolgono colui che sanno è capace di commuoversi. Le molte occupazioni ci fanno essere come Marta: attivi, distratti, sempre di corsa di qua e di là... ma spesso siamo anche come Maria: davanti a un bel paesaggio, o un video che ci manda un amico nel cellulare, ci fermiamo a riflettere, in ascolto. In questi giorni della GMG, Gesù vuole entrare nella nostra casa: nella tua casa, nella mia casa, nel cuore di ognuno di noi; Gesù vedrà le nostre preoccupazioni, il nostro andare di corsa, come ha fatto con Marta... e aspetterà che lo ascoltiamo come Maria: che, in mezzo a tutte le faccende, abbiamo il coraggio di affidarci a Lui. Che siano giorni per Gesù, dedicati ad ascoltarci, a riceverlo in quelli con cui condivido la casa, la strada, il gruppo, la scuola.

E chi accoglie Gesù, impara ad amare come Gesù. Allora Lui ci chiede se vogliamo una vita piena. E io nel nome di Lui vi chiedo: vuoi, volete voi una vita piena? Comincia da questo momento a lasciarti commuovere! Perché la felicità germoglia e sboccia nella misericordia: questa è la sua risposta, questo è il suo invito, la sua sfida, la sua avventura: la misericordia. La misericordia ha sempre un volto giovane; come quello di Maria di Betania, seduta ai piedi di Gesù come discepola, che ama ascoltarlo perché sa che lì c’è la pace. Come il volto di Maria di Nazareth, lanciata con il suo “sì” nell’avventura della misericordia, e che sarà chiamata beata per tutte le generazioni, chiamata da tutti noi “la Madre della Misericordia”. Invochiamola insieme tutti: Maria Madre della Misericordia. Tutti: Maria Madre della Misericordia.

Allora tutti insieme, chiediamo al Signore – ognuno ripeta nel suo cuore in silenzio -: Signore, lanciaci nell’avventura della misericordia! Lanciaci nell’avventura di costruire ponti e abbattere muri (siano recinti o reti); lanciaci nell’avventura di soccorrere il povero, chi si sente solo e abbandonato, chi non trova più un senso per la sua vita. Lanciaci ad accompagnare coloro che non ti conoscono e dire loro lentamente e con tanto rispetto il tuo Nome, il perché della mia fede. Spingici, come Maria di Betania, all’ascolto di coloro che non comprendiamo, di quelli che vengono da altre culture, altri popoli, anche di quelli che temiamo perché crediamo che possono farci del male. Fa’ che volgiamo il nostro sguardo, come Maria di Nazareth con Elisabetta, che volgiamo i nostri sguardi ai nostri anziani, ai nostri nonni, per imparare dalla loro saggezza. Io vi domando: voi parlate con i vostri nonni? [Sì!] Così, così! Cercate i vostri nonni, loro hanno la saggezza della vita e vi diranno cose che commuoveranno il vostro cuore.

Eccoci, Signore! Mandaci a condividere il tuo Amore Misericordioso. Vogliamo accoglierti in questa Giornata Mondiale della Gioventù, vogliamo affermare che la vita è piena quando la si vive a partire dalla misericordia, e che questa è la parte migliore, è la parte più dolce, è la parte che mai ci sarà tolta. Amen.


SALUTO DEL SANTO PADRE AI FEDELI 
DALLA FINESTRA DELL'ARCIVESCOVADO

Arcivescovado di Kraków
Giovedì, 28 luglio 2016

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Mi dicono che molti di voi capiscono il castigliano, e così parlerò in castigliano. Mi dicono anche che oggi c’è un bel gruppo qui, in questa piazza, di sposi novelli e giovani sposi. Io, quando incontro qualcuno che si sposa, un giovane che si sposa, una ragazza che si sposa, dico loro: “Questi sono quelli che hanno coraggio!”. Perché non è facile formare una famiglia, non è facile impegnare la vita per sempre, bisogna avere coraggio. E mi congratulo, perché voi avete coraggio.

A volte mi chiedono come fare perché la famiglia vada sempre avanti e superi le difficoltà. Io suggerisco loro di utilizzare sempre tre parole, tre parole che esprimono tre atteggiamenti – lì stanno arrivando nuovi sposi novelli –, tre parole che possono aiutarvi a vivere la vita matrimoniale, perché nella vita matrimoniale ci sono difficoltà. Il matrimonio è qualcosa di tanto bello, tanto splendido che dobbiamo averne cura, perché è per sempre. E le tre parole sono: permesso, grazie, scusa.

Permesso. Chiedere sempre al coniuge, la moglie al marito e il marito alla moglie: “Cosa ne pensi? Facciamo così?”. Mai calpestare. “Permesso”.

La seconda parola: essere riconoscenti. Quante volte il marito deve dire alla moglie: “grazie”. E quante volte la sposa deve dire al marito: “grazie”. Ringraziarsi a vicenda, perché il sacramento del matrimonio viene conferito dai due sposi, l’uno all’altro. E questa relazione sacramentale si mantiene con questo sentimento di gratitudine. “Grazie”.

La terza parola è: “scusa”. E’ una parola molto difficile da pronunciare. Nel matrimonio sempre – tra marito e moglie –, sempre c’è qualche incomprensione. Sapere riconoscerla e chiedere scusa, chiedere perdono fa molto bene.

Ci sono giovani famiglie, sposi novelli, molti di voi sono sposati, altri stanno per sposarsi; ricordate queste tre parole, che hanno aiutato tanto la vita matrimoniale: permesso, grazie, scusa. Ripetiamole insieme: permesso, grazie, scusa. Forte, tutti! Permesso! Grazie! Scusa!

Bene, tutto questo è molto bello! Ed è molto bello dirlo nella vita matrimoniale. Sempre, però, nella vita matrimoniale ci sono problemi o discussioni. E’ normale e succede che lo sposo e la sposa discutano, alzino la voce, litighino, e a volte volano i piatti! Non vi spaventate, però, quando succede. Vi do un consiglio: non terminate mai la giornata senza fare pace. E sapete perché? Perché la “guerra fredda” il giorno seguente è molto pericolosa. “E come posso fare padre, per fare pace?”, può domandare qualcuno di voi. Non occorrono discorsi, basta un gesto, ed è tutto finito, e la pace è fatta. Quando c’è amore, un gesto sistema tutto.

Vi invito, prima di ricevere la benedizione, a pregare per tutte le famiglie qui presenti, per gli sposi novelli, per quelli che sono già sposati da tempo e sanno quello che io vi ho detto, e per quelli che si sposeranno. Preghiamo insieme con un’Ave Maria, ciascuno nella propria lingua.

Ave Maria…

Benedizione.

E pregate per me! Davvero, pregate per me! Buona notte e buon riposo!


[Modificato da Caterina63 28/07/2016 23:17]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN POLONIA

IN OCCASIONE DELLA XXXI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 
(27-31 LUGLIO 2016)

VIA CRUCIS CON I GIOVANI

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Parco Jordan a Błonia, Cracovia
Venerdì, 29 luglio 2016

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«Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, 
ho avuto sete e mi avete dato da bere, 
ero straniero e mi avete accolto,
nudo e mi avete vestito, 
malato e mi avete visitato,
ero in carcere e siete venuti a trovarmi
» (Mt 25,35-36).

Queste parole di Gesù vengono incontro all’interrogativo che più volte risuona nella nostra mente e nel nostro cuore: “Dov’è Dio?”. Dov’è Dio, se nel mondo c’è il male, se ci sono uomini affamati, assetati, senzatetto, profughi, rifugiati? Dov’è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa della violenza, del terrorismo, delle guerre? Dov’è Dio, quando malattie spietate rompono legami di vita e di affetto? O quando i bambini vengono sfruttati, umiliati, e anch’essi soffrono a causa di gravi patologie? Dov’è Dio, di fronte all’inquietudine dei dubbiosi e degli afflitti nell’anima? Esistono domande per le quali non ci sono risposte umane. Possiamo solo guardare a Gesù, e domandare a Lui. E la risposta di Gesù è questa: “Dio è in loro”, Gesù è in loro, soffre in loro, profondamente identificato con ciascuno. Egli è così unito ad essi, quasi da formare “un solo corpo”.

Gesù stesso ha scelto di identificarsi in questi nostri fratelli e sorelle provati dal dolore e dalle angosce, accettando di percorrere la via dolorosa verso il calvario. Egli, morendo in croce, si consegna nelle mani del Padre e porta su di sé e in sé, con amore che si dona, le piaghe fisiche, morali e spirituali dell’umanità intera. Abbracciando il legno della croce, Gesù abbraccia la nudità e la fame, la sete e la solitudine, il dolore e la morte degli uomini e delle donne di tutti i tempi. Questa sera Gesù, e noi insieme a Lui, abbraccia con speciale amore i nostri fratelli siriani, fuggiti dalla guerra. Li salutiamo e li accogliamo con affetto fraterno e con simpatia.

Ripercorrendo la Via Crucis di Gesù, abbiamo riscoperto l’importanza di conformarci a Lui, mediante le 14 opere di misericordia. Esse ci aiutano ad aprirci alla misericordia di Dio, a chiedere la grazia di capire che senza misericordia la persona non può fare niente, senza la misericordia io, tu, noi tutti non possiamo fare niente. Guardiamo anzitutto alle sette opere di misericordia corporale: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire chi è nudo, dare alloggio ai pellegrini, visitare gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. Gratuitamente abbiamo ricevuto, gratuitamente diamo. Siamo chiamati a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, a toccare la sua carne benedetta in chi è escluso, ha fame, ha sete, è nudo, carcerato, ammalato, disoccupato, perseguitato, profugo, migrante. Lì troviamo il nostro Dio, lì tocchiamo il Signore. Ce l’ha detto Gesù stesso, spiegando quale sarà il “protocollo” in base al quale saremo giudicati: ogni volta che avremo fatto questo al più piccolo dei nostri fratelli, l’avremo fatto a Lui (cfr Mt 25,31-46).

Alle opere di misericordia corporale seguono quelle di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Nell’accoglienza dell’emarginato che è ferito nel corpo, e nell’accoglienza del peccatore che è ferito nell’anima, si gioca la nostra credibilità come cristiani. Nell’accoglienza dell’emarginato che è ferito nel corpo, e nell’accoglienza del peccatore che è ferito nell’anima, si gioca la nostra credibilità come cristiani. Non nelle idee, lì!

Oggi l’umanità ha bisogno di uomini e di donne, e in modo particolare di giovani come voi, che non vogliono vivere la propria vita “a metà”, giovani pronti a spendere la vita nel servizio gratuito ai fratelli più poveri e più deboli, a imitazione di Cristo, che ha donato tutto sé stesso per la nostra salvezza. Di fronte al male, alla sofferenza, al peccato, l’unica risposta possibile per il discepolo di Gesù è il dono di sé, anche della vita, a imitazione di Cristo; è l’atteggiamento del servizio. Se uno – che si dice cristiano – non vive per servire, non serve per vivere. Con la sua vita rinnega Gesù Cristo.

Questa sera, cari giovani, il Signore vi rinnova l’invito a diventare protagonisti nel servizio; vuole fare di voi una risposta concreta ai bisogni e alle sofferenze dell’umanità; vuole che siate un segno del suo amore misericordioso per il nostro tempo! Per compiere questa missione, Egli vi indica la via dell’impegno personale e del sacrificio di voi stessi: è la Via della croce. La Via della croce è la via della felicità di seguire Cristo fino in fondo, nelle circostanze spesso drammatiche del vivere quotidiano; è la via che non teme insuccessi, emarginazioni o solitudini, perché riempie il cuore dell’uomo della pienezza di Gesù. La Via della croce è la via della vita e dello stile di Dio, che Gesù fa percorrere anche attraverso i sentieri di una società a volte divisa, ingiusta e corrotta.

La Via della croce non è una abitudine sadomasochistica; la Via della croce è l’unica che sconfigge il peccato, il male e la morte, perché sfocia nella luce radiosa della risurrezione di Cristo, aprendo gli orizzonti della vita nuova e piena. È la Via della speranza e del futuro. Chi la percorre con generosità e con fede, dona speranza al futuro e all’umanità. Chi la percorre con generosità e con fede semina speranza. E io vorrei che voi foste seminatori di speranza.

Cari giovani, in quel Venerdì Santo molti discepoli ritornarono tristi alle loro case, altri preferirono andare alla casa di campagna per dimenticare un po’ la croce. Vi domando - ma rispondete ognuno di voi in silenzio, nel vostro cuore, nel proprio cuore - : come volete tornare questa sera alle vostre case, ai vostri luoghi di alloggio, alle vostre tende? Come volete tornare questa sera a incontrarvi con voi stessi? Il mondo ci guarda. A ciascuno di voi spetta rispondere alla sfida di questa domanda.

 


SALUTO DEL SANTO PADRE AI FEDELI DALLA FINESTRA DELL'ARCIVESCOVADO

Arcivescovado di Kraków
Venerdì, 29 luglio 2016

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Dobry wieczór!

Oggi è stato un giorno speciale, una giornata di dolore. Il venerdì è il giorno in cui ricordiamo la morte di Gesù, e con i giovani abbiamo finito la giornata con la recita della Via CrucisAbbiamo pregato la Via Crucis: il dolore e la morte di Gesù per tutti noi. Siamo stati uniti a Gesù sofferente. Ma non solo sofferente duemila anni fa, sofferente anche oggi. Tanta gente che soffre: gli ammalati, quelli che sono in guerra, i senzatetto, gli affamati, quelli che sono dubbiosi nella vita, che non sentono la felicità, la salvezza o che sentono il peso del proprio peccato.

Nel pomeriggio sono andato all’Ospedale dei bambini. Anche lì Gesù soffre in tanti bambini ammalati. E sempre mi viene quella domanda: “Perché soffrono i bambini?”. E’ un mistero. Non ci sono risposte per queste domande.

Nella mattina anche un altro dolore: sono andato ad Auschwitza Birkenau, per ricordare dolori di 70 anni fa… Quanto dolore, quanta crudeltà! Ma è possibile che noi uomini, creati a somiglianza di Dio, siamo capaci di fare queste cose? Le cose sono state fatte. Io non vorrei amareggiarvi, ma devo dire la verità. La crudeltà non è finita ad Auschwitz, a Birkenau: anche oggi, oggi si tortura la gente; tanti prigionieri sono torturati, subito, per farli parlare… E’ terribile! Oggi ci sono uomini e donne nelle carceri sovraffollate; vivono – scusatemi – come animali. Oggi c’è questa crudeltà. Noi diciamo: sì, abbiamo visto la crudeltà di 70 anni fa, come morivano fucilati, o impiccati, o col gas.  Ma oggi in tanti posti del mondo, dove c’è guerra, succede lo stesso.

In questa realtà Gesù è venuto per portarla sulle proprie spalle. E ci chiede di pregare. Preghiamo per tutti i Gesù che oggi sono nel mondo: gli affamati, gli assetati, i dubbiosi, gli ammalati, quelli che sono soli, quelli che sentono il peso di tanti dubbi e tante colpe. Soffrono tanto… Preghiamo per i tanti bambini ammalati, innocenti, che portano la croce da bambini. E preghiamo per tanti uomini e donne che oggi sono torturati in tanti Paesi del mondo; per i carcerati che sono tutti ammucchiati lì, come se fossero animali. E’ un po’ triste quello che vi dico, ma è la realtà. Ma è realtà anche il fatto che Gesù ha portato su di Sé tutte queste cose. Anche il nostro peccato.

Tutti qui siamo peccatori, tutti abbiamo il peso dei nostri peccati. Non so se qualcuno non si sente peccatore… Se qualcuno non si sente peccatore alzi la mano... Tutti siamo peccatori. Ma Lui ci ama, ci ama! E facciamo, come peccatori, ma figli di Dio, figli del suo Padre, facciamo tutti insieme una preghiera per questa gente che soffre oggi nel mondo tante cose brutte, tante cattiverie. E quando ci sono le lacrime, il bambino cerca la mamma; anche noi, peccatori, siamo bambini, cerchiamo la Mamma, e preghiamo la Madonna tutti insieme, ognuno nella propria lingua.

Ave Maria…

Benedizione

Vi auguro buona notte, buon riposo. Pregate per me! E domani continueremo questa bella Giornata della Gioventù. Grazie tante!


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN POLONIA

IN OCCASIONE DELLA XXXI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 
(27-31 LUGLIO 2016)

VISITA AL SANTUARIO DELLA DIVINA MISERICORDIA

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cracovia
Sabato, 30 luglio 2016

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Buongiorno a tutti voi!

Il Signore oggi ci vuol far sentire ancora più profondamente la sua grande misericordia.

Non allontaniamoci mai da Gesù! Anche se pensiamo che per i nostri peccati e le nostre mancanze siamo i peggiori, così ci preferisce Lui; così la sua misericordia si sparge. Approfittiamo di questo giorno per ricevere tutti la misericordia di Gesù.

Preghiamo tutti insieme la Madre della Misericordia.

 Ave Maria…

[Benedizione]

E, per favore, vi chiedo di pregare per me.





VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN POLONIA

IN OCCASIONE DELLA XXXI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 
(27-31 LUGLIO 2016)

SANTA MESSA CON SACERDOTI, RELIGIOSE, RELIGIOSI, CONSACRATI E SEMINARISTI POLACCHI

OMELIA DEL SANTO PADRE

Santuario di S. Giovanni Paolo II - Cracovia
Sabato, 30 luglio 2016

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Il passo del Vangelo che abbiamo ascoltato (cfr Gv 20,19-31) ci parla di un luogo, di un discepolo e di un libro.

Il luogo è quello dove si trovavano i discepoli la sera di Pasqua: di esso si dice solo che le sue porte erano chiuse (cfr v. 19). Otto giorni dopo, i discepoli si trovavano ancora in quella casa, e le porte erano ancora chiuse (cfr v. 26). Gesù vi entra, si pone in mezzo e porta la sua pace, lo Spirito Santo e il perdono dei peccati: in una parola, la misericordia di Dio. Dentro questo luogo chiuso risuona forte l’invito che Gesù rivolge ai suoi: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (v. 21).

Gesù manda. Lui desidera, fin dall’inizio, che la Chiesa sia in uscita, vada nel mondo. E vuole che lo faccia così come Lui stesso ha fatto, come Lui è stato mandato nel mondo dal Padre: non da potente, ma nella condizione di servo (cfr Fil 2,7), non «per farsi servire, ma per servire» (Mc 10,45) e per portare il lieto annuncio (cfr Lc 4,18); così anche i suoi sono inviati, in ogni tempo. Colpisce il contrasto: mentre i discepoli chiudevano le porte per timore, Gesù li invia in missione; vuole che aprano le porte ed escano a diffondere il perdono e la pace di Dio, con la forza dello Spirito Santo.

Questa chiamata è anche per noi. Come non sentirvi l’eco del grande invito di san Giovanni Paolo II: “Aprite le porte!”? Tuttavia, nella nostra vita di sacerdoti e consacrati può esserci spesso la tentazione di rimanere un po’ rinchiusi, per timore o per comodità, in noi stessi e nei nostri ambiti. La direzione che Gesù indica è però a senso unico: uscire da noi stessi. E’ un viaggio senza biglietto di ritorno. Si tratta di compiere un esodo dal nostro io, di perdere la vita per Lui (cfr Mc 8,35), seguendo la via del dono di sé. D’altra parte, Gesù non ama le strade percorse a metà, le porte lasciate socchiuse, le vite a doppio binario. Chiede di mettersi in cammino leggeri, di uscire rinunciando alle proprie sicurezze, saldi solo in Lui.

In altre parole, la vita dei suoi discepoli più intimi, quali siamo chiamati ad essere, è fatta di amore concreto, cioè di servizio edisponibilità; è una vita dove non esistono spazi chiusi e proprietà private per i propri comodi – almeno non devono esistere. Chi ha scelto di conformare tutta l’esistenza a Gesù non sceglie più i propri luoghi, ma va là dove è mandato; pronto a rispondere a chi lo chiama, non sceglie più nemmeno i propri tempi. La casa dove abita non gli appartiene, perché la Chiesa e il mondo sono i luoghi aperti della sua missione. Il suo tesoro è porre il Signore in mezzo alla vita, senza ricercare altro per sé. Fugge così le situazioni appaganti che lo metterebbero al centro, non si erge sui traballanti piedistalli dei poteri del mondo e non si adagia nelle comodità che infiacchiscono l’evangelizzazione; non spreca tempo a progettare un futuro sicuro e ben retribuito, per non rischiare di diventare isolato e cupo, rinchiuso nelle pareti anguste di un egoismo senza speranza e senza gioia. Contento nel Signore, non si accontenta di una vita mediocre, ma brucia del desiderio di testimoniare e di raggiungere gli altri; ama rischiare ed esce, non costretto da percorsi già tracciati, ma aperto e fedele alle rotte indicate dallo Spirito: contrario al vivacchiare, si rallegra di evangelizzare.

Nel Vangelo odierno, in secondo luogo, emerge la figura dell’unico discepolo nominato, Tommaso. Nel suo dubbio e nella sua ansia di voler capire, questo discepolo, anche piuttosto ostinato, un po’ ci assomiglia e ci risulta anche simpatico. Senza saperlo, egli ci fa un grande regalo: ci porta più vicino a Dio, perché Dio non si nasconde a chi lo cerca. Gesù gli mostra le sue piaghe gloriose, gli fa toccare con mano l’infinita tenerezza di Dio, i segni vivi di quanto ha patito per amore degli uomini.

Per noi discepoli, è tanto importante mettere la nostra umanità a contatto con la carne del Signore, cioè portare a Lui, con fiducia e con totale sincerità, fino in fondo, quello che siamo. Gesù, come disse a santa Faustina, è contento che gli parliamo di tutto, non si stanca delle nostre vite che già conosce, attende la nostra condivisione, persino il racconto delle nostre giornate (cfr Diario, 6 settembre1937). Così si cerca Dio, in una preghiera che sia trasparente e non dimentichi di confidare e affidare le miserie, le fatiche e le resistenze. Il cuore di Gesù è conquistato dall’apertura sincera, da cuori che sanno riconoscere e piangere le proprie debolezze, fiduciosi che proprio lì agirà la divina misericordia. Che cosa ci chiede Gesù? Egli desidera cuori veramente consacrati, che vivono del perdono ricevuto da Lui, per riversarlo con compassione sui fratelli. Gesù cerca cuori aperti e teneri verso i deboli, mai duri; cuori docili e trasparenti, che non dissimulano di fronte a chi ha il compito nella Chiesa di orientare il cammino. Il discepolo non esita a porsi domande, ha il coraggio di abitare il dubbio e di portarlo al Signore, ai formatori e ai superiori, senza calcoli e reticenze. Il discepolo fedele attua un discernimento vigile e costante, sapendo che il cuore va educato ogni giorno, a partire dagli affetti, per fuggire ogni doppiezza negli atteggiamenti e nella vita.

L’apostolo Tommaso, alla fine della sua appassionata ricerca, non è solo giunto a credere nella risurrezione, ma ha trovato in Gesù il tutto della vita, il suo Signore; gli ha detto: «Mio Signore, mio Dio» (v. 28). Ci farà bene, oggi e ogni giorno, pregare queste splendide parole, con cui dirgli: sei l’unico mio bene, la strada del mio cammino, il cuore della mia vita, il mio tutto.

Nell’ultimo versetto che abbiamo ascoltato, si parla, infine, di un libro: è il Vangelo, nel quale non sono stati scritti i molti altri segni compiuti da Gesù (v. 30). Dopo il grande segno della sua misericordia, potremmo intendere, non è stato più necessario aggiungere altro. C’è però ancora una sfida, c’è spazio per i segni compiuti da noi, che abbiamo ricevuto lo Spirito dell’amore e siamo chiamati a diffondere la misericordia. Si potrebbe dire che il Vangelo, libro vivente della misericordia di Dio, che va letto e riletto continuamente, ha ancora delle pagine bianche in fondo: rimane un libro aperto, che siamo chiamati a scrivere con lo stesso stile, compiendo cioè opere di misericordia. Vi domando, cari fratelli e sorelle: le pagine del libro di ciascuno di voi, come sono? Sono scritte ogni giorno? Sono scritte un po’ sì e un po’ no? Sono in bianco? Ci aiuti in questo la Madre di Dio: ella, che ha pienamente accolto la Parola di Dio nella vita (cfr Lc 8,20-21), ci dia la grazia di essere scrittori viventi del Vangelo; la nostra Madre di misericordia ci insegni a prenderci cura concretamente delle piaghe di Gesù nei nostri fratelli e sorelle che sono nel bisogno, dei vicini come dei lontani, dell’ammalato come del migrante, perché servendo chi soffre si onora la carne di Cristo. La Vergine Maria ci aiuti a spenderci fino in fondo per il bene dei fedeli a noi affidati e a farci carico gli uni degli altri, come veri fratelli e sorelle nella comunione della Chiesa, nostra santa Madre.

Cari fratelli e sorelle, ciascuno di noi custodisce nel cuore una pagina personalissima del libro della misericordia di Dio: è la storia della nostra chiamata, la voce dell’amore che ha attirato e trasformato la nostra vita, portandoci a lasciare tutto sulla Parola e a seguirlo (cfr Lc 5,11). Ravviviamo oggi, con gratitudine, la memoria della sua chiamata, più forte di ogni resistenza e fatica. Continuando la Celebrazione eucaristica, centro della nostra vita, ringraziamo il Signore, perché è entrato nelle nostre porte chiuse con la sua misericordia; perché, come Tommaso, ci ha chiamato per nome; perché ci dà la grazia di continuare a scrivere il suo Vangelo di amore.



Fraternamente CaterinaLD

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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE FRANCESCO 
IN POLONIA

IN OCCASIONE DELLA XXXI GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 
(27-31 LUGLIO 2016)

CONFERENZA STAMPA DEL SANTO PADRE
DURANTE IL VOLO DI RITORNO DALLA POLONIA

Volo Papale
Domenica, 31 luglio 2016

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(Padre Lombardi)

Santo Padre, grazie mille di essere qui con noi, al ritorno da questo viaggio. Nonostante il temporale di questa sera, mi pare che sia andato tutto talmente bene, che siamo tutti molto felici e contenti e speriamo che anche Lei lo sia di questi giorni. Come al solito le faremo alcune domande. Ma se Lei vuole dirci qualche cosa per introdurre, siamo a sua disposizione...

(Papa Francesco)

Buonasera, e vi ringrazio del vostro lavoro e della vostra compagnia. Vorrei dare a voi, perché siete compagni di lavoro, le condoglianze per la morte di Anna Maria Jacobini. Oggi ho ricevuto la sorella, il nipote e la nipote, erano tanto addolorati di questo… E’ una cosa triste di questo viaggio.

Poi vorrei ringraziare padre Lombardi e Mauro, perché questo sarà l’ultimo viaggio che fanno con noi. Padre Lombardi è stato a Radio Vaticana più di 25 anni e poi nei voli 10. E Mauro 37, 37 anni incaricato dei bagagli nei voli. Ringrazio tanto Mauro e padre Lombardi. E poi alla fine ringrazieremo con una torta…

E sono a vostra disposizione. Il viaggio è breve… Faremo di fretta questa volta.

(Padre Lombardi)

Grazie, Santo Padre. La prima domanda la facciamo fare, come al solito, ad una delle nostre colleghe polacche. A Magdalena Wolinska di Tvp.

(Magdalena Wolinska - Tvp)

Santo Padre, nel suo primo discorso al Wawel, appena dopo l’arrivo a Cracovia, ha detto che è contento di iniziare a conoscere l’Europa centrorientale proprio dalla Polonia. A nome della nostra nazione, vorrei chiederLe come ha vissuto questa Polonia in questi cinque giorni? Come le è sembrata?

(Papa Francesco)

Era una Polonia speciale, perché era una Polonia “invasa” ancora una volta, ma questa volta dai giovani! Cracovia, quello che ho visto, l’ho vista tanto bella. La gente polacca è tanto entusiasta… Guarda questa sera: con la pioggia, lungo le strade, e non solo i giovani, anche le vecchiette… E’ una bontà, una nobiltà. Io avevo un’esperienza della conoscenza dei polacchi quando ero bambino: dove lavorava papà sono venuti a lavorare, dopo la guerra, tanti polacchi. Era gente buona… e questo mi è rimasto nel cuore. Ho ritrovato questa bontà vostra. Una bellezza. Grazie!

(Padre Lombardi)

Adesso diamo la parola ad un’altra nostra collega polacca, Ursula ….. di Polsat. Chiedo a Marco Ansaldo di prepararsi, avvicinandosi qua.

(Urzula Rzepczak…. - Polsat)

Santo Padre, i nostri figli giovani sono rimasti commossi dalle sue parole, che corrispondono molto bene alla loro realtà e ai loro problemi. Ma Lei anche usava, nei suoi discorsi, le parole e le espressioni proprie del linguaggio dei giovani. Come si è preparato? Com’è riuscito a dare tanti esempi così vicini alla loro vita, ai loro problemi e con le loro parole?

(Papa Francesco)

A me piace parlare con i giovani. E mi piace ascoltare i giovani. Sempre mi mettono in difficoltà, perché mi dicono cose alle quali io non ho pensato o che ho pensato a metà. I giovani inquieti, i giovani creativi… A me piace, e da lì prendo quel linguaggio. Tante volte devo domandare: “Ma cosa significa questo?”, e loro mi spiegano cosa significa. A me piace parlare con loro. Il nostro futuro sono loro, e dobbiamo dialogare. E’ importante questo dialogo tra passato e futuro. E’ per questo che io sottolineo tanto il rapporto fra i giovani e i nonni, e quando dico “nonni” intendo i più vecchi e i non tanto vecchi – ma io sì! – per dare anche la nostra esperienza, perché loro ascoltino il passato, la storia e la riprendano e la portino avanti con il coraggio del presente, come ho detto questa sera. E’ importante, importante! A me non piace quando sento dire: “Ma questi giovani dicono stupidaggini!”. Anche noi ne diciamo tante! I giovani dicono stupidaggini e dicono cose buone, come noi, come tutti. Ma bisogna ascoltarli, parlare con loro, perché noi dobbiamo imparare da loro e loro devono imparare da noi. E’ così. E così si fa la storia e così cresce senza chiusure, senza censure. Non so, è così. Così imparo queste parole.

(Padre Lombardi)

Grazie mille. E adesso diamo la parola a Marco Ansaldo de “La Repubblica”, che fa la domanda per il gruppo italiano… E intanto si prepara e si avvicina Frances D'Emilio…

(Marco Ansaldo – “La Repubblica”)

Santità, la repressione in Turchia e i quindici giorni che sono seguiti al golpe, secondo la quasi totalità degli osservatori internazionali, è stata forse peggiore rispetto al colpo di Stato. Ci sono state intere categorie colpite: militari, magistrati, amministratori pubblici, diplomatici, giornalisti. Cito dati del governo turco: si parla di più di 13 mila arrestati, oltre 50 mila persone “silurate”. Una purga. L’altro ieri il presidente Recep Tayyip Erdogan, di fronte alle critiche esterne, ha detto: “Pensate agli affari vostri!”. Noi vorremmo chiederLe: perché finora Lei non è intervenuto, non ha parlato? Teme, forse, che ci possano essere delle ripercussioni sulla minoranza cattolica in Turchia? Grazie.

(Papa Francesco)

Quando ho dovuto dire qualcosa che non piaceva alla Turchia, ma della quale io ero sicuro, l’ho detta, con le conseguenze che voi conoscete. Le ho dette quelle parole… Ero sicuro. Non ho parlato perché non sono ancora sicuro, con le informazioni che ho ricevuto, di cosa stia succedendo lì. Ascolto le informazioni che arrivano in Segreteria di Stato, e anche quelle di qualche analista politico importante. Sto studiando la situazione anche con i collaboratori della Segreteria di Stato e la cosa ancora non è chiara. E’ vero, sempre si deve evitare il male ai cattolici - e questo tutti lo facciamo - ma non al prezzo della verità. C’è la virtù della prudenza – si deve dire questo, quando, come - ma nel caso mio voi siete testimoni che quando ho dovuto dire qualcosa che toccava la Turchia, l’ho detta.

(Padre Lombardi)

Adesso diamo la parola a Frances D'Emilio, che è la collega dell’Associated Press, la grande agenzia di lingua inglese.

(Frances D'Emilio – Associated Press)

Buonasera. La mia domanda è una domanda che molti si pongono in questi giorni, perché è venuto alla luce in Australia che la polizia australiana starebbe indagando su nuove accuse contro il Cardinale Pell, e questa volta le accuse riguardano abusi su minori, che sono molto diverse dalle accuse precedenti. La domanda che io mi faccio e che hanno fatto tanti altri: secondo Lei, quale sarebbe la cosa giusta da fare per il Cardinale Pell, data la situazione grave, il posto così importante e la fiducia che gode da parte Sua?

(Papa Francesco)

Grazie. Le prime notizie arrivate erano confuse. Erano notizie di quarant’anni fa e neppure la polizia ci aveva fatto caso in un primo momento. Una cosa confusa. Poi tutte le denunce sono state presentate alla giustizia e in questo momento sono nelle mani della giustizia. Non si deve giudicare prima che la giustizia giudichi. Se io dessi un giudizio a favore o contro il Cardinale Pell, non sarebbe buono, perché giudicherei prima. E’ vero, c’è il dubbio. E c’è quel principio chiaro del diritto: in dubio pro reo. Dobbiamo aspettare la giustizia e non fare prima un giudizio mediatico, perché questo non aiuta. Il giudizio delle chiacchiere, e poi? Non si sa come risulterà. Stare attenti a quello che deciderà la giustizia. Una volta che la giustizia ha parlato, parlerò io. Grazie.

(Padre Lombardi)

Adesso diamo la parola a Hernán Reyes de Télam. Lo prego di avvicinarsi. Come sappiamo è argentino e rappresenta l’America Latina in mezzo a noi, adesso.

(Hernán Reyes)

Santità, come sta dopo la caduta dell’altro giorno? Vediamo che sta bene… Questa è la prima domanda. La seconda: nella settimana scorsa il segretario generale di UNASUR, Ernesto Samper, ha parlato di una mediazione del Vaticano in Venezuela. E’ un dialogo concreto? E’ una possibilità reale questa? E come pensa che questa mediazione, con la missione della Chiesa, possa aiutare la stabilizzazione del Paese?

(Papa Francesco)

Prima la caduta. Io guardavo la Madonna e mi sono dimenticato dello scalino… Ero con il turibolo in mano… Quando ho sentito che cadevo, mi sono lasciato cadere e questo mi ha salvato, perché se io avessi fatto resistenza, avrei avuto conseguenze. Niente. Sto benissimo.

La seconda era? Venezuela. Io ho avuto due anni fa un incontro con il presidente Maduro, molto molto positivo. Poi lui ha chiesto udienza l’anno scorso: era una domenica, il giorno dopo l’arrivo da Sarajevo. Ma poi lui ha cancellato quell’incontro, perché era malato di otite e non poteva venire. Poi, dopo questo, ho lasciato passare del tempo e gli ho scritto una lettera. Ci sono stati contatti – tu ne hai menzionato uno – per un eventuale incontro. Sì, con le condizioni che si fanno in questi casi. E si pensa, in questo momento… ma non sono sicuro, e non posso assicurarlo, questo, è chiaro? Non sono sicuro che nel gruppo della mediazione qualcuno… e non so se anche il governo – ma non ne sono sicuro – vuole un rappresentante della Santa Sede. Questo fino al momento in cui sono partito da Roma. Ma le cose sono lì. Nel gruppo ci sono Zapatero della Spagna, Torrijos e un altro, e un quarto si diceva della Santa Sede. Ma di questo non sono sicuro…

(Padre Lombardi)

Adesso diamo la parola ad Antoine-Marie Izoard di Media, della Francia. E sappiamo cosa vive la Francia in questi giorni…

(Antoine-Marie Izoard)

Santo Padre, innanzitutto faccio gli auguri a Lei, a padre Lombardi e anche a padre Spadaro per la festa di Sant’Ignazio.

La domanda è un po’ più difficile. I cattolici sono sotto shock - e non solo in Francia - dopo il barbaro assassinio di padre Jacques Hamel nella sua chiesa, mentre celebrava la Santa Messa. Quattro giorno fa, qui, Lei ci ha detto di nuovo che tutte le religioni vogliono la pace. Però questo santo prete di 86 anni è stato chiaramente ucciso nel nome dell’islam. Quindi, Santo Padre, ho due brevi domande. Perché Lei, quando parla di questi atti violenti, parla sempre di terroristi ma mai di islam? Mai utilizza la parola “islam”. E poi, oltre alle preghiere e al dialogo, che ovviamente sono essenzialissimi, quale iniziativa concreta Lei può avviare o magari suggerire per contrastare la violenza islamica? Grazie Santità.

(Papa Francesco)

A me non piace parlare di violenza islamica, perché tutti i giorni quando sfoglio i giornali vedo violenze, qui in Italia: quello che uccide la fidanzata, un altro che uccide la suocera… E questi sono violenti cattolici battezzati! Sono violenti cattolici… Se io parlassi di violenza islamica, dovrei parlare anche di violenza cattolica. Non tutti gli islamici sono violenti; non tutti i cattolici sono violenti. E’ come una macedonia, c’è di tutto, ci sono violenti di queste religioni. Una cosa è vera: credo che in quasi tutte le religioni ci sia sempre un piccolo gruppetto fondamentalista. Fondamentalista. Noi ne abbiamo. E quando il fondamentalismo arriva a uccidere - ma si può uccidere con la lingua, e questo lo dice l’apostolo Giacomo e non io, e anche col coltello – credo che non sia giusto identificare l’islam con la violenza. Questo non è giusto e non è vero! Ho avuto un lungo dialogo con il Grande Imam dell’Università di al-Azhar e so cosa pensano loro: cercano la pace, l’incontro. Il Nunzio di un Paese africano mi diceva che nella capitale c’è sempre una coda di gente – è sempre pieno! – alla Porta Santa per il Giubileo: alcuni si accostano ai confessionali, altri ai banchi pregano. Ma la maggioranza va avanti, avanti, a pregare all’altare della Madonna: questi sono musulmani che vogliono fare il Giubileo. Sono fratelli. Quando sono stato in Centrafrica sono andato da loro e l’imam è anche salito sulla papamobile. Si può convivere bene. Ma ci sono gruppetti fondamentalisti. E mi domando anche quanti giovani – quanti giovani! - che noi europei abbiamo lasciati vuoti di ideali, che non hanno lavoro, che vanno alla droga, all’alcool… vanno là e si arruolano in gruppi fondamentalisti. Sì, possiamo dire che il cosiddetto Isis è uno stato islamico che si presenta come violento, perché quando ci fa vedere le sue carte d’identità ci fa vedere come sulla costa libica sgozza gli egiziani, o cose del genere. Ma questo è un gruppetto fondamentalista, che si chiama Isis. Ma non si può dire - credo che non sia vero e non sia giusto - che l’islam sia terrorista.

(Antoine-Marie Izoard)

Una sua iniziativa concreta per contrastare il terrorismo, la violenza…

(Santo Padre)

Il terrorismo è dappertutto! Lei pensi al terrorismo tribale di alcuni Paesi africani… Il terrorismo – non so se dirlo, perché è un po’ pericoloso – cresce quando non c’è un’altra opzione, quando al centro dell’economia mondiale c’è il dio denaro e non la persona, l’uomo e la donna. Questo è già il primo terrorismo. Hai cacciato via la meraviglia del creato, l’uomo e la donna, e hai messo lì il denaro. Questo è terrorismo di base contro tutta l’umanità. Pensiamoci.

(Padre Lombardi)

Grazie, Santità. Siccome c’è stato questa mattina l’annuncio di Panama come luogo della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, c’è qui un collega che voleva farLe un piccolo dono per prepararsi a questa Giornata.

(Javier Martínez Brocal)

Santo Padre, ci ha detto prima, nell’incontro con i volontari, che forse Lei non sarà a Panama. E questo non lo può fare, perché noi La aspettiamo in Panama!

(Papa Francesco – in spagnolo)

Se io non andrò, ci sarà Pedro!

(Javier Martínez Brocal)

Noi crediamo che ci sarà Lei! Le porto da parte dei panamensi due cose: una camicia con il numero 17, che è la Sua data di nascita, e il sombrero che portano i campesinos di Panama… Mi hanno chiesto se lo mette… Se vuole salutare i panamensi... Grazie!

(Papa Francesco – in spagnolo)

Ai panamensi, tante grazie per questo. Vi auguro di prepararvi bene, con la stessa forza, la stessa spiritualità e la stessa profondità con la quale si sono preparati i polacchi, gli abitanti di Cracovia e tutti i polacchi.

(Antoine-Marie Izoard)

Santità, a nome dei colleghi giornalisti, perché sono un po’ obbligato a rappresentarli, volevo dire due parole anch’io, se mi permette Santità, su padre Lombardi, per ringraziarlo.

E’ impossibile riassumere 10 anni di presenza di padre Lombardi in Sala Stampa: con Papa Benedetto, poi un inedito interregno e poi la Sua elezione, Santo Padre, e le sorprese successive. Quello che si può certamente dire è la sua disponibilità costante, l’impegno e la dedizione di padre Lombardi; la sua incredibile capacità a rispondere o no alle nostre domande, spesso strane, e questa è anche un’arte. E poi anche il suo umorismo un po’ britannico: in tutte le situazioni, anche quelle peggiori. E ne abbiamo tanti di esempi.

[rivolto a p. Lombardi] Ovviamente accogliamo con gioia i Suoi successori, due bravi giornalisti; ma non dimentichiamo che Lei in più del giornalista era e tutt’ora è prete e anche gesuita. Non mancheremo a settembre di festeggiare dignitosamente la Sua partenza per altri servizi, ma vogliamo farLe già oggi gli auguri. Un augurio di buona festa di Sant’Ignazio e poi di lunga vita, di 100 anni come si dice in Polonia, di servizio umile. Stolat si dice in Polonia: Stolat padre Lombardi!

   


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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04/08/2016 12:16
 
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  Quel colonialismo chiamato gender L'accusa del Papa
di Lorenzo Bertocchi04-08-2016
Papa Francesco ha denunciato la nuova colonizzazione dell'ideologia gender



Era il tassello mancante delle recenti giornate polacche di Papa Francesco: le parole rivolte ai vescovi nell'incontro a porte chiuse avvenuto lo scorso 27 luglio nella Cattedrale di Cracovia. Ieri il Vaticano ha diffuso il resoconto del dialogo tra il Papa e i presuli polacchi, avvenuto a partire da quattro domande che gli sono state rivolte dai vescovi.


 


CONTRO L'IDEOLOGIA GENDER 


Proprio in Polonia, dove il governo e i vescovi sono particolarmente attivi nella difesa della vita e della famiglia naturale, il Papa, riferendosi al gender, ha sottolineato che stiamo «vivendo l'epoca del peccato contro Dio creatore!». Questo richiamo lo ha fatto specificando anche un dialogo tra lui e il papa emerito, Benedetto XVI, che nel 2012 a proposito di ideologia gender disse che «dove la libertà del fare diventa libertà di farsi da sé, si giunge necessariamente a negare il Creatore stesso». «Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. - ha detto Papa Francesco - E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile.» Si tratta di concetti già espressi dal pontefice, che sono di stretta attualità anche in Italia visto che questa ideologia vuole essere introdotta nelle scuole sotto varie forme.


IMMIGRAZIONE E ACCOGLIENZA


Anche sull'immigrazione, altro tema caldo per le note posizioni critiche del governo polacco alla politiche di accoglienza messe in campo dalla Ue, il Papa ha risposto ai vescovi. A proposito di accoglienza ha detto che «non si può dare una risposta universale, perché l’accoglienza dipende dalla situazione di ogni Paese e anche dalla cultura». «Abbiamo Paesi», ha aggiunto il Papa, «che hanno saputo integrare bene i migranti, da anni! Hanno saputo integrarli bene. In altri, purtroppo, si sono formati come dei ghetti. C’è tutta una riforma che si deve fare, a livello mondiale, su questo impegno, sull’accoglienza. Ma è comunque un aspetto relativo: assoluto è il cuore aperto ad accogliere. Questo è l’assoluto! Con la preghiera, l’intercessione, fare quello che io posso. Relativo è il modo in cui posso farlo: non tutti possono farlo nella stessa maniera». 


LO SFRUTTAMENTO PER DENARO


Trasversale a tutte le risposte del Papa, è la lettura che ha dato sulla causa che provoca le guerre, il terrorismo, l'emigrazione, perfino il gender.  «Ideologie, sì, ma qual è l’ideologia di oggi, che è proprio al centro e che è la madre delle corruzioni, delle guerre? L’idolatria del denaro. L’uomo e la donna non sono più al culmine della Creazione, lì è posto l’idolo denaro, e tutto si compra e si vende per denaro. Al centro il denaro. Si sfrutta la gente.» Il concetto lo ha specificato anche rispondendo sul tema degli immigrati; una lettura, quella di Bergoglio, che sopratutto in tema di terrorismo di matrice islamica, non sempre trova d'accordo commentatori ed esperti. «Oggi, si è chiesto Francesco, perché c’è tanta migrazione? (…) Parlo di quelli che vengono da noi: fuggono dalle guerre, dalla fame. Il problema è là. E perché il problema è là? Perché in quella terra c’è uno sfruttamento della gente, c’è uno sfruttamento della terra, c’è uno sfruttamento per guadagnare più soldi. Parlando con economisti mondiali, che vedono questo problema, dicono: noi dobbiamo fare investimenti in quei Paesi; facendo investimenti avranno lavoro e non avranno bisogno di migrare. Ma c’è la guerra! C’è la guerra delle tribù, alcune guerre ideologiche o alcune guerre artificiali, preparate dai trafficanti di armi che vivono di questo: danno le armi a te che sei contro quelli, e a quelli che sono contro di te. E così vivono loro! Davvero la corruzione è all’origine della migrazione». 


LA SECOLARIZZAZIONE


Il Papa ha avvertito i vescovi che la forte secolarizzazione del mondo moderno ha un pericolo in una certa “spiritualizzazione gnostica”, ossia «una spiritualità soggettiva, senza Cristo. Il problema più grave, per me, di questa secolarizzazione è la scristianizzazione: togliere Cristo, togliere il Figlio. Io prego, sento… e niente più. Questo è gnosticismo.». La soluzione proposta da papa Bergoglio è quella della «vicinanza. Oggi noi, servitori del Signore – vescovi, sacerdoti, consacrati, laici convinti –, dobbiamo essere vicini al popolo di Dio. Senza vicinanza c’è soltanto parola senza carne». Ribadendo così un concetto a lui molto caro, quello del pastore che deve avere l'odore delle pecore. In questo senso va interpretata anche la risposta data a proposito della centralità della parrocchia. «Una struttura che non dobbiamo buttare dalla finestra.  La parrocchia è proprio la casa del Popolo di Dio, quella in cui vive. Il problema è come imposto la parrocchia! Ci sono parrocchie con segretarie parrocchiali che sembrano “discepole di satana”, che spaventano la gente! Parrocchie con le porte chiuse. Ma ci sono anche parrocchie con le porte aperte, parrocchie dove, quando viene qualcuno a domandare, si dice: “Sì, sì… Si accomodi. Qual è il problema?...” ». 


 LEGGI QUI IL DISCORSO INTEGRALE









Dialogo del Santo Padre con i Vescovi della Polonia (Kraków, 27 luglio 2016), 02.08.2016


Testo in lingua italiana

Traduzione in lingua polacca

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Nel pomeriggio del 27 luglio scorso, primo giorno del Viaggio Apostolico in Polonia in occasione della XXXI Giornata Mondiale della Gioventù, Papa Francesco ha incontrato i Vescovi della Polonia nella Cattedrale dei Santi Stanislao e Venceslao di Kraków (cfr Boll N. 543).
Nel corso dell’incontro il Papa ha risposto ad alcune domande dei Presuli polacchi. Di seguito riportiamo la trascrizione del dialogo:

Testo in lingua italiana

Papa Francesco:

Prima di incominciare il dialogo, con le domande che voi avete preparato, vorrei compiere un’opera di misericordia con tutti voi e suggerirne un’altra. So che in questi giorni, con la Giornata della gioventù, tanti di voi sono stati indaffarati e non hanno potuto andare alle esequie del caro Mons. Zimowski. E’ un’opera di carità seppellire i morti, e vorrei che tutti insieme, adesso, facessimo una preghiera per mons. Zygmunt Zimowski e che questa sia una vera manifestazione di carità fraterna, seppellire un fratello che è morto. Pater noster… Ave Maria… Gloria Patri… Requiem aeternam…

E poi, l’altra opera di misericordia che vorrei suggerire. Io so che voi siete preoccupati per questo: il nostro caro cardinale Macharski che è tanto malato… Almeno avvicinarsi, perché credo che non si potrà entrare dove lui si trova, privo di conoscenza, ma almeno avvicinarsi alla clinica, all’ospedale, e toccare il muro come dicendo: “Fratello, ti sono vicino”. Visitare gli ammalati è un’altra opera di misericordia. Anch’io ci andrò. Grazie.

E adesso, qualcuno di voi ha preparato le domande, almeno le hanno fatte arrivare. Sono a disposizione.

S.E. Mons. Marek Jędraszewski (Arcivescovo di Łódź):

Santo Padre, sembra che i fedeli della Chiesa cattolica e in genere tutti i cristiani nell’Europa occidentale vengano a trovarsi sempre più in minoranza nell’ambito di una cultura contemporanea ateo-liberale. In Polonia assistiamo a un confronto profondo, a una lotta enorme tra fede in Dio da una parte, e dall’altra un pensiero e degli stili di vita come se Dio non esistesse. Secondo Lei, Santo Padre, che tipo di azioni pastorali dovrebbe intraprendere la Chiesa cattolica nel nostro Paese, affinché il popolo polacco resti fedele alla sua ormai più che millenaria tradizione cristiana? Grazie.

Papa Francesco:

Eccellenza, Lei è vescovo di…?

S.E. Mons. Marek Jędraszewski:

Di Łódź, dove è incominciato il cammino di Santa Faustina; perché proprio lì ha sentito la voce di Cristo per andare a Varsavia e farsi monaca, proprio a Łódź. La storia della sua vita è cominciata nella mia città.

Papa Francesco:

Lei è un privilegiato!
E’ vero, la scristianizzazione, la secolarizzazione del mondo moderno è forte. E’ molto forte. Ma qualcuno dice: Sì, è forte ma si vedono fenomeni di religiosità, come se il senso religioso si svegliasse. E questo può essere anche un pericolo. Credo che noi, in questo mondo così secolarizzato, abbiamo anche l’altro pericolo, della spiritualizzazione gnostica: questa secolarizzazione ci dà la possibilità di far crescere una vita spirituale un po’ gnostica. Ricordiamo che è stata la prima eresia della Chiesa: l’apostolo Giovanni bastona gli gnostici - e come, con che forza! -, dove c’è una spiritualità soggettiva, senza Cristo. Il problema più grave, per me, di questa secolarizzazione è la scristianizzazione: togliere Cristo, togliere il Figlio. Io prego, sento… e niente più.
Questo è gnosticismo.
C’è un’altra eresia che è pure di moda, in questo momento, ma la lascio da parte perché la sua domanda, Eccellenza, va in questa direzione.
C’è anche un pelagianesimo, ma questa lasciamola da parte, per parlarne in un altro momento. Trovare Dio senza Cristo: un Dio senza Cristo, un popolo senza Chiesa. Perché? Perché la Chiesa è la Madre, quella che ti dà la vita, e Cristo è il Fratello maggiore, il Figlio del Padre, che fa riferimento al Padre, che è quello che ti rivela il nome del Padre. Una Chiesa orfana: lo gnosticismo di oggi, poiché è proprio una scristianizzazione, senza Cristo, ci porta a una Chiesa, diciamo meglio, a dei cristiani, a un popolo orfano. E noi dobbiamo far sentire questo al nostro popolo.

Che cosa consiglierei io? Mi viene in mente – ma credo che sia la pratica del Vangelo, dove c’è proprio l’insegnamento del Signore – la vicinanza. Oggi noi, servitori del Signore – vescovi, sacerdoti, consacrati, laici convinti –, dobbiamo essere vicini al popolo di Dio. Senza vicinanza c’è soltanto parola senza carne. Pensiamo – a me piace pensare questo – ai due pilastri del Vangelo. Quali sono i due pilastri del Vangelo? Le Beatitudini, e poi Matteo 25, il “protocollo” con il quale tutti noi saremo giudicati. Concretezza. Vicinanza. Toccare. Le opere di misericordia, sia corporali, sia spirituali. “Ma Lei dice queste cose perché è di moda parlare della misericordia quest’anno…”. No, è il Vangelo! Il Vangelo, opere di misericordia.
C’è quell’eretico o miscredente samaritano che si commuove e fa quello che deve fare, e rischia anche i soldi! Toccare. C’è Gesù che era sempre fra la gente o con il Padre. O in preghiera, da solo con il Padre, o fra la gente, lì, con i discepoli. Vicinanza. Toccare. E’ la vita di Gesù... Quando Lui si è commosso, alle porte dalla città di Nain (cfr Lc 7,11-17), si è commosso, è andato e ha toccato la bara dicendo: “Non piangere…”. Vicinanza. E la vicinanza è toccare la carne sofferente di Cristo. E la Chiesa, la gloria della Chiesa, sono i martiri, certamente, ma sono anche tanti uomini e donne che hanno lasciato tutto e hanno passato la loro vita negli ospedali, nelle scuole, con i bambini, con i malati…
Ricordo, in Centrafrica, una suorina, aveva 83/84 anni, magra, brava, con una bambina… E’ venuta a salutarmi: “Io non sono di qua, sono dell’altra parte del fiume, del Congo, ma ogni volta, una volta alla settimana, vengo qui a fare le spese perché sono più convenienti”. Mi ha detto l’età: 83/84 anni. “Da 23 anni sono qui: sono infermiera ostetrica, ho fatto nascere due/tre mila bambini …” – “Ah… e viene qui da sola?” – “Sì, sì, prendiamo la canoa…”. A 83 anni! Con la canoa faceva un’oretta e arrivava. Questa donna – e tante come lei – hanno lasciato il loro Paese – è italiana, bresciana – hanno lasciato il loro Paese per toccare la carne di Cristo. Se noi andiamo in questi Paesi di missione, nell’Amazzonia, in America Latina, nei cimiteri troviamo le tombe dei tanti uomini e donne religiosi morti giovani, perché per le malattie di quella terra loro non avevano gli anticorpi, e morivano giovani.
Le opere di misericordia: toccare, insegnare, consolare, “perdere il tempo”. Perdere il tempo. Mi è piaciuto tanto, una volta, un signore che è andato a confessarsi ed era in una situazione tale che non poteva ricevere l’assoluzione. E’ andato con un po’ di paura, perché era stato mandato via alcune volte: “No, no… vattene via”.
Il prete lo ha ascoltato, gli ha spiegato la situazione, gli ha detto: “Ma tu, tu prega. Dio ti ama. Io ti darò la benedizione, ma tu ritorna, me lo prometti?”. E questo prete “perdeva tempo” per attirare quest’uomo ai sacramenti. Questo si chiama vicinanza.
E parlando ai Vescovi di vicinanza, io credo che devo parlare della vicinanza più importante: quella con i sacerdoti. Il vescovo deve essere disponibile per i suoi sacerdoti. Quando ero in Argentina ho sentito di sacerdoti… – tante, tante volte, quando andavo a dare gli Esercizi, a me piaceva dare gli Esercizi –; dicevo: “Parla con il vescovo su questo…” – “Ma no, io l’ho chiamato, la segretaria mi dice: No, è molto, molto impegnato, ma ti riceverà entro tre mesi”. Ma questo sacerdote si sente orfano, senza padre, senza la vicinanza, e incomincia ad andare giù. Un vescovo che vede nel foglio delle chiamate, alla sera, quando torna, la chiamata di un sacerdote, o quella stessa sera o il giorno dopo deve chiamarlo subito. “Sì, sono impegnato, ma è urgente?” – “No, no, ma mettiamoci d’accordo…”. Che il sacerdote senta che ha un padre. Se noi togliamo ai sacerdoti la paternità, non possiamo chiedere a loro che siano padri. E così il senso della paternità di Dio si allontana. L’opera del Figlio è toccare le miserie umane: spirituali e corporali. La vicinanza. L’opera del Padre: essere padre, vescovo-padre.

Poi, i giovani – perché si deve parlare di giovani in questi giorni. I giovani sono “noiosi”! Perché vengono sempre a dire le stesse cose, oppure “io la penso così…”, oppure “la Chiesa dovrebbe…”, e ci vuole pazienza con i giovani. Io ho conosciuto, da ragazzo, alcuni preti: era un tempo in cui il confessionale era più frequentato di adesso, passavano ore ascoltando, o li ricevevano nell’ufficio parrocchiale, ad ascoltare le stesse cose… ma con pazienza. E poi, portare i giovani in campagna, in montagna… Ma pensate a san Giovanni Paolo II, cosa faceva con gli universitari? Sì, faceva scuola, ma poi andava con loro in montagna! Vicinanza. Li ascoltava. Stava con i giovani…

E un’ultima cosa vorrei sottolineare, perché credo che il Signore me lo chieda: i nonni. Voi, che avete sofferto il comunismo, l’ateismo, lo sapete: sono stati i nonni, sono state le nonne a salvare e a trasmettere la fede. I nonni hanno la memoria di un popolo, hanno la memoria della fede, la memoria della Chiesa. Non scartare i nonni! In questa cultura dello scarto, che è appunto scristianizzata, si scarta quello che non serve, che non va. No! I nonni sono la memoria del popolo, sono la memoria della fede. E collegare i giovani con i nonni: anche questo è vicinanza. Essere vicini e creare vicinanza. Risponderei così a questa domanda. Non ci sono ricette, ma dobbiamo scendere in campo. Se aspettiamo che suoni la chiamata o che bussino alla porta… No. Dobbiamo uscire a cercare, come il pastore, che va a cercare gli smarriti. Non so, mi viene questo. Semplicemente.

Mons. Sławoj Leszek Głódź (Arcivescovo di Gdańsk):

Caro Papa Francesco, soprattutto siamo tanto grati che Papa Francesco ha approfondito l’insegnamento sulla misericordia che aveva iniziato San Giovanni Paolo II proprio qui a Cracovia. Tutti sappiamo che viviamo in un mondo dominato dall’ingiustizia: i più ricchi diventano ancora più ricchi, i poveri diventano miseri, c’è il terrorismo, ci sono etica e moralità liberale, senza Dio… E la mia domanda è la seguente: come applicare l’insegnamento della misericordia, e a chi, soprattutto? Il Santo Padre ha promosso una medicina che si chiama “misericordina”, che ho preso con me: grazie per la promozione…

Papa Francesco:

…ma adesso viene la “misericordina plus”: è più forte!

S.E. Mons. Sławoj Leszek Głódź:

…sì, e grazie per questo “plus”. Noi abbiamo anche il programma “plus” promosso anche dal governo per le famiglie numerose. Questo “plus” è di moda. A chi e come, soprattutto? In primo luogo, chi dovrebbe essere oggetto del nostro insegnamento della misericordia? Grazie.

Papa Francesco:

Grazie. Questa della misericordia non è una cosa che è venuta in mente a me. Questo è un processo. Se noi vediamo già il beato Paolo VI, aveva qualche accenno sulla misericordia. Poi, san Giovanni Paolo II è stato il gigante della misericordia, con l’Enciclica Dives in misericordia, la canonizzazione di santa Faustina, e poi l’ottava di Pasqua: è morto alla vigilia di quel giorno. E’ un processo, da anni, nella Chiesa. Si vede che il Signore chiedeva di risvegliare nella Chiesa questo atteggiamento di misericordia tra i fedeli. Lui è il Misericordioso che perdona tutto.
A me colpisce tanto un capitello medievale che si trova nella Basilica di Santa Maria Maddalena a Vézelay, in Francia, dove incomincia il Cammino di Santiago. In quel capitello, da una parte c’è Giuda impiccato, con gli occhi aperti, la lingua fuori, e dall’altra parte c’è il Buon Pastore che lo porta con sé. E se guardiamo bene, con attenzione, la faccia del Buon Pastore, le labbra da una parte sono tristi, ma dall’altra parte fanno un sorriso.
La misericordia è un mistero, è un mistero. E’ il mistero di Dio. Mi hanno fatto un’intervista, da cui poi è stato tratto un libro intitolato Il nome di Dio è misericordia, ma è una espressione giornalistica, credo che si possa dire che Dio è il Padre misericordioso. Almeno, Gesù nel Vangelo lo fa vedere così. Punisce per convertire. E poi le parabole della misericordia, e il modo come Lui ha voluto salvarci… Quando venne la pienezza dei tempi, fece nascere il Figlio da una donna: con la carne, ci salva con la carne; non a partire dalla paura, ma dalla carne. In questo processo della Chiesa noi riceviamo tante grazie.

E Lei vede questo mondo malato di ingiustizia, di mancanza di amore, di corruzione. Ma questo è vero, questo è vero. Oggi, sull’aereo, parlando di questo sacerdote ultraottantenne che è stato ucciso in Francia: è da tempo che io dico che il mondo è in guerra, che stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi. Pensiamo alla Nigeria… Ideologie, sì, ma qual è l’ideologia di oggi, che è proprio al centro e che è la madre delle corruzioni, delle guerre? L’idolatria del denaro. L’uomo e la donna non sono più al culmine della creazione, lì è posto l’idolo denaro, e tutto si compra e si vende per denaro. Al centro il denaro. Si sfrutta la gente.
E la tratta delle persone oggi? Sempre è stato così: la crudeltà! Ho parlato di questo sentimento ad un Capo di governo e lei mi ha detto: “C’è sempre stata la crudeltà. Il problema è che noi adesso la guardiamo dalla televisione, si è avvicinata alla nostra vita”. Ma sempre quella crudeltà. Uccidere, per soldi. Sfruttare la gente, sfruttare il creato.
Un Capo di governo africano, recentemente eletto, quando è venuto in udienza mi ha detto: “Il primo atto di governo che ho fatto è stato riforestare il Paese, che era stato deforestato e annientato”. Non abbiamo cura del creato! E questo significa più poveri, più corruzione. Ma cosa pensiamo noi quando l’80% – più o meno, cercate bene le statistiche e se non è 80 è 82 o 78 – delle ricchezze sono nelle mani di meno del 20% della gente.
“Padre non parli così, che Lei è comunista!”. No, no, sono statistiche! E chi paga questo? Paga la gente, il popolo di Dio: le ragazze sfruttate, i giovani senza lavoro. In Italia, dai 25 anni in giù il 40% è senza lavoro; in Spagna, il 50%; in Croazia, il 47%. Perché? Perché c’è un’economia liquida, che favorisce la corruzione. Mi raccontava scandalizzato un grande cattolico, che è andato da un amico imprenditore: “Io ti farò vedere come guadagno 20 mila dollari senza muovermi da casa”. E con il computer, dalla California, ha fatto un acquisto di non so cosa e lo ha venduto alla Cina: in 20 minuti, in meno di 20 minuti, aveva guadagnato questi 20 mila dollari.
E’ liquido tutto! E i giovani non hanno la cultura del lavoro, perché non hanno lavoro! La terra è morta, perché è stata sfruttata senza saggezza. E così andiamo avanti. Il mondo si riscalda, perché? Perché dobbiamo guadagnare. Il guadagno. “Noi siamo caduti nell’idolatria del denaro”: questo me lo ha detto un Ambasciatore quando è venuto per le Credenziali. E’ una idolatria.

La Divina Misericordia è la testimonianza, la testimonianza di tanta gente, di tanti uomini e donne, laici, giovani che fanno opere: in Italia, per esempio, il cooperativismo. Sì, ci sono alcuni che sono troppo furbi, ma sempre si fa del bene, si fanno cose buone. E poi le istituzioni per curare gli ammalati: organizzazioni forti. Andare per quella strada, fare cose perché la dignità umana cresca. Ma è vero quello che Lei dice. Viviamo un analfabetismo religioso, al punto che in alcuni santuari del mondo le cose si confondono: si va a pregare, ci sono negozi in cui si comprano gli oggetti di pietà, le corone… ma ce ne sono alcuni che vendono cose di superstizione, perché si cerca la salvezza nella superstizione, nell’analfabetismo religioso, quel relativismo che confonde una cosa con l’altra. E lì ci vuole la catechesi, la catechesi di vita. La catechesi che non è soltanto dare le nozioni, ma accompagnare il cammino.
Accompagnare è uno degli atteggiamenti più importanti! Accompagnare la crescita della fede. E’ un lavoro grande e i giovani aspettano questo! I giovani aspettano… “Ma se io comincio a parlare, si annoiano!”. Ma da’ loro un lavoro da fare. Di’ loro che vadano durante le vacanze, 15 giorni, ad aiutare a costruire abitazioni modeste per i poveri, o a fare qualche altra cosa. Che incomincino a sentire che sono utili. E lì lascia cadere il seme di Dio. Lentamente. Ma solo con le parole la cosa non va!. L’analfabetismo religioso di oggi dobbiamo affrontarlo con i tre linguaggi, con le tre lingue: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Tutte e tre armonicamente.

Non so… Sto parlando troppo! Sono idee che io vi dico. Voi, con la vostra prudenza, saprete cosa fare. Ma sempre la Chiesa in uscita. Una volta ho osato dire: c’è quel versetto dell’Apocalisse “Io sto alla porta e busso” (3,20); Lui bussa alla porta, ma mi domando quante volte il Signore bussa alla porta da dentro, perché noi gli apriamo e Lui possa uscire con noi a portare il Vangelo fuori. Non chiusi, fuori! Uscire, uscire! Grazie.

S.E. Mons. Leszek Leszkiewicz (Vescovo Ausiliare di Tarnów):

Santo Padre, il nostro impegno pastorale si basa per lo più sul modello tradizionale della comunità parrocchiale, impostata sulla vita sacramentale. Un modello che qui continua a portare frutti. Tuttavia ci rendiamo conto che, anche da noi, le condizioni e le circostanze della vita quotidiana cambiano rapidamente e sollecitano alla Chiesa nuove modalità pastorali. Pastori e fedeli assomigliamo un po’ a quei discepoli che ascoltano, si danno da fare molto, ma non sempre sanno mettere a frutto il dinamismo missionario interiore ed esteriore delle comunità ecclesiali. Santo Padre, Lei, nella Evangelii gaudium, parla dei discepoli missionari che portano con entusiasmo la Buona Novella al mondo di oggi. Cosa suggerisce a noi? In cosa ci incoraggia, perché possiamo edificare nel nostro mondo la comunità della Chiesa in modo fruttuoso, fecondo, con gioia, con dinamismo missionario?

Papa Francesco:

Grazie! Io vorrei sottolineare una cosa: la parrocchia è sempre valida! La parrocchia deve rimanere: è una struttura che non dobbiamo buttare dalla finestra. La parrocchia è proprio la casa del Popolo di Dio, quella in cui vive. Il problema è come imposto la parrocchia! Ci sono parrocchie con segretarie parrocchiali che sembrano “discepole di satana”, che spaventano la gente! Parrocchie con le porte chiuse. Ma ci sono anche parrocchie con le porte aperte, parrocchie dove, quando viene qualcuno a domandare, si dice: “Sì, sì… Si accomodi. Qual è il problema?...”. E si ascolta con pazienza… perché prendersi cura del Popolo di Dio è faticoso, è faticoso!
Un bravo professore universitario, un gesuita, che ho conosciuto a Buenos Aires, quando è andato in pensione ha chiesto al Provinciale di andare come parroco in un quartiere per fare questa altra esperienza. Una volta alla settimana veniva alla Facoltà – lui dipendeva da quella comunità – e un giorno mi dice: “Di’ al tuo professore di ecclesiologia che nel suo trattato mancano due tesi” – “Quali?” – “Prima: il Popolo Santo di Dio è essenzialmente stancante. E la seconda: il Popolo Santo di Dio ontologicamente fa quello che gli sembra meglio. E questo stanca!”.
Oggi essere parroco è faticoso: portare avanti una parrocchia è faticoso, in questo mondo di oggi con tanti problemi. E il Signore ha chiamato noi perché ci stanchiamo un pochino, per lavorare e non per riposare. La parrocchia è stancante quando è ben impostata. Il rinnovamento della parrocchia è una delle cose che i vescovi devono avere sempre sotto gli occhi: come va questa parrocchia? Cosa fai? Come va la catechesi? Come la insegni? E’ aperta? Tante cose… Penso ad una parrocchia a Buenos Aires; quando i fidanzati arrivavano: “Noi vorremmo sposarci qui…” – “Sì, diceva la segretaria, questi sono i prezzi”. Questo non va, una parrocchia così non va. Come si accolgono le persone? Come si ascoltano? C’è sempre qualcuno al confessionale?
Nelle parrocchie – non quelle che sono nei quartieri piccoli, ma nelle parrocchie che sono in centro, nelle grandi vie – se c’è un confessionale con la luce accesa, sempre la gente va. Sempre! Una parrocchia accogliente. Noi vescovi dobbiamo domandare questo ai preti: “Come va la tua parrocchia? E tu esci? Visiti i carcerati, gli ammalati, le vecchiette? E con i bambini cosa fai? Come li fai giocare e come porti avanti l’oratorio? E’ una delle grandi istituzioni parrocchiali, almeno in Italia. L’oratorio: lì i ragazzi giocano e si dà loro una parola, un po’ di catechesi. Tornano a casa stanchi, contenti e con un seme buono. La parrocchia è importante!
Qualcuno dice che la parrocchia non va più, perché adesso è l’ora dei movimenti. Questo non è vero! I movimenti aiutano, ma i movimenti non devono essere una alternativa alla parrocchia: devono aiutare nella parrocchia, portare avanti la parrocchia, come c’è la Congregazione Mariana, come c’è l’Azione Cattolica e tante realtà.
Cercare la novità e cambiare la struttura parrocchiale?
Quello che vi dico potrà sembrare forse un’eresia, ma è come la vivo io: credo che sia una cosa analoga alla struttura episcopale, è differente, ma analoga. La parrocchia non si tocca: deve rimanere come un posto di creatività, di riferimento, di maternità e tutte queste cose. E lì attuare quella capacità inventiva; e quando una parrocchia va avanti così si realizza quello che – a proposito dei discepoli missionari – io chiamo “parrocchia in uscita”.
Per esempio, penso ad una parrocchia – un esempio bello che poi è stato imitato da tante – in un paese in cui non era abituale che si battezzassero i bambini, perché non c’erano soldi; ma per la festa patronale si prepara la festa 3-4 mesi prima, con la visita alle case e lì si vede quanti bambini non sono battezzati. Si preparano le famiglie e uno degli atti della festa patronale è il Battesimo di 30-40 bambini che, al contrario, sarebbero rimasti senza Battesimo. Inventare cose del genere.
La gente non si sposa in chiesa.
Sto pensando ad una riunione di sacerdoti; uno si è alzato e ha detto: “Tu hai pensato perché?”. E ha dato tante ragioni che noi condividiamo: la cultura attuale, e così via. Ma c’è un bel gruppo di gente che non si sposa perché oggi sposarsi costa! Costa per tutto, la festa… E’ un fatto sociale. E questo parroco, che aveva una grande inventiva, ha detto: “Chi vuole sposarsi, io lo aspetto”. Perché in Argentina ci sono due matrimoni: si deve andare sempre al civile e lì si fa il matrimonio civile, e poi se vuoi vai nel tempio della tua religione a sposarti.
Qualcuno – tanti! – non vengono a sposarsi perché non hanno soldi per fare una festa grande… Ma i preti che hanno un po’ di ingegno dicono: “No, no! Io ti aspetto!”. In quel giorno, al civile si sposa alle 11.00-12.00-13.00-14.00: quel giorno io non faccio la siesta! Dopo il matrimonio civile vengono in chiesa, si sposano e vanno in pace.
Inventare, cercare, uscire, cercare la gente, mettersi nelle difficoltà della gente. Ma una parrocchia-ufficio oggi non va! Perché la gente non è disciplinata. Voi avete un popolo disciplinato, e questa è una grazia di Dio! Ma in genere non è disciplinata. Io penso alla mia terra: la gente, se tu non vai a cercarla, se tu non fai un avvicinamento, non viene. E questo è il discepolo missionario, la parrocchia in uscita. Uscire a cercare, come ha fatto Dio che ha inviato suo Figlio a cercarci.

Non so se sia una risposta semplicistica, ma io non ne ho un’altra. Non sono un pastoralista illuminato, dico quello che mi viene.

S.E. Mons. Krzysztof Zadarko (Vescovo Ausiliare di Koszalin-Kołobrzeg):

Padre Santo, uno dei problemi più angustianti con cui si confronta l’Europa di oggi è la questione dei rifugiati. Come possiamo aiutarli, giacché essi sono così numerosi? E cosa possiamo fare per superare la paura di una loro invasione o aggressione, che paralizza l’intera società?

Papa Francesco

Grazie! Il problema dei rifugiati… Non in tutti i tempi i rifugiati erano come adesso. Diciamo migranti e rifugiati, li consideriamo insieme. Il mio papà è un migrante. E io raccontavo al Presidente [della Polonia] che nella fabbrica dove lui lavorava c’erano tanti migranti polacchi, nel dopoguerra; io ero bambino e ne ho conosciuti tanti. La mia terra è una terra di immigranti, tutti… E lì non c’erano problemi; erano altri tempi, davvero. Oggi, perché c’è tanta migrazione? Non parlo dell’emigrazione dalla propria patria verso l’estero: questa è per mancanza di lavoro.
E’ chiaro che vanno a cercare lavoro fuori. Questo è un problema di casa, che anche voi avete un po’… Parlo di quelli che vengono da noi: fuggono dalle guerre, dalla fame. Il problema è là. E perché il problema è là? Perché in quella terra c’è uno sfruttamento della gente, c’è uno sfruttamento della terra, c’è uno sfruttamento per guadagnare più soldi. Parlando con economisti mondiali, che vedono questo problema, dicono: noi dobbiamo fare investimenti in quei Paesi; facendo investimenti avranno lavoro e non avranno bisogno di migrare.
Ma c’è la guerra!
C’è la guerra delle tribù, alcune guerre ideologiche o alcune guerre artificiali, preparate dai trafficanti di armi che vivono di questo: danno le armi a te che sei contro quelli, e a quelli che sono contro di te. E così vivono loro! Davvero la corruzione è all’origine della migrazione. Come fare? Io credo che ogni Paese debba vedere come e quando: non tutti i Paesi sono uguali; non tutti i Paesi hanno le stesse possibilità. Sì, però hanno la possibilità di essere generosi! Generosi come cristiani. Non possiamo investire là, ma per quelli che vengono... Quanti e come? Non si può dare una risposta universale, perché l’accoglienza dipende dalla situazione di ogni Paese e anche dalla cultura. Ma certo si possono fare tante cose. Per esempio la preghiera: una volta alla settimana l’orazione al Santissimo Sacramento con preghiera per coloro che bussano alla porta dell’Europa e non riescono ad entrare.
Alcuni riescono, ma altri no… Poi entra uno e prende una strada che genera paura. Abbiamo Paesi che hanno saputo integrare bene i migranti, da anni! Hanno saputo integrarli bene. In altri, purtroppo, si sono formati come dei ghetti. C’è tutta una riforma che si deve fare, a livello mondiale, su questo impegno, sull’accoglienza. Ma è comunque un aspetto relativo: assoluto è il cuore aperto ad accogliere. Questo è l’assoluto! Con la preghiera, l’intercessione, fare quello che io posso. Relativo è il modo in cui posso farlo: non tutti possono farlo nella stessa maniera. Ma il problema è mondiale! Lo sfruttamento del creato, e lo sfruttamento delle persone. Noi stiamo vivendo un momento di annientamento dell’uomo come immagine di Dio.

E qui vorrei concludere con questo aspetto, perché dietro a questo ci sono le ideologie.

In Europa, in America, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi dell’Asia, ci sono vere colonizzazioni ideologiche. E una di queste - lo dico chiaramente con “nome e cognome” - è il gender! Oggi ai bambini – ai bambini! – a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti.
E questo è terribile.
Parlando con Papa Benedetto, che sta bene e ha un pensiero chiaro, mi diceva: “Santità, questa è l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E’ intelligente! Dio ha creato l’uomo e la donna; Dio ha creato il mondo così, così, così…, e noi stiamo facendo il contrario. Dio ci ha dato uno stato “incolto”, perché noi lo facessimo diventare cultura; e poi, con questa cultura, facciamo cose che ci riportano allo stato “incolto”! Quello che ha detto Papa Benedetto dobbiamo pensarlo: “E’ l’epoca del peccato contro Dio Creatore!”. E questo ci aiuterà.

Ma tu, Cristoforo, mi dirai: “Cosa c’entra questo con i migranti?”. E’ un po’ il contesto, sai? Riguardo ai migranti dirò: il problema è là, nella loro terra. Ma come li accogliamo? Ognuno deve vedere come. Ma tutti possiamo avere il cuore aperto e pensare di fare un’ora nelle parrocchie, un’ora a settimana, di adorazione e di preghiera per i migranti. La preghiera muove le montagne!

Queste erano le quattro domande. Non so… Scusatemi se ho parlato troppo, ma il sangue italiano mi tradisce…

Grazie tante dell’accoglienza e speriamo che questi giorni ci riempiano di gioia: di gioia, di grande gioia. E preghiamo la Madonna, che è Madre e che ci tiene sempre per mano.

Salve Regina…

E non dimenticare i nonni, che sono la memoria di un popolo.

   



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)
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